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Luci e ombre sull’intesa Eni-Regione
Ci sono anche voci fuori dal coro a commento dell’accordo siglato la settimana scorsa tra il governatore Raffaele
Lombardo in rappresentanza della Regione Sicilia, l'amministratore delegato Lorenzo Fiorillo per Enimed ed il
presidente Claudio Zacchigna per la Raffineria di Gela. Sul tavolo 800 milioni di euro di investimenti per il
prossimo quadriennio, di cui 140 milioni destinati alla diga foranea di Gela danneggiata da una mareggiata
diversi anni or sono, ai fini di una ripresa a pieno regime delle attività del porto isola, a cui ne vanno aggiunti
50 milioni per alcuni interventi di bonifica del sito ed in particolare per la definitiva messa in sicurezza dei
serbatoi e per la copertura del “Parco Coke”.

Rinnovando per altri 20 anni le concessioni al colosso industriale, il presidente Lombardo ha inteso così
incentivare l'attività estrattiva e produttiva del «cane a sei zampe» in Sicilia, assicurando al contempo uno
snellimento degli iter burocratico-amministrativi, per una una specie di “corsia preferenziale”. In cambio,
Lombardo ha stimato un ritorno fiscale per l'intero ventennio preso in considerazione attorno al miliardo di
euro, cioè 50 milioni l'anno, per la Regione Sicilia. Inverosimile che Lombardo alluda al solo incremento delle
royalties attuali il cui gettito si attesta attorno a cifre nettamente inferiori.

In effetti, il gruppo Eni s'è impegnato a trasferire la sede fiscale di alcune piattaforme marine in Sicilia,
permettendo alla Regione l'introito del gettito stimato in circa 1 miliardo nel ventennio di riferimento. Altresì, a
margine della trattativa, l'Enimed si è detta disponibile a partecipare fattivamente nella progettazione
dell'autostrada Catania-Gela: in che termini, se ne riparlerà più compiutamente in separata sede.

Numerose le attestazioni di apprezamento in ordine all'accordo di programma, stilate da svariati esponenti del
mondo politico, sindacale e della grande impresa, a partire dai vertici regionali fino a quelli locali: coincidenza
alquanto paradossale vuole, però, che siano stati tutti esclusi dal tavolo della trattativa. Nessuno di essi è stato
invitato: nemmeno gli enti locali, per non parlare delle rappresentanze sindacali, a prescindere se regionali o
locali. Non ha partecipato il presidente della Provincia di Caltanissetta, il gelese on. Federico (MpA) pronto,
cionondimeno, ad esultare alla notizia dell’accordo, salutandolo come un evento epocale. Non è stato invitato il
sindaco di Gela, espressione del Pd, Angelo Fasulo limitatosi, al pari di tanti altri, a puntare sulla circostanza
che vede con le somme impiegate per la diga foranea e per gli interventi di bonifica, un rilancio ed una boccata
d'ossigeno per l'indotto ed in particolare per il comparto edile, in grande sofferenza. Discorso, quest'ultimo, su
cui non potevano per ovvie ragioni non trovarsi d'accordo i vari Gallo, Piva e Ruggeri, segretari di Femca Cisl,
Filctem Cgil e Uilcem Uil. Ne abbiamo raccolto, comunque, le impressioni che potrete leggere in apposito spazio
sul giornale.

Non sono mancate, purtuttavia, le poche ma anch'esse immancabili voci fuori dal coro. Il primo in ordine di
tempo a commentare l’intesa Regione-Eni è stato il deputato gelese del Pd all'Ars, Miguel Donegani. Tre gli
aspetti della sua critica. Il primo verte proprio sui finanziamenti già approvati dal dicastero nazionale del
territorio ed ambiente l'anno scorso e per i quali si può asserire che alla fin fine non ci sia giusto “nulla di nuovo
sotto il sole”. Il secondo insinua più di un dubbio sull'impiego delle restanti somme, giacché non viene
specificato come esse, che dovrebbero ammontare ad oltre 600 milioni di euro, verranno investite. Il terzo apre
seri interrogativi sulla conciliabilità tra il protocollo siglato, con tanto di 800 milioni di investimenti, 1 miliardo di
ritorno fiscale per le casse regionali (e per quelle comunali?) annunciati da un lato e, dall'altro, il piano di
sostenibilità presentato dalla Raffineria con “paventati allegati” almeno mille esuberi tra diretto (circa 400) ed
indotto (almeno 600). Subito dopo, sul primo punto a confermare le perplessità del parlamentare regionale di
origini gelesi è intervenuto giust'appunto il Ministero dell'Ambiente retto dalla siracusana pidiellina Stefania
Prestigiacomo, mentre sul secondo aspetto ad insistere è stato il capogruppo comunale dei «berluscones» gelesi
Gaetano Trainito. Bocce cucite sulla terza – a questo punto piuttosto controversa - questione, in merito alla
quale con tutta evidenza c’è molto timore, per non dire terrore, ad avventurarsi in un qualsivoglia commento.

In merito all'intesa raggiunta, sul suo blog Raffaele Lombardo ha scritto che “l'ambiente, la sicurezza e la salute
sono al centro di questo protocollo. La Regione non ha mollato su niente; lo dimostrano gli 800 milioni di
investimento e il miliardo di gettito fiscale che sarà incassato in 20 anni. La trattativa è stata durissima.
Abbiamo tutto l'interesse che i pozzi ripartano – ha scritto ancora Lombardo -. Inoltre l'Eni si è impegnata a
discutere del progetto della Catania-Gela e farà il porto della città nissena. Nessuna polemica con i grandi
gruppi, ma non si può venire qua a fare quel che si vuole e portarsi via gli utili. Non so se Ikea, ad esempio, ha
fatto una sede legale e fiscale in Sicilia in modo da pagare le tasse qui da noi. Il principio deve valere per
tutti”.

Ora, volendo leggere tra le righe, saremmo fortemente tentati da alcuni toni quasi propagandistici, a sospettare
fortemente che siamo già entrati in campagna elettorale ovvero che, quantomeno, non se ne esclude del tutto
l'eventualità anche prossima. Magari, anzi probabilmente, ci sbagliamo. Ma va precisato che se dobbiamo
leggere il termine protocollo d’intesa in senso letterale, dobbiamo considerare che trattandosi di un’intesa,
preliminare ad un vero e proprio accordo, in quanto tale dovrà passare sia al vaglio dell’Ars che del consiglio di
amministrazione Eni. In ogni caso, affermare che chiudere con Enimed e Raffineria sia stato frutto di una
trattativa durissima suona molto più che una semplice forzatura. Sfugge davvero lo sforzo compiuto dal
Governatore siciliano nel costringere la Raffineria di Gela a quanto era già in suo dovere in tema di bonifiche a
seguito di sentenze delle magistratura, nonché più in generale a quanto era già in suo potere in virtù delle
autorizzazioni ministeriali ottenute lo scorso anno. Inoltre, la Raffineria di Gela aveva già programmato i 140
milioni di euro per la diga foranea di proprietà regionale. Per dirla tutta, la Raffineria ha ottenuto quel che
voleva, vale a dire rimettere in auge un porto isola da cui non poteva più prescindere, ottenendo perciò una
nuova concessione di altri 20 anni a partire dalla scadenza della precedente concessione. Tra le controparti, in
definitiva, chi ha mollato è stata proprio la Regione. In una specie di baratto “bluff”, la Raffineria ha giustificato
la sua presenza nella trattativa con i quasi 200 milioni da investire per interventi mirati, previsti e già
autorizzati, di cui sopra. Viene da chiedersi allora cosa ci facesse l'Enimed sul tavolo, a giustificare i restanti 600
milioni di investimenti. O forse di queste somme ci sarà qualcosina per l'ammodernamento di una centrale
termoelettrica che è d'importanza vitale per lo stabilimento di Gela? Al momento, non è dato sapere. Non è
affatto escluso, peraltro, che a Palermo la posta in gioco vertesse anche sui permessi di ricerca a Friddani,
Passo di Piazza e, soprattutto, Tresauro, sul quale Lombardo ha invocato la soprintendenza a revocare il blocco
autorizzativo. Una nuova “presa di coscienza” del Governatore Lombardo che fino a pochi mesi fa urlava a gran
voce “stop alle trivellazioni”.

Va anche ricordato sullo sfondo di questa vicenda, il credito che l'Eni vanta nei confronti della Regione in tema
di gestione dei dissalatori. Che il costo di tale gestione sia salato, lo conferma lo stop del V Modulo, che tanto
preoccupa oggi almeno una ventina di lavoratori ed i sindacati. La forte impressione, quindi, è che una volta
archiviato un baratto solo simulato con la Raffineria di Gela per interventi già programmati ed autorizzati e che
ha visto la Regione Sicilia mollare la presa di brutto, “pagando” l'intera quota “proprietaria” dei costi di
rifacimento della diga foranea attraverso il rinnovo della concessione (quanto chiedeva la Raffineria e con essa
a ruota i sindacati che salvaguardano forza lavoro), per il resto la partita in gioco l'hanno giocata la Regione e
l'Enimed. L'accordo è chiaro, netto, limpido, cristallino: la Regione s'impegna ad una corsia burocratica
preferenziale e l'Enimed penserà a fare il suo mestiere. Più l'Enimed lavorerà e produrrà, più ritorno fiscale
introiterà la Regione. E' lo stesso Lombardo a svelarlo candidamente nel suo blog quando ammette l'interesse
“a che i pozzi ripartano”, stimando come detto un ritorno fiscale ventennale miliardario. Il messaggio, insomma,
è “più petrolio (cioè più profitto per l'Eni) e più gettito fiscale (e cioè più profitto) per la Sicilia”. Può piacere o
meno, ma soprattutto a ben guardare pare postulare altro. Infatti, se nel suo blog Lombardo chiude il suo
pensiero annunciando che “il principio deve valere per tutti” i grandi gruppi, chiedendosi se l'Ikea ha sede legale
e fiscale in Sicilia, qualora fosse così o dovesse decidere di farlo, c'è solo da dedurre che la multinazionale
svedese potrà aprire centri commerciali ovunque nell'isola perché ciò significherebbe assicurare un maggior
ritorno fiscale in termini di gettito alla Regione. O no?

Rimane assolutamente non chiara, manco accennata a dire il vero, la problematica degli esuberi già prospettati
allo stabilimento di Gela. Il richiamo unanime dei tre interlocutori seduti sul tavolo della trattativa a Palermo,
rivolto al “senso di responsabilità” delle rappresentanze sindacali, affinché il sito industriale gelese torni ad
essere “competitivo”, farebbe pensare a tagli che nel medio termine ci saranno in ogni caso. Sul piano eco-
ambientale, poi, a gelare un po' tutti ci ha pensato l'onorevole Prestigiacomo che, dopo aver giudicato
insufficienti da questo punto di vista i termini del protocollo siglato con Lombardo, ha subito convocato a Roma,
presso il Ministero al Territorio ed Ambiente di cui è titolare, un vertice chiarificatore con i rappresentanti del
gigante petrolifero italiano.

HANNO DETTO

Angelo FASULO (Sindaco di Gela)

“Saluto la firma di questa intesa positivamente giacché lo sblocco di importanti opere come la Diga foranea
consente nell’immediato una ripresa del settore edile, mentre l’ammodernamento di alcuni impianti tecnologici,
la copertura del parco carbone, gli standard di sicurezza da garantire ed anche la condivisione della gestione del
dissalatore, si inquadrano in un percorso che abbiamo avviato in questi mesi in un clima di collaborazione. È
fondamentale, però, che la ritrovata competitività della Raffineria coniughi le esigenze occupazionali con quelle
ambientali del territorio. Se questo protocollo inquadrava una trattativa tra due parti, Regione ed Eni, possiamo
sforzarci e comprendere perché non si sia ritenuto indispensabile convocare le eventuali altre parti in causa, ma
se ulteriori trattative venissero condotte senza coinvolgere direttamente il territorio, verrebbe trasmesso un
segnale fortemente negativo e, qualora si verificasse tale ipotesi, l’Amministrazione userà sicuramente ogni
mezzo per far sentire la propria voce e rivendicare il proprio ruolo”.

Silvio RUGGERI (Segretario Territoriale Uilcem Uil)

“Il protocollo racchiude cose che in quanto sindacati già conoscevamo. A Palermo, la Raffineria ha illustrato un
piano industriale di cui siamo già a conoscenza e che non lo apprendiamo ovviamente dal protocollo siglato nel
capoluogo regionale. Non possiamo che ritenerci mediamente soddisfatti. Lo saremo in pieno solo se e quando
gli investimenti saranno esecutivi. Diciamo che è stato fatto un passo in più verso la risoluzione di problemi che
si protraggono da troppo tempo come nel caso della diga foranea la cui riparazione è d’importanza vitale per la
movimentazione logistica futura nella misura almeno del 90%. Il che è una condizione essenziale per la messa
in opera di altri investimenti. Vogliamo pensare che la nostra assenza sul tavolo della trattativa sia dettata
esclusivamente dalla circostanza che ci vedeva conoscere già il contenuto del piano industriale della Raffineria
di Gela”.
Emanuele GALLO (Segretario territoriale Femca Cisl)

Non disperiamo per il fatto di non essere stati convocati a Palermo perché come si evince palesemente dal
protocollo, tutta l’intesa è legata, per non dire subordinata, agli accordi che si dovranno stipulare con le sigle
sindacali in sede locale. Peraltro si tratta di temi e questioni di cui siamo già a conoscenza, anche nei dettagli e
su cui lavoriamo da tempo. Se la notizia relativa alla diga foranea è da accogliere positivamente, dobbiamo
ricordare quanto essa sia arrivata piuttosto in ritardo e vale a dire dopo almeno sei anni dalla famosa
mareggiata. Non va assolutamente dimenticato che parte delle perdite di questi anni sono da addebitare alle
controstallie, cioè alle maggiori spese derivanti dalle proroghe concesse alle navi rispetto ai tempi di sosta
prestabiliti, con le petroliere di piccole dimensioni impossibilitate all’attracco e costrette al largo”.

Alessandro PIVA (segretario Filtcem Cgil)

Il nostro è un giudizio positivo perchè finalmente si sblocca l’iter per la diga foranea, indispensabile per il
rilancio della raffineria. Prendiamo anche atto che la la Regione finalmente dimostra attenzione per il nostro
territorio. Si rende conto, cioè che bisogna avere un piano energetico moderno e concordato con le parti sociali.
Poi c’è la partita sull’ accordo tra sindacato ed Eni, in cui noi chiediamo che l’Azienda svolga un ruolo sociale nel
territorio, dopo tanto anni di presenza in cui ha avuto enormi guadagni.


Autore : Filippo Guzzardi




Piano industriale e ruoli istituzionali
Per mesi si è parlato a Gela di piano industriale. L’incontro del 4 febbraio presso la regione siciliana, presente
l’Eni con le sue società Enimed e Raffineria di Gela, ha segnato un esito nell’ambito degli accordi di lungo
periodo tra Eni e la Regione. Eppure per mesi i sindacati, il sindaco, il consiglio comunale, le parti sociali hanno
tentato un’interpretazione del piano industriale della raffineria per trarre auspici e indicazioni. Spesso con esiti
limitati.

