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Dichiarazione di Robben Island.
Lancio della Campagna mondiale per la liberazione di
Marwan Barghouti e tutti i prigionieri palestinesi
Sudafrica, 27 ottobre 2013 - "Noi, i firmatari, affermiamo la nostra
convinzione che la libertà e la dignità sono l'essenza della civiltà.
Persone di tutto il mondo e nel corso della storia si sono levate in difesa della
loro libertà e della loro dignità contro il dominio coloniale, l'oppressione,
l'apartheid e la segregazione.
Generazioni di uomini e donne hanno fatto grandi sacrifici per forgiare valori
universali, difendere le libertà fondamentali e far progredire il diritto
internazionale e i diritti umani.
Non vi è un rischio maggiore per la nostra civiltà che abbandonare questi
principi e consentire irresponsabilmente la loro violazione e negazione. Il
popolo Palestinese ha lottato per decenni per la giustizia e la concretizzazione
dei propri diritti inalienabili. Tali diritti sono stati più volte ribaditi da
innumerevoli risoluzioni delle Nazioni Unite.
Valori universali, legislazione internazionale e diritti umani non possono
fermarsi alle frontiere. Né è possibile ammettere che si usino due pesi e due
misure, e devono essere applicati anche in Palestina.
Questa è la strada da seguire per una pace giusta e duratura nella regione, a
beneficio di tutti i suoi popoli.
L’applicazione di questi diritti comporta la liberazione di Marwan Barghouti e
di tutti i prigionieri palestinesi, in quanto la loro prigionia altro non è che un
riflesso della pluridecennale privazione della libertà che il popolo palestinese
ha subito e continua a sopportare.
Centinaia di migliaia di palestinesi sono stati imprigionati a un certo punto
della loro vita, in uno dei più eclatanti esempi di detenzione di massa che
mirano a distruggere il tessuto nazionale e sociale del popolo occupato, e a
spezzare la sua volontà di raggiungere la libertà. Migliaia di prigionieri politici
palestinesi ancora oggi languono nelle carceri israeliane. Alcuni prigionieri
palestinesi hanno trascorso oltre 30 anni nelle carceri israeliane, cosa che fa di
Israele la potenza occupante responsabile dei più lunghi periodi di detenzione
politica nella storia recente.
Il trattamento dei prigionieri palestinesi dal momento del loro arresto,
durante gli interrogatori e il processo, nonché durante la loro detenzione, viola
le norme e gli standard previsti dalla legge internazionale. Queste violazioni,
tra cui l'assenza di garanzie fondamentali per un giusto processo, il ricorso alla
incarcerazione arbitraria, il maltrattamento dei prigionieri e l'uso della
tortura, il disprezzo per i diritti dei bambini, la mancanza di assistenza
sanitaria per i detenuti malati, il trasferimento dei detenuti nel territorio dello
stato occupante e le violazioni del diritto di ricevere visite, così come l'arresto
di rappresentanti eletti, richiedono la nostra attenzione e il nostro intervento.
Tra questi prigionieri, un nome è emerso a livello nazionale e internazionale
come fondamentale per l'unità, la libertà e la pace.
Marwan Barghouti ha trascorso un totale di quasi due decenni della sua vita
nelle carceri israeliane, tra cui gli ultimi 11 anni. È il prigioniero politico
palestinese più importante e rinomato, un simbolo della missione del popolo
palestinese per la libertà, una figura che unisce e un sostenitore della pace
basata sul diritto internazionale.
Tenendo presente come gli sforzi internazionali portarono alla liberazione
di Nelson Mandela e di tutti i prigionieri anti-apartheid, riteniamo che
la responsabilità morale giuridica e politica della comunità internazionale di
assistere il popolo palestinese nella realizzazione dei loro diritti deve
contribuire a garantire la libertà di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri
politici palestinesi.

Cosa chiediamo ?
Chiediamo, quindi, e ci impegnamo ad agire per la liberazione di Marwan
Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi. Fino al loro rilascio, i prigionieri
palestinesi, come sancito dal diritto internazionale umanitario e le leggi in
materia di diritti umani, devono beneficiare dei loro diritti e le campagne di
arresti devono cessare.
Uno dei più importanti segni della disponibilità a fare la pace con
il tuo avversario è la liberazione di tutti i suoi prigionieri politici, un potente
segnale di riconoscimento dei diritti di un popolo e delle sue naturali
rivendicazioni della propria libertà. E’ il segnale di inizio di una nuova era, in
cui la libertà aprirà la strada per la pace. Occupazione e pace sono
incompatibili.
L’occupazione, in tutte le sue manifestazioni, deve terminare, in modo che
la libertà e la dignità possano prevalere. La libertà deve prevalere perché
il conflitto cessi e perché i popoli della regione possano vivere in pace
e sicurezza."

Dalla prigione di Robben Island,
cella di Mandela il 27 Ottobre 2013
Alla presenza di Fadwa Barghouti, Ahmed Qatrhada, Majed Bamiah, Neesham
Bolton, Luisa Morgantini, Qaddura Fares, Francis Sahar, Ahmed El Azzam,
ex-prigionieri sudafricani, rappresentanti palestinesi ed attivisti sudafricani.
Un Comitato internazionale di alto livello è stato
costituito
per
internazionale

