2. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 IL DIABETE MELLITO DI TIPO 2 Ѐ UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE
3. Genomic Locations of Proven Signals of Nonautoimmune Forms of Diabetes. McCarthy MI. N Engl J Med 2010;363:2339-2350.
4. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 GENE APPROCCIO DI STUDIO FUNZIONE TCF7L2 Linkage analysis FUNZIONE β CELLULARE KCNJ11 Candidate gene K ATP (SECREZIONE INSULINICA) PPARG Candidate gene INSULINO RESISTENZA SLC30A8 GWAS SINTESI E SECREZIONE INSULINICA CDKAL1 GWAS FUNZIONE β CELLULARE CDKN2A/2B GWAS FUNZIONE β CELLULARE IGF2BP2 GWAS FUNZIONE β CELLULARE FTO GWAS OBESITÁ
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6. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 3 rs1801282 PPARG SOSTITUZIONE DI ALANINA CON PROLINA IN POSIZIONE 12 ↑ RISCHIO DM2 STUDIO DEL GENE CANDIDATO
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8. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 SLC30A8 Codifica : Trasportatore di membrana specifico per lo zinco (ZnT8) Funzione : Incorporare l’insulina all’interno delle vescicole secretorie. SE IPOESPRESSO ↓ SECREZIONE INSULINICA GLUCOSIO INDOTTA CDKAL1 Codifica : Inibisce la Cdk5 (chinasi ciclina-dipendente 5), forte inibitore della secrezione insulinica in risposta al glucosio Funzione : Promuovere la secrezione insulinica in risposta al pasto. SE IPOESPRESSO ↓ SECREZIONE INSULINICA GLUCOSIO INDOTTA STUDI DI ASSOCIAZIONE SUL GENOMA (GWAS)
9. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 CDKN2A e CDKN2B Codifica : P roteine inibitrici della chinasi 2a e 2b ciclina-dipendente 4 Funzione : Importante regolatore del ciclo cellulare IGF2BP2 Codifica per una p roteina che si lega all’ mRNA per l’insulin-like growth factor 2 e ne favorisce la traduzione. FTO È un gene che presenta una forte associazione con il BMI e, di conseguenza, con lo sviluppo di DM2 SE IPOESPRESSO IPOPLASIA CELLULE β -PANCREATICHE STUDI DI ASSOCIAZIONE SUL GENOMA (GWAS)
10. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 DISTRIBUZIONE PRINCIPALI POLIMORFISMI RISPETTO ALL’INDICE INSULINOGENICO E ALL’ISI MATSUDA ALTERATA FUNZIONE β-CELLULARE ALTERATA SENSIBILITÁ INSULINICA
11. Pathways to Type 2 Diabetes Implicated by Identified Common Variant Associations. McCarthy MI. N Engl J Med 2010;363:2339-2350.
12. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 LE ULTIME FRONTIERE OBESITA’, INFIAMMAZIONE E DM2 Rasouli N. and Kern PA., JCEM 2008 Gregor MF. And Hotamisligil, Annu Rev Immunol 2011 “ METAFLAMMATION” IL TESSUTO ADIPOSO IN ECCESSO INDUCE UNA RISPOSTA INFIAMMATORIA CRONICA DI BASSO GRADO
13. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 Cinti S. et al., J Lipid Res 2005 ADIPONECTINA PARAPOPTOSI ADIPOCITARIA IPERTROFIA ADIPOCITARIA STRESS IPOSSICO-ISCHEMICO OBESITÁ RICHIAMO DI MACROFAGI TNF- α NOS FA TNF- α IL-6 FEED-FORWARD
14. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 EFFETTI SISTEMICI DELL’INFIAMMAZIONE Insulino-resistenza Dislipidemia Alterazioni endoteliali Stato trombofilico Ipertensione arteriosa RISCHIO CARDIOVASCOLARE Iperglicemia L’evidenza, però, di una spiccata eterogeneità clinica del fenotipo obeso fa supporre che nell’espressione delle complicanze giochino un ruolo fondamentale le interazioni esistenti tra FATTORI GENETICI E AMBIENTALI.