Tutti infatti parlano di sviluppo ed investimenti, concentrandosi sulle cifre che l’Eni vuole investire nei prossimi
anni, ed usano tale indicatore, incrociato al più con i dati di occupazione, come parametro di valutazione delle
intenzioni industriali della multinazionale petrolifera. Tale modo di valutare i vantaggi sul territorio comincia a
presentare delle limitazioni, basti pensare che esistono investitori che rilevano aziende, vi investono per
portarle ad un livello di presentabilità, e le rivendono per ricavare il massimo utile.

A questo si aggiunge un comportamento puramente reattivo dell’istituzione comunale che, pur essendo la prima
interfaccia territoriale, non ha ancora trovato un protocollo di comunicazione con la raffineria; ne è prova che lo
strumento principe rimane quello delle sessioni monotematiche del consiglio comunale, massima espressione di
reattività agli eventi, che producono esiti quali richieste di convocazioni, generiche dichiarazioni di allarme o,
nei casi più concitati, di ultimatum mai efficaci.

Insomma tutto tranne che l’attuazione di un metodo di confronto e di conoscenza routinario verso
l’insediamento industriale che rappresenterebbe un modo per passare da un atteggiamento reattivo ad uno
proattivo.

Da un’analisi complessiva si può dire che la presenza industriale dell’Eni a Gela, ed in generale in Sicilia, pone
problemi di ruolo più che di prospettiva industriale. L’affermazione merita un chiarimento.

La prima deduzione che scaturisce dal recente accordo tra Eni e Regione sta proprio nel fatto che l’Eni ricerca
accordi a lunga scadenza (vedasi la poliannualità nella gestione della diga foranea e dello sfruttamento dei pozzi
in Sicilia) perché il business petrolifero è un business a cicli poliennali ampi. La Regione invece chiede royalties,
chiede cioè ossigeno per le casse pubbliche ancor più oggi di ieri. E cosa chiede, di contro, il Comune di Gela?
Cosa chiedono i sindacati? Ecco quindi che il tema dello sviluppo si traduce in un problema di ruolo.

Infatti la possibilità di incidere sul piano industriale della raffineria è pressoché nullo. Soprattutto se si considera
che il piano industriale della raffineria è una derivazione subordinata del piano industriale di Eni nell’ambito
della divisione della Raffinazione e pertanto deve tenere conto di fattori strategici mondiali. Si consideri inoltre
che un piano industriale ha carattere quadriennale ma la velocità delle congiunture porta a innesti e interventi
che ormai non riescono neppure a consolidare un piano industriale annuale e pertanto il confronto con
l’evolversi della realtà di business è continuo ed incessante.

Ciò che le controparti del territorio devono cercare è di centrare il loro ruolo, esserne consapevoli e attrezzarsi
per esercitarlo autorevolmente.
In merito al ruolo della istituzione comunale, prima interfaccia territoriale verso la raffineria, si può dire che
esso consiste nel presidiare almeno i seguenti temi: gestione e prevenzione degli impatti ambientali e della
salute della popolazione, primo requisito che va gestito con centri di competenza interni alla macchina
comunale, perché tale tema non può essere totalmente esternalizzato o delegato. Un assessorato o una
commissione permanente deve dialogare autorevolmente con l’industria pesante e scambiare le informazioni
vitali al monitoraggio del tema. In secondo luogo il tema della ricaduta economica sul territorio perché, se
stiamo passando da una fase di espansione ad una di consolidamento, certamente le ricadute occupazionali e di
mantenimento dell’indotto subiranno una compressione, è inutile nascondercelo. Pur tuttavia il mantenimento di
livelli occupazionali almeno non inferiori alle altre raffinerie di simile complessità dovrà essere mantenuto. A
seguire, la macchina comunale deve saper declinare anche il tema della sostenibilità, tema nient’affatto
secondario. Definire i livelli di sostenibilità da perseguire, in quanto la sostenibilità non è un indicatore digitale:
o c’è o non c’è. E’ un indicatore che va valutato e tarato in funzione delle prospettive di sviluppo che la
comunità cittadina, rappresentata dalla istituzione comunale, vuole perseguire e questa sostenibilità va discussa
e verificata con l’area industriale.

Non è un caso che la raffineria elabori annualmente un bilancio sociale annuale, reso pubblico, che chiarisce gli
interventi sul territorio e sull’ambiente. Su questi processi il comune dovrebbe innestarsi, perché sono processi
codificati nel linguaggio e nel metodo e, magari, invece di concentrarsi su documenti di consuntivo, lavorare per
documenti di pianificazione concertata, utili per il rapporto tra popolazione e azienda petrolifera. Tale ruolo
rilancerebbe un’immagine comunale e cittadina più interessata ai risultati anziché agli ultimatum, assumendo
anche un’autorevolezza di controparte che sta dentro i temi.

Il ruolo dei sindacati locali sembrerebbe noto: salvaguardare l’occupazione in termini numerici e recentemente
anche in termini territoriali (mi riferisco alla salvaguardia dell’indotto locale a seguito delle politiche di
contenimento). In realtà un nuovo elemento si sta aggiungendo nelle contrattazioni: la fase espansiva della
raffinazione ha ormai fatto il suo corso, il business si può consolidare ma forse non può più espandersi. Nasce
pertanto il tema dello sviluppo e della creazione di posti di lavoro che non potrà più essere ricercata dentro la
raffineria. Nasce quindi la necessità di capire quali nuovi business potrà attrarre il nostro territorio e quali
sinergie possono innescarsi con l’attuale assetto produttivo territoriale. Questo è un tema nuovo ove anche le
forze sindacali dovranno interrogarsi perché proprio loro vivono a stretto contatto con le logiche industriali.

In sintesi è bene che ognuno faccia la propria parte, possibilmente innescando proattività invece che reattività e
soprattutto stando dentro i temi ed invocando il ruolo di altre controparti dopo aver assolto al proprio. E’ ormai
chiaro che la crisi va guardata in faccia prendendo consapevolezza di ciò a cui si dovrà rinunciare e cosa si
dovrà ricercare con caparbietà per assicurare dignità e sussistenza alle comunità territoriali rappresentate.




Federico (Provincia): «Firmato un accordo
epocale»
Conferenza stampa, martedì 8 febbraio scorso, per sottolineare l’importanza strategica che il protocollo d’intesa
siglato a Palazzo D’Orleans tra Regione, Enimed e Raffineria di Gela, ma anche per rispondere alle critiche di chi
ne minimizza la portata. A convocarla l’on. Pino Federico presidente della provincia regionale di Caltanissetta,
per il quale l’accordo siglato rappresenta un primo passo per rilanciare l’economia del territorio attraverso la
realizzazione di opere infrastrutturali.

“Questo è un accordo storico, un modello da seguire – ha esordito Federico – e ad affermarlo non sono solo io,
ma anche il presidente della Confindustria Lo Bello, le segreterie regionali dei sindacati. L’azienda si ritiene
soddisfatta perchè ha la garanzia di una burocrazia veloce. Va sottolineato, quindi, il grande messaggio del
presidente della Regione Lombardo con cui annuncia che in Sicilia conviene investire. Ci abbiamo lavorato per
tre mesi per giungere a questo traguardo e senza apparire, al contrario di chi pensa solo ad apparire. L’unica
cosa che ho chiesto io all’Eni per il territorio è il progetto della Gela-Catania. Una richiesta che sarà completata
dalla disponibilità Regione-Anas a finanziare quest’opera. Infine saranno investiti 120 milioni di euro per le
imprese del nostro territorio in ginocchio e per consentire loro di lavorare”.

Chiude la conferenza stampa auspicando che Stato, Regione e Provincia marcino uniti per rilanciare la Sicilia e
in particolar modo il nostro territorio, annunciando che assieme al sindaco Fasulo ha chiesto la riapertura del
tavolo tecnico per la gestione delle risorse idriche della città di Gela.


Autore : Nello Lombardo
Concessioni all’Eni
Il protocollo d'intesa sottoscritto, giovedì pomeriggio a palazzo d'Orleans nel corso di una conferenza stampa,
tra la Regione siciliana e le società Enimed e Raffineria di Gela, «rappresenta un passo significativo per
realizzare adeguate politiche energetiche, salvaguardare la salute e l'ambiente, e creare sviluppo del territorio e
dell'imprenditoria locale». Così la Regione in un comunicato diffuso subito dopo l’incontro palermitano, al quale
hanno paertecipato e firmato l’intesa il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, l'amministratore delegato
di Enimed, Lorenzo Fiorillo, e il presidente di Raffinerie di Gela, Claudio Zacchigna. Presenti alla sottoscrizione,
l'assessore all'Energia e ai Servizi di pubblica utilita', Giosuè Marino, al Territorio e Ambiente, Gianmaria
Sparma e all'Economia Gaetano Armao.

«La Raffineria di Gela – si legge ancora nel comunicato stampa della presidenza della Regione – nonostante le
rilevanti perdite subite negli ultimi anni, ha intenzione di avviare un piano industriale che contempla ingenti
investimenti per migliorare la produttività e la logistica, compreso il ripristino della diga foranea. A fronte di
questi investimenti, la Regione, non appena scadrà l'attuale concessione, ne concederà una nuova per
vent'anni».

L'attuazione del piano industriale è subordinata ad ottenere condizioni, oggetto di negoziazioni con le parti
sociali, destinate al recupero di efficienza e di flessibilità. Le negoziazioni dovranno garantire al sito industriale
di Gela il necessario recupero di competitivita' rispetto alla situazione attuale.

Nel protocollo, la società si impegna ad assicurare la sostenibilità, la sicurezza, il recupero energetico e
tecnologico degli impianti, fra questa la copertura del pet coke. Si impegna anche a realizzare il
ricondizionamento del parco serbatoi, assicurando adeguati standard di sicurezza, sotto il profilo sanitario e
ambientale.

Il documento prevede l'avvio di un tavolo tecnico per risolvere i problemi di gestione del polo di dissalazione di
Gela, nell'ambito del quale sarà valutata la possibilità di arrivare a una soluzione condivisa. Enimed, nell'int

esa, evidenzia l'attuazione di un piano industriale 2010-2013, che prevede forti investimenti per le attivita'
estrattive esistenti e lo sviluppo nella ricerca mineraria. Questo assicurerà alla Regione maggiori introiti in
termini di royalties e fiscalità, con la possibilità di ricorrere a finanziamenti Bei. Il presidente Lombardo, ha
chiesto di minimizzare l'impatto ambientale dei pozzi Tresauro e agli organi competenti, in armonia con quanto
previsto dal protocollo, ha anche chiesto di rivedere l'iter autorizzativo, ad oggi bloccato.

A margine della conferenza stampa, è stata accolta la richiesta del presidente Lombardo di avviare un confronto
con Enimed e Raffineria di Gela per valutare la possibilità di acquisire dalle società i progetti della tratta viaria
Catania-Gela.

Per attuare il protocollo sarà costituito uno specifico tavolo di garanzia con il compito di monitorare la
realizzazione degli interventi contenuti nell'intesa e lo snellimento delle procedure amministrative.

Letteralmente tagliati fuori dalla trattativa palermitana le organizzazioni sindacali di categoria, locali e regionali,
che continuano così a fare da spettatori, come per l’ultimo piano industriale, che gli è stato calato dall’alto,
dopo essere stato concertato a Roma.


Autore : Rocco Cerro


a storia
Mattei progettò di creare un grande polo industriale fra Gela, Augusta e Siracusa allo scopo di sfruttare
ilpetrolio greggio che era stato trovato nel ragusano e che non era molto adatto alla trasformazione inprodotti
leggeri a causa della sua elevata viscosità, nonché il gas naturale che era stato trovato nel territorio
di Gagliano Castelferrato. Vennero così costruiti grandi impianti di raffinazione nel polo petrolchimico
siracusano ed un grande impianto petrolchimico lungo la costa di Gela.
Così, il polo siracusano produceva benzina, gasolio e olio combustibile, mentre il polo gelese produceva
concimi chimici e polimeri per la produzione delle materie plastiche.

Quando tutto sembrava andare secondo il programma di Mattei, questi morì nei cieli della Lombardia non
lontano da Milano, per lo scoppio in fase di atterraggio del suo aereo partito da Catania. Questo evento, mai
chiarito ma considerato come un attentato, pose fine, proprio nel momento cruciale, al progetto portato
avanti da Mattei. I due poli petrolchimici della Sicilia meridionale rimasero come delle cattedrali nel deserto e
svolsero la loro funzione in maniera scoordinata apportando l'unico risultato di creare uno sconvolgimento
dell'ecosistema in due delle più belle coste della Sicilia, quella jonica e quella mediterranea.

[modifica]L'impianto

Il Petrolchimico è un complesso diviso in quattro isole, che si affacciano sul mare, sul fiume o sono divise tra
di loro da terreni agricoli. Dal 2003 la raffineria di Gela è Raffineria di Gela S.p.A.. La raffineria riceve ogni
anno oltre 5 milioni di tonnellate di materia prima che viene poi trasformato in prodotti finiti da vendere sul
mercato. Le persone che lavorano alle dipendenze della Polimeri Europa sono circa 300, alle quali si
aggiungono circa 3400 operai delle ditte esterne. Dopo aver consolidato il piano di miglioramento
ambientale, la raffineria ha inviato un imponente programma di sviluppo che le permetterà di mantenere e
migliorare la sua posizione competitiva sul mercato.




Gela (Caltanissetta, Sicilia)


ESTENSIONE: 5.358 ettari, di cui 4.563 di acque e fondali marini e 795 di terreno.
CONTAMINANTI: idrocarburi e metalli pesanti.
CONTAMINATORI: industria petrolifera, petrolchimica e chimica.

Il polo petrolchimico di Gela nasce ad opera dell'Eni alla fine degli anni Cinquanta per sfruttare i giacimenti
petroliferi scoperti nel 1956. Attorno all'area industriale la città crebbe disordinatamente, senza piano
regolatore, e per il controllo degli appalti negli anni '80 scoppiò una sanguinosa guerra di mafia tra Stidda (la
criminalità organizzata locale) e Cosa Nostra. Nel frattempo, però, si era capito che il greggio di Gela era
troppo denso e troppo in profondità per essere sfruttato in modo vantaggioso... Ciò che rimane oggi sul
territorio è la contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti di suolo, fondali marini e falde, e la cronica
penuria d'acqua per le inefficienze del dissalatore gestito anch'esso dal petrolchimico.FRUTTI SICILIANI Dal
1990, anno in cui l'area di Gela viene inserita nella lista delle Aree ad Elevato Rischio Ambientale (quella che
poi sarebbe diventata la SIN, ossia la lista dei siti di interesse nazionale), sono stati condotti studi sulla
contaminazione e sull'aumento di tumori e malformazioni neonatali. Ma è solo del maggio 2008 la notizia
che l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il CNR, finanziati dalla Regione Sicilia, stanno finalmente
iniziando uno studio sistematico sulla correlazione fra i due fenomeni: in allegato vi proponiamo tre
interessanti articoli che il Corriere di Gela Online [link al sito] ha dedicato al progetto Sebiomag (questo il
nome dell'indagine epidemiologica). Nel frattempo ancora oggi si discute sugli interventi da attuare a livello
ambientale: «Per Gela io propongo la definizione di Area a Riconversione Produttiva e Ambientale, che va oltre
quella di sito contaminato», spiega il sindaco, Rosario Crocetta. «Per salvaguardare l'ambiente senza
bloccare l'attività industriale abbiamo tre progetti: gassificare il pet-coke [che cos'è il pet-coke?], in
quanto allo stato gassoso è meno inquinante, il riutilizzo a fini agricoli e civili delle acque del lago del Biviere,
ora utilizzate dal petrolchimico, e l'installazione di pannelli fotovoltaici sulle serre del distretto ortofrutticolo,
che si estende proprio accanto al petrolchimico.» A TUO RISCHIO E PERICOLO A Gela il confronto sulle
questioni ambientali è estremamente teso: «Ciò che l'ufficio del sindaco dovrebbe fare è costituirsi parte
civile nei processi per l'inquinamento del petrolchimico, cosa che nessuno ha mai fatto», afferma Saverio Di
Blasi, fondatore dell'associazione Aria Nuova [link]. «Dal 1996 abbiamo condotto diversi studi sulla
contaminazione della nostra terra. L'ultimo è sui danni alle colture per la ricaduta di metalli pesanti, da cui è
nato un processo ora in corso», racconta Di Blasi. «Moltissimi i casi di inquinamento da noi denunciati: il
gasolio nelle falde per le perdite dai serbatoi, i trialometani [che cosa sono i trialometani?] e i batteri
nell'acqua cosiddetta potabile fornita dal dissalatore e la discarica di 50 milioni di metri cubi di fosfogessi
radioattivi [che cosa sono i fosfogessi radioattivi?], per vent'anni riversati in mare.» Ma non è facile
essere ambientalisti in una terra di mafia: «Per la mia attività ho ricevuto molte intimidazioni: tre volte mi
hanno incendiato la macchina e una volta anche il portone di casa», è lo sfogo di Di Blasi.


