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MASTER IN
    PROGRAMMAZIONE COMUNITARIA
              Anno Accademico 2010-2011




IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA COME PROCESSO
 APERTO: LE PROSPETTIVE DI ULTERIORE ALLARGAMENTO
       DELL’UE DOPO IL TRATTATO DI LISBONA


                      Dispense
                      a cura di
                   Antonio Bonetti




             Campobasso, Dicembre 2010
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria




                  Il processo di integrazione europea come processo aperto:
          le prospettive di ulteriore allargamento dell’UE dopo il Trattato di Lisbona



                                                                            ‹‹World peace cannot be safeguarded
                                                                           without the making of creative efforts
                                                                 proportionate to the dangers which threaten it.
                                                        The contribution which an organized and living Europe
                                                                        can bring to civilization is indispensable
                                                                       to the maintenance of peaceful relations ››

                                                                                         Robert SHUMAN
                                                                                 Declaration of 9 May 1950




Sommario

I    Ratio e obiettivi della Nota didattica                                                             p. 3
II   Competenze e politiche dell’UE dopo il Trattato di Lisbona                                         p. 6
III  Il processo di integrazione europea e gli allargamenti                                             p. 8
IV   Il grande allargamento del 2004 e i nuovi Paesi vicini                                             p. 15
V    La riforma degli strumenti finanziari che sostengono le relazioni esterne                          p. 19
     dell’UE nel periodo di programmazione 2007-2013
VI La politica di pre-adesione, la politica di vicinato e i nuovi strumenti finanziari                  p. 22
     IPA ed ENPI
Riferimenti bibliografici                                                                               p. 33
Sitografia                                                                                              p. 35
Allegati                                                                                                p. 36




ANTONIO BONETTI si occupa da oltre dieci anni come free-lance di finanziamenti dell’UE, di sviluppo locale
e di analisi e valutazione delle politiche pubbliche.

Mailto: a.bonetti@ymail.com




                                                                                                                2
Antonio Bonetti
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I. RATIO E OBIETTIVI DELLA NOTA DIDATTICA

1. Introduzione

Il 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il nuovo Trattato sull’Unione Europea, ratificato a
Lisbona il 13 dicembre 2007.

Per effetto delle rilevanti innovazioni del Trattato di Lisbona il processo di integrazione europea,
avviato nella sua forma più compiuta con la ratifica dei Trattati di Roma sulla Comunità
Economica Europea (CEE) e sull’EURATOM (1957), entra definitivamente in una dimensione
realmente politica.
Tale processo (inizialmente incardinato soprattutto sulla dimensione commerciale), nonostante si
siano registrati diversi periodi di stallo, inter alia ha comportato:
1. un forte incremento delle dimensioni territoriali e commerciali del "mercato unico" (o
"mercato interno"), soprattutto per effetto dei due allargamenti più recenti del 2004 e del 2007
che hanno portato a 27 il numero degli Stati Membri (SM);
2. l’ampliamento del novero delle politiche comunitarie, soprattutto in forza delle disposizioni
dell’Atto Unico Europeo (AUE), approvato nel corso del 1986 ed entrato in vigore l’anno
successivo.
Questi fattori hanno condotto sia a un ampliamento della dimensione del bilancio dell'Unione
Europea (UE), sia a una maggiore articolazione della struttura delle spese dell’UE. Per questo
motivo il Master riserva estrema attenzione alla presentazione della struttura delle spese e degli
strumenti di finanziamento dell’UE.

Il Trattato di Lisbona è caratterizzato numerose innovazioni che verranno presentate nella prima
fase del Master da esperti di Diritto dell’Unione Europea. Nella presente Nota verranno
richiamate solo quelle funzionali a una più chiara comprensione dei temi discussi.
La principale innovazione di cui tenere conto in questa sede concerne la puntuale indicazione
delle competenze esclusive dell’UE e delle competenze concorrenti, ossia di quelle in cui
intervengono legislativamente sia l’UE sia gli Stati Membri (SM).

2. Obiettivi e limiti della presente Nota

Il principale obiettivo della presente Nota è quello di far comprendere come, fin dai Trattati di
Roma del 1957 sulla Comunità Economica Europea (CEE) e sulla Comunità Europea per
l’Energia Atomica (EURATOM), la dimensione interna del processo di integrazione ha avuto
bisogno di un solido supporto costituito dalla politica commerciale comune (si veda il par. 7).
In questa luce, la distinzione fra politiche interne ed esterne dell’UE appare più che altro una
distinzione utile a fini didattici, ma relativamente poco fondata per una piena comprensione delle
dinamiche di sviluppo dell’UE.
Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona appare molto più opportuno assumere come
bussola di orientamento la ripartizione delle competenze fra UE e SM.

La sovrapposizione fra dinamiche di sviluppo del “mercato interno” e relazioni commerciali e
politiche internazionali diviene ancora più evidente a seguito dei profondi sconvolgimenti delle
relazioni internazionali generati dal disfacimento dei regimi dell’Unione Sovietica e dei Paesi
dell’ex blocco socialista dell’Europa dell’Est, iniziati nel 1989, e dal crollo del muro di Berlino
(Ottobre 1989).



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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


L’allora Comunità Economica Europea (UE a partire dal Trattato di Maastricht del 1992), fra il
1989 e la metà degli anni Novanta, avvia una profonda revisione delle relazioni esterne e getta le
basi del processo di allargamento ai Paesi dell’Europa Centrale e Orientale (PECO) che, fino ad
allora, rientravano nella sfera di influenza geopolitica dell’Unione Sovietica.
La chiusura di questa fase si può far coincidere con le decisioni del Consiglio Europeo di
Copenaghen (Giugno 1993) che fissano i c.d. “criteri di adesione (si veda oltre) e del Consiglio
Europeo di Esse (Dicembre 2004) che definisce una autentica “strategia di pre-adesione”.

I “criteri di adesione”, in sostanza, diventano uno strumento di soft power attraverso i quali l’UE
richiede a dei Paesi Terzi (PT) di adattare le loro economie ai principi dell’economia sociale di
mercato che, da sempre, animano la “costituzione economica” della Comunità Economica
Europea/Unione Europea e di adattare i loro assetti istituzionali e legislativi a quelli dell’UE.

In sostanza, in quella fase maturano gli eventi storici e le decisioni politiche dell’Unione Europea
che condurranno poi al grande allargamento del decennio in corso (si veda oltre), con la
conseguente instaurazione di una UE a 27 SM.

In quella fase maturano anche i tragici eventi storici che, in parte, hanno condizionato il grande
allargamento del 2004 e del 2007 e, soprattutto, costituiscono il presupposto dei possibili
allargamenti dell’UE negli anni a venire.
Si fa riferimento alla guerra civile in Iugoslavia, devastante sul piano umanitario e geopolitico. La
guerra civile nei Balcani, che de facto si è protratta per tutti gli anni Novanta, ha condotto alla
disgregazione della Iugoslavia e alla problematica definizione di un assetto geopolitico non ancora
stabile, soprattutto a causa dei seguenti fattori:
     le tensioni latenti fra la Slovenia (ora membro dell’UE) e la Croazia (“paese formalmente
     candidato” all’adesione) per controversie ancora non risolte sui confini;
     alcuni Stati sono ancora caratterizzati da preoccupanti separazioni istituzionali ed etniche
     interne (Bosnia Erzegovina);
     l’autoproclamata indipendenza del Kosovo dalla Serbia (2008) ha causato delle recrudescenze
     delle posizioni nazionalistiche in Serbia e, tuttora, il Kosovo ancora non è formalmente
     riconosciuto dall’intera comunità internazionale.

Altro obiettivo di rilievo della Nota è una più puntuale presentazione delle dinamiche di
allargamento dell’UE negli ultimi due decenni e delle prospettive di ulteriore allargamento all’area
dei Balcani e alla Turchia.

Infine, la discussione sulle prospettive di ulteriore allargamento dell’Unione costituisce anche
l’occasione per presentare i principali strumenti finanziari attraverso i quali l’UE gestisce i
rapporti con i Paesi Terzi. In particolare, la parte finale della Nota si sofferma sullo strumento di
finanziamento della politica di pre-adesione (IPA) e su quello che finanzia la politica di vicinato
(ENPI).
A tale riguardo si anticipa che, nel corso del Master, verrà fornita una più completa presentazione
dei principali Programmi e strumenti di finanziamento delle politiche dell’UE. Nel corso di tale
presentazione si evidenzierà come il bilancio annuale dell’UE sia parte di un più articolato sistema
di finanza pubblica dell’UE. Sul versante delle spese pubbliche dell’UE, in realtà, lo strumento
cardine è il Quadro Finanziario Pluriennale – più spesso indicato come “prospettive finanziarie”
dell’UE – che viene presentato sinteticamente nel Box 1.
A titolo di completezza si evidenzia che gli strumenti finanziari che sostengono l’azione esterna
dell’UE rientrano nella Rubrica 4 delle prospettive finanziarie 2007-2013.
Fa eccezione il Fondo Europeo di Sviluppo (non trattato in questa sede), che sin dai Trattati di
Roma è il principale strumento destinato a finanziare la cooperazione allo sviluppo dell’UE. Per il

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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


Fondo Europeo di Sviluppo, infatti, è prevista una programmazione finanziaria autonoma, avulsa
dalle prospettive finanziarie.

                     Box 1 – Ratio e struttura delle prospettive finanziarie dell’UE

Il bilancio annuale dell'UE riporta le entrate e le uscite delle Istituzioni comunitarie per l'esecuzione delle
politiche dell'UE come già definite, in sostanza, dagli accordi fra SM e Istituzioni sulle risorse proprie
(entrate) e sulle spese pluriennali.
Affrontare il tema del finanziamento delle politiche dell'UE, pertanto, significa parlare di un articolato
sistema finanziario che è costituito da:
1. le risorse proprie (entrate del bilancio) definite da una Decisione del Consiglio presa all'unanimità,
previo accordo politico fra gli SM;
2. il Quadro Finanziario Pluriennale (Multi Annual Financial Framework - MAFF), introdotto per la prima
volta nel 1988, che definisce per le grandi priorità politiche di intervento (rubriche) il sentiero di
evoluzione delle spese pubbliche della UE (prospettive finanziarie);
3. il bilancio annuale disciplinato dal Trattato di Lisbona e da rilevanti Atti di diritto comunitario derivato,
che comprende le spese sostenute dalla UE e dalla Comunità Europea dell'Energia Atomica
(EURATOM).

La rilevanza politica delle prospettive finanziarie è cresciuta ad ogni tornata di programmazione, per la
loro capacità di rafforzare la disciplina di bilancio, dal momento che fissano dei massimali per gli
stanziamenti di impegno a livello di singole rubriche e un massimale globale per gli stanziamenti di spesa
(si veda Bonetti 2010).
Esse prevedono cinque grandi rubriche di spesa, più la rubrica Compensazioni (relativa alla copertura di
alcune spese temporanee comportate dall'accesso nel 2007 di Romania e Bulgaria):
1. Sviluppo sostenibile (Competitività e Coesione per la crescita e l’occupazione);
2. Conservazione e gestione delle risorse naturali (include la Politica Agricola Comunitaria);
3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia;
4. L’UE come partner globale;
5. Amministrazione.

La Nota ha anche una portata ben delimitata.
Essa è incentrata solamente sulla dimensione economica (e su alcuni aspetti della dimensione
geo-politica) dei processi di integrazione europea che, come detto, negli ultimi venti anni si
sovrappongono in misura più marcata che non in precedenza alle dinamiche di allargamento
dell’UE.
La trattazione delle dimensioni giuridiche e politico-istituzionali dell’azione esterna dell’UE esula
dagli obiettivi didattici della Nota.

Questo implica che la Nota non prenderà in considerazione la PESC e la Politica di Sicurezza e
Difesa Comune disciplinate dal TUE, ma solo le altre politiche “esterne”. In particolare, come
accennato, la parte finale si sofferma sulla politica di pre-adesione e sulla politica di vicinato.

Preme evidenziare che l’attenzione riservata agli strumenti finanziari che sostengono l’azione
esterna dell’UE è anche motivata dal fatto che la Direzione Generale Sviluppo della
Commissione e l’agenzia europea EuropeAid (si veda oltre) sin dall’inizio degli anni Novanta
hanno fornito un contributo di rilievo al perfezionamento analitico dei principali approcci
metodologici e strumenti che verranno trattati nella fase specialistica del Master (Project Cycle
Management, Approccio di Quadro Logico e Goal Oriented Project Planning). In seguito l’utilizzo di
questi strumenti di progettazione/programmazione è diventata prassi operativa anche di altre
Direzioni Generali e di altre agenzie che gestiscono i Programmi di finanziamento dell’UE.



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II. COMPETENZE E POLITICHE DELL’UE DOPO IL TRATTATO DI LISBONA

3. La più puntuale delimitazione delle competenze dell’UE introdotta dal Trattato di
Lisbona

Il Trattato di Lisbona definisce un unico sistema giurisdizionale in cui l’UE ha riassorbito la
Comunità Europea. Ai sensi dell’art. 3 del Trattato, l’Unione Europea sostituisce la Comunità
Europea ed è dotata di personalità giuridica unica.
Il Trattato, quindi, sancisce il superamento della macchinosa dicotomia introdotta dal Trattato di
Maastricht del 1992 fra la Comunità Europea – che subentrava alla CEE - e l’Unione Europea,
composta da tre “pilastri” (la stessa Comunità Europea, la Politica Estera e di Sicurezza Comune
e la Cooperazione nel settore “giustizia e affari interni”).

Ciò nonostante, i Trattati continuano ad essere due:
       il Trattato sull’Unione Europea (TUE), ratificato a Maastricht il 7 Febbraio 1992;
       il Trattato istitutivo della Comunità Europea (Roma, 1957). Quest’ultimo viene
       ribattezzato Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE).

Ciò che preme sottolineare è che, come è stato magistralmente evidenziato da Tosato, ‹‹al di là dei
due Trattati, vi è un unico soggetto (l’Unione), con un unico diritto (quello dell’Unione) e un
unico complesso istituzionale; è altresì eliminata (o quasi) la distinzione fra pilastri›› (Tosato 2008,
p. 50). Per questo motivo non appare più corretto parlare di processo di integrazione
“comunitaria” o di finanziamenti “comunitari”.

I due Trattati (la cui articolazione in titoli è presentata nella tavola sinottica che segue) hanno lo
stesso valore giuridico, ma è certamente il TUE ad avere la natura di Trattato di base. Non a caso
i valori fondamentali (“il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello
Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a delle minoranze”) e
gli obiettivi dell’Unione sono presentati nelle Disposizioni comuni del TUE.

                 Trattato sull’UE                                Trattato sul Funzionamento dell’UE
Preambolo                                                  Preambolo
Titolo I – Disposizioni comuni                             Parte I - Principi
Titolo II – Disposizioni relative ai principi              Parte II – Non discriminazione e cittadinanza
democratici                                                dell’Unione
Titolo III – Disposizioni relative alle Istituzioni        Parte III – Politiche e azioni interne dell’Unione
Titolo IV – Disposizioni sulle cooperazioni                Parte IV – Associazione dei Paesi e Territori
rafforzate                                                 d’Oltremare
Titolo V – Disposizioni generali sull’azione esterna       Parte V – Azione esterna dell’Unione
dell’Unione e disposizioni specifiche sulla Politica
Estera e di Sicurezza Comune
Titolo VI – Disposizioni finali                            Parte VI – Disposizioni istituzionali e di bilancio
                                                           Parte VII – Disposizioni generali e finali


Il TFUE ha natura applicativa di esplicitazione delle regole di funzionamento delle varie
Istituzioni e di obiettivi e strumenti delle politiche interne ed esterne dell’UE.
Sono gli articoli da 3 a 6 del TFUE a specificare le competenze dell’UE, che sono illustrate in
modo molto più nitido che non nei precedenti Trattati.

La separazione delle competenze fra UE e SM si fonda su:

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     principio di attribuzione (l’art. 5 del TUE dispone che “l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle
     competenze che le sono attribuite dagli Stati Membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi
     attribuiti”);
     principio di sussidiarietà: l’UE è deputata a intervenire in settori che non siano di sua
     competenza esclusiva se e solo se gli obiettivi non possono essere adeguatamente raggiunti in
     modo autonomo dagli SM;
     principio di proporzionalità: l’intervento dell’UE deve essere limitato e circoscritto solo a
     quelle azioni funzionali agli obiettivi stabiliti nei Trattati.

Gli articoli suddetti individuano le competenze esclusive dell’UE, le competenze concorrenti e le
azioni.
Le competenze esclusive sono quelle in relazioni alle quali solo l’UE può legiferare e adottare atti
vincolanti sul piano giuridico. Gli SM possono legiferare nelle materie di competenza esclusiva
dell’UE solo a fronte dell’autorizzazione dell’UE o per attuare i suoi attivi vincolanti
Le competenze concorrenti sono quelle in relazioni alle quali sia l’UE sia gli SM possono adottare
atti giuridicamente vincolanti. Preme evidenziare che, tuttavia, che gli SM possono legiferare solo
nella misura in cui l’UE non abbia già normato una certa materia.
Le azioni, in sostanza, consentono all’UE di coordinare e completare l’azione legislativa ed
esecutiva degli SM.

Nella tavola sinottica che segue vengono elencate le materie di competenza esclusiva, quelle di
competenza concorrente e le azioni.

Competenza esclusiva               Unione doganale
                                   Definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del
                                   mercato interno
                                   Politica monetaria per gli SM la cui moneta è l’Euro
                                   Conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica
                                   comune della pesca
                                   Politica commerciale comune
Competenza                         Mercato interno
concorrente                        Politica sociale *
                                   Coesione economica, sociale e territoriale
                                   Agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare
                                   Ambiente
                                   Protezione dei consumatori
                                   Trasporti
                                   Rete trans-europee
                                   Energia
                                   Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
                                   Problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica*
Azioni                             Tutela e miglioramento della salute umana
                                   Industria
                                   Cultura
                                   Turismo
                                   Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport
                                   Protezione civile
                                   Cooperazione amministrativa
* Per quanto riguarda gli aspetti definiti nel Trattato stesso




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III. IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA E GLI ALLARGAMENTI

4. Le caratteristiche salienti del processo di integrazione comunitaria

Il processo di integrazione europea, fin dall'inizio (Trattati di Roma del 1957 sulla CEE e
sull'EURATOM), si configura principalmente come un processo di integrazione commerciale.

L'art. 2 del Trattato CEE prevede: “la CEE ha il compito di assicurare, mediante l’istituzione del
MERCATO COMUNE e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati Membri uno
sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme delle Comunità”

Il MERCATO COMUNE corrisponde al terzo livello delle forme di aggregazioni commerciali
individuate dalla letteratura economica (si veda il paragrafo che segue).

Il Trattato CEE prevede che l’istituzione del MERCATO COMUNE si fondi su:
1. garanzia delle “quattro libertà fondamentali”:
     libera circolazione delle merci;
     libera circolazione delle persone e libertà di stabilimento;
     libera prestazione dei servizi;
     libera circolazione dei capitali;

2. principio di “non discriminazione” (il rispetto delle “quattro libertà fondamentali” si fonda sul
“divieto di discriminazione sulla base della nazionalità”).

Solo con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° gennaio 2009 il processo di integrazione
europea entra in una dimensione realmente politica.

5. Le forme di integrazione commerciale

Gli studiosi di Economia Internazionale, specialmente a partire dai lavori seminali di Jacob Viner
negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, hanno dedicato crescente attenzione ai
processi di integrazione commerciale (Viner, 1950; Tinbergen, 1970; Gandolfo, 1994; Robson,
1998; Triulzi 1999). Tali processi interessano Stati sovrani che, pur di stabilizzare le loro relazioni
commerciali, rinunciano in parte a delle prerogative che caratterizzano la “sovranità nazionale”e
stipulano accordi internazionali che vincolano sia le loro relazioni commerciali “interne”, sia le
relazioni commerciali comuni con i Paesi non aderenti all’accordo.
La letteratura in materia è concorde nell’individuare i cinque stadi progressivi dei processi di
integrazione commerciale che seguono:
- Area di libero scambio: dazi e restrizioni quantitative al commercio sono eliminate, ma
ciascun Paese è libero di scegliere la politica commerciale nei confronti dei Paesi Terzi (un
esempio è il North American Free Trade Area – NAFTA, ma lo è anche l’ accordo siglato nei primi
giorni di Dicembre fra Stati Uniti e Corea del Sud):
- Unione Doganale: eliminazione di dazi e tariffe interne; fissazione di una tariffa esterna e di
una politica commerciale comune nei confronti dei Paesi Terzi (PT).
- Mercato Comune: unione doganale + libera circolazione di beni, servizi e fattori produttivi
(introduzione, in pratica, delle "quattro libertà fondamentali").
- Unione Economica: eliminazione delle barriere fisiche e tecniche nell’area integrata e
definizione di politiche comuni.
- Unione Economica e Monetaria (UEM): unione economica + introduzione di una moneta
unica.
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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


6. I pilastri del processo di integrazione commerciale

I pilastri del processo di integrazione europea previsti dal Trattato CEE sono:
1. l’instaurazione di una Unione Doganale entro il 31.12.1969, attraverso:
     eliminazione di tutte le restrizioni tariffarie e quantitative alla libera circolazione delle merci e
     di ogni altra misura avente effetto equivalente;
     divieto di introdurre nuovi dazi sugli scambi interni;
     soppressione delle restrizioni quantitative (contingenti) alle importazioni;
     istituzione di una tariffa doganale comune (Tariffa Esterna Comune);

2. l’instaurazione della politica commerciale comune nei confronti degli Stati terzi (art. 3 del
Trattato di Roma sulla CEE).
La politica commerciale comune si fondava principalmente su:
1. individuazione di principi comuni in ordine agli incentivi all’export e alla difesa da pratiche
commerciali sleali da parte di Paesi Terzi;
2. la negoziazione diretta da parte della CEE di accordi tariffari e commerciali, che in sostanza
viene affidata alla Commissione, quale portavoce unico degli interessi comunitari.

