L'analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno
strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza
(Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e
le minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altra
situazione in cui un'organizzazione o un individuo debba svolgere una
decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L'analisi può
riguardare l'ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o
esterno di un'organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).
Tale tecnica è attribuita a Albert Humphrey, che ha guidato un progetto
di ricerca all'Università di Stanford fra gli anni '60 e '70 utilizzando i
dati forniti dalla Fortune 500.
fonte wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_SWOT
1. Indice
Voci
Analisi SWOT 1
Pianificazione aziendale 6
Change management 8
Note
Fonti e autori delle voci 16
Fonti, licenze e autori delle immagini 17
Licenze della voce
Licenza 18
2. Analisi SWOT 1
Analisi SWOT
Diagramma illustrativo di una matrice SWOT
L'analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno
strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza
(Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e
le minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altra
situazione in cui un'organizzazione o un individuo debba svolgere una
decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L'analisi può
riguardare l'ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o
esterno di un'organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).
Tale tecnica è attribuita a Albert Humphrey, che ha guidato un progetto
di ricerca all'Università di Stanford fra gli anni '60 e '70 utilizzando i
dati forniti dalla Fortune 500.
Fasi dell'analisi SWOT
Queste sono le fasi che tipicamente vengono seguite durante un'analisi SWOT:
• Si definisce uno stato finale desiderato (o obiettivo).
• Si definiscono i punti principali dell'analisi SWOT, che sono:
• Punti di forza: le attribuzioni dell'organizzazione che sono utili a raggiungere l'obiettivo;
• Punti di debolezza: le attribuzioni dell'organizzazione che sono dannose per raggiungere l'obiettivo;
• Opportunità: condizioni esterne che sono utili a raggiungere l'obiettivo;
• Rischi: condizioni esterne che potrebbero recare danni alla performance.
• A partire dalla combinazione di questi punti sono definite le azioni da intraprendere per il raggiungimento
dell'obiettivo, per cui la matrice SWOT si presenta nella seguente maniera:
Analisi SWOT Analisi Interna
Forze Debolezze
A
n
a
l
i
s
i
E
s
t
e
r
n
a
Opportunità Strategie S-O:
Sviluppare nuove metodologie in grado di sfruttare i punti
di forza dell'azienda.
Strategie W-O:
Eliminare le debolezze per attivare nuove opportunità.
Minacce Strategie S-T:
Sfruttare i punti di forza per difendersi dalle minacce.
Strategie W-T:
Individuare piani di difesa per evitare che le minacce esterne
acquisiscano i punti di debolezza.
• I responsabili stabiliscono se l'obiettivo è raggiungibile rispetto ad una data matrice SWOT. Se l'obiettivo non è
raggiungibile, un diverso obiettivo deve essere selezionato e il processo ripetuto.
3. Analisi SWOT 2
• Se l'obiettivo sembra raggiungibile, le SWOT sono utilizzate come input per la generazione di possibili strategie
creative, utilizzando le seguenti domande:
• Come possiamo utilizzare e sfruttare ogni forza?
• Come possiamo migliorare ogni debolezza?
• Come si può sfruttare e beneficiare di ogni opportunità?
• Come possiamo ridurre ciascuna delle minacce?
Fattori interni ed esterni
I quattro punti dell'analisi SWOT (forze, debolezze, opportunità e minacce) provengono da un'unica catena di valori
intrinseci alla società e possono essere raggruppati in due categorie:
• Fattori interni: sono i punti di forza e di debolezza interni dell'organizzazione. L'identificazione di tali fattori può
essere svolta attraverso un'analisi PRIMO-F.
• Fattori esterni: sono le opportunità e le minacce presenti all'esterno dell'organizzazione. L'identificazione di tali
fattori può essere svolta attraverso un'analisi PEST o PESTLE.
I fattori interni possono essere visti come punti di forza o di debolezza a seconda del loro impatto sull'organizzazione
dei suoi obiettivi. Ciò che può rappresentare un punto di forza rispetto a un obiettivo può essere di debolezza per un
altro obiettivo.
I fattori possono comprendere il personale, la finanza, le capacità di produzione, e così via. I fattori esterni possono
includere le questioni macroeconomiche, il mutamento tecnologico, la legislazione, e cambiamenti socio-culturali,
così come i cambiamenti nel mercato e posizione competitiva.
La pianificazione del lavoro
Come parte dello sviluppo di strategie e di piani per consentire il raggiungimento dei suoi obiettivi, ogni
organizzazione può utilizzare un processo sistematico e rigoroso noto come pianificazione aziendale. Le analisi
SWOT e/o PEST possono essere utilizzate come base per l'analisi delle imprese e dei fattori ambientali.[1]
• Impostazione degli obiettivi: la definizione di ciò che l'organizzazione sta andando a fare.
• Scansione ambientale: le valutazioni all'interno dell'organizzazione della SWOT, che includono una valutazione
della situazione attuale così come un portafoglio di prodotti/servizi e l'analisi del ciclo di vita del
prodotto/servizio.
• Analisi delle strategie esistenti: la verifica della pertinenza dei risultati di un interno/esterno di valutazione. Ciò
può comprendere l'analisi del divario (gap analysis) che esaminerà i fattori ambientali.
• Questioni strategiche definite: fattori chiave per lo sviluppo di un piano aziendale che deve essere affrontato con
l'organizzazione.
