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Occupazione del Tibet_Alessia De Paolis
1. L’OCCUPAZIONE TIBETANA
Alessia De Paolis
STORIA DEL TIBET
Le notizie sull'origine del popolo tibetano sono poche ed incerte.
Sembra, comunque, discendere dalle tribù nomadi guerriere. Tuttavia, prima
del VII secolo, non vi sono evidenze di presenza di un popolo politicamente
compatto. La storia propriamente conosciuta e documentabile del Tibet inizia
con il re Songtsen Gampo (figlio di Namri Songtsen), il primo a convertirsi al
buddismo nel 617 d.C Il re Songtsen Gampo di Yarlung unificò il paese
assoggettando tutti i regni che vi si erano formati e fondò l'impero del Tibet
che comprendeva tutti i territori in cui era parlato il tibetano. Nel 653 d.C
venne aperta la prima scuola teologica tibetana, da cui prese origine, l'attuale
alfabeto tibetano ed iniziò a prendere corpo la cultura tibetana. Nel VIII
secolo l'impero tibetano ebbe un periodo di splendore sotto re Trisong Detsen
che si estese nel territorio cinese ed in altri paesi dell'Asia centrale, arrivando
ad occupare temporaneamente la capitale cinese Ch'ang-an.
2. CAUSE
L’occupazione cinese del territorio tibetano
cominciò, pacificamente, in seguito alla
proclamazione, da parte di Mao Zedong, della
Repubblica Popolare Cinese che, l’anno
successivo, precisamente il 6 settembre 1950,
invase i territori del Kahm occidentale, territorio
di confine indipendente ma posto sotto l’egida del
governo di Lhasa. La situazione precipitò, però,
soltanto l’anno successivo quando, a Pechino,
venne firmato l’Accordo dei 17 punti tra le
autorità cinesi e quelle tibetana. L’accordo, in
realtà mai entrato in vigore a causa di alcuni
cavilli burocratici che ne sancirono l’invalidità giuridica, prevedeva che i
cinesi non avrebbero invaso il resto del Tibet ne sarebbero entrati nel merito
della politica interna del paese confinante, soltanto se i tibetano si fossero
attivati affinché il territorio tibetano venisse un giorno considerato quale una
vera e propria provincia cinese.
L’accordo, che fu visto dai più
intransigenti quale un vero e proprio
ricatto, scatenò le ire della popolazione
tibetana che, nel 1959, diede vita ad
un’imponente protesta, sedata con
sangue, che provocò la morte e la
deportazione di oltre 150.000 tibetani. A
questi eventi seguirono, nell’ordine, la fuga del Dalai Lama e del governo
tibetano in India, e la rivoluzione culturale del 1966 – 1976 che, in soli 10
anni, distrusse la maggior parte delle opere storiche, culturali ed artistiche del
Tibet cercando di rimpiazzarle con la storia, la cultura e l’arte cinese. Da
allora la situazione è quella attuale e, nonostante gli sforzi del governo
tibetano in esilio per rendere nota, all’opinione pubblica nonché alle
istituzioni sovranazionali, la situazione, nulla o poco è stato fatto per definire
i confini.
3. CONSEGUENZE
Non potendo far accettare alla popolazione il ritorno forzato alla
"madre patria", le forze d'occupazione commisero numerosi e orribili atti di
barbarie.
Gli ultimi anni sono stati segnati da continue offese al popolo tibetano e alla
sua cultura. Si stima che circa 2 milioni di tibetani siano morti tra il 1950 e il
1980, in conseguenza dell'occupazione cinese. Nel corso della famigerata
"rivoluzione culturale" (1966-1976), seimila templi, cioè la quasi totalità dei
luoghi di culto e una miriade di tesori artistici sono stati distrutti.
E la tragedia tibetana continua:
Migliaia di tibetani sono in carcere per reati di opinione
Lingua, religione (della quale il regime vorrebbe cancellare
l'influenza), storia, cultura sono negate
Le donne subiscono un odioso controllo delle nascite fatto di
sterilizzazioni forzate e aborti sino agli ultimi mesi
L'ambiente già saccheggiato è in pericolo: la deforestazione
provoca inondazioni sempre più frequenti e sempre più
devastanti, si estinguono numerose specie animali, lo
sfruttamento dei terreni provoca la desertificazione di vaste aree
Malgrado il muro di silenzio eretto dalla Cina, sappiamo che in
Tibet esistono molti siti di stoccaggio e di lancio di armi nucleari
La situazione economica è catastrofica: il livello di vita è tra i più
bassi del mondo, tanto che ai coloni e ai soldati cinesi viene dato
uno status privilegiato e grossi incentivi economici
Il trasferimento massiccio e initerrotto di coloni cinesi riduce i
tibetani a essere sempre più minoranza nel proprio paese.
(da http://digilander.libero.it/rdirittiumanitibet/tibet.htm)
Molte le manifestazioni di protesta, nel passato e oggi: molti i monaci
che si sono dati fuoco. Simili atti drammatici, purtroppo, sono ormai in
4. continua espansione e, infatti, soltanto nel
2011 sarebbero ben 5 i monaci morti a
seguito del gesto simbolico di darsi fuoco,
mentre altri 5 sarebbero stati salvati in
extremis.
Inoltre “la presenza coloniale della Cina in Tibet sta provocando un
disastro ecologico: la politica di sfruttamento del territorio che ha portato lo
sconvolgimento ecologico di vaste aree del Paese delle Nevi distruggendo il
patrimonio naturale. Numerosi testimoni oculari hanno detto che i grandi
branchi di antilopi, gazzelle, asini selvatici, yak e pecore allo stato brado che
esistevano prima della "liberazione" del Tibet, sono scomparsi. Nonostante
questo ai turisti occidentali disposti a pagare somme considerevoli è
permesso di cacciare. Le autorità di occupazione cinesi hanno messo in
opera, dagli anni cinquanta a oggi, un progetto di capillare deforestazione del
manto boschivo che ricopriva intere zone del Tibet. Ovviamente i "frutti" di
questa dissennata politica di deforestazione vengono goduti solo da Pechino,
e nulla rimane ai tibetani.” (da digilander)