A CHE PUNTO SIAMO? Gela è inclusa nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998 [vedi
"Dati ambientali", negli Approfondimenti]. Nell'Annuario Ispra 2007 risultava approvato il progetto
preliminare di bonifica per il 47% di terreni e fondali e quello definitivo per il 100% della falda, ma... Ciò che è
stato realizzato fin'ora sono i doppi fondi ai serbatoi per gli idrocarburi e le barriere per evitare che le
sostanze tossiche nei terreni sotto l'area industriale continuino a disperdersi nelle acque del mare e di falda.
Infine, per ridurre le emissioni di ossidi di azoto in atmosfera è stato installato un sistema SNOx, il secondo
realizzato al mondo dopo quello entrato in esercizio nel 1991 in Danimarca. Il processo SNOx, sviluppato
dalla società danese Haldor Topsoe in collaborazione con Snam Progetti, è ritenuto idoneo alla rimozione
degli ossidi di azoto (NOx) e degli ossidi di zolfo (SOx) dai fumi. Sull'efficacia del sistema, tuttavia, Aria Nuova
si dichiara poco convinta.


Unione Petrolifera: Petrolchimico di Gela a rischio chiusura
Crisi raffinerie, il 17 febbraio incontro sindacati-Unione petrolifera
L’incontro arriva dopo l’allarme lanciato all’inizio di febbraio dal presidente dell’Unione Petrolifera,
Pasquale De Vita, che, tracciando il consuntivo petrolifero 2009, aveva parlato di “crisi del settore delle
raffinerie, con rischio di chiusura per 4-5 impianti in Italia e di circa 7.500 posti di lavoro a rischio”. «In
Italia ci sono 4 o 5 raffinerie a rischio chiusura. Una raffineria ha in media 4-500 dipendenti più l’indotto
che conta per tre o quattro volte. Fa 1.500 persone a impianto, se si moltiplica per 4 o 5 il conto è fatto»,
ha detto De Vita. L’Up cita anche i nomi degli impianti in crisi: Livorno e Pantano in cerca di compratori;
Falconara che ha 92 esuberi; Taranto e Gela dove l’attività è provvisoriamente ferma.

La Sicilia è leader per la produzione di greggio a terra pari a 544 migliaia di tonnellate nel 2007, in calo
rispetto a 704 migliaia di tonnellate del 1997. Tra la produzione a terra solo la Basilicata può permettersi
di superare l’Isola con una produzione pari a 544 migliaia di tonnellate di greggio. Inoltre la Sicilia, può
vantare attualmente una capacità di raffinazione pari al 37,5%.

Raffineria            Capacità(MT/anno) Occupati DirettiIndiretti(stima)
Gela(Eni)            5,0                       1400          800
Milazzo(Eni50%- 9,8                            600           400
Kupit50%)
Priolo(Erg51%-       20,5                      1100          2500
Lukoil49%)
Dalla tabella si nota che il petrolchimico di Gela rappresenta un punto critico della raffinazione
Eni, 5 MT di greggio raffinato per 2.200 occupati, tanto da ricondurre allo stesso oltre la metà della
perdita del settore Refining & Marketing nei primi nove mesi del 2009. Taranto, gruppo Eni, a parità di
distillato, dà lavoro a 700 persone tra diretto e indotto. Meno di un terzo del popolo della raffineria di
Gela. Una serie di fattori tra l’altro farebbe rientrare proprio Gela tra gli obiettivi sensibili, una
stabilimento petrolchimico che sconta le difficoltà strutturali di una politica di disinvestimenti, dismissioni
e chiusure da oltre un ventennio.

Dunque un mero disegno di riduzione occupazionale si celerebbe dietro le parole di UP, e del suo
presidente. La Sicilia, con ben 3 impianti di distallazione, potrebbe subire la chiusura di due stabilimenti,
Gela e Milazzo, che occupano circa 3.200 persone tra diretto e indotto. Chiusura o dimagrimento, in
tempi rapidi e decisi.

Le raffinerie italiane subiscono, secondo l’Up, anche la concorrenza dei Paesi mediorientali, dove «i costi
sono più bassi e non bisogna rispettare obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti». L’Up non chiede
al governo sovvenzioni economiche, ma sollecita il varo di un quadro normativo meno severo, soprattutto
sul fronte ambientale. Secondo le stime dell’associazione, il settore ha chiuso il 2009 con perdite
complessive per circa un miliardo di euro.




a scorsa settimana si è appresa la notizia che l’Eni ha annunciato il taglio di 400 lavoratori dei 1.350
in organico nella raffineria di Gela (CL). Per l’azienda il 30 % del personale dipendente è in
esubero: "Per rafforzare la propria competitività, e realizzare l’efficienza della struttura organizzativa, l’azienda
procederà all’espulsione graduale del personale eccedente entro il 30 dicembre del prossimo anno".

Questi appena descritti sono alcuni dei provvedimenti comunicati dalla direzione al sindacato nel confronto a
porte chiuse con le organizzazioni di categoria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl eUilcem-Uil, ai delegati del consiglio
di fabbrica.
L’amministratore delegato della Raffineria di Gela, Bernardo Casa, e il direttore dello stabilimento, Alfredo
Barbaro, hanno illustrato i contenuti dell’atteso piano industriale dello stabilimento di Gela per i
prossimi 4 anni. Al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali di questo esodo, si ricorrerà alla mobilità
volontaria lunga (sette anni più uno) per quei dipendenti che, in questo lasso di tempo, attendono di
essere collocati in pensione. Per loro è previsto anche un incentivo di 30 mila euro.
Brutte notizie anche per quanto riguarda gli investimenti. Tagli per 330 milioni(pari al 34 per cento dei
980 milioni concordati nel 2008 con il sindacato e già programmati per Gela) saranno operati sugli
investimenti che prevedevano interventi sul fronte del risanamento ambientale e delle migliorie
produttive per il consolidamento ed il rilancio della fabbrica.Alcuni di questi progetti, però, sarebbero
stati superati dalle mutate richieste di mercato e gli investimenti sono scesi a 650 milioni.

Filctem, Femca e Uilcem si sono dichiarate estremamente deluse. "Questo non è un piano industriale - hanno
detto - qui non c’è alcun rilancio né sviluppo della raffineria gelese, ma solo una politica di mantenimento
dell’esistente". Ma le trattative non sono state interrotte. Il confronto riprenderà nei prossimi giorni, anche
con le altre categorie produttive, sulla spinosa vicenda dell’indotto. Qui si parla di 600 esuberi su un
migliaio di occupati.
All'indomani del confronto a porte chiuse, la Cisl, che ha riunito a Caltanissetta il proprio stato maggiore
(Maurizio Bernava, segretario regionale; Carlo Argento, segretario provinciale; Franco Parisi, numero uno
della Femca Sicilia) insieme ai vertici provinciali dei lavoratori della chimica (Femca), edili (Filca) e
metalmeccanici (Fim), ha chiaramente detto che "sul petrolchimico di Gela, non può aleggiare il
fantasma di una seconda Fiat di Termini Imerese".
Secondo Bernava, serve un tavolo istituzionale presso la prefettura nissena, a cui dovranno prender
parte i governi nazionale e regionale, le forze sociali, gli enti locali. La Cisl, informa una nota, chiederà a
Cgil e Uil di rivendicare assieme "politiche di sviluppo del contesto": perché "solo la competitività del territorio,
la sua capacità d’attrarre investimenti, può garantire reddito e lavoro". In particolare, per il sindacato, le
istituzioni dovranno "affiancare Eni con un pacchetto di investimenti che valorizzi il polo gelese". Per
cominciare, servono il completamento della diga foranea per l’attracco delle navi; lariqualificazione
dell’ambiente: la realizzazione del dissalatore. Così, scrive la Cisl, si potrà far fronte al rischio di
desertificazione produttiva del territorio, che preoccupa, in primo luogo i 400 esuberi già annunciati da Eni e i
500 lavoratori dell’indotto che dovranno fare i conti, tra due anni, con l’esaurimento del ciclo degli investimenti
programmati. Anche per questo "invitiamo tutti – ha insistito la Cisl – a una seria assunzione di responsabilità".
E quanto all’azienda, dovrà mettere in cantiere pure l’investimento, previsto dal 2008, per un impianto
che ricavi energia dall’idrogeno. Anche così potrà dare prova di aver archiviato ogni strategia di
delocalizzazione. "Fiat docet", chiosa la Cisl.

[Informazioni tratte da Ansa, €conomiasicilia.com]


Gela, nella città dei veleni è record di bimbi malformati
By
Archimede
 on 14.07.05 08:42 | Permalink | Commenti (2)
Su 13.000 nati in 10 anni quasi 700 hanno problemi
Soprattutto ai genitali. Indaga la magistratura
Gela, nella città dei veleni è record di bimbi malformati
Studio della Regione: dove ci sono raffinerie ci si ammala di più si muore sempre di più
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

L'impianto industriale del Petrolchimico di Gela

GELA - Dove volevano morire di cancro piuttosto che morire di fame i veleni hanno portato altri orrori. Ed
è lì, solo lì tra le ciminiere che sputano fiamme che l'aria è un morbo. E' in quella Sicilia che un tempo
sognava per i suoi giacimenti e per le sue trivelle che nascono bambini malformati, tanti. Più che a Porto
Marghera. Più che a Taranto. Più che nell'inferno di Priolo e di Melilli. "Per le ipospadie un dato così alto
non si era mai ufficialmente registrato in realtà industriali del mondo intero", rivela la relazione che
un'équipe di periti ha appena consegnato alla magistratura di Gela. Sono numeri da paura.




8.I veleni del petrolchimico
La sede di Aria Nuova si compone di due stanzette rintanate in un cortile invisibile dalla strada. Il presidente Saverio Di Blasi
(«Saverio, lo levano di mezzo», senti dire in giro) è il più grande scassaminchia della città. Scassa la minchia a tutti, all’Enichem e al
sindaco, alla Regione e alla Provincia, convinto, anzi certo, che il petrolchimico avvelena ogni cosa. Non sta neanche a spiegartelo.
Estrae dai numerevoli faldoni quintali di sentenze, di perizie, di dati di rilevamento ambientale, cartelle cliniche di ammalati,
volantini e articoli di giornali. Mentre fa fotocopie, entra un contadino che vuole farsi aiutare. Di Blasi estrae una perizia del ‘94:
«Uva bianca in grappoli; gli acini e le foglie si presentano ricoperti in gran parte di polvere nerastra… impalpabile untuosa al tatto,
costituita da sostanze di natura carboniosa miste a sostanze di natura siliceo-carbonatica». Un’altra del ‘99: «Le macchie necrotiche
passanti sono state riscontrate un po’ in tutta la vegetazione… Tali disposizioni provengono quasi sicuramente dal Petrolchimico di
Gela». La capitaneria di porto lo ha bloccato al largo mentre tentava di prelevare l’acqua davanti allo stabilimento. Da allora non si
può più avvicinare nessuno.

Chiedo dei bambini malformati. Sono uno su sei di quelli nati negli ultimi 10 anni, più del doppio della media nazionale. E da brivido
è la percentuale dei neonati microcefali, 10 volte di più che nel resto del paese. Le spaventose cifre della perizia, depositata alla fine
del 2006 agli atti dell´inchiesta che mira a stabilire le connessioni tra le decine di morti sospette, le centinaia di malformazioni, l
´inquinamento ambientale e l´attività del petrolchimico, hanno portato allo scoperto una realtà che a Gela tutti gridano da anni con
poca fortuna, se si considera che il registro dei tumori è stato istituito alla fine del 2005. Di Blasi, intanto, produce altre statistiche. Si
parla di tumori e lui fa fotocopie. È presente un tossicologo dell’Università di Catania: racconta di un uomo che gli ha chiesto
preoccupato: «È vero, dottore, che ho livelli di piombo troppo alti?», come se avere il piombo nel sangue fosse normale.

Il fatto triste è che nessuno dei documenti dimostra un nesso causale certo tra danni alla salute e inquinamento. Tutte le perizie
rimandano ad altre più complete, ancora da fare. Un altro ambientalista si è fatto dare dall’Azienda sanitaria locale il numero delle
esenzioni ticket per patologie tumorali richieste dal 1996 al 2000. Risultato: 270 nel ’96, 295 l’anno dopo, 320 nel ‘98, 372 nel ’99 e
464 nel 2000, le ultime solo per tumori maligni. C’è una rete di centraline, ma è inadeguata. Passi davanti alla casa natale di
Salvatore Aldisio, il leader storico della Dc di Gela. Cade a pezzi. Entri in contrada San Giacomo, ad altissima concentrazione
mafiosa. Vedi case senza intonaco e senza finestre, tirate su e abbandonate, in attesa di nuovi soldi, un piano sopra l’altro. Tutto è
provvisorio, quasi che il petrolchimico sia stato vissuto come un ospite ingombrante e sgradito, una presenza di passaggio. Il regista
Giuseppe Ferrara(lo stesso del film Il Banchiere di Dio)che nel ‘63 girò per l’Eni il documentario Gela antica e nuova, ricorda una
terra diversa: «C’era una cultura contadina molto coesa. Per San Giuseppe, le famiglie benestanti offrivano cene pantagrueliche a
turbe di poveri. C’era grande speranza. Sono tornato qualche anno fa. Ho trovato una città di traffico e polvere». Ogni illusione è
spenta. L’Enichem forse, tra qualche anno o prima, verrà chiusa o venduta oppure si stabilirà al di là del canale di Sicilia a fare da
capo come gli pare. La risposta che ti senti dare da decine di voci, con cento sfumature diverse è: «Lo Stato ci ha avvelenato, ci ha
imbruttito, ci ha umiliato e ora deve pagare». Ti accorgi che l’inquinamento è davvero l’aria che respiri e l’acqua che bevi. Tutte cose
che penetrano a fondo.


