1. Metodi quantitativi per la
gestione d’impresa
Break-even Analysis
Dal modello di base ad uno strumento
evoluto e completo per la gestione d’impresa
Costi Ricavi totali
Ricavi area di profitto
Fatturato
di pareggio
Costi totali
Totale costi
area di perdita variabili
CF area di perdita
Costi
fissi
Volume
α
β di pareggio
Volumi di vendita
Università Roma Tre - Facoltà Economia
Carmine D’Arconte - Roma, Settembre 2010
2. Indice
Prefazione pag. 4
Premessa pag. 7
Parte prima: Concetti di base e definizioni
• Costi e ricavi pag. 9
• Conto Economico, margine di contribuzione,
risultato operativo pag. 12
Parte seconda: Il modello di base della Break-even analysis
• Formule di base e rappresentazione grafica pag. 15
• Il margine di sicurezza pag. 19
Parte terza: L’estensione del modello
• Calcolo di un risultato operativo predeterminato pag. 22
• Risultato operativo. Espressione algebrica e grafico pag. 24
• Relazione tra la retta dei ricavi, dei costi totali e
del risultato operativo pag. 26
• Risultato operativo in funzione della quantità pag. 31
• La leva operativa pag. 31
• Valutazione di redditività degli investimenti pub-
blicitari pag. 36
• Investimenti come solo costo fisso pag. 39
a. senza portafoglio iniziale di ordini
b. con portafoglio pag. 42
• Investimenti con parte fissa e variabile pag. 47
c. senza portafoglio pag. 51
d. con portafoglio pag. 56
• Valutazione di redditività degli investimenti pub-
blicitari in relazione al ciclo di vita del cliente pag. 61
• Riepilogo formule pag. 65
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 2
3. Parte quarta: verso un modello evoluto
• I limiti del modello e concetto di “intervallo di rile-
vanza” pag. 68
• Pricing, vendite limitate, funzione di domanda e pag. 70
prezzo “ottimale”
• Ciclo di vita del prodotto e “momenti critici” pag. 79
• Ricavi e costi non lineare pag. 90
a. Riduzione prezzo e costo variabile costante pag. 92
b. Riduzione prezzo e aumento costo variabile pag. 94
c. Generalizzazione delle formule pag. 94
d. Variazione prezzo e costo variabile su quantità
diverse pag. 95
e. Un caso particolare. Il Break-even con due
punti di “pareggio pag. 98
• Aziende multi prodotto pag. 107
• Costi fissi pag 112
• Aspetti finanziari
Economia e finanza pag 114
a. Oneri finanziari pag. 119
b. Tassazione pag. 119
c. Costo opportunità, Van e tir pag. 120
d. Effetto congiunto tassazione e costo
opportunità pag. 127
e. Roi, Roe e leva finanziaria pag. 131
f. pay back pag. 136
g. Valutazione del rischio d’impresa pag. 139
e. Inflazione pag. 142
Considerazioni conclusive pag. 144
Riepilogo formule pag. 145
Esercizi pag. 155
Fonti pag. 209
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 3
4. Prefazione
Gli obiettivi che ci siamo prefissati nel predisporre il presente documento
sono molteplici e, forse, anche un po’ ambiziosi.
In primo luogo sentivamo la necessità di approfondire lo studio di un
modello che ci ha sempre affascinato ma che viene di norma analizzato ed insegnato
in un modo abbastanza semplicistico e, per di più, come un modello teorico “a sé
stante” che proprio per questo rischia di restare “avulso” dal contesto reale e dalle
effettive necessità dell’impresa.
In tali condizioni le possibilità di effettivo utilizzo si limitano a casi molto
rari, di una semplicità così spinta e così irrealistica che ha indotto spesso gli
imprenditori che hanno conosciuto il modello della Break Even Analysis o BEA, a
“rimuoverlo” come una delle tante cose teoriche che si insegnano a scuola ma che, in
pratica, risultano di scarsa utilità pratica.
Il quadro in realtà è ancora più grave se pensiamo che anche tra gli studiosi
c’è stato chi ha definito sbrigativamente la BEA come “un’affascinante tavola di
moltiplicazioni per svolgere un semplice esercizio aritmetico che una persona di
media intelligenza potrebbe fare con la sua sola testa 1”; è ovvio che se anche qualche
studioso arriva a sostenere che il modello serve a poco, si comprende come sia
difficile che un imprenditore si senta incoraggiato ad utilizzarlo per le proprie
necessità.
In effetti le cose stanno in modo del tutto diverso; la BEA, come
dimostreremo, se approfondita in modo adeguato, rielaborata, e soprattutto se
effettivamente integrata nel contesto d’impresa, può essere uno strumento di grande
utilità per l’imprenditore al fine di valutare attentamente la portata e l’impatto delle
proprie scelte.
La realtà è ovviamente di gran lunga più complessa ed imprevedibile di
qualsiasi modello teorico ma, proprio per questo, invece di scoraggiarsi e rinunciare
del tutto ad assumere un approccio quantitativo, è vitale avere un punto di riferimento
che induca sistematicamente quantomeno a tentare di valutare ex ante gli inevitabili
impatti di tipo economico-finanziario conseguenti ad ogni scelta.
In linea con queste riflessioni il primo obiettivo che ci si siamo posti è stato
quello di rivisitare il modello approfondendo le sue relazioni con altri aspetti critici
nella vita d’impresa, studiandone i limiti e cercando di superarli in modo che le sue
modalità di applicazione risultino più estese e quindi più realistiche.
Il secondo obiettivo è già implicito nel primo e cioè quello di fornire un
contributo all’imprenditore che, soprattutto ai giorni nostri, deve confrontarsi con un
contesto socio economico sempre più turbolento e che necessita di conseguenza di
supporti reali e concreti da parte degli studiosi.
Il terzo, last but not least, vorrebbe essere un riferimento per gli
“imprenditori di domani” e cioè per gli studenti di economia e di tutte le discipline
1
F. Machlup, The Economics of Sellers Competition. Baltimore, John Hopkins Press, 1952
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 4
5. connesse alla gestione d’impresa nella speranza di aiutarli a sviluppare un sano
approccio quantitativo che possa supportarli, oltre che nello studio, anche nelle loro
scelte di vita. Quest’ultime, infatti, si traducono in veri e propri investimenti che, in
quanto tali, risulteranno proficui solo se adeguatamente ponderati e valutati ex ante
e questo, tuttavia, sarà possibile solo grazie ad una spiccata capacità di
rappresentarsi i possibili scenari futuri e di scegliere in modo logico, razionale,
quantitativo, la strada più conveniente e adeguata per raggiungere i propri obiettivi
personali.
Questi tre motivi, oltre ovviamente l’interesse personale sul tema, ci hanno
spinto a focalizzarci sugli aspetti quantitativi nella gestione d’impresa, convinti come
siamo che, accanto a creatività e intuizione, siano spesso proprio tali aspetti a segnare
la linea di demarcazione tra progetti di effettivo successo e idee, sia pur belle e
stimolanti, che tuttavia senza un’analisi preliminare ed un costante controllo su costi
e ricavi rischiano di tradursi in pesanti fallimenti.
Il testo, nelle intenzioni iniziali, è nato come complemento al libro,
Marketing, Peter, Donnelly, Pratesi adottato nel corso di marketing tenuto presso
l’Università di Roma Tre, testo che peraltro nella sua ultima edizione italiana da me
curata, la quarta, presenta già di per sé cospicui approfondimenti quantitativi rispetto
alle precedenti versioni
Va detto che il testo è anche il frutto dell’esperienza ormai pluriennale
nell’attività di tutor, svolta sempre per gli studenti del corso di marketing di Roma
Tre, per la predisposizione di piani di marketing nel quadro del Premio Marketing
organizzato a livello nazionale ogni anno dalla Società Italiana di Marketing (vedi
sito www. simktg.it).
E’ stato infatti nello svolgimento di tale compito che mi sono reso conto
quanto possa essere complesso, in particolare per gli studenti, passare dalla mera
enunciazione di criteri e canoni alla stesura vera e propria di un piano di marketing
soprattutto per quanto riguarda la predisposizione del conto economico e la
previsione dei flussi finanziari.
Durante tale esperienza ho avuto inoltre modo di constatare come il modello
della Bea, ricorrendo a semplici ampliamenti ed integrazioni possa essere un valido
supporto per effettuare con un certo fondamento le necessarie valutazioni economico-
finanziarie. Da qui, ovviamente, nuovi stimoli a predisporre il presente lavoro e,
sempre da qui, la nostra più grande speranza e cioè di fornire un valido ausilio di
tipo generale per mettere a fuoco gli elementi fondamentali, sia di tipo economico-
reddituale che finanziario, che non possono essere ignorati da coloro che debbono
confrontarsi con il difficile compito di valutare progetti ed effettuare scelte tra
alternative possibili.
Proseguendo in tale direzione confesso di nutrire una segreta speranza e cioè
che tale contributo possa essere solo il primo passo, il primo volume di una serie di
pubblicazioni analoghe legate da un comune denominatore e cioè i “metodi
quantitativi per la gestione d’impresa” sempre mirando ad individuare aspetti e temi
semplici, concreti e di effettiva utilità per l’impresa.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 5
6. Per terminare vorrei cogliere l’occasione per rivolgere un caloroso
ringraziamento al Prof. Carlo Alberto Pratesi titolare fino al 2009 del corso di
marketing presso l’Università degli Studi di Roma Tre e all’attuale titolare, Prof.
Giovanni Mattia, miei maestri ormai da diversi anni nell’apprendimento e
nell’approfondimento di tematiche di marketing.
Un ringraziamento a tutti coloro, e sono molti, che a vario titolo mi hanno
aiutato e dato supporto, tra cui vorrei ricordare il Dr. Luca Gaudio, mio ex studente
del corso di marketing e ora laureato in Economia delle imprese e dei mercati, che
ha pazientemente provveduto alla rilettura dell’intero testo e all’Ing. Paolo
Micciarelli, ex-collega ed amico che mi ha dato supporto a più riprese nell’affrontare
e risolvere diverse criticità insorte durante la predisposizione del presente lavoro.