7. La ratio della politica commerciale comune

La politica commerciale comune mette in luce già nel Trattato istitutivo della CEE come l’azione
esterna dell’allora CEE non sia mai stata disgiunta dagli obiettivi e dalla politiche “interne”.
Non uniformare la politica commerciale degli SM sin dai Trattati di Roma, infatti, avrebbe avuto
due conseguenze esiziali per il processo di integrazione economica:
1. forme di concorrenza sleale tra gli SM (applicare verso terzi regimi commerciali più rigidi
avrebbe comportato vantaggi concorrenziali rispetto agli altri membri);
2. necessità di mantenere controlli amministrativi alle dogane per verificare l’origine
(interna o esterna) delle merci, con conseguente impossibilità di abbattimento della principale
barriera fisica alla libera circolazione delle merci (in una Unione doganale, una volta pagata la
TEC, i prodotti terzi sono considerati alla stregua di quelli interni – “prodotti in libera pratica – e
quindi non soggetti a ulteriori dazi/restrizioni).

8. Mercato comune e politiche comuni europee

La definizione della realizzazione di un mercato comune quale obiettivo fondante della CEE
trova conferma nel novero ristretto delle politiche comuni previste nel 1957. Esse, infatti, sono
sostanzialmente tutte finalizzate a garantire un funzionamento efficace del mercato comune e la
crescita "armoniosa" degli scambi commerciali interni.

L'Art 3 del Trattato CEE prevede solamente “il coordinamento delle politiche nazionali” e
l’attuazione di: (i) una politica commerciale comune nei confronti dei Paesi Terzi (PT) e
l'istituzione di una Tariffa Esterna Comune (TEC); (ii) una politica comune nei settori
dell’agricoltura e dei trasporti; (iii) un rigido quadro giuridico a difesa della concorrenza (norme a
tutela del funzionamento concorrenziale del mercato comune e divieto in via generale degli aiuti
di Stato).

La politica a sostegno dell'agricoltura - Politica Agricola Comunitaria (PAC) - si giustifica anche
per il fatto che si usciva dalla II Guerra Mondiale e, al termine di lunghi conflitti bellici, si registra
sempre una forte attenzione per gli interventi volti a garantire l'autosufficienza alimentare.



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9. Il rilancio del processo di integrazione comunitaria negli anni Ottanta e l'Atto Unico
Europeo (AUE)

L’obiettivo della creazione di una Unione Doganale fra i Paesi fondatori venne raggiunto già il 1°
Luglio 1968.
In quella fase, anche per effetto del lungo periodo di sviluppo economico in Occidente, si ha un
rilevante incremento degli scambi commerciali intra-CEE (Craft e Toniolo 1996; Santaniello
1998; Guerrieri e Padoan 2009).
Usando le categorie interpretative introdotte da Viner (1950), si può asserire che fino al termine
degli anni Sessanta gli effetti postivi di trade creation delle forme di integrazione commerciale
prevalgono sugli effetti di trade diversion, che sono a priori incerti (si veda il Box 2).

                           Box 2 – Effetti di trade creation e trade diversion
                              dei processi di integrazione commerciale

I processi di integrazione commerciale fra diversi Stati sovrani che, in linea di principio potrebbero
commerciare liberamente fra loro, possono produrre effetti positivi, specialmente nel medio termine, sia
secondo l’approccio economico “neoclassico” che ipotizza l’esistenza di mercati concorrenziali, sia
secondo nuovi approcci affermatisi negli ultimi venti anni che ipotizzano forme di concorrenza non
monopolistica (si vedano Triulzi 1999, pp. 22 e ss. e Guerrieri e Padoan 2009, pp. 43 e ss.). Affinchè
questo si verifichi, devono registrarsi due condizioni:

    si realizzano i vantaggi “statici” e “dinamici” dell’ampliamento del mercato interno (quali le economie
    di scala legate alle maggiori quantità prodotte; i guadagni di efficienza imposti alle unità produttive
    dalla più elevata concorrenza, la specializzazione settoriale delle unità produttive e anche l’offerta di
    una più ampia gamma di prodotti);
    il processo di trade diversion produce effetti positivi. A fronte dell’apertura degli scambi commerciali,
    infatti, si registrano guadagni di benessere collettivo se si sostituiscono produzioni interne con
    l’importazione di beni prodotti a condizioni più efficienti in altri Paesi che partecipano all’accordo.
    Potrebbe accadere, tuttavia, che la protezione degli scambi commerciali fra i Paesi aderenti all’accordo,
    limiti l’importazione di beni prodotti da Paesi terzi a condizioni più efficienti di quelle raggiunte da
    tutti i Paesi dell’accordo. In questo caso, ovviamente, il trade diversion produce una perdita di benessere
    dei Paesi aderenti all’accordo.

L’esperienza della CEE, pertanto, in quella fase inizia a suscitare grande interesse anche fra altri
Paesi europei che non avevano aderito sin dal 1957.
Il nodo della questione è che gli anni Settanta sono caratterizzati da forte instabilità finanziaria e
da una crisi economica a cui gli SM reagiscono con politiche che rasentano di nuovo il
protezionismo. Inevitabilmente questo ha comportato tensioni fra gli SM e una accentuazione di
divergenze politiche che erano già emerse al termine degli anni Sessanta.
Dopo la crisi del processo di integrazione europeo negli anni Settanta, soprattutto a partire dalla
fine degli anni Settanta si ha una ripresa del dibattito e delle iniziative per rilanciare la "casa
comune Europa" (si ricordano la decisione del Dicembre 1978 di istituire un Sistema Monetario
Europeo, prodromo dell’Euro e le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento Europeo
nel 1979). Negli anni Ottanta risultano decisivi per il rilancio del processo di integrazione
l'approvazione del Libro bianco sul completamento del mercato interno nel 1985 e dell'Atto Unico
Europeo (AUE) nel 1986.

L'AUE, entrato in vigore nel 1987, inter alia prevede:




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    la revisione del Trattato di Roma sulla CEE e delle procedure decisionali (viene introdotto
    per la prima volta il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio dei Ministri1);
    la sostituzione dell'obiettivo del "mercato comune" con quello del "mercato interno", ossia
    una forma di integrazione ancora più forte che si fonda sull'abbattimento delle frontiere
    interne;
    la completa liberalizzazione degli scambi commerciali entro il 1992 (c.d. "sfida 1992");
    l'ampliamento del novero delle politiche comuni (fra queste vengono aggiunte la politica per
    la ricerca, la politica ambientale e anche la "politica di coesione", finanziata dai Fondi
    Strutturali).

10. La “sfida 1992” e il mercato interno

La “sfida 1992” posta dal Libro bianco citato sopra consisteva appunto nel raggiungere
l’obiettivo della creazione di un “mercato interno” (anche se nella pubblicistica si è affermato il
nominativo “mercato unico”), esattamente assimilabile a quello che caratterizza un’economia
nazionale, attraverso 300 diverse misure di intervento dettagliate nel Libro bianco. L’AUE
definiva il “mercato interno” come “uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la
libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”.

Una volta che già con la realizzazione dell’Unione Doganale e con altri provvedimenti successivi
erano state eliminate le barriere tariffarie al commercio, si trattava in quella di fase di perseguire
una deep integration fra gli SM (che divennero 12 nel 1986 come si esplicita oltre) attraverso:
    la rimozione delle barriere non tariffarie (controlli amministrativi alle frontiere e barriere
    tecniche costituite dalle diverse specifiche tecniche per i prodotti materiali e i servizi previste
    dagli ordinamenti nazionali);
    l’armonizzazione dell’imposizione fiscale, in particolare dell’imposizione indiretta (IVA e
    accise);
    la liberalizzazione dei movimenti di capitali;
    la piena liberalizzazione dei servizi e l’apertura dei mercati nazionali degli appalti pubblici.

Preme evidenziare che una forte spinta all’integrazione dei mercati, spesso sottostimata, viene
dall’omogeneizzazione delle caratteristiche tecniche e delle dimensioni dei vari prodotti, per cui
un prodotto con certe caratteristiche disciplinate da atti vincolanti dell’UE potrà essere prodotto
e commercializzato in tutti gli SM.
Il principio politico e giuridico alla base dell’abbattimento delle barriere tecniche è quello del
“mutuo riconoscimento” (art. 100B dell’AUE), per cui se un prodotto è fabbricato legalmente e
messo in commercio in uno SM secondo determinati standard tecnici potrà essere liberamente
commercializzato in ciascun altro SM. Questo principio fu introdotto da una sentenza del 1979
della Corte di Giustizia Europa (“sentenza Cassis de Dijon”), che si può considerare uno dei
turning point del processo di integrazione economica europea.

11. Dalla libera circolazione dei lavoratori alla “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”

Appare opportuno evidenziare che, progressivamente, i politici europei avvertono la necessità di
affiancare ai processi di approfondimento dell’integrazione commerciale (abbattimento di barrire

1
  Il Trattato di Lisbona ha istituzionalizzato anche il Consiglio Europeo, già massimo organo politico e la Banca
Centrale Europea (BCE), che congiuntamente alle Banche Centrali degli SM gestisce la Politica monetaria.
Attualmente, le Istituzioni dell’UE, quindi, sono: il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo, il Consiglio dell’UE
(Consiglio dei Ministri), la Commissione Europea, la Corte di Giustizia dell’UE, la Banca Centrale Europea, la Corte
dei Conti Europea. Alle Istituzioni propriamente dette si affiancano i due Comitati consultivi: il Comitato delle
Regioni e il Comitato Economico e Sociale Europeo e la Banca Europea per gli Investimenti (BEI).
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tariffare e non tariffarie, armonizzazione fiscale, abbattimento delle barriere tecniche) anche dei
provvedimenti volti a facilitare la mobilità interna – anche per motivi di studio – di tutti i cittadini
europei. Inoltre, nel corso del tempo si manifesta sempre più stringente la necessità di sostenere
un concetto di “cittadinanza europea”, che possa contribuire e creare una identità europea.

Soprattutto dalla metà degli anni Ottanta, pertanto, si accelera anche un processo per cui il
principio della libera circolazione dei lavoratori viene sempre più inteso nel senso più ampio di
libera circolazione delle persone.
Non a caso, fra gli obiettivi alla base dell’azione dell’UE indicati dal TUE si annovera la creazione
di “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera
circolazione delle persone”.

Soprattutto con riferimento ai controlli alle dogane e i controlli alle frontiere, un decisivo passo
avanti in questo processo si può considerare l’Accordo di Shengen del 1985 e la relativa
Convenzione di applicazione del 1990.
L’Accordo, a cui aderirono inizialmente solo Germania, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo
prevedeva l’eliminazione delle formalità doganali e di polizia in capo alle persone fisiche,
introducendo il principio che gli unici controlli alle frontiere ammissibili sono quelli giustificati da
motivi di ordine pubblico e di sicurezza.
Tale accordo, contrariamente alle opinioni comuni, facilitava la libera circolazione delle persone e
al tempo stesso rendeva più sicure le frontiere, in quanto introduceva forme più efficaci di
cooperazione contro le attività illecite. L’Italia aderì all’Accordo solo in un secondo momento.
Nel corso del tempo tutti gli SM dell’UE hanno aderito all’Accordo di Shengen. Attualmente non
ne fanno parte solo Bulgaria, Cipro e Romania.

12. La natura aperta dei Trattati di Roma e del processo di integrazione europea

La Comunità Economica Europea, sin dagli anni Sessanta – caratterizzati da una forte crescita
degli scambi intra-CEE e dal raggiungimento anticipato dell’obiettivo di creare una Unione
Doganale – ha esercitato una forte spinta attrattiva sui Paesi Terzi (nel 1986 persino il Marocco
aveva avanzato richiesta di adesione alla allora CEE).

In seguito, pertanto, si sono registrate varie adesioni da parte di Paesi europei. Queste adesioni
sono state facilitate dalla natura di Trattati “aperti” dei Trattati di Roma e anche del Trattato di
Parigi del 1951 sulla CECA (Comunità Europea del carbone e dell’Acciaio), che si è esaurito nel
2002. I Trattati degli anni Cinquanta prevedevano tutti una clausola di adesione riservata ai Paesi
europei.

Il fondamento giuridico della natura aperta del processo di integrazione risiede nell’art. 49 del
Trattato sull’UE che dispone che “Ogni Stato europeo può diventare membro dell’Unione”.
L’adesione di un nuovo SM prevede un iter negoziale e legislativo particolarmente farraginoso, in
merito al quale si rimanda ai numerosi Manuali di Diritto Comunitario.
Questo iter è stato particolarmente rigido e oneroso per i Paesi di recente adesione dell’Europa
Centro-Orientale che gravitavano un tempo sotto la sfera di influenza dell’Unione Sovietica, i
quali hanno dovuto realizzare molteplici riforme per adattare i loro sistemi istituzionali ed
economici a quelli dei Paesi già membri dell’UE.

13. Gli allargamenti

La storia dell’integrazione europea è una storia di successivi allargamenti, per cui fra il 1957 e il
2007 si è passati dai 6 Stati fondatori a 27 Stati Membri.

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Fra gli allargamenti, come si evince dalla tavola sinottica, sovente, ci si dimentica di annoverare
l’allargamento “implicito” del 1990 con la riunificazione tedesca. La riunificazione della Germania
il 3 ottobre 1990, infatti, ha significato anche l’ingresso nell’allora CEE della ex Repubblica
Democratica Tedesca.
Per due volte (in occasione degli allargamenti del 1973 e del 1995) un referendum popolare ha
reso vana la conclusione positiva dei negoziati per l’ingresso della Norvegia nella Comunità
Europea.

Anno              Paesi fondatori e Paesi che hanno aderito con i vari allargamenti
1957              Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi.
1973              Danimarca, Irlanda, Regno Unito
1981              Grecia
1986              Portogallo, Spagna
1995              Austria, Finlandia, Svezia
2004              Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria
                  Cipro, Malta
2007              Bulgaria, Romania


Le prospettive di ulteriori adesioni all’UE, come si illustra più avanti, in questa fase interessano i
Paesi che rientrano nella “politica di pre-adesione” dell’UE (Islanda, Turchia e Paesi dei Balcani
Occidentali).
Fra questi Paesi solo la Bosnia Erzegovina e il Kosovo non hanno avanzato formale richiesta di
adesione all’UE. L’ultimo Paese ad aver avanzato la richiesta di adesione è la Serbia (Dicembre
2009), per la quale si auspica una rapida adesione all’UE, in quanto la sua adesione è considerata
un passaggio cruciale per la stabilizzazione dell’area balcanica.

Infine si sottolinea che nel luglio 2009 ha avanzato richiesta formale di adesione all’UE l’Islanda,
fino ad allora membro dello Spazio Economico Europeo (una forma di integrazione commerciale
alternativa all’UE) e poco interessata alle vicende dell’Unione.

14. La strategia di allargamento come priorità di politica estera negli anni Novanta

La Comunità Economica Europea (UE a partire dal Trattato di Maastricht del 1992), dopo la
caduta del muro di Berlino nel 1989, avviò un’ampia revisione della politica estera verso i Paesi
dell’ex blocco socialista.

A partire dal 1990 si registrano dichiarazioni di indipendenza di alcune Repubbliche della ex
URSS (le prime sono la Lituania e la Lettonia) e nel 1991 si dissolvono tanto il Patto di Varsavia,
quanto il COMECON (Consiglio di Mutua Assistenza Economica istituito nel 1949 per volere
dell’Unione Sovietica e a cui aderivano anche i Paesi europei dell’ex blocco socialista).

Fra il 1991 e il 1996 si registrano richieste di adesione alla Comunità da parte di diversi Paesi
dell’Europa Centro Orientale (PECO).
L’allargamento ad Est diviene l’elemento cardine della politica estera della neo-istituita UE, in
linea con la volontà comune di tutti gli SM di conferire all’UE un ruolo internazionale
maggiormente in linea con il peso politico che essa andava assumendo nel nuovo ordine
mondiale post “guerra fredda” (Triulzi 1999).

Lo strumento giuridico per favorire l’ingresso dei PECO venne individuato negli “accordi
europei”, ossia una forma rafforzata degli “accordi di associazione” già previsti dal Trattato di
Roma. La concessione degli “accordi di associazione” e degli aiuti volti a favorire i processi di
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stabilizzazione macroeconomica e di democratizzazione interna sono condizionati dall’UE
all’implementazione di una serie di impegnative riforma economiche e politico-istituzionali.

15. I pilastri della strategia di allargamento

Il processo di allargamento viene imperniato su due strategie specifiche:
1. la strategia istituzionale che ha riguardato sia i Paesi candidati (in quel periodo i PECO,
Cipro e Malta), sia l’UE:
     - i Paesi candidati si impegnano a: (i) rafforzare le strutture democratiche e le azioni di
         tutela dei diritti civili; (ii) favorire l’assorbimento del c.d. “acquis comunitario”, ossia del
         sistema legislativo e giurisprudenziale che caratterizza l’UE;
     - gli Stati Membri (SM) si impegnano a rafforzare i meccanismi di funzionamento delle
         istituzioni comunitarie e del policy making;
2. la strategia di mercato che ha riguardato i Paesi candidati e consiste nel:
     - creare un’area di libero scambio con gli Stati Membri (entro 10 anni dalla firma
         dell’accordo europeo);
     - avviare quelle riforme (anche nel funzionamento del Settore Pubblico) necessarie per la
         transizione a un’economia di mercato.

Questi principi sono stato sanciti dal Consiglio Europeo di Copenaghen (giugno 1993) e da allora
vengono indicati come “criteri di Copenaghen” (la ratifica degli “accordi europei” e la successiva
adesione sono condizionati al loro rispetto) 2.

16. I legami fra la strategia istituzionale e quella di mercato

Gli elementi caratterizzanti la strategia “istituzionale”:
    - creazione di assetti politici e democratici stabili;
    - miglioramento dell’efficienza del Settore Pubblico e acquisizione dei principi
         amministrativi degli SM;
    - creazione di un sistema di regolamentazione dei mercati e giuridico efficiente;
sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi della strategia di mercato:
    - stabilizzare i nuovi mercati e le nuove possibilità di investimento all’Est;
    - garantire condizioni operative di sicurezza per i privati (in primis gli operatori del
         comparto energetico);
    - contrastare le attività economiche illegali e frenare l’afflusso degli immigrati.




2
  I criteri di Copenaghen, in sostanza vengono compendiati in quelli che sono indicati come “capitoli” dell’acquis da
negoziare con l’UE per l’adesione. I capitoli sono 35 e il principio negoziale di fondo è “nessun accordo se non c’è
accordo su tutti”. Preme evidenziare che i primi quattro capitoli dell’acquis da negoziare corrispondono alle “quattro
libertà fondamentali”.
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IV. IL GRANDE ALLARGAMENTO DEL 2004 E I NUOVI PAESI VICINI

17. Agenda 2000 e gli step recenti del processo di allargamento

Agenda 2000 è la Comunicazione con cui la Commissione propose nel luglio del 1997 un nuovo
Quadro Finanziario Pluriennale – relativo al periodo 2000-2006 – per l’UE. Gli aspetti più
problematici di questo documento in termini finanziari sono: (i) la riforma della PAC; (ii) il
finanziamento del costoso processo di allargamento inizialmente previsto per il 2002.

Il Consiglio Europeo di Lussemburgo (dicembre 1997) aveva approvato l’avvio dei negoziati di
adesione con 6 Paesi candidati. Il Consiglio Europeo di Helsinky (dicembre 1999) approvò
l’avvio dei negoziati di adesione con altri 6 Paesi candidati.

All’inizio del decennio in corso, quindi, erano stati avviati i negoziati di adesione con 12 Paesi, ma
non con la Turchia. Su 12 Paesi, 10 sono entrati il 1 maggio 2004 (protocollo di adesione
ratificato ad Atene il 16 aprile 2003).
Per Bulgaria e Romania, solo il 26 settembre 2006 la Commissione ha dato il parere favorevole
definitivo al loro ingresso il 1 gennaio 2007, anche se sono state formalmente espresse delle
riserve sull’avanzamento delle riforme istituzionali.