ENInismo
Per capire come mai la sinistra, o quel che ne rimane, da queste parti sia così forte, bisogna riavvolgere il nastro del tempo. Correva
l’anno 1956, l’anno in cui nacque anche il ministero delle Partecipazioni statali. Il presidente dell’Eni Enrico Mattei si affacciò sulla
piazza di Gela e annunciò trionfante che ci sarebbe stato lavoro per tutti: l’Agip mineraria aveva trovato il petrolio. In realtà il
giacimento era a grande profondità, il greggio molto denso, con una percentuale di zolfo altissima (25 per cento) e l’estrazione
sarebbe stata costosissima. In mancanza di strade, per il trasporto si poteva contare solo su un porto pochissimo attrezzato. Nel 1965
l’ingegner Boldrini, magnificò così, nel discorso inaugurale del petrolchimico, l’abilità politica del suo predecessore: «Il giacimento
minerale era di qualità così scarsa che di nessun tipo analogo era mai stata tentata l’utilizzazione industriale nel mondo. Ma il genio
di Enrico Mattei – desto sempre su ardimentose prospettive – sentiva il fascino di un inedito cimento. E dalla sua volontà precisa
decisa e trascinante nacquero le nuove fortune di Gela».

Mattei, legato alla corrente Dc di Amintore Fanfani (segretario dal ‘54), ma con buone relazioni anche a sinistra e a livello
internazionale, riesce a imporre il progetto. Nei primi anni, i soldi arrivano a palate. Le campagne di svuotano e il latifondo si sfalda.
I proprietari terrieri, guidati dal principe Nicolò Pignatelli d’Aragona, dopo avere resistito per anni, anche grazie alla mafia, alle
richieste del movimento bracciantile, iniziano a vendere i terreni all’Eni. Erano gli anni della «meteora milazziana», come la definì
Pietro Ingrao, il governo regionale di Silvio Milazzo, uomo politico Dc della corrente di Sturzo, che riuscì a compattare la destra
siciliana, la mafia e il Pci (il segretario regionale di allora era Emanuele Macaluso), in chiave anti centralista, quindi avversa a Mattei
e alla politica di Fanfani delle partecipazioni statali. Il «compromesso storico» siciliano, che vide una parte della sinistra scendere a
patti con i potentati locali, ha origine in questo quadro politico.

A Gela, però, la sinistra si schiera con Mattei, facendo parlare i giornali di «marxismo-eninismo». L’occasione era irrinunciabile. Nel
1962 Gela sfiora la piena occupazione. Oltre al lavoro nel petrolchimico, ci sono da costruire servizi, strade e interi quartieri per i
dipendenti. Come il Macchitella che ancora oggi, lindo e roseo, appare come un corpo estraneo in una città quasi interamente
abusiva. In pochi anni la popolazione passa da 20 mila abitanti agli 80 mila attuali.

Il 27 ottobre 1963 l’aereo di Enrico Mattei si schianta a Bascapé, in provincia di Pavia. Veniva da Galliano, in Sicilia,
dove l’Eni aveva trovato un giacimento di metano («Richiamate i vostri figli emigranti, ci sarà lavoro per tutti») e aveva
dormito a Gela in un Motel Agip. Nel 1974, l’inchiesta viene archiviata, ma oggi, a 45 anni di distanza, l’ipotesi più forte è
quella dell’attentato. Tra le tante ipotesi (Cia, mafia, sette sorelle), c’è chi sostiene che le cause vadano cercate proprio a
Gela. Sentito dai giudici di Pavia, il senatore Dc Graziano Verzotto che accompagnò Mattei nel suo ultimo giorno
dichiarò: «Per capire la morte di Mattei occorre capire l’operazione Anic-Gela, ovvero la nascita di un tale stabilimento
petrolchimico ideata e avviata da Cefis e Guarrasi nel periodo del governo regionale di Silvio Milazzo».
5.Mafia e petrolchimico
Il rapporto della Commissione Antimafia per il biennio ‘63-‘64 fotografa un fenomeno in atto già allora: «Il settore industriale creava
nuovi spazi per esercitare l’illegalità, speculazioni e prepotenze sul lavoro, sugli operai, sulle aziende». Nel novembre 2001, il
direttore dell’Agip, Marco Saetti, quattro funzionari e due responsabili di consorzi di imprese dell’indotto vengono arrestati dai
carabinieri. L’accusa è associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato e minaccia. Il gip Antonio Fiorentino che ha seguito
l’inchiesta, parla di «uno scellerato patto di non belligeranza tra il potere economico e il potere mafioso locale». È tutto da spiegare il
caso Gela. Città di frontiera, ricca e progressista. Dove si dice che fino agli anni settanta la mafia non si era impiantata saldamente.
Ma dagli anni ottanta terreno di faide ferocissime, rapidi regolamenti di conti, continui traffici di armi e droga, una rete capillare di
estorsioni estesa a tutte le attività economiche, agguati in bar, ristoranti e sale giochi. Il fatto è che prima dell’avvento del
petrolchimico, a Gela Cosa Nostra era poca cosa. In realtà cosa nostra era presente con boss mafiosi del calibro di Francesco e
Giuseppe Piddu Madonia. Esisteva, però, una versione locale del prodotto, la Stidda, meno verticistica, molto più rozza e altrettanto
sanguinaria.


4.Il petrolio: un fattore di arretratezza
Dopo la morte di Mattei, a Gela i lavori continuano a pieno ritmo. La pacchia finisce nel 1965, anno dell’inaugurazione. In pochi
mesi vengono licenziati 650 operai meccanici e mille edili. L’Anic ha bisogno di manodopera specializzata e importa operai da fuori.
Gli ex braccianti diventati edili restano senza lavoro e ricominciano a emigrare. La politica dei Poli di sviluppo che aveva portato
investimenti a pioggia rallenta. Ci pensa l’Eni a frenare entusiasmi e pretese. Sul Giornale di Sicilia del 21 novembre 1968, un
funzionario dichiara: «Il complesso petrolchimico Anic produce beni finiti per cui non esistono grandi possibilità di incentivare altre
iniziative collaterali». Lo sviluppo si ferma e tutto resta com’è.

Ai nuovi venuti Gela appare come una città spezzata. Da un lato c’è il petrolchimico che, per quanto cadente, tiene i piedi nella
modernità, produce utili e agisce secondo logiche di profitto. Dall’altro c’è tutto il resto. C’è una città abnorme che non si capisce
bene come sopravviva se non «intercettando» finanziamenti dello Stato, c’è l’economia dell’indotto nelle quali, molto spesso, non
esistono tutele sindacali e latita ogni ideologia imprenditoriale. Di questo rischio, Mattei era conscio. Parlando, il 23 gennaio 1959, al
II Convegno Petrolio in Sicilia Enrico Mattei avvertì: «Le produzioni attuali e quelle assai maggiori sicuramente prevedibili a breve
termine confermano dunque l’esistenza in Sicilia di quella disponibilità di petrolio che viene comunemente considerata, di per sé,
fattore di industrializzazione… Lo sviluppo industriale non deriva automaticamente dalla disponibilità di petrolio». Il presidente
dell’Eni precorre una teoria economica in voga negli ultimi anni: la presenza di petrolio è un fattore che frena lo sviluppo invece che
favorirlo. L’umanità tende ad adagiarsi sulle proprie ricchezze e l’iniziativa ne risente. In questo senso, Gela non fa eccezione.

L’economia ufficiale della zona si regge, ancora oggi interamente, sull’estrazione e sulla raffinazione. Il gigante solitario
parla alla città attraverso mille braccia, molte delle quali invisibili. È attraverso queste braccia che la mafia allunga le
mani sulla torta. Non parlarne, significherebbe ignorare l’altro grande datore di lavoro della zona.
LIBERAINFORMAZIONE




Raffineria di Gela
Con una capacità di raffinazione primaria bilanciata di 100 mila barili/giorno e un indice di conversione del 142,4%

costituisce un polo integrato a monte con la produzione di greggi pesanti dei giacimenti siciliani e a valle con gli

adiacenti impianti petrolchimici Eni. Situata sulla costa meridionale della Sicilia, produce prevalentemente

combustibili per autotrazione e cariche petrolchimiche. L’elevato livello di conversione è assicurato dall’unità

di cracking catalitico integrata a monte con un go-finer che migliora la qualità della carica, due unità di coking per

la conversione del residuo atmosferico e da vuoto, integrati in modo da trattare i residui pesanti fino all’ottenimento
di prodotti pregiati. La centrale termoelettrica della raffineria è dotata di moderni impianti di trattamento dei fumi

    che consentono il rispetto dei più elevati standard ambientali.

    Sulla raffineria di Gela Eni sta procedendo alla realizzazione di progetti di ammodernamento e miglioramento

    dell’affidabilità degli impianti della centrale di sito principalmente attraverso:

•   la realizzazione nel 2012 di un nuovo impianto di steam reformer;
•   l’upgrading e il recupero di affidabilità della centrale di produzione di energia elettrica e delle caldaie esistenti con
    l’obiettivo di aumentare la redditività sfruttando le sinergie derivanti dall’integrazione raffinazione-generazione
    elettrica;
•   l’introduzione di un nuovo serbatoio per la segregazione dei greggi extra-pesanti e l’avvio di un nuovo impianto
    per il recupero dello zolfo entrambi attesi entro il 2012.



    RELAZIONE SUL PETROLCHIMICO DI GELA
    INFORMAZIONI GENERALI

    Nella seconda metà degli anni 50 le attività di esplorazione mineraria condotte da Agip Mineraria
    nel sottosuolo gelese portano alla scoperta di giacimenti di petrolio greggio.
    Le dimensioni di tali giacimenti sono tali da rendere economicamente vantaggiosa la costruzione
    di uno stabilimento per la lavorazione del greggio sul territorio.
    Nel 1960 Anic Gela SpA avvia infatti la costruzione dello Stabilimento con un investimento iniziale
    di 120 miliardi di lire,e nel 1962 entrano in funzione i primi impianti di raffinazione con una
    capacità di lavorazione di 3 milioni di tonnellate/anno di greggio. Gli investimenti attuati nel corso
    degli anni, orientati al miglioramento dei processi produttivi all’adeguamento tecnologico e
    soprattutto alla riduzione dell’impatto ambientale sul territorio attraverso interventi di
    ristrutturazione e innovazione, hanno consentito uno sviluppo delle strutture di raffinazione, tale
    da collocare la Raffineria di Gela tra le più complesse e avanzate d’Europa. Attualmente registra
    infatti una capacità di raffinazione di oltre 5 milioni di tonnellate/anno.

         •       I.354 dipendenti (75% di essi proveniente dal comune di Gela) tabella
         •       Produzione di gas,gpl, benzine, gasoli, coke e oli combustibili
         •       Processi produttivi caratterizzati da impianti tipici della raffinazione del greggio (Topping
                 (Distillazione Atmosferica), cracking termico e catalitico, reforming) e da impianti di
                 stoccaggio e movimentazione di Oli minerali e GPL
         •       politica Ambientale orientata al rispetto di tutte le prescrizioni legislative e regolamentari,
                 a un miglioramento continuo delle prestazioni ambientali complessive e alla prevenzione
                 dell’inquinamento.
         •       moderni impianti di trattamento dei fumi che consentono il rispetto dei più
                 elevati standard ambientali.
         •       grande impatto economico sul territorio attraverso contratti di prestazione con ditte terze
                 site soprattutto nel territorio gelese. ( 60% gela 7% sicilia 33% italiaestero)
         •       strategie di sviluppo orientate verso un processo di miglioramento e innovazione del
                 sistema di raffinazione.
    CRISI
    La crisi finanziaria del 2008 che ha indebolito l’intero sistema finanziario ha avuto ripercussioni
    anche nel settore petrolifero. Tale situazione si evidenzia dai dati dl consuntivo petrolifero dell
    2009, è lo stesso Pasquale De Vita, presidente dell’Unione Petrolifera, che parla di “crisi del settore delle
    raffinerie, con rischio di chiusura per 4-5 impianti in Italia e di circa 7.500 posti di lavoro a rischio”.
Risultati negativi si registrano soprattutto in Sicilia ,leader per la produzione di greggio a terra pari a 544
migliaia di tonnellate nel 2007, già in calo rispetto a 704 migliaia di tonnellate del 1997, dove l’attività del
petrolchimico di Gela risulta provvisoriamente ferma e il 30 % del personale dipendente è in esubero
Una serie di fattori tra i quali anche ,l’inserimento nel 1990 di Gela nella lista delle Aree ad Elevato Rischio
Ambientale e la concorrenza dei Paesi mediorientali dove i costi sono più bassi e non bisogna rispettare
obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, sono le cause del declino di Gela, uno stabilimento
petrolchimico che sconta le difficoltà strutturali di una politica di disinvestimenti e dismissioni

Tra gli interventi annunciati
    •   l taglio di 400 lavoratori dei 1.350 in organico
    •   Tagli per 330 milioni sugli investimenti per il consolidamento ed il rilancio della fabbrica.
    •   Riconversione industriale che prevede completamento della diga foranea per l’attracco delle
        navi; la riqualificazione dell’ambiente: la realizzazione del dissalatore




PROBLEMA: MANCANZA DI INTERVENTI DI INNOVAZIONE E
RIQULIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI
Modello
  Analizzando i modelli discussi fino ad oggi è possibile studiare il
  caso di Gela attraverso l’applicazione del modello a due settori
  produttivi ideato da Borts e Stein. Tale modello si basa su ipotesi
  fondamentali, si suppone infatti che:
     • presenza di una località in cui son presenti due settori, uno
        quello industriale , con un’elevata produttività del fattore
        lavoro la cui produzione viene maggiormente utilizzata per
        l’esportazione e l’altro quello agricolo la cui produzione
        viene utilizzata per il consumo locale che ha invece una
        bassa produttività del lavoro
     • Il fattore capitale è utilizzato solo nel settore industriale
     • Presenza di squilibri nella bilancia commerciale
     • Perfetta esaustività derivante dall’uguaglianza tra il costo
        dei fattori produttivi e il valore della produttività marginale
        degli stessi
     • Perfetta concorrenza nel mercato dei beni

Ipotizzando che la domanda del bene esportato aumenti, si ha
conseguentemente l’immediato aumento sia del prezzo del bene
esportato sia della produttività marginale dei fattori produttivi
presenti nella località, ottenendo cosi una riallocazione delle risorse
produttive.
L’aumento della produttività marginale dei fattori ha un rilevante
impatto sull’ economia in quanto influisce positivamente sulla
produzione e sull’occupazione.
la maggiore remunerazione dei fattori produttivi apporta infatti sia
un maggiore stock di capitale nel settore industriale che determina
un aumento della produzione, sia una maggiore domanda di lavoro
che incide sui salari ( del settore industriale) e di conseguenza
sull’occupazione. È importante precisare che l’aumento
dell’occupazione attrae lavoratori sia dal settore agricolo sia da
territori esterni alla località.
Infine lo sviluppo del settore industriale si ripercuote anche sul
settore agricolo nel quale un riassetto dell’equilibrio fa registrare
una maggiore produzione e una maggiore occupazione.
Ecco che attraverso il modello a due settori produttivi è possibile
verificare come lo sviluppo del settore industriale determini un
conseguente sviluppo del settore agricolo e come quindi un
intervento immediato che miri alla innovazione e al miglioramento
del settore petrolchimico di gela sia necessario e fondamentale per
lo sviluppo non solo del settore industriale ma anche di quello
agricolo e del territorio limitrofo.
È importante precisare però che tale modello non tiene conto di un
elemento fondamentale quale la presenza di esternalità negative e
ambientali, che rappresentano una delle problematiche più
importanti di gela. tale mancanza puo rappresentare un ostacolo
all’applicazione del modello sul caso del petrolchimico di gela.