il

sostegno

alla

campagna

Il 27 Ottobre a Robben Island , i lavori sono iniziati con la sottoscrizione della
Dichiarazione di Robben Island che chiede la liberazione di Marwan
Barghouti e di tutti i prigionieri politici palestinesi .
La dichiarazione è stata sottoscritta nella cella della prigione di Nelson
Mandela. I primi firmatari sono stati gli ex prigionieri politici di Robben
Island, Ahmed Kathrada e il membro del Congresso Pan Africano Kwedie
Mkalipi, insieme a Fadwa Bargohouti, moglie di Marwan Barghouthi.
Dopo la sottoscrizione della dichiarazione, è stato annunciato l'appoggio di un
Comitato Internazionale di alto livello i cui membri includono:
Ahmed Kathrada - Fondatore del Comitato Internazionale ad alto
livello, figura storica del movimento anti- apartheid, ex prigioniero per
26 anni, nonché già consulente per gli affari parlamentari del
presidente Mandela, già presidente del consiglio del Museo di Robben
Island.
•Angela Davis - ex prigioniera politica, icona del movimento per i
diritti civili, USA,
•Win Tin - ex prigioniero politico e detentore del premio mondiale
dell'UNESCO per la libertà di stampa, Burma.
•John Bruton - ex Primo Ministro in Irlanda, impegnato nei
negoziati di pace nell'Irlanda del Nord, già Vice Presidente del Partito
Popolare Europeo ed ex Ambasciatore dell'Unione Europea a
Washington, Membro del gruppo degli ex Leaders Europei.
•Lena Hjelm-Wallén - ex vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri
in Svezia, Presidente dell'Istituto Internazionale per la Democrazia e
Assistenza all'Elettorato, Membro del gruppo degli ex Leaders Europei,
•Christiane Hessel, moglie di Stéphane Hessel - partigiano francese
contro l'occupazione nazista ed ex Ambasciatore, scrittore e figura
storica per i diritti umani, autore del best seller mondiale ”Indignezvous”.
•Vescovo Desmond Tutu - premio Nobel per la pace, South Africa
•Jody Williams - premio Nobel per la pace, USA
•Adolfo Pérez Esquivel - Nobel per la pace, Argentina
•José Ramos Horta - ex Presidente di Timor Est, premio Nobel per la
pace,
• Mairead Maguire - premio Nobel per la pace, Irlanda del Nord
Nel suo intervento durante l'evento di Robben Island, Kathrada ha dichiarato
che la sua speranza è che questa campagna superi la campagna di “Mandela
libero” da lui lanciata molti anni or sono.
“Robben Island è il luogo dove tutti noi reiteriamo il nostro appoggio alla
causa palestinese e, dove, ancora una volta, invochiamo il nostro chiaro e
urgente appello per il rilascio di Marwan Barghouthi e di tutti e prigionieri
politici palestinesi. Questo luogo una volta tenne prigionieri alcuni dei futuri
leaders di un democratico e libero Sud Africa. Ora da questo luogo risuona
l'appello per la liberazione di leaders politici incarcerati, fautori
dell'unificazione del popolo palestinese.”
Kathrada ha anche invocato la pressione mondiale contro Israele. “Proprio
come il Sud Africa con la sua politica dell' apartheid fu isolata, noi vogliamo
che Israele sia isolato dal mondo civile,” ha detto.
Fadwa ha letto un messaggio scritto dal marito nella cella della prigione di
Hadarim, in cui egli si appella alla comunità internazionale per agire sulla
questione dei diritti umani. “La comunità internazionale ha l'obbligo
politico, morale e legale di agire nella difesa della giustizia, appoggiando le
leggi internazionali e i diritti umani. Questa è la responsabilità dei governi,
dei rappresentanti eletti, delle organizzazioni per i diritti umani, dei
movimenti della società civile, dei sindacati, e dei singoli cittadini.”
L'arcivescovo Desmond Tutu, che fa parte del Comitato Internazionale, ha
inviato un messaggio di solidarietà. “Unisco la mia voce a quelle del sig.
Kathrada e della signora Baghouthi e a tutte le voci in giro per il mondo che
invocano Israele perché faccia un passo indietro dal precipizio della
divisione e del pregiudizio e liberi i prigionieri politici. La loro liberazione
libererà anche voi israeliani,” ha detto.
Marwan Barghouthi è stato il primo membro del Consiglio Legislativo
palestinese ad essere arrestato da Israele. Ha passato oltre dieci anni in
prigione rifiutandosi di essere messo in libertà condizionale fino a che tutti i
prigionieri palestinesi non siano liberati. Egli è generalmente conosciuto come
il “Mandela del popolo palestinese”.
Gli attivisti per i diritti umani Selvan Chetty, ed il consigliere ANC Mr Sbu
Danca, erano presenti all'evento storico tra i pochi ben selezionati attivisti Sud
Africani ed internazionali come Luisa Morgantini, già Vice Presidente del
Parlamento Europeo e Presidente di AssoPacePalestina. Ognuno di loro ha
sottoscritto la dichiarazione originale davanti a Fadwa Bargouthi ed Ahmed
Kathrada.
(Fonte: Alleanza per la Solidarietà alla Palestina – Sud Africa)
Il Messaggio del leader Marwan Barghouti
Dalla prigione di Hadarim, cella n°28
Caro Ahmad Kathrada e amici sudafricani,
Cari Eccellenze, Onorevoli ospiti,
La lotta del movimento anti-apartheid ha trasformato Robben Island da
simbolo di oppressione a testimonianza vivente del trionfo della libertà sulle
catene, della luce sulle tenebre, della speranza sulla disperazione.
Questo luogo ci ricorda il peggio di cui il genere umano è capace. Ma anche il
meglio.
La nostra causa è comune. La lotta per la libertà e la dignità. E i nostri nemici
sono simili: l'oppressione, la negazione dei diritti, la segregazione e
l'apartheid. Senza dimenticare ciò che più di tutto permette di prolungarne
l'esistenza: l'indifferenza o il semplice rifiuto di agire. Mentre gli altri parlano
di valori universali, di diritti umani e del diritto internazionale, noi ne siamo
l'incarnazione, grazie alla nostra lotta; la difesa di questi principi passa
attraverso i nostri grandi sacrifici. Ma la volontà dei popoli oppressi non può,
e non sarà, sconfitta. La libertà deve prevalere in Palestina, com'è stato in Sud
Africa. Nel corso della storia i popoli di tutto il mondo sono stati in grado di
ottenere la loro libertà che ha prevalso contro oppressione, dominio coloniale,
dittature, segregazione, razzismo e apartheid; così anche noi sconfiggeremo
quest'occupazione.
Oggi possiamo utilizzare un poter enorme contro l'ingiustizia. Non è il
tradizionale potere coercitivo ("hard power"), e neanche il più moderno soft
power, ma il potere che deriva dall'ispirazione. La Palestina è la più
universale delle cause nazionali e trae dalla vostra lotta molte lezioni:
innanzitutto che la libertà non è negoziabile. La liberazione dei nostri
prigionieri deve essere senza condizioni. La libertà del nostro popolo è
inevitabile.
L'oppressore non fa che fomentare tribalismo, divisioni politiche, etniche e
religiose e questo al fine di prevalere. L'unità è la legge della vittoria per i
popoli oppressi; la vasta coalizione che siete stati in grado di creare è la prova
di come sconfiggere l'apartheid. I leader delle diverse fazioni in campo, siano
essi in carcere, nella Palestina occupata o in esilio, dovrebbero completare e
completarsi a vicenda, non competere tra loro, in modo da sostenere l'unità
politica del nostro popolo e riunificare la nostra terra, esprimendo l'unità
indissolubile della nostra gente.
Non si sconfigge il nemico, assomigliandogli. Al contrario di fronte ad
un tale sistema coloniale e razzista che diffonde la violenza, la segregazione,
l'annessione e l'oppressione, abbiamo il dovere di difendere una visione
pluralista, rispettosa del diritto internazionale e dei diritti umani, in grado di
ottenere libertà, pace e convivenza.
Si deve puntare in primo luogo sulle persone e la loro mobilitazione. È stata la
disobbedienza civile, la vostra resistenza sul campo che ha avuto il più
importante effetto di trasformazione verso la fine del regime dell'apartheid.
La comunità internazionale ha l'obbligo politico, morale e legale di agire in
difesa della giustizia, di sostenere e promuovere il diritto internazionale e i
diritti umani. Questa responsabilità ricade sui governi, sui rappresentanti
eletti, sulle organizzazioni per i diritti umani, i movimenti della società civile,
dei sindacati e su ogni singolo cittadino. Il movimento internazionale BDS è
stato determinante nel mettere sufficiente pressione sul governo sudafricano e
far si che cambiasse le sue politiche, e cominciasse a cooperare con il
movimento anti-apartheid per finalmente porre fine all'apartheid stesso e
contribuire alla creazione di un Sudafrica democratico e non-razzista. De
Klerck ha fatto delle scelte storiche, ma sicuramente alla radice delle sue
decisioni c'è stata la pressione internazionale e la resistenza sul terreno.
Solo quando il governo dell'apartheid ha reso pubblica la sua decisione di
porre fine all'apartheid e l'ha messa in pratica, anche attraverso la liberazione
di Mandela e di tutti i prigionieri, solo allora sono iniziate le trattative tra i
vecchi nemici divenuti partner di pace.
Ha per caso il governo israeliano mostrato una chiara volontà di mettere fine
alla sua occupazione, agendo di conseguenza?
Ogni nuova unità di colonia costruita, ogni casa demolita, ogni arresto e
incursione ci fornisce una chiara risposta.
È evidente che non vi sia nessun De Gaulle, e che un De Klerck non appaia
ancora in vista in Israele. E l'impunità israeliana non fa altro che posticipare
l'arrivo della pace.
Ma la vostra lotta non deve semplicemente essere di insegnamento per noi. Da
essa dobbiamo attingere anche la profonda convinzione che ottenere la libertà
e soddisfare la nostra legittima ispirazione all'indipendenza e al ritorno è
possibile. È questa l'unica strada da percorrere per raggiungere la pace e la
sicurezza per tutti i popoli della regione.
Sappiamo che la vittoria ci aspetta, in quanto l'aspirazione alla libertà nel
nostro cuore è più forte dell'odio nei cuori dell'occupante e del potere
coloniale. Il trionfo della libertà e della dignità, della giustizia e
dell'indipendenza in Palestina, il ritorno dei nostri profughi, il rilascio dei
prigionieri palestinesi ci sapranno dimostrare che la comunità internazionale
è in grado di difendere i valori universali e la legalità internazionale nel
mondo.
Un giorno sarò in grado di visitare quel luogo, quale uomo libero, cittadino di
un paese libero, e con la libertà quale mio orizzonte. Mi viene in mente un
grande uomo, che non solo ha visto che all'orizzonte, ma che l'ha plasmato
insieme ai suoi compagni di lotta, anche da dentro il carcere; il grande Nelson
Mandela, il cuore del vostro potere d'ispirazione.
A mio nome e a nome dei 5000 prigionieri politici palestinesi, e del
popolo palestinese tutto, sia in patria che in esilio, permettetemi di
ringraziare tutti coloro che hanno reso questo evento e il lancio di
questa campagna possibile; in particolare i membri del Comitato
internazionale di alto livello che hanno accettato di utilizzare il
loro peso politico e morale a sostegno di questa importante causa.
Permettetemi qui di ricordare e onorare la memoria di uno di questi membri,
Stéphane Hessel, che è sempre stato in prima fila nella difesa dei diritti umani
in tutto il mondo, nonché Presidente Onorario del Tribunale Russell sulla
Palestina.
Un ringraziamento speciale spetta al signor Kathrada e alla sua Fondazione. È
un atto onorevole mobilitarsi contro l'ingiustizia quando si è una delle sue
vittime. È ancora più ammirevole farlo quando non si è vittima di
quell'ingiustizia, che invece ricade su altri. Mr Kathrada, è un privilegio avere
lei e tutto ciò che lei simboleggia, quale anima di questa campagna. Scrivo
queste parole, dopo aver letto il suo libro e dopo aver vissuto, da dentro la mia
cella, attraverso le sue parole, la sua sofferenza, istante per istante. Ho seguito
attraverso le pagine del suo libro la lotta del Sud Africa per la libertà, come ho
fatto durante la lettura del libro di Mandela. Ho visualizzato questo luogo di
oppressione, trasformato attraverso la vostra lotta in un faro, che ci mostra la
via da seguire. Non è un caso se la Conferenza Internazionale "Libertà e
Dignità " tenutasi in Palestina ha avuto luogo il 27 aprile. Ho scelto proprio
quella data in modo che coincidesse esattamente con il Giorno della Libertà
del Sud Africa. Come ospite d'onore, il signor Kathrada suggerì il lancio di
questa campagna, e insieme alla sua Fondazione ha lavorato senza sosta
durante gli ultimi 6 mesi per trasformare questa potente idea in realtà. Quello
che sta accadendo qui oggi è un punto di svolta nello sforzo internazionale a
sostegno della libertà dei prigionieri palestinesi e del popolo palestinese tutto.
Questa campagna avrà fine solo quando tutti i prigionieri politici palestinesi
saranno liberi, e sono fiducioso sulla possibilità di poter festeggiare un giorno
insieme la libertà dei prigionieri e la libertà della Palestina.
Permettetemi infine di dire qualcosa a tutti voi: quando vi verrà
chiesto da che parte state, scegliete sempre la parte della libertà e
della dignità contro l'oppressione, dei diritti umani contro la
negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro
l'occupazione e l'apartheid. Solo così si può servire la causa della
pace e agire per il progresso dell'umanità”.
Marwan Barghouti
Liberate Marwan Barghouti !
Articolo di Luisa Morgantini, apparso su Il Manifesto del 12 novembre 2013