Ringraziamo inoltre fin d’ora chiunque, docente, studioso, studente per la
segnalazione di eventuali imprecisioni e/o errori al fine di migliorare ulteriormente il
testo.
Carmine D’Arconte
cdarconte@uniroma3.it
carmine.darconte@tiscali.it
Roma, settembre 2010
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 6
7. Premessa
La “Break even analysis” (BEA) o “analisi del punto di pareggio”
denominata anche in sigla CVP o Cost Volume Profit Analysis, rappresenta una
delle metodologie più note della contabilità manageriale che può offrire un potente
aiuto per cercare di rispondere in modo semplice ed efficace, sia pure con un certo
grado di approssimazione, alla domanda chiave di ogni iniziativa imprenditoriale e
cioè: “dato un determinato prodotto/servizio, qual è la quantità minima da
vendere ad un prezzo x affinché vengano recuperati i costi sostenuti?”
Il modello consente di calcolare anche i ricavi da realizzare per raggiungere
il pareggio e, con qualche semplice modifica e adattamento, di individuare anche
quantità e/o fatturato per assicurare un certo livello di profitto, come pure la
variazione di utile al variare della quantità, la variazione di prezzo o di costo
variabile necessaria per raggiungere un certo obiettivo e così via.
Per far tutto questo è semplicemente necessario aver definito per un
determinato prodotto un prezzo di vendita (cosa che le imprese possono e debbono
fare), conoscere l’ammontare dei costi fissi e il costo variabile di produzione del
prodotto stesso (valori che invece le imprese hanno non di rado difficoltà a
determinare con adeguata precisione).
La BEA, ovviamente, è un modello basato su ipotesi che semplificano
fortemente la complessità del mondo reale e di conseguenza, nella sua applicazione
pratica, occorre avere bene in mente quali siano i limiti per evitare conseguenze
anche di una certa gravità.
Dopo aver illustrato il modello di base e aver raccolto e organizzato i vari
contributi offerti dalla letteratura, spesso in modo sparso e poco integrato lo abbiamo
arricchito estendendone ulteriormente l’utilizzo come per esempio nel caso della
valutazione degli investimenti pubblicitari, siano essi costituiti solo da un costo fisso
che da costi fissi e variabili, con modalità decisamente innovative.
Abbiamo poi concentrato i nostri sforzi sull’analisi dei limiti del modello e
sulle modalità di superarli per pervenire ad un modello evoluto e soprattutto più
completo che sia in grado di tener conto del maggior numero possibile di variabili
che giocano un ruolo importante nella vita d’impresa.
Riteniamo che sia proprio qui il contributo fondamentale del presente lavoro
e cioè tentare di trasformare un semplice schema scolastico in uno strumento che
possa essere d’effettivo aiuto per l’imprenditore per valutare l’impatto di alcune
decisioni nell’impresa, decisioni che il Management - giova ricordarlo - deve
comunque prendere anche se non dispone di strumenti perfetti per predire ex ante il
risultato delle decisioni stesse.
Per rendere il documento chiaro e di immediata utilità, per ogni argomento si
formulano una o più domande e, nel modo più rigoroso possibile, si cerca di
individuare una risposta ricorrendo a procedimenti matematici per lo più elementari;
alla fine del testo, una gamma di esercizi suddivisi per aree tematiche, consentono di
utilizzare le formule illustrate nel testo e di mettere quindi in pratica quanto appreso.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 7
8. Parte prima
Concetti di base e definizioni
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 8
9. Costi
Il costo rappresenta “l’onere, il sacrificio da sopportare per ottenere la
disponibilità di determinati beni e/o servizi”.
Per quanto riguarda la BEA, prenderemo in considerazione 3 tipi di costi.
Costi fissi: sono i costi che non si modificano al variare del livello
produttivo almeno fino ad un determinato intervallo di produzione. Es. gli
ammortamenti, il costo del personale dipendente, dell’affitto ecc.; in sostanza i “costi
di struttura” che di norma hanno anche la caratteristica di “non essere evitabili” nel
senso che vanno sostenuti anche se non si produce nulla. All’aumentare dei volumi
di produzione si raggiunge un valore limite (X) superato il quale i costi fissi
subiscono un incremento a “sbalzi” o a “gradino”, secondo una scala denominata
“scala del Pantaleoni”, incremento di solito di notevole impatto. La rappresentazione
grafica dei costi fissi, in un sistema di assi cartesiani con le quantità sulle ascisse e i
costi sulle ordinate, sarà (v. figura 1) del tipo Y = K ed essendo nel nostro caso K =
CF, avremo:
Y = CF
Volendo invece considerare l’incidenza dei costi fissi sul prodotto questa
avrà un andamento decrescente in quanto è intuitivo che, all’aumentare della quantità
prodotta e fino al limite massimo della capacità produttiva, i costi fissi verranno
ripartiti su una quantità sempre maggiore. Indicando con Iu l’incidenza unitaria dei
costi fissi (CF) e con Q il volume di produzione avremo una funzione di tipo
iperbolico (v. figura 2), come segue:
Iu = CF/Q
Se Q sarà la massima capacità produttiva, il dominio della funzione sarà
compreso tra 0 e Q
Figura 1 Andamento costi fissi Figura 2 Ripartizione costi fissi
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 9
10. Costi variabili: sono i costi che variano al variare della quantità prodotta e
che inoltre si configurano come “costi evitabili” nel senso che, decidendo di non
produrre, si può evitare di sostenerli. Si pensi per esempio ad una azienda tipografica
che consuma carta e inchiostro solo se stampa, o ad una compagnia aerea che
consuma carburante solo se gli aeromobili volano e così via.
Per la nostra analisi assumeremo inoltre che i costi variabili siano
proporzionali alla quantità prodotta 2; l’espressione algebrica dei costi variabili
(proporzionali) sarà dunque:
Y = Cv x Q
In tale espressione Cv è il costo variabile unitario e Q la quantità prodotta;
quindi la funzione che esprime i costi variabili è una retta che parte dall’origine (v.
fig. 3) con coefficiente angolare Cv; nell’ipotesi che il costo variabile unitario resti
immutato al variare della produzione la pendenza della retta sarà ovviamente
costante.
Costi semivariabili: sono i costi caratterizzati da un componente fissa ed
una che varia invece con il volume produttivo. Si pensi ad un canone periodico fisso,
come nel caso di un’utenza telefonica o di un collegamento internet, da
corrispondere anche in caso di non utilizzo, cui vada aggiunto un costo per ogni
chiamata o contatto che si andrà ad effettuare. Algebricamente un costo del genere
“misto” o semivariabile è rappresentabile nel modo seguente:
Y = CF + (Cv x Q)
Fig. 3. Tipologie di andamento dei costi variabili
2
I costi, oltre che proporzionali, possono essere “progressivi” o “degressivi” e cioè aumentare o diminuire
rispettivamente all’aumentare delle quantità; difficile se non impossibile riscontrare nella realtà costi “regressivi” quelli
cioè che diminuiscono proporzionalmente all’aumentare delle quantità salvo casi particolari come per es. i costi fissi la
cui incidenza diminuisce con la quantità anche se non in modo lineare.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 10
11. Dove CF è il costo fisso e Cv x Q il totale dei costi variabili che cresce in
modo proporzionale alla quantità; la retta quindi rappresenta i costi totali, avrà
pendenza Cv e intersecherà l’asse delle Y in CF (v.figura 6).
Ricavi
Il ricavo è propriamente parlando il “compenso ottenuto da un soggetto
economico in seguito alla vendita di beni e servizi in precedenza acquistati o prodotti;
i ricavi ai quali facciamo riferimento in tale sede sono il risultato della cosiddetta
“gestione ordinaria e caratteristica” e cioè quelli legati alla realizzazione della
“missione” specifica dell’impresa prescindendo da proventi atipici (finanziari,
straordinari ecc.).
Il ricavo complessivo o fatturato, si ottiene semplicemente moltiplicando il
prezzo di vendita del prodotto per la quantità totale venduta (al momento
consideriamo solo aziende monoprodotto). In formula:
R=PxQ
Anche in tal caso l’espressione può essere rappresentata con un retta che avrà
P come coefficiente angolare e che avrà inclinazione costante in assenza di variazione
di prezzi.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 11
12. Conto Economico, Margine di Contribuzione, Risultato
operativo lordo o Reddito operativo lordo.
Il passo successivo è il riferimento al Conto Economico del Bilancio
d’Esercizio riclassificato a ricavi e costi variabili come segue:
Schema Conto Economico a Ricavi e Costi variabili 3
Ricavi di vendita
+ Rimanenze iniziali di magazzino
- Rimanenze finali di magazzino
- Costi variabili
Margine di Contribuzione
- Costi fissi
Risultato operativo
± Proventi e oneri finanziari
± Proventi e oneri atipici
± Proventi e oneri straordinari
Risultato prima delle imposte
- Imposte sul reddito
Risultato netto (utile o perdita d’esercizio)
Esaminiamo due definizioni importanti:
Margine di Contribuzione. Dal prospetto si evince che è la differenza tra i
ricavi e i costi variabili (la nostra analisi prescinderà dalle rimanenze) e può essere
complessivo o unitario ed essere espresso in valore assoluto o percentuale. Il primo
sarà dato dal totale ricavi meno il totale dei costi variabili (e verrà indicato con
Mct), il secondo dalla differenza tra prezzo unitario e costo variabile unitario (sarà
indicato con Mc); entrambi possono essere espressi sia in valore assoluto che
percentuale e, in quest’ultimo caso, saranno indicati con Mct% o Mc%.
Da notare che l’espressione nasce dal fatto che la differenza residua tra ricavi
e costi variabili “contribuisce” appunto al recupero dei costi fissi. In sostanza se
vendo 1000 prodotti a 3 euro l’uno e spendo 1,5 euro ciascuno per costi variabili di
produzione, avremo 1,5 euro x 1000 = 1500 euro, diciamo “residui”, che andranno a
contribuire alla copertura dei costi fissi (vedi fig. 4).