PAROLE CHIAVE
   • ENI
   • INQUINAMENTO AMBIENTALE
   • CRISI OCCUPAZIONALE

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  • 1. Luci e ombre sull’intesa Eni-Regione Ci sono anche voci fuori dal coro a commento dell’accordo siglato la settimana scorsa tra il governatore Raffaele Lombardo in rappresentanza della Regione Sicilia, l'amministratore delegato Lorenzo Fiorillo per Enimed ed il presidente Claudio Zacchigna per la Raffineria di Gela. Sul tavolo 800 milioni di euro di investimenti per il prossimo quadriennio, di cui 140 milioni destinati alla diga foranea di Gela danneggiata da una mareggiata diversi anni or sono, ai fini di una ripresa a pieno regime delle attività del porto isola, a cui ne vanno aggiunti 50 milioni per alcuni interventi di bonifica del sito ed in particolare per la definitiva messa in sicurezza dei serbatoi e per la copertura del “Parco Coke”. Rinnovando per altri 20 anni le concessioni al colosso industriale, il presidente Lombardo ha inteso così incentivare l'attività estrattiva e produttiva del «cane a sei zampe» in Sicilia, assicurando al contempo uno snellimento degli iter burocratico-amministrativi, per una una specie di “corsia preferenziale”. In cambio, Lombardo ha stimato un ritorno fiscale per l'intero ventennio preso in considerazione attorno al miliardo di euro, cioè 50 milioni l'anno, per la Regione Sicilia. Inverosimile che Lombardo alluda al solo incremento delle royalties attuali il cui gettito si attesta attorno a cifre nettamente inferiori. In effetti, il gruppo Eni s'è impegnato a trasferire la sede fiscale di alcune piattaforme marine in Sicilia, permettendo alla Regione l'introito del gettito stimato in circa 1 miliardo nel ventennio di riferimento. Altresì, a margine della trattativa, l'Enimed si è detta disponibile a partecipare fattivamente nella progettazione dell'autostrada Catania-Gela: in che termini, se ne riparlerà più compiutamente in separata sede. Numerose le attestazioni di apprezamento in ordine all'accordo di programma, stilate da svariati esponenti del mondo politico, sindacale e della grande impresa, a partire dai vertici regionali fino a quelli locali: coincidenza alquanto paradossale vuole, però, che siano stati tutti esclusi dal tavolo della trattativa. Nessuno di essi è stato invitato: nemmeno gli enti locali, per non parlare delle rappresentanze sindacali, a prescindere se regionali o locali. Non ha partecipato il presidente della Provincia di Caltanissetta, il gelese on. Federico (MpA) pronto, cionondimeno, ad esultare alla notizia dell’accordo, salutandolo come un evento epocale. Non è stato invitato il sindaco di Gela, espressione del Pd, Angelo Fasulo limitatosi, al pari di tanti altri, a puntare sulla circostanza che vede con le somme impiegate per la diga foranea e per gli interventi di bonifica, un rilancio ed una boccata d'ossigeno per l'indotto ed in particolare per il comparto edile, in grande sofferenza. Discorso, quest'ultimo, su cui non potevano per ovvie ragioni non trovarsi d'accordo i vari Gallo, Piva e Ruggeri, segretari di Femca Cisl, Filctem Cgil e Uilcem Uil. Ne abbiamo raccolto, comunque, le impressioni che potrete leggere in apposito spazio sul giornale. Non sono mancate, purtuttavia, le poche ma anch'esse immancabili voci fuori dal coro. Il primo in ordine di tempo a commentare l’intesa Regione-Eni è stato il deputato gelese del Pd all'Ars, Miguel Donegani. Tre gli aspetti della sua critica. Il primo verte proprio sui finanziamenti già approvati dal dicastero nazionale del territorio ed ambiente l'anno scorso e per i quali si può asserire che alla fin fine non ci sia giusto “nulla di nuovo sotto il sole”. Il secondo insinua più di un dubbio sull'impiego delle restanti somme, giacché non viene specificato come esse, che dovrebbero ammontare ad oltre 600 milioni di euro, verranno investite. Il terzo apre seri interrogativi sulla conciliabilità tra il protocollo siglato, con tanto di 800 milioni di investimenti, 1 miliardo di ritorno fiscale per le casse regionali (e per quelle comunali?) annunciati da un lato e, dall'altro, il piano di sostenibilità presentato dalla Raffineria con “paventati allegati” almeno mille esuberi tra diretto (circa 400) ed indotto (almeno 600). Subito dopo, sul primo punto a confermare le perplessità del parlamentare regionale di origini gelesi è intervenuto giust'appunto il Ministero dell'Ambiente retto dalla siracusana pidiellina Stefania Prestigiacomo, mentre sul secondo aspetto ad insistere è stato il capogruppo comunale dei «berluscones» gelesi Gaetano Trainito. Bocce cucite sulla terza – a questo punto piuttosto controversa - questione, in merito alla quale con tutta evidenza c’è molto timore, per non dire terrore, ad avventurarsi in un qualsivoglia commento. In merito all'intesa raggiunta, sul suo blog Raffaele Lombardo ha scritto che “l'ambiente, la sicurezza e la salute sono al centro di questo protocollo. La Regione non ha mollato su niente; lo dimostrano gli 800 milioni di investimento e il miliardo di gettito fiscale che sarà incassato in 20 anni. La trattativa è stata durissima. Abbiamo tutto l'interesse che i pozzi ripartano – ha scritto ancora Lombardo -. Inoltre l'Eni si è impegnata a discutere del progetto della Catania-Gela e farà il porto della città nissena. Nessuna polemica con i grandi gruppi, ma non si può venire qua a fare quel che si vuole e portarsi via gli utili. Non so se Ikea, ad esempio, ha fatto una sede legale e fiscale in Sicilia in modo da pagare le tasse qui da noi. Il principio deve valere per tutti”. Ora, volendo leggere tra le righe, saremmo fortemente tentati da alcuni toni quasi propagandistici, a sospettare fortemente che siamo già entrati in campagna elettorale ovvero che, quantomeno, non se ne esclude del tutto l'eventualità anche prossima. Magari, anzi probabilmente, ci sbagliamo. Ma va precisato che se dobbiamo leggere il termine protocollo d’intesa in senso letterale, dobbiamo considerare che trattandosi di un’intesa, preliminare ad un vero e proprio accordo, in quanto tale dovrà passare sia al vaglio dell’Ars che del consiglio di amministrazione Eni. In ogni caso, affermare che chiudere con Enimed e Raffineria sia stato frutto di una trattativa durissima suona molto più che una semplice forzatura. Sfugge davvero lo sforzo compiuto dal Governatore siciliano nel costringere la Raffineria di Gela a quanto era già in suo dovere in tema di bonifiche a
  • 2. seguito di sentenze delle magistratura, nonché più in generale a quanto era già in suo potere in virtù delle autorizzazioni ministeriali ottenute lo scorso anno. Inoltre, la Raffineria di Gela aveva già programmato i 140 milioni di euro per la diga foranea di proprietà regionale. Per dirla tutta, la Raffineria ha ottenuto quel che voleva, vale a dire rimettere in auge un porto isola da cui non poteva più prescindere, ottenendo perciò una nuova concessione di altri 20 anni a partire dalla scadenza della precedente concessione. Tra le controparti, in definitiva, chi ha mollato è stata proprio la Regione. In una specie di baratto “bluff”, la Raffineria ha giustificato la sua presenza nella trattativa con i quasi 200 milioni da investire per interventi mirati, previsti e già autorizzati, di cui sopra. Viene da chiedersi allora cosa ci facesse l'Enimed sul tavolo, a giustificare i restanti 600 milioni di investimenti. O forse di queste somme ci sarà qualcosina per l'ammodernamento di una centrale termoelettrica che è d'importanza vitale per lo stabilimento di Gela? Al momento, non è dato sapere. Non è affatto escluso, peraltro, che a Palermo la posta in gioco vertesse anche sui permessi di ricerca a Friddani, Passo di Piazza e, soprattutto, Tresauro, sul quale Lombardo ha invocato la soprintendenza a revocare il blocco autorizzativo. Una nuova “presa di coscienza” del Governatore Lombardo che fino a pochi mesi fa urlava a gran voce “stop alle trivellazioni”. Va anche ricordato sullo sfondo di questa vicenda, il credito che l'Eni vanta nei confronti della Regione in tema di gestione dei dissalatori. Che il costo di tale gestione sia salato, lo conferma lo stop del V Modulo, che tanto preoccupa oggi almeno una ventina di lavoratori ed i sindacati. La forte impressione, quindi, è che una volta archiviato un baratto solo simulato con la Raffineria di Gela per interventi già programmati ed autorizzati e che ha visto la Regione Sicilia mollare la presa di brutto, “pagando” l'intera quota “proprietaria” dei costi di rifacimento della diga foranea attraverso il rinnovo della concessione (quanto chiedeva la Raffineria e con essa a ruota i sindacati che salvaguardano forza lavoro), per il resto la partita in gioco l'hanno giocata la Regione e l'Enimed. L'accordo è chiaro, netto, limpido, cristallino: la Regione s'impegna ad una corsia burocratica preferenziale e l'Enimed penserà a fare il suo mestiere. Più l'Enimed lavorerà e produrrà, più ritorno fiscale introiterà la Regione. E' lo stesso Lombardo a svelarlo candidamente nel suo blog quando ammette l'interesse “a che i pozzi ripartano”, stimando come detto un ritorno fiscale ventennale miliardario. Il messaggio, insomma, è “più petrolio (cioè più profitto per l'Eni) e più gettito fiscale (e cioè più profitto) per la Sicilia”. Può piacere o meno, ma soprattutto a ben guardare pare postulare altro. Infatti, se nel suo blog Lombardo chiude il suo pensiero annunciando che “il principio deve valere per tutti” i grandi gruppi, chiedendosi se l'Ikea ha sede legale e fiscale in Sicilia, qualora fosse così o dovesse decidere di farlo, c'è solo da dedurre che la multinazionale svedese potrà aprire centri commerciali ovunque nell'isola perché ciò significherebbe assicurare un maggior ritorno fiscale in termini di gettito alla Regione. O no? Rimane assolutamente non chiara, manco accennata a dire il vero, la problematica degli esuberi già prospettati allo stabilimento di Gela. Il richiamo unanime dei tre interlocutori seduti sul tavolo della trattativa a Palermo, rivolto al “senso di responsabilità” delle rappresentanze sindacali, affinché il sito industriale gelese torni ad essere “competitivo”, farebbe pensare a tagli che nel medio termine ci saranno in ogni caso. Sul piano eco- ambientale, poi, a gelare un po' tutti ci ha pensato l'onorevole Prestigiacomo che, dopo aver giudicato insufficienti da questo punto di vista i termini del protocollo siglato con Lombardo, ha subito convocato a Roma, presso il Ministero al Territorio ed Ambiente di cui è titolare, un vertice chiarificatore con i rappresentanti del gigante petrolifero italiano. HANNO DETTO Angelo FASULO (Sindaco di Gela) “Saluto la firma di questa intesa positivamente giacché lo sblocco di importanti opere come la Diga foranea consente nell’immediato una ripresa del settore edile, mentre l’ammodernamento di alcuni impianti tecnologici, la copertura del parco carbone, gli standard di sicurezza da garantire ed anche la condivisione della gestione del dissalatore, si inquadrano in un percorso che abbiamo avviato in questi mesi in un clima di collaborazione. È fondamentale, però, che la ritrovata competitività della Raffineria coniughi le esigenze occupazionali con quelle ambientali del territorio. Se questo protocollo inquadrava una trattativa tra due parti, Regione ed Eni, possiamo sforzarci e comprendere perché non si sia ritenuto indispensabile convocare le eventuali altre parti in causa, ma se ulteriori trattative venissero condotte senza coinvolgere direttamente il territorio, verrebbe trasmesso un segnale fortemente negativo e, qualora si verificasse tale ipotesi, l’Amministrazione userà sicuramente ogni mezzo per far sentire la propria voce e rivendicare il proprio ruolo”. Silvio RUGGERI (Segretario Territoriale Uilcem Uil) “Il protocollo racchiude cose che in quanto sindacati già conoscevamo. A Palermo, la Raffineria ha illustrato un piano industriale di cui siamo già a conoscenza e che non lo apprendiamo ovviamente dal protocollo siglato nel capoluogo regionale. Non possiamo che ritenerci mediamente soddisfatti. Lo saremo in pieno solo se e quando gli investimenti saranno esecutivi. Diciamo che è stato fatto un passo in più verso la risoluzione di problemi che si protraggono da troppo tempo come nel caso della diga foranea la cui riparazione è d’importanza vitale per la movimentazione logistica futura nella misura almeno del 90%. Il che è una condizione essenziale per la messa in opera di altri investimenti. Vogliamo pensare che la nostra assenza sul tavolo della trattativa sia dettata esclusivamente dalla circostanza che ci vedeva conoscere già il contenuto del piano industriale della Raffineria di Gela”.
  • 3. Emanuele GALLO (Segretario territoriale Femca Cisl) Non disperiamo per il fatto di non essere stati convocati a Palermo perché come si evince palesemente dal protocollo, tutta l’intesa è legata, per non dire subordinata, agli accordi che si dovranno stipulare con le sigle sindacali in sede locale. Peraltro si tratta di temi e questioni di cui siamo già a conoscenza, anche nei dettagli e su cui lavoriamo da tempo. Se la notizia relativa alla diga foranea è da accogliere positivamente, dobbiamo ricordare quanto essa sia arrivata piuttosto in ritardo e vale a dire dopo almeno sei anni dalla famosa mareggiata. Non va assolutamente dimenticato che parte delle perdite di questi anni sono da addebitare alle controstallie, cioè alle maggiori spese derivanti dalle proroghe concesse alle navi rispetto ai tempi di sosta prestabiliti, con le petroliere di piccole dimensioni impossibilitate all’attracco e costrette al largo”. Alessandro PIVA (segretario Filtcem Cgil) Il nostro è un giudizio positivo perchè finalmente si sblocca l’iter per la diga foranea, indispensabile per il rilancio della raffineria. Prendiamo anche atto che la la Regione finalmente dimostra attenzione per il nostro territorio. Si rende conto, cioè che bisogna avere un piano energetico moderno e concordato con le parti sociali. Poi c’è la partita sull’ accordo tra sindacato ed Eni, in cui noi chiediamo che l’Azienda svolga un ruolo sociale nel territorio, dopo tanto anni di presenza in cui ha avuto enormi guadagni. Autore : Filippo Guzzardi Piano industriale e ruoli istituzionali Per mesi si è parlato a Gela di piano industriale. L’incontro del 4 febbraio presso la regione siciliana, presente l’Eni con le sue società Enimed e Raffineria di Gela, ha segnato un esito nell’ambito degli accordi di lungo periodo tra Eni e la Regione. Eppure per mesi i sindacati, il sindaco, il consiglio comunale, le parti sociali hanno tentato un’interpretazione del piano industriale della raffineria per trarre auspici e indicazioni. Spesso con esiti limitati. Tutti infatti parlano di sviluppo ed investimenti, concentrandosi sulle cifre che l’Eni vuole investire nei prossimi anni, ed usano tale indicatore, incrociato al più con i dati di occupazione, come parametro di valutazione delle intenzioni industriali della multinazionale petrolifera. Tale