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NUS Consulting Group 
Via Melchiorre Gioia n° 168 
20125 Milano 
Questo report è stato prodotto da NUS Consulting Group e ha scopo solamente informativo. Le previsioni economiche e di mercato e dei prezzi contenute nel documento sono basate su nostre valutazioni alla data del presente documento e sono soggette a cambiamenti senza preavviso. Nessuna parte di questo documento può essere copiata, fotocopiata o duplicata in nessun modo e per nessuno scopo o distribuita a nessuna persona diversa dagli impiegati, direttore o destinatari autorizzati senza un consenso scritto da parte di Nus Consulting Group. 
©Copyright 2014, NUS Consulting Group, Tutti i diritti Riservati 
News Flash 
L’inversione dei prezzi del petrolio 
13 ottobre 2014
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1 13 ottobre 2014 
Nelle ultime settimane i prezzi dell’energia sono diminuiti significativamente mentre i mercati si sono 
nuovamente concentrati sui fondamentali sottostanti. Da metà Giugno è stata registrata una grossa ritirata 
dei mercati con il WTI che è diminuito da $107 a $85 al barile (un calo del 20%) e il Brent che è sceso da 
$115 a $89 al barile (-22%). I lettori delle nostre News Flash sanno che queste diminuzioni erano state 
annunciate da parecchi mesi. Ora che i crolli si sono concretizzati la domanda è: per quanto tempo 
persisterà questa diminuzione nel contesto attuale e a che livello si stabilizzeranno alla fine i prezzi? 
La nostra previsione precedente annunciava una diminuzione dei prezzi basandosi sulla constatazione che i 
mercati energetici globali erano ben riforniti e la domanda globale continuava ad essere scarsa. I nostri 
forecast relativi alla domanda globale erano opposti a quelle più ottimistiche della IEA e dell’OPEC. Negli 
ultimi mesi entrambe le Organizzazioni hanno tagliato le loro aspettative di domanda per quest’anno fino 
ad allinearle alle nostre. Inoltre negli ultimi tempi l’IMF ha ridotto in modo significativo le sue previsioni per 
la crescita economica globale, prospettando un tasso di crescita per Stati Uniti, Unione Europea, Cina e 
Giappone del 2.2, 0.8, 7.4 e 0.9%. Al momento l’opinione dominante prevede che la crescita globale 
deluderà ancora una volta e la domanda energetica globale sarà, nella migliore delle ipotesi, piatta per il 
2014. 
In base a quanto detto finora, perché allora i prezzi sono aumentati nella prima metà di quest’anno? La 
risposta sintetica è che l’aumento dei prezzi nella prima metà del 2014 non era guidato dai fondamentali 
(domanda e offerta) ma dall’accumularsi continuo del premio al rischio legato al susseguirsi di eventi 
geopolitici. Sebbene la maggior parte delle preoccupazioni geopolitiche che hanno spinto i prezzi ad 
aumentare nella prima metà dell’anno siano ancora irrisolti – la crisi ucraina, l’Iran (e il programma 
nucleare), Siria e Iraq (ISIS/ISIL), ad oggi i mercati non hanno subito interruzioni fisiche delle forniture. Al 
contrario, negli ultimi mesi la produzione è aumentata ampiamente grazie alla ripresa a pieno regime della 
produzione libica (+500.000-750.000 barili/giorno), la produzione USA in aumento (+1.5 milioni di barili 
giorno dall’inizio dell’anno) e la crescita delle esportazioni dall’Iran (grazie all’accordo ad interim sul 
nucleare che ha eliminato il bando delle assicurazioni sulle petroliere). 
Solitamente di fronte alla diminuzione dei prezzi il mercato si rivolge all’OPEC, e in particolare all’Arabia 
Saudita, affinché operi come produttore “altalenante” riducendo l’offerta per portare i prezzi a stabilizzarsi. 
Tuttavia nelle ultime settimane l’Arabia Saudita si è opposta alla riduzione della produzione e ha ridotto i 
prezzi per mantenere la sua quota di mercato, di fatto innescando una guerra di prezzi all’interno del 
cartello. Esistono diverse teorie che cercano di spiegare il senso delle ultime iniziative intraprese dall’Arabia 
Saudita. La prima sostiene che l’Arabia Saudita sia preoccupata dagli aumenti produttivi senza precedenti 
da parte dei siti shale americani e stia cercando di spingere i prezzi al di sotto del punto di break-even (a 
circa $80-85 al barile) per rallentare gli investimenti nel settore. La seconda teoria sostiene che gli USA e 
l’Arabia Saudita abbiano deciso di comune accordo di ridurre i prezzi globali del petrolio per alimentare le 
pressioni sul Presidente russo Putin la cui economia interna dipende pesantemente dai ricavi del comparto 
energetico. L’ultima teoria ritiene che l’Arabia Saudita stia punendo gli altri membri dell’OPEC prima del 
meeting in programma a Novembre. L’obiettivo è quello di concentrare l’attenzione dei membri dell’OPEC 
che solitamente sono contrari alle iniziative dell’Arabia Saudita (per esempio Iran, Libia, Ecuador, Algeria e 
Nel 2014 i prezzi di Brent e 
WTI hanno raggiunto il loro 
picco a metà Giugno 
rispettivamente a $115 e $107 
al barile e ad oggi sono 
diminuiti di oltre il 20%.