Nel selciato fatto di conchiglie frantumate, ne ho trovate tre, bianchissime,
erano rimaste intatte, solo consumate dal tempo e dal sole.
Le ho raccolte, io, che una volta ridevo di chi raccoglieva conchiglie.
Ero a Robben Island, Cape Town, Sudafrica, nella prigione dove Nelson
Mandela e altri leader, hanno passato tanti anni della loro vita. Laloo Chiba un
ex-prigioniero mestamente mi raccontava che quasi tutti loro hanno portato
per molto tempo occhiali neri o come Mandela subito operazioni agli occhi.
Perché quelle conchiglie e le pietre, così bianche, che i prigionieri dovevano
spaccare mentre i raggi del sole e la polvere li accecavano.
Avevo già visitato con enorme commozione, qualche anno dopo la liberazione
di Mandela e le prime elezioni del Sudafrica libero, la prigione di Robben
Island. L’ultimo prigioniero e carceriere se ne erano andati nel Dicembre del
1996. Il nuovo governo del Sudafrica aveva chiesto il riconoscimento dell’isola
come Patrimonio dell’Umanità all’Unesco che gli venne dato nel 1999. Oggi è
un museo ed un istituzione culturale, composta da ex prigionieri che cercano
di mantenere una memoria fertile anche per quei giovani sudafricani che non
hanno vissuto il periodo dell’apartheid . E per ognuno di noi che ha fatto parte
dei movimenti Antiapartheid e per la liberazione di Nelson Mandela, Robben
Island non è solo il simbolo dell’oppressione ma anche della libertà e della
speranza.
Ed è proprio a Robben Island che il 27 Ottobre 2013 è avvenuto un fatto
storico: dalla cella di Mandela è stata lanciata la campagna per la liberazione
di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi.
Con noi non c’era Mandela, ormai troppo malato, ma Ahmed Qathrada, suo
compagno di prigione e di lotta, di origini indiane, che ha passato 26 anni
della sua vita in carcere. Ma c’erano anche molti ex prigionieri e attivisti
venuti dalle varie parti del Sudafrica. Fadwa Barghouti, moglie di Marwan è
entrata con Qathrada nella cella ormai spoglia, tranne che per una stuoia, una
coperta arrotolata ed un grande poster di Marwan ed hanno letto l’appello di
Robben Island.
Noi, la delegazione che accompagnava Fadwa, dodici palestinesi
rappresentativi di istituzioni e associazioni per la difesa dei diritti umani, tra i
quali Addameer e Insan, ed io eravamo sopraffatti dall’emozione. Sembrava di
vivere in un sogno, per tanto tempo con Fadwa, avevamo desiderato durante il
processo a Marwan Barghouti che la voce di Mandela e del Sudafrica si facesse
sentire. Ed ora eravamo qui e grazie all’impegno di Ahmed Qathrada e la sua
Fondazione il volto di Madiba e Marwan sono sullo stesso manifesto.
Dopo l’evento simbolico nella cella, si è tenuto un incontro per comunicare la
formazione di un Comitato Internazionale di alto profilo, ne fanno parte oltre
a Qathrada, i premi Nobel, Vescovo, Desmond Tutu, Jody Williams, Adolfo
Perez Esquivel Josè Ramos Horta, Maireread Maguire nonché Angela Davis,
John Burton , Lena Hjelm- Wallen , Christiane Hessel (vedova di Stephen
Hessel che prima della sua morte aveva aderito alla campagna per la
libertà di Marwan).
Finalmente Marwan Barghouti e i prigionieri palestinesi diventano un evento
internazionale. In Francia, 40 comuni hanno già dato la cittadinanza onoraria
a Marwan, adesso bisogna estenderla in ogni paese a partire dall’Italia. Israele
ha sempre usato i prigionieri come ostaggi e nell’accordo di Oslo, la leadership
palestinese non è stata capace di far diventare la questione dei prigionieri
prioritaria e prendere esempio da Mandela che sosteneva che «solo gli uomini
liberi possono negoziare» e che da uomo libero ha negoziato.
Quando è stato detto a Marwan che si iniziava la campagna per la sua
liberazione, lui ha preteso che la campagna non fosse fatta solo per lui ma per
tutti i prigionieri politici.
I prigionieri palestinesi oggi ancora nelle carceri sono più di cinquemila, tra
loro 136 di cui 11 parlamentari in detenzione amministrativa (anni e anni
senza processo), 13 donne, 195 giovani di cui 36 al di sotto dei 16 anni. Dal
1967, anno dell’occupazione militare della Cisgiordania e Gaza sono più di
800.000 i palestinesi passati nelle carceri israeliane. Praticamente ogni
famiglia palestinese ha avuto persone in carcere.
Ma non si tratta solo di numeri, ognuno di loro ha una storia, un volto, un
vissuto di sofferenza, torture, umiliazioni, di figli che non sono stati visti
crescere o che non si sono mai potuti avere. Come Marwan che ha trascorso
complessivamente più di 18 anni di carcere, i primi sette durante la prima
Intifadah e poi negli ultimi 11 anni. Non ha visto crescere i suoi tre figli,
Qassam, Sharaf e Arab, e sua figlia Ruba che si è sposata ed ha avuto un bimbo
che Marwan non ha mai visto e non potrà vedere perché le regole prevedono
che solo i parenti stretti, moglie e figli possono fare visita, anche se la vendetta
dei carcerieri nei confronti dei prigionieri è feroce, illegale ed inumana, i figli
di Marwan non hanno il permesso di visitare il padre.
Marwan Barghouti venne sequestrato a Ramallah il 15 aprile del 2002
dall’esercito israeliano, subito dopo l’ operazione di aggressione militare
«Scudo difensivo» lanciata in tutti i territori occupati che ha visto la
distruzione delle città e di tutte le infrastrutture, ministeri, scuole, strade,
l’istituzione di centinaia e centinaia di checkpoint, coprifuochi,assassini
extraterritoriali, demolizioni di case.
E’ stato condannato per resistenza militare a cinque ergastoli e 40 anni di
prigione. Marwan non ha riconosciuto la legittimità della Corte che lo
giudicava, come aveva fatto Mandela per il suo popolo, ed ha rivendicato il
diritto dei palestinesi alla libertà, alla pace e alla democrazia.
Marwan è amato dai palestinesi ed è un uomo per l’unità, la sua campagna in
Palestina è stata lanciata da tutte le forze politiche e sociali. Nessuno
dimentica che dal carcere è stato lui il promotore dei 21 punti del governo di
unità nazionale dopo le elezioni del 2006 e il fallimento del governo di Hamas.
Nel suo messaggio inviato a Robben Island, dalla cella n. 28 della prigione di
Hadarim ci dice:
…quando vi verrà chiesto da che parte state, scegliete sempre la parte della
libertà e della dignità contro l'oppressione, dei diritti umani contro la
negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l'occupazione e
l'apartheid. Solo così si
può servire la causa della pace e agire per il progresso dell'umanità.
Alcune informazioni su