18. La nuova “politica di prossimità” in vista dell’allargamento del 2004

Nel corso del Consiglio Europeo di Copenaghen (dicembre 2002) veniva approvato l’ingresso di
nuovi 10 SM nell’UE, rinviando a una data allora imprecisata l’ingresso di Bulgaria e Romania.
Nel periodo 2002-2003, pertanto, su forte impulso dell’allora Presidente della Commissione Prodi
sono state avviate le riflessioni sulle conseguenze geo-politiche del quinto allargamento del 1°
maggio 2004. Lo slogan era “thinking beyond the enlargement”, nella consapevolezza che una “wider
Europe” avrebbe implicato uno spostamento verso Sud-Est dei confini esterni e la creazione di
una nuova cerchia di Paesi “vicini”.
In quella fase, l’orientamento era quello di individuare una nuova “politica di prossimità” con i
nuovi “vicini”.

19. L’evoluzione della nuova “politica di prossimità” dell’UE

L’evoluzione generale del contesto geopolitico, l’ingresso nel 2004 di 10 nuovi Stati Membri e il
conseguente spostamento verso Sud-Est dei confini dell’Europa unita e l’articolato novero di
rapporti bilaterali con gli altri Paesi extra-UE limitrofi, hanno spinto l’UE a rivedere nel periodo
2004-2006 la politica estera verso i nuovi Paesi “vicini”.
In sostanza, a partire dal 1° gennaio 2007 viene varata, anche sul piano finanziario, una nuova
politica estera nei confronti dei Paesi confinanti con l’Unione allargata. Tale politica è
assolutamente non uniforme, ma bensì differenziata a seconda dei vari gruppi di Paesi “vicini”,
secondo il principio “different neighbours, different relations” (Commissione Europea 2006a).

Per i Paesi formalmente candidati all’adesione sin dall’inizio (Croazia, Turchia e Repubblica
Iugoslava di Macedonia3), per l’Islanda (ha avanzato richiesta di adesione nel Luglio 2009) e per
gli altri Paesi dei Balcani Occidentali viene varata un’autentica “strategia di pre-adesione”
finanziata da uno strumento specifico (IPA).

3
 Il nome Repubblica Iugoslava di Macedonia (FYROM) è il nome ufficiale riconosciuto dalle Nazioni Unite, in
quanto è aperta una querelle con la Grecia che non accetta il nome Macedonia, dal momento che questo è anche il
nome di una provincia greca.
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Per i Paesi “vicini” dell’Europa dell’Est e dell’area caucasica, del bacino del Mediterraneo e del
Medio Oriente viene varata la c.d. “politica europea di vicinato” (European Neighbourhood Policy –
ENP).
Con la Federazione Russa, a partire dal maggio 2003 (Vertice UE-Russia di S. Pietroburgo), viene
varato il c.d. “partenariato strategico” e nel corso del 2005 sono state definite le Road maps per
instaurare quattro “spazi comuni”: (i) economico; (ii) spazio di libertà, sicurezza e giustizia; (iii)
sicurezza esterna e gestione congiunta delle crisi; (iv) istruzione e ricerca.

20. Gli obiettivi strategici ufficiali della “politica di vicinato”

Gli obiettivi intermedi di fondo di queste politiche, fondamentalmente, sono gli stessi della
politica di allargamento degli anni Novanta:
    1. rafforzare la stabilità, la sicurezza e il benessere degli SM e dei Paesi “vicini”;
    2. prevenire l’emergere di nuove linee di divisione tra l’Europa allargata e i suoi “vicini”;
    3. favorire una progressiva integrazione nel mercato interno dei Paesi “vicini” (ai Paesi vicini
         non viene offerta la prospettiva dell’ingresso nell’UE, ma quella generica di “a stake in the
         internal market”).

21. Thinking beyond the enlargement: le conseguenze geo-politiche del grande
allargamento

Il grande allargamento del 1° maggio 2004 (completato il 1° gennaio 2007 con l’ingresso di
Bulgaria e Romania) ha comportato dei risvolti geo-politici di portata storica che hanno imposto
all’UE un forte ripensamento delle politiche esterne rivolte ai PT geograficamente più prossimi:

1. forte ampliamento delle dimensioni territoriali e commerciali del “mercato interno” (si registra un forte
aumento della popolazione dell’UE). L’ampliamento territoriale dell’UE implica anche:
         aumento dei confini interni;
         aumento delle disparità regionali nei livelli di sviluppo;
         aumento del grado di eterogeneità sui territori di popolazioni e culture, con rinnovate
         spinte verso l’empowerment delle Autonomie locali e la differenziazione delle politiche.

2. Aumento dell’estensione dei confini esterni, che ormai si estendono dallo stretto di Gibilterra alla
Federazione Russa4.

3. Spostamento verso Sud-Est dell’UE e “avvicinamento” ad aree (e Paesi Terzi) ricche di risorse energetiche (si
pensi alla rilevanza strategica di Russia, Paesi del Sud Caucaso che si affacciano sul Mar Nero, ma
si pensi anche all’Ucraina come terra di transito di gasdotti e oleodotti).
Le considerazioni di geo-politica, quindi, in misura crescente tendono a prevalere sulla presunta
volontà dell’UE di garantire la democratizzazione e la tutela dello Stato di diritto e delle libertà
civili in Paesi noti per la scarsa attenzione a questi temi (Bielorussia, Georgia e anche la stessa
Federazione Russa).
La Bulgaria e la Romania non sarebbero ancora oggi entrate nell’UE, alla luce delle difficoltà che
hanno incontrato nel garantire il raggiungimento dei criteri inerenti la gestione della sicurezza e
degli affari giudiziari. Nonostante questo, l’UE ha deciso per il loro ingresso in quanto sul loro
territorio passa il gasdotto Nabucco che, a partire dai ricchi giacimenti dell’area del Mar Caspio,


4
  Si possono individuare quattro aree di confine esterno: (i) a Sud-Est l’area dei Balcani e la Turchia (in pre-adesione);
(ii) a Sud i Paesi del Mediterraneo (Maghreb, Mashreq e Medio Oriente); (iii) a Nord-Est la Federazione Russa,
l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova; (iv) ad Est i Paesi del Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaijan, e Georgia
che si affacciano sul Mar Nero).
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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


porta il gas in Europa (terminale in Austria) passando per la Turchia e poi la Bulgaria e la
Romania. Si prevede che il gasdotto (3.300 Km di lunghezza) entrerà in funzione nel 2016.
Anche l’attenzione politica per i Balcani è ancorata, inter alia, all’altro progetto strategico del
gasdotto South Stream (3.200 Km di lunghezza), che consentirebbe di scavalcare l’Ucraina e di
condurre il gas estratto da Gazprom nell’Est Europa (in particolare nell’area del Mar Caspio) in
Europa, passando direttamente per i Balcani. Si prevede che esso entrerà in funzione nel 2015.
Anche in relazione al Mediterraneo, si può dire che il rilancio della cooperazione con i Paesi del
Nord Africa e del Medio Oriente è più legato alla rinnovata centralità del Mediterraneo quale
crocevia di traffici mercantili per effetto della crescente forza commerciale di Cina e India
(Bonetti 2006a; SVIMEZ 2008), che non alla volontà di esercitare “pressioni” per la
democratizzazione dei Paesi dell’area e per la pacificazione del Medio Oriente. Anche per
quest’area, inoltre, le considerazioni strategiche sugli approvvigionamenti energetici hanno un
peso notevole.

4 “Avvicinamento” ad aree e PT fortemente instabili sul piano politico e caratterizzati sia da conflitti latenti
interregionali (si pensi alle tensioni Ucraina-Russia e ancor di più a quelle Georgia-Russia), sia da
traffici illegali (anche di sostanze tossiche e radio-attive). La questione dei traffici illegali, peraltro,
anche se spesso taciuta, ha un peso di un certo rilievo per le povere economie dei Paesi in pre-
adesione nati dalla disgregazione della ex Iugoslavia.

5 “Avvicinamento” a PT che costituiscono la base di un crescente afflusso di immigrati (sovente illegali), sia
per la forte crescita demografica nei Paesi “vicini”, sia per le loro condizioni di sottosviluppo
economico rispetto agli SM.

22. Gli autentici obiettivi nevralgici della “politica di vicinato”

Gli autentici obiettivi nevralgici della Politica Europea di Vicinato (PEV) sono fondamentalmente
gli stessi della politica di allargamento degli anni Novanta:
1. creare un ‹‹un cerchio di Stati amici›› (Prodi 2002) con solide basi democratiche (si punta, de
     facto, a creare un autentico cordone di sicurezza con strumenti di soft security, a fronte dei nuovi
     confini con aree tradizionalmente molto instabile sul piano politico);
2. creare aree limitrofe più stabili politicamente ed economicamente più sviluppate, in modo da
     frenare l’immigrazione e le attività illegali;
3. ampliare la sfera di influenza commerciale e politica dell’UE;
4. favorire l’adozione di meccanismi di governance pubblica improntati a quelli adottati dalla
     Comunità (institutional building);
5. sostenere i processi di internazionalizzazione attiva nei Paesi “vicini” delle imprese europee,
     in condizioni di sufficiente sicurezza per gli investimenti e per i lavoratori.

23. La “politica di vicinato” e la strategia di allargamento degli anni Novanta a confronto

La nuova “politica di vicinato” si fonda su meccanismi procedurali assimilabili a quelli che hanno
condotto all’ingresso recente di 12 nuovi SM. Tuttavia cambia l’obiettivo ultimo, che non sarà
l’ingresso dei Paesi beneficiari nell’UE.

L’obiettivo strategico di lungo periodo è solo quello di creare un’area di libero scambio fra questi
Paesi e l’UE. A tale riguardo, va ricordato che questo era parimenti l’obiettivo strategico del
Partneriato Euromediterraneo lanciato dalla Conferenza di Barcellona del 1995 per tutti i Paesi
che si affacciano nel Mediterraneo da raggiungere nel 2010, ma questo obiettivo è stato
palesemente fallito.


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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


Come accennato, è difficilmente pensabile che si possa registrare l’ingresso nell’UE dei Paesi
“vicini” che rientrano nella PEV (l’ipotesi appare remota anche per la stessa Ucraina che continua
a insistere sulla prospettiva di adesione, sebbene essa confini con Polonia, Slovacchia, Ungheria e
Romania e costituisca il Paese di transito di oleodotti e gasdotti strategici per
l’approvvigionamento energetico dell’UE).
Ai nuovi “vicini” viene solo offerta una progressiva integrazione nel mercato interno dell’UE,
ossia: (i) una sorta di canale preferenziale rispetto ad altri PT di partecipazione ai Programmi di
spesa dell’UE; (ii) l’accesso ai finanziamenti per la realizzazione di grandi infrastrutture
energetiche e trasportistiche che rafforzino l’asse Est-Ovest dell’UE.

Rispetto alla politica di allargamento, nella fase attuale, le considerazioni geo-politiche (sicurezza e
diversificazione delle forniture energetiche, stabilizzazione politica dei Paesi “vicini” e controllo
dei flussi migratori) risultano ancora più rilevanti che non negli anni Novanta, in cui la priorità
politica era in primo luogo la stabilizzazione di Paesi che uscivano da regimi non democratici e la
creazione di una economia di mercato, dopo la lunghissima esperienza della pianificazione
centralizzata dei PECO.

Il consolidamento della “politica di vicinato” si sovrappone alla proposta francese del 2007 di una
Unione del Mediterraneo, che si sarebbe dovuta configurare come una forma di aggregazione
politica e di interessi commerciali nell’area sovrapposta all’UE.
In seguito la proposta è stata riportata maggiormente a una dimensione europea ed è stata
trasformata nella proposta di una Unione per il Mediterraneo (si veda Cugusi, 2009) Ad oggi i
termini della proposta sembrano velleitari e poco praticabili, ma certamente questa proposta va
tenuta in considerazione quando si fanno delle riflessioni sulla “politica di vicinato”.

La “politica di vicinato” è stata istituzionalizzata dal Trattato di Lisbona, il quale dispone che
“l’Unione sviluppa con i Paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di
prosperità e di buon vicinato fondato sui valori dell’Unione e caratterizzato da relazioni strette e
pacifiche basate sulla cooperazione” (art. 8 TUE).




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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


V. LA RIFORMA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI CHE SOSTENGONO LE RELAZIONI ESTERNE
DELL’UE NEL PERIODO DI PROGRAMMAZIONE 2007-2013

24. La strategia di allargamento e il confronto sulle prospettive finanziarie 2007-2013: i
principali problemi

P1. I nuovi SM (e gli altri Paesi candidati) hanno un settore agricolo molto esteso: questo ha
imposto già nel 2002 una forte revisione del primo pilastro della PAC (sostegno diretto ai
produttori) per contenere le spese agricole (sia in assoluto, sia in relazione al già elevato impegno
finanziario di sostegno ai nuovi SM).

P2. Rischio di penalizzazione del sistema produttivo dell’UE15 a seguito di un forte incremento
delle delocalizzazioni produttive nei Paesi orientali (nuovi SM e Paesi candidati).

P3. Frammentazione eccessiva degli strumenti di pre-adesione, di prossimità e di cooperazione
economica.

25. La strategia di allargamento e il confronto sulle prospettive finanziarie 2007-2013: le
soluzioni proposte per i principali nodi critici

S1. Il Consiglio Europeo di Bruxelles (ottobre 2002) ha imposto un massimale per gli aiuti diretti
agli agricoltori (accordo ratificato da tutti i membri dell’allora UE15 e valido fino al 2013).

S2. Il regolamento generale sui Fondi Strutturali prevede che i finanziamenti agevolati alle
imprese vengano revocati se le imprese beneficiarie attivano processi di delocalizzazione nei
nuovi SM (rettifiche finanziarie a fronte di delocalizzazioni).

S3. L’UE ha razionalizzato tutti gli strumenti finanziari che sostengono le relazioni esterne e ha
perseguito un maggiore coordinamento di Fondi Strutturali e degli strumenti di finanziamento
per la politica di pre-adesione e per la politica di vicinato.

26. Le prospettive finanziarie 2007-2013 e la riforma degli strumenti che finanziano le
relazioni esterne della UE

Nell’ambito della rubrica 4 delle prospettive finanziarie 2007-2013 (European Union as a global
player) la riorganizzazione del finanziamento delle relazioni esterne è fondata sulla ripartizione fra:
(a) quattro strumenti geografici (v. paragrafo 27-29):
(b) cinque strumenti tematici, ossia:
     Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;
     Strumento per gli aiuti umanitari (in Paesi Terzi vittime di catastrofi naturali o conflitti e
     conseguenti crisi umanitarie);
     Strumento di stabilità, che è concepito come uno strumento di risposta immediata a situazioni di
     instabilità politica (rapid reaction mechanism) e di conflict management;
     Strumento per l'assistenza macro-finanziaria, che in pratica si attua tramite dei prestiti a PT che
     registrano persistenti disavanzi della Bilancia dei Pagamenti;
     Strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare.
Nel ciclo finanziario in corso continua ad operare “fuori bilancio” il Fondo Europeo di Sviluppo
(FES) che finanzia la cooperazione economica con 77 dei 79 Paesi ACP (il Sud Africa beneficia
dei finanziamenti del DCI, mentre Cuba dal 2003 rifiuta gli aiuti per motivi politici) e con i Paesi
e Territori d’Oltre Mare (PTOM).

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Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


27. Il fondamento politico della razionalizzazione dell’azione esterna dell’UE

La razionalizzazione degli strumenti finanziari dell’azione esterna dell’UE si basa sul modello
britannico dei “cerchi concentrici” tracciato da Churchill al termine della II Guerra Mondiale per
la politica estera del Regno Unito (Vencato 2006).
Il vecchio modello dei “cerchi concentrici” adattato al contesto internazionale corrente implica
per l’UE una sorta di gerarchizzazione di “cerchi” (“cluster”) di PT sulla base della loro distanza
geografica e politica dall’UE. In sostanza ‹‹gli strumenti geografici …. tracciano una nuova
politica di assistenza e cooperazione con i Paesi Terzi secondo ben definite priorità geopolitiche››
(Vencato 2006, p. 260).

A ciascun cluster di Paesi Terzi corrisponde uno strumento “geografico” specifico:
1. i Paesi più vicini sono i Paesi in pre-adesione (inizialmente i Paesi dei Balcani occidentali e la
Turchia a cui, nel corso del 2009, si è aggiunta l’Islanda), che vengono finanziati da IPA –
Instrument for Pre-accession Assistance;
2. altri Paesi sui quali è fortemente focalizzata l’azione esterna dell’UE sono gli altri Paesi “vicini”,
ossia Paesi che confinano – anche laddove il confine fisico sia costituito da bracci di mare – con
l’UE (v. par. 32). La politica di vicinato viene individuata nel biennio 2003-2004 come “chiave di
stabilità per un’Europa più grande” ed è finanziata da ENPI - European Neighbourhood and
Partnership Instrument;
3. i Paesi Terzi in ritardo di sviluppo che sono finanziati con lo strumento di cooperazione allo
sviluppo (più noto con l’acronimo DCI da Development Cooperation Instrumernt). Per i Paesi ACP
viene utilizzato il Fondo Europeo di Sviluppo (FES) che, come già rimarcato, è assolutamente
separato dalle prospettive finanziarie e dal bilancio annuale;
4. i Paesi industrializzati ad alto reddito. Le relazioni commerciali e politiche con questi paesi
sono coperte finanziariamente con lo strumento ICI (Industrialised Countries Instrument).




                                                                                                        20
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


28. Strumenti finanziari geografici dell’azione esterna nel periodo 2007-2013, copertura
geografica, DG della Commissione responsabili e base giuridica5
Strumenti             Copertura geografica                        DG incaricata del                Base giuridica
                                                                   coordinamento
IPA                   Candidate Countries                         DG Allargamento            Reg. (CE) 1085/2006 del
                      Potential Candidate Countries                                                17 luglio 2006
                      Sud Mediterraneo e Medio                        DG Relazioni
ENPI*                 Oriente                                           esterne              Reg. (CE) 1638/2006 del
                      Europa dell’Est e Sud Caucaso                                              24 ottobre 2006
                      Federazione russa
DCI                   PVS – Sud Africa                                DG Sviluppo            Reg. (CE) 1905/2006 del
                                                                                                18 dicembre 2006
ICI                   Paesi industrializzati                          DG Relazioni            Reg. (CE) 1934/2001
                                                                        esterne
EDF                   Paesi ACP                                       DG Sviluppo             Reg. (CE) 617/2007 del
                                                                                                 14 maggio 2007
* Lo strumento ENPI sostituisce gli strumenti MEDA e TACIS. Alcuni Paesi dell’Asia centrale, coperti da TACIS nel ciclo 2000-
2006, tuttavia, non sono più coperti da ENPI, ma dal DCI

29. Gli strumenti geografici per la cooperazione con i PT nel ciclo 2007-2013
                       Instrument for Pre Accession Assistance (IPA)
IPA è lo strumento cardine della politica di pre-adesione nel ciclo in corso. Esso interessa i Paesi
formalmente candidati all'adesione (Turchia, Macedonia e Croazia) e altri Paesi potenziali candidati dei
Balcani occidentali. Nel corso del 2009 ha presentato formale richiesta di adesione all’UE anche l’Islanda,
ma per ora non beneficia di contributi IPA.

                    European Neighbourhood and Partnership Instrument (ENPI)
ENPI è lo strumento cardine della politica di vicinato che interessa tutti quei Paesi "vicini", direttamente o
meno confinanti con l'UE, non coperti da IPA.
In sostanza i Paesi interessati sono i Paesi dell'Est e del Caucaso meridionale, quelli del bacino del
Mediterraneo e quelli del Medio Oriente. Anche le relazioni con la Russia sono finanziate da ENPI,
sebbene con la Russia l'UE abbia avviato un "partenariato strategico" autonomo rispetto alla politica di
vicinato.
                              Development Cooperation Instrument (DCI)
Lo Strumento per la Cooperazione allo sviluppo - da non confondere con il Fondo Europeo di Sviluppo -
è finalizzato alla riduzione della povertà nei PVS dell'America Latina, dell'Asia centrale ed orientale e
dell'Africa.
Tale strumento si articola in tre Sezioni:
- Programmi geografici, che hanno come target i PVS (o macro-aree che raggruppano più PVS) con
l’obiettivo di sostenerne lo sviluppo e sradicare la povertà;
- Programmi tematici (sono cinque, fra cui spiccano “ambiente e gestione sostenibile delle risorse” e
“sicurezza alimentare”), che interessano Paesi beneficiari del DCI, ma anche Paesi beneficiari di ENPI e
Paesi beneficiari del FES;
- misure di assistenza per i Paesi ACP firmatari del Protocollo sullo zucchero (i c.d. “Sugar Protocol countries”
che sono, per l’appunto, 18 paesi ACP esportatori di zucchero).

                                     Industrialised Cooperation Instrument
Tale strumento finanzia le relazioni di cooperazione con i Paesi ad alto reddito.