• Sviluppo di nuove/revisione delle strategie: la revisione dell'analisi di questioni strategiche può comportare la
necessità di modificare gli obiettivi.
• Definizione dei fattori critici di successo: il raggiungimento degli obiettivi e la strategia di attuazione.
• Preparazione di informazioni operative, delle risorse, dei progetti per i piani di attuazione della strategia.
• I risultati del monitoraggio: mappatura sulla scorta di piani, intervento correttivo che potrebbe significare la
modifica degli obiettivi e delle strategie[2].
4. Analisi SWOT 3
Gruppi di analisi SWOT
Idealmente, l'analisi SWOT andrebbe svolta da un cross-functional team o una task force che rappresenta una vasta
gamma di prospettive. Ad esempio, un team di SWOT può includere un contabile, un venditore, un direttore
esecutivo, un ingegnere, e un difensore civico.
Utilizzi
L'utilità di analisi SWOT non è limitata ai fini di lucro delle organizzazioni. L'analisi SWOT può essere utilizzata in
qualsiasi processo decisionale in cui uno stato finale desiderato (obiettivo) è stato definito. Gli esempi includono:
organizzazioni no-profit, unità governative e singoli individui. L'analisi SWOT può essere utilizzata anche in
pre-crisi e come pianificazione preventiva nella gestione delle crisi.
Un'analisi SWOT può essere incorporata nel modello di pianificazione strategica assieme ad un'Analisi Strategico
Creative (SCAN).[3] L'individuazione delle SWOT è essenziale per definire i passi successivi nel processo di
pianificazione per il raggiungimento degli obiettivi.
L'analisi SWOT viene spesso utilizzata nelle università per individuare punti di forza e di debolezza, opportunità,
minacce e le aree di possibile sviluppo.
Le verifiche di corrispondenza e di conversione
Un altro modo di utilizzare SWOT è per una verifica di corrispondenza e/o di conversione.
La corrispondenza nelle SWOT è usata per trovare vantaggi competitivi facendo corrispondere i punti di forza alle
opportunità.
La conversione nelle SWOT consiste nell'applicare le strategie di conversione per trasformare le minacce o punti
deboli in punti di forza o di opportunità[4].
Un esempio di strategia di conversione è quello di trovare nuovi mercati. Se le minacce o le carenze non possono
essere convertiti una società dovrebbe cercare di ridurre al minimo o evitarle del tutto.
Vantaggi e svantaggi
L'analisi SWOT può limitare le strategie in considerazione nella valutazione. "Inoltre, le persone che fanno uso di
SWOT potrebbero concludere di aver fatto un adeguato lavoro di pianificazione ed ignorare altre importanti attività,
come la definizione degli obiettivi aziendali o il calcolo del ROI per le strategie alternative".
Alcune ricerche di Menon et al. (1999) e Hill e Westbrook (1997) hanno dimostrato che le SWOT potrebbero
influenzare le prestazioni. In alternativa alle analisi SWOT, J. Scott Armstrong descrive un approccio alternativo
strutturato in 5 fasi che conduce ad una migliore performance aziendale.
Queste critiche sono rivolte a una vecchia versione di analisi SWOT che precede l'analisi SWOT sopra descritta sotto
la voce "strategica e l'uso creativo di SWOT Analysis."
Questa vecchia versione non richiedeva che la SWOT fosse derivata da un obiettivo precedentemente concordato.
5. Analisi SWOT 4
L'analisi SWOT-landscape
L'analisi SWOT-landscape mostra diverse situazioni gestionali tramite
la rappresentazione e la previsione delle prestazioni dinamiche
comparabili di oggetti in base alle classificazioni di Brendan Kitts, Leif
Edvinsson e Tord Beding (2000).[5]
In tale analisi, i cambiamenti nelle prestazioni relative vengono
continuamente identificati, mentre sono evidenziati i progetti (o altre
unità di misura) che potrebbero essere potenziali opportunità o rischio
di oggetti.
La SWOT-grafica sottostante descrive anche che i fattori di
forza/debolezza che hanno avuto o avranno probabilmente una più alta
influenza nel contesto del valore d'uso (ad esempio fluttuazioni del valore del capitale).
L'analisi SWOT è solo un metodo di classificazione e ha una propria debolezza. Ad esempio, si può tendere a
convincere le imprese a compilare le liste, piuttosto che pensare a ciò che è realmente importante per il
raggiungimento degli obiettivi. Si presenta anche il caso di elenchi presentati acriticamente e senza una chiara
definizione delle priorità con la conseguenza che, ad esempio, possa apparire una opportunità meno forte di quanto
reale per bilanciare minacce meno forti di quanto siano.
È prudente non eliminare troppo rapidamente qualsiasi inserimento di "elementi" nella SWOT. L'importanza dei
singoli SWOT sarà verificato in base al valore delle strategie che genera. Un elemento SWOT che genera strategie è
importante. Un elemento SWOT che non produce strategie non è importante.
Il fattore critico di successo
Il fattore critico di successo (CSF) è un elemento necessario ad un'organizzazione o ad un progetto per realizzare la
sua missione.
Tale termine è stato inizialmente utilizzato nell'ambito dell'analisi dei dati. Ad esempio un CSF per il successo della
Information Technology (IT) è il coinvolgimento degli utenti.
Un piano dovrebbe essere attuato considerando la piattaforma per la crescita, gli utili e i seguenti fattori critici di
successo:
• Liquidità: flusso di cassa positivo, crescita dei ricavi e dei margini di profitto.
