1. Il controllo dei movimenti
transfrontalieri di rifiuti
pericolosi e il loro
smaltimento secondo il diritto
internazionale ed europeo
2. Il problema della produzione e del
trasporto dei rifiuti pericolosi, con il quale
si confrontano i Governi di numerosi Stati,
ha assunto nel tempo delle proporzioni
preoccupanti. Almeno il 10% è stato
trasportato attraverso le frontiere. In
genere i carichi partono dai paesi
industrializzati del nord del mondo per
raggiungere i paesi in via di sviluppo e
dell’Europa dell’Est ed i paesi
sottosviluppati dell’Africa e dell’Asia
3. • La Convenzione di Basilea dopo quindici anni
dalla sua entrata in vigore (1989) è fino ai
nostri giorni generalmente riconosciuta come
la chiave di volta del cosiddetto regime di
Basilea, che regolamenta i movimenti
transfrontalieri e la gestione ecologicamente
compatibile dei rifiuti pericolosi e di altre
sostanze nocive per la salute umana e per
l’ambiente.
4. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Con l’avvento della produzione di
massa, sia nell’industria che
nell’agricoltura, l’accumulo dei rifiuti ha
cominciato a costituire un problema via
via acutizzatosi fino ad arrivare ai giorni
nostri, per il fatto che l’attuale sistema
economico è basato sull’obsolescenza e
sulla cultura del throw-away
(letteralmente del buttare via).
5. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Le normative vigenti fino a qualche
anno fa non consideravano il rifiuto
come un materiale da riutilizzare o
riciclare nei limiti del possibile.
• Queste piuttosto applicavano al rifiuto la
nozione di res delicta, ossia di oggetto
abbandonato.
6. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• 1) Vi è la base della generazione dei rifiuti
nello Stato di origine come sottoprodotti
dell’attività industriale.
• 2) Segue la fase del trasporto verso o
attraverso uno o più Stati o a livello globale. È
possibile un trattamento e/o un temporaneo
stoccaggio in qualche punto durante lo stesso
viaggio.
• 3) A conclusione vi è la fase del trattamento
e/o dello smaltimento nel luogo della
destinazione finale, ossia nel Paese che
accoglie il carico
7. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Un ulteriore aspetto del problema è costituito
dal fatto che manca una definizione esatta ed
universalmente accettata di rifiuto pericoloso,
il primo passo verso una reale comprensione
ed un efficace controllo di questo problema.
L’elaborazione di una definizione utile, tentata
da vari organismi internazionali, come
l’Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico (OECD), l’Unione
Europea (UE), il programma delle NU per
l’ambiente (UNEP), è resa difficile a vari
elementi, tra cui l’esistenza di differenti regimi
relativi ai vari tipi di rifiuti.
8. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Ad esempio, dei rifiuti radioattivi si
occupa l’Agenzia Internazionale per
l’Energia Atomica (IAEA), mentre dei
rifiuti esportati per l’eliminazione tramite
scarico o incenerimento in mare si
occupa la Convenzione di Londra del
1972.
9. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Il ciclo dei rifiuti pericolosi costituisce quindi
un problema multisettoriale che richiede
norme specifiche per la protezione di ogni
sfera dell’ambiente ad ogni stadio del ciclo
stesso. È evidente che l’insieme delle attività
collegate al ciclo dei rifiuti possono costituire
una forma di inquinamento transfrontaliero:
generalmente questo viene definito come
l’inquinamento originato in un’area sotto
giurisdizione di uno Stato che interessa anche
altri Stati o l’intero pianeta
10. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• L’inquinamento transfrontaliero è stato
disciplinato da una serie di norme di
diritto internazionale, sia pattizie che
generali, da più tempo rispetto al
problema del movimento
transfrontaliero di rifiuti pericolosi. Tali
norme sarebbero potenzialmente
applicabili anche al ciclo dei rifiuti
pericolosi
11. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Nel caso del ciclo dei rifiuti pericolosi, le
attività che costituiscono la fonte
d’inquinamento hanno luogo al di fuori del
territorio dello Stato che li genera, spesso a
distanze notevoli. I rifiuti possono essere
trasportati nel territorio di un altro Stato, ed
in tal caso saranno sottoposti al suo controllo,
oppure possono essere trasportati in aree
fuori dalla giurisdizione dello Stato. Così, la
fonte d’inquinamento viene collocata in un
territorio diverso da quello di origine
12. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• I metodi a bassi costi, come la discarica,
l’accumulo in superfici recintate, l’iniezione dei
rifiuti in profondità, sono ora preclusi,
restringendo la capacità di smaltimento delle
aziende incaricate. Per esempio il
trattamento dei rifiuti pericolosi negli USA può
costare più di 3,000 dollari per tonnellata,
quando lo smaltimento in un Paese africano
può essere contrattato anche a meno di 2,50
dollari per tonnellata.
13. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Altrettanto grave è la denuncia di progetti di alcune
multinazionali che intendono stabilire direttamente
nei paesi meno industrializzati discariche, aziende di
incenerimento ma anche impianti che generano rifiuti
pericolosi. In questo modo si aggirano le regole sul
trasporto di rifiuti pericolosi, con le aziende
occidentali che minimizzano i rischi e massimizzano
gli utili. Emblematica è la sciagura accaduta di
Bhopal, in India, dove nel 1984 il guasto ad un
impianto di un’azienda chimica indiana ma posseduta
da una compagnia americana, ha provocato la
fuoriuscita di un gas che ha coinvolto più di 200,000
persone causandone l’intossicazione ed in molti casi
la morte.
14. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Le proposte per risolvere il problema del trasporto e
smaltimento rifiuti pericolosi sono raggruppabili
fondamentalmente in due categorie: da una parte vi
sono quelle sostenute dai paesi sviluppati appoggiati
dalle ONG ecologiste e da parte dell’opinione pubblica
internazionale che propendono per una messa al
bando totale dei movimenti transfrontalieri di rifiuti
pericolosi. Dall’altra parte si pongono le proposte di
tutti quei paesi che hanno sostenuto l’attuale regime
di regolamentazione del settore instaurato dalla
Convenzione di Basilea del 1989 che, in pratica,
reputano impossibile allo stato attuale bloccare tutti
traffici di rifiuti pericolosi, ma sono favorevoli ad un
loro stretto controllo
15. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Nonostante le precise richieste degli Stati
africani, non furono introdotte le
necessarie modifiche al regime globale che
la Convenzione avrebbe fondato. Infatti i
paesi africani non vedevano in essa una
soluzione globale del problema e per
questo, determinati a porre fine al
cosiddetto «garbage imperialism»,
siglarono nel 1991 la Convenzione di
Bamako
16. IL PROBLEMA DELLO SMALTIMENTO
TRANSFRONTALIERO
• Nel 1989 è scoppiato lo scandalo che
coinvolse la CE la cui legislazione
permetteva il traffico di metalli non
ferrosi da riciclare, che invece
risultavano essere altamente
contaminanti dopo i riscontri in Brasile
dove erano stati trasportati
illegalmente.
17. CONSENSO PRIORITARIO
• Perciò si è sostenuto che gli strumenti
giuridici ed i meccanismi di controllo
proposti dalla Convenzione di Basilea,
supportati dagli Stati membri dell’OECD
e dalla CE non siano efficaci. La
cosiddetta: «PIC Procedure», cioè il
regime di notificazione e consenso
prioritario
18. CONSENSO PRIORITARIO
• Introdotto dalla Convenzione non risolve i
problemi politici, ecologici e sociali creati dal
traffico di rifiuti. Secondo alcune richieste,
infatti, esistono vari paesi caraibici che hanno
deciso di costruire inceneritori per rifiuti
tossici per produrre energia elettrica o di
usare le ceneri di scarto per costruire strade
(con i loro metalli pesanti e la diossina)
19. CONSENSO PRIORITARIO
• La soluzione prospettata dalle potenze
economiche (cioè i paesi membri dell’OECD e
l’allora CEE) che hanno sostenuto dall’inizio il
regime nato a Basilea, si basa invece su
argomentazioni essenzialmente di opportunità
economica e politica. Innanzitutto, si afferma che
un divieto totale dei movimenti di rifiuti non può
essere proposto in quanto alcuni paesi devono
esportare i loro rifiuti pericolosi perché hanno
una limitata capacità di gestione e smaltimento
oppure, con l’Olanda, hanno una speciale
condizione idrogeologica.
20. CONSENSO PRIORITARIO
• Si deve incoraggiare in particolar modo
l’esportazione di rifiuti a livello regionale:
infatti, alcuni paesi con piccole quantità di
rifiuti pericolosi trovano più economico
esportarli in quanto possono beneficiare delle
economie di scala, magari creando
stabilimenti comuni per lo smaltimento
piuttosto che effettuare tali operazioni
separatamente
21. CONSENSO PRIORITARIO
• I rifiuti pericolosi con un valore
economico, per esempio i metalli
pesanti, sono trattati come beni
commerciabili internazionalmente e
sono esportati per essere sottoposti a
operazioni di reintegro di risorse,
riciclaggio, recupero, riuso, uso
alternativo.
22. CONSENSO PRIORITARIO
• Tuttavia non sempre il riciclaggio viene svolto
secondo criteri ambientali accettabili inoltre
norme meno stringenti applicate
all’esportazione di rifiuti da riciclare possono
non solo disincentivare la promozione della
loro riduzione quantitativa nel Paese di
origine ma anche incoraggiare, per esempio,
false etichettature per far passare operazioni
di smaltimento proibite come semplici
operazioni di riciclaggio.
23. CONSENSO PRIORITARIO
• Dopo l’approvazione, nel giugno del
1987, delle linee-guida del Cairo, il
Consiglio dei governatori dell’UNEP dà
mandato al direttore esecutivo di
convocare un gruppo di lavoro con il
compito di elaborare una Convenzione
globale sul controllo dei movimenti
transfrontalieri di rifiuti pericolosi.
24. CONSENSO PRIORITARIO
• I rappresentanti di 116 Stati hanno esaminato
il progetto finale della Convenzione di Basilea
presentata dal gruppo di lavoro, adottato
all’unanimità dalla Conferenza il 22 marzo
(mentre 105 stati e l’UE firmano l’Atto finale)
[25]. La Convenzione è entrata in vigore il 5
maggio del 1992 con il deposito del 20°
strumento di ratifica (secondo l’art. 25)[26].
25. CONSENSO PRIORITARIO
• Sono rimaste comunque aperte molte
questioni dopo l’approvazione definitiva
della Convenzione. Il potere negoziale
delle grandi potenze aveva inizialmente
evitato di introdurre disposizioni
eccessivamente restrittive al traffico dei
rifiuti pericolosi.
