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12MESI
OTTOBRE 2011
9
OPINIONI
di ANTONIO PANIGALLI
MEDIOEVO O RINASCIMENTO?
“C
ome si governa il
mondo” (“How to
run the world”) è il
titolo sicuramente
ambizioso di un libro pubblicato da Fazi
Editore. Lo ha scritto Parag Khanna, 34
anni, politologo di origine indiana, con-
sigliere diplomatico di Barak Obama e
dirigente del centro studi New America
Foundation.
Secondo Khanna si registrano ormai
due macro driver: la esuberante pluralità
degli attori in termini “glokali” (globali
e locali) e il cambiamento di paradigma
avvenuto con l’acuirsi e il sedimentarsi
della crisi finanziaria, economica e ali-
mentare che dal 2008 attanaglia tutto
il mondo, in primis quello occidentale
(che è più viziato e quindi meno avvezzo
all’adattabilità).
“La Cina non sostituirà gli Usa – scrive
Khanna –. L’Asia non sostituirà l’Occi-
dente”. Non nel senso che l’Occidente e
gli Usa continueranno nel mantenimen-
to di un potere tipicamente egemonico,
ma nel senso che lo spostamento del
baricentro economico del mondo non
significherà automaticamente l’egemo-
nia di una nuova potenza. E questo non
perché la potenza asiatica (basterebbe
quella demografico/quantitativa) non
possa o non voglia presidiare l’indiriz-
zo del potere planetario, come hanno
fatto nei secoli passati Gran Bretagna ed
USA, ma, semplicemente perché i nuovi
equilibri mondiali di tipo “multipolare”
e non baricentrico, si dimostrano trop-
po complessi per consentire a qualcuno
di averne democraticamente il polso.
Khanna sostiene che questa complessi-
tà è figlia di troppe componenti – dalla
infinita crisi della farraginosa Organiz-
zazione delle Nazioni Unite, alla irre-
frenabile crescita demografica, dalla
globalizzazione informatico/economica
e delle comunicazioni alla crisi dell’eco-
sistema, e così via – ed è accentuata dalla
progressiva incapacità degli Stati De-
mocratici nel presentarsi come gli unici
depositari della legittimazione necessa-
ria per prendere le decisioni che incido-
no sulla vita delle persone, a livello sia
locale sia globale.
Tutto quello che è globale o, se si vuo-
le, sovranazionale (come ad esempio,
le reti del terrore, le multinazionali
dell’industria, i net-networks Wikile-
aks, Facebook, Twitter, ecc., le agenzie
di sicurezza, i fondi di investimento,
ecc.) contribuisce a frantumare la fo-
calizzazione di scenario, facendo invol-
vere il potere di uno Stato nazionale e
delle sue prerogative prioritarie, come
legiferare, controllare, sanzionare, che
dovrebbero essere impostate per stra-
tegie di medio-lungo periodo, non per
rispondere giorno per giorno alle muta-
bili esigenze del momento.
La “pragmatica convenienza del buon
senso”, nella quale confida un po’ utopi-
sticamente Khanna, dovrebbe spingere
stati, governi, cittadini, aziende e tutte
le forme di espressione civile a collabo-
rare per trovare soluzioni originali e cre-
ative ai problemi di tutti e di ciascuno,
abbandonando sia la miope difesa dei
privilegi sia lo spirito di rivalsa dei più
poveri sui più ricchi.
Un tale indirizzo di frammentato gover-
no riporta allo spirito medioevale. Così
come nel Medioevo (in Europa soprat-
tutto, ma anche altrove) dove su uno
stesso territorio convivevano diversi
strati di potere e diverse competenze,
così nel mondo del futuro la sovranità, la
competenza politica e il potere di deci-
sione potrebbero essere frammentati sia
in senso orizzontale che verticale (basti
guardare alle differenze tra le stratificate
città stato/i macro agglomerati urba-
ni, fino agli stati rurali territorialmente
estesi), per saper rispondere, con una
specie di griglia a maglia dinamica, in
modo efficiente ed efficacie alle multiple
identità (culturale, religiosa, politica,
ecc.) della polis del ventunesimo secolo.
Accettare questa possibilità di differen-
ziazione, secondo Khanna, consenti-
rebbe di aggirare alcuni nodi geopolitici
apparentemente irresolubili, come la
corrispondenza tra stati, nazioni e con-
fini in Africa o il governo di risorse co-
muni come l’acqua o la gestione di rischi
comuni come quelli ecologici.
Allo stesso tempo, ci sarebbero i modi
per creare una cappa di stabilità che par-
te dai livelli regionali per estendersi a
quello mondiale. Nel Consiglio di sicu-
rezza dell’Onu non dovrebbero esserci
singoli Stati, secondo Khanna, ma entità
regionali: l’Unione europea, l’Unasur,
l’Unione Africana e via dicendo.
“Da un nuovo Medioevo può nascere
un nuovo Rinascimento”, suggerisce
Khanna.
Peccato che, nel frammentato esercizio
medievale della sovranità, sia dal punto
di vista geografico che da quello politi-
co/sociale, ciascuno dei poteri concor-
renti pretendeva che questo esercizio
fosse esclusivo nella propria sfera e il
dissenso interno era spesso inconcepi-
bile, perché rischioso per l’esclusività.