modo di valutare i vantaggi sul territorio comincia a presentare delle limitazioni, basti pensare che esistono investitori che rilevano aziende, vi investono per portarle ad un livello di presentabilità, e le rivendono per ricavare il massimo utile. A questo si aggiunge un comportamento puramente reattivo dell’istituzione comunale che, pur essendo la prima interfaccia territoriale, non ha ancora trovato un protocollo di comunicazione con la raffineria; ne è prova che lo strumento principe rimane quello delle sessioni monotematiche del consiglio comunale, massima espressione di reattività agli eventi, che producono esiti quali richieste di convocazioni, generiche dichiarazioni di allarme o, nei casi più concitati, di ultimatum mai efficaci. Insomma tutto tranne che l’attuazione di un metodo di confronto e di conoscenza routinario verso l’insediamento industriale che rappresenterebbe un modo per passare da un atteggiamento reattivo ad uno proattivo. Da un’analisi complessiva si può dire che la presenza industriale dell’Eni a Gela, ed in generale in Sicilia, pone problemi di ruolo più che di prospettiva industriale. L’affermazione merita un chiarimento. La prima deduzione che scaturisce dal recente accordo tra Eni e Regione sta proprio nel fatto che l’Eni ricerca accordi a lunga scadenza (vedasi la poliannualità nella gestione della diga foranea e dello sfruttamento dei pozzi in Sicilia) perché il business petrolifero è un business a cicli poliennali ampi. La Regione invece chiede royalties, chiede cioè ossigeno per le casse pubbliche ancor più oggi di ieri. E cosa chiede, di contro, il Comune di Gela? Cosa chiedono i sindacati? Ecco quindi che il tema dello sviluppo si traduce in un problema di ruolo. Infatti la possibilità di incidere sul piano industriale della raffineria è pressoché nullo. Soprattutto se si considera che il piano industriale della raffineria è una derivazione subordinata del piano industriale di Eni nell’ambito della divisione della Raffinazione e pertanto deve tenere conto di fattori strategici mondiali. Si consideri inoltre che un piano industriale ha carattere quadriennale ma la velocità delle congiunture porta a innesti e interventi che ormai non riescono neppure a consolidare un piano industriale annuale e pertanto il confronto con l’evolversi della realtà di business è continuo ed incessante. Ciò che le controparti del territorio devono cercare è di centrare il loro ruolo, esserne consapevoli e attrezzarsi per esercitarlo autorevolmente.
  • 4. In merito al ruolo della istituzione comunale, prima interfaccia territoriale verso la raffineria, si può dire che esso consiste nel presidiare almeno i seguenti temi: gestione e prevenzione degli impatti ambientali e della salute della popolazione, primo requisito che va gestito con centri di competenza interni alla macchina comunale, perché tale tema non può essere totalmente esternalizzato o delegato. Un assessorato o una commissione permanente deve dialogare autorevolmente con l’industria pesante e scambiare le informazioni vitali al monitoraggio del tema. In secondo luogo il tema della ricaduta economica sul territorio perché, se stiamo passando da una fase di espansione ad una di consolidamento, certamente le ricadute occupazionali e di mantenimento dell’indotto subiranno una compressione, è inutile nascondercelo. Pur tuttavia il mantenimento di livelli occupazionali almeno non inferiori alle altre raffinerie di simile complessità dovrà essere mantenuto. A seguire, la macchina comunale deve saper declinare anche il tema della sostenibilità, tema nient’affatto secondario. Definire i livelli di sostenibilità da perseguire, in quanto la sostenibilità non è un indicatore digitale: o c’è o non c’è. E’ un indicatore che va valutato e tarato in funzione delle prospettive di sviluppo che la comunità cittadina, rappresentata dalla istituzione comunale, vuole perseguire e questa sostenibilità va discussa e verificata con l’area industriale. Non è un caso che la raffineria elabori annualmente un bilancio sociale annuale, reso pubblico, che chiarisce gli interventi sul territorio e sull’ambiente. Su questi processi il comune dovrebbe innestarsi, perché sono processi codificati nel linguaggio e nel metodo e, magari, invece di concentrarsi su documenti di consuntivo, lavorare per documenti di pianificazione concertata, utili per il rapporto tra popolazione e azienda petrolifera. Tale ruolo rilancerebbe un’immagine comunale e cittadina più interessata ai risultati anziché agli ultimatum, assumendo anche un’autorevolezza di controparte che sta dentro i temi. Il ruolo dei sindacati locali sembrerebbe noto: salvaguardare l’occupazione in termini numerici e recentemente anche in termini territoriali (mi riferisco alla salvaguardia dell’indotto locale a seguito delle politiche di contenimento). In realtà un nuovo elemento si sta aggiungendo nelle contrattazioni: la fase espansiva della raffinazione ha ormai fatto il suo corso, il business si può consolidare ma forse non può più espandersi. Nasce pertanto il tema dello sviluppo e della creazione di posti di lavoro che non potrà più essere ricercata dentro la raffineria. Nasce quindi la necessità di capire quali nuovi business potrà attrarre il nostro territorio e quali sinergie possono innescarsi con l’attuale assetto produttivo territoriale. Questo è un tema nuovo ove anche le forze sindacali dovranno interrogarsi perché proprio loro vivono a stretto contatto con le logiche industriali. In sintesi è bene che ognuno faccia la propria parte, possibilmente innescando proattività invece che reattività e soprattutto stando dentro i temi ed invocando il ruolo di altre controparti dopo aver assolto al proprio. E’ ormai chiaro che la crisi va guardata in faccia prendendo consapevolezza di ciò a cui si dovrà rinunciare e cosa si dovrà ricercare con caparbietà per assicurare dignità e sussistenza alle comunità territoriali rappresentate. Federico (Provincia): «Firmato un accordo epocale» Conferenza stampa, martedì 8 febbraio scorso, per sottolineare l’importanza strategica che il protocollo d’intesa siglato a Palazzo D’Orleans tra Regione, Enimed e Raffineria di Gela, ma anche per rispondere alle critiche di chi ne minimizza la portata. A convocarla l’on. Pino Federico presidente della provincia regionale di Caltanissetta, per il quale l’accordo siglato rappresenta un primo passo per rilanciare l’economia del territorio attraverso la realizzazione di opere infrastrutturali. “Questo è un accordo storico, un modello da seguire – ha esordito Federico – e ad affermarlo non sono solo io, ma anche il presidente della Confindustria Lo Bello, le segreterie regionali dei sindacati. L’azienda si ritiene soddisfatta perchè ha la garanzia di una burocrazia veloce. Va sottolineato, quindi, il grande messaggio del presidente della Regione Lombardo con cui annuncia che in Sicilia conviene investire. Ci abbiamo lavorato per tre mesi per giungere a questo traguardo e senza apparire, al contrario di chi pensa solo ad apparire. L’unica cosa che ho chiesto io all’Eni per il territorio è il progetto della Gela-Catania. Una richiesta che sarà completata dalla disponibilità Regione-Anas a finanziare quest’opera. Infine saranno investiti 120 milioni di euro per le imprese del nostro territorio in ginocchio e per consentire loro di lavorare”. Chiude la conferenza stampa auspicando che Stato, Regione e Provincia marcino uniti per rilanciare la Sicilia e in particolar modo il nostro territorio, annunciando che assieme al sindaco Fasulo ha chiesto la riapertura del tavolo tecnico per la gestione delle risorse idriche della città di Gela. Autore : Nello Lombardo
  • 5. Concessioni all’Eni Il protocollo d'intesa sottoscritto, giovedì pomeriggio a palazzo d'Orleans nel corso di una conferenza stampa, tra la Regione siciliana e le società Enimed e Raffineria di Gela, «rappresenta un passo significativo per realizzare adeguate politiche energetiche, salvaguardare la salute e l'ambiente, e creare sviluppo del territorio e dell'imprenditoria locale». Così la Regione in un comunicato diffuso subito dopo l’incontro palermitano, al quale hanno paertecipato e firmato l’intesa il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, l'amministratore delegato di Enimed, Lorenzo Fiorillo, e il presidente di Raffinerie di Gela, Claudio Zacchigna. Presenti alla sottoscrizione, l'assessore all'Energia e ai Servizi di pubblica utilita', Giosuè Marino, al Territorio e Ambiente, Gianmaria Sparma e all'Economia Gaetano Armao. «La Raffineria di Gela – si legge ancora nel comunicato stampa della presidenza della Regione – nonostante le rilevanti perdite subite negli ultimi anni, ha intenzione di avviare un piano industriale che contempla ingenti investimenti per migliorare la produttività e la logistica, compreso il ripristino della diga foranea. A fronte di questi investimenti, la Regione, non appena scadrà l'attuale concessione, ne concederà una nuova per vent'anni». L'attuazione del piano industriale è subordinata ad ottenere condizioni, oggetto di negoziazioni con le parti sociali, destinate al recupero di efficienza e di flessibilità. Le negoziazioni dovranno garantire al sito industriale di Gela il necessario recupero di competitivita' rispetto alla situazione attuale. Nel protocollo, la società si impegna ad assicurare la sostenibilità, la sicurezza, il recupero energetico e tecnologico degli impianti, fra questa la copertura del pet coke. Si impegna anche a realizzare il ricondizionamento del parco serbatoi, assicurando adeguati standard di sicurezza, sotto il profilo sanitario e ambientale. Il documento prevede l'avvio di un tavolo tecnico per risolvere i problemi di gestione del polo di dissalazione di Gela, nell'ambito del quale sarà valutata la possibilità di arrivare a una soluzione condivisa. Enimed, nell'int esa, evidenzia l'attuazione di un piano industriale 2010-2013, che prevede forti investimenti per le attivita' estrattive esistenti e lo sviluppo nella ricerca mineraria. Questo assicurerà alla Regione maggiori introiti in termini di royalties e fiscalità, con la possibilità di ricorrere a finanziamenti Bei. Il presidente Lombardo, ha chiesto di minimizzare l'impatto ambientale dei pozzi Tresauro e agli organi competenti, in armonia con quanto previsto dal protocollo, ha anche chiesto di rivedere l'iter autorizzativo, ad oggi bloccato. A margine della conferenza stampa, è stata accolta la richiesta del presidente Lombardo di avviare un confronto con Enimed e Raffineria di Gela per valutare la possibilità di acquisire dalle società i progetti della tratta viaria Catania-Gela. Per attuare il protocollo sarà costituito uno specifico tavolo di garanzia con il compito di monitorare la realizzazione degli interventi contenuti nell'intesa e lo snellimento delle procedure amministrative. Letteralmente tagliati fuori dalla trattativa palermitana le organizzazioni sindacali di categoria, locali e regionali, che continuano così a fare da spettatori, come per l’ultimo piano industriale, che gli è stato calato dall’alto, dopo essere stato concertato a Roma. Autore : Rocco Cerro a storia Mattei progettò di creare un grande polo industriale fra Gela, Augusta e Siracusa allo scopo di sfruttare ilpetrolio greggio che era stato trovato nel ragusano e che non era molto adatto alla trasformazione inprodotti leggeri a causa della sua elevata viscosità, nonché il gas naturale che era stato trovato nel territorio di Gagliano Castelferrato. Vennero così costruiti grandi impianti di raffinazione nel polo petrolchimico siracusano ed un grande impianto petrolchimico lungo la costa di Gela.
  • 6. Così, il polo siracusano produceva benzina, gasolio e olio combustibile, mentre il polo gelese produceva concimi chimici e polimeri per la produzione delle materie plastiche. Quando tutto sembrava andare secondo il programma di Mattei, questi morì nei cieli della Lombardia non lontano da Milano, per lo scoppio in fase di atterraggio del suo aereo partito da Catania. Questo evento, mai chiarito ma considerato come un attentato, pose fine, proprio nel momento cruciale, al progetto portato avanti da Mattei. I due poli petrolchimici della Sicilia meridionale rimasero come delle cattedrali nel deserto e svolsero la loro funzione in maniera scoordinata apportando l'unico risultato di creare uno sconvolgimento dell'ecosistema in due delle più belle coste della Sicilia, quella jonica e quella mediterranea. [modifica]L'impianto Il Petrolchimico è un complesso diviso in quattro isole, che si affacciano sul mare, sul fiume o sono divise tra di loro da terreni agricoli. Dal 2003 la raffineria di Gela è Raffineria di Gela S.p.A.. La raffineria riceve ogni anno oltre 5 milioni di tonnellate di materia prima che viene poi trasformato in prodotti finiti da vendere sul mercato. Le persone che lavorano alle dipendenze della Polimeri Europa sono circa 300, alle quali si aggiungono circa 3400 operai delle ditte esterne. Dopo aver consolidato il piano di miglioramento ambientale, la raffineria ha inviato un imponente programma di sviluppo che le permetterà di mantenere e migliorare la sua posizione competitiva sul mercato. Gela (Caltanissetta, Sicilia) ESTENSIONE: 5.358 ettari, di cui 4.563 di acque e fondali marini e 795 di terreno. CONTAMINANTI: idrocarburi e metalli pesanti. CONTAMINATORI: industria petrolifera, petrolchimica e chimica. Il polo petrolchimico di Gela nasce ad opera dell'Eni alla fine degli anni Cinquanta per sfruttare i giacimenti petroliferi scoperti nel 1956. Attorno all'area industriale la città crebbe disordinatamente, senza piano regolatore, e per il controllo degli appalti negli anni '80 scoppiò una sanguinosa guerra di mafia tra Stidda (la criminalità organizzata locale) e Cosa Nostra. Nel frattempo, però, si era capito che il greggio di Gela era troppo denso e troppo in profondità per essere sfruttato in modo vantaggioso... Ciò che rimane oggi sul