• Futuro: acquisire nuovi clienti e / o distributori.
• Soddisfazione del cliente: il cliente è soddisfatto?
• Qualità: come è la qualità del prodotto o del servizio?
• Sviluppo del prodotto o del servizio: cosa c'è di nuovo che aumenterà gli affari con i clienti esistenti e di attrarrne
nuovi?
• Capitale intellettuale: aumentare ciò che è redditizio.
• Le relazioni strategiche: nuove fonti di business, di prodotti ed esterne alle entrate.
• Capacità di attrazione e di conservazione: la capacità di fare estendere il passaparola.
• Sostenibilità: la capacità di mantenere il tutto in corso.
6. Analisi SWOT 5
Note
[1] Armstrong. M. A handbook of Human Resource Management Practice (10th edition) 2006, Kogan Page , London ISBN 0-7494-4631-5
[2] Armstrong.M Management Processes and Functions, 1996, London CIPD ISBN 0-85292-438-0
[3] http:/ / www. mbatoolbox. org/ stories/ storyReader$19 SCAN
[4] See for instance (http:/ / agecon2. tamu. edu/ people/ faculty/ nayga-rudy/ slides1. pdf)
[5] Brendan Kitts, Leif Edvinsson and Tord Beding (2000) Crystallizing knowledge of historical company performance into interactive,
query-able 3D Landscapes
Bibliografia
• Hill, T. & R. Westbrook - SWOT Analysis: It's Time for a Product Recall. Long Range Planning, 1997
• Vecchia, Marco - Hapù - Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria - Lupetti, 2003
Voci correlate
• Albert S Humphrey
• Six Forces Model
• VRIO
Altri progetti
• Commons (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri
file su Analisi SWOT (http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:SWOT_analysis?uselang=it)
Collegamenti esterni
• (EN) Analysis of Forest & Forest Case (http:/ / www. mbatoolbox. org/ stories/ storyReader$19)
• (EN) SWOT analysis method and examples (Businessballs.com) (http:/ / www. businessballs. com/
swotanalysisfreetemplate. htm)
• (EN) SWOT analysis (CIPD) (http:/ / www. cipd. co. uk/ subjects/ corpstrtgy/ general/ swot-analysis. htm)
• (EN) PEST analysis method and examples (http:/ / www. businessballs. com/ pestanalysisfreetemplate. htm) from
Businessballs.com
• (EN) PESTLE analysis history and application (http:/ / www. cipd. co. uk/ subjects/ corpstrtgy/ general/
pestle-analysis. htm) from the CIPD
Portale Economia Portale Ingegneria
7. Pianificazione aziendale 6
Pianificazione aziendale
La pianificazione aziendale può essere definita come il sistema operativo attraverso il quale l'azienda definisce i
suoi obiettivi, previa analisi della realizzabilità e dei conseguenti vantaggi, e le azioni atte a conseguirli. Gli obiettivi,
a loro volta, possono essere definiti come risultati futuri, misurabili, che si prevede di conseguire entro un
determinato tempo (il loro orizzonte temporale).
In termini generali la pianificazione è il processo con il quale, dato un sistema sociale, si stabilisce uno stato futuro
dello stesso ritenuto desiderabile (obiettivo), si individuano le azioni per conseguirlo (piano d’azione) e le risorse per
mettere in atto queste azioni. Il prodotto della pianificazione prende il nome di piano. La pianificazione può
interessare sistemi sociali di differenti dimensioni: da un intero sistema economico (pianificazione macroeconomica)
o sociale ad una singola azienda (pianificazione aziendale).
Pianificazione e controllo
Il sistema di pianificazione aziendale è normalmente connesso al sistema di controllo di gestione, il quale ha lo
scopo di guidare la gestione aziendale verso il conseguimento degli obiettivi pianificati, evidenziando gli scostamenti
tra questi ultimi e i risultati della gestione e mettendo così in grado i responsabili di decidere e attuare le opportune
azioni correttive. Tale stretta integrazione fa sì che normalmente, sia a livello teorico che pratico, si parli di “sistema
di pianificazione e controllo”.
Pianificazione strategica, tattica e operativa
La pianificazione può essere scomposta in fasi concatenate, caratterizzate da un orizzonte temporale via via più
ristretto degli obiettivi e, correlativamente, da un maggior grado di dettaglio dei medesimi. Si parla così di:
• pianificazione strategica, che traduce i fini aziendali (la mission) in obiettivi strategici, aventi un orizzonte
temporale di lungo termine, pluriennale;
• pianificazione tattica, che traduce gli obiettivi strategici in obiettivi tattici, aventi un orizzonte temporale di medio
termine (indicativamente da uno a 3-5 anni);
• pianificazione operativa, che traduce gli obiettivi tattici in obiettivi operativi (o gestionali) aventi un orizzonte
temporale di breve termine (indicativamente non superiore all’anno).
Correlativamente si parla di piani strategici, tattici e operativi. Si usano anche i termini programmazione e
programma quali sinonimo di pianificazione e piano in generale o, più frequentemente, di pianificazione operativa e
piano operativo.
Va detto che la suddetta scomposizione in fasi è puramente teorica e nella prassi delle singole aziende può
presentarsi con un’articolazione maggiore (evenienza rara) o minore (ad esempio fondendo la fase strategica e quella
tattica, come avviene frequentemente). D’altra parte, sempre nella prassi aziendale, la fase di pianificazione operativa
è normalmente indistinguibile da quella di budgeting, attività quest’ultima che rappresenta il momento iniziale del
controllo di gestione.