Marwan Barghouti

Marwan Barghouti è nato il 6 giugno 1959, nel villaggio di Kobar, vicino a
Ramallah. E’ cresciuto nella Palestina sotto occupazione, un’occupazione che
ha segnato tutta la sua esistenza e che ha dato vita alla sua battaglia per
combatterla.
L’ingresso in Al - Fatah
Nel 1974, quando aveva quindici anni, entra in Al-Fatah, il partito storico del
movimento di liberazione della Palestina e fonda il movimento giovanile di Al
– Fatah (Shabiba). Nel 1989 viene eletto nel Consiglio Rivoluzionario e nel
1994 Segretario Generale (del Consiglio) per la Cisgiordania. Diventa
parlamentare con le elezioni del 1996 e successivamente rieletto nel 2006
come Capo della lista di Al- Fatah. Nel 2009, entra nel Comitato Centrale di Al
-Fatah, l’organo più importante del partito.
La prigione
Marwan è il prigioniero politico palestinese più conosciuto. Ha trascorso 17
anni nelle carceri israeliane, di cui gli ultimi 11 in modo consecutivo. La sua
prima incarcerazione risale al 1978, quando fu accusato da Israele di essere un
membro di Al-Fatah, che allora era considerata “un’organizzazione vietata”.
Nel 1987, Israele lo ha deportato e costretto all’esilio dalla sua terra, con
l’accusa di “incitare” alla lotta contro l’occupazione. Potrà farvi ritorno solo nel
1994, in seguito alla firma degli Accordi di Oslo.
Durante la seconda Intifada e a seguito dei due tentativi (falliti) di ucciderlo, è
stato sequestrate dalle forze di occupazione israeliana, il 15 aprile 2002: è
stato il primo parlamentare palestinese ad essere arrestato da Israele;
purtroppo ne sono seguiti molti altri. Il 6 giugno 2004, dopo quello che gli
osservatori internazionali e le delegazioni presenti hanno definito un
“processo farsa”, Marwan è stato condannato a 5 ergastoli e 40 anni di
reclusione. Va sottolineato come Marwan si sia rifiutato di riconoscere la
legittimità della corte israeliana in quanto forza occupante, e in quanto corte
destinata a giudicare un rappresentante eletto del popolo palestinese,
confermando così il ruolo delle corti come parti integranti del sistema di
occupazione. Marwan è stato costretto a 100 giorni di interrogatori e oltre
1000 giorni in cella di isolamento, senza poter ricevere alcuna visita dai suoi
familiari. Attualmente sua moglie può andarlo a trovare per 45 minuti, ogni
due settimane, mentre i suoi tre figli devono richiedere un permesso per fare
visita a loro padre, che gli viene concesso solo una volta ogni due o tre anni.
Educazione
Marwan ha finito la scuola secondaria, conseguendo il diploma, in prigione.
Nel 1983 è stato ammesso a Bir Zeit, l’Università più secolare della Palestina.
Ma sono trascorsi 11 anni prima che abbia potuto terminare quello che
avrebbe dovuto essere un corso quadriennale per la laurea in Storia e Scienze
Politiche. Durante gli anni trascorsi all’Università, è diventato una figura di
riferimento per la scena politica studentesca e ha guidato come presidente
l’Unione degli studenti, in un momento storico in cui l’università stava
diventando il fulcro delle attività politiche in Palestina. Ha scritto la tesi sulle
relazioni franco-palestinesi, un tema che conosceva bene in qualità di
presidente del gruppo interparlamentare Francia-Palestina all’interno del
Consiglio Legislativo Palestinese. Nel 2010, ha conseguito un dottorato in
Scienze Politiche dall’Istituto per lo studio e la ricerca della Lega Araba,
intitolato “la Performance legislativa e lo stato politico del Consiglio
Legislativo palestinese e il suo contributo al processo democratico in Palestina
dal 1996 al 2006”. Marwan ha scritto la sua tesi di dottorato mentre era
incarcerato nella prigione di Hadarim, facendo uscire segretamente le pagine
scritte per un intero anno, attraverso il suo avvocato.
Le due Intifada e il processo di pace
Durante la prima Intifada, scoppiata poco dopo il forzato esilio in Giordania,
Marwan ha avuto un ruolo significativo nell’organizzare la resistenza
palestinese contro l’occupazione israeliana. Il suo ruolo ufficiale durante
l’Intifada è stato quello di anello di congiunzione tra l’Organizzazione di
Liberazione della Palestina (OLP) e il partito di Al- Fatah, che si trovava nei
territori palestinesi sotto occupazione. Solo nel 1994, a seguito della firma
degli Accordi di Oslo, Marwan Barghouti ha potuto rientrare nei Territori
palestinesi occupati, sostenendo da subito il processo di pace, promuovendo
attività e campagne senza sosta sulle strade palestinesi e anche all’interno dei
circoli politici israeliani e palestinesi. E credendo fermamente che gli Accordi
rappresentassero un’opportunità storica per i palestinesi, per ottenere uno
stato, l’indipendenza e il diritto all’autodeterminazione.
Alla fine degli anni Novanta però agli occhi di molti palestinesi è diventato
chiaro come le intenzioni di Israele non fossero pacifiche e l’ottimismo iniziale
che aveva prevalso durante gli Accordi di Oslo, è stato accantonato, alla luce
del fatto che contemporaneamente Israele ha intensificato e perseguito le sue
politiche coloniali. Il 28 settembre 2000, la visita di Ariel Sharon alla moschea
di al-Aqsa ha fatto scoppiare proteste a cui le forze di occupazione israeliane
hanno risposto con brutalità: è iniziata la Seconda Intifada, durante la quale il
ruolo centrale di Marwan nella lotta per la libertà palestinese, è stato
confermato. Marwan si è sempre opposto agli attacchi contro civili israeliani
sul territorio israeliano , difendendo al contrario il diritto del popolo
palestinese a resistere contro l’occupazione come riconosciuto dal diritto
internazionale e enfatizzando che pace e sicurezza possono scaturire solo dalla
fine dell’occupazione. Inoltre sostiene la resistenza popolare nonviolenta
contro la colonizzazione e l’occupazione israeliana. E’ stato un forte
sostenitore del riconoscimento ONU e continua a fare appello ad un maggiore
impegno da parte della comunità internazionale, visto il fallimento delle
negoziazioni bilaterali, per garantire libertà e giustizia al popolo palestinese e
pace e sicurezza a tutti i popoli della regione.
Riconciliazione
Marwan Barghouti è stato l’ideatore del Documento dei prigionieri per la
Riconciliazione Nazionale, redatto dai leader dei diversi partiti e fazioni
politiche palestinesi, sulle cui basi è stato creato un governo di unità nazionale
nel febbraio del 2007; in questo documento, i rappresentanti dei partiti
politici si sono dichiarati d’accordo per uno Stato palestinese sui confini del
1967, per il cessate il fuoco, per limitare la resistenza ai territori occupati e per
l’adozione della resistenza popolare come la via per mettere fine
all’occupazione. Marwan ritiene che la riconciliazione debba essere una
priorità dell’agenda politica e crede in un approccio inclusivo, che unisca i
partiti palestinesi intorno ad una piattaforma dell’OLP e che consenta il
coinvolgimento di tutti i partiti all’interno del sistema politico. La
riconciliazione dovrebbe avere come finalità, la rinascita del processo
democratico palestinese e portare ad elezioni a tutti i livelli, con tempi e
modalità condivise.
La vita personale
Marwan è stato imprigionato per la prima volta nel 1978: quando è uscito dal
carcere, ha sposato l’amore della sua vita, Fadwa, alla quale aveva fatto la
proposta sei mesi prima del suo rilascio. Marwan e Fadwa hanno attualmente
due figli (Qassam e Sharafand ‘Arab) e una figlia, Ruba.
Marwan Barghouthi autore
Marwan Barghouti ha scritto diversi libri durante gli anni della sua prigionia:
-“La promessa” (una raccolta di interviste, dichiarazioni e messaggi di
Marwan)
-"Mille giorni in isolamento (un libro che racconta gli interrogatori, I
maltrattamenti, l’isolamento a cui Marwan è stato sottoposto durante I mille
giorni di isolamento subito dopo il suo sequestro)
-"Resistere all’arresto”, scritto a quattro mani con Abdel Nasser lssa, uno dei
leader di Hamasa e con A’hed Abu Ghulmeh, membro del Comitato centrale
del Fronte Popolare (il libro racconta come rispondere agli interrogatori
israeliani, alla tortura anche psicologica durante gli arresti).
-"Le relazioni franco-palestinesi” che è stato pubblicato prima della condanna
di Marwan e a partire dalla sua tesi.
Risoluzioni di entità internazionali parlamentari
-L’Unione interparlamentare, nella sua risoluzione adottata all’unanimità il 19
ottobre 2011, ha riaffermato “ che l’arresto e il trasferimento in territorio
israeliano di Marwan Barghouti è avvenuto in violazione con il diritto
internazionale; evidenzia anche – alla luce delle argomentazioni legali
convincenti esposte nel report di Foreman, alle quali le autorità israeliane non
hanno fornito osservazioni - che il processo di Barghouti non ha seguito
standard legali di equità e giustizia, che Israele – in quanto parte della
Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici - è tenuto a rispettare e
che quindi Barghouti non può essere definito colpevole; si rammarica
profondamente che Barghouti non sia sulla lista dei prigionieri politici che
verranno rilasciati, e richiede il suo immediato rilascio.”
- Il parlamento Europeo, nella sue risoluzioni adottate il 4 settembre 2008, il
5 luglio 2012 e il 14 marzo 2013 richiede “il rilascio immediato dei membri del
Consiglio legislativo palestinese, incluso Marwan Barghouti.”
Citazioni
"Marwan Barghouthi è una voce importante a sostegno di una pace giusta con
Israele e un forte sostenitore dell’unità nazionale palestinese”, Jimmy Carter,
ex Presidente degli Stati Uniti e Premio Nobel per la Pace;
"La vita e la visione politica di Marwan Barghouti, l’innegabile legittimità che
ha tra i palestinesi come pure I legami a cui dato vita e che ha mantenuto con
la Francia, tutto questo lo rende una importante figura palestinese. Ha portato
avanti tutto questo negli ultimi anni, dal chiuso della sua cella di prigionia, per
contribuire attivamente alla riconciliazione tra i palestinesi. Non ho alcun
dubbio che potrebbe portare, una volta libero, un contributo prezioso agli
sforzi verso la pace.”Hubert Védrine, ex Ministro degli Esteri Francese.
"Quale simbolo dimostrerebbe meglio che la pace è possibile e che Israele è
veramente interessato ad una giusta pace, se non la liberazione di Marwan
Barghouti? Barghouti, un uomo la cui vita ha personificato la somoud, la
resistenza palestinese e le aspirazioni future; un uomo che ha condotto le
negoziazioni che hanno portato ad uno storico documento, quello dei
Prigionieri, che ha unito tutti i partiti e ha offerto la pace a Israele. Per sapere
se Israele è interessato alla pace, Barghouti è il test. Come la pace e il
cambiamento in Sud Africa sono state sancite dal rilascio di Nelson Mandela,
la libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che in Palestina, Israele intende
avviarsi su un nuovo percorso e che la libertà è prossima a quello che
Mahmoud Darwish scrisse, una Palestina come un “paese che si prepara per
l’alba”. Dalle tenebre delle prigioni israeliane, la libertà di Barghouti potrebbe
simboleggiare che la lunga notte cominciata nel 1948, sta finalmente
avviandosi al termine.” Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace.
"Il popolo palestinese ha ancora oggi così tanti sostenitori, o suoi cittadini
nelle prigioni israeliane e in particolare Marwan Barghouti, il parlamentare
che è stato uomo di pace, e un sostenitore della pace:” Federico Zaragoza, ex
Direttore generale dell’UNESCO.
“Quando sequestrarono Marwan il 15 aprile 2002, i miei sentimenti di
disperazione si mescolarono alla gioia che non fosse stato ucciso. Spesso i
soldati israeliani facevano esecuzioni sommarie.
I suoi occhi vivi dicono della sua dignità, amore per la libertà, per la giustizia,
per la sua terra e per il suo popolo. I messaggi che riesce ad inviare
clandestinamente dal carcere ci dicono della sua ferma volontà di volere una
pace con giustizia.
Marwan deve tornare ad essere libero, libero di camminare per le strade di
Palestina, di rappresentare e guidare il suo popolo, come ha fatto con onestà e
semplicità, combattendo l’occupazione ma anche la corruzione, capace di
trovare mediazione e di unire le diverse anime e politiche del mondo
palestinese. Barghouti libero significa che la strada verso la fine
dell’occupazione militare è vicina. Lui è il Mandela, bisogna trovare il De
Clerck israeliano:” Luisa Morgantini, già Vice Presidente del Parlamento
Europeo.
Dati sui prigionieri palestinesi
Ad oggi oltre 5000 palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane a causa
della loro opposizione all’occupazione illegale. Israele viola costantemente i
lori diritti non solo tenendoli in carcere ma per le condizioni nelle quali sono
costretti a vivere. I prigionieri protestano con scioperi della fame, molti loro
hanno rischiato la vita. Le guardie carcerarie fanno irruzioni nelle loro celle
usando la violenza. Le visite familiari sono a discrezione dei carcerieri e da
anni i prigionieri di Gaza non hanno visite dei familiari. Qui sotto vi sono
numeri, ma dietro i numeri ci sono le vite di migliaia di persone e delle loro
famiglie. A partire dal 1967 data dell’occupazione militare della Cisgiordania e
Gaza, si calcola che i prigionieri siano stati più di 800.000.