Quanto sopra ci aiuta a capire subito due aspetti di grande importanza è cioè
che:
- finché il prezzo di vendita è superiore al costo variabile di
produzione è sempre preferibile vendere piuttosto che non vendere perché
Mc> 0 (facendo attenzione ovviamente ai successivi oneri che l’impresa
dovrà sopportare quali oneri finanziari, tasse ecc.)
3
F. Bartoli, 2006, Tecniche e strumenti per l’analisi economico-finanziaria, Franco Angeli.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 12
13. - dovendo scegliere tra due prodotti, a parità di altre condizioni,
conviene senz’altro orientarsi verso il prodotto con margine di contribuzione
più elevato.
Risultato operativo lordo o reddito operativo lordo 4. E’, in termini
semplici, la differenza tra ricavi totali e costi totali, differenza che, si badi bene, può
anche essere - e spesso è - “negativa”; quindi il risultato operativo può coincidere
con il “profitto”, in caso il saldo sia “attivo” ma anche con la “perdita” in caso risulti
un “disavanzo” tra ricavi e costo totale della produzione.
Per chiarezza tale valore sarà sempre indicato nel testo come “risultato
operativo” o “Ro”; su tale risultato incideranno i proventi e gli oneri finanziari
nonché quelli atipici e straordinari e avremo il risultato prima delle imposte; su
quest’ultimo graverà poi la tassazione e avremo infine il risultato netto5.
Il margine di contribuzione*
RICAVI
Solo dopo avere riempito il
“recipiente dei costi fissi “ il
Ru R.O. è > 0
.
Costi Variabili
Margine di Contribuzione
Cvu Mc
Costi Fissi
* Sistemi di Controllo Analisi
economiche per le decisioni Risultato operativo
Aziendali – Antony Merchant
McGraw-Hill
Fig. 4. Ru rappresenta il ricavo unitario che “transita” nell’ impresa e in quota parte immediatamente
“fuoriesce” a coprire il costo variabile di produzione Cvu; il residuo confluisce nel contenitore dei
costi fissi e solo quando quest’ultimo è pieno (cioè i costi fissi sono stati coperti) “deborda” e perviene
nel contenitore finale a costituire il risultato operativo positivo o profitto.
4
Si noti come il Ro si avvicini molto all’Ebit = Earnings before interests and taxes. L’Ebit si differenzia in quanto
prende in considerazione anche i proventi e gli oneri non strettamente connessi alla gestione. Segnaliamo per
completezza anche un altro indicatore molto usato e cioè il cosiddetto Ebitda o Mol (margine operativo lordo) che
sostanzialmente corrisponde all’Ebit più gli ammortamenti
5
Vedremo meglio che il risultato “netto” così calcolato coincide con quanto indicato di norma in Bilancio ma che, in
realtà, deve essere ulteriormente ridotto per far fronte ad altri tipi di costi tra cui i “costi opportunità”, vedi oltre.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 13
14. Parte seconda
Il modello di base della Break-even analysis
Un modello di un sistema esprime la conoscenza di un fenomeno e come tale consente di rispondere a
domande sul sistema senza la necessità di compiere un esperimento. Esso costituisce quindi un potente
mezzo di previsione e descrizione del comportamento di un sistema.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 14
15. Formule di base e rappresentazione grafica6
Chiariti i concetti di fondo possiamo ora scrivere la seguente espressione che
costituirà l’oggetto della nostra successiva analisi:
Risultato operativo = Ricavi totali – Costi totali
I Ricavi totali, per quanto già detto in precedenza, saranno dati da P x Q; i
costi totali saranno la somma dei costi variabili (Cv xQ )più quelli fissi e cioè:
CT = (Cv x Q)+ CF ; avremo quindi che:
Ro = PxQ – [(Cv x Q) + CF ] 1
Poiché stiamo cercando il punto di equilibrio e cioè la quantità tale per cui i
ricavi eguaglino i costi totali, dovrà essere Ro = 0
e quindi P x Q = CT cioè P x Q = (Cv x Q) + CF
Portiamo a sinistra Cv x Q; mettiamo in evidenza Q e otteniamo
Q x (P-Cv) = CF da cui
Qbep = CF/(P-Cv) 2
Abbiamo ottenuto in tal modo la formula“madre” su cui costruire ogni
ulteriore passaggio o ragionamento; tale formula ci consente di rispondere facilmente
alla prima domanda fondamentale che avevamo formulato all’inizio e cioè:
“dato un determinato prodotto/servizio qual è la quantità minima da
vendere ad un prezzo x affinché vengano recuperati i costi sostenuti?”
Vediamo subito un esempio numerico e applichiamo la formula nel caso di
costi fissi pari a 300.000, prezzo 100 euro e costo variabile unitario pari a 70; la
quantità di equilibrio potrà essere calcolata immediatamente come segue:
300.000/(100-70) = 10.000
Ovviamente sarà possibile calcolare in modo analogo uno qualunque dei 4
elementi che compaiono nella formula purché siano noti gli altri 3. Esempio “che
prezzo devo praticare per riuscire ad essere in pareggio con 10.000 prodotti
6
Giova fin d’ora sottolineare, in particolare per coloro che dovessero limitarsi alla lettura di questa parte o che
conoscessero solo il “modello di base”, che quest’ultimo si fonda su ipotesi semplificatrici che comportano
ovviamente limiti alla sua applicazione (v. oltre, limiti del modello.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 15
16. venduti, CF =300.000 e Cv = 70 ?” Con dei semplici passaggi ovviamente troveremo
10.000 = 300.000/(p-70); da cui p = 100
La 2 può essere inoltre formulata anche in un modo diverso; ricordando
infatti che (P-Cv) = Mc o margine di contribuzione unitario e sostituendo nella 2
avremo:
Qbep = CF/Mc 2bis
Da notare che un Mc = 30 si può ottenere da 100-70 ma anche da 130-100,
da 3500-3470 ecc. ecc.; in sostanza, a parità di costi fissi, la quantità di equilibrio Q,
calcolata tramite la 2 bis, può rappresentare il punto di pareggio per situazioni di
partenza diverse per quanto riguarda il prezzo e il costo variabile.
Ovviamente va tenuto presente che situazioni del genere, pur evidenziando
elementi del tutto identici, e cioè lo stesso volume di pareggio e lo stesso margine di
contribuzione unitario, sono in realtà molto diverse se consideriamo sia i ricavi che
l’impiego di capitali (vedi figura 5).
CF € 300.000,00 € 300.000,00 € 300.000,00
P € 100,00 € 130,00 € 3.500,00
CV € 70,00 € 100,00 € 3.470,00
Mc € 30,00 € 30,00 € 30,00
Qbeap 10.000,00 10.000,00 10.000,00
Ricavi € 1.000.000,00 € 1.300.000,00 € 35.000.000,00
Cvq € 700.000,00 € 1.000.000,00 € 34.700.000,00
CF € 300.000,00 € 300.000,00 € 300.000,00
CT € 1.000.000,00 € 1.300.000,00 € 35.000.000,00
Figura 5. Esempio di 3 situazioni che evidenziano la stessa quantità di equilibrio e lo stesso margine di
contribuzione unitario ma che evidenziano ricavi e “impieghi” di capitale molto diversi tra di loro
La formula “madre” ci consente inoltre di rispondere anche ad un altro
quesito di primaria importanza che riguarda non più le quantità ma il fatturato o i
ricavi di equilibrio e cioè: “qual è il fatturato minimo di un determinato
prodotto/servizio che deve essere realizzato affinché i costi, sia fissi che variabili,
siano integralmente coperti?”
Ovviamente, una volta nota la quantità di pareggio, è immediato trovare il
fatturato di equilibrio; sarà infatti sufficiente moltiplicare tale quantità per il prezzo di
vendita.
Esiste tuttavia una formula “ad hoc” che vale la pena di conoscere anche
perché consente di evidenziare aspetti decisamente interessanti; per trovare tale
formula partiremo dalla 2 e moltiplicheremo entrambi i membri per il prezzo P e
avremo:
PxQ = [CF/(P-Cv)] x P
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 16
17. Il primo membro corrisponde appunto ai ricavi o fatturato di equilibrio.
Il secondo membro può essere scritto prima come: CF ( P − CV ) P e poi,
semplificando, avremo:
CF
Fbep = Cv
3
1−
P
Formula che costituisce un altro importante punto di riferimento qualora si
cerchino i ricavi di equilibrio piuttosto che le quantità.
Tale formula, pur immediatamente derivabile dalla “formula madre”,
introduce tuttavia un aspetto nuovo; il denominatore infatti corrisponde al margine
P − Cv
di contribuzione espresso in valore percentuale (essendo ).
P
Esempio se il prezzo di vendita è 100 e il costo variabile di produzione è 70 il
rapporto Cv/P = 0,70 e 1 - 0,70 = 0,30 che corrisponde esattamente al margine di
contribuzione percentuale (100-70 diviso il prezzo 100).
La 3 può quindi essere anche scritta come segue:
Fbep = CF/MC% 3bis
Tale formulazione ci consente di effettuare una riflessione; infatti il rapporto
Cv/P, uguale nel nostro caso a 0,70, si può ottenere con un numero praticamente
infinito di rapporti come per es. 700/1000 o 70.000/100.000 ma anche 63/90,
210/300 , 280/400 ecc. ecc., in definitiva da quell’insieme di coppie di numeri il cui
rapporto sia pari a 0,70.
Per esempio se i nostri costi fissi sono pari a 300.000 avremo lo stesso
fatturato di equilibrio pari a 1.000.000 sia che P sia uguale a 100 e Cv a 70 sia nel
caso P sia uguale a 10.000 e Cv a 7.000; ovviamente cambieranno le quantità in
gioco.
In sostanza, in modo analogo alla “2bis” la “3bis ” porta ad un risultato
che non rappresenta una situazione unica ma “n” situazioni e cioè tutte quelle in
cui, a parità di costi fissi, ci sia lo stesso rapporto Cv/P.