8. Pianificazione aziendale 7
Processo di pianificazione
La pianificazione è qualcosa di più della semplice previsione, volta a formulare ipotesi sulla probabile evoluzione
futura dei fenomeni che interessano l'azienda, in assenza di interventi da parte della stessa. Infatti, pur partendo da
queste ipotesi, la pianificazione implica la volontà di controllare l'evoluzione dei fenomeni e comporta, quindi,
l'assunzione di decisioni su:
• gli obiettivi che si vogliono conseguire nell'orizzonte temporale considerato, obiettivi che devono essere SMART,
acronimo di specific (specifico, non generico), measurable (misurabile), achievable (raggiungibile), realistic
(realistico) e time-bound (da raggiungere in un tempo definito);
• le attività necessarie per conseguire gli obiettivi e le risorse (umane, materiali, finanziarie ecc.) impiegate per
svolgerle;
• i tempi, le modalità e l'organizzazione per acquisire (se non già disponibili) ed impiegare le risorse.
Queste decisioni sono formalizzate con la redazione di piani relativi alle singole aree (ad esempio, funzionali) nelle
quali si articola l'azienda, che sono poi integrati in un unico piano aziendale, sottoposto all'approvazione dell'organo
competente. Per l'assunzione delle decisioni possono essere usate metodologie specifiche: ne sono esempi l'analisi
SWOT, usata per la pianificazione strategica, e le metodologie di valutazione dell'investimento, usate per le decisioni
di investimento.
Il processo di pianificazione (planning) non si esaurisce con l'approvazione dei piani: l'andamento della loro
attuazione va, infatti, verificato nel tempo, giungendo anche alla revisione o all'aggiornamento degli stessi in caso di
eventi rilevanti, quali forti scostamenti non recuperabili, mutamento delle condizioni al contorno, variazioni di
strategia ecc. Per i piani a breve termine può essere formalizzata anche un'attività di verifica ed aggiornamento
periodica, ad esempio trimestrale.
In certi casi, sempre più frequenti nella realtà attuale, il raggiungimento dello stato futuro, che costituisce obiettivo
della pianificazione, comporta una transizione organizzativa o di business, legata a scenari di cambiamento
significativi; in casi come questi si parla di change management, riferendosi con tale termine agli strumenti ed ai
processi utilizzati per realizzare e supportare la transizione.
Voci correlate
• Change management
• Corporate governance
• Controllo di gestione
• Direzione aziendale
• Economia aziendale
• Management
• Organizzazione aziendale
• Valutazione del personale
• Sistema incentivante
• Planologia
Portale Aziende: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di aziende
9. Change management 8
Change management
N.Machiavelli, dettaglio
dipinto di Santi di Tito
« E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che
farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et
ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene... »
(Niccolò Machiavelli, Il Principe, cap. 6)
Con il termine inglese Change management (traducibile approssimativamente in gestione del cambiamento) si
intende un approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che
rende possibile (e/o pilota) la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato.
Il Change Management, così come viene comunemente inteso, fornisce strumenti e processi per riconoscere e
comprendere il cambiamento e gestire l'impatto umano di una transizione.
Cambiamento e transizione (terminologia utilizzata)
La parola Cambiamento/Change è spesso usata in
contesti professionali come sinonimo di transizione ma
possiede un significato più generico, mentre la parola
transizione proviene da un contesto più scientifico. In
genetica per esempio la transizione è un tipo di
mutazione mentre in fisica indica il passaggio di un
sistema da uno stato ad un altro; entrambi questi
contesti attribuiscono alla parola Transizione un
significato più preciso che richiama in modo
appropriato la dinamica insita nel concetto di
Cambiamento/Change sopra citato.
paradigma del Change Management
Quando si parla di transizione si è più facilmente consapevoli della sfida connaturata alla necessità e/o alla volontà di
trasformare una situazione esistente in una nuova e si è più consapevoli dell'importanza di definire lo stato della
situazione corrente [dove siamo?], quello della situazione desiderata [dove vogliamo arrivare?] e il percorso più
conveniente [come ci arriviamo?]. Perciò nell'utilizzo che se ne farà in questa pagina il termine transizione esprimerà
una connotazione più attiva (che esprime maggiormente il punto di vista di chi la transizione la desidera e/o la
guida), mentre il termine cambiamento esprimerà una connotazione più passiva (che esprime maggiormente il punto
di vista di chi il cambiamento lo subisce).
10. Change management 9
Contesto
La transizione a cui si fa riferimento in questo contesto comprende un largo insieme di fenomeni.
Dal punto di vista individuale la transizione può essere considerata una nuova attitudine da acquisire o un
comportamento da cambiare.
Dal punto di vista di un'organizzazione (commerciale, sociale, politica, ecc.), o semplicemente di un gruppo di
individui, la transizione può essere rappresentata da un nuovo tipo di tecnologia da acquisire o da un nuovo assetto di
processi da porre in atto oppure da un salto culturale da diffondere al proprio interno o all'esterno; in generale
un'organizzazione per garantire il raggiungimento dei propri obiettivi ha necessità di governarne al meglio la
trasformazione necessaria; tanto più grande e tanto più è profondo il cambiamento, tanto maggiore è lo sforzo e
l'attenzione necessaria per governarlo e indirizzarlo verso la meta.