  • 7. territorio è la contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti di suolo, fondali marini e falde, e la cronica penuria d'acqua per le inefficienze del dissalatore gestito anch'esso dal petrolchimico.FRUTTI SICILIANI Dal 1990, anno in cui l'area di Gela viene inserita nella lista delle Aree ad Elevato Rischio Ambientale (quella che poi sarebbe diventata la SIN, ossia la lista dei siti di interesse nazionale), sono stati condotti studi sulla contaminazione e sull'aumento di tumori e malformazioni neonatali. Ma è solo del maggio 2008 la notizia che l'Organizzazione Mondiale della Sanità e il CNR, finanziati dalla Regione Sicilia, stanno finalmente iniziando uno studio sistematico sulla correlazione fra i due fenomeni: in allegato vi proponiamo tre interessanti articoli che il Corriere di Gela Online [link al sito] ha dedicato al progetto Sebiomag (questo il nome dell'indagine epidemiologica). Nel frattempo ancora oggi si discute sugli interventi da attuare a livello ambientale: «Per Gela io propongo la definizione di Area a Riconversione Produttiva e Ambientale, che va oltre quella di sito contaminato», spiega il sindaco, Rosario Crocetta. «Per salvaguardare l'ambiente senza bloccare l'attività industriale abbiamo tre progetti: gassificare il pet-coke [che cos'è il pet-coke?], in quanto allo stato gassoso è meno inquinante, il riutilizzo a fini agricoli e civili delle acque del lago del Biviere, ora utilizzate dal petrolchimico, e l'installazione di pannelli fotovoltaici sulle serre del distretto ortofrutticolo, che si estende proprio accanto al petrolchimico.» A TUO RISCHIO E PERICOLO A Gela il confronto sulle questioni ambientali è estremamente teso: «Ciò che l'ufficio del sindaco dovrebbe fare è costituirsi parte civile nei processi per l'inquinamento del petrolchimico, cosa che nessuno ha mai fatto», afferma Saverio Di Blasi, fondatore dell'associazione Aria Nuova [link]. «Dal 1996 abbiamo condotto diversi studi sulla contaminazione della nostra terra. L'ultimo è sui danni alle colture per la ricaduta di metalli pesanti, da cui è nato un processo ora in corso», racconta Di Blasi. «Moltissimi i casi di inquinamento da noi denunciati: il gasolio nelle falde per le perdite dai serbatoi, i trialometani [che cosa sono i trialometani?] e i batteri nell'acqua cosiddetta potabile fornita dal dissalatore e la discarica di 50 milioni di metri cubi di fosfogessi radioattivi [che cosa sono i fosfogessi radioattivi?], per vent'anni riversati in mare.» Ma non è facile essere ambientalisti in una terra di mafia: «Per la mia attività ho ricevuto molte intimidazioni: tre volte mi hanno incendiato la macchina e una volta anche il portone di casa», è lo sfogo di Di Blasi. A CHE PUNTO SIAMO? Gela è inclusa nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998 [vedi "Dati ambientali", negli Approfondimenti]. Nell'Annuario Ispra 2007 risultava approvato il progetto preliminare di bonifica per il 47% di terreni e fondali e quello definitivo per il 100% della falda, ma... Ciò che è stato realizzato fin'ora sono i doppi fondi ai serbatoi per gli idrocarburi e le barriere per evitare che le sostanze tossiche nei terreni sotto l'area industriale continuino a disperdersi nelle acque del mare e di falda. Infine, per ridurre le emissioni di ossidi di azoto in atmosfera è stato installato un sistema SNOx, il secondo realizzato al mondo dopo quello entrato in esercizio nel 1991 in Danimarca. Il processo SNOx, sviluppato dalla società danese Haldor Topsoe in collaborazione con Snam Progetti, è ritenuto idoneo alla rimozione degli ossidi di azoto (NOx) e degli ossidi di zolfo (SOx) dai fumi. Sull'efficacia del sistema, tuttavia, Aria Nuova si dichiara poco convinta. Unione Petrolifera: Petrolchimico di Gela a rischio chiusura Crisi raffinerie, il 17 febbraio incontro sindacati-Unione petrolifera L’incontro arriva dopo l’allarme lanciato all’inizio di febbraio dal presidente dell’Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, che, tracciando il consuntivo petrolifero 2009, aveva parlato di “crisi del settore delle raffinerie, con rischio di chiusura per 4-5 impianti in Italia e di circa 7.500 posti di lavoro a rischio”. «In Italia ci sono 4 o 5 raffinerie a rischio chiusura. Una raffineria ha in media 4-500 dipendenti più l’indotto che conta per tre o quattro volte. Fa 1.500 persone a impianto, se si moltiplica per 4 o 5 il conto è fatto», ha detto De Vita. L’Up cita anche i nomi degli impianti in crisi: Livorno e Pantano in cerca di compratori; Falconara che ha 92 esuberi; Taranto e Gela dove l’attività è provvisoriamente ferma. La Sicilia è leader per la produzione di greggio a terra pari a 544 migliaia di tonnellate nel 2007, in calo rispetto a 704 migliaia di tonnellate del 1997. Tra la produzione a terra solo la Basilicata può permettersi
  • 8. di superare l’Isola con una produzione pari a 544 migliaia di tonnellate di greggio. Inoltre la Sicilia, può vantare attualmente una capacità di raffinazione pari al 37,5%. Raffineria Capacità(MT/anno) Occupati DirettiIndiretti(stima) Gela(Eni) 5,0 1400 800 Milazzo(Eni50%- 9,8 600 400 Kupit50%) Priolo(Erg51%- 20,5 1100 2500 Lukoil49%) Dalla tabella si nota che il petrolchimico di Gela rappresenta un punto critico della raffinazione Eni, 5 MT di greggio raffinato per 2.200 occupati, tanto da ricondurre allo stesso oltre la metà della perdita del settore Refining & Marketing nei primi nove mesi del 2009. Taranto, gruppo Eni, a parità di distillato, dà lavoro a 700 persone tra diretto e indotto. Meno di un terzo del popolo della raffineria di Gela. Una serie di fattori tra l’altro farebbe rientrare proprio Gela tra gli obiettivi sensibili, una stabilimento petrolchimico che sconta le difficoltà strutturali di una politica di disinvestimenti, dismissioni e chiusure da oltre un ventennio. Dunque un mero disegno di riduzione occupazionale si celerebbe dietro le parole di UP, e del suo presidente. La Sicilia, con ben 3 impianti di distallazione, potrebbe subire la chiusura di due stabilimenti, Gela e Milazzo, che occupano circa 3.200 persone tra diretto e indotto. Chiusura o dimagrimento, in tempi rapidi e decisi. Le raffinerie italiane subiscono, secondo l’Up, anche la concorrenza dei Paesi mediorientali, dove «i costi sono più bassi e non bisogna rispettare obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti». L’Up non chiede al governo sovvenzioni economiche, ma sollecita il varo di un quadro normativo meno severo, soprattutto sul fronte ambientale. Secondo le stime dell’associazione, il settore ha chiuso il 2009 con perdite complessive per circa un miliardo di euro. a scorsa settimana si è appresa la notizia che l’Eni ha annunciato il taglio di 400 lavoratori dei 1.350 in organico nella raffineria di Gela (CL). Per l’azienda il 30 % del personale dipendente è in esubero: "Per rafforzare la propria competitività, e realizzare l’efficienza della struttura organizzativa, l’azienda procederà all’espulsione graduale del personale eccedente entro il 30 dicembre del prossimo anno". Questi appena descritti sono alcuni dei provvedimenti comunicati dalla direzione al sindacato nel confronto a porte chiuse con le organizzazioni di categoria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl eUilcem-Uil, ai delegati del consiglio di fabbrica. L’amministratore delegato della Raffineria di Gela, Bernardo Casa, e il direttore dello stabilimento, Alfredo Barbaro, hanno illustrato i contenuti dell’atteso piano industriale dello stabilimento di Gela per i prossimi 4 anni. Al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali di questo esodo, si ricorrerà alla mobilità volontaria lunga (sette anni più uno) per quei dipendenti che, in questo lasso di tempo, attendono di essere collocati in pensione. Per loro è previsto anche un incentivo di 30 mila euro. Brutte notizie anche per quanto riguarda gli investimenti. Tagli per 330 milioni(pari al 34 per cento dei 980 milioni concordati nel 2008 con il sindacato e già programmati per Gela) saranno operati sugli investimenti che prevedevano interventi sul fronte del risanamento ambientale e delle migliorie produttive per il consolidamento ed il rilancio della fabbrica.Alcuni di questi progetti, però, sarebbero stati superati dalle mutate richieste di mercato e gli investimenti sono scesi a 650 milioni. Filctem, Femca e Uilcem si sono dichiarate estremamente deluse. "Questo non è un piano industriale - hanno detto - qui non c’è alcun rilancio né sviluppo della raffineria gelese, ma solo una politica di mantenimento dell’esistente". Ma le trattative non sono state interrotte. Il confronto riprenderà nei prossimi giorni, anche con le altre categorie produttive, sulla spinosa vicenda dell’indotto. Qui si parla di 600 esuberi su un migliaio di occupati.
  • 9. All'indomani del confronto a porte chiuse, la Cisl, che ha riunito a Caltanissetta il proprio stato maggiore (Maurizio Bernava, segretario regionale; Carlo Argento, segretario provinciale; Franco Parisi, numero uno della Femca Sicilia) insieme ai vertici provinciali dei lavoratori della chimica (Femca), edili (Filca) e metalmeccanici (Fim), ha chiaramente detto che "sul petrolchimico di Gela, non può aleggiare il fantasma di una seconda Fiat di Termini Imerese". Secondo Bernava, serve un tavolo istituzionale presso la prefettura nissena, a cui dovranno prender parte i governi nazionale e regionale, le forze sociali, gli enti locali. La Cisl, informa una nota, chiederà a Cgil e Uil di rivendicare assieme "politiche di sviluppo del contesto": perché "solo la competitività del territorio, la sua capacità d’attrarre investimenti, può garantire reddito e lavoro". In particolare, per il sindacato, le istituzioni dovranno "affiancare Eni con un pacchetto di investimenti che valorizzi il polo gelese". Per cominciare, servono il completamento della diga foranea per l’attracco delle navi; lariqualificazione dell’ambiente: la realizzazione del dissalatore. Così, scrive la Cisl, si potrà far fronte al rischio di desertificazione produttiva del territorio, che preoccupa, in primo luogo i 400 esuberi già annunciati da Eni e i 500 lavoratori dell’indotto che dovranno fare i conti, tra due anni, con l’esaurimento del ciclo degli investimenti programmati. Anche per questo "invitiamo tutti – ha insistito la Cisl – a una seria assunzione di responsabilità". E quanto all’azienda, dovrà mettere in cantiere pure l’investimento, previsto dal 2008, per un impianto che ricavi energia dall’idrogeno. Anche così potrà dare prova di aver archiviato ogni strategia di delocalizzazione. "Fiat docet", chiosa la Cisl. [Informazioni tratte da Ansa, €conomiasicilia.com] Gela, nella città dei veleni è record di bimbi malformati By Archimede on 14.07.05 08:42 | Permalink | Commenti (2) Su 13.000 nati in 10 anni quasi 700 hanno problemi Soprattutto ai genitali. Indaga la magistratura Gela, nella città dei veleni è record di bimbi malformati Studio della Regione: dove ci sono raffinerie ci si ammala di più si muore sempre di più dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI L'impianto industriale del Petrolchimico di Gela GELA - Dove volevano morire di cancro piuttosto che morire di fame i veleni hanno portato altri orrori. Ed è lì, solo lì tra le ciminiere che sputano fiamme che l'aria è un morbo. E' in quella Sicilia che un tempo sognava per i suoi giacimenti e per le sue trivelle che nascono bambini malformati, tanti. Più che a Porto Marghera. Più che a Taranto. Più che nell'inferno di Priolo e di Melilli. "Per le ipospadie un dato così alto non si era mai ufficialmente registrato in realtà industriali del mondo intero", rivela la relazione che un'équipe di periti ha appena consegnato alla magistratura di Gela. Sono numeri da paura. 8.I veleni del petrolchimico La sede di Aria Nuova si compone di due stanzette rintanate in un cortile invisibile dalla strada. Il presidente Saverio Di Blasi («Saverio, lo levano di mezzo», senti dire in giro) è il più grande scassaminchia della città. Scassa la minchia a tutti, all’Enichem e al sindaco, alla Regione e alla Provincia, convinto, anzi certo, che il petrolchimico avvelena ogni cosa. Non sta neanche a spiegartelo. Estrae dai numerevoli faldoni quintali di sentenze, di perizie, di dati di rilevamento ambientale, cartelle cliniche di ammalati, volantini e articoli di giornali. Mentre fa fotocopie, entra un contadino che vuole farsi aiutare. Di Blasi estrae una perizia del ‘94: «Uva bianca in grappoli; gli acini e le foglie si presentano ricoperti in gran parte di polvere nerastra… impalpabile untuosa al tatto, costituita da sostanze di natura carboniosa miste a sostanze di natura siliceo-carbonatica». Un’altra del ‘99: «Le macchie necrotiche passanti sono state riscontrate un po’ in tutta la vegetazione… Tali disposizioni provengono quasi sicuramente dal Petrolchimico di Gela». La capitaneria di porto lo ha bloccato al largo mentre tentava di prelevare l’acqua davanti allo stabilimento. Da allora non si può più avvicinare nessuno. Chiedo dei bambini malformati. Sono uno su sei di quelli nati negli ultimi 10 anni, più del doppio della media nazionale. E da brivido è la percentuale dei neonati microcefali, 10 volte di più che nel resto del paese. Le spaventose cifre della perizia, depositata alla fine del 2006 agli atti dell´inchiesta che mira a stabilire le connessioni tra le decine di morti sospette, le centinaia di malformazioni, l ´inquinamento ambientale e l´attività del petrolchimico, hanno portato allo scoperto una realtà che a Gela tutti gridano da anni con
  • 10. poca fortuna, se si considera che il registro dei tumori è stato istituito alla fine del 2005. Di Blasi, intanto, produce altre statistiche. Si parla di tumori e lui fa fotocopie. È presente un tossicologo dell’Università di Catania: racconta di un uomo che gli ha chiesto preoccupato: «È vero, dottore, che ho livelli di piombo troppo alti?», come se avere il piombo nel sangue fosse normale. Il fatto triste è che nessuno dei documenti dimostra un nesso causale certo tra danni alla salute e inquinamento. Tutte le perizie rimandano ad altre più complete, ancora da fare. Un altro ambientalista si è fatto dare dall’Azienda sanitaria locale il numero delle esenzioni ticket per patologie tumorali richieste dal 1996 al 2000. Risultato: 270 nel ’96, 295 l’anno dopo, 320 nel ‘98, 372 nel ’99 e 464 nel 2000, le ultime solo per tumori maligni. C’è una rete di centraline, ma è inadeguata. Passi davanti alla casa natale di Salvatore Aldisio, il leader storico della Dc di Gela. Cade a pezzi. Entri in contrada San Giacomo, ad altissima concentrazione mafiosa. Vedi case senza intonaco e senza finestre, tirate su e abbandonate, in attesa di nuovi soldi, un piano sopra l’altro. Tutto è provvisorio, quasi che il petrolchimico sia stato vissuto come un ospite ingombrante e sgradito, una presenza di passaggio. Il regista Giuseppe Ferrara(lo stesso del film Il Banchiere di Dio)che nel ‘63 girò per l’Eni il documentario Gela antica e nuova, ricorda una terra diversa: «C’era una cultura contadina molto coesa. Per San Giuseppe, le famiglie benestanti offrivano cene pantagrueliche a turbe di poveri. C’era grande speranza. Sono tornato qualche anno fa. Ho trovato una città di traffico e polvere». Ogni illusione è spenta. L’Enichem forse, tra qualche anno o prima, verrà chiusa o venduta oppure si stabilirà al di là del canale di Sicilia a fare da capo come gli pare. La risposta che ti senti dare da decine di voci, con cento sfumature diverse è: «Lo Stato ci ha avvelenato, ci ha imbruttito, ci ha umiliato e ora deve pagare». Ti accorgi che l’inquinamento è davvero l’aria che respiri e l’acqua che bevi. Tutte cose che penetrano a fondo. ENInismo Per capire come mai la sinistra, o quel che ne rimane, da queste parti sia così forte, bisogna riavvolgere il nastro del tempo. Correva l’anno 1956, l’anno in cui nacque anche il ministero delle Partecipazioni statali. Il presidente dell’Eni Enrico Mattei si affacciò sulla piazza di Gela e annunciò