DETENUTI per tipologia

NUMERO

Totale Detenuti politici

5068

In detenzione amministrativa

134 (di cui 9 membri del
Consiglio Legislativo
Palestinese)

Donne

13

Minori e bambini

195 (di cui 36 sotto i 16
anni)

Membri del Consiglio Legislativo Palestinese

13

Detenuti provenienti da Gerusalemme Est
Detenuti provenienti dai territori del 1948

180
208

Detenuti provenienti da Gaza

422

Condannati all'ergastolo

514

detenuti che devono scontare una pena superiore a 20 anni

433

Detenuti che sono rinchiusi da più di 20 anni

24

Detenuti che sono rinchiusi da più di 25 anni

65

Detenuti arrestati prima degli Accordi di Oslo

79

(Dati pubblicati dalla Ahmed Kathrada Foundation)
“Quando vi verrà chiesto da che parte
state, scegliete sempre la parte della
libertà
e
della
dignità
contro
l'oppressione, dei diritti umani contro la
negazione dei diritti, della pace e della
convivenza contro l'occupazione e
l'apartheid. Solo così si può servire la
causa della pace e agire per il progresso
dell’umanità”
(M. Barghouti)

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Dossier campagna free Marwan Barghouti

  • 1.
  • 2. Dichiarazione di Robben Island. Lancio della Campagna mondiale per la liberazione di Marwan Barghouti e tutti i prigionieri palestinesi Sudafrica, 27 ottobre 2013 - "Noi, i firmatari, affermiamo la nostra convinzione che la libertà e la dignità sono l'essenza della civiltà. Persone di tutto il mondo e nel corso della storia si sono levate in difesa della loro libertà e della loro dignità contro il dominio coloniale, l'oppressione, l'apartheid e la segregazione. Generazioni di uomini e donne hanno fatto grandi sacrifici per forgiare valori universali, difendere le libertà fondamentali e far progredire il diritto internazionale e i diritti umani. Non vi è un rischio maggiore per la nostra civiltà che abbandonare questi principi e consentire irresponsabilmente la loro violazione e negazione. Il popolo Palestinese ha lottato per decenni per la giustizia e la concretizzazione dei propri diritti inalienabili. Tali diritti sono stati più volte ribaditi da innumerevoli risoluzioni delle Nazioni Unite. Valori universali, legislazione internazionale e diritti umani non possono fermarsi alle frontiere. Né è possibile ammettere che si usino due pesi e due misure, e devono essere applicati anche in Palestina. Questa è la strada da seguire per una pace giusta e duratura nella regione, a beneficio di tutti i suoi popoli. L’applicazione di questi diritti comporta la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi, in quanto la loro prigionia altro non è che un riflesso della pluridecennale privazione della libertà che il popolo palestinese ha subito e continua a sopportare. Centinaia di migliaia di palestinesi sono stati imprigionati a un certo punto della loro vita, in uno dei più eclatanti esempi di detenzione di massa che mirano a distruggere il tessuto nazionale e sociale del popolo occupato, e a spezzare la sua volontà di raggiungere la libertà. Migliaia di prigionieri politici palestinesi ancora oggi languono nelle carceri israeliane. Alcuni prigionieri palestinesi hanno trascorso oltre 30 anni nelle carceri israeliane, cosa che fa di Israele la potenza occupante responsabile dei più lunghi periodi di detenzione politica nella storia recente. Il trattamento dei prigionieri palestinesi dal momento del loro arresto, durante gli interrogatori e il processo, nonché durante la loro detenzione, viola le norme e gli standard previsti dalla legge internazionale. Queste violazioni, tra cui l'assenza di garanzie fondamentali per un giusto processo, il ricorso alla incarcerazione arbitraria, il maltrattamento dei prigionieri e l'uso della tortura, il disprezzo per i diritti dei bambini, la mancanza di assistenza sanitaria per i detenuti malati, il trasferimento dei detenuti nel territorio dello stato occupante e le violazioni del diritto di ricevere visite, così come l'arresto di rappresentanti eletti, richiedono la nostra attenzione e il nostro intervento. Tra questi prigionieri, un nome è emerso a livello nazionale e internazionale come fondamentale per l'unità, la libertà e la pace.
  • 3. Marwan Barghouti ha trascorso un totale di quasi due decenni della sua vita nelle carceri israeliane, tra cui gli ultimi 11 anni. È il prigioniero politico palestinese più importante e rinomato, un simbolo della missione del popolo palestinese per la libertà, una figura che unisce e un sostenitore della pace basata sul diritto internazionale. Tenendo presente come gli sforzi internazionali portarono alla liberazione di Nelson Mandela e di tutti i prigionieri anti-apartheid, riteniamo che la responsabilità morale giuridica e politica della comunità internazionale di assistere il popolo palestinese nella realizzazione dei loro diritti deve contribuire a garantire la libertà di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri politici palestinesi. Cosa chiediamo ? Chiediamo, quindi, e ci impegnamo ad agire per la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi. Fino al loro rilascio, i prigionieri palestinesi, come sancito dal diritto internazionale umanitario e le leggi in materia di diritti umani, devono beneficiare dei loro diritti e le campagne di arresti devono cessare. Uno dei più importanti segni della disponibilità a fare la pace con il tuo avversario è la liberazione di tutti i suoi prigionieri politici, un potente segnale di riconoscimento dei diritti di un popolo e delle sue naturali rivendicazioni della propria libertà. E’ il segnale di inizio di una nuova era, in cui la libertà aprirà la strada per la pace. Occupazione e pace sono incompatibili. L’occupazione, in tutte le sue manifestazioni, deve terminare, in modo che la libertà e la dignità possano prevalere. La libertà deve prevalere perché il conflitto cessi e perché i popoli della regione possano vivere in pace e sicurezza." Dalla prigione di Robben Island, cella di Mandela il 27 Ottobre 2013 Alla presenza di Fadwa Barghouti, Ahmed Qatrhada, Majed Bamiah, Neesham Bolton, Luisa Morgantini, Qaddura Fares, Francis Sahar, Ahmed El Azzam, ex-prigionieri sudafricani, rappresentanti palestinesi ed attivisti sudafricani.
  • 4. Un Comitato internazionale di alto livello è stato costituito per internazionale il sostegno alla campagna Il 27 Ottobre a Robben Island , i lavori sono iniziati con la sottoscrizione della Dichiarazione di Robben Island che chiede la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri politici palestinesi . La dichiarazione è stata sottoscritta nella cella della prigione di Nelson Mandela. I primi firmatari sono stati gli ex prigionieri politici di Robben Island, Ahmed Kathrada e il membro del Congresso Pan Africano Kwedie Mkalipi, insieme a Fadwa Bargohouti, moglie di Marwan Barghouthi. Dopo la sottoscrizione della dichiarazione, è stato annunciato l'appoggio di un Comitato Internazionale di alto livello i cui membri includono: Ahmed Kathrada - Fondatore del Comitato Internazionale ad alto livello, figura storica del movimento anti- apartheid, ex prigioniero per 26 anni, nonché già consulente per gli affari parlamentari del presidente Mandela, già presidente del consiglio del Museo di Robben Island. •Angela Davis - ex prigioniera politica, icona del movimento per i diritti civili, USA, •Win Tin - ex prigioniero politico e detentore del premio mondiale dell'UNESCO per la libertà di stampa, Burma. •John Bruton - ex Primo Ministro in Irlanda, impegnato nei negoziati di pace nell'Irlanda del Nord, già Vice Presidente del Partito Popolare Europeo ed ex Ambasciatore dell'Unione Europea a Washington, Membro del gruppo degli ex Leaders Europei. •Lena Hjelm-Wallén - ex vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri in Svezia, Presidente dell'Istituto Internazionale per la Democrazia e Assistenza all'Elettorato, Membro del gruppo degli ex Leaders Europei, •Christiane Hessel, moglie di Stéphane Hessel - partigiano francese contro l'occupazione nazista ed ex Ambasciatore, scrittore e figura storica per i diritti umani, autore del best seller mondiale ”Indignezvous”. •Vescovo Desmond Tutu - premio Nobel per la pace, South Africa •Jody Williams - premio Nobel per la pace, USA •Adolfo Pérez Esquivel - Nobel per la pace, Argentina •José Ramos Horta - ex Presidente di Timor Est, premio Nobel per la pace, • Mairead Maguire - premio Nobel per la pace, Irlanda del Nord Nel suo intervento durante l'evento di Robben Island, Kathrada ha dichiarato che la sua speranza è che questa campagna superi la campagna di “Mandela libero” da lui lanciata molti anni or sono. “Robben Island è il luogo dove tutti noi reiteriamo il nostro appoggio alla causa palestinese e, dove, ancora una volta, invochiamo il nostro chiaro e
  • 5. urgente appello per il rilascio di Marwan Barghouthi e di tutti e prigionieri politici palestinesi. Questo luogo una volta tenne prigionieri alcuni dei futuri leaders di un democratico e libero Sud Africa. Ora da questo luogo risuona l'appello per la liberazione di leaders politici incarcerati, fautori dell'unificazione del popolo palestinese.” Kathrada ha anche invocato la pressione mondiale contro Israele. “Proprio come il Sud Africa con la sua politica dell' apartheid fu isolata, noi vogliamo che Israele sia isolato dal mondo civile,” ha detto. Fadwa ha letto un messaggio scritto dal marito nella cella della prigione di Hadarim, in cui egli si appella alla comunità internazionale per agire sulla questione dei diritti umani. “La comunità internazionale ha l'obbligo politico, morale e legale di agire nella difesa della giustizia, appoggiando le leggi internazionali e i diritti umani. Questa è la responsabilità dei governi, dei rappresentanti eletti, delle organizzazioni per i diritti umani, dei movimenti della società civile, dei sindacati, e dei singoli cittadini.” L'arcivescovo Desmond Tutu, che fa parte del Comitato Internazionale, ha inviato un messaggio di solidarietà. “Unisco la mia voce a quelle del sig. Kathrada e della signora Baghouthi e a tutte le voci in giro per il mondo che invocano Israele perché faccia un passo indietro dal precipizio della divisione e del pregiudizio e liberi i prigionieri politici. La loro liberazione libererà anche voi israeliani,” ha detto. Marwan Barghouthi è stato il primo membro del Consiglio Legislativo palestinese ad essere arrestato da Israele. Ha passato oltre dieci anni in prigione rifiutandosi di essere messo in libertà condizionale fino a che tutti i prigionieri palestinesi non siano liberati. Egli è generalmente conosciuto come il “Mandela del popolo palestinese”. Gli attivisti per i diritti umani Selvan Chetty, ed il consigliere ANC Mr Sbu Danca, erano presenti all'evento storico tra i pochi ben selezionati attivisti Sud Africani ed internazionali come Luisa Morgantini, già Vice Presidente del Parlamento Europeo e Presidente di AssoPacePalestina. Ognuno di loro ha sottoscritto la dichiarazione originale davanti a Fadwa Bargouthi ed Ahmed Kathrada. (Fonte: Alleanza per la Solidarietà alla Palestina – Sud Africa)