Dal punto di vista di una società o di una struttura sociale la transizione può essere associata a un nuovo progetto
politico, l'entrata in vigore di una nuova legge, l'imposizione di un nuovo modello culturale e così via. A differenza
però delle organizzazioni, le società (con l'eccezione di qualche regime dittatoriale) non possono disporre dello
stesso controllo sulle attività degli individui di cui dispongono (limitatamente al loro orario di lavoro) le
organizzazioni, per cui il governo della transizione è un'attività senz'altro più complicata da realizzarsi.
In ogni caso, affinché una trasformazione possa realmente realizzarsi è necessaria una strategia chiara ed una forte
partecipazione e motivazione delle persone coinvolte. La cultura e le prassi esistenti di Change Management
forniscono un quadro d'insieme e degli strumenti per governare l'impatto della trasformazione sulle persone
coinvolte e, viceversa, aiutare gli individui a orientarsi e muoversi all'interno dei cambiamenti del mondo circostante
che si trasforma. A questo proposito le ricerche più recenti evidenziano la necessità di una efficace combinazione tra
gli strumenti organizzativi di Change Management e i modelli individuali di Change Management.
Le teorie di Change Management si sono evolute a partire dalla psicologia, dall'area economico-commerciale e
dall'ingegneria gestionale. Per questo motivo alcune teorie derivano da modelli di sviluppo organizzativo mentre
altre sono basate su modelli di comportamento individuale e sociale. Ragion per cui l'argomento è stato articolato nei
tre paragrafi che seguono.
Il Change Management dal punto di vista individuale
Dal punto di vista individuale il Change Management descrive l'approccio con cui l'individuo reagisce ai grandi
cambiamenti che lo coinvolgono, sia che si tratti di contesti strettamente personali piuttosto che aziendali o sociali.
Può essere inteso sia come uno strumento per prevedere e gestire le reazioni degli individui sia, al contrario, per
aiutare gli individui a governare e canalizzare le proprie reazioni. Forti sono le connessioni con gli studi di
psicologia.
Modello di Kurt Lewin (la percezione a 3 stadi del cambiamento)
Il modello sviluppato da Kurt Lewin, uno dei primi modelli di Change Management che ne ha interpretato il punto di
vista individuale, descriveva la transizione come un processo a tre stadi . Il primo stadio, lo “scongelamento”
(“unfreezing”), comporta il superamento dell'inerzia e lo smantellamento della mentalità e delle abitudini esistenti. La
naturale resistenza innescata dai meccanismi di difesa deve essere superata. Il secondo stadio, quello in cui si
attua/manifesta il cambiamento, è contraddistinto da uno stato di confusione e di provvisorietà legata alla transizione.
Si è consapevoli che il quadro precedente è stato messo in discussione ma non si ha ancora una chiara percezione di
come sostituirlo. Il terzo stadio, il “ricongelamento” ("refreezing"), comporta il consolidamento del nuovo quadro e
delle nuove abitudini e la loro cristallizzazione, riportando gli individui ad un livello di confidenza con i processi
analogo a quello prima del cambiamento.
11. Change management 10
Modello di Kübler-Ross (le 5 fasi reattive dell'individuo a fronte del cambiamento)
Alcune teorie sono basate su approcci derivanti dal modello di Elisabeth Kübler Ross spiegato nel libro La morte e il
morire. Le fasi (non necessariamente in sequenza temporale) con cui reagisce l'individuo che subisce un lutto
importante o gli viene diagnosticata una malattia grave sono tipicamente contrassegnate da: negazione/rifiuto (non è
possibile!), rabbia (perché proprio a me?), patteggiamento (salviamo il salvabile), depressione (non sarà più come
prima), accettazione (mettiamoci l'animo in pace). I modelli derivati generalizzano e trasportano queste fasi reattive
in ambiti diversi da quello in cui il modello è nato (applicandolo per esempio all'ambito lavorativo) evidenziando una
forte analogia con i vari contesti nei quali l'individuo si trova di fronte a cambiamenti che non comprende
ritrovandosi ad essere soggetto passivo.
Il Change Management dal punto di vista delle organizzazioni
Dalla prospettiva delle organizzazioni (non necessariamente aziendali), il Change Management include i processi e
gli strumenti per gestire l'impatto umano di una Transizione. Questi strumenti comprendono un approccio strutturato
che può essere efficacemente utilizzato per realizzare, accompagnare e supportare la transizione, aiutando così
l'organizzazione a realizzare e governare la propria trasformazione.
percorso tipico di un intervento di Change Management
Una comprensione più concreta di
questa prospettiva risulta più facile
dall'osservazione dello schema
riportato a fianco, che contiene un
esempio dei processi e delle fasi
utilizzate per realizzare un tipico
intervento di Change Management
all'interno di una Organizzazione;
nell'esempio riportato:
• la fase di incubazione/preparazione
dell'intervento comprende una
bozza del Piano d'Azione (che
stabilisce gli obiettivi, l'approccio e
il perimetro dell'intervento), del
Piano di Governance (che stabilisce
i meccanismi di partecipazione e di controllo dell'intervento) e del Piano di Comunicazione (che ne stabilisce il
calendario delle iniziative, incluse quelle informative e di sostegno);
• la fase di progettazione comprende alcuni Workshops (seminari che hanno l'obiettivo di coinvolgere il personale,
individuare le criticità/opportunità e dare forma e contenuto alle azioni e ai progetti che dovranno costituire il
Programma in cui si articola l'intervento) e le sintesi che ne scaturiscono successivamente convogliate in un Piano
Operativo (che servirà a delineare e dettagliare azioni e progetti e guidare l'attuazione del Programma);
• la fase di esecuzione comprende il lancio e la realizzazione dei singoli progetti, il loro controllo, la misurazione
dei risultati e la messa a punto delle azioni correttive per assicurare il raggiungimento degli obiettivi.