Qualsiasi sia la ricetta del nuovo Me-
dioevo che dovesse portare al nuovo
Rinascimento, sarà importante che, nel
processo evolutivo, i cittadini, rimanga-
no tali e non somiglino neppure lonta-
namente al format dei sudditi.
A.C

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  • 1. 12MESI OTTOBRE 2011 9 OPINIONI di ANTONIO PANIGALLI MEDIOEVO O RINASCIMENTO? “C ome si governa il mondo” (“How to run the world”) è il titolo sicuramente ambizioso di un libro pubblicato da Fazi Editore. Lo ha scritto Parag Khanna, 34 anni, politologo di origine indiana, con- sigliere diplomatico di Barak Obama e dirigente del centro studi New America Foundation. Secondo Khanna si registrano ormai due macro driver: la esuberante pluralità degli attori in termini “glokali” (globali e locali) e il cambiamento di paradigma avvenuto con l’acuirsi e il sedimentarsi della crisi finanziaria, economica e ali- mentare che dal 2008 attanaglia tutto il mondo, in primis quello occidentale (che è più viziato e quindi meno avvezzo all’adattabilità). “La Cina non sostituirà gli Usa – scrive Khanna –. L’Asia non sostituirà l’Occi- dente”. Non nel senso che l’Occidente e gli Usa continueranno nel mantenimen- to di un potere tipicamente egemonico, ma nel senso che lo spostamento del baricentro economico del mondo non significherà automaticamente l’egemo- nia di una nuova potenza. E questo non perché la potenza asiatica (basterebbe quella demografico/quantitativa) non possa o non voglia presidiare l’indiriz- zo del potere planetario, come hanno fatto nei secoli passati Gran Bretagna ed USA, ma, semplicemente perché i nuovi equilibri mondiali di tipo “multipolare” e non baricentrico, si dimostrano trop- po complessi per consentire a qualcuno di averne democraticamente il polso. Khanna sostiene che questa complessi- tà è figlia di troppe componenti – dalla infinita crisi della farraginosa Organiz- zazione delle Nazioni Unite, alla irre- frenabile crescita demografica, dalla globalizzazione informatico/economica e delle comunicazioni alla crisi dell’eco- sistema, e così via – ed è accentuata dalla progressiva incapacità degli Stati De- mocratici nel presentarsi come gli unici depositari della legittimazione necessa- ria per prendere le decisioni che incido- no sulla vita delle persone, a livello sia locale sia globale. Tutto quello che è globale o, se si vuo- le, sovranazionale (come ad esempio, le reti del terrore, le multinazionali dell’industria, i net-networks Wikile- aks, Facebook, Twitter, ecc., le agenzie di sicurezza, i fondi di investimento, ecc.) contribuisce a frantumare la fo- calizzazione di scenario, facendo invol- vere il potere di uno Stato nazionale e delle sue prerogative prioritarie, come legiferare, controllare, sanzionare, che dovrebbero essere impostate per stra- tegie di medio-lungo periodo, non per rispondere giorno per giorno alle muta- bili esigenze del momento. La “pragmatica convenienza del buon senso”, nella quale confida un po’ utopi- sticamente Khanna, dovrebbe spingere stati, governi, cittadini, aziende e tutte le forme di espressione civile a collabo- rare per trovare soluzioni originali e cre- ative ai problemi di tutti e di ciascuno, abbandonando sia la miope difesa dei privilegi sia lo spirito di rivalsa dei più poveri sui più ricchi. Un tale indirizzo di frammentato gover- no riporta allo spirito medioevale. Così come nel Medioevo (in Europa soprat- tutto, ma anche altrove) dove su uno stesso territorio convivevano diversi strati di potere e diverse competenze, così nel mondo del futuro la sovranità, la competenza politica e il potere di deci- sione potrebbero essere frammentati sia in senso orizzontale che verticale (basti guardare alle differenze tra le stratificate città stato/i macro agglomerati urba- ni, fino agli stati rurali territorialmente estesi), per saper rispondere, con una specie di griglia a maglia dinamica, in modo efficiente ed efficacie alle multiple identità (culturale, religiosa, politica, ecc.) della polis del ventunesimo secolo. Accettare questa possibilità di differen- ziazione, secondo Khanna, consenti- rebbe di aggirare alcuni nodi geopolitici apparentemente irresolubili, come la corrispondenza tra stati, nazioni e con- fini in Africa o il governo di risorse co- muni come l’acqua o la gestione di rischi comuni come quelli ecologici. Allo stesso tempo, ci sarebbero i modi per creare una cappa di stabilità che par- te dai livelli regionali per estendersi a quello mondiale. Nel Consiglio di sicu- rezza dell’Onu non dovrebbero esserci singoli Stati, secondo Khanna, ma entità regionali: l’Unione europea, l’Unasur, l’Unione Africana e via dicendo. “Da un nuovo Medioevo può nascere un nuovo Rinascimento”, suggerisce Khanna. Peccato che, nel frammentato esercizio medievale della sovranità, sia dal punto di vista geografico che da quello politi- co/sociale, ciascuno dei poteri concor- renti pretendeva che questo esercizio fosse esclusivo nella propria sfera e il dissenso interno era spesso inconcepi- bile, perché rischioso per l’esclusività. Qualsiasi sia la ricetta del nuovo Me- dioevo che dovesse portare al nuovo Rinascimento, sarà importante che, nel processo evolutivo, i cittadini, rimanga- no tali e non somiglino neppure lonta- namente al format dei sudditi. A.C