15. LA GENETICA DEL DIABETE MELLITO TIPO 2 IL-6 Polimorfismi del gene e del recettore α dell’IL-6 ↑ rischio di obesità ↑ rischio dislipidemia ↑ insulino resistenza Fatty acid-gene interaction, adipokines and obesity. C. Stryjecki and DM Mutch. European Journal of Clinical Nutrition 2011, 1-13 ADIPONECTINA Polimorfismi del gene ( ADIPOQ) ↓ m-RNA e ↓ livelli circolanti adiponectina ↑ rischio di sindrome metabolica ↑ diabete mellito tipo2 Association of ADIPOQ gene variants with body weight, type 2 diabetes and serum adiponectin concentrations: the Finnish Diabetes Prevention Study. Siitonen et al. BMC Medical Genetics 2011, 12:5 TNF- α Polimorfismo RS1800629 ↑ m-RNA e ↑ livelli circolanti di TNF-α ↑ rischio di obesità ↑ insulinemia a digiuno ↑ insulino resistenza Fontaine-Bisson et al 2007
Il diabete mellito di tipo 2 è una patologia multifattoriale causata da una complessa interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali . Fattori ambientali quali aumento dell'apporto calorico, l'inattività fisica e l’obesità certamente contribuiscono alla recente diffusione epidemica di diabete mellito. Tuttavia anche i fattori genetici sono determinanti chiave della suscettibilità individuale allo sviluppo di diabete di tipo 2. L'importanza dei fattori di rischio genetici per l’insorgenza di diabete di tipo 2 è sostenuta da due importanti evidenze: le ben note differenze etniche nella prevalenza di diabete di tipo 2( gli asiatici hanno un rischio aumentato rispetto agli europei) e la forte componente familiare per lo sviluppo di DM2 (i figli di persone con diabete di tipo 2 hanno un rischio 6 volte maggiore rispetto alla popolazione generale).
Ad oggi, grazie all’avvento delle nuove tecniche di sequenziazione genica, si è riusciti ad identificare ben 40 i geni implicati nello sviluppo del DM2. Nell’immagine sono rappresentati i geni implicati nelle forme non-autoimmunitarie di diabete. TRIANGOLI ROSSI: geni implicati nello sviluppo di LADA. TRIANGOLI VERDI: geni implicati nelle forme monogeniche e sindromiche. TRIANGOLI CELESTI: geni associati alle forme multifattoriali di diabete.
Di questi quaranta geni, quelli per cui è stata dimostrata una più forte associazione con lo sviluppo di DM2 sono quelli elencati in tabella. Sono stati identificati attraverso tre approcci di studio: analisi di linkage familiare, analisi del gene candidato e analisi di associazione sul genoma (GWAS)
Attraverso le analisi di linkage familiare, effettuate nell’ambito di uno stesso nucleo familiare ed in particolar modo tra i gemelli,si è riusciti a spiegare le forme monogeniche e il LADA. Questa tecnica ha inoltre permesso di studiare il gene TCF7L2 (localizzato nel cromosoma 10) che può presentarsi con più polimorfismi. Alcuni di essi (ad esempio quelli riportati in diapositiva), sembrano interferire con l’attivazione trascrizionale mediata dal sistema della β-catenina con conseguente riduzione dell’ espressione di glucagone-like peptide 1 in cellule enteroendocrine e ridotta secrezione insulinica in risposta al pasto.
Il secondo approccio di studio di genetica si effettua tramite studi di associazione caso-controllo su un singolo gene “candidato”, scelto in base alle già note funzioni biologiche. Più di 100 geni sono stati studiati attraverso questo approccio ma solo per pochi di essi è stata dimostrata una stretta associazione; ne sono 2 esempi il gene PPARG e KCNJ11. Il gene PPARG svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dell’adipogenesi e della sensibilità insulinica regolando l’attività trascrizionale di vari geni e esplicando la sua azione in vari tessuti. Il polimorfismo identificato in PPARG, che sembra predisporre allo sviluppo di diabete mellito tipo 2 e obesità, è stato identificato un decennio fa ed è dovuto alla presenza in posizione 12 dell’alanina invece che della prolina. . L’esatto meccanismo attraverso cui la sostituzione amminoacidica produce tale effetto rimane ancora poco chiaro. Tuttavia, questo cambiamento si verifica in particolare nell’isoforma PPARG2, che è la forma specificamente espresso nel tessuto adiposo e si associa ad un aumento nel rischio di sviluppare DM2.
Sempre attraverso studi sul gene candidato è stato individuato il polimorfismo di KCNJ11. La sua mutazione è dovuta all’allele in posizione 23 del cromosoma 11 che può presentare il glutammato o la lisina. La presenza della lisina riduce la sensibilità dei canali del potassio ATP sensibili della β-cellula, inibisce la depolarizzazione della cellula con conseguente aumento della soglia necessario al rilascio insulinico. Ne consegue una ridotta secrezione insulinica che predispone al rischio di DM2.
Nel 2007 furono compiuti numerosi passi avanti grazie alle tecniche di GWAS (genome-wideassociation studies) rese possibili grazie al progetto internazionale di mappatura del genoma. Con questa tecnica furono studiati molti geni: quelli per cui è stata dimostrata una più forte associazione con il DM2 sono: SLC30A8: Codifica per trasportatore di membrana specifico per lo zinco (ZnT8), altamente espresso nelle isole pancreatiche che ha la funzione di trasportare l’insulina all’interno delle vescicole secretorie. Una mutazione che conduce ad una ipoesressione si associa ad una ridotta secrezione insulinica glucosio indotta. CDKAL1: è un inibitore della Cdk5 (chinasi ciclina-dipendente 5)la quale a sua volta è un forte inibitore della secrezione insulinica in risposta al pasto. Anch’esso se ipoespresso si associa ad una ridotta secrezione insulinica glucosio indotta.