trionfante che ci sarebbe stato lavoro per tutti: l’Agip mineraria aveva trovato il petrolio. In realtà il giacimento era a grande profondità, il greggio molto denso, con una percentuale di zolfo altissima (25 per cento) e l’estrazione sarebbe stata costosissima. In mancanza di strade, per il trasporto si poteva contare solo su un porto pochissimo attrezzato. Nel 1965 l’ingegner Boldrini, magnificò così, nel discorso inaugurale del petrolchimico, l’abilità politica del suo predecessore: «Il giacimento minerale era di qualità così scarsa che di nessun tipo analogo era mai stata tentata l’utilizzazione industriale nel mondo. Ma il genio di Enrico Mattei – desto sempre su ardimentose prospettive – sentiva il fascino di un inedito cimento. E dalla sua volontà precisa decisa e trascinante nacquero le nuove fortune di Gela». Mattei, legato alla corrente Dc di Amintore Fanfani (segretario dal ‘54), ma con buone relazioni anche a sinistra e a livello internazionale, riesce a imporre il progetto. Nei primi anni, i soldi arrivano a palate. Le campagne di svuotano e il latifondo si sfalda. I proprietari terrieri, guidati dal principe Nicolò Pignatelli d’Aragona, dopo avere resistito per anni, anche grazie alla mafia, alle richieste del movimento bracciantile, iniziano a vendere i terreni all’Eni. Erano gli anni della «meteora milazziana», come la definì Pietro Ingrao, il governo regionale di Silvio Milazzo, uomo politico Dc della corrente di Sturzo, che riuscì a compattare la destra siciliana, la mafia e il Pci (il segretario regionale di allora era Emanuele Macaluso), in chiave anti centralista, quindi avversa a Mattei e alla politica di Fanfani delle partecipazioni statali. Il «compromesso storico» siciliano, che vide una parte della sinistra scendere a patti con i potentati locali, ha origine in questo quadro politico. A Gela, però, la sinistra si schiera con Mattei, facendo parlare i giornali di «marxismo-eninismo». L’occasione era irrinunciabile. Nel 1962 Gela sfiora la piena occupazione. Oltre al lavoro nel petrolchimico, ci sono da costruire servizi, strade e interi quartieri per i dipendenti. Come il Macchitella che ancora oggi, lindo e roseo, appare come un corpo estraneo in una città quasi interamente abusiva. In pochi anni la popolazione passa da 20 mila abitanti agli 80 mila attuali. Il 27 ottobre 1963 l’aereo di Enrico Mattei si schianta a Bascapé, in provincia di Pavia. Veniva da Galliano, in Sicilia, dove l’Eni aveva trovato un giacimento di metano («Richiamate i vostri figli emigranti, ci sarà lavoro per tutti») e aveva dormito a Gela in un Motel Agip. Nel 1974, l’inchiesta viene archiviata, ma oggi, a 45 anni di distanza, l’ipotesi più forte è quella dell’attentato. Tra le tante ipotesi (Cia, mafia, sette sorelle), c’è chi sostiene che le cause vadano cercate proprio a Gela. Sentito dai giudici di Pavia, il senatore Dc Graziano Verzotto che accompagnò Mattei nel suo ultimo giorno dichiarò: «Per capire la morte di Mattei occorre capire l’operazione Anic-Gela, ovvero la nascita di un tale stabilimento petrolchimico ideata e avviata da Cefis e Guarrasi nel periodo del governo regionale di Silvio Milazzo».
  • 11. 5.Mafia e petrolchimico Il rapporto della Commissione Antimafia per il biennio ‘63-‘64 fotografa un fenomeno in atto già allora: «Il settore industriale creava nuovi spazi per esercitare l’illegalità, speculazioni e prepotenze sul lavoro, sugli operai, sulle aziende». Nel novembre 2001, il direttore dell’Agip, Marco Saetti, quattro funzionari e due responsabili di consorzi di imprese dell’indotto vengono arrestati dai carabinieri. L’accusa è associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato e minaccia. Il gip Antonio Fiorentino che ha seguito l’inchiesta, parla di «uno scellerato patto di non belligeranza tra il potere economico e il potere mafioso locale». È tutto da spiegare il caso Gela. Città di frontiera, ricca e progressista. Dove si dice che fino agli anni settanta la mafia non si era impiantata saldamente. Ma dagli anni ottanta terreno di faide ferocissime, rapidi regolamenti di conti, continui traffici di armi e droga, una rete capillare di estorsioni estesa a tutte le attività economiche, agguati in bar, ristoranti e sale giochi. Il fatto è che prima dell’avvento del petrolchimico, a Gela Cosa Nostra era poca cosa. In realtà cosa nostra era presente con boss mafiosi del calibro di Francesco e Giuseppe Piddu Madonia. Esisteva, però, una versione locale del prodotto, la Stidda, meno verticistica, molto più rozza e altrettanto sanguinaria. 4.Il petrolio: un fattore di arretratezza Dopo la morte di Mattei, a Gela i lavori continuano a pieno ritmo. La pacchia finisce nel 1965, anno dell’inaugurazione. In pochi mesi vengono licenziati 650 operai meccanici e mille edili. L’Anic ha bisogno di manodopera specializzata e importa operai da fuori. Gli ex braccianti diventati edili restano senza lavoro e ricominciano a emigrare. La politica dei Poli di sviluppo che aveva portato investimenti a pioggia rallenta. Ci pensa l’Eni a frenare entusiasmi e pretese. Sul Giornale di Sicilia del 21 novembre 1968, un funzionario dichiara: «Il complesso petrolchimico Anic produce beni finiti per cui non esistono grandi possibilità di incentivare altre iniziative collaterali». Lo sviluppo si ferma e tutto resta com’è. Ai nuovi venuti Gela appare come una città spezzata. Da un lato c’è il petrolchimico che, per quanto cadente, tiene i piedi nella modernità, produce utili e agisce secondo logiche di profitto. Dall’altro c’è tutto il resto. C’è una città abnorme che non si capisce bene come sopravviva se non «intercettando» finanziamenti dello Stato, c’è l’economia dell’indotto nelle quali, molto spesso, non esistono tutele sindacali e latita ogni ideologia imprenditoriale. Di questo rischio, Mattei era conscio. Parlando, il 23 gennaio 1959, al II Convegno Petrolio in Sicilia Enrico Mattei avvertì: «Le produzioni attuali e quelle assai maggiori sicuramente prevedibili a breve termine confermano dunque l’esistenza in Sicilia di quella disponibilità di petrolio che viene comunemente considerata, di per sé, fattore di industrializzazione… Lo sviluppo industriale non deriva automaticamente dalla disponibilità di petrolio». Il presidente dell’Eni precorre una teoria economica in voga negli ultimi anni: la presenza di petrolio è un fattore che frena lo sviluppo invece che favorirlo. L’umanità tende ad adagiarsi sulle proprie ricchezze e l’iniziativa ne risente. In questo senso, Gela non fa eccezione. L’economia ufficiale della zona si regge, ancora oggi interamente, sull’estrazione e sulla raffinazione. Il gigante solitario parla alla città attraverso mille braccia, molte delle quali invisibili. È attraverso queste braccia che la mafia allunga le mani sulla torta. Non parlarne, significherebbe ignorare l’altro grande datore di lavoro della zona. LIBERAINFORMAZIONE Raffineria di Gela Con una capacità di raffinazione primaria bilanciata di 100 mila barili/giorno e un indice di conversione del 142,4% costituisce un polo integrato a monte con la produzione di greggi pesanti dei giacimenti siciliani e a valle con gli adiacenti impianti petrolchimici Eni. Situata sulla costa meridionale della Sicilia, produce prevalentemente combustibili per autotrazione e cariche petrolchimiche. L’elevato livello di conversione è assicurato dall’unità di cracking catalitico integrata a monte con un go-finer che migliora la qualità della carica, due unità di coking per la conversione del residuo atmosferico e da vuoto, integrati in modo da trattare i residui pesanti fino all’ottenimento
  • 12. di prodotti pregiati. La centrale termoelettrica della raffineria è dotata di moderni impianti di trattamento dei fumi che consentono il rispetto dei più elevati standard ambientali. Sulla raffineria di Gela Eni sta procedendo alla realizzazione di progetti di ammodernamento e miglioramento dell’affidabilità degli impianti della centrale di sito principalmente attraverso: • la realizzazione nel 2012 di un nuovo impianto di steam reformer; • l’upgrading e il recupero di affidabilità della centrale di produzione di energia elettrica e delle caldaie esistenti con l’obiettivo di aumentare la redditività sfruttando le sinergie derivanti dall’integrazione raffinazione-generazione elettrica; • l’introduzione di un nuovo serbatoio per la segregazione dei greggi extra-pesanti e l’avvio di un nuovo impianto per il recupero dello zolfo entrambi attesi entro il 2012. RELAZIONE SUL PETROLCHIMICO DI GELA INFORMAZIONI GENERALI Nella seconda metà degli anni 50 le attività di esplorazione mineraria condotte da Agip Mineraria nel sottosuolo gelese portano alla scoperta di giacimenti di petrolio greggio. Le dimensioni di tali giacimenti sono tali da rendere economicamente vantaggiosa la costruzione di uno stabilimento per la lavorazione del greggio sul territorio. Nel 1960 Anic Gela SpA avvia infatti la costruzione dello Stabilimento con un investimento iniziale di 120 miliardi di lire,e nel 1962 entrano in funzione i primi impianti di raffinazione con una capacità di lavorazione di 3 milioni di tonnellate/anno di greggio. Gli investimenti attuati nel corso degli anni, orientati al miglioramento dei processi produttivi all’adeguamento tecnologico e soprattutto alla riduzione dell’impatto ambientale sul territorio attraverso interventi di ristrutturazione e innovazione, hanno consentito uno sviluppo delle strutture di raffinazione, tale da collocare la Raffineria di Gela tra le più complesse e avanzate d’Europa. Attualmente registra infatti una capacità di raffinazione di oltre 5 milioni di tonnellate/anno. • I.354 dipendenti (75% di essi proveniente dal comune di Gela) tabella • Produzione di gas,gpl, benzine, gasoli, coke e oli combustibili • Processi produttivi caratterizzati da impianti tipici della raffinazione del greggio (Topping (Distillazione Atmosferica), cracking termico e catalitico, reforming) e da impianti di stoccaggio e movimentazione di Oli minerali e GPL • politica Ambientale orientata al rispetto di tutte le prescrizioni legislative e regolamentari, a un miglioramento continuo delle prestazioni ambientali complessive e alla prevenzione dell’inquinamento. • moderni impianti di trattamento dei fumi che consentono il rispetto dei più elevati standard ambientali. • grande impatto economico sul territorio attraverso contratti di prestazione con ditte terze site soprattutto nel territorio gelese. ( 60% gela 7% sicilia 33% italiaestero) • strategie di sviluppo orientate verso un processo di miglioramento e innovazione del sistema di raffinazione. CRISI La crisi finanziaria del 2008 che ha indebolito l’intero sistema finanziario ha avuto ripercussioni anche nel settore petrolifero. Tale situazione si evidenzia dai dati dl consuntivo petrolifero dell 2009, è lo stesso Pasquale De Vita, presidente dell’Unione Petrolifera, che parla di “crisi del settore delle raffinerie, con rischio di chiusura per 4-5 impianti in Italia e di circa 7.500 posti di lavoro a rischio”.
  • 13. Risultati negativi si registrano soprattutto in Sicilia ,leader per la produzione di greggio a terra pari a 544 migliaia di tonnellate nel 2007, già in calo rispetto a 704 migliaia di tonnellate del 1997, dove l’attività del petrolchimico di Gela risulta provvisoriamente ferma e il 30 % del personale dipendente è in esubero Una serie di fattori tra i quali anche ,l’inserimento nel 1990 di Gela nella lista delle Aree ad Elevato Rischio Ambientale e la concorrenza dei Paesi mediorientali dove i costi sono più bassi e non bisogna rispettare obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, sono le cause del declino di Gela, uno stabilimento petrolchimico che sconta le difficoltà strutturali di una politica di disinvestimenti e dismissioni Tra gli interventi annunciati • l taglio di 400 lavoratori dei 1.350 in organico • Tagli per 330 milioni sugli investimenti per il consolidamento ed il rilancio della fabbrica. • Riconversione industriale che prevede completamento della diga foranea per l’attracco delle navi; la riqualificazione dell’ambiente: la realizzazione del dissalatore PROBLEMA: MANCANZA DI INTERVENTI DI INNOVAZIONE E RIQULIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI Modello Analizzando i modelli discussi fino ad oggi è possibile studiare il caso di Gela attraverso l’applicazione del modello a due settori produttivi ideato da Borts e Stein. Tale modello si basa su ipotesi fondamentali, si suppone infatti che: • presenza di una località in cui son presenti due settori, uno quello industriale , con un’elevata produttività del fattore lavoro la cui produzione viene maggiormente utilizzata per l’esportazione e l’altro quello agricolo la cui produzione viene utilizzata per il consumo locale che ha invece una bassa produttività del lavoro • Il fattore capitale è utilizzato solo nel settore industriale • Presenza di squilibri nella bilancia commerciale • Perfetta esaustività derivante dall’uguaglianza tra il costo dei fattori produttivi e il valore della produttività marginale degli stessi • Perfetta concorrenza nel mercato dei beni Ipotizzando che la domanda del bene esportato aumenti, si ha conseguentemente l’immediato aumento sia del prezzo del bene esportato sia della produttività marginale dei fattori produttivi presenti nella località, ottenendo cosi una riallocazione delle risorse produttive. L’aumento della produttività marginale dei fattori ha un rilevante impatto sull’ economia in quanto influisce positivamente sulla produzione e sull’occupazione. la maggiore remunerazione dei fattori produttivi apporta infatti sia un maggiore stock di capitale nel settore industriale che determina
  • 14. un aumento della produzione, sia una maggiore domanda di lavoro che incide sui salari ( del settore industriale) e di conseguenza sull’occupazione. È importante precisare che l’aumento dell’occupazione attrae lavoratori sia dal settore agricolo sia da territori esterni alla località. Infine lo sviluppo del settore industriale si ripercuote anche sul settore agricolo nel quale un riassetto dell’equilibrio fa registrare una maggiore produzione e una maggiore occupazione. Ecco che attraverso il modello a due settori produttivi è possibile verificare come lo sviluppo del settore industriale determini un conseguente sviluppo del settore agricolo e come quindi un intervento immediato che miri alla innovazione e al miglioramento del settore petrolchimico di gela sia necessario e fondamentale per lo sviluppo non solo del settore industriale ma anche di quello agricolo e del territorio limitrofo. È importante precisare però che tale modello non tiene conto di un elemento fondamentale quale la presenza di esternalità negative e ambientali, che rappresentano una delle problematiche più importanti di gela. tale mancanza puo rappresentare un ostacolo all’applicazione del modello sul caso del petrolchimico di gela. PAROLE CHIAVE • ENI • INQUINAMENTO AMBIENTALE • CRISI OCCUPAZIONALE