News Flash 
2 
13 ottobre 2014 
Venezuela) per ottenere un consenso obbligato al prossimo meeting. Non possiamo sapere se una o tutte queste teorie siano corrette o meno. Tuttavia è chiaro che il prossimo incontro OPEC si terrà il 27 Novembre (fra oltre un mese) e nessun Paese è nella posizione di assumere il ruolo tradizionalmente ricoperto dall’Arabia Saudita di produttore altalenante. 
Con la produzione ampia (a meno di interruzioni dovute ad eventi geopolitici) e prospettive di una domanda scarsa per il resto dell’anno, con l’assenza di coordinazione all’interno dell’OPEC (almeno fino alla fine di Novembre) e con l’andamento negativo dei mercati, a nostri avviso, i prezzi continueranno a diminuire nelle prossime settimane. Tuttavia la diminuzione sarà inferiore rispetto a quella delle ultime settimane: WTI e Brent raggiungeranno rispettivamente gli $80 e $85. Il raggiungimento di questi livelli molto probabilmente fungerà da catalizzatore per spronare i membri dell’OPEC ed innescare la frenesia dei media riguardo all’impatto potenziale sugli investimenti in shale americano e sulla sicurezza energetica degli Stati Uniti. Quando questo accadrà crediamo si sarà raggiunto il limite minimo dei prezzi che potranno poi stabilizzarsi e gradualmente tornare verso dei range più simili a quelli di metà 2012 e fine 2013, ma con uno spread più marcato fra i due indici: $85-95 per WTI e $95-$105 per il Brent. 
C’è un altro rischio che pesa poco nelle nostre analisi. Dopo cinque anni in cui ha fornito grande supporto ai mercati, la Federal Reserve americana ha in programma di concludere il suo programma di alleggerimento quantitativo alla fine di Ottobre. Nelle ultime settimane i mercati sono stati sempre più preoccupati da questa decisione e la volatilità (che è stata molto sottotono negli ultimi anni) è aumentata notevolmente. In questi anni dopo la crisi finanziaria la Federal Reserve USA (insieme ad altre banche centrali) ha fornito ai mercati finanziari una liquidità senza precedenti e tassi di interesse a zero. Di conseguenza i mercati azionari di tutto il mondo sono balzati alla stelle: il Dow Jones Industriale medio USA è aumentato da un minimo di 6,625 nel profondo della crisi finanziaria del 2008/2009 fino al picco attuale di 17,275, un sorprendente aumento del 160% nonostante l’economia USA stia soffrendo di una crescita economica annua molto anemica (sotto il 3%). Qualora i mercati finanziari dovessero sperimentare una vera svendita e il dollaro americano continuasse a rafforzarsi rispetto altre valute principali, i prezzi dell’energia seguirebbero i mercati finanziari in modo molto simile a come accadde durante l’ultima crisi finanziaria. Infatti lungo la crisi del 2008/2009 il WTI e il Brent sono diminuiti al di sotto dei $40 al barile. Sebbene non stiamo affermando che sia probabile il ripetersi di una crisi finanziaria, tuttavia è plausibile che una grossa inversione dei mercati spinga i prezzi del petrolio concretamente al di sotto dei livelli che abbiamo dichiarato nelle nostre previsioni precedenti. 
Per ulteriori notizie in ambito energetico ed informazioni, resto a Vostra completa disposizione. 
Con l’occasione porgo i miei migliori saluti. 
Claudio Enriquez 
Amministratore Delegato 
************** 
Questo report è stato prodotto da NUS Consulting Group e ha scopo solamente informativo. Le previsioni economiche e di mercato e dei prezzi contenute nel documento sono basate su nostre valutazioni alla data del presente documento e sono soggette a cambiamenti senza preavviso. Nessuna parte di questo documento può essere copiata, fotocopiata o duplicata in nessun modo e per nessuno scopo o distribuita a nessuna persona diversa dagli impiegati, direttore o destinatari autorizzati senza un consenso scritto da parte di Nus Consulting Group. 