5
 La presente tavola sinottica per ora non tiene conto della riorganizzazione delle DG della Commissione, tuttora in
corso di perfezionamento, a seguito dell’entrata in vigore della Decisione 2010/427/UE del Consiglio inerente il
Servizio Europeo per l’Azione Esterna (si veda il Box 3 più avanti).
                                                                                                                21
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


VI. LA POLITICA DI PRE-ADESIONE, LA POLITICA DI VICINATO E I NUOVI STRUMENTI
FINANZIARI IPA ED ENPI

30. I motivi specifici della revisione degli strumenti e delle logiche di intervento nei
confronti dei Paesi “vicini”

1. Eccessivo numero di strumenti finanziari ed esaurimento politico di alcuni strumenti specifici
(v. par. 31 e Allegati I e II sugli strumenti di pre-adesione nel ciclo 2000-2006 e sugli altri
strumenti di cui hanno fruito i Balcani, la Russia e i PECO).

2. Mancanza di coordinamento fra gli strumenti per la coesione e la cooperazione transfrontaliera
ex INTERREG IIIA cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e gli
strumenti utilizzati nei PT a titolo di aiuto allo sviluppo (questo anche nell’ambito dei Programma
INTERREG III). I motivi principali sono:
    il FESR fino al 31.12.2006 poteva finanziare solo progetti all’interno della UE, con specifiche
    disposizioni attuative (questa limitazione è stata rimossa dal nuovo regolamento sul FESR);
    gli altri strumenti finanziari potevano fornire assistenza solo all’esterno dell’UE, sulla base di
    disposizioni attuative differenti da quelle dei Fondi Strutturali;
    questo ha comportato che, all’interno del territorio dell’UE, anche nell’ambito di Programmi
    congiunti afferenti alle Sezioni transfrontaliera e transnazionale di INTERREG III, sono
    state seguite certe modalità attuative e certi meccanismi di selezione dei progetti, mentre
    all’esterno sono stati seguiti altri criteri di selezione dei progetti.

3. Difficoltà nel coordinamento amministrativo delle attività, a cui si è cercato di fare fronte con
l’introduzione opzionale del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT), quale
struttura di gestione “unica” e “congiunta” dei programmi attivati nell’ambito del nuovo Ob.
orizzontale Cooperazione territoriale europea della “politica di coesione” (v. Allegato III).

31. Gli strumenti finanziari destinati a sostenere la cooperazione transfrontaliera e le
riforme nei Paesi candidati all’adesione e nei Paesi “vicini” nel ciclo 2000-2006
       Strumenti e Programmi di pre-adesione (*)                    Strumenti per le relazioni esterne con
                                                                               i Paesi “vicini”
                    Programma di pre-adesione avviato              TACIS (Russia e NSI)
                    nel 2002 per la Turchia
Strumenti “esterni” Programma di pre-adesione 2000-                MEDA (Paesi non-UE del “partenariato
                    2004 per Cipro e Malta                         euro-mediterraneo”)
                    PHARE                                          CARDS (Balcani)
                    ISPA
                    SAPARD
* Per certi versi, nel ciclo 2000-2006 gli stessi Programmi INTERREG III che hanno interessato le frontiere esterne
si possono considerare degli strumenti di pre-adesione




                                                                                                                22
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


32. La strategia dell’UE verso i nuovi Paesi “vicini” dopo il 2006

Le relazioni esterne della UE con i Paesi “vicini” (disposti lungo i confini esterni dell’UE27),
come già accennato, sono imperniate su: (i) la politica di pre-adesione finanziata da IPA (sotto il
profilo politico, dal 2009 interessa anche l’Islanda); (ii) la politica di vicinato e il partenariato
strategico con la Federazione Russa, che sono finanziate da ENPI.

                                                    Islanda (2009)



                                                         Paesi
                                                       candidati
         Strategia di pre-adesione
                  (2006)

                                                   Paesi potenziali
                                                  candidati (Balcani)




                                                                                                      ENPI
                                                     Paesi ex TACIS

         Strategia di vicinato

                                            Paesi del Mediterraneo ex MEDA



      Partenariato strategico                        Federazione Russa




33. Elenco dei Paesi beneficiari di IPA ed ENPI

                    Paesi beneficiari di ENPI                           Paesi beneficiari di IPA
           Algeria                          Libia                               Turchia
          Armenia                         Moldova                               Croazia
         Azerbaigian                      Marocco                              FYROM
         Bielorussia              Autorità Palestinese della                    Islanda
           Egitto                  Cisgiordania e di Gaza                         ****
          Giorgia                     Federazione Russa                         Albania
           Israele                          Siria                          Bosnia Erzegovina
         Giordania                         Tunisia                              Kosovo
           Libano                          Ucraina                            Montenegro
                                                                                 Serbia




                                                                                                      23
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


34. Il riordino degli strumenti finanziari destinati a sostenere i processi di cooperazione
transfrontaliera e le nuove relazioni esterne con i Paesi “vicini”

                  Politica di pre-adesione            Relazioni esterne con i “vicini” dell’Europa
                                                         Centro-Orientale e del Mediterraneo
    Ciclo 2000-2006               Ciclo 2007-2013      Ciclo 2000-2006           Ciclo 2007-2013

   Strumenti di pre-                                        TACIS
       adesione*                 Strumento di Pre-                                      ENPI
    CARDS (Balcani)               Adesione (IPA)
   Programma di pre-                                        MEDA
  adesione avviato nel
  2002 per la Turchia
* PHARE, ISPA, SAPARD e Programma di pre-adesione per Cipro e Malta



35. I motivi della crescente rilevanza della integrazione sinergica tra “politica di
coesione” (Ob. Cooperazione Territoriale) e strumenti della “politica di pre-adesione” e
della “politica di vicinato”

1. Una delle componenti dello Strumento di Pre-Adesione (più noto come IPA che sta per
Instrument for Pre-accession Assistance) e dello Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (più
noto come ENPI che sta per European Neighbourhood and Partnership Instrument) è “cooperazione
transfrontaliera e regionale”.

2. Le componenti “cooperazione transfrontaliera e regionale” dell’Ob. Cooperazione Territoriale
Europea dei Fondi Strutturali e di IPA e di ENPI hanno le stesse finalità di fondo:
   facilitare il dialogo interculturale fra popolazioni di diversi SM e/o di SM e Paesi Terzi, ma
anche il confronto fra diverse Pubbliche Amministrazioni, in modo da rendere più celere il
processo di adozione dell’acquis communautaire da parte dei Paesi “vicini” (siano essi candidati o
meno all’adesione);
    facilitare l’abbattimento delle barriere fisiche fra regioni di diversi Paesi, sostenendo il
rafforzamento su scala transfrontaliera e/o transnazionale delle reti infrastrutturali e immateriali;
    combinare interventi di solidarietà “interna” (“politica di coesione”) ed “esterna” per favorire
lo sviluppo delle aree di confine (in genere economicamente più deboli);
     individuare soluzioni congiunte a problemi comuni che travalicano i confini amministrativi
(siano essi regionali o nazionali), quali in particolare: i problemi ambientali, quelli che concernono
la salute pubblica e quelli che riguardano il contrasto del crimine organizzato e dei traffici illegali
lungo le frontiere esterne dell’UE;
    promuovere azioni di cooperazione della “società civile” di SM e di PT in modo da favorire
l’abbattimento degli steccati culturali e il dialogo interculturale.

3. IPA ed ENPI presentano interessanti prospettive di sovrapposizione e integrazione con
l’Obiettivo Cooperazione Territoriale della “politica di coesione” anche sul versante attuativo, in
quanto essi (specialmente IPA) funzioneranno secondo principi logici e amministrativi propri dei
Fondi Strutturali (v. par. 38). Lo stesso sistema di gestione di questi Programmi, soprattutto nel
caso dello strumento IPA, ricalca quello dei Programmi di cooperazione territoriale cofinanziati
lungo i confini “interni” dal FESR.
                                                                                                       24
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


4. Le proposte informali di revisione post-2013 dei Fondi Strutturali che iniziano a circolare
indicano i Programmi di cooperazione transfrontaliera e transnazionale quali esperienze da
replicare, anche a fronte di un ridimensionamento finanziario della politica di coesione.

5. Tutti i programmi di cooperazione transfrontaliera e transnazionale consentono di rafforzare le
iniziative di cooperazione allo sviluppo “decentrate”, ossia quelle iniziative per lo sviluppo in PT
arretrati non gestite dai Governi centrali, ma dalle Autonomie locali.


36. Fattori determinanti della rilevanza dell’Ob. Cooperazione territoriale della politica di
coesione nel ciclo 2007-2013 e della “politica di vicinato”


        Allargamento
                                           Strategia di pre-adesione (IPA)

                                                                                       Relazioni
                                                                                        esterne

      + frontiere esterne

                                           Strategia di prossimità (ENPI)


                                              Ob. Coop. Terr. – Sez.
                                             Transfrontaliera (FESR)
      + frontiere interne                                                                Pol. di
                                                                                        Coesione
                                             Ob. Coop. Terr. – Sez.
                                             Transnazionale (FESR)




                                                                                                     25
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


37. Il quadro dei Paesi beneficiari di IPA

Lo Strumento di Pre-Adesione (IPA) sarà applicabile:
1. ai Paesi Terzi ai quali è stato riconosciuto lo status formale di “candidati” (Candidate Countries).
Questi Paesi sono: la Turchia e la Croazia con le quali nell’ottobre 2005 è stato avviato il
negoziato di adesione, la Repubblica di Macedonia (sovente richiamata nei documenti ufficiali
con l’acronimo FYROM che sta per First Yugoslav Republic of Macedonia) e l’Islanda;
2. ai Paesi “potenzialmente candidati” (Potential Candidate Countries), tutti situati nell’area dei
Balcani Occidentali6. Essi sono:
    la Serbia (ha avanzato ufficiale richiesta di adesione il 22 dicembre 2009);
    il Montenegro (pienamente indipendente dal 2006);
    il Kosovo (ha autoproclamato l’indipendenza il 17 febbraio 2008, ma ancora oggi quella
    dichiarazione di indipendenza non è riconosciuta da tutti i Paesi delle Nazioni Uniti);
    la Bosnia-Erzegovina (la cui stabilità è ancora minata da preoccupanti tensioni etniche e da
    frizioni istituzionali che ne condizionano lo sviluppo economico);
    l’Albania.

La Turchia è un Paese molto vasto con un’ampia popolazione.
Gli altri Paesi, invece, si caratterizzano per le limitate dimensioni territoriali e demografiche. Solo
la Serbia ha una popolazione significativa con quasi 7,4 milioni di abitanti (dati Eurostat
aggiornati al 2007). In tutti questi Paesi dei Balcani, inoltre, la densità demografica è modesta (in
Montenegro è di soli 45,1 ab./Km2), a fronte di una media UE di 114,8 ab./Km2. Costituisce una
rilevante eccezione il Kosovo che registra una densità demografica di 192,9 ab./Km2.
Fra i Paesi potenziali candidati si può ormai annoverare anche l’Islanda. L’Islanda, che fa già parte
dell’area di Schengen, aveva presentato formale richiesta di adesione all’UE nel Luglio 2009 ed ha
ricevuto lo status di Candidate Country.

38. Le caratteristiche principali di IPA

Lo Strumento di Pre-Adesione (il cui coordinamento generale è di competenza della DG
Allargamento della Commissione), in sostanza, ha una natura ibrida:
    da una parte vengono previste alcune disposizioni che, generalmente, caratterizzano gli
interventi di cooperazione allo sviluppo (external aid) dell’UE. Non a caso l’art. 13 del Reg. (CE)
1085/2006 dispone che la Commissione può ricevere e gestire anche i fondi di altri donatori
internazionali e l’art. 14 preveda l’istituzione di un Comitato IPA (i Programmi di aiuto esterno,
in genere, vengono approvati secondo la procedura della “comitologia”7);
    dall’altra parte, la sua attuazione si fonda ampiamente sui principi generali dei Fondi
Strutturali.

La programmazione è incentrata su cinque “componenti” (v. par. 39) ed è sostenuta annualmente
dalla Commissione sulla base di: (i) partenariati di adesione; (ii) partenariati di associazione; (iii)
pacchetto annuale sull’allargamento.
Per il periodo 2007-2013 sono stati stanziati per IPA 11,565 miliardi di Euro.
I destinatari degli interventi potranno essere persone fisiche, persone giuridiche (incluse le
Delegazioni della Commissione nei PT) e organizzazioni internazionali.



6 Con questi Paesi dei Balcani è in atto a partire dal Vertice UE-Balcani del giugno 2003 – tenutosi a Salonicco – una
specifica strategia di “avvicinamento” e di prossimità definita “strategia di stabilizzazione e associazione”.
7 L’approvazione e la gestione dei Programmi di aiuto esterno sono delegati a dei Comitati di Gestione, che sono

composti da rappresentanti degli SM e sono presieduti dalla Commissione.
                                                                                                                    26
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


39. Paesi beneficiari di IPA e relative componenti

     Componenti (Sezioni)                     Approccio e strumenti di finanziamento                        Paesi beneficiari
I. Sostegno alla transizione e           Sostegno ampio (sul modello di PHARE*), con
allo sviluppo istituzionale              focus specifico sulla riforma del Settore Pubblico.               Tutti
II. Cooperazione regionale e             Vengono valorizzati gli approcci del FESR e dei
transfrontaliera                         Programmi dell'Ob. Cooperazione territoriale
                                         europea della Politica di Coesione.
III. Sviluppo regionale                  Approccio del FESR e del Fondo di Coesione                        Solo Paesi
IV. Sviluppo delle risorse               Approccio del FSE                                                 “formalmente
umane                                                                                                      candidati”
V. Sviluppo rurale                       Approccio seguito per i nuovi Programmi di
                                         Sviluppo Rurale 2007-2013 cofinanziati dal Fondo
                                         Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
* PHARE, istituito già nel 1989, è stato il principale strumento finanziario volto a favorire il processo di riforme negli ex Paesi
socialisti dell'Europa dell'Est.

40. Il quadro strategico dell’assistenza ai Paesi “candidati” e “potenziali candidati”
all’adesione

I Paesi formalmente candidati beneficiano dell’assistenza di tutte le 5 Sezioni, mentre gli altri
possono accedere solo ai fondi delle prime due 2 Sezioni (v. par. 39), in quanto per i primi è
particolarmente stringente la necessità di una rapida assimilazione dell’acquis communautaire e del
know-how legislativo e amministrativo necessario per una efficiente gestione dei Fondi Strutturali e
di quelli per lo sviluppo rurale.

Gli indirizzi e le azioni dei Programmi di assistenza sono definiti in base a
1. gli strumenti legali: (i) partenariati di adesione per i Paesi formalmente candidati; (ii) partenariati
europei peri i Paesi “potenziali candidati”;
2. il pacchetto annuale sull’allargamento (enlargement package che ogni anno viene rilasciato dalla
Commissione) che consta di:
- relazione annuale sulla capacità di ogni Paese di ottemperare ai criteri di Copenaghen;
- Quadro Finanziario Indicativo Pluriennale (Multi-annual Indicative Financial Framework) per il
triennio successivo;
- Documento indicativo pluriennale (Multi-annual Indicative Planning Document), che è alla base della
programmazione operativa e che deve essere elaborato in stretta concertazione con le Autorità
dei Paesi beneficiari8. Esso deve riportare delle indicazioni in ordine alla dotazione finanziaria
delle principali priorità operative di ciascuna Componente, sulla base del Multi-annual Indicative
Financial Framework (MIFF).

Il Quadro Finanziario Indicativo Pluriennale prevede una ripartizione di massima dei fondi per:
(i) Componenti (Sezioni) dello Strumento di pre-adesione; (ii) Paese beneficiario; (iii) azioni
tematiche riguardanti più Paesi (questo soprattutto in relazione alle prime due Sezioni di IPA).




8
  In sostanza, la programmazione degli interventi è sostenuta annualmente dalla Commissione con la presentazione
di piani finanziari per il triennio successivo e di documenti di strategia anch’essi triennali. Ambedue i documenti
nevralgici della programmazione pluriennale vengono rivisti annualmente.
                                                                                                                27
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


41. La programmazione strategica ed operativa

L’assistenza operativa di IPA, come già detto, è imperniata su Programmi pluriennali (o anche
annuali) che vengono definiti per: (i) singole Componenti; (ii) singoli Paesi, (iii) azioni tematiche
che concernono più Paesi (regional and horizontal Programmes).
Tali Programmi, ovviamente, riflettono le priorità definite per ciascuna Componente dal
Documento Indicativo Pluriennale approvato nell’ambito del c.d. “enlargement package”.

Attraverso IPA vengono anche reiterate attività di gemellaggio fra le Pubbliche Amministrazioni
di SM dell’UE27 e di Paesi beneficiari (progetti TWINNING), richiamate in breve nell’Allegato IV.

Come anticipato, con i fondi IPA vengono anche sostenute le Delegazioni della Commissione nei
PT che, de facto, sono le autentiche “contracting authority” dei Programmi.

La Commissione annualmente deve presentare al Comitato IPA, al Parlamento e al Consiglio,
delle relazioni sull’attuazione dei Programmi e, “periodicamente”, delle valutazioni.

42. La Sezione Cross Border dello Strumento di pre-adesione

IPA, ovviamente, riserva estrema rilevanza alle attività di cooperazione transfrontaliera e inter-
regionale, attuate attraverso i Programmi cross border.

Una tra le principali novità del ciclo di programmazione 2007-2013 è che il FESR può finanziare
anche progetti ubicati esternamente ai confini dell’UE. Questo aspetto innovativo è rimarcato nel
regolamento generale sui Fondi Strutturali, nel Reg. (CE) 1080/2003 sul FESR (si veda l’art. 21) e
nel Reg. (CE) 1085/2006 su IPA.

Nell’ambito della Sezione Cross Border di IPA, infatti, viene prevista una consistente
compartecipazione finanziaria del FESR per quei Programmi che interessano Regioni e Province
di SM e di Paesi beneficiari (quali il Programma di Cooperazione Transfrontaliero IPA Adriatico
che interessa gli SM Italia, Slovenia e Grecia e i Paesi beneficiari Croazia, Bosnia-Erzegovina,
Serbia, Montenegro e Albania).

43. La convergenza fra la filosofia dei Fondi Strutturali e quella degli strumenti finanziari
per le relazioni esterne

1. Per quel che concerne IPA è abbastanza evidente l’applicazione di principi e logiche di
attuazione dei Fondi Strutturali, in primo luogo per il fatto che esso, in sostanza, sostituisce
strumenti che già seguivano l’approccio dei Fondi Strutturali e del Fondo di Coesione (CARDS,
ISPA, SAPARD, sezione Cross Border di PHARE).

2. Per 4 delle 5 Sezioni di IPA che interessano i Paesi candidati, inoltre, si applicano principi,
procedure di implementazione e meccanismi di selezione dei progetti mutuate dai Fondi
Strutturali.

3. La logica di intervento dei Fondi Strutturali, tuttavia, viene in parte estesa anche ad ENPI, in
particolare alla sua componente transfrontaliera, per la quale è previsto espressamente
l’intervento finanziario anche del FESR. Nel ciclo in corso, infatti, il FESR può finanziare, come
predetto, anche progetti localizzati esternamente ai confini dell’UE.



                                                                                                      28
Antonio Bonetti
UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria


44. Le caratteristiche specifiche di ENPI

1. Lo Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (più noto con l’acronimo ENPI) è
finalizzato a creare una zona limitrofa alla Comunità e ai Paesi formalmente e potenzialmente
candidati politicamente più stabile ed economicamente meno arretrata (l’art. 1 del regolamento
1638/2006 indica che l’obiettivo è “la creazione di una zona di prosperità e di buon vicinato fra
l’UE e i Paesi partner”). Gli obiettivi socio-economici e strategici, quindi, continuano ad essere
quelli precipui della strategia di allargamento. Ciò che cambia è che l’obiettivo finale non è più
l’ingresso dei Paesi beneficiari nell’UE.
Tale strumento è coordinato dalla DG Relazioni esterne (DG Relex9) che, de facto, è stata
riassorbita nel nuovo Servizio della Commissione denominato European External Action Service che
supporta l’azione politica dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di
sicurezza (v. Box 3).

2. ENPI è lo strumento di finanziamento cardine della “politica di vicinato”, che interessa:
      sponda Sud del Mediterraneo e Medio Oriente (Paesi già beneficiari di MEDA);
      Europa dell’Est e Sud Caucaso (Paesi già beneficiari di TACIS).
Può beneficiare di finanziamenti ENPI, tuttavia, anche la Russia.

3. La “politica di vicinato” (European Neighbourhood Policy) ed ENPI seguono un approccio alla
programmazione degli interventi del tutto assimilabile a quello degli altri strumenti geografici
della UE (v. par. 45). Essi, tuttavia, si fondano su un processo di politico e di programmazione
incentrato sulla ratifica del c.d. “ENP Action Plan”, che fornisce su un piano bilaterale gli indirizzi
a breve e medio termini (3-5 anni) degli interventi di assistenza della Comunità (v. par. 46).