Per consentire di raggiungere in profondità gli effetti desiderati questi strumenti necessitano di essere integrati con
una sufficiente comprensione del contesto dal punto di vista del Change Management individuale (vedi sezione
precedente).
12. Change management 11
Conservatorismo Dinamico delle Organizzazioni (Schön)
Questo modello proposto da Schön esplora la natura tendenzialmente conservativa delle organizzazioni (in analogia
al principio di conservazione di una specie) che le induce ad auto proteggersi dai cambiamenti non originati dalla
propria volontà. Schön riconosce la crescente necessità delle organizzazioni a divenire più flessibili per far fronte
alla crescente velocità dei cambiamenti che le investono in misura sempre maggiore, arrivando a dotarsi di un
processo di 'apprendimento' continuo. Molto precocemente Schön riconobbe l'efficacia e la necessità di adeguarsi al
concetto attualmente indicato nel campo commerciale come Learning Organization (traducibile all'incirca come
'Organizzazione che impara'). Queste idee vennero ulteriormente sviluppate nel suo modello di prassi riflessiva, che
disegna un processo per far fronte a questi costanti cambiamenti.
La resistenza al cambiamento (formula di Gleicher)
Qualche secolo dopo Machiavelli (rif. Incipit di questa pagina), Richard Beckhard e David Gleicher riuscirono a
sviluppare una Formula per il Cambiamento (meglio conosciuta come Formula di Gleicher):
D x V x F > R
• D = Dissatisfaction – esprime la insoddisfazione per la situazione attuale
• V = Vision – indica la progettualità, la capacità di definire la situazione futura
• F = First steps – quantifica i primi passi concreti fatti verso la direzione che è stata definita e annunciata
• R = Resistance – misura la resistenza incontrata dal Cambiamento
La formula, creata da Richard Beckhard e David Gleicher, esprime il concetto fondamentale che il cambiamento è
realizzabile soltanto se il prodotto delle forze che producono il cambiamento è superiore alla resistenza che vi si
oppone. Da un altro punto di vista riesce a cambiare soltanto chi è sufficientemente consapevole delle energie
necessarie a farlo ed è disposto a sostenere il proprio cambiamento con una forte volontà (o un forte mandato),
piuttosto chi è costretto a farlo travolto dalle proprie difficoltà.
La costruzione del cambiamento (modello ADKAR)
Uno dei modelli più noti per la messa a punto di un programma di Change Management è rappresentato dal modello
ADKAR (il nome è costituito da un acronimo spiegato più avanti) che è stato sviluppato da Prosci [1] in seguito alla
collaborazione di più di 1000 aziende di 59 paesi diversi. Il modello individua i cinque mattoni fondamentali da
utilizzare per la costruzione di un programma di Change Management:
• Awareness [consapevolezza] – spiegare perché è necessario cambiare
• Desire [desiderio/determinazione] – attivare l'adesione proattiva delle persone coinvolte
• Knowledge [conoscenza (pratica)]– come attuare il cambiamento
• Ability [attitudine] – costruire i nuovi profili e i nuovi comportamenti
• Reinforcement [sostegno] – sostenere/consolidare il cambiamento
Si tratta in pratica di un utile strumento per verificare la copertura da parte della iniziativa di Change Management di
tutti i mattoni fondamentali del programma.
13. Change management 12
Il cambiamento ed il ruolo del management nelle organizzazioni
Una delle maggiori responsabilità del
Management è quella di identificare
precocemente i cambiamenti rilevanti
(le mutazioni) che si manifestano
nell'ambiente interno ed esterno, ed
avviare per tempo i programmi
necessari ad accompagnarle o a
contrastarle. È molto importante
valutare anche l'impatto che le
trasformazioni potranno determinare
sul piano umano e sociale, su quello
dei processi e quello delle tecnologie.
Il management in particolare ha la
responsabilità di prevedere le reazioni
tipico schema di governo di un programma
che si manifesteranno in conseguenza a
queste trasformazioni e varare perciò azioni/progetti adeguati ad accompagnare/realizzare la transizione e preparare
il personale della propria organizzazione al nuovo assetto e favorire la loro accettazione del cambiamento. Pertanto i
programmi avviati dovranno pervadere in profondità l'organizzazione e dovranno essere monitorati nella loro
efficacia e, se necessario, aggiustati. A fianco viene riportato un tipo esempio di Governance di un programma, con
l'evidenza delle interrelazioni che il management ha con gli altri ruoli dell'organizzazione; un efficace controllo
presuppone un sistema di relazioni chiaro, ruoli e responsabilità ben definite. La partecipazione all'interno di una
organizzazione non può essere intesa soltanto come un esercizio di disciplina (anche se a volte è necessario che lo
sia), ma come anche come condivisione, ossia la proposizione di una visione e di una strategia che vengono costruite,
spiegate e accettate come le migliori possibili per quella organizzazione in quella situazione e in quel momento.