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L'inversione dei prezzi del petrolio

  • 1. By: NUS Consulting Group Via Melchiorre Gioia n° 168 20125 Milano Questo report è stato prodotto da NUS Consulting Group e ha scopo solamente informativo. Le previsioni economiche e di mercato e dei prezzi contenute nel documento sono basate su nostre valutazioni alla data del presente documento e sono soggette a cambiamenti senza preavviso. Nessuna parte di questo documento può essere copiata, fotocopiata o duplicata in nessun modo e per nessuno scopo o distribuita a nessuna persona diversa dagli impiegati, direttore o destinatari autorizzati senza un consenso scritto da parte di Nus Consulting Group. ©Copyright 2014, NUS Consulting Group, Tutti i diritti Riservati News Flash L’inversione dei prezzi del petrolio 13 ottobre 2014
  • 2. News Flash 1 13 ottobre 2014 Nelle ultime settimane i prezzi dell’energia sono diminuiti significativamente mentre i mercati si sono nuovamente concentrati sui fondamentali sottostanti. Da metà Giugno è stata registrata una grossa ritirata dei mercati con il WTI che è diminuito da $107 a $85 al barile (un calo del 20%) e il Brent che è sceso da $115 a $89 al barile (-22%). I lettori delle nostre News Flash sanno che queste diminuzioni erano state annunciate da parecchi mesi. Ora che i crolli si sono concretizzati la domanda è: per quanto tempo persisterà questa diminuzione nel contesto attuale e a che livello si stabilizzeranno alla fine i prezzi? La nostra previsione precedente annunciava una diminuzione dei prezzi basandosi sulla constatazione che i mercati energetici globali erano ben riforniti e la domanda globale continuava ad essere scarsa. I nostri forecast relativi alla domanda globale erano opposti a quelle più ottimistiche della IEA e dell’OPEC. Negli ultimi mesi entrambe le Organizzazioni hanno tagliato le loro aspettative di domanda per quest’anno fino ad allinearle alle nostre. Inoltre negli ultimi tempi l’IMF ha ridotto in modo significativo le sue previsioni per la crescita economica globale, prospettando un tasso di crescita per Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Giappone del 2.2, 0.8, 7.4 e 0.9%. Al momento l’opinione dominante prevede che la crescita globale deluderà ancora una volta e la domanda energetica globale sarà, nella migliore delle ipotesi, piatta per il 2014. In base a quanto detto finora, perché allora i prezzi sono aumentati nella prima metà di quest’anno? La risposta sintetica è che l’aumento dei prezzi nella prima metà del 2014 non era guidato dai fondamentali (domanda e offerta) ma dall’accumularsi continuo del premio al rischio legato al susseguirsi di eventi geopolitici. Sebbene la maggior parte delle preoccupazioni geopolitiche che hanno spinto i prezzi ad aumentare nella prima metà dell’anno siano ancora irrisolti – la crisi ucraina, l’Iran (e il programma nucleare), Siria e Iraq (ISIS/ISIL), ad oggi i mercati non hanno subito interruzioni fisiche delle forniture. Al contrario, negli ultimi mesi la produzione è aumentata ampiamente grazie alla ripresa a pieno regime della produzione libica (+500.000-750.000 barili/giorno), la produzione USA in aumento (+1.5 milioni di barili giorno dall’inizio dell’anno) e la crescita delle esportazioni dall’Iran (grazie all’accordo ad interim sul nucleare che ha eliminato il bando delle assicurazioni sulle petroliere). Solitamente di fronte alla diminuzione dei prezzi il mercato si rivolge all’OPEC, e in particolare all’Arabia Saudita, affinché operi come produttore “altalenante” riducendo l’offerta per portare i prezzi a stabilizzarsi. Tuttavia nelle ultime settimane l’Arabia Saudita si è opposta alla riduzione della produzione e ha ridotto i prezzi per mantenere la sua quota di mercato, di fatto innescando una guerra di prezzi all’interno del cartello. Esistono diverse teorie che cercano di spiegare il senso delle ultime iniziative intraprese dall’Arabia Saudita. La prima sostiene che l’Arabia Saudita sia preoccupata dagli aumenti produttivi senza precedenti da parte dei siti shale americani e stia cercando di spingere i prezzi al di sotto del punto di break-even (a circa $80-85 al barile) per rallentare gli investimenti nel settore. La seconda teoria sostiene che gli USA e l’Arabia Saudita abbiano deciso di comune accordo di ridurre i prezzi globali del petrolio per alimentare le pressioni sul Presidente russo Putin la cui economia interna dipende pesantemente dai ricavi del comparto energetico. L’ultima teoria ritiene che l’Arabia Saudita stia punendo gli altri membri dell’OPEC prima del meeting in programma a Novembre. L’obiettivo è quello di concentrare l’attenzione dei membri dell’OPEC che solitamente sono contrari alle iniziative dell’Arabia Saudita (per esempio Iran, Libia, Ecuador, Algeria e Nel 2014 i prezzi di Brent e WTI hanno raggiunto il loro picco a metà Giugno rispettivamente a $115 e $107 al barile e ad oggi sono diminuiti di oltre il 20%.