Riportiamo ora nella figura 6 il grafico del punto di pareggio con i valori
(ricavi e costi) in ordinate e le quantità in ascisse; da tale grafico si evidenzia che:
• I costi fissi sono rappresentati da una retta parallela all’asse delle
ascisse.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 17
18. • I costi variabili sono rappresentati da una retta che parte
dall’origine con coefficiente angolare pari al costo variabile Cv (nel grafico la
retta è tratteggiata) .
• I costi totali sono la somma dei costi fissi e dei costi variabili -
sono quindi un costo semivariabile - e sono rappresentati da una retta,
parallela a quella dei costi variabili, che interseca l’asse delle Y nel punto
corrispondente al totale dei costi fissi.
• I ricavi sono rappresentati da una retta che parte dall’origine
con il prezzo unitario come coefficiente angolare.
• L’intersezione della retta dei ricavi con la retta dei costi totali
individua un punto le cui coordinate forniscono:
1. sulle ascisse, la quantità di equilibrio
2. sulle ordinate, il fatturato di equilibrio
Il grafico del punto di pareggio
Costi Ricavi totali
Ricavi area di profitto
Fatturato
di pareggio
Costi totali
Totale costi
area di perdita variabili
CF area di perdita
Costi
fissi
Volume
α
β di pareggio
Volumi di vendita
Figura 6. Il grafico del punto di pareggio
Da notare, anche se del tutto ovvio, che la condizione per cui possa esistere
il punto di equilibrio è che il coefficiente angolare della retta dei ricavi sia
maggiore, anche di poco, del coefficiente della retta dei costi totali.
La retta dei ricavi dovrà avere quindi un’angolazione maggiore rispetto a
quella dei costi variabili e di conseguenza l’angolo α formato dalla retta dei ricavi
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 18
19. con l’asse delle ascisse (v. figura 6 dovrà essere sempre maggiore del corrispondente
angolo β formato dalla retta dei costi totali; per dirla più semplicemente, dovrà
sempre essere P > Cv e cioè il prezzo maggiore del costo variabile.
Considerazione ancora più importante è che, superato il punto di pareggio,
il risultato operativo positivo e quindi il profitto lordo evidenzia un incremento più
che proporzionale rispetto all’aumento dei volumi di vendita; tale effetto,
denominato effetto leva (v. oltre effetto leva per i necessari approfondimenti) risulta
massimo subito dopo il punto di pareggio e tende a diminuire man mano che
aumenta la quantità prodotta.
Per quanto riguarda il margine di contribuzione giova sottolineare che
all’aumentare della quantità prodotta il valore unitario resta immutato (sarà sempre
il prezzo unitario meno il costo variabile unitario) mentre aumenterà il valore
complessivo.
Il margine di sicurezza
In caso l’impresa si trovi a fronteggiare o preveda una significativa riduzione
delle vendite è spesso importante essere in grado di rispondere alla seguente
domanda: “di quanto si possono ridurre le vendite attuali prima che l’azienda
risulti in perdita?”
In queste circostanze può essere particolarmente d’aiuto il margine di
sicurezza e cioè un indice che si determina rapportando in termini percentuali le
vendite eccedenti il punto di pareggio alle vendite effettive. Se indichiamo con Vbep il
volume di vendite necessarie per il pareggio e con V il volume di vendite effettivo,
avremo in formula:
Ms = (V- Vbep)/V 4
Se per esempio il volume attuale di vendite dell’azienda A fosse pari a 200 e
il Break-even venisse raggiunto a 160 pezzi, il margine di sicurezza in valore assoluto
sarebbe pari a 40 e in percentuale al 20% (40/200). Quindi l’azienda può sopportare
al massimo una contrazione delle vendite del 20%.
E’ decisamente più significativo esprimere l’indice in percentuale perché in
tal modo si ha una chiara evidenza della situazione effettiva; per capire meglio tale
aspetto si consideri un’altra azienda B che venda 2040 pezzi e abbia il punto di
pareggio a 2000; anche in tal caso l’indice in valore assoluto sarebbe pari a 40 ma in
percentuale 40 su 2040 è solo il 2%! Si comprende bene come la situazione di B sia
decisamente meno rosea rispetto ad A7.
7 R. N. Anthony, David F. Hawkings, D.M. Macrì, K. A. Merchant, Sistemi di Controllo, 1994, Mc Graw Hill
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 19
20. Da notare che V può essere inteso indifferentemente sia come quantità a
volume che come quantità a valore e cioè i ricavi
Il margine di sicurezza può anche essere ottenuto dal rapporto tra il risultato
operativo e il margine di contribuzione totale. Infatti partendo dalla 4 abbiamo:
Ms = (V- Vbep)/V dove V = vendite effettive>Vbep, con V = PxQ 1 , con
Q 1 = quantità effettivamente vendute; Vbep (e cioè le vendite di equilibrio)
sarà uguale a (CF/Mc) x P.
Se effettuiamo le sostituzioni e i relativi passaggi arriviamo alla seguente
espressione: Ms = P x [(Mc x Q 1 ) - CF]/ (Mc x Q 1 ).
Semplificando per “P” ci ritroviamo al numeratore (McxQ 1 ) - CF che
(vedi formula 8) rappresenta proprio il risultato operativo mentre il
denominatore, McxQ1, corrisponde al margine di contribuzione complessivo.
In sostanza il margine di sicurezza può essere espresso anche come segue:
Ms = Ro/MCt8 5
Esempio: due imprese evidenziano la seguente situazione:
A B
Ricavi 2000 2000
Costi variabili totali 600 800
Costi fissi 1000 800
Quali sono i rispettivi margini di sicurezza?
Intanto sarà:
Mc totale 1400 1200
Risultato operativo 400 400
Ms 400/1400 400/1200
0,28 0,33
Allo stesso risultato saremmo arrivati, ma in modo meno immediato,
CF
utilizzando la 4. Verifichiamo per l’azienda A: Fbep
Cv
ed essendo =
1−
P
Cv/P pari a 600/2000 = 0,30 segue che Mc = 0,7 da cui Vbep =1000/0,70=1428; di
conseguenza Ms = (2000-1428)/2000 = 0,28
Da notare come le due imprese A e B riportano stessi ricavi e stesso risultato
operativo; tuttavia il margine di sicurezza di B, leggermente superiore, evidenzia una
migliore capacità di far fronte ad un’eventuale contrazione della domanda rispetto ad
A.
8
Mct = Margine contribuzione totale
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 20
21. Parte terza
L’estensione del modello
Un “piccolo salto” per rendere il modello più utile e più realistico
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 21
22. L’estensione del modello
1. Calcolo di un risultato operativo predeterminato
Il “punto di pareggio”, pur di grande rilevanza, non rappresenta certo
l’obiettivo finale dell’imprenditore che, ovviamente, mira a superare tale punto al fine
di conseguire utili; in tale contesto la domanda che sorge spontanea e alla quale ora
vogliamo dare una risposta sarà: “qual è la quantità da produrre e vendere per
avere in determinate condizioni di costi e ricavi un risultato operativo pari ad X ?
Il punto di partenza sarà la nostra formula 1 e cioè Ro = (P x Q) – [(Cv x
Q) + CF]
Questa volta dovrà essere Ro # 0 (risultato operativo diverso da zero) e
con semplici passaggi avremo:
Qro = (CF+Ro) /(P-Cv)
Essendo (P-CV) = MC sarà ovviamente:
Qro = (CF+Ro)/MC
Le formule ci consentono di rispondere immediatamente alla domanda.
Infatti se fissiamo un profitto obiettivo di 60.000 euro con costi fissi pari a
300.000, prezzo di 100 euro e costo variabile unitario pari a 70, la quantità da
vendere sarà pari a 12.000 dato da (300.000 + 60.000)/(100-70).
In sostanza è sufficiente sommare il “risultato operativo obiettivo” ai costi
fissi e dividere per il margine di contribuzione unitario e avremo immediatamente la
quantità da vendere che, ovviamente, risulterà superiore a quella necessaria per
l’equilibrio (infatti nel caso di Ro = 0, Qbeap = 10.000).
Va detto che in determinati casi può essere utile saper calcolare anche un
eventuale risultato operativo negativo o “perdita” anche se in prima approssimazione
potrebbe sembrare un obiettivo strano. In realtà è noto che le imprese all’inizio della
loro attività, come pure i singoli prodotti nella fase iniziale di lancio, molto
difficilmente riescono ad essere immediatamente in attivo. La norma anzi è un
notevole disavanzo a causa dell’entità degli investimenti iniziali che, anche in caso
di successo, richiedono tempo per produrre ritorni economici.
Le domande nel caso specifico potranno essere del tipo:
“qual è, in un determinato contesto, il volume di vendite per perdere al
massimo X?”
Oppure nel caso si vogliano “sanare” situazioni di perdita:
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 22
23. “di quanto devo incrementare le vendite, oppure di quanto incrementare il
prezzo, oppure di quanto ridurre i costi fissi o quelli variabili, per passare dalla
perdita X alla perdita Y (con Y < X)?
Sarà sufficiente per rispondere a questa domanda ripartire sempre dalla 1
ponendo semplicemente il segno meno davanti a Ro
- Ro = (PxQ) – [(Cv x Q) + CF]
da cui Q = (CF - Ro) / (PV-Cv)
o anche Q = (CF - Ro) / MC
Possiamo sintetizzare entrambe le situazioni di risultato operativo, positivo e
negativo, in una sola formula avendo cura di utilizzare il segno positivo nel primo
caso e negativo nell’altro come segue:
Qro = (CF ± Ro) / (P-Cv) 6
o anche
Qro = (CF ± Ro) / MC 6bis
Esempio. L’azienda Rossi con 300.000 euro di costi fissi, prezzo pari a 100
euro e costo variabile unitario 70, evidenzia una perdita di 5000 euro; di quanto
incrementare le vendite per ridurre la perdita a 2.000 euro? Calcoliamo per prima
cosa le quantità attualmente vendute, sarà: [(300.000-5000)/30] = 9833 circa. Per
ridurre la perdita a 2.000 euro dovrà essere: (300.000-2000)/30 = 9.933 circa) quindi
100 pezzi in più.