26. CONSENSO PRIORITARIO
• Alla quarta Conferenza delle parti del
1998 è stata decisa l’inclusione nella
Convenzione di due annessi elaborati
dal gruppo di lavoro tecnico costituiti
dalla lista A, che elenca i rifiuti inclusi
nella messa al bando delle esportazioni,
e la lista B, con quelli non inclusi
27. CONSENSO PRIORITARIO
• Sono stati istituiti nel mondo dei centri
regionali e sub-regionali grazie ai contributi
volontari di alcuni paesi. I più avanzati sono
quelli di Bratislava nella Repubblica Ceca per
servire la zona centro-orientale dell’Europa,
quello di Mosca per gli Stati della CSI, in Cina
per la zona asiatica e pacifica, in Uruguay per
le regioni caraibiche e dell’America Latina.
Sono inoltre presenti dei centri in Argentina,
Egitto, El Salvador, India, Indonesia, Nigeria ,
ecc.
28. ART. 11 DELLA
CONVENZIONE
• L’art. 2, par. 1 definisce i rifiuti come
sostanze o oggetti che sono stati
smaltiti o che si intende smaltire o che
devono essere smaltiti secondo le
prescrizioni delle leggi nazionali.
29. ART. 11 DELLA
CONVENZIONE
• Il par. 4 invece definisce la nozione di
smaltimento rimandando all’annesso IV A nel
quale si elencano le operazioni di smaltimento
coperte dalla Convenzione (come il deposito
in/sulla terra, incenerimento sulla terra e in
mare, rilascio in mare comprese le iniezioni in
profondità (…)), ma si includono anche le
operazioni di recupero, riciclaggio e di uso
alternativo elencate nell’annesso IV B.
30. ART. 11 DELLA
CONVENZIONE
• I rifiuti considerati nell’ambito della
Convenzione, secondo l’art. 1 è necessario
che siano definiti pericolosi. Sono definiti tali
se appartengono ad una categoria contenuta
nell’annesso I, a meno che non possiedono
una delle caratteristiche contenute
nell’annesso III (art. 1, par. 1, lett. a), inoltre
possono essere definiti pericolosi dalla
legislazione nazionale di uno o più paesi
coinvolti nel movimento transfrontaliero in
questione (art. 1, par. 1, lett. b).
31. ART. 11 DELLA
CONVENZIONE
• A tal proposito l’art. 3 prevede che ogni
Stato, entro sei mesi dalla ratifica della
Convenzione, dovrebbe informare le
altre parti sui rifiuti definiti pericolosi
dalla propria legislazione.
32. ART. 11 DELLA
CONVENZIONE
• L’annesso II, inoltre, contiene una lista di altri rifiuti
(rifiuti domestici e residui derivanti dal loro
incenerimento) non definiti pericolosi ma che
rientrano nell’ambito della Convenzione (art. 1, par.
2). È indispensabile infine che i rifiuti suddetti siano
oggetti ad un movimento transfrontaliero (art. 1, par.
1)[31], che secondo la definizione dell’art. 2, par. 3,
consiste nel movimento dall’area di giurisdizione di
uno Stato verso o attraverso quella di un altro,
oppure verso o attraverso un’area che non sia sotto
la giurisdizione di alcuno Stato, posto che almeno
due Paesi siano coinvolti nella transazione.
33. Esclusioni
• Sono esclusi dalla portata della
Convenzione due categorie di rifiuti: a) i
rifiuti radioattivi che, secondo l’art. 1,
par. 2, sono soggetti ad altri sistemi di
controllo internazionale, includendo gli
strumenti internazionali, con riferimento
specificamente ai materiali radioattivi.
34. Esclusione
• b) i rifiuti che derivano dalle normali
operazioni di una nave, il cui scarico è
coperto da un altro strumento
internazionale (art. 1, par. 4).
35. Esclusione
• Per definire la portata territoriale della
Convenzione si fa riferimento all’art. 2,
par. 9 nel quale il territorio è inteso
come l’area sotto la giurisdizione di uno
Stato, cioè terra, superficie marina o
spazio aereo su cui uno Stato esercita la
propria sovranità.
36. Esclusione
• La Convenzione contempla per lo più
degli obblighi di risultato. Nell’ambito di
un quadro generale, infatti, sono
indicati degli obiettivi da raggiungere,
ma la natura e la portata delle misure
da intraprendere è lasciata alla libera
valutazione di ogni Stato.
37. PRINCIPI
• Tra i principi fondanti della
Convenzione, ricordiamo, innanzitutto, il
principio della minimizzazione della
generazione e del movimento
transfrontaliero dei rifiuti pericolosi.
38. PRINCIPI
• Le parti devono adottare le misure
appropriate per assicurare la riduzione
della generazione di rifiuti pericolosi,
tenendo però nel giusto conto i possibili
aspetti sociologici, tecnologici ed
economici (art. 4, par. 2, lett. a).
39. PRINCIPI
• È previsto inoltre che ogni Stato parte
deve cercare di assicurare la
disponibilità di stabilimenti di
smaltimento collocati sul proprio
territorio (art. 4, par. 2, lett. b).
40. PRINCIPI
• Le persone coinvolte nella gestione dei
rifiuti pericolosi devono adottare le
misure idonee a prevenire ogni forma di
inquinamento ad essa collegata. Nel
caso che si verifichi un evento
inquinante devono tentare di
minimizzare i danni alla salute umana e
all’ambiente (art. 4, par. 2, lett. c).