  • 6. Il Messaggio del leader Marwan Barghouti Dalla prigione di Hadarim, cella n°28 Caro Ahmad Kathrada e amici sudafricani, Cari Eccellenze, Onorevoli ospiti, La lotta del movimento anti-apartheid ha trasformato Robben Island da simbolo di oppressione a testimonianza vivente del trionfo della libertà sulle catene, della luce sulle tenebre, della speranza sulla disperazione. Questo luogo ci ricorda il peggio di cui il genere umano è capace. Ma anche il meglio. La nostra causa è comune. La lotta per la libertà e la dignità. E i nostri nemici sono simili: l'oppressione, la negazione dei diritti, la segregazione e l'apartheid. Senza dimenticare ciò che più di tutto permette di prolungarne l'esistenza: l'indifferenza o il semplice rifiuto di agire. Mentre gli altri parlano di valori universali, di diritti umani e del diritto internazionale, noi ne siamo l'incarnazione, grazie alla nostra lotta; la difesa di questi principi passa attraverso i nostri grandi sacrifici. Ma la volontà dei popoli oppressi non può, e non sarà, sconfitta. La libertà deve prevalere in Palestina, com'è stato in Sud Africa. Nel corso della storia i popoli di tutto il mondo sono stati in grado di ottenere la loro libertà che ha prevalso contro oppressione, dominio coloniale, dittature, segregazione, razzismo e apartheid; così anche noi sconfiggeremo quest'occupazione. Oggi possiamo utilizzare un poter enorme contro l'ingiustizia. Non è il tradizionale potere coercitivo ("hard power"), e neanche il più moderno soft power, ma il potere che deriva dall'ispirazione. La Palestina è la più universale delle cause nazionali e trae dalla vostra lotta molte lezioni: innanzitutto che la libertà non è negoziabile. La liberazione dei nostri prigionieri deve essere senza condizioni. La libertà del nostro popolo è inevitabile. L'oppressore non fa che fomentare tribalismo, divisioni politiche, etniche e religiose e questo al fine di prevalere. L'unità è la legge della vittoria per i popoli oppressi; la vasta coalizione che siete stati in grado di creare è la prova di come sconfiggere l'apartheid. I leader delle diverse fazioni in campo, siano essi in carcere, nella Palestina occupata o in esilio, dovrebbero completare e completarsi a vicenda, non competere tra loro, in modo da sostenere l'unità politica del nostro popolo e riunificare la nostra terra, esprimendo l'unità indissolubile della nostra gente. Non si sconfigge il nemico, assomigliandogli. Al contrario di fronte ad un tale sistema coloniale e razzista che diffonde la violenza, la segregazione, l'annessione e l'oppressione, abbiamo il dovere di difendere una visione pluralista, rispettosa del diritto internazionale e dei diritti umani, in grado di ottenere libertà, pace e convivenza.
  • 7. Si deve puntare in primo luogo sulle persone e la loro mobilitazione. È stata la disobbedienza civile, la vostra resistenza sul campo che ha avuto il più importante effetto di trasformazione verso la fine del regime dell'apartheid. La comunità internazionale ha l'obbligo politico, morale e legale di agire in difesa della giustizia, di sostenere e promuovere il diritto internazionale e i diritti umani. Questa responsabilità ricade sui governi, sui rappresentanti eletti, sulle organizzazioni per i diritti umani, i movimenti della società civile, dei sindacati e su ogni singolo cittadino. Il movimento internazionale BDS è stato determinante nel mettere sufficiente pressione sul governo sudafricano e far si che cambiasse le sue politiche, e cominciasse a cooperare con il movimento anti-apartheid per finalmente porre fine all'apartheid stesso e contribuire alla creazione di un Sudafrica democratico e non-razzista. De Klerck ha fatto delle scelte storiche, ma sicuramente alla radice delle sue decisioni c'è stata la pressione internazionale e la resistenza sul terreno. Solo quando il governo dell'apartheid ha reso pubblica la sua decisione di porre fine all'apartheid e l'ha messa in pratica, anche attraverso la liberazione di Mandela e di tutti i prigionieri, solo allora sono iniziate le trattative tra i vecchi nemici divenuti partner di pace. Ha per caso il governo israeliano mostrato una chiara volontà di mettere fine alla sua occupazione, agendo di conseguenza? Ogni nuova unità di colonia costruita, ogni casa demolita, ogni arresto e incursione ci fornisce una chiara risposta. È evidente che non vi sia nessun De Gaulle, e che un De Klerck non appaia ancora in vista in Israele. E l'impunità israeliana non fa altro che posticipare l'arrivo della pace. Ma la vostra lotta non deve semplicemente essere di insegnamento per noi. Da essa dobbiamo attingere anche la profonda convinzione che ottenere la libertà e soddisfare la nostra legittima ispirazione all'indipendenza e al ritorno è possibile. È questa l'unica strada da percorrere per raggiungere la pace e la sicurezza per tutti i popoli della regione. Sappiamo che la vittoria ci aspetta, in quanto l'aspirazione alla libertà nel nostro cuore è più forte dell'odio nei cuori dell'occupante e del potere coloniale. Il trionfo della libertà e della dignità, della giustizia e dell'indipendenza in Palestina, il ritorno dei nostri profughi, il rilascio dei prigionieri palestinesi ci sapranno dimostrare che la comunità internazionale è in grado di difendere i valori universali e la legalità internazionale nel mondo. Un giorno sarò in grado di visitare quel luogo, quale uomo libero, cittadino di un paese libero, e con la libertà quale mio orizzonte. Mi viene in mente un grande uomo, che non solo ha visto che all'orizzonte, ma che l'ha plasmato insieme ai suoi compagni di lotta, anche da dentro il carcere; il grande Nelson Mandela, il cuore del vostro potere d'ispirazione.
  • 8. A mio nome e a nome dei 5000 prigionieri politici palestinesi, e del popolo palestinese tutto, sia in patria che in esilio, permettetemi di ringraziare tutti coloro che hanno reso questo evento e il lancio di questa campagna possibile; in particolare i membri del Comitato internazionale di alto livello che hanno accettato di utilizzare il loro peso politico e morale a sostegno di questa importante causa. Permettetemi qui di ricordare e onorare la memoria di uno di questi membri, Stéphane Hessel, che è sempre stato in prima fila nella difesa dei diritti umani in tutto il mondo, nonché Presidente Onorario del Tribunale Russell sulla Palestina. Un ringraziamento speciale spetta al signor Kathrada e alla sua Fondazione. È un atto onorevole mobilitarsi contro l'ingiustizia quando si è una delle sue vittime. È ancora più ammirevole farlo quando non si è vittima di quell'ingiustizia, che invece ricade su altri. Mr Kathrada, è un privilegio avere lei e tutto ciò che lei simboleggia, quale anima di questa campagna. Scrivo queste parole, dopo aver letto il suo libro e dopo aver vissuto, da dentro la mia cella, attraverso le sue parole, la sua sofferenza, istante per istante. Ho seguito attraverso le pagine del suo libro la lotta del Sud Africa per la libertà, come ho fatto durante la lettura del libro di Mandela. Ho visualizzato questo luogo di oppressione, trasformato attraverso la vostra lotta in un faro, che ci mostra la via da seguire. Non è un caso se la Conferenza Internazionale "Libertà e Dignità " tenutasi in Palestina ha avuto luogo il 27 aprile. Ho scelto proprio quella data in modo che coincidesse esattamente con il Giorno della Libertà del Sud Africa. Come ospite d'onore, il signor Kathrada suggerì il lancio di questa campagna, e insieme alla sua Fondazione ha lavorato senza sosta durante gli ultimi 6 mesi per trasformare questa potente idea in realtà. Quello che sta accadendo qui oggi è un punto di svolta nello sforzo internazionale a sostegno della libertà dei prigionieri palestinesi e del popolo palestinese tutto. Questa campagna avrà fine solo quando tutti i prigionieri politici palestinesi saranno liberi, e sono fiducioso sulla possibilità di poter festeggiare un giorno insieme la libertà dei prigionieri e la libertà della Palestina. Permettetemi infine di dire qualcosa a tutti voi: quando vi verrà chiesto da che parte state, scegliete sempre la parte della libertà e della dignità contro l'oppressione, dei diritti umani contro la negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l'occupazione e l'apartheid. Solo così si può servire la causa della pace e agire per il progresso dell'umanità”. Marwan Barghouti