Di quanto incrementare il prezzo di vendita per ridurre la perdita a 2.000
euro mantenendo le stesse quantità vendute (9833)? Sarà: (300.000-2000/(P 1 -70) da
cui segue che P 1 =100,30, circa 0,30 euro al pezzo in più.
In modo analogo può essere necessario calcolare non più la quantità ma il
fatturato necessario per ottenere un determinato risultato operativo; in sostanza la
domanda sarà “qual è il fatturato che in determinate condizioni ci consente di avere
un certo risultato operativo (positivo o negativo)?”
Basta ripartire dalla formula 3 e cioè Fbep = CF/[(1-(Cv/P)] e sommare
“algebricamente” il risultato operativo “obiettivo” ai costi fissi, cioè “sommare” in
caso di reddito positivo e “detrarre” in caso contrario. La formula sarà quindi:
Fro = (CF ± Ro) / [(1- (Cv/P)] 7
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 23
24. o anche (ricordando che il denominatore corrisponde al margine di
contribuzione percentuale MC%)
Fro = (CF ± Ro) / MC% 7bis
Esempio: quale fatturato è necessario con costi fissi pari a 300.000 euro, P
=100, Cv = 70 per avere un risultato operativo pari a + 60.000? Sarà sufficiente
dividere 360.000 per 0,30 dato da (1 - 0,70) e avremo 1.200.000.
2. Risultato operativo: espressione algebrica e grafico
Le formule del risultato operativo ci consentono di concentrarci su una
variante decisamente interessante rispetto al grafico del punto di pareggio e cioè il
grafico del risultato operativo al variare delle quantità o del fatturato descritto a suo
tempo da Leonard Doyle 9.
Riprendiamo la 6bis con il segno positivo avremo:
Ro = (MC x Q) – CF 8
Tale espressione rappresenta appunto la retta del risultato operativo e quindi
la variazione dello stesso al variare delle quantità come evidenziato in figura 6.
Per quanto riguarda il fatturato, sempre considerando il Ro con il segno
positivo, la formula di partenza sarà la 7bis e avremo quindi che Ro = (MC%x F) –
CF; ricordando che F, cioè il fatturato, è P x Q otteniamo immediatamente:
Ro = (MC% x P x Q) - CF 8bis
La 8 e la 8bis sono ovviamente equivalenti essendo MC xQ = MC% x PxQ.
Fermiamoci ora un momento ad analizzare il grafico illustrato in figura 7 che
evidenzia l’andamento del Ro in funzione delle quantità; la retta ha come coefficiente
angolare MC e evidenzia due intersezioni una con l’asse delle Y a sinistra e l’altro
con l’asse delle X a destra.
La prima intersezione con asse Y corrisponde al valore dei costi fissi ed è
ovviamente un valore negativo; la seconda intersezione con l’asse X corrisponde
invece al punto di pareggio.
9
L.Doyle, Economics of Business Enterprise citato in F. Gracioso, Marketing 1997, Atlas S.A.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 24
25. Il grafico, in sostanza, consente di leggere immediatamente sull’asse delle Y
il risultato operativo in funzione di ogni livello di quantità indicato sull’altro asse.
Nell’ipotesi di costi fissi pari a 2000 euro, P = 100 e Cv = 60, come si vede il punto
di pareggio corrisponde ad una quantità di 50 pezzi mentre per un volume pari a 40
unità abbiamo un Ro negativo o perdita di 400 euro; con 80 pezzi venduti si ottiene
invece un Ro positivo o utile (al netto di oneri finanziari e tasse) pari a 1200; le
coordinate X e Y di ogni punto della retta individuano rispettivamente le quantità e
il risultato operativo corrispondenti.
E’ possibile ovviamente rappresentare il fenomeno con un altro grafico, in
realtà equivalente a quello già mostrato, riportando sulle ascisse i volumi di vendita a
valore o ricavi mentre resteranno sulle ordinate i corrispondenti valori di risultato
operativo.
Risultato Operativo
Ro = MC x Q - CF
€ 1.200
area di profitto
40 50
€ -400 area di perdita 80 Volume di vendita
Volume per Ro + 1.200
- CF
Volume Volume di pareggio
per Ro -400
Figura 7: Il grafico del Risultato operativo
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 25
26. 3. Relazione tra la retta dei ricavi, dei costi totali e del
risultato operativo.
Come già visto le rette dei ricavi, dei costi totali e del risultato operativo
hanno rispettivamente come espressione algebrica:
R=PxQ
CT = CF + (Cv x Q)
Ro = (MC x Q) – CF
La retta dei ricavi ha come coefficiente angolare P (cioè il prezzo unitario) e
parte dall’origine formando con l’asse delle ascisse un angolo che indicheremo con α
(vedi figura 8).
La retta dei costi totali è parallela a quella dei costi variabili di cui ha di
conseguenza lo stesso coefficiente angolare Cv e forma con l’asse delle ascisse un
angolo che indicheremo con β (nella figura la retta dei costi totali forma l’angolo β
con la retta dei costi fissi Y = CF parallela alle ascisse).
La retta del risultato operativo, come evidenziato nella 8, ha come
coefficiente angolare MC (cioè il margine di contribuzione unitario e quindi la
differenza tra prezzo e costo variabile); tale retta si può ottenere punto per punto
come differenza tra la funzione dei ricavi Rt = P x Q e la funzione dei costi totali
CT = CF + (Cv x Q).
Infatti se poniamo Ro = Rt – CT ed effettuiamo i passaggi necessari
otteniamo appunto Ro = (P X Q) - [CF + (Cv x Q)] = (P X Q) - (Cv x Q) - CF = Q
(P - Cv) – CF = (Q x MC) - CF. cioè Ro = (Q x MC) - CF.
Se ora poniamo Ro = 0, come deve essere al punto di pareggio, sarà
ovviamente Q x Mc = CF; se invece poniamo Q x Mc = 0, come avviene quando
non si è venduto nulla, il Ro, sarà ovviamente negativo e precisamente pari a – CF.
Abbiamo in tal modo i due punti necessari per tracciare la nostra retta che formerà
con l’asse delle Y in un punto, - CF, un angolo che indicheremo con γ.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 26
27. Relazione tra grafico del punto di pareggio risultato operativo
area di profitto
Fatturato di Ricavi totalii
pareggio
Costi
Ricavi
Costi totali
area perdita
Risultato operativo
CF
β
α area di profitto
0rigine
area perdita
γ Volume di
pareggio
Volume di vendita
- CF
Figura 8. Relazione tra retta del risultato operativo, costi totali e ricavi
C’è anche un altro modo concettualmente più completo per disegnare
graficamente la retta del Ro che possiamo descrivere facendo riferimento alla figura
9. Procediamo per passi
• consideriamo CD e cioè la retta dei costi totali ottenuta congiungendo il punto
C (0; CF), dove CF rappresenta il valore dei costi fissi, e il punto D, le cui
coordinate sono Qbep (cioè la quantità di pareggio) sulle ascisse e Fbep (cioè il
fatturato di pareggio) sulle ordinate.
• OA, la retta dei costi variabili, è parallela a CD, ma passa per l’origine degli
assi; essa interseca la retta verticale DB in punto che indichiamo con A.
• OD è la retta dei ricavi che si ottiene congiungendo l’origine con il punto D.
• Se indichiamo con E e con B i punti in cui la retta verticale passante per D
incontra rispettivamente la retta orizzontale dei costi fissi e l’asse delle ascisse,
possiamo notare che il segmento DB rappresenta i ricavi totali al punto di
pareggio e AB i costi variabili totali al punto di pareggio.
• Dal grafico e dalla definizione di margine di contribuzione totale si ottiene DB-
AB = AD = MCt e, poiché siamo al punto di pareggio, MCt = CF e quindi AD
= CF.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 27
28. • Per costruzione risulta, dunque, AD = EB. E’ quindi possibile tracciare la retta
passante per l’origine e per il punto E che avrà equazione y = MCu x Q
(margine di contribuzione unitario per la quantità) e sarà perciò parallela alla
retta del risultato operativo.
• Per disegnare graficamente quest’ultima basterà tracciare la parallela alla retta
OE che intersechi l’asse delle X in B (volume di pareggio) e, ovviamente, tale
nuova retta andrà ad intersecare l’asse delle Y in C’ tale per cui OC’ = OC e
cioè - CF in quanto, essendo le vendite uguali a 0 e quindi MCt anch’esso
uguale a 0, il Ro sarà negativo e coinciderà con l’intero ammontare dei costi
fissi.
• C’B è quindi la retta del Risultato operativo.
Figura 9. Procedimento grafico per tracciare la retta del risultato operativo
Calcolo del valore degli angoli α, β e γ e relazioni tra di
loro
Facciamo ora un esempio numerico e poniamo P = 1, Cv = 0,7 e CF = 100;
le espressioni delle diverse rette saranno:
• ricavi Y = 1Q
• costi variabili Y = 0,70Q
• costi totali Y = 0,70Q + 100
• risultato operativo Ro = 0,3Q - 100.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 28
29. Vogliamo ora vedere come calcolare il valore dei 3 angoli α, β e γ e vedere
quale relazione sussista tra di loro. Ricordiamo che il coefficiente angolare di una
retta è la tangente trigonometrica dell’angolo che la retta stessa forma con l’asse
delle X; se consideriamo quindi il caso di P = 1, Cv = 0,70 e quindi MC = 0,30,
questi 3 valori, per quanto detto, sono anche le tangenti trigonometriche dei tre angoli
che le rispettive rette formano con l’asse delle ascisse o con rette parallele a tale asse.