                        Box 3 – L’Alto rappresentante per la PESC dell’Unione e
                            il nuovo Servizio Europeo per l’Azione Esterna

Fra le principali innovazioni del Trattato di Lisbona si può certamente annoverare la rimarchevole
razionalizzazione dell’azione esterna dell’UE e delle relative funzioni di rappresentanza.
Nel titolo V del TUE vengono disciplinati:
- la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC);
- la Politica di Sicurezza e Difesa Comune PSDC);
- la politica di vicinato.
Nella parte quinta del TFUE vengono disciplinate:
- la politica commerciale (art. 207);
- la politica di cooperazione allo sviluppo (art. 209);
- la cooperazione economica finanziaria e tecnica con i PT (artt. 212 – 213);
- l’aiuto umanitario (art. 214);
- le relazioni dell’UE con le Organizzazioni internazionali (art. 220).

L’aspetto più rilevante da considerare, tuttavia, è l’istituzione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli
affari esteri e la politica di sicurezza, a cui viene affidata realmente la funzione di dare “una voce sola”
all’UE sullo scacchiere politico internazionale. Formalmente, l’Alto Rappresentante assume anche la vice-
presidenza della Commissione Europea e dirige il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri. Sul piano
sostanziale egli dirige la PESC e la politica di sicurezza dell’Unione, riunendo le funzioni che venivano

9
   Stante la responsabilità politica delle Direzioni Generali di coordinamento, in sede di esecuzione dei Programmi
dell’azione esterna dell’UE hanno una funzione operativa cruciale:
- l’Ufficio di Cooperazione della Commissione denominato AIDCO (EuropeAid Cooperation Office), che opera
sotto il controllo della DG Relex (le cui funzioni sono state trasferite al Servizio Europeo per l’Azione Esterna) e
della DG Sviluppo della Commissione;
- le Delegazioni della Commissione nei Paesi Terzi.

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Master Unimol Eu External Aid Dec2010