Il cambiamento in rapporto alla pianificazione strategica
Tra i modelli utilizzati in contesti di radicali cambiamenti in ambito aziendale è da considerare quello proposto da
Gabrielle O'Donovan [2], che ha messo a punto una metodologia per la pianificazione strategica al servizio dei
programmi di trasformazione che presuppongono rilevanti cambiamenti culturali. A grandi linee questa metodologia
si basa su queste fasi:
• la prima fase pianificazione strategica e progettazione include una serie di passi: la revisione da parte della
direzione aziendale degli obiettivi strategici dell'azienda (la missione), la formazione di un team aziendale di
Manager per supervisionarne la realizzazione, la creazione di una visione del programma, la definizione della sua
strategia di implementazione, la riorganizzazione del personale in funzione degli obiettivi, la messa a punto del
nocciolo duro del programma e dei meccanismi culturali che dovranno supportarne la sua realizzazione;
• la seconda fase implementazione strategica include questi passi: comunicazione della nuova visione strategica,
applicazione del programma, gestione degli impatti umani conseguenti alla sua applicazione compatibilmente al
mantenimento di un buon livello di operatività dell'azienda, consolidamento del nuovo assetto raggiunto;
• la terza fase valutazione e aggiustamento si focalizza sulla misurazione dei risultati ottenuti e sulla pianificazione
per le future evoluzioni.
In queste fasi strumenti per la collaborazione di gruppo quali le mappe mentali e le mappe concettuali possono essere
di grande aiuto nel fornire una complessiva impostazione sistemica.
14. Change management 13
I laboratori del cambiamento: tecniche di analisi per la ricerca di proposte e soluzioni
A prescindere dai modelli utilizzati per costruire percorsi di trasformazione, esistono diverse tecniche di analisi
utilizzate per la ricerca di proposte e soluzioni a fronte di criticità e/o opportunità presenti in un determinato
contesto. Tra queste si possono citare:
• il brainstorming tecnica introdotta negli anni trenta da Alex Faickney Osborn, concepita per facilitare
l'individuazione di risposte efficaci ai problemi posti all'attenzione di un gruppo di persone selezionate e guidate
all'interno di una sessione di lavoro strutturata;
• il Dialogo di Bohm, (On Dialogue [3]) introdotto negli anni ottanta dal fisico David Bohm, che ha proposto una
forma alternativa di brainstorming aperta e non strutturata, diretta a sollecitare risposte non convenzionali ai
problemi affrontati; la tecnica suggerisce la sospensione di giudizio a fronte della affermazioni non condivise fatte
dagli altri partecipanti, incentivando lo sviluppo (senza alcun obiettivo predeterminato) delle idee innovative che
rivelano una maggiore fertilità;
• l'approccio della Learning Organization messo a punto negli anni novanta da Peter Senge che ha ricollocato le
idee di Bohm all'interno di un concetto più vasto basato sull'idea di un'organizzazione flessibile in grado di
recepire i segnali provenienti dall'ambiente circostante e adattarsi di conseguenza;
• l'indagine apprezzativa (Appreciative Inquiry) un metodo messo a punto da David Cooperrider che si basa sul
presupposto che convenga costruire una organizzazione più intorno a ciò che funziona piuttosto che tentare di
aggiustare ciò che non funziona; l'approccio riconosce il contributo degli individui con l'obiettivo di accrescere la
fiducia reciproca e fare squadra;
• la Teoria U [4] di Otto Scharmer che descrive un processo in cui le strategie di cambiamento sono basate più su
ciò che emerge dal futuro piuttosto che sulle lezioni del passato.
Albert Einstein, nel
1921
Un tratto comune ad alcuni di questi approcci asserisce che una formulazione chiusa di un
problema spesso inibisce le soluzioni innovative mentre se si trasforma l'enunciazione
chiusa in una domanda aperta, il procedimento favorisce la collaborazione delle persone
coinvolte ed arricchisce la gamma delle risposte possibili evitando che il problema venga
trasformato in un atto d'accusa che ostacola la ricerca della soluzione migliore.
« Non si può risolvere un problema con lo stesso pensiero che l'ha originato »
(Albert Einstein)
Il Change Management dal punto di vista sociale
Il Change Management può prestarsi a diversi livelli di lettura anche in una dimensione sociale: dal lato
dell'individuo può essere visto come una bussola per orientarsi in un contesto di rilevanti cambiamenti:
• tecnologici (es: l'avvento di Internet o, ancora più recentemente, del Web 2.0);
• politici (es: il passaggio dell'Amministrazione Catastale ai Comuni);
• sociali (es: la scomparsa dei negozi nelle periferie e la proliferazione dei Centri Commerciali), ecc.
Dal lato del sistema sociale/politico/religioso/culturale/ecc. invece il Change Management può essere visto come un
insieme di strumenti e processi utile ad ottenere il consenso (materia trattata approfonditamente, specialmente nei
suoi aspetti manipolatori, da Edward Bernays da molti considerato il padre fondatore delle pubbliche relazioni
moderne) e/o la partecipazione attiva della massa (o del proprio target) per il raggiungimento dei propri obiettivi di
15. Change management 14
trasformazione o in generale per la realizzazione della propria missione. Esempi di questo secondo lato potrebbero
essere:
• la transizione innescata da una riforma legislativa (che comporterebbe una campagna pubblicitaria di
informazione per avvisare/educare i cittadini riguardo ai nuovi procedimenti amministrativi legiferati, un piano
operativo per predisporre i nuovi servizi necessari, ecc., vedere anche Comunicazione istituzionale);
• la scissione o la fusione di movimenti politici (che comporterebbe un piano per la riorganizzazione delle strutture,
una campagna per la nuova gestione dei tesseramenti, un piano di comunicazione per informare l'opinione
pubblica, ecc.);
• l'orientamento di un target di consumatori verso un diverso modello di consumo da parte di una associazione di
produttori (che comporterebbe la commissione di studi di mercato, la definizione di standard comuni tra i
produttori, campagne di comunicazione, ecc.).