  • 3. News Flash 2 13 ottobre 2014 Venezuela) per ottenere un consenso obbligato al prossimo meeting. Non possiamo sapere se una o tutte queste teorie siano corrette o meno. Tuttavia è chiaro che il prossimo incontro OPEC si terrà il 27 Novembre (fra oltre un mese) e nessun Paese è nella posizione di assumere il ruolo tradizionalmente ricoperto dall’Arabia Saudita di produttore altalenante. Con la produzione ampia (a meno di interruzioni dovute ad eventi geopolitici) e prospettive di una domanda scarsa per il resto dell’anno, con l’assenza di coordinazione all’interno dell’OPEC (almeno fino alla fine di Novembre) e con l’andamento negativo dei mercati, a nostri avviso, i prezzi continueranno a diminuire nelle prossime settimane. Tuttavia la diminuzione sarà inferiore rispetto a quella delle ultime settimane: WTI e Brent raggiungeranno rispettivamente gli $80 e $85. Il raggiungimento di questi livelli molto probabilmente fungerà da catalizzatore per spronare i membri dell’OPEC ed innescare la frenesia dei media riguardo all’impatto potenziale sugli investimenti in shale americano e sulla sicurezza energetica degli Stati Uniti. Quando questo accadrà crediamo si sarà raggiunto il limite minimo dei prezzi che potranno poi stabilizzarsi e gradualmente tornare verso dei range più simili a quelli di metà 2012 e fine 2013, ma con uno spread più marcato fra i due indici: $85-95 per WTI e $95-$105 per il Brent. C’è un altro rischio che pesa poco nelle nostre analisi. Dopo cinque anni in cui ha fornito grande supporto ai mercati, la Federal Reserve americana ha in programma di concludere il suo programma di alleggerimento quantitativo alla fine di Ottobre. Nelle ultime settimane i mercati sono stati sempre più preoccupati da questa decisione e la volatilità (che è stata molto sottotono negli ultimi anni) è aumentata notevolmente. In questi anni dopo la crisi finanziaria la Federal Reserve USA (insieme ad altre banche centrali) ha fornito ai mercati finanziari una liquidità senza precedenti e tassi di interesse a zero. Di conseguenza i mercati azionari di tutto il mondo sono balzati alla stelle: il Dow Jones Industriale medio USA è aumentato da un minimo di 6,625 nel profondo della crisi finanziaria del 2008/2009 fino al picco attuale di 17,275, un sorprendente aumento del 160% nonostante l’economia USA stia soffrendo di una crescita economica annua molto anemica (sotto il 3%). Qualora i mercati finanziari dovessero sperimentare una vera svendita e il dollaro americano continuasse a rafforzarsi rispetto altre valute principali, i prezzi dell’energia seguirebbero i mercati finanziari in modo molto simile a come accadde durante l’ultima crisi finanziaria. Infatti lungo la crisi del 2008/2009 il WTI e il Brent sono diminuiti al di sotto dei $40 al barile. Sebbene non stiamo affermando che sia probabile il ripetersi di una crisi finanziaria, tuttavia è plausibile che una grossa inversione dei mercati spinga i prezzi del petrolio concretamente al di sotto dei livelli che abbiamo dichiarato nelle nostre previsioni precedenti. Per ulteriori notizie in ambito energetico ed informazioni, resto a Vostra completa disposizione. Con l’occasione porgo i miei migliori saluti. Claudio Enriquez Amministratore Delegato ************** Questo report è stato prodotto da NUS Consulting Group e ha scopo solamente informativo. Le previsioni economiche e di mercato e dei prezzi contenute nel documento sono basate su nostre valutazioni alla data del presente documento e sono soggette a cambiamenti senza preavviso. Nessuna parte di questo documento può essere copiata, fotocopiata o duplicata in nessun modo e per nessuno scopo o distribuita a nessuna persona diversa dagli impiegati, direttore o destinatari autorizzati senza un consenso scritto da parte di Nus Consulting Group. ©Copyright 2014, NUS Consulting Group, Tutti i diritti Riservati