  • 1. MASTER IN PROGRAMMAZIONE COMUNITARIA Anno Accademico 2010-2011 IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA COME PROCESSO APERTO: LE PROSPETTIVE DI ULTERIORE ALLARGAMENTO DELL’UE DOPO IL TRATTATO DI LISBONA Dispense a cura di Antonio Bonetti Campobasso, Dicembre 2010
  • 2. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria Il processo di integrazione europea come processo aperto: le prospettive di ulteriore allargamento dell’UE dopo il Trattato di Lisbona ‹‹World peace cannot be safeguarded without the making of creative efforts proportionate to the dangers which threaten it. The contribution which an organized and living Europe can bring to civilization is indispensable to the maintenance of peaceful relations ›› Robert SHUMAN Declaration of 9 May 1950 Sommario I Ratio e obiettivi della Nota didattica p. 3 II Competenze e politiche dell’UE dopo il Trattato di Lisbona p. 6 III Il processo di integrazione europea e gli allargamenti p. 8 IV Il grande allargamento del 2004 e i nuovi Paesi vicini p. 15 V La riforma degli strumenti finanziari che sostengono le relazioni esterne p. 19 dell’UE nel periodo di programmazione 2007-2013 VI La politica di pre-adesione, la politica di vicinato e i nuovi strumenti finanziari p. 22 IPA ed ENPI Riferimenti bibliografici p. 33 Sitografia p. 35 Allegati p. 36 ANTONIO BONETTI si occupa da oltre dieci anni come free-lance di finanziamenti dell’UE, di sviluppo locale e di analisi e valutazione delle politiche pubbliche. Mailto: a.bonetti@ymail.com 2 Antonio Bonetti
  • 3. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria I. RATIO E OBIETTIVI DELLA NOTA DIDATTICA 1. Introduzione Il 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il nuovo Trattato sull’Unione Europea, ratificato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Per effetto delle rilevanti innovazioni del Trattato di Lisbona il processo di integrazione europea, avviato nella sua forma più compiuta con la ratifica dei Trattati di Roma sulla Comunità Economica Europea (CEE) e sull’EURATOM (1957), entra definitivamente in una dimensione realmente politica. Tale processo (inizialmente incardinato soprattutto sulla dimensione commerciale), nonostante si siano registrati diversi periodi di stallo, inter alia ha comportato: 1. un forte incremento delle dimensioni territoriali e commerciali del "mercato unico" (o "mercato interno"), soprattutto per effetto dei due allargamenti più recenti del 2004 e del 2007 che hanno portato a 27 il numero degli Stati Membri (SM); 2. l’ampliamento del novero delle politiche comunitarie, soprattutto in forza delle disposizioni dell’Atto Unico Europeo (AUE), approvato nel corso del 1986 ed entrato in vigore l’anno successivo. Questi fattori hanno condotto sia a un ampliamento della dimensione del bilancio dell'Unione Europea (UE), sia a una maggiore articolazione della struttura delle spese dell’UE. Per questo motivo il Master riserva estrema attenzione alla presentazione della struttura delle spese e degli strumenti di finanziamento dell’UE. Il Trattato di Lisbona è caratterizzato numerose innovazioni che verranno presentate nella prima fase del Master da esperti di Diritto dell’Unione Europea. Nella presente Nota verranno richiamate solo quelle funzionali a una più chiara comprensione dei temi discussi. La principale innovazione di cui tenere conto in questa sede concerne la puntuale indicazione delle competenze esclusive dell’UE e delle competenze concorrenti, ossia di quelle in cui intervengono legislativamente sia l’UE sia gli Stati Membri (SM). 2. Obiettivi e limiti della presente Nota Il principale obiettivo della presente Nota è quello di far comprendere come, fin dai Trattati di Roma del 1957 sulla Comunità Economica Europea (CEE) e sulla Comunità Europea per l’Energia Atomica (EURATOM), la dimensione interna del processo di integrazione ha avuto bisogno di un solido supporto costituito dalla politica commerciale comune (si veda il par. 7). In questa luce, la distinzione fra politiche interne ed esterne dell’UE appare più che altro una distinzione utile a fini didattici, ma relativamente poco fondata per una piena comprensione delle dinamiche di sviluppo dell’UE. Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona appare molto più opportuno assumere come bussola di orientamento la ripartizione delle competenze fra UE e SM. La sovrapposizione fra dinamiche di sviluppo del “mercato interno” e relazioni commerciali e politiche internazionali diviene ancora più evidente a seguito dei profondi sconvolgimenti delle relazioni internazionali generati dal disfacimento dei regimi dell’Unione Sovietica e dei Paesi dell’ex blocco socialista dell’Europa dell’Est, iniziati nel 1989, e dal crollo del muro di Berlino (Ottobre 1989). 3 Antonio Bonetti
  • 4. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria L’allora Comunità Economica Europea (UE a partire dal Trattato di Maastricht del 1992), fra il 1989 e la metà degli anni Novanta, avvia una profonda revisione delle relazioni esterne e getta le basi del processo di allargamento ai Paesi dell’Europa Centrale e Orientale (PECO) che, fino ad allora, rientravano nella sfera di influenza geopolitica dell’Unione Sovietica. La chiusura di questa fase si può far coincidere con le decisioni del Consiglio Europeo di Copenaghen (Giugno 1993) che fissano i c.d. “criteri di adesione (si veda oltre) e del Consiglio Europeo di Esse (Dicembre 2004) che definisce una autentica “strategia di pre-adesione”. I “criteri di adesione”, in sostanza, diventano uno strumento di soft power attraverso i quali l’UE richiede a dei Paesi Terzi (PT) di adattare le loro economie ai principi dell’economia sociale di mercato che, da sempre, animano la “costituzione economica” della Comunità Economica Europea/Unione Europea e di adattare i loro assetti istituzionali e legislativi a quelli dell’UE. In sostanza, in quella fase maturano gli eventi storici e le decisioni politiche dell’Unione Europea che condurranno poi al grande allargamento del decennio in corso (si veda oltre), con la conseguente instaurazione di una UE a 27 SM. In quella fase maturano anche i tragici eventi storici che, in parte, hanno condizionato il grande allargamento del 2004 e del 2007 e, soprattutto, costituiscono il presupposto dei possibili allargamenti dell’UE negli anni a venire. Si fa riferimento alla guerra civile in Iugoslavia, devastante sul piano umanitario e geopolitico. La guerra civile nei Balcani, che de facto si è protratta per tutti gli anni Novanta, ha condotto alla disgregazione della Iugoslavia e alla problematica definizione di un assetto geopolitico non ancora stabile, soprattutto a causa dei seguenti fattori: le tensioni latenti fra la Slovenia (ora membro dell’UE) e la Croazia (“paese formalmente candidato” all’adesione) per controversie ancora non risolte sui confini; alcuni Stati sono ancora caratterizzati da preoccupanti separazioni istituzionali ed etniche interne (Bosnia Erzegovina); l’autoproclamata indipendenza del Kosovo dalla Serbia (2008) ha causato delle recrudescenze delle posizioni nazionalistiche in Serbia e, tuttora, il Kosovo ancora non è formalmente riconosciuto dall’intera comunità internazionale. Altro obiettivo di rilievo della Nota è una più puntuale presentazione delle dinamiche di allargamento dell’UE negli ultimi due decenni e delle prospettive di ulteriore allargamento all’area dei Balcani e alla Turchia. Infine, la discussione sulle prospettive di ulteriore allargamento dell’Unione costituisce anche l’occasione per presentare i principali strumenti finanziari attraverso i quali l’UE gestisce i rapporti con i Paesi Terzi. In particolare, la parte finale della Nota si sofferma sullo strumento di finanziamento della politica di pre-adesione (IPA) e su quello che finanzia la politica di vicinato (ENPI). A tale riguardo si anticipa che, nel corso del Master, verrà fornita una più completa presentazione dei principali Programmi e strumenti di finanziamento delle politiche dell’UE. Nel corso di tale presentazione si evidenzierà come il bilancio annuale dell’UE sia parte di un più articolato sistema di finanza pubblica dell’UE. Sul versante delle spese pubbliche dell’UE, in realtà, lo strumento cardine è il Quadro Finanziario Pluriennale – più spesso indicato come “prospettive finanziarie” dell’UE – che viene presentato sinteticamente nel Box 1. A titolo di completezza si evidenzia che gli strumenti finanziari che sostengono l’azione esterna dell’UE rientrano nella Rubrica 4 delle prospettive finanziarie 2007-2013. Fa eccezione il Fondo Europeo di Sviluppo (non trattato in questa sede), che sin dai Trattati di Roma è il principale strumento destinato a finanziare la cooperazione allo sviluppo dell’UE. Per il 4 Antonio Bonetti
  • 5. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria Fondo Europeo di Sviluppo, infatti, è prevista una programmazione finanziaria autonoma, avulsa dalle prospettive finanziarie. Box 1 – Ratio e struttura delle prospettive finanziarie dell’UE Il bilancio annuale dell'UE riporta le entrate e le uscite delle Istituzioni comunitarie per l'esecuzione delle politiche dell'UE come già definite, in sostanza, dagli accordi fra SM e Istituzioni sulle risorse proprie (entrate) e sulle spese pluriennali. Affrontare il tema del finanziamento delle politiche dell'UE, pertanto, significa parlare di un articolato sistema finanziario che è costituito da: 1. le risorse proprie (entrate del bilancio) definite da una Decisione del Consiglio presa all'unanimità, previo accordo politico fra gli SM; 2. il Quadro Finanziario Pluriennale (Multi Annual Financial Framework - MAFF), introdotto per la prima volta nel 1988, che definisce per le grandi priorità politiche di intervento (rubriche) il sentiero di evoluzione delle spese pubbliche della UE (prospettive finanziarie); 3. il bilancio annuale disciplinato dal Trattato di Lisbona e da rilevanti Atti di diritto comunitario derivato, che comprende le spese sostenute dalla UE e dalla Comunità Europea dell'Energia Atomica (EURATOM). La rilevanza politica delle prospettive finanziarie è cresciuta ad ogni tornata di programmazione, per la loro capacità di rafforzare la disciplina di bilancio, dal momento che fissano dei massimali per gli stanziamenti di impegno a livello di singole rubriche e un massimale globale per gli stanziamenti di spesa (si veda Bonetti 2010). Esse prevedono cinque grandi rubriche di spesa, più la rubrica Compensazioni (relativa alla copertura di alcune spese temporanee comportate dall'accesso nel 2007 di Romania e Bulgaria): 1. Sviluppo sostenibile (Competitività e Coesione per la crescita e l’occupazione); 2. Conservazione e gestione delle risorse naturali (include la Politica Agricola Comunitaria); 3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia; 4. L’UE come partner globale; 5. Amministrazione. La Nota ha anche una portata ben delimitata. Essa è incentrata solamente sulla dimensione economica (e su alcuni aspetti della dimensione geo-politica) dei processi di integrazione europea che, come detto, negli ultimi venti anni si sovrappongono in misura più marcata che non in precedenza alle dinamiche di allargamento dell’UE. La trattazione delle dimensioni giuridiche e politico-istituzionali dell’azione esterna dell’UE esula dagli obiettivi didattici della Nota. Questo implica che la Nota non prenderà in considerazione la PESC e la Politica di Sicurezza e Difesa Comune disciplinate dal TUE, ma solo le altre politiche “esterne”. In particolare, come accennato, la parte finale si sofferma sulla politica di pre-adesione e sulla politica di vicinato. Preme evidenziare che l’attenzione riservata agli strumenti finanziari che sostengono l’azione esterna dell’UE è anche motivata dal fatto che la Direzione Generale Sviluppo della Commissione e l’agenzia europea EuropeAid (si veda oltre) sin dall’inizio degli anni Novanta hanno fornito un contributo di rilievo al perfezionamento analitico dei principali approcci metodologici e strumenti che verranno trattati nella fase specialistica del Master (Project Cycle Management, Approccio di Quadro Logico e Goal Oriented Project Planning). In seguito l’utilizzo di questi strumenti di progettazione/programmazione è diventata prassi operativa anche di altre Direzioni Generali e di altre agenzie che gestiscono i Programmi di finanziamento dell’UE. 5 Antonio Bonetti
  • 6. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria II. COMPETENZE E POLITICHE DELL’UE DOPO IL TRATTATO DI LISBONA 3. La più puntuale delimitazione delle competenze dell’UE introdotta dal Trattato di Lisbona Il Trattato di Lisbona definisce un unico sistema giurisdizionale in cui l’UE ha riassorbito la Comunità Europea. Ai sensi dell’art. 3 del Trattato, l’Unione Europea sostituisce la Comunità Europea ed è dotata di personalità giuridica unica. Il Trattato, quindi, sancisce il superamento della macchinosa dicotomia introdotta dal Trattato di Maastricht del 1992 fra la Comunità Europea – che subentrava alla CEE - e l’Unione Europea, composta da tre “pilastri” (la stessa Comunità Europea, la Politica Estera e di Sicurezza Comune e la Cooperazione nel settore “giustizia e affari interni”). Ciò nonostante, i Trattati continuano ad essere due: il Trattato sull’Unione Europea (TUE), ratificato a Maastricht il 7 Febbraio 1992; il Trattato istitutivo della Comunità Europea (Roma, 1957). Quest’ultimo viene ribattezzato Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE). Ciò che preme sottolineare è che, come è stato magistralmente evidenziato da Tosato, ‹‹al di là dei due Trattati, vi è un unico soggetto (l’Unione), con un unico diritto (quello dell’Unione) e un unico complesso istituzionale; è altresì eliminata (o quasi) la distinzione fra pilastri›› (Tosato 2008, p. 50). Per questo motivo non appare più corretto parlare di processo di integrazione “comunitaria” o di finanziamenti “comunitari”. I due Trattati (la cui articolazione in titoli è presentata nella tavola sinottica che segue) hanno lo stesso valore giuridico, ma è certamente il TUE ad avere la natura di Trattato di base. Non a caso i valori fondamentali (“il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a delle minoranze”) e gli obiettivi dell’Unione sono presentati nelle Disposizioni comuni del TUE. Trattato sull’UE Trattato sul Funzionamento dell’UE Preambolo Preambolo Titolo I – Disposizioni comuni Parte I - Principi Titolo II – Disposizioni relative ai principi Parte II – Non discriminazione e cittadinanza democratici dell’Unione Titolo III – Disposizioni relative alle Istituzioni Parte III – Politiche e azioni interne dell’Unione Titolo IV – Disposizioni sulle cooperazioni Parte IV – Associazione dei Paesi e Territori rafforzate d’Oltremare Titolo V – Disposizioni generali sull’azione esterna Parte V – Azione esterna dell’Unione dell’Unione e disposizioni specifiche sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune Titolo VI – Disposizioni finali Parte VI – Disposizioni istituzionali e di bilancio Parte VII – Disposizioni generali e finali Il TFUE ha natura applicativa di esplicitazione delle regole di funzionamento delle varie Istituzioni e di obiettivi e strumenti delle politiche interne ed esterne dell’UE. Sono gli articoli da 3 a 6 del TFUE a specificare le competenze dell’UE, che sono illustrate in modo molto più nitido che non nei precedenti Trattati. La separazione delle competenze fra UE e SM si fonda su: 6 Antonio Bonetti
  • 7. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria principio di attribuzione (l’art. 5 del TUE dispone che “l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati Membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi attribuiti”); principio di sussidiarietà: l’UE è deputata a intervenire in settori che non siano di sua competenza esclusiva se e solo se gli obiettivi non possono essere adeguatamente raggiunti in modo autonomo dagli SM; principio di proporzionalità: l’intervento dell’UE deve essere limitato e circoscritto solo a quelle azioni funzionali agli obiettivi stabiliti nei Trattati. Gli articoli suddetti individuano le competenze esclusive dell’UE, le competenze concorrenti e le azioni. Le competenze esclusive sono quelle in relazioni alle quali solo l’UE può legiferare e adottare atti vincolanti sul piano giuridico. Gli SM possono legiferare nelle materie di competenza esclusiva dell’UE solo a fronte dell’autorizzazione dell’UE o per attuare i suoi attivi vincolanti Le competenze concorrenti sono quelle in relazioni alle quali sia l’UE sia gli SM possono adottare atti giuridicamente vincolanti. Preme evidenziare che, tuttavia, che gli SM possono legiferare solo nella misura in cui l’UE non abbia già normato una certa materia. Le azioni, in sostanza, consentono all’UE di coordinare e completare l’azione legislativa ed esecutiva degli SM. Nella tavola sinottica che segue vengono elencate le materie di competenza esclusiva, quelle di competenza concorrente e le azioni. Competenza esclusiva Unione doganale Definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno Politica monetaria per gli SM la cui moneta è l’Euro Conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca Politica commerciale comune Competenza Mercato interno concorrente Politica sociale * Coesione economica, sociale e territoriale Agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare Ambiente Protezione dei consumatori Trasporti Rete trans-europee Energia Spazio di libertà, sicurezza e giustizia Problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica* Azioni Tutela e miglioramento della salute umana Industria Cultura Turismo Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport Protezione civile Cooperazione amministrativa * Per quanto riguarda gli aspetti definiti nel Trattato stesso 7 Antonio Bonetti
  • 8. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria III. IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA E GLI ALLARGAMENTI 4. Le caratteristiche salienti del processo di integrazione comunitaria Il processo di integrazione europea, fin dall'inizio (Trattati di Roma del 1957 sulla CEE e sull'EURATOM), si configura principalmente come un processo di integrazione commerciale. L'art. 2 del Trattato CEE prevede: “la CEE ha il compito di assicurare, mediante l’istituzione del MERCATO COMUNE e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati Membri uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme delle Comunità” Il MERCATO COMUNE corrisponde al terzo livello delle forme di aggregazioni commerciali individuate dalla letteratura economica (si veda il paragrafo che segue). Il Trattato CEE prevede che l’istituzione del MERCATO COMUNE si fondi su: 1. garanzia delle “quattro libertà fondamentali”: libera circolazione delle merci; libera circolazione delle persone e libertà di stabilimento; libera prestazione dei servizi; libera circolazione dei capitali; 2. principio di “non discriminazione” (il rispetto delle “quattro libertà fondamentali” si fonda sul “divieto di discriminazione sulla base della nazionalità”). Solo con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° gennaio 2009 il processo di integrazione europea entra in una dimensione realmente politica. 5. Le forme di integrazione commerciale Gli studiosi di Economia Internazionale, specialmente a partire dai lavori seminali di Jacob Viner negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, hanno dedicato crescente attenzione ai processi di integrazione commerciale (Viner, 1950; Tinbergen, 1970; Gandolfo, 1994; Robson, 1998; Triulzi 1999). Tali processi interessano Stati sovrani che, pur di stabilizzare le loro relazioni commerciali, rinunciano in parte a delle prerogative che caratterizzano la “sovranità nazionale”e stipulano accordi internazionali che vincolano sia le loro relazioni commerciali “interne”, sia le relazioni commerciali comuni con i Paesi non aderenti all’accordo. La letteratura in materia è concorde nell’individuare i cinque stadi progressivi dei processi di integrazione commerciale che seguono: - Area di libero scambio: dazi e restrizioni quantitative al commercio sono eliminate, ma ciascun Paese è libero di scegliere la politica commerciale nei confronti dei Paesi Terzi (un esempio è il North American Free Trade Area – NAFTA, ma lo è anche l’ accordo siglato nei primi giorni di Dicembre fra Stati Uniti e Corea del Sud): - Unione Doganale: eliminazione di dazi e tariffe interne; fissazione di una tariffa esterna e di una politica commerciale comune nei confronti dei Paesi Terzi (PT). - Mercato Comune: unione doganale + libera circolazione di beni, servizi e fattori produttivi (introduzione, in pratica, delle "quattro libertà fondamentali"). - Unione Economica: eliminazione delle barriere fisiche e tecniche nell’area integrata e definizione di politiche comuni. - Unione Economica e Monetaria (UEM): unione economica + introduzione di una moneta unica. 8 Antonio Bonetti
  • 9. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 6. I pilastri del processo di integrazione commerciale I pilastri del processo di integrazione europea previsti dal Trattato CEE sono: 1. l’instaurazione di una Unione Doganale entro il 31.12.1969, attraverso: eliminazione di tutte le restrizioni tariffarie e quantitative alla libera circolazione delle merci e di ogni altra misura avente effetto equivalente; divieto di introdurre nuovi dazi sugli scambi interni; soppressione delle restrizioni quantitative (contingenti) alle importazioni; istituzione di una tariffa doganale comune (Tariffa Esterna Comune); 2. l’instaurazione della politica commerciale comune nei confronti degli Stati terzi (art. 3 del Trattato di Roma sulla CEE). La politica commerciale comune si fondava principalmente su: 1. individuazione di principi comuni in ordine agli incentivi all’export e alla difesa da pratiche commerciali sleali da parte di Paesi Terzi; 2. la negoziazione diretta da parte della CEE di accordi tariffari e commerciali, che in sostanza viene affidata alla Commissione, quale portavoce unico degli interessi comunitari. 7. La ratio della politica commerciale comune La politica commerciale comune mette in luce già nel Trattato istitutivo della CEE come l’azione esterna dell’allora CEE non sia mai stata disgiunta dagli obiettivi e dalla politiche “interne”. Non uniformare la politica commerciale degli SM sin dai Trattati di Roma, infatti, avrebbe avuto due conseguenze esiziali per il processo di integrazione economica: 1. forme di concorrenza sleale tra gli SM (applicare verso terzi regimi commerciali più rigidi avrebbe comportato vantaggi concorrenziali rispetto agli altri membri); 2. necessità di mantenere controlli amministrativi alle dogane per verificare l’origine (interna o esterna) delle merci, con conseguente impossibilità di abbattimento della principale barriera fisica alla libera circolazione delle merci (in una Unione doganale, una volta pagata la TEC, i prodotti terzi sono considerati alla stregua di quelli interni – “prodotti in libera pratica – e quindi non soggetti a ulteriori dazi/restrizioni). 8. Mercato comune e politiche comuni europee La definizione della realizzazione di un mercato comune quale obiettivo fondante della CEE trova conferma nel novero ristretto delle politiche comuni previste nel 1957. Esse, infatti, sono sostanzialmente tutte finalizzate a garantire un funzionamento efficace del mercato comune e la crescita "armoniosa" degli scambi commerciali interni. L'Art 3 del Trattato CEE prevede solamente “il coordinamento delle politiche nazionali” e l’attuazione di: (i) una politica commerciale comune nei confronti dei Paesi Terzi (PT) e l'istituzione di una Tariffa Esterna Comune (TEC); (ii) una politica comune nei settori dell’agricoltura e dei trasporti; (iii) un rigido quadro giuridico a difesa della concorrenza (norme a tutela del funzionamento concorrenziale del mercato comune e divieto in via generale degli aiuti di Stato). La politica a sostegno dell'agricoltura - Politica Agricola Comunitaria (PAC) - si giustifica anche per il fatto che si usciva dalla II Guerra Mondiale e, al termine di lunghi conflitti bellici, si registra sempre una forte attenzione per gli interventi volti a garantire l'autosufficienza alimentare. 9 Antonio Bonetti
  • 10. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 9. Il rilancio del processo di integrazione comunitaria negli anni Ottanta e l'Atto Unico Europeo (AUE) L’obiettivo della creazione di una Unione Doganale fra i Paesi fondatori venne raggiunto già il 1° Luglio 1968. In quella fase, anche per effetto del lungo periodo di sviluppo economico in Occidente, si ha un rilevante incremento degli scambi commerciali intra-CEE (Craft e Toniolo 1996; Santaniello 1998; Guerrieri e Padoan 2009). Usando le categorie interpretative introdotte da Viner (1950), si può asserire che fino al termine degli anni Sessanta gli effetti postivi di trade creation delle forme di integrazione commerciale prevalgono sugli effetti di trade diversion, che sono a priori incerti (si veda il Box 2). Box 2 – Effetti di trade creation e trade diversion dei processi di integrazione commerciale I processi di integrazione commerciale fra diversi Stati sovrani che, in linea di principio potrebbero commerciare liberamente fra loro, possono produrre effetti positivi, specialmente nel medio termine, sia secondo l’approccio economico “neoclassico” che ipotizza l’esistenza di mercati concorrenziali, sia secondo nuovi approcci affermatisi negli ultimi venti anni che ipotizzano forme di concorrenza non monopolistica (si vedano Triulzi 1999, pp. 22 e ss. e Guerrieri e Padoan 2009, pp. 43 e ss.). Affinchè questo si verifichi, devono registrarsi due condizioni: si realizzano i vantaggi “statici” e “dinamici” dell’ampliamento del mercato interno (quali le economie di scala legate alle maggiori quantità prodotte; i guadagni di efficienza imposti alle unità produttive dalla più elevata concorrenza, la specializzazione settoriale delle unità produttive e anche l’offerta di una più ampia gamma di prodotti); il processo di trade diversion produce effetti positivi. A fronte dell’apertura degli scambi commerciali, infatti, si registrano guadagni di benessere collettivo se si sostituiscono produzioni interne con l’importazione di beni prodotti a condizioni più efficienti in altri Paesi che partecipano all’accordo. Potrebbe accadere, tuttavia, che la protezione degli scambi commerciali fra i Paesi aderenti all’accordo, limiti l’importazione di beni prodotti da Paesi terzi a condizioni più efficienti di quelle raggiunte da tutti i Paesi dell’accordo. In questo caso, ovviamente, il trade diversion produce una perdita di benessere dei Paesi aderenti all’accordo. L’esperienza della CEE, pertanto, in quella fase inizia a suscitare grande interesse anche fra altri Paesi europei che non avevano aderito sin dal 1957. Il nodo della questione è che gli anni Settanta sono caratterizzati da forte instabilità finanziaria e da una crisi economica a cui gli SM reagiscono con politiche che rasentano di nuovo il protezionismo. Inevitabilmente questo ha comportato tensioni fra gli SM e una accentuazione di divergenze politiche che erano già emerse al termine degli anni Sessanta. Dopo la crisi del processo di integrazione europeo negli anni Settanta, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta si ha una ripresa del dibattito e delle iniziative per rilanciare la "casa comune Europa" (si ricordano la decisione del Dicembre 1978 di istituire un Sistema Monetario Europeo, prodromo dell’Euro e le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento Europeo nel 1979). Negli anni Ottanta risultano decisivi per il rilancio del processo di integrazione l'approvazione del Libro bianco sul completamento del mercato interno nel 1985 e dell'Atto Unico Europeo (AUE) nel 1986. L'AUE, entrato in vigore nel 1987, inter alia prevede: 10 Antonio Bonetti