Per trovare gli angoli corrispondenti si deve ricorrere alla funzione inversa
della tangente trigonometrica e cioè la funzione arcotangente10 tramite la quale si
risale all’angolo che corrisponde ad un determinata tangente trigonometrica; si
utilizzano di norma le tavole trigonometriche o una calcolatrice e, nel nostro caso, si
troverà:
• prezzo 1 : arcontangente 1,00 = 45,00 ° = α
• costo var. 0,7 : arcontangente 0,70 = 34,99 ° = β
• MC 0,3 : arcontangente 0,30 = 16,69 ° = γ
Notiamo che l’angolo γ = 16,69 è diverso da α – β = 45°- 34,99° = 10,01° e
quindi γ non è ricavabile come semplice differenza tra gli altri due; la relazione tra
(α – β ), e γ, come noto, è più complessa, a tale riguardo occorre infatti ricordare che
Tg (α – β) # (Tgα – Tg β)); (infatti Tg (α – β) = (Tg α – Tg β)/ [1+ (tg α x tg β)].
Ora Tg α = P Tg β = Cv essendo P-Cv = MC sarà anche Tg α - Tg β = MC
Ma per quanto già detto Tg γ = MC da cui segue che Tg γ = Tg α - Tg β
Essendo; come già detto, Tg (α – β) = (Tg α – Tg β)/ [1+ (tg α x tg β)],
possiamo scrivere che Tg α - Tg β = Tg (α – β) x [1+ (tg α x tg β)]
da cui segue che Tg γ = Tg (α – β) x [1+ (tg α x tg β)]
Per trovare l’angolo γ basterà ora calcolare l’arcotangente di
Tg (α – β) x [1+ (tg α x tg β)] per cui, in definitiva, avremo:
γ = arcotangente {tg (α – β) x [1+ (tg α x tg β)]} 9
Tale relazione consente di calcolare γ noti α e β o comunque di risalire ad uno
qualunque dei 3 valori noti gli altri due; l’espressione è in realtà molto meno
complessa di quello che potrebbe sembrare a prima vista; infatti nel nostro caso α =
45 ° e β = 34,99; segue che α – β = 10,01°; 10,01° in radianti 11 è circa 0,174
la cui tangente risulta circa 0,176. Tale valore va ora moltiplicato per 1+ (tg α x tg β)
e qui la situazione è molto più semplice in quanto tg α = P e tg β = Cv, per cui nel
10
Si noti se si ricorre a excel che la funzione arcontangente restituisce l’angolo in radianti (0,785 nel caso in oggetto )
che si può convertire in gradi tramite la funzione Gradi sempre di excel
11 La relazione tra un angolo espresso in radianti e in gradi è la seguente Xr = (X° 2 π)/360°
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 29
30. nostro caso otteniamo immediatamente 1 + (1 x 0,7) = 1,7 che moltiplicato per 0,176
ci fornisce circa 0,30 in radianti che in gradi in equivale appunto a circa 16,70
(vedasi tabellina excel per un maggior dettaglio e anche per impostare le formule
necessarie per un calcolo rapido).
α–β
α β α–β gradi radianti Tg (α – β) p cv γ
45 35 10,01 0,174707458 0,17650695 1 1 0,7 1,7 0,3 0,2915135 16,7025
Figura 10 Calcolo angolo γ a partire da α e β
Di conseguenza la 9 può essere formulata in modo più semplice ed anche più
espressivo da un punto di vista economico come segue:
γ = arcotangente {tg (α – β) x [1+ (PxCv)]} 9bis
Un modo più semplice che tuttavia richiede comunque il ricorso alla
trigonometria può essere desunto sempre dall’analisi della figura 9 considerando il
solo triangolo OEB; abbiamo detto che EB = MCt che, in caso di pareggio sarà
uguale a CF, l’angolo che ci interessa è quello opposto al segmento EB e, per una
nota proprietà dei triangoli rettangoli EB = OE x sen γ, Ma per il teorema di Pitagora
abbiamo che OE2 = EB2 + OB2 quindi OE = (EB2 + OB2); se ora teniamo
presente che al punto di pareggio EB = CF e che CF = MCt mentre OB è il volume
di pareggio = CF/MCu (Mcu = margine di contribuzione unitario) potremo scrivere
che CF = sen γ x ( (CF2 + CF2 /MC2)); da cui con semplici passaggi ed
effettuando le opportune semplificazioni otteniamo che:
γ = arcoseno mcu 10
(mcu2 +1)
La formula consente partendo dal margine di contribuzione unitario di
calcolare immediatamente il seno di γ da cui, tramite la funzione inversa, l’arcoseno,
si risalirà all’angolo stesso.
Nel nostro esempio infatti Mcu = 0,30
Segue che mc________ = 0,28735 il cui arcoseno in radianti è pari a circa 0,2915
(mcu2 +1)
che in gradi equivale appunto a 16,6992 come si evidenzia nella tabellina a seguire:
2 2
Mcu Mcu Mcu +1 Arcs rad gradi
0,3 0,09 1 1,09 1,04403065 0,287347886 0,29145679 16,69924423
Figura 11 Calcolo angolo γ a partire dal margine di contribuzione unitario
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 30
31. 4. Il risultato operativo in funzione della quantità.
La 8, espressione del risultato operativo, può essere ulteriormente rielaborata
per snellire i calcoli nel caso si voglia valutare immediatamente l’impatto di un
aumento dei volumi di vendita sul risultato operativo.
In sostanza la domanda potrebbe essere “di quanto varia il risultato
operativo se la produzione aumenta di X?” (leggasi tra le righe: è conveniente?)
Si supponga di avere a fronte di determinati valori di Q 1 , CF e MC un
determinato Ro 1 pari a MCxQ 1 – CF. Portando la quantità a Q 2 (con Q 2 > Q 1 ) come
varierebbe il reddito lasciando inalterato sia MC che CF?
Sarà ovviamente ΔRo = Ro 2 – Ro 1 = (MCQ 2 – CF) – (MCQ 1 – CF) da cui
segue che ΔRo = MCQ 2 – CF – MCQ 1 +CF = MC (Q 2 -Q 1 ) cioè:
ΔRo = MCΔQ 11
Cioè la variazione del risultato operativo è data dal prodotto del margine di
contribuzione per la variazione della quantità; da notare che la formula prescinde
dai costi fissi.
Se per esempio un’impresa avesse con Q 1 = 500, CF = 1.000, P = 100,
CV 70 e MC = 30, Ro 1 sarà dato da (30 x 500) – 1000 = 14.000.
Se portassimo la produzione a 3.000 pezzi, con un incremento quindi di 2500
pezzi, la variazione di Ro, in base alla 11, sarà data da ΔRo = 30 x 2500 = 75.000.
Se effettuiamo i calcoli vediamo che per 3000 pezzi il margine di utile è pari a
89.000; se detraiamo da tale valore il Ro iniziale pari a 14.000, otteniamo appunto
75.000 quale variazione del risultato operativo per un incremento di 2.500 pezzi.
5. La leva operativa
Abbiamo già evidenziato che, superato il punto di pareggio, il risultato
operativo positivo e quindi il profitto lordo evidenzia un incremento più che
proporzionale rispetto all’aumento dei volumi di vendita; tale effetto, denominato
effetto leva risulta massimo subito dopo il punto di pareggio e tende a diminuire man
mano che aumenta la quantità prodotta.
Grazie alla 11 abbiamo ora anche una formula per calcolare tale variazione;
volevamo ora approfondire tale aspetto per comprendere meglio il meccanismo che
sta alla base di tale fenomeno soffermandoci sul cosiddetto effetto leva.
La leva operativa (operating leverage) è appunto “una misura di quanto il
reddito sia sensibile a cambiamenti dei ricavi 12”. L’effetto leva è misurato dal grado
12
R. N. Anthony, David F. Hawkings, D.M. Macrì, K. A. Merchant, Sistemi di Controllo, 1994,
Mc Graw Hill
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 31
32. di leva operativa, un indicatore calcolato in corrispondenza a ciascun volume di
ricavi come rapporto tra il margine di contribuzione totale e il risultato operativo e
cioè:
Lop = MCt/Ro 12
Esempio: CF = 400, CV = 6 P = 8,5 quindi MC = 2,5
Se calcoliamo il MCt per Q = 200 troveremo (2,5 x200) = 500; il Ro sarà
MCt – CF = 500 - 400 = 100
Per tale volume di vendite la leva operativa sarà (500/100) = 5
Tale indicatore é di grande importanza in quanto ci dice che se
aumentiamo le vendite del 10% a parità di condizioni (cioè stessi costi e stessi
prezzi) il risultato operativo sarà 5 x 10 = 50 e cioè superiore del 50%!
E’ facile verificare! Aumentiamo le vendite del 10% e avremo Q = 220;
segue che Ro 2 = (220x 2,5) – 400 = 150 e 150 su 100 equivale appunto a più 50%
rispetto a 100, dove 100 rappresenta il Ro 1 già calcolato per Q = 200; in alternativa
si può usare la 11 (ΔRo = MCx ΔQ) che restituisce immediatamente l’incremento del
risultato operativo ( 2,5 x 20 = 50).
Sulla base di queste considerazioni possiamo pertanto ricavare una formula che
lega il risultato operativo al grado di leva e all’incremento delle vendite.
Indichiamo con Roo il Ro iniziale e con Ro1 il nuovo Ro conseguente
all’incremento vendite, con Iv% l’incremento delle vendite e con Lop il grado di leva
operativa potremo allora scrivere che:
Ro1 = (Roo x Iv % x Lop) - CF 13
Si tenga presenta che se l’incremento delle vendite è del 10%, Iv % equivale a
1,10 ( infatti, tornando all’esempio iniziale, il Ro iniziale era 100 che moltiplicato x 1,10 e
x 5, ci dà 550 . Togliendo i costi fissi pari a 400 di CF avremo il nuovo Ro pari a 150.
La figura 13 riporta un altro esempio con una leva operativa pari a 15 per cui
un incremento delle vendite del 10%, a parità di altre condizioni, comporta un
aumento del risultato operativo pari 15x10 =150 e cioè 150% in più!