  • 9. Liberate Marwan Barghouti ! Articolo di Luisa Morgantini, apparso su Il Manifesto del 12 novembre 2013 Nel selciato fatto di conchiglie frantumate, ne ho trovate tre, bianchissime, erano rimaste intatte, solo consumate dal tempo e dal sole. Le ho raccolte, io, che una volta ridevo di chi raccoglieva conchiglie. Ero a Robben Island, Cape Town, Sudafrica, nella prigione dove Nelson Mandela e altri leader, hanno passato tanti anni della loro vita. Laloo Chiba un ex-prigioniero mestamente mi raccontava che quasi tutti loro hanno portato per molto tempo occhiali neri o come Mandela subito operazioni agli occhi. Perché quelle conchiglie e le pietre, così bianche, che i prigionieri dovevano spaccare mentre i raggi del sole e la polvere li accecavano. Avevo già visitato con enorme commozione, qualche anno dopo la liberazione di Mandela e le prime elezioni del Sudafrica libero, la prigione di Robben Island. L’ultimo prigioniero e carceriere se ne erano andati nel Dicembre del 1996. Il nuovo governo del Sudafrica aveva chiesto il riconoscimento dell’isola come Patrimonio dell’Umanità all’Unesco che gli venne dato nel 1999. Oggi è un museo ed un istituzione culturale, composta da ex prigionieri che cercano di mantenere una memoria fertile anche per quei giovani sudafricani che non hanno vissuto il periodo dell’apartheid . E per ognuno di noi che ha fatto parte dei movimenti Antiapartheid e per la liberazione di Nelson Mandela, Robben Island non è solo il simbolo dell’oppressione ma anche della libertà e della speranza. Ed è proprio a Robben Island che il 27 Ottobre 2013 è avvenuto un fatto storico: dalla cella di Mandela è stata lanciata la campagna per la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi. Con noi non c’era Mandela, ormai troppo malato, ma Ahmed Qathrada, suo compagno di prigione e di lotta, di origini indiane, che ha passato 26 anni della sua vita in carcere. Ma c’erano anche molti ex prigionieri e attivisti venuti dalle varie parti del Sudafrica. Fadwa Barghouti, moglie di Marwan è entrata con Qathrada nella cella ormai spoglia, tranne che per una stuoia, una coperta arrotolata ed un grande poster di Marwan ed hanno letto l’appello di Robben Island. Noi, la delegazione che accompagnava Fadwa, dodici palestinesi rappresentativi di istituzioni e associazioni per la difesa dei diritti umani, tra i quali Addameer e Insan, ed io eravamo sopraffatti dall’emozione. Sembrava di vivere in un sogno, per tanto tempo con Fadwa, avevamo desiderato durante il processo a Marwan Barghouti che la voce di Mandela e del Sudafrica si facesse sentire. Ed ora eravamo qui e grazie all’impegno di Ahmed Qathrada e la sua Fondazione il volto di Madiba e Marwan sono sullo stesso manifesto. Dopo l’evento simbolico nella cella, si è tenuto un incontro per comunicare la formazione di un Comitato Internazionale di alto profilo, ne fanno parte oltre a Qathrada, i premi Nobel, Vescovo, Desmond Tutu, Jody Williams, Adolfo Perez Esquivel Josè Ramos Horta, Maireread Maguire nonché Angela Davis, John Burton , Lena Hjelm- Wallen , Christiane Hessel (vedova di Stephen Hessel che prima della sua morte aveva aderito alla campagna per la libertà di Marwan).
  • 10. Finalmente Marwan Barghouti e i prigionieri palestinesi diventano un evento internazionale. In Francia, 40 comuni hanno già dato la cittadinanza onoraria a Marwan, adesso bisogna estenderla in ogni paese a partire dall’Italia. Israele ha sempre usato i prigionieri come ostaggi e nell’accordo di Oslo, la leadership palestinese non è stata capace di far diventare la questione dei prigionieri prioritaria e prendere esempio da Mandela che sosteneva che «solo gli uomini liberi possono negoziare» e che da uomo libero ha negoziato. Quando è stato detto a Marwan che si iniziava la campagna per la sua liberazione, lui ha preteso che la campagna non fosse fatta solo per lui ma per tutti i prigionieri politici. I prigionieri palestinesi oggi ancora nelle carceri sono più di cinquemila, tra loro 136 di cui 11 parlamentari in detenzione amministrativa (anni e anni senza processo), 13 donne, 195 giovani di cui 36 al di sotto dei 16 anni. Dal 1967, anno dell’occupazione militare della Cisgiordania e Gaza sono più di 800.000 i palestinesi passati nelle carceri israeliane. Praticamente ogni famiglia palestinese ha avuto persone in carcere. Ma non si tratta solo di numeri, ognuno di loro ha una storia, un volto, un vissuto di sofferenza, torture, umiliazioni, di figli che non sono stati visti crescere o che non si sono mai potuti avere. Come Marwan che ha trascorso complessivamente più di 18 anni di carcere, i primi sette durante la prima Intifadah e poi negli ultimi 11 anni. Non ha visto crescere i suoi tre figli, Qassam, Sharaf e Arab, e sua figlia Ruba che si è sposata ed ha avuto un bimbo che Marwan non ha mai visto e non potrà vedere perché le regole prevedono che solo i parenti stretti, moglie e figli possono fare visita, anche se la vendetta dei carcerieri nei confronti dei prigionieri è feroce, illegale ed inumana, i figli di Marwan non hanno il permesso di visitare il padre. Marwan Barghouti venne sequestrato a Ramallah il 15 aprile del 2002 dall’esercito israeliano, subito dopo l’ operazione di aggressione militare «Scudo difensivo» lanciata in tutti i territori occupati che ha visto la distruzione delle città e di tutte le infrastrutture, ministeri, scuole, strade, l’istituzione di centinaia e centinaia di checkpoint, coprifuochi,assassini extraterritoriali, demolizioni di case. E’ stato condannato per resistenza militare a cinque ergastoli e 40 anni di prigione. Marwan non ha riconosciuto la legittimità della Corte che lo giudicava, come aveva fatto Mandela per il suo popolo, ed ha rivendicato il diritto dei palestinesi alla libertà, alla pace e alla democrazia. Marwan è amato dai palestinesi ed è un uomo per l’unità, la sua campagna in Palestina è stata lanciata da tutte le forze politiche e sociali. Nessuno dimentica che dal carcere è stato lui il promotore dei 21 punti del governo di unità nazionale dopo le elezioni del 2006 e il fallimento del governo di Hamas. Nel suo messaggio inviato a Robben Island, dalla cella n. 28 della prigione di Hadarim ci dice: …quando vi verrà chiesto da che parte state, scegliete sempre la parte della libertà e della dignità contro l'oppressione, dei diritti umani contro la negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l'occupazione e l'apartheid. Solo così si può servire la causa della pace e agire per il progresso dell'umanità.
  • 11. Alcune informazioni su Marwan Barghouti Marwan Barghouti è nato il 6 giugno 1959, nel villaggio di Kobar, vicino a Ramallah. E’ cresciuto nella Palestina sotto occupazione, un’occupazione che ha segnato tutta la sua esistenza e che ha dato vita alla sua battaglia per combatterla. L’ingresso in Al - Fatah Nel 1974, quando aveva quindici anni, entra in Al-Fatah, il partito storico del movimento di liberazione della Palestina e fonda il movimento giovanile di Al – Fatah (Shabiba). Nel 1989 viene eletto nel Consiglio Rivoluzionario e nel 1994 Segretario Generale (del Consiglio) per la Cisgiordania. Diventa parlamentare con le elezioni del 1996 e successivamente rieletto nel 2006 come Capo della lista di Al- Fatah. Nel 2009, entra nel Comitato Centrale di Al -Fatah, l’organo più importante del partito. La prigione Marwan è il prigioniero politico palestinese più conosciuto. Ha trascorso 17 anni nelle carceri israeliane, di cui gli ultimi 11 in modo consecutivo. La sua prima incarcerazione risale al 1978, quando fu accusato da Israele di essere un membro di Al-Fatah, che allora era considerata “un’organizzazione vietata”. Nel 1987, Israele lo ha deportato e costretto all’esilio dalla sua terra, con l’accusa di “incitare” alla lotta contro l’occupazione. Potrà farvi ritorno solo nel 1994, in seguito alla firma degli Accordi di Oslo. Durante la seconda Intifada e a seguito dei due tentativi (falliti) di ucciderlo, è stato sequestrate dalle forze di occupazione israeliana, il 15 aprile 2002: è stato il primo parlamentare palestinese ad essere arrestato da Israele; purtroppo ne sono seguiti molti altri. Il 6 giugno 2004, dopo quello che gli osservatori internazionali e le delegazioni presenti hanno definito un “processo farsa”, Marwan è stato condannato a 5 ergastoli e 40 anni di reclusione. Va sottolineato come Marwan si sia rifiutato di riconoscere la legittimità della corte israeliana in quanto forza occupante, e in quanto corte destinata a giudicare un rappresentante eletto del popolo palestinese, confermando così il ruolo delle corti come parti integranti del sistema di occupazione. Marwan è stato costretto a 100 giorni di interrogatori e oltre 1000 giorni in cella di isolamento, senza poter ricevere alcuna visita dai suoi familiari. Attualmente sua moglie può andarlo a trovare per 45 minuti, ogni due settimane, mentre i suoi tre figli devono richiedere un permesso per fare visita a loro padre, che gli viene concesso solo una volta ogni due o tre anni. Educazione Marwan ha finito la scuola secondaria, conseguendo il diploma, in prigione. Nel 1983 è stato ammesso a Bir Zeit, l’Università più secolare della Palestina. Ma sono trascorsi 11 anni prima che abbia potuto terminare quello che avrebbe dovuto essere un corso quadriennale per la laurea in Storia e Scienze Politiche. Durante gli anni trascorsi all’Università, è diventato una figura di riferimento per la scena politica studentesca e ha guidato come presidente l’Unione degli studenti, in un momento storico in cui l’università stava