41. PRINCIPI
• I movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi
e di altri rifiuti devono essere ridotti (art. 4,
par. 2, lett. d). Questi sono permessi solo nel
caso in cui il Paese di esportazione non abbia
capacità tecniche e stabilimenti per smaltirli in
maniera efficiente ed eco-compatibile, oppure
se tali rifiuti sono richiesti come materiale
pesante dalle industrie dello stato di
importazione che svolgono le operazioni di
riciclaggio
42. PRINCIPI
• L’art. 4, par. 13 introdotto per
puntualizzare le concessioni fatte dal
par. 9, perde parte del suo significato:
obbliga le parti a rivedere
periodicamente la possibilità di ridurre
la quantità e/o il potenziale dannoso dei
rifiuti pericolosi che sono esportati,
specialmente verso i PVS.
43. PRINCIPI
• Di notevole importanza è anche il
principio della gestione eco-compatibile
dei rifiuti pericolosi. Ogni Stato parte
deve esigere che i rifiuti pericolosi
soggetti al movimento transfrontaliero
siano gestiti in maniera eco-compatibile
nel Paese di importazione o dovunque si
trovino (art. 4, par. 8).
44. PRINCIPI
• Devono essere convenientemente
rispettati gli stessi standards di gestione
e applicate le stesse norme sia che i
rifiuti pericolosi abbiano lasciato lo Stato
di generazione, sia che vengano smaltiti
all’interno dello Stato stesso (il
cosiddetto principio di non
discriminazione).
45. PRINCIPI
• Alcune aziende hanno dimostrato che i
metodi di produzione pulita che eliminano o
riducono le emissioni di materiale pericoloso
sono ecologicamente ma anche
economicamente più convenienti. La divisione
sulla tecnologia, industria e scienze
economiche dell’UNEP lavora per identificare
e diffondere le «pratiche migliori».
46. PRINCIPI
• Risulta invece più grave la mancanza di una
definizione, se non generica, della nozione di
gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi.
Solo rifacendosi agli obiettivi principali della
Convenzione e all’art. 2, par. 8 si può
individuare in essa la priorità di uno
svolgimento delle operazioni che tenga conto
della protezione della salute umana e del
rispetto dell’ambiente.
47. PRINCIPI
• Le Parti devono inoltre stabilire un proprio
sistema autorizzato per controllare le persone
che svolgono operazioni di trasporto o
smaltimento di rifiuti pericolosi (art. 4, par. 7,
lett. a). Come stabilito dall’art. 4, par. 9, lett. c,
poi ripreso dall’art. 6, par. 9, ogni trasporto di
rifiuti pericolosi deve essere accompagnato, dal
punto di partenza fino alla conclusione nel luogo
di smaltimento, da un documento di movimento
che deve contenere le informazioni specificate
nell’annesso V B ed essere firmato da ogni
persona che sorveglia il carico.
48. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• The PIC procedure (Previo consenso
informato) è disciplinato agli articoli 6 e
7 dall’annesso V A in modo da definire
la posizione, i diritti e gli obblighi dello
Stato di esportazione, di importazione e
di transito.
49. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Lo Stato di esportazione (art. 6, par. 1)
ha l’obbligo di notificare ai probabili
paesi di importazione e di transito del
programmato movimento
transfrontaliero di rifiuti pericolosi per il
tramite della competente autorità
responsabile della gestione della PIC
procedure.
50. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Secondo l’art. 6, par. 6 lo Stato esportatore
potrebbe, con il consenso scritto dei paesi
interessati, permettere al generatore o
all’esportatore l’uso di una notificazione
generale per carichi di rifiuti che abbiano le
stesse caratteristiche fisiche e chimiche e lo
stesso itinerario di trasporto attraverso i
medesimi uffici clienti negli stati di uscita, di
transito, di entrata dei rifiuti.
51. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• La notificazione generale e il consenso
scritto possono coprire molteplici carichi
di rifiuti pericolosi, ma per un periodo
massimo di 12 mesi (art. 6, par. 8).
52. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Lo stato di importazione: «deve rispondere
alla notificazione per iscritto, consentendo al
movimento con o senza condizioni, rifiutando
il permesso al movimento, o richiedendo
informazioni aggiuntive. Una copia del
responso finale del Paese di importazione
dovrebbe essere inviata alle autorità
competenti degli Stati coinvolti che sono
parti» (art. 6, par. 2).
53. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Il Paese di importazione deve anche
dare conferma dell’esistenza di un
contratto tra l’esportatore e lo
smaltitore, specificando a quale tipo di
gestione eco-compatibile saranno
sottoposti i rifiuti in questione (art. 6,
par. 3, lett. b).
54. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• L’art. 6, par. 3, riprendendo quanto affermato
nell’art. 4, par. 1, lett. c, stabilisce che lo
Stato di esportazione non può consentire che
il movimento comincia fino a quando non
riceve il consenso scritto del Paese di
importazione, insieme alla conferma
dell’esistenza del contratto. Lo smaltitore,
appena ricevuto il carico di rifiuti pericolosi e
in seguito al completamento delle operazioni
di smaltimento, deve informare l’autorità
competente dei paesi di esportazione e
l’esportatore (art. 6, par. 9).
55. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Per quanto riguarda il Paese di transito
deve conseguentemente rispondere alla
notificazione per iscritto, entro 60
giorni, consentendo il movimento con o
senza condizioni, rifiutando il permesso,
oppure richiedendo ulteriori
informazioni.
56. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Lo Stato di esportazione non deve comunque
permettere che il movimento transfrontaliero
abbia inizio fino a quando non abbia ricevuto
il consenso del Paese di transito (art. 6, par.
4). Allo stato di transito che sia parte è
consentito, in qualsiasi momento, di
rinunciare alla richiesta del previo consenso
scritto, in modo assoluto o sotto specifiche
condizioni, oppure modificare le condizioni
richieste in questo ambito.
57. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Quindi se una parte ha formalizzato la
sua rinuncia, lo Stato di esportazione
può consentire che il movimento
proceda attraverso il Paese di transito
se non ha ricevuto risposta entro 60
giorni dopo il ricevimento della
notificazione da parte di quest’ultimo
(art. 6, par. 4).
58. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• Nel caso in cui non tutte le legislazioni
nazionali dei paesi coinvolti nel
movimento di rifiuti concordino nel
definirli pericolosi (come previsto
dall’art. 1, par. 1, lett. b) la
Convenzione prevede delle modifiche
alla PIC procedure.
59. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• In questi casi, ad ogni Stato (di esportazione,
di transito o di importazione) che considera i
rifiuti in questione pericolosi si riconoscono
diritti e doveri pertinenti alla loro posizione
nella transazione, sempre che agli altri paesi
sconvolti non definiscano pericolosi tali rifiuti
(art. 6, par. 5, lett. a-b-c). Ai movimenti
transfrontalieri proveniente da un Paese parte
attraverso uno Stato di transito non parte si
applica mutatis mutandis il par. 1, dell’art. 6
della Convenzione (art. 7). In pratica si
rimanda alle regole sulla notificazione
60. IL PREVIO CONSENSO
INFORMATO
• La Convenzione tuttavia è lacunosa nel
definire la posizione di quest’ultimo rispetto
alla transazione. Se ci rifacciamo agli obiettivi
fondamentali perseguiti dal sistema di Basilea
possiamo affermare che i movimenti
transfrontalieri di cui all’art. 7 devono
avvenire sostenendo standards ambientali
non più bassi di quelli applicati dalle norme
della Convenzione.
61. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• La Convenzione di Basilea rappresenta
attualmente la base su cui costruire un
regime globale. Gli altri sistemi
esistenti, che affrontano particolari
aspetti del ciclo dei rifiuti pericolosi,
sono invece utili come completamento e
rafforzamento della Convenzione stessa.
62. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• L’art. 11 della Convenzione di Basilea,
intitolato «accordi bilaterali, multilaterali e
regionali», nel primo paragrafo stabilisce:
«Nonostante le previsioni dell’art. 4, par. 5
[36], le parti possono entrare in accordi o
intese bilaterali, multilaterali o regionali
riguardanti il movimento transfrontaliero di
rifiuti pericolosi o di altri rifiuti con parti o non
parti purchè questi accordi o intese non
deroghino dalla gestione eco-compatibile
63. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• Altrettanto problematica è stata la scelta di
contemplare nell’articolo due tipi di strumenti
giuridici che nel testo in inglese sono definiti
rispettivamente agreement e arrangement. Il
primo termine, che in italiano indica l’accordo,
si riferisce evidentemente sia ai trattati che
alle convenzioni conclusi tra due o più Stati
[37], mentre il secondo termine fa riferimento
a strumenti che in italiano potremmo definire
intese.
64. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• Nell’art. 11 è chiaro che gli accordi o le
intese a livello bilaterale multilaterale o
regionale diventano rilevanti nel suo
ambito solo se si occupano
specificamente del trasporto
transfrontaliero e della gestione dei
rifiuti pericolosi come definiti dalla
Convenzione di Basilea.
65. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• Come si vede il risultato finale è stato
quindi deludente, per quanto riguarda
l’art. 11 della Convenzione. Se si
considera che i termini usati nell’art. 11
sono così vaghi da non dare una
soluzione al problema sollevato.
66. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• In particolare ci si è chiesti in che modo
(in termini qualitativi e quantitativi) si
deve manifestare la conformità alla
Convenzione degli strumenti giuridici
previsti da tale disposizione.
67. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• Dalla lettura dell’art. 11 rileva invece
l’esigenza di conformità soltanto con le
disposizioni convenzionali relative alla
gestione eco-compatibile dei rifiuti pericolosi.
Come abbiamo già avuto modo di constatare
lo stesso art. 2, par. 8 della Convenzione di
Basilea non riesce a dare una definizione
soddisfacente dell’espressione gestione eco-
compatibile di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti.
68. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• Dobbiamo anche rendere conto che gli
accordi in oggetto devono inoltre
incorporare il principio della
minimizzazione della generazione dei
rifiuti pericolosi promovendo tecniche di
produzione a bassa o nulla generazione
di rifiuti.
69. L’ART 11 DELLA
CONVENZIONE DI BASILEA
• A questo è poi collegato il principio della
prossimità, che impone lo smaltimento
quanto più vicino possibile alla sorgente di
generazione dei rifiuti. Ferma restando la
prospettiva di una completa eliminazione dei
movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi,
questi devono comunque svolgersi nell’ambito
di un sistema di controllo e di informazione
che coinvolge tutti gli Stati interessati dal
movimento e le rispettive autorità preposte.