Desideriamo ora puntualizzare alcuni aspetti
•
Il grado di leva operativa cambia al variare dei volumi (nel primo
esempio con una quantità pari a 200 la leva operativa era pari a 5, con q = 220 il
nuovo grado di leva operativa risulta essere (220 x2,5)/150 = 3,67
Al crescere della quantità prodotta il grado di leva operativa diminuisce per cui, pur
continuando ad avere un beneficio più che proporzionale rispetto al costo dei volumi
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 32
33. extra prodotti, il beneficio stesso, elevatissimo subito dopo il punto di pareggio,
tende a diminuire man mano che aumentano le vendite (si dimostra che il grado di
leva operativa per Mc e Ro entrambi > 0, tende al valore limite 1 13, vedi figura
12).Questo fa capire come l’equazione maggiori vendite = profitti molto più elevati,
vada attentamente verificata caso per cas.
700
600
500
400
Serie1
300
200
100
0
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23
Figura 12.Andamento del grado di leva operativa nel caso di un prodotto con CF = 90.000, p = 100
e Cv = 70. Al punto di pareggio, 3000 pezzi, il grado di leva operativa è “infinito, a 3005 pezzi vale
601, a 3050 62, a 600 pezzi solo 2 e poi tende lentamente al valore limite 1 (cosa che non si riesce
ad evincere chiaramente dalla figura per motivi di scala).
•
L’effetto leva è strettamente connesso ai costi fissi, se un’azienda
ha costi fissi elevati l’effetto leva è maggiore e quindi beneficia fortemente di un
aumento delle vendite. Al contrario in caso di diminuzione la stessa azienda viene
maggiormente penalizzata rispetto a quella che ha costi fissi minori. Si comprende
meglio tale aspetto se si considerano aziende che abbiano gli stessi ricavi e gli stessi
risultati operativi ma diversa struttura di costi fissi e costi variabili come indicato
nella figura 13 e 14
13 G. Metallo - Tipici strumenti di Analisi Finanziaria - 1995 - Cedam
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 33
34. Figura 13. Leva operativa pari a 15, a fronte di Figura 14. Relazione tra effetto
incremento del 10% della produzione deter- leva e costi fissi
termina un incremento del reddito di 10x15= 150
Per esempio l’azienda A (vedi fig.14) ha costi fissi più alti di C; poiché i risultati in
termini di ricavi e di risultato operativo sono identici questo significa
necessariamente che C avrà costi variabili più alti per cui, superando il punto di
pareggio, il risultato operativo di C sarà sicuramente meno elevato di A. Infatti,
raggiunto il punto di pareggio con recupero dei costi fissi, il margine di contribuzione
unitario di A di 7 euro, contro i 5 di C, comporterà per ogni vendita oltre il punto di
pareggio un utile di 2 euro in più.
D’altra parte l’Azienda A, oltre ad avere costi fissi più elevati e aver bisogno di
vendite più elevate per raggiungere il pareggio, paga rispetto a B anche un prezzo
più elevato in caso di contrazione dei volumi di vendite.
• Da ultimo si noti che la leva operativa MCt/Ro è esattamente
l’inverso del margine di sicurezza Ro/MCt¸ per cui nota la prima è possibile
calcolare il secondo e viceversa (se per es la leva operativa e 3; segue che Ms = 1/3
= 0,33.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 34
35. A B C
Prezzo unitario 10 10 10
Cv 3 4 5
Quantità 200 200 200
Ricavi 2000 2000 2000
Totale costi variabili 600 800 1000
Mct 1400 1200 1000
Costi fissi 1000 800 600
Totale costi 1600 1600 1600
Risultato operativo 400 400 400
Leva operativa 3,5 3 2,5
Figura 15 Dati di dettaglio relativi alla figura 14 dove si evidenzia a parità di risultati in termini di
fatturato e risultato operativo una diversa struttura di costi fissi e variabili
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 35
36. 6. Valutazione di redditività degli investimenti pubblicitari
Il modello della BEA può essere utilizzato come valido ausilio per un
calcolo di massima della redditività “economica” 14 di un investimento pubblicitario,
come uno spot televisivo, un’azione di Direct mail, di Telemarketing e così via.
Infatti abbiamo già visto nelle parti precedenti come partendo dalla 2,
formula di base per calcolare i volumi di pareggio e cioè Qbep = CF/(P-Cv), si arrivi
facilmente alla 6, Qro = (CF + Ro) / (P-Cv), con Qro>Qbep dove Qro ci dà la nuova
quantità da vendere per avere non solo il pareggio ma un risultato operativo positivo
Ro.
Se ora immaginiamo che tale Ro venga utilizzato integralmente per
effettuare un investimento pubblicitario I, la nostra formula diverrà:
Qbep = (CF+I)/(P-Cv) 14
La 14 ci consente di calcolare il volume di vendite e quindi l’ammontare
complessivo di ordini che devono essere generati dall’investimento per recuperare
non solo i costi di produzione, fissi e variabili, ma anche il costo dell’investimento
pubblicitario I; se invece del pareggio ci interessa calcolare un determinato Ro
(positivo o negativo) basterà aggiungere ± Ro al numeratore della 14 e avremo:
Qro = (CF+I±Ro)/(P-Cv) 15
Consideriamo ora un’impresa che abbia 100 ordini in portafoglio, sia in
pareggio e voglia effettuare un investimento pubblicitario I; supponiamo inoltre che
per recuperare il costo dell’investimento occorrano, tra vecchi e nuovi, un totale di
130 ordini. E’ ovvio che se l’investimento genererà almeno 30 ordini extra
avremmo il completo pareggio dei costi, se tale quantità fosse minore di 30 saremmo
in perdita (Ro negativo) mentre ogni ordine oltre i 30 genererebbe un utile (Ro
positivo).
Questo ci suggerisce la possibilità di utilizzare il modello del punto di
pareggio anche per una prima valutazione del valore degli investimenti pubblicitari
purché si introduca un nuovo parametro e cioè la “redemption” dell’investimento
stesso.
Nel nostro caso la “redemption” sarà solo il numero di ordini che verranno
generati nell’immediato dall’investimento; siamo perfettamente consapevoli che si
tratta di un approccio a dir poco semplicistico in quanto la redemption, in effetti, è
complessa non solo da determinare ma anche da definire; ci si può riferire infatti ai
contatti con clienti, alle visite della forza vendita, all’individuazione di hot prospect,
14
Con tale espressione vogliamo sottolineare che per una valutazione completa di un investimento pubblicitario
occorre prendere in considerazione oltre gli aspetti “economici” anche quelli di tipo finanziario.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 36
37. ma anche al presidio e all’espansione della quota di mercato, all’incremento del
fatturato e/o della redditività, alla creazione di posti di lavoro e così via.
Tuttavia in tale sede, pur rischiando di sembrare “miopi”, ci limiteremo a
considerare come redemption solo gli ordini generati dall’investimento e per di più,
“nell’immediato”. Questa modalità d’approccio “limitata” ci consentirà infatti di
definire alcuni modelli di base strettamente quantitativi che potranno essere d’aiuto
all’imprenditore.
Riteniamo che tale approccio sia decisamente migliore rispetto a quello che, a
fronte dell’elevata complessità della redemption, finisce per non offrire in ultima
analisi nessun elemento di riferimento ai fini di una valutazione ex ante
dell’investimento con il risultato che spesso si investe in pubblicità sulla base del
budget disponibile, sulla parità competitiva (rifacendosi cioè al comportamento della
concorrenza) o su altri criteri poco logici e poco razionali, come quando ci si
“innamora” di una campagna particolarmente creativa e stimolante che però non
produrrà necessariamente risultati tangibili.
Comprendiamo come le aziende che realizzano azioni promozionali per conto
terzi tendano spesso a “glissare” sul tema della redemption ma, per l’imprenditore,
valutare che ritorno economico sia possibile attendersi a fronte di un determinato
investimento è viceversa un aspetto di primaria importanza.
Vale la pena inoltre di sottolineare come in tutti i casi in cui la peculiarità
del business non preveda o renda difficile la reiterazione nel tempo dell’acquisto da
parte del cliente, questo è l’unico approccio valido da adottare. Si pensi per esempio
ad un’azione promozionale realizzata in un villaggio turistico affinché i clienti
effettuino acquisti durante il soggiorno per lo più di una, due settimane al massimo; i
ritorni dell’investimento da tali clienti possono essere solo gli ordini generati
nel periodo di permanenza, poi i turisti partiranno e non potranno materialmente
effettuarne altri.
Viceversa, se come spesso accade l’investimento consente di acquisire un
cliente che continuerà nel tempo ad acquistare dall’organizzazione (si pensi ad una
promozione di Sky o di Tim ecc.), allora il costo dell’investimento - ma anche di
tutti quelli successivi necessari a garantirne la fidelizzazione - andrebbe rapportato,
in modo più corretto ma anche decisamente più complesso, al life time value e cioè
al totale del valore generato dal cliente per tutto il tempo che continuerà a servirsi
dell’organizzazione. Su tale aspetto torneremo brevemente più avanti.
Torniamo ora alla nostra formula Qbep = (CF+I)/(P-CV); è facile accorgersi
come, ai fini della valutazione degli investimenti, si tratti solo di un punto di partenza
che deve essere approfondito ed elaborato per esserci davvero d’aiuto.
Infatti, a parte introdurre il concetto di “redemption”, notiamo che la
formula considera esclusivamente investimenti come costo fisso, ma tutti
sappiamo che molte tipologie di investimenti hanno anche una componente
variabile (basti pensare per esempio ad un mail con un costo fisso di preparazione e
un costo variabile per ogni pezzo, tra tipografia, carta, francobolli ecc.). Vedremo
inoltre come sia opportuno distinguere i casi in cui si parte da zero (start up di una
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 37
38. nuova azienda o lancio di un nuovo prodotto) da quelli in cui sia invece inizialmente
disponibile un certo portafogli ordini.