In questo ambito il lato dell'individuo è quello che viene osservato attraverso le lenti dell'antropologia culturale,
mentre il lato del sistema è quello che viene osservato dalle lenti della politica, dell'associazionismo culturale, delle
parti sociali (associazioni di imprese o sindacati), del mondo delle associazioni religiose, ecc.
Il Change Management in ambito sociale agisce su scala diversa rispetto all'ambito delle organizzazioni: gli
individui hanno un livello di protagonismo e/o antagonismo più elevato e sono meno soggetti ai controlli (che dentro
un'organizzazione possono essere esercitati in modo più forte), a meno che ovviamente non si prendano in
considerazione regimi coercitivi. Questi aspetti fanno sì che tra gli strumenti ed i processi forniti dal Change
Management acquistino maggiore importanza i piani di comunicazione, la Comunicazione integrata e in generale le
iniziative che sollecitino il ruolo e gli apporti (pro) attivi degli individui e/o delle masse interessate alla Transizione
in questione e di contro ne attenuino le probabili/inevitabili resistenze. Il tema è senz'altro riconducibile allo stesso
affrontato da Machiavelli nel suo trattato di dottrina politica Il Principe (in particolare nel capitolo VI [5]) da cui, non
a caso è stato tratto l'incipit di questa voce, e che potrebbe essere considerato a buona ragione uno dei più noti
antesignani del Change Management.
Oltre al ruolo della comunicazione sono importanti la comprensione delle dinamiche di interazione delle masse
(tema ampiamente trattato negli anni sessanta da Elias Canetti), quello del ruolo dei mezzi di comunicazione nella
società odierna (approfondito da Marshall McLuhan negli anni sessanta e trattato in modo interessante da Claudio
Fracassi negli anni novanta) e quello dei meccanismi di comprensione della comunicazione da parte degli individui.
L'approccio costruttivista (la mappa non è il territorio)
Il concetto che la mappa non è il territorio (Map-Territory relation) è utilizzato dalle neuroscienze per spiegare che
l'individuo non ha accesso diretto alla struttura della realtà, ma ha soltanto accesso a un insieme di costrutti
(stratificatisi nel tempo) che la rappresentano. Esso è stato formalizzato in un modello conosciuto come Scala di
Inferenza (Ladder of Inference) da Chris Argyris. Ragion per cui nel Change Management i processi di
comunicazione si devono assicurare che le informazioni riguardanti il cambiamento e le sue conseguenze vengano
presentate in modo tale che persone con mentalità e orientamenti diversi possano effettivamente comprenderle. I
metodi basati sulla relazione mappa/territorio aiutano le persone a:
• diventare più consapevoli dei propri pensieri e ragionamenti (riflessione);
• consentire che i propri pensieri e ragionamenti divengano visibili agli altri (sostenibilità);
• esplorare meglio i pensieri e ragionamenti altrui (esplorazione).
Alcune metodologie basate su questo principio sono:
• la programmazione neurolinguistica (PNL), una scuola eclettica di psicoterapia sviluppata da Richard Bandler,
John Grinder, Robert Dilts, e altri;
• l'approccio della indagine circolare e le altre tecniche derivate dal modello sistemico di terapia familiare
sviluppato a Milano dall'inizio degli anni settanta (Milan Approach);
16. Change management 15
• la psicologia della Gestalt (per approfondimenti vedere Associazione della Teoria della Gestalt [6]), una teoria
psicologica che asserisce l'organizzazione olistica dei meccanismi percettivi ("L'insieme è più grande della
somma delle sue parti");
• l'approccio della Quinta Disciplina (the Fifth Discipline) proposto da Peter Senge e altri (vedi i rif. nella sezione
precedente Laboratori del Cambiamento).
Note
[1] http:/ / www. prosci. com
[2] http:/ / gabrielle083. vox. com
[3] http:/ / thinkg. net/ TT/ david_bohm_on_dialogue_1. htm
[4] http:/ / www. presence. net
[5] http:/ / www. liberliber. it/ biblioteca/ m/ machiavelli/ il_principe/ html/ princi_a. htm#capitolo6
[6] http:/ / gestalttheory. net/ it/ index. html
Voci correlate
• Antropologia culturale
• Corporate governance
• Management
• Turnaround management
• Pianificazione aziendale
• Project management
• Psicologia del lavoro
• Pubbliche relazioni
Collegamenti esterni
• Assochange (http:/ / www. assochange. it) Associazione Italiana No-profit per la promozione la cultura del
Change Management nelle imprese e nella pubblica amministrazione.
• Change Management Learning Center Prosci (http:/ / www. change-management. com/ ) significativo punto di
riferimento internazionale per la formazione e le best practices di Change Management.
• J. Anderson: Using Kanban to Manage the Flow of Agile Change (http:/ / kanbantool. com/ kanban-library/
getting-started/ using-kanban-to-manage-the-flow-of-agile-change#. UoNjN9_gFTM)
Portale Ingegneria Portale Lavoro