  • 12. diventando il fulcro delle attività politiche in Palestina. Ha scritto la tesi sulle relazioni franco-palestinesi, un tema che conosceva bene in qualità di presidente del gruppo interparlamentare Francia-Palestina all’interno del Consiglio Legislativo Palestinese. Nel 2010, ha conseguito un dottorato in Scienze Politiche dall’Istituto per lo studio e la ricerca della Lega Araba, intitolato “la Performance legislativa e lo stato politico del Consiglio Legislativo palestinese e il suo contributo al processo democratico in Palestina dal 1996 al 2006”. Marwan ha scritto la sua tesi di dottorato mentre era incarcerato nella prigione di Hadarim, facendo uscire segretamente le pagine scritte per un intero anno, attraverso il suo avvocato. Le due Intifada e il processo di pace Durante la prima Intifada, scoppiata poco dopo il forzato esilio in Giordania, Marwan ha avuto un ruolo significativo nell’organizzare la resistenza palestinese contro l’occupazione israeliana. Il suo ruolo ufficiale durante l’Intifada è stato quello di anello di congiunzione tra l’Organizzazione di Liberazione della Palestina (OLP) e il partito di Al- Fatah, che si trovava nei territori palestinesi sotto occupazione. Solo nel 1994, a seguito della firma degli Accordi di Oslo, Marwan Barghouti ha potuto rientrare nei Territori palestinesi occupati, sostenendo da subito il processo di pace, promuovendo attività e campagne senza sosta sulle strade palestinesi e anche all’interno dei circoli politici israeliani e palestinesi. E credendo fermamente che gli Accordi rappresentassero un’opportunità storica per i palestinesi, per ottenere uno stato, l’indipendenza e il diritto all’autodeterminazione. Alla fine degli anni Novanta però agli occhi di molti palestinesi è diventato chiaro come le intenzioni di Israele non fossero pacifiche e l’ottimismo iniziale che aveva prevalso durante gli Accordi di Oslo, è stato accantonato, alla luce del fatto che contemporaneamente Israele ha intensificato e perseguito le sue politiche coloniali. Il 28 settembre 2000, la visita di Ariel Sharon alla moschea di al-Aqsa ha fatto scoppiare proteste a cui le forze di occupazione israeliane hanno risposto con brutalità: è iniziata la Seconda Intifada, durante la quale il ruolo centrale di Marwan nella lotta per la libertà palestinese, è stato confermato. Marwan si è sempre opposto agli attacchi contro civili israeliani sul territorio israeliano , difendendo al contrario il diritto del popolo palestinese a resistere contro l’occupazione come riconosciuto dal diritto internazionale e enfatizzando che pace e sicurezza possono scaturire solo dalla fine dell’occupazione. Inoltre sostiene la resistenza popolare nonviolenta contro la colonizzazione e l’occupazione israeliana. E’ stato un forte sostenitore del riconoscimento ONU e continua a fare appello ad un maggiore impegno da parte della comunità internazionale, visto il fallimento delle negoziazioni bilaterali, per garantire libertà e giustizia al popolo palestinese e pace e sicurezza a tutti i popoli della regione. Riconciliazione Marwan Barghouti è stato l’ideatore del Documento dei prigionieri per la Riconciliazione Nazionale, redatto dai leader dei diversi partiti e fazioni politiche palestinesi, sulle cui basi è stato creato un governo di unità nazionale nel febbraio del 2007; in questo documento, i rappresentanti dei partiti politici si sono dichiarati d’accordo per uno Stato palestinese sui confini del 1967, per il cessate il fuoco, per limitare la resistenza ai territori occupati e per l’adozione della resistenza popolare come la via per mettere fine
  • 13. all’occupazione. Marwan ritiene che la riconciliazione debba essere una priorità dell’agenda politica e crede in un approccio inclusivo, che unisca i partiti palestinesi intorno ad una piattaforma dell’OLP e che consenta il coinvolgimento di tutti i partiti all’interno del sistema politico. La riconciliazione dovrebbe avere come finalità, la rinascita del processo democratico palestinese e portare ad elezioni a tutti i livelli, con tempi e modalità condivise. La vita personale Marwan è stato imprigionato per la prima volta nel 1978: quando è uscito dal carcere, ha sposato l’amore della sua vita, Fadwa, alla quale aveva fatto la proposta sei mesi prima del suo rilascio. Marwan e Fadwa hanno attualmente due figli (Qassam e Sharafand ‘Arab) e una figlia, Ruba. Marwan Barghouthi autore Marwan Barghouti ha scritto diversi libri durante gli anni della sua prigionia: -“La promessa” (una raccolta di interviste, dichiarazioni e messaggi di Marwan) -"Mille giorni in isolamento (un libro che racconta gli interrogatori, I maltrattamenti, l’isolamento a cui Marwan è stato sottoposto durante I mille giorni di isolamento subito dopo il suo sequestro) -"Resistere all’arresto”, scritto a quattro mani con Abdel Nasser lssa, uno dei leader di Hamasa e con A’hed Abu Ghulmeh, membro del Comitato centrale del Fronte Popolare (il libro racconta come rispondere agli interrogatori israeliani, alla tortura anche psicologica durante gli arresti). -"Le relazioni franco-palestinesi” che è stato pubblicato prima della condanna di Marwan e a partire dalla sua tesi. Risoluzioni di entità internazionali parlamentari -L’Unione interparlamentare, nella sua risoluzione adottata all’unanimità il 19 ottobre 2011, ha riaffermato “ che l’arresto e il trasferimento in territorio israeliano di Marwan Barghouti è avvenuto in violazione con il diritto internazionale; evidenzia anche – alla luce delle argomentazioni legali convincenti esposte nel report di Foreman, alle quali le autorità israeliane non hanno fornito osservazioni - che il processo di Barghouti non ha seguito standard legali di equità e giustizia, che Israele – in quanto parte della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici - è tenuto a rispettare e che quindi Barghouti non può essere definito colpevole; si rammarica profondamente che Barghouti non sia sulla lista dei prigionieri politici che verranno rilasciati, e richiede il suo immediato rilascio.” - Il parlamento Europeo, nella sue risoluzioni adottate il 4 settembre 2008, il 5 luglio 2012 e il 14 marzo 2013 richiede “il rilascio immediato dei membri del Consiglio legislativo palestinese, incluso Marwan Barghouti.” Citazioni "Marwan Barghouthi è una voce importante a sostegno di una pace giusta con Israele e un forte sostenitore dell’unità nazionale palestinese”, Jimmy Carter, ex Presidente degli Stati Uniti e Premio Nobel per la Pace; "La vita e la visione politica di Marwan Barghouti, l’innegabile legittimità che ha tra i palestinesi come pure I legami a cui dato vita e che ha mantenuto con la Francia, tutto questo lo rende una importante figura palestinese. Ha portato
  • 14. avanti tutto questo negli ultimi anni, dal chiuso della sua cella di prigionia, per contribuire attivamente alla riconciliazione tra i palestinesi. Non ho alcun dubbio che potrebbe portare, una volta libero, un contributo prezioso agli sforzi verso la pace.”Hubert Védrine, ex Ministro degli Esteri Francese. "Quale simbolo dimostrerebbe meglio che la pace è possibile e che Israele è veramente interessato ad una giusta pace, se non la liberazione di Marwan Barghouti? Barghouti, un uomo la cui vita ha personificato la somoud, la resistenza palestinese e le aspirazioni future; un uomo che ha condotto le negoziazioni che hanno portato ad uno storico documento, quello dei Prigionieri, che ha unito tutti i partiti e ha offerto la pace a Israele. Per sapere se Israele è interessato alla pace, Barghouti è il test. Come la pace e il cambiamento in Sud Africa sono state sancite dal rilascio di Nelson Mandela, la libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che in Palestina, Israele intende avviarsi su un nuovo percorso e che la libertà è prossima a quello che Mahmoud Darwish scrisse, una Palestina come un “paese che si prepara per l’alba”. Dalle tenebre delle prigioni israeliane, la libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che la lunga notte cominciata nel 1948, sta finalmente avviandosi al termine.” Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace. "Il popolo palestinese ha ancora oggi così tanti sostenitori, o suoi cittadini nelle prigioni israeliane e in particolare Marwan Barghouti, il parlamentare che è stato uomo di pace, e un sostenitore della pace:” Federico Zaragoza, ex Direttore generale dell’UNESCO. “Quando sequestrarono Marwan il 15 aprile 2002, i miei sentimenti di disperazione si mescolarono alla gioia che non fosse stato ucciso. Spesso i soldati israeliani facevano esecuzioni sommarie. I suoi occhi vivi dicono della sua dignità, amore per la libertà, per la giustizia, per la sua terra e per il suo popolo. I messaggi che riesce ad inviare clandestinamente dal carcere ci dicono della sua ferma volontà di volere una pace con giustizia. Marwan deve tornare ad essere libero, libero di camminare per le strade di Palestina, di rappresentare e guidare il suo popolo, come ha fatto con onestà e semplicità, combattendo l’occupazione ma anche la corruzione, capace di trovare mediazione e di unire le diverse anime e politiche del mondo palestinese. Barghouti libero significa che la strada verso la fine dell’occupazione militare è vicina. Lui è il Mandela, bisogna trovare il De Clerck israeliano:” Luisa Morgantini, già Vice Presidente del Parlamento Europeo.
  • 15. Dati sui prigionieri palestinesi Ad oggi oltre 5000 palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane a causa della loro opposizione all’occupazione illegale. Israele viola costantemente i lori diritti non solo tenendoli in carcere ma per le condizioni nelle quali sono costretti a vivere. I prigionieri protestano con scioperi della fame, molti loro hanno rischiato la vita. Le guardie carcerarie fanno irruzioni nelle loro celle usando la violenza. Le visite familiari sono a discrezione dei carcerieri e da anni i prigionieri di Gaza non hanno visite dei familiari. Qui sotto vi sono numeri, ma dietro i numeri ci sono le vite di migliaia di persone e delle loro famiglie. A partire dal 1967 data dell’occupazione militare della Cisgiordania e Gaza, si calcola che i prigionieri siano stati più di 800.000. DETENUTI per tipologia NUMERO Totale Detenuti politici 5068 In detenzione amministrativa 134 (di cui 9 membri del Consiglio Legislativo Palestinese) Donne 13 Minori e bambini 195 (di cui 36 sotto i 16 anni) Membri del Consiglio Legislativo Palestinese 13 Detenuti provenienti da Gerusalemme Est Detenuti provenienti dai territori del 1948 180 208 Detenuti provenienti da Gaza 422 Condannati all'ergastolo 514 detenuti che devono scontare una pena superiore a 20 anni 433 Detenuti che sono rinchiusi da più di 20 anni 24 Detenuti che sono rinchiusi da più di 25 anni 65 Detenuti arrestati prima degli Accordi di Oslo 79 (Dati pubblicati dalla Ahmed Kathrada Foundation)
  • 16. “Quando vi verrà chiesto da che parte state, scegliete sempre la parte della libertà e della dignità contro l'oppressione, dei diritti umani contro la negazione dei diritti, della pace e della convivenza contro l'occupazione e l'apartheid. Solo così si può servire la causa della pace e agire per il progresso dell’umanità” (M. Barghouti)