  • 11. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria la revisione del Trattato di Roma sulla CEE e delle procedure decisionali (viene introdotto per la prima volta il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio dei Ministri1); la sostituzione dell'obiettivo del "mercato comune" con quello del "mercato interno", ossia una forma di integrazione ancora più forte che si fonda sull'abbattimento delle frontiere interne; la completa liberalizzazione degli scambi commerciali entro il 1992 (c.d. "sfida 1992"); l'ampliamento del novero delle politiche comuni (fra queste vengono aggiunte la politica per la ricerca, la politica ambientale e anche la "politica di coesione", finanziata dai Fondi Strutturali). 10. La “sfida 1992” e il mercato interno La “sfida 1992” posta dal Libro bianco citato sopra consisteva appunto nel raggiungere l’obiettivo della creazione di un “mercato interno” (anche se nella pubblicistica si è affermato il nominativo “mercato unico”), esattamente assimilabile a quello che caratterizza un’economia nazionale, attraverso 300 diverse misure di intervento dettagliate nel Libro bianco. L’AUE definiva il “mercato interno” come “uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. Una volta che già con la realizzazione dell’Unione Doganale e con altri provvedimenti successivi erano state eliminate le barriere tariffarie al commercio, si trattava in quella di fase di perseguire una deep integration fra gli SM (che divennero 12 nel 1986 come si esplicita oltre) attraverso: la rimozione delle barriere non tariffarie (controlli amministrativi alle frontiere e barriere tecniche costituite dalle diverse specifiche tecniche per i prodotti materiali e i servizi previste dagli ordinamenti nazionali); l’armonizzazione dell’imposizione fiscale, in particolare dell’imposizione indiretta (IVA e accise); la liberalizzazione dei movimenti di capitali; la piena liberalizzazione dei servizi e l’apertura dei mercati nazionali degli appalti pubblici. Preme evidenziare che una forte spinta all’integrazione dei mercati, spesso sottostimata, viene dall’omogeneizzazione delle caratteristiche tecniche e delle dimensioni dei vari prodotti, per cui un prodotto con certe caratteristiche disciplinate da atti vincolanti dell’UE potrà essere prodotto e commercializzato in tutti gli SM. Il principio politico e giuridico alla base dell’abbattimento delle barriere tecniche è quello del “mutuo riconoscimento” (art. 100B dell’AUE), per cui se un prodotto è fabbricato legalmente e messo in commercio in uno SM secondo determinati standard tecnici potrà essere liberamente commercializzato in ciascun altro SM. Questo principio fu introdotto da una sentenza del 1979 della Corte di Giustizia Europa (“sentenza Cassis de Dijon”), che si può considerare uno dei turning point del processo di integrazione economica europea. 11. Dalla libera circolazione dei lavoratori alla “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” Appare opportuno evidenziare che, progressivamente, i politici europei avvertono la necessità di affiancare ai processi di approfondimento dell’integrazione commerciale (abbattimento di barrire 1 Il Trattato di Lisbona ha istituzionalizzato anche il Consiglio Europeo, già massimo organo politico e la Banca Centrale Europea (BCE), che congiuntamente alle Banche Centrali degli SM gestisce la Politica monetaria. Attualmente, le Istituzioni dell’UE, quindi, sono: il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo, il Consiglio dell’UE (Consiglio dei Ministri), la Commissione Europea, la Corte di Giustizia dell’UE, la Banca Centrale Europea, la Corte dei Conti Europea. Alle Istituzioni propriamente dette si affiancano i due Comitati consultivi: il Comitato delle Regioni e il Comitato Economico e Sociale Europeo e la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). 11 Antonio Bonetti
  • 12. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria tariffare e non tariffarie, armonizzazione fiscale, abbattimento delle barriere tecniche) anche dei provvedimenti volti a facilitare la mobilità interna – anche per motivi di studio – di tutti i cittadini europei. Inoltre, nel corso del tempo si manifesta sempre più stringente la necessità di sostenere un concetto di “cittadinanza europea”, che possa contribuire e creare una identità europea. Soprattutto dalla metà degli anni Ottanta, pertanto, si accelera anche un processo per cui il principio della libera circolazione dei lavoratori viene sempre più inteso nel senso più ampio di libera circolazione delle persone. Non a caso, fra gli obiettivi alla base dell’azione dell’UE indicati dal TUE si annovera la creazione di “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone”. Soprattutto con riferimento ai controlli alle dogane e i controlli alle frontiere, un decisivo passo avanti in questo processo si può considerare l’Accordo di Shengen del 1985 e la relativa Convenzione di applicazione del 1990. L’Accordo, a cui aderirono inizialmente solo Germania, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo prevedeva l’eliminazione delle formalità doganali e di polizia in capo alle persone fisiche, introducendo il principio che gli unici controlli alle frontiere ammissibili sono quelli giustificati da motivi di ordine pubblico e di sicurezza. Tale accordo, contrariamente alle opinioni comuni, facilitava la libera circolazione delle persone e al tempo stesso rendeva più sicure le frontiere, in quanto introduceva forme più efficaci di cooperazione contro le attività illecite. L’Italia aderì all’Accordo solo in un secondo momento. Nel corso del tempo tutti gli SM dell’UE hanno aderito all’Accordo di Shengen. Attualmente non ne fanno parte solo Bulgaria, Cipro e Romania. 12. La natura aperta dei Trattati di Roma e del processo di integrazione europea La Comunità Economica Europea, sin dagli anni Sessanta – caratterizzati da una forte crescita degli scambi intra-CEE e dal raggiungimento anticipato dell’obiettivo di creare una Unione Doganale – ha esercitato una forte spinta attrattiva sui Paesi Terzi (nel 1986 persino il Marocco aveva avanzato richiesta di adesione alla allora CEE). In seguito, pertanto, si sono registrate varie adesioni da parte di Paesi europei. Queste adesioni sono state facilitate dalla natura di Trattati “aperti” dei Trattati di Roma e anche del Trattato di Parigi del 1951 sulla CECA (Comunità Europea del carbone e dell’Acciaio), che si è esaurito nel 2002. I Trattati degli anni Cinquanta prevedevano tutti una clausola di adesione riservata ai Paesi europei. Il fondamento giuridico della natura aperta del processo di integrazione risiede nell’art. 49 del Trattato sull’UE che dispone che “Ogni Stato europeo può diventare membro dell’Unione”. L’adesione di un nuovo SM prevede un iter negoziale e legislativo particolarmente farraginoso, in merito al quale si rimanda ai numerosi Manuali di Diritto Comunitario. Questo iter è stato particolarmente rigido e oneroso per i Paesi di recente adesione dell’Europa Centro-Orientale che gravitavano un tempo sotto la sfera di influenza dell’Unione Sovietica, i quali hanno dovuto realizzare molteplici riforme per adattare i loro sistemi istituzionali ed economici a quelli dei Paesi già membri dell’UE. 13. Gli allargamenti La storia dell’integrazione europea è una storia di successivi allargamenti, per cui fra il 1957 e il 2007 si è passati dai 6 Stati fondatori a 27 Stati Membri. 12 Antonio Bonetti
  • 13. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria Fra gli allargamenti, come si evince dalla tavola sinottica, sovente, ci si dimentica di annoverare l’allargamento “implicito” del 1990 con la riunificazione tedesca. La riunificazione della Germania il 3 ottobre 1990, infatti, ha significato anche l’ingresso nell’allora CEE della ex Repubblica Democratica Tedesca. Per due volte (in occasione degli allargamenti del 1973 e del 1995) un referendum popolare ha reso vana la conclusione positiva dei negoziati per l’ingresso della Norvegia nella Comunità Europea. Anno Paesi fondatori e Paesi che hanno aderito con i vari allargamenti 1957 Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi. 1973 Danimarca, Irlanda, Regno Unito 1981 Grecia 1986 Portogallo, Spagna 1995 Austria, Finlandia, Svezia 2004 Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria Cipro, Malta 2007 Bulgaria, Romania Le prospettive di ulteriori adesioni all’UE, come si illustra più avanti, in questa fase interessano i Paesi che rientrano nella “politica di pre-adesione” dell’UE (Islanda, Turchia e Paesi dei Balcani Occidentali). Fra questi Paesi solo la Bosnia Erzegovina e il Kosovo non hanno avanzato formale richiesta di adesione all’UE. L’ultimo Paese ad aver avanzato la richiesta di adesione è la Serbia (Dicembre 2009), per la quale si auspica una rapida adesione all’UE, in quanto la sua adesione è considerata un passaggio cruciale per la stabilizzazione dell’area balcanica. Infine si sottolinea che nel luglio 2009 ha avanzato richiesta formale di adesione all’UE l’Islanda, fino ad allora membro dello Spazio Economico Europeo (una forma di integrazione commerciale alternativa all’UE) e poco interessata alle vicende dell’Unione. 14. La strategia di allargamento come priorità di politica estera negli anni Novanta La Comunità Economica Europea (UE a partire dal Trattato di Maastricht del 1992), dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, avviò un’ampia revisione della politica estera verso i Paesi dell’ex blocco socialista. A partire dal 1990 si registrano dichiarazioni di indipendenza di alcune Repubbliche della ex URSS (le prime sono la Lituania e la Lettonia) e nel 1991 si dissolvono tanto il Patto di Varsavia, quanto il COMECON (Consiglio di Mutua Assistenza Economica istituito nel 1949 per volere dell’Unione Sovietica e a cui aderivano anche i Paesi europei dell’ex blocco socialista). Fra il 1991 e il 1996 si registrano richieste di adesione alla Comunità da parte di diversi Paesi dell’Europa Centro Orientale (PECO). L’allargamento ad Est diviene l’elemento cardine della politica estera della neo-istituita UE, in linea con la volontà comune di tutti gli SM di conferire all’UE un ruolo internazionale maggiormente in linea con il peso politico che essa andava assumendo nel nuovo ordine mondiale post “guerra fredda” (Triulzi 1999). Lo strumento giuridico per favorire l’ingresso dei PECO venne individuato negli “accordi europei”, ossia una forma rafforzata degli “accordi di associazione” già previsti dal Trattato di Roma. La concessione degli “accordi di associazione” e degli aiuti volti a favorire i processi di 13 Antonio Bonetti
  • 14. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria stabilizzazione macroeconomica e di democratizzazione interna sono condizionati dall’UE all’implementazione di una serie di impegnative riforma economiche e politico-istituzionali. 15. I pilastri della strategia di allargamento Il processo di allargamento viene imperniato su due strategie specifiche: 1. la strategia istituzionale che ha riguardato sia i Paesi candidati (in quel periodo i PECO, Cipro e Malta), sia l’UE: - i Paesi candidati si impegnano a: (i) rafforzare le strutture democratiche e le azioni di tutela dei diritti civili; (ii) favorire l’assorbimento del c.d. “acquis comunitario”, ossia del sistema legislativo e giurisprudenziale che caratterizza l’UE; - gli Stati Membri (SM) si impegnano a rafforzare i meccanismi di funzionamento delle istituzioni comunitarie e del policy making; 2. la strategia di mercato che ha riguardato i Paesi candidati e consiste nel: - creare un’area di libero scambio con gli Stati Membri (entro 10 anni dalla firma dell’accordo europeo); - avviare quelle riforme (anche nel funzionamento del Settore Pubblico) necessarie per la transizione a un’economia di mercato. Questi principi sono stato sanciti dal Consiglio Europeo di Copenaghen (giugno 1993) e da allora vengono indicati come “criteri di Copenaghen” (la ratifica degli “accordi europei” e la successiva adesione sono condizionati al loro rispetto) 2. 16. I legami fra la strategia istituzionale e quella di mercato Gli elementi caratterizzanti la strategia “istituzionale”: - creazione di assetti politici e democratici stabili; - miglioramento dell’efficienza del Settore Pubblico e acquisizione dei principi amministrativi degli SM; - creazione di un sistema di regolamentazione dei mercati e giuridico efficiente; sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi della strategia di mercato: - stabilizzare i nuovi mercati e le nuove possibilità di investimento all’Est; - garantire condizioni operative di sicurezza per i privati (in primis gli operatori del comparto energetico); - contrastare le attività economiche illegali e frenare l’afflusso degli immigrati. 2 I criteri di Copenaghen, in sostanza vengono compendiati in quelli che sono indicati come “capitoli” dell’acquis da negoziare con l’UE per l’adesione. I capitoli sono 35 e il principio negoziale di fondo è “nessun accordo se non c’è accordo su tutti”. Preme evidenziare che i primi quattro capitoli dell’acquis da negoziare corrispondono alle “quattro libertà fondamentali”. 14 Antonio Bonetti
  • 15. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria IV. IL GRANDE ALLARGAMENTO DEL 2004 E I NUOVI PAESI VICINI 17. Agenda 2000 e gli step recenti del processo di allargamento Agenda 2000 è la Comunicazione con cui la Commissione propose nel luglio del 1997 un nuovo Quadro Finanziario Pluriennale – relativo al periodo 2000-2006 – per l’UE. Gli aspetti più problematici di questo documento in termini finanziari sono: (i) la riforma della PAC; (ii) il finanziamento del costoso processo di allargamento inizialmente previsto per il 2002. Il Consiglio Europeo di Lussemburgo (dicembre 1997) aveva approvato l’avvio dei negoziati di adesione con 6 Paesi candidati. Il Consiglio Europeo di Helsinky (dicembre 1999) approvò l’avvio dei negoziati di adesione con altri 6 Paesi candidati. All’inizio del decennio in corso, quindi, erano stati avviati i negoziati di adesione con 12 Paesi, ma non con la Turchia. Su 12 Paesi, 10 sono entrati il 1 maggio 2004 (protocollo di adesione ratificato ad Atene il 16 aprile 2003). Per Bulgaria e Romania, solo il 26 settembre 2006 la Commissione ha dato il parere favorevole definitivo al loro ingresso il 1 gennaio 2007, anche se sono state formalmente espresse delle riserve sull’avanzamento delle riforme istituzionali. 18. La nuova “politica di prossimità” in vista dell’allargamento del 2004 Nel corso del Consiglio Europeo di Copenaghen (dicembre 2002) veniva approvato l’ingresso di nuovi 10 SM nell’UE, rinviando a una data allora imprecisata l’ingresso di Bulgaria e Romania. Nel periodo 2002-2003, pertanto, su forte impulso dell’allora Presidente della Commissione Prodi sono state avviate le riflessioni sulle conseguenze geo-politiche del quinto allargamento del 1° maggio 2004. Lo slogan era “thinking beyond the enlargement”, nella consapevolezza che una “wider Europe” avrebbe implicato uno spostamento verso Sud-Est dei confini esterni e la creazione di una nuova cerchia di Paesi “vicini”. In quella fase, l’orientamento era quello di individuare una nuova “politica di prossimità” con i nuovi “vicini”. 19. L’evoluzione della nuova “politica di prossimità” dell’UE L’evoluzione generale del contesto geopolitico, l’ingresso nel 2004 di 10 nuovi Stati Membri e il conseguente spostamento verso Sud-Est dei confini dell’Europa unita e l’articolato novero di rapporti bilaterali con gli altri Paesi extra-UE limitrofi, hanno spinto l’UE a rivedere nel periodo 2004-2006 la politica estera verso i nuovi Paesi “vicini”. In sostanza, a partire dal 1° gennaio 2007 viene varata, anche sul piano finanziario, una nuova politica estera nei confronti dei Paesi confinanti con l’Unione allargata. Tale politica è assolutamente non uniforme, ma bensì differenziata a seconda dei vari gruppi di Paesi “vicini”, secondo il principio “different neighbours, different relations” (Commissione Europea 2006a). Per i Paesi formalmente candidati all’adesione sin dall’inizio (Croazia, Turchia e Repubblica Iugoslava di Macedonia3), per l’Islanda (ha avanzato richiesta di adesione nel Luglio 2009) e per gli altri Paesi dei Balcani Occidentali viene varata un’autentica “strategia di pre-adesione” finanziata da uno strumento specifico (IPA). 3 Il nome Repubblica Iugoslava di Macedonia (FYROM) è il nome ufficiale riconosciuto dalle Nazioni Unite, in quanto è aperta una querelle con la Grecia che non accetta il nome Macedonia, dal momento che questo è anche il nome di una provincia greca. 15 Antonio Bonetti
  • 16. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria Per i Paesi “vicini” dell’Europa dell’Est e dell’area caucasica, del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente viene varata la c.d. “politica europea di vicinato” (European Neighbourhood Policy – ENP). Con la Federazione Russa, a partire dal maggio 2003 (Vertice UE-Russia di S. Pietroburgo), viene varato il c.d. “partenariato strategico” e nel corso del 2005 sono state definite le Road maps per instaurare quattro “spazi comuni”: (i) economico; (ii) spazio di libertà, sicurezza e giustizia; (iii) sicurezza esterna e gestione congiunta delle crisi; (iv) istruzione e ricerca. 20. Gli obiettivi strategici ufficiali della “politica di vicinato” Gli obiettivi intermedi di fondo di queste politiche, fondamentalmente, sono gli stessi della politica di allargamento degli anni Novanta: 1. rafforzare la stabilità, la sicurezza e il benessere degli SM e dei Paesi “vicini”; 2. prevenire l’emergere di nuove linee di divisione tra l’Europa allargata e i suoi “vicini”; 3. favorire una progressiva integrazione nel mercato interno dei Paesi “vicini” (ai Paesi vicini non viene offerta la prospettiva dell’ingresso nell’UE, ma quella generica di “a stake in the internal market”). 21. Thinking beyond the enlargement: le conseguenze geo-politiche del grande allargamento Il grande allargamento del 1° maggio 2004 (completato il 1° gennaio 2007 con l’ingresso di Bulgaria e Romania) ha comportato dei risvolti geo-politici di portata storica che hanno imposto all’UE un forte ripensamento delle politiche esterne rivolte ai PT geograficamente più prossimi: 1. forte ampliamento delle dimensioni territoriali e commerciali del “mercato interno” (si registra un forte aumento della popolazione dell’UE). L’ampliamento territoriale dell’UE implica anche: aumento dei confini interni; aumento delle disparità regionali nei livelli di sviluppo; aumento del grado di eterogeneità sui territori di popolazioni e culture, con rinnovate spinte verso l’empowerment delle Autonomie locali e la differenziazione delle politiche. 2. Aumento dell’estensione dei confini esterni, che ormai si estendono dallo stretto di Gibilterra alla Federazione Russa4. 3. Spostamento verso Sud-Est dell’UE e “avvicinamento” ad aree (e Paesi Terzi) ricche di risorse energetiche (si pensi alla rilevanza strategica di Russia, Paesi del Sud Caucaso che si affacciano sul Mar Nero, ma si pensi anche all’Ucraina come terra di transito di gasdotti e oleodotti). Le considerazioni di geo-politica, quindi, in misura crescente tendono a prevalere sulla presunta volontà dell’UE di garantire la democratizzazione e la tutela dello Stato di diritto e delle libertà civili in Paesi noti per la scarsa attenzione a questi temi (Bielorussia, Georgia e anche la stessa Federazione Russa). La Bulgaria e la Romania non sarebbero ancora oggi entrate nell’UE, alla luce delle difficoltà che hanno incontrato nel garantire il raggiungimento dei criteri inerenti la gestione della sicurezza e degli affari giudiziari. Nonostante questo, l’UE ha deciso per il loro ingresso in quanto sul loro territorio passa il gasdotto Nabucco che, a partire dai ricchi giacimenti dell’area del Mar Caspio, 4 Si possono individuare quattro aree di confine esterno: (i) a Sud-Est l’area dei Balcani e la Turchia (in pre-adesione); (ii) a Sud i Paesi del Mediterraneo (Maghreb, Mashreq e Medio Oriente); (iii) a Nord-Est la Federazione Russa, l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova; (iv) ad Est i Paesi del Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaijan, e Georgia che si affacciano sul Mar Nero). 16 Antonio Bonetti
  • 17. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria porta il gas in Europa (terminale in Austria) passando per la Turchia e poi la Bulgaria e la Romania. Si prevede che il gasdotto (3.300 Km di lunghezza) entrerà in funzione nel 2016. Anche l’attenzione politica per i Balcani è ancorata, inter alia, all’altro progetto strategico del gasdotto South Stream (3.200 Km di lunghezza), che consentirebbe di scavalcare l’Ucraina e di condurre il gas estratto da Gazprom nell’Est Europa (in particolare nell’area del Mar Caspio) in Europa, passando direttamente per i Balcani. Si prevede che esso entrerà in funzione nel 2015. Anche in relazione al Mediterraneo, si può dire che il rilancio della cooperazione con i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente è più legato alla rinnovata centralità del Mediterraneo quale crocevia di traffici mercantili per effetto della crescente forza commerciale di Cina e India (Bonetti 2006a; SVIMEZ 2008), che non alla volontà di esercitare “pressioni” per la democratizzazione dei Paesi dell’area e per la pacificazione del Medio Oriente. Anche per quest’area, inoltre, le considerazioni strategiche sugli approvvigionamenti energetici hanno un peso notevole. 4 “Avvicinamento” ad aree e PT fortemente instabili sul piano politico e caratterizzati sia da conflitti latenti interregionali (si pensi alle tensioni Ucraina-Russia e ancor di più a quelle Georgia-Russia), sia da traffici illegali (anche di sostanze tossiche e radio-attive). La questione dei traffici illegali, peraltro, anche se spesso taciuta, ha un peso di un certo rilievo per le povere economie dei Paesi in pre- adesione nati dalla disgregazione della ex Iugoslavia. 5 “Avvicinamento” a PT che costituiscono la base di un crescente afflusso di immigrati (sovente illegali), sia per la forte crescita demografica nei Paesi “vicini”, sia per le loro condizioni di sottosviluppo economico rispetto agli SM. 22. Gli autentici obiettivi nevralgici della “politica di vicinato” Gli autentici obiettivi nevralgici della Politica Europea di Vicinato (PEV) sono fondamentalmente gli stessi della politica di allargamento degli anni Novanta: 1. creare un ‹‹un cerchio di Stati amici›› (Prodi 2002) con solide basi democratiche (si punta, de facto, a creare un autentico cordone di sicurezza con strumenti di soft security, a fronte dei nuovi confini con aree tradizionalmente molto instabile sul piano politico); 2. creare aree limitrofe più stabili politicamente ed economicamente più sviluppate, in modo da frenare l’immigrazione e le attività illegali; 3. ampliare la sfera di influenza commerciale e politica dell’UE; 4. favorire l’adozione di meccanismi di governance pubblica improntati a quelli adottati dalla Comunità (institutional building); 5. sostenere i processi di internazionalizzazione attiva nei Paesi “vicini” delle imprese europee, in condizioni di sufficiente sicurezza per gli investimenti e per i lavoratori. 23. La “politica di vicinato” e la strategia di allargamento degli anni Novanta a confronto La nuova “politica di vicinato” si fonda su meccanismi procedurali assimilabili a quelli che hanno condotto all’ingresso recente di 12 nuovi SM. Tuttavia cambia l’obiettivo ultimo, che non sarà l’ingresso dei Paesi beneficiari nell’UE. L’obiettivo strategico di lungo periodo è solo quello di creare un’area di libero scambio fra questi Paesi e l’UE. A tale riguardo, va ricordato che questo era parimenti l’obiettivo strategico del Partneriato Euromediterraneo lanciato dalla Conferenza di Barcellona del 1995 per tutti i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo da raggiungere nel 2010, ma questo obiettivo è stato palesemente fallito. 17 Antonio Bonetti
  • 18. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria Come accennato, è difficilmente pensabile che si possa registrare l’ingresso nell’UE dei Paesi “vicini” che rientrano nella PEV (l’ipotesi appare remota anche per la stessa Ucraina che continua a insistere sulla prospettiva di adesione, sebbene essa confini con Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania e costituisca il Paese di transito di oleodotti e gasdotti strategici per l’approvvigionamento energetico dell’UE). Ai nuovi “vicini” viene solo offerta una progressiva integrazione nel mercato interno dell’UE, ossia: (i) una sorta di canale preferenziale rispetto ad altri PT di partecipazione ai Programmi di spesa dell’UE; (ii) l’accesso ai finanziamenti per la realizzazione di grandi infrastrutture energetiche e trasportistiche che rafforzino l’asse Est-Ovest dell’UE. Rispetto alla politica di allargamento, nella fase attuale, le considerazioni geo-politiche (sicurezza e diversificazione delle forniture energetiche, stabilizzazione politica dei Paesi “vicini” e controllo dei flussi migratori) risultano ancora più rilevanti che non negli anni Novanta, in cui la priorità politica era in primo luogo la stabilizzazione di Paesi che uscivano da regimi non democratici e la creazione di una economia di mercato, dopo la lunghissima esperienza della pianificazione centralizzata dei PECO. Il consolidamento della “politica di vicinato” si sovrappone alla proposta francese del 2007 di una Unione del Mediterraneo, che si sarebbe dovuta configurare come una forma di aggregazione politica e di interessi commerciali nell’area sovrapposta all’UE. In seguito la proposta è stata riportata maggiormente a una dimensione europea ed è stata trasformata nella proposta di una Unione per il Mediterraneo (si veda Cugusi, 2009) Ad oggi i termini della proposta sembrano velleitari e poco praticabili, ma certamente questa proposta va tenuta in considerazione quando si fanno delle riflessioni sulla “politica di vicinato”. La “politica di vicinato” è stata istituzionalizzata dal Trattato di Lisbona, il quale dispone che “l’Unione sviluppa con i Paesi limitrofi relazioni privilegiate al fine di creare uno spazio di prosperità e di buon vicinato fondato sui valori dell’Unione e caratterizzato da relazioni strette e pacifiche basate sulla cooperazione” (art. 8 TUE). 18 Antonio Bonetti
  • 19. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria V. LA RIFORMA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI CHE SOSTENGONO LE RELAZIONI ESTERNE DELL’UE NEL PERIODO DI PROGRAMMAZIONE 2007-2013 24. La strategia di allargamento e il confronto sulle prospettive finanziarie 2007-2013: i principali problemi P1. I nuovi SM (e gli altri Paesi candidati) hanno un settore agricolo molto esteso: questo ha imposto già nel 2002 una forte revisione del primo pilastro della PAC (sostegno diretto ai produttori) per contenere le spese agricole (sia in assoluto, sia in relazione al già elevato impegno finanziario di sostegno ai nuovi SM). P2. Rischio di penalizzazione del sistema produttivo dell’UE15 a seguito di un forte incremento delle delocalizzazioni produttive nei Paesi orientali (nuovi SM e Paesi candidati). P3. Frammentazione eccessiva degli strumenti di pre-adesione, di prossimità e di cooperazione economica. 25. La strategia di allargamento e il confronto sulle prospettive finanziarie 2007-2013: le soluzioni proposte per i principali nodi critici S1. Il Consiglio Europeo di Bruxelles (ottobre 2002) ha imposto un massimale per gli aiuti diretti agli agricoltori (accordo ratificato da tutti i membri dell’allora UE15 e valido fino al 2013). S2. Il regolamento generale sui Fondi Strutturali prevede che i finanziamenti agevolati alle imprese vengano revocati se le imprese beneficiarie attivano processi di delocalizzazione nei nuovi SM (rettifiche finanziarie a fronte di delocalizzazioni). S3. L’UE ha razionalizzato tutti gli strumenti finanziari che sostengono le relazioni esterne e ha perseguito un maggiore coordinamento di Fondi Strutturali e degli strumenti di finanziamento per la politica di pre-adesione e per la politica di vicinato. 26. Le prospettive finanziarie 2007-2013 e la riforma degli strumenti che finanziano le relazioni esterne della UE Nell’ambito della rubrica 4 delle prospettive finanziarie 2007-2013 (European Union as a global player) la riorganizzazione del finanziamento delle relazioni esterne è fondata sulla ripartizione fra: (a) quattro strumenti geografici (v. paragrafo 27-29): (b) cinque strumenti tematici, ossia: Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani; Strumento per gli aiuti umanitari (in Paesi Terzi vittime di catastrofi naturali o conflitti e conseguenti crisi umanitarie); Strumento di stabilità, che è concepito come uno strumento di risposta immediata a situazioni di instabilità politica (rapid reaction mechanism) e di conflict management; Strumento per l'assistenza macro-finanziaria, che in pratica si attua tramite dei prestiti a PT che registrano persistenti disavanzi della Bilancia dei Pagamenti; Strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare. Nel ciclo finanziario in corso continua ad operare “fuori bilancio” il Fondo Europeo di Sviluppo (FES) che finanzia la cooperazione economica con 77 dei 79 Paesi ACP (il Sud Africa beneficia dei finanziamenti del DCI, mentre Cuba dal 2003 rifiuta gli aiuti per motivi politici) e con i Paesi e Territori d’Oltre Mare (PTOM). 19 Antonio Bonetti