Distingueremo quindi anzitutto tra investimenti che si configurano
esclusivamente come un costo fisso e investimenti che hanno invece anche una parte
variabile, in entrambi i casi effettueremo poi un’ulteriore suddivisione a seconda che
sia presente o meno un portafoglio di ordini iniziale. Avremo quindi 4 situazioni
diverse come segue:
7a. Investimenti come solo costo fisso e senza portafoglio
7b. Investimenti come solo costo fisso e con portafoglio
7c. Investimenti con parte fissa e parte variabile senza portafoglio
7d. Investimenti con parte fissa e parte variabile e con portafoglio
Termineremo poi superando l’approccio di breve periodo affrontando il tema
della valutazione degli investimenti pubblicitari in base al ciclo di vita del cliente.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 38
39. Investimenti come solo costo fisso
E’ il caso per esempio di una campagna pubblicitaria in televisione o
dell’organizzazione di un evento che possono essere articolati in vario modo ma che,
di norma, rappresentano un costo fisso.
7a. Investimenti come solo costo fisso e senza portafoglio iniziale di ordini
Sappiamo già come gestire un caso del genere; basterà infatti ricorrere alla
14, Qbep = (CF+I)/(P-CV) e ipotizzare un determinato livello di redemption che non
essendoci una base di partenza, sarà necessariamente un valore assoluto.
Considereremo per esempio il caso di un’azienda nella fase di start up - e
quindi senza ordini in portafoglio - che desideri effettuare investimenti pubblicitari
per avviare l’attività15 e che evidenzi i seguenti dati:
• Cf = 50.000 euro
• P = 100
• CV = 70
• Investimento da effettuare del costo di 30.000 euro
• Redemption stimata R = 1000 ordini.
E’ profittevole l’investimento per l’azienda? Evidentemente no! Infatti la
nostra formula - Qbep = (CF+I)/(P-CV) - ci dice immediatamente che occorrerebbero
almeno 2.666 ordini (50.000+30.000)/(100-70) per avere il pareggio.
Per agevolare la nostra capacità di valutare un investimento pubblicitario è
utile poi introdurre il concetto di livello minimo di autoremunerazione
dell’investimento e cioè la quantità minima di ordini che dovranno essere generati
per consentire il recupero dell’investimento stesso.
Possiamo poi tentare di generalizzare tale concetto prescindendo dai costi
fissi che possono variare fortemente da impresa ad impresa; prendiamo quindi in
considerazione solo tre parametri e cioè:
• il costo dell’investimento I
• il margine di contribuzione unitario Mc dell’ordine, dato da P-CV,
prezzo meno costo variabile
• il numero di ordini O generati e cioè la redemption R 16
In tal caso è evidente che il costo dell’investimento sarà ammortizzato
quando sarà I = O x Mc da cui segue che la quantità di ordini necessari per il
pareggio sarà data da:
15
Si badi che una situazione non “identica” ma di certo “analoga” si rinnova periodicamente per ogni nuovo prodotto
che l’azienda decida di lanciare sul mercato.
16
Ribadiamo che in un caso del genere, non essendoci una base di partenza cui fare riferimento, la redemption R sarà un
valore assoluto, per esempio 3500 ordini.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 39
40. Obep = I/Mc 16
La congruità dell’investimento dipenderà quindi, oltre che dal costo
dell’investimento stesso, dal margine di contribuzione unitario Mc generato da
ogni singolo ordine; si noti, per quanto riguarda la possibilità di generalizzare, che la
formula potrà essere applicata in tutti i casi in cui, qualunque siano P e CV, sia
uguale la differenza P-CV = Mc (ad es. 100-70, 130-100, 85-45 ecc.) e il margine di
contribuzione unitario risulti comunque uguale a 30.
Sulla base di quanto già detto, valutando l’investimento in tal modo potremo
avere dunque tre casi diversi a seconda che il numero di ordini prevedibili sia
• minori di Obep = investimento in perdita
• uguali a Obep = investimento in “pareggio”
• maggiori di Obep = investimento in attivo
Il primo caso, almeno nella nostra ottica di ritorni immediati, peggiora il
conto economico, il secondo lo lascia immutato ma è comunque negativo da un punto
di vista economico-finanziario 17, il terzo caso genera invece un Ro positivo.
Si consideri a titolo d’esempio la tabella seguente che mette a raffronto tre
diversi investimenti sulla base dei parametri appena illustrati:
A B C
Costo investimento 50000 60000 75000
Mc unitario prodotto 30 35 40
Redemption attesa 1500 2000 2500
Livello minimio
autoremunerazione
C/mc 1666 1714 1875
Differenza -166 286 625
% -9,96% 16,69% 33,33%
Figura 16. Redemption investimenti
E’ evidente come il primo investimento sia il meno felice di tutti in quanto
non consente nemmeno di raggiungere la soglia di autoremunerazione; tra B e C è
invece senz’altro da preferire C, ancorché più costoso, dato che supera il livello
minimo di autoremunerazione in misura maggiore rispetto a B (33,33% contro il
16,69%).
Va da sé che la 16 può essere modificata come di consueto per calcolare gli
ordini necessari non per il punto di pareggio ma per ottenere un determinato risultato
operativo come segue:
17
Nel senso che si ottiene lo stesso risultato ma con un utilizzo maggiore di capitale
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 40
41. Oro = (I+Ro)/Mc 16 bis
A prescindere da utili generalizzazioni, l’investimento, ovviamente, dovrà
poi essere calato nel contesto della singola impresa che, lo ricordiamo, deve sempre
ammortizzare i costi fissi di gestione; consideriamo a titolo di esempio il caso di un
investimento del costo di 90.000 euro con redemption pari a 3500 ordini effettuato
dalla Rossi SpA, monoprodotto, con i seguenti dati:
• CF = 50.000
• margine di contribuzione Mc del prodotto da vendere dato da P-CV,
prezzo meno costo variabile = 30
Utilizzando la 16 si vede subito come l’investimento in sé sia vantaggioso in
quanto I/Mc = 90.000/30 = 3000 mentre la redemption è pari a 3500 e quindi,
moltiplicando il margine di contribuzione (30) per gli ordini in più (500) avremmo un
beneficio di 15.000 euro.
Tale investimento tuttavia “applicato” alla nostra impresa non sarebbe
sufficiente per raggiungere il pareggio; infatti in base alla 14 avremmo
(50.000+90.000)/30 = 4666 ordini e quindi per avere il pareggio occorrerebbero altri
1166 ordini la cui mancanza comporterebbe una perdita di 35.000 euro (1166 x30).
Chiarita la differenza tra la valutazione di un investimento in sé e l’impatto
che lo stesso può avere su una singola azienda è opportuno ora effettuare due
riflessioni sull’esempio appena illustrato:
• la Rossi SpA farebbe bene a verificare la possibilità di effettuare
investimenti più vantaggiosi (meno costo o maggior redemption)
• qualora questo non fosse possibile occorre considerare che nel caso
in oggetto l’impresa parte per così dire da zero (non ha cioè un
portafoglio di ordini); in tal caso effettuare l’investimento (con il
risultato di avere 3500 clienti sia pure con 35.000 euro di perdita) è
di gran lunga migliore che non effettuarlo (con 0 clienti e 50.000
euro di perdita. Inoltre come già accennato, occorre considerare che
una buona parte dei 3500 clienti continueranno a generare reddito
anche nel medio-lungo termine.
Per terminare il costo medio per ordine sarà dato banalmente da:
Com = I/O 17
Nell’ultimo esempio della Rossi SpA sarebbe pari a 25,71 circa
(90.000/3500).
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 41
42. 7b. Investimenti come solo costo fisso e con portafoglio iniziale
di ordini
Più interessante e anche più frequente è invece il caso di un’azienda che
abbia già un dato portafoglio ordini e che desideri effettuare investimenti per
incrementare le vendite; anche in tal caso le formule già trovate nell’analisi della
situazione precedente ci consentono di valutare agevolmente la bontà
dell’investimento in modo generale.
In tale contesto, tuttavia, è opportuno assumere anche una prospettiva
diversa e cioè considerare la “redemption” sempre come la quantità extra di ordini
acquisiti ma rapportata in percentuale alla base di partenza, cioè agli ordini già
esistenti prima di effettuare l’azione stessa18. Tale percentuale sarà indicata con Rre o
redemption relativa; per esempio prima dell’azione gli ordini erano 100 (li
indicheremo con Oe) e ora, a seguito dell’azione promozionale, sono 110
(indicheremo i nuovi 10 ordini con On) e quindi avremo Rre = 10%
I nostri obiettivi saranno quelli di individuare:
a) la redemption di break even e cioè il valore minimo di Rre per
compensare il costo dell’investimento
b) la redemption necessaria per avere oltre il pareggio anche un
determinato Ro
c) il costo medio per ordine
Vediamo un esempio pratico. L’azienda Rossi monoprodotto ha:
- costi fissi 250.000 euro
- prezzo vendita unitario 100, costo variabile 70 e quindi Mc unitario =
30
- risultato operativo con l’attuale livello di vendite pari a 80.000 euro,
tasse escluse
Si propone ora di effettuare un’azione di Direct Marketing del costo di
90.000 euro che – secondo stime attendibili – comporterà un incremento delle vendite
del 20 % (quindi Rre +20%)
E’ profittevole l’investimento per l’impresa? Un incremento delle vendite del
20% potrebbe sembrare del tutto allettante ma occorre fare molta attenzione ed
effettuare le opportune verifiche. Nel caso in esame infatti se indichiamo con A la
situazione prima di effettuare l’investimento e con B quella che avremmo dopo aver
18 Tale approccio concettualmente e logicamente non è molto corretto in quanto la situazione di partenza altera la
valutazione dell’investimento tuttavia per l’imprenditore, nel momento di prendere decisioni, fa “testo” la “sua”
situazione. Tale modalità consente di scindere per così dire l’aspetto oggettivo (redemption in termini di ordini di un
determinato investimento) dall’effetto finale che potrà essere anche molto diverso a seconda della situazione di
partenza propria di ogni specifica realtà aziendale.
Break even analysis e modelli correlati. Analisi per un approccio quantitativo nella gestione d’impresa. 42