I geni CDKN2A e CDKN2B codificano per 2 proteine inibitrici della chinasi 2a e 2b ciclina-dipendente4. La chinasi ciclina dipendente 4 è coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare in una vasta gamma di cellule; è interessante notare che i topi con knock out per questo gene presentano piccoli isolotti di cellule β-pancreatiche e sviluppano diabete insulino-dipendente. Anche polimorfismi nel gene IGF2BP2, che codifica per una proteina che si lega all’mRNA per l’insulin-like growth factor 2 e ne favorisce la traduzione, e FTO, associato all’obesità, predispongono allo sviluppo di DM2.
Rappresentazione grafica della distribuzione dei vari polimorfismi in relazione a parametri quali l’insulino sensibilità (ISI Matsuda=10000/√ G0XI0XGmedia X I media Dove G0 e I0 corrispondono rispettivamente alla glicemia a digiuno e all’insulinemia basale, Gmedia e Imedia media rispettivamente della glicemia e dell’insulinemia durante OGTT (0-30-60-120),e la risposta insulinica (indice insulinogenico= IRI30-IRIdigiuno/glicemia30-glicemiadigiuno dove IRI sta per insulina radio-immune). PALLINI VERDI=ALTERATA FUNZIONE BETA CELLULARE, PALLINI ROSSI=ALTERATA SENSIBILITA’INSULINICA PALLINI BAINCHI=ALTERAZIONE DI ENTRAMBE.
Immagine riassuntiva: nelle caselle in alto sono indicati i prinicipali geni responsabili di uno stato di insulino-resistenza(parte destra dell’immagine) e di una ridotta secrezione insulinica ( nella parte sinistra), entrambi noti fattori patogenetici nello sviluppo di DM2.
Gli ultimi studi sulla patogenesi del DM si concentra sull’associazione esistente tra obesità e infiammazione. Lo stato infiammatorio che si associa all’obesità è di tipo cronico, di grado lieve-moderato e con scarsa tendenza alla risoluzione. Vista la diversa natura di questo tipo di infiammazione rispetto a quella acuta tipica, e l’origine specificatamente metabolica, si è coniato per definirla il termine di “metaflammation” o metainfiammazione.
L’eziopatogenesi dell’infiammazione nell’obesità non è ancora del tutto nota. É certo che il tessuto adiposo ipertrofico richiama macrofagi ed altre cellule del sistema immunitario secernenti adipochine e proteine di fase acuta, ma non è chiaro se il processo infiammatorio origini primariamente dall’adipocita o piuttosto dal tessuto stromale; sicuramente, una volta che la flogosi si è instaurata, ciascuna delle due componenti contribuisce ad amplificarla e a mantenerla. A dimostrazione di ciò vi è l’evidenza che negli individui obesi vi è un aumento dei livelli circolanti di citochine pro-infiammatorie (TNF-α e IL-6) ed riduzione di quelle anti-infiammatorie (adiponectina). Il TNF-α promuove uno stato di insulino-resistenza inibendo la via di trasduzione del segnale mediato dal recettore di tipo1. L’IL-6 è coinvolta nella regolazione del meccanismo dell’infiammazione ed è capace di inibire l’attività della LPL con conseguente riduzione nell’accumulo di trigliceridi nel tessuto adiposo, deposizione ectopica di lipidi e conseguente insulino resistenza.
È ormai ampiamente riconosciuta la teoria secondo la quale l’obesità conduce ad uno stato di “low-grade inflammation state” che predispone allo sviluppo di una vasta gamma di complicanze metaboliche tra cui, oltre allo sviluppo di DM2, si annoverano incidenti cardiovascolari, sindrome metabolica e tumori.
Ecco perché è risultato interessante andare alla ricerca di polimorfismi a carico dei geni che codificano per la sintesi e per i recettori delle principali citochine pro e anti infiammatorie. Per il TNF-a è stato scoperto un polimorfismo che si associa ad un aumento nella sintesi dell’m-RNA e quindi dei suoi livelli circolanti. Questo si associa ad aumentato rischio di obesità, insulino resistenza e quindi di DM2. Lo stesso discorso vale per l’IL-6 di cui sono stati trovati polimorfismi associati allo sviluppo di diabete. Infine ridotti livelli circolanti dell’adiponectina dovuta a polimorfismi del suo gene ADIPOQ si associa ad un aumentato rischio di sviluppare DM2. Riguardo a quest’ultimo polimorfismo è stato dimostrato che il rischio di sviluppare DM2 è indipendente dal suo effetto sul peso corporeo, cosa non ancora dimostrata per i polimorfismi riguardanti i geni per il TNF-α e per IL-6.
Per il futuro ci si augura di poter utilizzare lo studio di tali polimorfismi sia nell’iter diagnostico che terapeutico dei pazienti con DM2 anche se allo stato attuale, con le conoscenze di oggi, gli unici e più affidabili predittori di malattia rimangono: anamnesi familiare positiva e presenza di fattori di rischio per l’insulino resistenza.