  • 20. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 27. Il fondamento politico della razionalizzazione dell’azione esterna dell’UE La razionalizzazione degli strumenti finanziari dell’azione esterna dell’UE si basa sul modello britannico dei “cerchi concentrici” tracciato da Churchill al termine della II Guerra Mondiale per la politica estera del Regno Unito (Vencato 2006). Il vecchio modello dei “cerchi concentrici” adattato al contesto internazionale corrente implica per l’UE una sorta di gerarchizzazione di “cerchi” (“cluster”) di PT sulla base della loro distanza geografica e politica dall’UE. In sostanza ‹‹gli strumenti geografici …. tracciano una nuova politica di assistenza e cooperazione con i Paesi Terzi secondo ben definite priorità geopolitiche›› (Vencato 2006, p. 260). A ciascun cluster di Paesi Terzi corrisponde uno strumento “geografico” specifico: 1. i Paesi più vicini sono i Paesi in pre-adesione (inizialmente i Paesi dei Balcani occidentali e la Turchia a cui, nel corso del 2009, si è aggiunta l’Islanda), che vengono finanziati da IPA – Instrument for Pre-accession Assistance; 2. altri Paesi sui quali è fortemente focalizzata l’azione esterna dell’UE sono gli altri Paesi “vicini”, ossia Paesi che confinano – anche laddove il confine fisico sia costituito da bracci di mare – con l’UE (v. par. 32). La politica di vicinato viene individuata nel biennio 2003-2004 come “chiave di stabilità per un’Europa più grande” ed è finanziata da ENPI - European Neighbourhood and Partnership Instrument; 3. i Paesi Terzi in ritardo di sviluppo che sono finanziati con lo strumento di cooperazione allo sviluppo (più noto con l’acronimo DCI da Development Cooperation Instrumernt). Per i Paesi ACP viene utilizzato il Fondo Europeo di Sviluppo (FES) che, come già rimarcato, è assolutamente separato dalle prospettive finanziarie e dal bilancio annuale; 4. i Paesi industrializzati ad alto reddito. Le relazioni commerciali e politiche con questi paesi sono coperte finanziariamente con lo strumento ICI (Industrialised Countries Instrument). 20 Antonio Bonetti
  • 21. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 28. Strumenti finanziari geografici dell’azione esterna nel periodo 2007-2013, copertura geografica, DG della Commissione responsabili e base giuridica5 Strumenti Copertura geografica DG incaricata del Base giuridica coordinamento IPA Candidate Countries DG Allargamento Reg. (CE) 1085/2006 del Potential Candidate Countries 17 luglio 2006 Sud Mediterraneo e Medio DG Relazioni ENPI* Oriente esterne Reg. (CE) 1638/2006 del Europa dell’Est e Sud Caucaso 24 ottobre 2006 Federazione russa DCI PVS – Sud Africa DG Sviluppo Reg. (CE) 1905/2006 del 18 dicembre 2006 ICI Paesi industrializzati DG Relazioni Reg. (CE) 1934/2001 esterne EDF Paesi ACP DG Sviluppo Reg. (CE) 617/2007 del 14 maggio 2007 * Lo strumento ENPI sostituisce gli strumenti MEDA e TACIS. Alcuni Paesi dell’Asia centrale, coperti da TACIS nel ciclo 2000- 2006, tuttavia, non sono più coperti da ENPI, ma dal DCI 29. Gli strumenti geografici per la cooperazione con i PT nel ciclo 2007-2013 Instrument for Pre Accession Assistance (IPA) IPA è lo strumento cardine della politica di pre-adesione nel ciclo in corso. Esso interessa i Paesi formalmente candidati all'adesione (Turchia, Macedonia e Croazia) e altri Paesi potenziali candidati dei Balcani occidentali. Nel corso del 2009 ha presentato formale richiesta di adesione all’UE anche l’Islanda, ma per ora non beneficia di contributi IPA. European Neighbourhood and Partnership Instrument (ENPI) ENPI è lo strumento cardine della politica di vicinato che interessa tutti quei Paesi "vicini", direttamente o meno confinanti con l'UE, non coperti da IPA. In sostanza i Paesi interessati sono i Paesi dell'Est e del Caucaso meridionale, quelli del bacino del Mediterraneo e quelli del Medio Oriente. Anche le relazioni con la Russia sono finanziate da ENPI, sebbene con la Russia l'UE abbia avviato un "partenariato strategico" autonomo rispetto alla politica di vicinato. Development Cooperation Instrument (DCI) Lo Strumento per la Cooperazione allo sviluppo - da non confondere con il Fondo Europeo di Sviluppo - è finalizzato alla riduzione della povertà nei PVS dell'America Latina, dell'Asia centrale ed orientale e dell'Africa. Tale strumento si articola in tre Sezioni: - Programmi geografici, che hanno come target i PVS (o macro-aree che raggruppano più PVS) con l’obiettivo di sostenerne lo sviluppo e sradicare la povertà; - Programmi tematici (sono cinque, fra cui spiccano “ambiente e gestione sostenibile delle risorse” e “sicurezza alimentare”), che interessano Paesi beneficiari del DCI, ma anche Paesi beneficiari di ENPI e Paesi beneficiari del FES; - misure di assistenza per i Paesi ACP firmatari del Protocollo sullo zucchero (i c.d. “Sugar Protocol countries” che sono, per l’appunto, 18 paesi ACP esportatori di zucchero). Industrialised Cooperation Instrument Tale strumento finanzia le relazioni di cooperazione con i Paesi ad alto reddito. 5 La presente tavola sinottica per ora non tiene conto della riorganizzazione delle DG della Commissione, tuttora in corso di perfezionamento, a seguito dell’entrata in vigore della Decisione 2010/427/UE del Consiglio inerente il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (si veda il Box 3 più avanti). 21 Antonio Bonetti
  • 22. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria VI. LA POLITICA DI PRE-ADESIONE, LA POLITICA DI VICINATO E I NUOVI STRUMENTI FINANZIARI IPA ED ENPI 30. I motivi specifici della revisione degli strumenti e delle logiche di intervento nei confronti dei Paesi “vicini” 1. Eccessivo numero di strumenti finanziari ed esaurimento politico di alcuni strumenti specifici (v. par. 31 e Allegati I e II sugli strumenti di pre-adesione nel ciclo 2000-2006 e sugli altri strumenti di cui hanno fruito i Balcani, la Russia e i PECO). 2. Mancanza di coordinamento fra gli strumenti per la coesione e la cooperazione transfrontaliera ex INTERREG IIIA cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e gli strumenti utilizzati nei PT a titolo di aiuto allo sviluppo (questo anche nell’ambito dei Programma INTERREG III). I motivi principali sono: il FESR fino al 31.12.2006 poteva finanziare solo progetti all’interno della UE, con specifiche disposizioni attuative (questa limitazione è stata rimossa dal nuovo regolamento sul FESR); gli altri strumenti finanziari potevano fornire assistenza solo all’esterno dell’UE, sulla base di disposizioni attuative differenti da quelle dei Fondi Strutturali; questo ha comportato che, all’interno del territorio dell’UE, anche nell’ambito di Programmi congiunti afferenti alle Sezioni transfrontaliera e transnazionale di INTERREG III, sono state seguite certe modalità attuative e certi meccanismi di selezione dei progetti, mentre all’esterno sono stati seguiti altri criteri di selezione dei progetti. 3. Difficoltà nel coordinamento amministrativo delle attività, a cui si è cercato di fare fronte con l’introduzione opzionale del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT), quale struttura di gestione “unica” e “congiunta” dei programmi attivati nell’ambito del nuovo Ob. orizzontale Cooperazione territoriale europea della “politica di coesione” (v. Allegato III). 31. Gli strumenti finanziari destinati a sostenere la cooperazione transfrontaliera e le riforme nei Paesi candidati all’adesione e nei Paesi “vicini” nel ciclo 2000-2006 Strumenti e Programmi di pre-adesione (*) Strumenti per le relazioni esterne con i Paesi “vicini” Programma di pre-adesione avviato TACIS (Russia e NSI) nel 2002 per la Turchia Strumenti “esterni” Programma di pre-adesione 2000- MEDA (Paesi non-UE del “partenariato 2004 per Cipro e Malta euro-mediterraneo”) PHARE CARDS (Balcani) ISPA SAPARD * Per certi versi, nel ciclo 2000-2006 gli stessi Programmi INTERREG III che hanno interessato le frontiere esterne si possono considerare degli strumenti di pre-adesione 22 Antonio Bonetti
  • 23. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 32. La strategia dell’UE verso i nuovi Paesi “vicini” dopo il 2006 Le relazioni esterne della UE con i Paesi “vicini” (disposti lungo i confini esterni dell’UE27), come già accennato, sono imperniate su: (i) la politica di pre-adesione finanziata da IPA (sotto il profilo politico, dal 2009 interessa anche l’Islanda); (ii) la politica di vicinato e il partenariato strategico con la Federazione Russa, che sono finanziate da ENPI. Islanda (2009) Paesi candidati Strategia di pre-adesione (2006) Paesi potenziali candidati (Balcani) ENPI Paesi ex TACIS Strategia di vicinato Paesi del Mediterraneo ex MEDA Partenariato strategico Federazione Russa 33. Elenco dei Paesi beneficiari di IPA ed ENPI Paesi beneficiari di ENPI Paesi beneficiari di IPA Algeria Libia Turchia Armenia Moldova Croazia Azerbaigian Marocco FYROM Bielorussia Autorità Palestinese della Islanda Egitto Cisgiordania e di Gaza **** Giorgia Federazione Russa Albania Israele Siria Bosnia Erzegovina Giordania Tunisia Kosovo Libano Ucraina Montenegro Serbia 23 Antonio Bonetti
  • 24. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 34. Il riordino degli strumenti finanziari destinati a sostenere i processi di cooperazione transfrontaliera e le nuove relazioni esterne con i Paesi “vicini” Politica di pre-adesione Relazioni esterne con i “vicini” dell’Europa Centro-Orientale e del Mediterraneo Ciclo 2000-2006 Ciclo 2007-2013 Ciclo 2000-2006 Ciclo 2007-2013 Strumenti di pre- TACIS adesione* Strumento di Pre- ENPI CARDS (Balcani) Adesione (IPA) Programma di pre- MEDA adesione avviato nel 2002 per la Turchia * PHARE, ISPA, SAPARD e Programma di pre-adesione per Cipro e Malta 35. I motivi della crescente rilevanza della integrazione sinergica tra “politica di coesione” (Ob. Cooperazione Territoriale) e strumenti della “politica di pre-adesione” e della “politica di vicinato” 1. Una delle componenti dello Strumento di Pre-Adesione (più noto come IPA che sta per Instrument for Pre-accession Assistance) e dello Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (più noto come ENPI che sta per European Neighbourhood and Partnership Instrument) è “cooperazione transfrontaliera e regionale”. 2. Le componenti “cooperazione transfrontaliera e regionale” dell’Ob. Cooperazione Territoriale Europea dei Fondi Strutturali e di IPA e di ENPI hanno le stesse finalità di fondo: facilitare il dialogo interculturale fra popolazioni di diversi SM e/o di SM e Paesi Terzi, ma anche il confronto fra diverse Pubbliche Amministrazioni, in modo da rendere più celere il processo di adozione dell’acquis communautaire da parte dei Paesi “vicini” (siano essi candidati o meno all’adesione); facilitare l’abbattimento delle barriere fisiche fra regioni di diversi Paesi, sostenendo il rafforzamento su scala transfrontaliera e/o transnazionale delle reti infrastrutturali e immateriali; combinare interventi di solidarietà “interna” (“politica di coesione”) ed “esterna” per favorire lo sviluppo delle aree di confine (in genere economicamente più deboli); individuare soluzioni congiunte a problemi comuni che travalicano i confini amministrativi (siano essi regionali o nazionali), quali in particolare: i problemi ambientali, quelli che concernono la salute pubblica e quelli che riguardano il contrasto del crimine organizzato e dei traffici illegali lungo le frontiere esterne dell’UE; promuovere azioni di cooperazione della “società civile” di SM e di PT in modo da favorire l’abbattimento degli steccati culturali e il dialogo interculturale. 3. IPA ed ENPI presentano interessanti prospettive di sovrapposizione e integrazione con l’Obiettivo Cooperazione Territoriale della “politica di coesione” anche sul versante attuativo, in quanto essi (specialmente IPA) funzioneranno secondo principi logici e amministrativi propri dei Fondi Strutturali (v. par. 38). Lo stesso sistema di gestione di questi Programmi, soprattutto nel caso dello strumento IPA, ricalca quello dei Programmi di cooperazione territoriale cofinanziati lungo i confini “interni” dal FESR. 24 Antonio Bonetti
  • 25. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 4. Le proposte informali di revisione post-2013 dei Fondi Strutturali che iniziano a circolare indicano i Programmi di cooperazione transfrontaliera e transnazionale quali esperienze da replicare, anche a fronte di un ridimensionamento finanziario della politica di coesione. 5. Tutti i programmi di cooperazione transfrontaliera e transnazionale consentono di rafforzare le iniziative di cooperazione allo sviluppo “decentrate”, ossia quelle iniziative per lo sviluppo in PT arretrati non gestite dai Governi centrali, ma dalle Autonomie locali. 36. Fattori determinanti della rilevanza dell’Ob. Cooperazione territoriale della politica di coesione nel ciclo 2007-2013 e della “politica di vicinato” Allargamento Strategia di pre-adesione (IPA) Relazioni esterne + frontiere esterne Strategia di prossimità (ENPI) Ob. Coop. Terr. – Sez. Transfrontaliera (FESR) + frontiere interne Pol. di Coesione Ob. Coop. Terr. – Sez. Transnazionale (FESR) 25 Antonio Bonetti
  • 26. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 37. Il quadro dei Paesi beneficiari di IPA Lo Strumento di Pre-Adesione (IPA) sarà applicabile: 1. ai Paesi Terzi ai quali è stato riconosciuto lo status formale di “candidati” (Candidate Countries). Questi Paesi sono: la Turchia e la Croazia con le quali nell’ottobre 2005 è stato avviato il negoziato di adesione, la Repubblica di Macedonia (sovente richiamata nei documenti ufficiali con l’acronimo FYROM che sta per First Yugoslav Republic of Macedonia) e l’Islanda; 2. ai Paesi “potenzialmente candidati” (Potential Candidate Countries), tutti situati nell’area dei Balcani Occidentali6. Essi sono: la Serbia (ha avanzato ufficiale richiesta di adesione il 22 dicembre 2009); il Montenegro (pienamente indipendente dal 2006); il Kosovo (ha autoproclamato l’indipendenza il 17 febbraio 2008, ma ancora oggi quella dichiarazione di indipendenza non è riconosciuta da tutti i Paesi delle Nazioni Uniti); la Bosnia-Erzegovina (la cui stabilità è ancora minata da preoccupanti tensioni etniche e da frizioni istituzionali che ne condizionano lo sviluppo economico); l’Albania. La Turchia è un Paese molto vasto con un’ampia popolazione. Gli altri Paesi, invece, si caratterizzano per le limitate dimensioni territoriali e demografiche. Solo la Serbia ha una popolazione significativa con quasi 7,4 milioni di abitanti (dati Eurostat aggiornati al 2007). In tutti questi Paesi dei Balcani, inoltre, la densità demografica è modesta (in Montenegro è di soli 45,1 ab./Km2), a fronte di una media UE di 114,8 ab./Km2. Costituisce una rilevante eccezione il Kosovo che registra una densità demografica di 192,9 ab./Km2. Fra i Paesi potenziali candidati si può ormai annoverare anche l’Islanda. L’Islanda, che fa già parte dell’area di Schengen, aveva presentato formale richiesta di adesione all’UE nel Luglio 2009 ed ha ricevuto lo status di Candidate Country. 38. Le caratteristiche principali di IPA Lo Strumento di Pre-Adesione (il cui coordinamento generale è di competenza della DG Allargamento della Commissione), in sostanza, ha una natura ibrida: da una parte vengono previste alcune disposizioni che, generalmente, caratterizzano gli interventi di cooperazione allo sviluppo (external aid) dell’UE. Non a caso l’art. 13 del Reg. (CE) 1085/2006 dispone che la Commissione può ricevere e gestire anche i fondi di altri donatori internazionali e l’art. 14 preveda l’istituzione di un Comitato IPA (i Programmi di aiuto esterno, in genere, vengono approvati secondo la procedura della “comitologia”7); dall’altra parte, la sua attuazione si fonda ampiamente sui principi generali dei Fondi Strutturali. La programmazione è incentrata su cinque “componenti” (v. par. 39) ed è sostenuta annualmente dalla Commissione sulla base di: (i) partenariati di adesione; (ii) partenariati di associazione; (iii) pacchetto annuale sull’allargamento. Per il periodo 2007-2013 sono stati stanziati per IPA 11,565 miliardi di Euro. I destinatari degli interventi potranno essere persone fisiche, persone giuridiche (incluse le Delegazioni della Commissione nei PT) e organizzazioni internazionali. 6 Con questi Paesi dei Balcani è in atto a partire dal Vertice UE-Balcani del giugno 2003 – tenutosi a Salonicco – una specifica strategia di “avvicinamento” e di prossimità definita “strategia di stabilizzazione e associazione”. 7 L’approvazione e la gestione dei Programmi di aiuto esterno sono delegati a dei Comitati di Gestione, che sono composti da rappresentanti degli SM e sono presieduti dalla Commissione. 26 Antonio Bonetti
  • 27. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 39. Paesi beneficiari di IPA e relative componenti Componenti (Sezioni) Approccio e strumenti di finanziamento Paesi beneficiari I. Sostegno alla transizione e Sostegno ampio (sul modello di PHARE*), con allo sviluppo istituzionale focus specifico sulla riforma del Settore Pubblico. Tutti II. Cooperazione regionale e Vengono valorizzati gli approcci del FESR e dei transfrontaliera Programmi dell'Ob. Cooperazione territoriale europea della Politica di Coesione. III. Sviluppo regionale Approccio del FESR e del Fondo di Coesione Solo Paesi IV. Sviluppo delle risorse Approccio del FSE “formalmente umane candidati” V. Sviluppo rurale Approccio seguito per i nuovi Programmi di Sviluppo Rurale 2007-2013 cofinanziati dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale * PHARE, istituito già nel 1989, è stato il principale strumento finanziario volto a favorire il processo di riforme negli ex Paesi socialisti dell'Europa dell'Est. 40. Il quadro strategico dell’assistenza ai Paesi “candidati” e “potenziali candidati” all’adesione I Paesi formalmente candidati beneficiano dell’assistenza di tutte le 5 Sezioni, mentre gli altri possono accedere solo ai fondi delle prime due 2 Sezioni (v. par. 39), in quanto per i primi è particolarmente stringente la necessità di una rapida assimilazione dell’acquis communautaire e del know-how legislativo e amministrativo necessario per una efficiente gestione dei Fondi Strutturali e di quelli per lo sviluppo rurale. Gli indirizzi e le azioni dei Programmi di assistenza sono definiti in base a 1. gli strumenti legali: (i) partenariati di adesione per i Paesi formalmente candidati; (ii) partenariati europei peri i Paesi “potenziali candidati”; 2. il pacchetto annuale sull’allargamento (enlargement package che ogni anno viene rilasciato dalla Commissione) che consta di: - relazione annuale sulla capacità di ogni Paese di ottemperare ai criteri di Copenaghen; - Quadro Finanziario Indicativo Pluriennale (Multi-annual Indicative Financial Framework) per il triennio successivo; - Documento indicativo pluriennale (Multi-annual Indicative Planning Document), che è alla base della programmazione operativa e che deve essere elaborato in stretta concertazione con le Autorità dei Paesi beneficiari8. Esso deve riportare delle indicazioni in ordine alla dotazione finanziaria delle principali priorità operative di ciascuna Componente, sulla base del Multi-annual Indicative Financial Framework (MIFF). Il Quadro Finanziario Indicativo Pluriennale prevede una ripartizione di massima dei fondi per: (i) Componenti (Sezioni) dello Strumento di pre-adesione; (ii) Paese beneficiario; (iii) azioni tematiche riguardanti più Paesi (questo soprattutto in relazione alle prime due Sezioni di IPA). 8 In sostanza, la programmazione degli interventi è sostenuta annualmente dalla Commissione con la presentazione di piani finanziari per il triennio successivo e di documenti di strategia anch’essi triennali. Ambedue i documenti nevralgici della programmazione pluriennale vengono rivisti annualmente. 27 Antonio Bonetti
  • 28. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 41. La programmazione strategica ed operativa L’assistenza operativa di IPA, come già detto, è imperniata su Programmi pluriennali (o anche annuali) che vengono definiti per: (i) singole Componenti; (ii) singoli Paesi, (iii) azioni tematiche che concernono più Paesi (regional and horizontal Programmes). Tali Programmi, ovviamente, riflettono le priorità definite per ciascuna Componente dal Documento Indicativo Pluriennale approvato nell’ambito del c.d. “enlargement package”. Attraverso IPA vengono anche reiterate attività di gemellaggio fra le Pubbliche Amministrazioni di SM dell’UE27 e di Paesi beneficiari (progetti TWINNING), richiamate in breve nell’Allegato IV. Come anticipato, con i fondi IPA vengono anche sostenute le Delegazioni della Commissione nei PT che, de facto, sono le autentiche “contracting authority” dei Programmi. La Commissione annualmente deve presentare al Comitato IPA, al Parlamento e al Consiglio, delle relazioni sull’attuazione dei Programmi e, “periodicamente”, delle valutazioni. 42. La Sezione Cross Border dello Strumento di pre-adesione IPA, ovviamente, riserva estrema rilevanza alle attività di cooperazione transfrontaliera e inter- regionale, attuate attraverso i Programmi cross border. Una tra le principali novità del ciclo di programmazione 2007-2013 è che il FESR può finanziare anche progetti ubicati esternamente ai confini dell’UE. Questo aspetto innovativo è rimarcato nel regolamento generale sui Fondi Strutturali, nel Reg. (CE) 1080/2003 sul FESR (si veda l’art. 21) e nel Reg. (CE) 1085/2006 su IPA. Nell’ambito della Sezione Cross Border di IPA, infatti, viene prevista una consistente compartecipazione finanziaria del FESR per quei Programmi che interessano Regioni e Province di SM e di Paesi beneficiari (quali il Programma di Cooperazione Transfrontaliero IPA Adriatico che interessa gli SM Italia, Slovenia e Grecia e i Paesi beneficiari Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro e Albania). 43. La convergenza fra la filosofia dei Fondi Strutturali e quella degli strumenti finanziari per le relazioni esterne 1. Per quel che concerne IPA è abbastanza evidente l’applicazione di principi e logiche di attuazione dei Fondi Strutturali, in primo luogo per il fatto che esso, in sostanza, sostituisce strumenti che già seguivano l’approccio dei Fondi Strutturali e del Fondo di Coesione (CARDS, ISPA, SAPARD, sezione Cross Border di PHARE). 2. Per 4 delle 5 Sezioni di IPA che interessano i Paesi candidati, inoltre, si applicano principi, procedure di implementazione e meccanismi di selezione dei progetti mutuate dai Fondi Strutturali. 3. La logica di intervento dei Fondi Strutturali, tuttavia, viene in parte estesa anche ad ENPI, in particolare alla sua componente transfrontaliera, per la quale è previsto espressamente l’intervento finanziario anche del FESR. Nel ciclo in corso, infatti, il FESR può finanziare, come predetto, anche progetti localizzati esternamente ai confini dell’UE. 28 Antonio Bonetti
  • 29. UNIMOL – Master in Programmazione comunitaria 44. Le caratteristiche specifiche di ENPI 1. Lo Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (più noto con l’acronimo ENPI) è finalizzato a creare una zona limitrofa alla Comunità e ai Paesi formalmente e potenzialmente candidati politicamente più stabile ed economicamente meno arretrata (l’art. 1 del regolamento 1638/2006 indica che l’obiettivo è “la creazione di una zona di prosperità e di buon vicinato fra l’UE e i Paesi partner”). Gli obiettivi socio-economici e strategici, quindi, continuano ad essere quelli precipui della strategia di allargamento. Ciò che cambia è che l’obiettivo finale non è più l’ingresso dei Paesi beneficiari nell’UE. Tale strumento è coordinato dalla DG Relazioni esterne (DG Relex9) che, de facto, è stata riassorbita nel nuovo Servizio della Commissione denominato European External Action Service che supporta l’azione politica dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (v. Box 3). 2. ENPI è lo strumento di finanziamento cardine della “politica di vicinato”, che interessa: sponda Sud del Mediterraneo e Medio Oriente (Paesi già beneficiari di MEDA); Europa dell’Est e Sud Caucaso (Paesi già beneficiari di TACIS). Può beneficiare di finanziamenti ENPI, tuttavia, anche la Russia. 3. La “politica di vicinato” (European Neighbourhood Policy) ed ENPI seguono un approccio alla programmazione degli interventi del tutto assimilabile a quello degli altri strumenti geografici della UE (v. par. 45). Essi, tuttavia, si fondano su un processo di politico e di programmazione incentrato sulla ratifica del c.d. “ENP Action Plan”, che fornisce su un piano bilaterale gli indirizzi a breve e medio termini (3-5 anni) degli interventi di assistenza della Comunità (v. par. 46). Box 3 – L’Alto rappresentante per la PESC dell’Unione e il nuovo Servizio Europeo per l’Azione Esterna Fra le principali innovazioni del Trattato di Lisbona si può certamente annoverare la rimarchevole razionalizzazione dell’azione esterna dell’UE e delle relative funzioni di rappresentanza. Nel titolo V del TUE vengono disciplinati: - la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC); - la Politica di Sicurezza e Difesa Comune PSDC); - la politica di vicinato. Nella parte quinta del TFUE vengono disciplinate: - la politica commerciale (art. 207); - la politica di cooperazione allo sviluppo (art. 209); - la cooperazione economica finanziaria e tecnica con i PT (artt. 212 – 213); - l’aiuto umanitario (art. 214); - le relazioni dell’UE con le Organizzazioni internazionali (art. 220). L’aspetto più rilevante da considerare, tuttavia, è l’istituzione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a cui viene affidata realmente la funzione di dare “una voce sola” all’UE sullo scacchiere politico internazionale. Formalmente, l’Alto Rappresentante assume anche la vice- presidenza della Commissione Europea e dirige il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri. Sul piano sostanziale egli dirige la PESC e la politica di sicurezza dell’Unione, riunendo le funzioni che venivano 9 Stante la responsabilità politica delle Direzioni Generali di coordinamento, in sede di esecuzione dei Programmi dell’azione esterna dell’UE hanno una funzione operativa cruciale: - l’Ufficio di Cooperazione della Commissione denominato AIDCO (EuropeAid Cooperation Office), che opera sotto il controllo della DG Relex (le cui funzioni sono state trasferite al Servizio Europeo per l’Azione Esterna) e della DG Sviluppo della Commissione; - le Delegazioni della Commissione nei Paesi Terzi. 29 Antonio Bonetti