70. IL SISTEMA DI GESTIONE DEI
RIFIUTI PERICOLOSI
DELL’UNIONE EUROPEA
• Nello specifico settore che prendiamo in
considerazione le istituzioni europee
hanno approvato una serie di atti
normativi che hanno indubbiamente
influenzato il lavoro di elaborazione
della successiva Convenzione di Basilea.
71. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• L’ultimo aggiornamento in ordine di
tempo ha riguardato il regolamento del
consiglio sulle spedizioni transfrontaliere
di rifiuti pericolosi del 1993.
72. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Recentemente, inoltre, con la decisione n.
532 del 3 maggio 2000, che sostituisce la
decisione n.94/3 e la decisione n.94/904 e le
decisioni n. 118 del 16 gennaio 2001 e n. 119
del 22 gennaio del 2001, la commissione ha
modificato l’elenco dei rifiuti istituito dalla
decisione n. 2000/532[49], introducendo
l’elenco unico dei rifiuti, che sostituisce il
catalogo europeo dei rifiuti-CER e l’Elenco dei
rifiuti pericolosi.
73. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Nei nostri giorni il sistema di
regolamentazione dell’UE in materia è
considerato uno dei più avanzati del
mondo in quanto sviluppa ulteriormente
i principi stabiliti dalla Convenzione di
Basilea.
74. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• L’unica differenza sostanziale introdotta
in ambito europeo, frutto di una
differente impostazione politica
nell’affrontare il problema dei rifiuti
pericolosi rispetto a quanto stabilito dal
sistema di Basilea, riguarda la diversa
considerazione accordata ai rifiuti
destinati al recupero ed al riciclaggio.
75. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Per questo motivo l’UE ha sostenuto,
anche durante i lavori preparatori della
Convenzione di Basilea, la necessità di
introdurre dei regimi di
regolamentazione differenti per
incoraggiare il riciclaggio e il recupero
dei rifiuti, compresi quelli pericolosi.
76. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Questa linea però, non è stata seguita
nell’ambito della Convenzione globale,
anche a causa delle pressioni esercitate
dai paesi in via di sviluppo e dalle
organizzazioni ambientaliste che
vedevano queste disposizioni come
possibili scappatoie rispetto al regime di
controllo predisposto dalla Convenzione
77. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Per definire lo status dell’UE nel
contesto della Convenzione di Basilea
innanzitutto rifarsi all’art. 21 della stessa
che prevede la possibilità per le
organizzazioni di integrazione politica e/
o economica di firmare la Convenzione.
78. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• È condivisibile, quindi, la posizione che
definisce la speciale legislazione dell’UE in
materia come una intesa regionale che rientra
nelle previsioni dell’art. 11. Infatti il termine
«intesa» dovrebbe riferirsi ad uno strumento
giuridico che impone degli obblighi sugli Stati
parte: questo non può essere paragonato
all’accordo ma si colloca in una posizione
superiore rispetto alle legislazioni nazionali
degli Stati membri dell’UE.
79. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Lo stesso art. 11 precisa che gli accordi e le
intese bilaterali, multilaterali o regionali hanno
la precedenza sulla Convenzione di Basilea se
sono conformi alla gestione eco-compatibile
dei rifiuti pericolosi prevista dalla
Convenzione. Implicitamente quindi si
accorda sia all’una che all’altra categoria di
strumenti giuridici previsti, senza distinzione,
la qualità di strumento che pone degli
obblighi agli Stati parte.
80. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Nel settore in questione, il Consiglio
dell’OECD ha adottato una serie di
decisioni e raccomandazioni, ma anche
atti in forma mista che si definiscono
decisioni/raccomandazioni. Le prime
sono obbligatorie nei confronti degli
Stati membri, mentre le seconde non
sono vincolante in quanto forniscono
soltanto delle linee guida
81. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Tale atto prevede l’obbligo per gli Stati
parte di controllare i movimenti
transfrontalieri di rifiuti pericolosi.
Introduce il principio del preventivo
scambio di informazioni tra i paesi
esportatori e quelli importatori, ma si è
ancora lontani dalla procedura di
consenso informato come definita dalla
successiva Convenzione di Basilea.
82. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• La decisione/raccomandazione adottata
l’anno successivo dal Consiglio
dell’OECD estende il regime della previa
notificazione degli Stati che importano
anche ai carichi di rifiuti esportati agli
Stati OECD verso quelli terzi.
83. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Viene inoltre definita la posizione del
Paese di transito: la previa
notificazione, nei casi di traffici
all’interno dell’area OECD, si applica a
quei movimenti che avvengono sia
attraverso il territorio che attraverso le
aree marittime sotto giurisdizione dello
Stato di transito.
84. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• La linea politica dopo l’adozione della
Convenzione di Basilea nel 1989 ha cambiato
le sue coordinate. Da una parte il Consiglio
dell’OECD adotta due risoluzioni nelle quali
chiede ai suoi Stati membri di applicare le
disposizioni della Convenzione, dall’altra
sembra proporre una diversa soluzione
riguardo al problema dei rifiuti pericolosi
riciclabili rispetto a quella prospettata dalla
Convenzione di Basilea.
85. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Con la decisione del Consiglio dell’OECD del
1991 si differenzia la disciplina dei rifiuti
destinati allo smaltimento finale, per i quali è
previsto il principio della autosufficienza a
livello nazionale, da quelli che devono essere
sottoposti alle operazioni di riciclaggio o di
recupero, per i quali la decisione prevede un
controllo dei loro movimenti transfrontalieri
nel quadro della Convenzione di Basilea
laddove assicura la promozione del recupero
delle risorse e dei materiali.
86. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Nel 1992 il consiglio dell’OECD adotta
una decisione che incorpora i lavori del
comitato per l’ambiente dell’OECD che
aveva il compito di vigilare
sull’armonizzazione delle liti dei rifiuti
pericolosi degli Stati membri.
87. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• La decisione ha creato un vasto sistema
di controllo sui movimenti dei rifiuti
destinati al recupero nell’area OECD.
88. IL SISTEMA DI GESTIONE
DELL’UNIONE EUROPEA
• Perché la decisione del 1992 possa
considerarsi una intesa regionale
nell’ambito della Convenzione di Basilea
è necessario innanzitutto che uno o più
Stati membri dell’OECD siano anche
Stati parte della Convenzione.
89. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• La regolamentazione globale e
regionale ponga maggiore enfasi sulle
misure preventive e in un numero
crescente di casi, anche sulle misure
precauzionali, un adeguato regime sulla
responsabilità e l’indennizzo per danni
causato dal trasporto transfrontaliero di
rifiuti pericolosi deve promuovere
simultaneamente più obiettivi
90. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Il primo obiettivo da perseguire
dovrebbe riguardare il rispetto degli
obblighi previsti dall’emergente regime
globale di gestione dei rifiuti pericolosi.
È convinzione comune ormai che, nel
contesto dal danno ambientale, la
prevenzione è solitamente più efficace e
meno costosa degli atti di riparazione.
91. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Nel caso di un incidente causato durante il trasporto
transfrontaliero e la gestione di rifiuti pericolosi si
applica, inoltre, il principio “chi inquina paga”. I costi
per la minimizzazione del danno, le misure di
emergenza e di pronto intervento, i costi per il
recupero delle zone dell’ambiente naturale
danneggiate e il risarcimento per le eventuali persone
che hanno subito delle ripercussioni economiche
dirette dall’incidente devono essere sostenuti dalla
persona o da più persone che controlla direttamente
l’attività pericolosa e che da questa ne deriva dei
benefici economici.
92. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Il Segretariato della Convenzione di
Basilea non ha sostanzialmente nessun
potere di controllo sull’applicazione del
Protocollo da parte degli Stati
contraenti.
93. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Rientrano nelle previsioni del Protocollo i
movimenti di rifiuti destinati ad una delle
operazioni specificate nell’annesso IV alla
Convenzione di Basilea diverse da quelle
indicate nei punti D13, d14, D15, R12, R13
dello stesso, fino al momento in cui sia
avvenuta la notificazione del completamento
dello smaltimento, in accordo all’art. 6, par. 9
della Convenzione, oppure laddove questa
notificazione non sia stata fatta, fino al
momento del completamento dello
smaltimento.
94. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• . Le disposizioni del Protocollo si
applicano comunque solo ai danni
arrecati in un’area sotto la giurisdizione
nazionale di una Parte contraente
derivanti da incidenti che rientrino nelle
previsioni dell’art. 3, par. 1 (art. 3, par.
3).
95. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Esistono tuttavia delle eccezioni di applicabilità del
Protocollo. Innanzitutto, l’estensione temporale delle
sue disposizioni materiali comprende solo i danni
derivanti a movimenti transfrontalieri di rifiuti
pericolosi che siano cominciati dopo la data di entrata
in vigore del Protocollo per la parte contraente
interessata (art. 3, par. 6, lett. A). Soltanto lo Stato
di importazione, ma non lo Stato di esportazione, sia
parte contraente, il Protocollo si applicherà solo
rispetto al danno derivante da un incidente che abbia
avuto luogo successivamente al momento in cui lo
smaltitore abbia preso possesso dei rifiuti pericolosi
96. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Il Protocollo si applicherà solo rispetto al
danno derivante da un incidente che abbia
luogo precedentemente al momento in cui lo
smaltitore prenda possesso dei rifiuti
pericolosi (art. 3, par. 3, lett. b). In questi
due casi, quindi, il ciclo dei rifiuti pericolosi
ricade solo in parte nella disciplina del
Protocollo, così come in quella della stessa
Convenzione di Basilea.
97. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• È evidente la scelta dei redattori del
Protocollo di servirsi degli strumenti
della responsabilità oggettiva (strict
liability) (art. 4) e della responsabilità
per colpa (art. 5), che canalizza la
responsabilità su soggetti diversi con lo
svolgersi delle fasi del ciclo di trasporto
transfrontaliero e dello smaltimento dei
rifiuti pericolosi
98. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Una persona può essere responsabile anche
per un danno causato o al quale ha
contribuito la sua mancata conformità alle
disposizioni della Convenzione, le sue cattive
intenzioni, gli atti di negligenza e le omissioni.
Il par. 5, infine, stabilisce che sulla persona
coinvolta non ricade la responsabilità per
colpa, laddove questo sia il risultato dell’atto
di un conflitto armato, di ostilità, di una
guerra civile o di una insurrezione.
99. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Inoltre, può derivare a fenomeni naturali di
carattere eccezionale, inevitabile,
imprevedibile ed irresistibile. Il danno
potrebbe anche essere stato il risultato di
un’azione importa con la forza da parte
dell’autorità pubblica dello Stato dove è
occorso o ancora interamente il risultato della
condotta illegale ed intenzionale di una parte
terza, inclusa la persona che ha offerto il
danno stesso
100. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• A conclusione di questa parte
dispositiva, l’art. 10 richiama le Parti
contraenti di adottare le misure
legislative, regolamentari e
amministrative idonee all’adempimento
più efficace del Protocollo.
101. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Il regime configurato da questo
Protocollo si basa infatti sulle norme in
materia di risarcimento previste nei
sistemi di diritto interno degli Stati
contraenti. La seconda parte del
Protocollo è dedicata alla definizione del
limiti finanziari della responsabilità.
102. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• L’art. 12 dispone, infatti, che per quanto riguarda i
casi di responsabilità previsti dall’art. 4, tali limiti
debbano essere definiti secondo quanto stabilito
dall’annesso B. In particolare, tale annesso prevede
che il notificatore, l’esportatore o l’importatore, per
un incidente paghino da un minimo di 1 milione di
unità speciali di prelievo (del Fondo Monetario
Internazionale) per carichi fino a 5 tonnellate, ad un
massimo di 10 milioni di unità speciali di prelievo per
carichi che raggiungono le 10,000 tonnellate, più
1000 unità di acconto per ogni tonnellata addizionale,
fino ad un massimo di 30 milioni di unità speciali di
prelievo da pagare in totale.
103. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Qualora l’ammontare dell’indennizzo
proposto non dovesse coprire
interamente i costi del danno dovranno
essere adottate delle misure addizionali
e supplementari con l’obiettivo di
assicurare un adeguato e pronto
risarcimento, utilizzando gli esistenti
meccanismi finanziari
104. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• A questo proposito la Conferenza delle Parti
deve prendere in considerazione la necessità
e la possibilità di potenziare gli attuali
meccanismi finanziari oppure di stabilirne dei
nuovi (art. 15). La causa per ottenere
l’indennizzo può essere intentata nei tribunali
delle parti contraenti soltanto laddove il
danno è stato subito, oppure dove è occorso
l’incidente o ancora dove che si difende ha la
sua residenza abituale o la sede principale dei
suoi affari
105. RESPONSABILITÀ E
INDENIZZO
• Le parti contraenti devono assicurare che i
propri tribunali siano competenti
nell’assicurare lo svolgimento di tali cause
(art. 17, par. 2). È tuttavia possibile che delle
azioni giudiziarie correlate siano portate nei
tribunali di Stati parte differenti: in questo
caso il tribunale interpellato per ultimo,
mentre le azioni sono ancora pendenti in
prima istanza, deve sospendere i suoi
procedimenti (art. 18, par. 1).
106. CONSIDERAZIONI
• La Convenzione di Basilea del 1989, come
risulta evidente dalla nostra analisi,
rappresenta un compromesso tra i cosiddetti
trattati quadro, che dovrebbero stabilire
soltanto i principi fondamentali e lasciare la
regolamentazione dettagliata ad accordi
regionali e un regime globale
particolareggiato che non conceda spazio a
regole diverse a livello locale.
107. CONSIDERAZIONI
• Nella prassi degli Stati, sono emerse
tuttavia due differenti modalità per
porre in essere un sistema di
regolamentazione regionale nell’ambito
della Convenzione di Basilea.
108. CONSIDERAZIONI
• Il primo approccio si basa sulle
convenzioni regionali o gli altri sistemi
regolamentari adottati dalle parti della
Convenzione, che stabiliscono regimi
indipendenti e dettagliati conformi a
questa e costituiscono proprie strutture
istituzionali.
109. CONSIDERAZIONI
• Il secondo approccio limita la
regolamentazione regionale a quelle aree
nelle quali gli Stati intendono differenziarla
dal trattato globale. Se poi sono anche Parti
contraenti della Convenzione di Basilea,
questi Stati devono rispettare le norme e
collaborare con le strutture istituzionali del
regime globale per tutti gli altri aspetti del
ciclo dei rifiuti pericolosi. Questo modello, che
richiede meno costi e impegno da parte degli
Stati che aderiscono al sistema regionale è
alla base per esempio dell’art. 39 della IV
Convenzione di Lomè del 1989
110. CONSIDERAZIONI
• Si può affermare, infatti, che le norme e
i principi stabiliti negli strumenti giuridici
internazionali citati, supportati dalla
legislazione nazionale e dalla prassi
degli Stati, possono ora considerarsi
incorporati nel diritto consuetudinario
nell’ambito della gestione e trasporto
transfrontaliero dei rifiuti pericolosi.
111. CONSIDERAZIONI
• Tra i principi fondamentali che rilevano
nell’ambito del regime di Basilea sono stati
individuati il principio della minimizzazione
della produzione dei rifiuti e della prossimità
del luogo di smaltimento, la restrizione o il
divieto di esportazione dei rifiuti pericolosi
verso determinati paesi o zone geografiche, la
gestione ecologicamente compatibile dei
rifiuti e la non discriminazione nelle condizioni
adottate. Il principio del previo consenso
informato, l’obbligo di reimpostare i rifiuti
pericolosi illegalmente esportati.
112. CONSIDERAZIONI
• Resta ancora irrisolto, invece, il
problema dei movimenti transfrontalieri
di rifiuti pericolosi che hanno un
potenziale valore economico e che,
quindi, potrebbero essere sottopoti ad
operazioni di riciclo o recupero.
113. CONSIDERAZIONI
• Già in occasione della 4a Conferenza delle
parti del 1998 si è avuto un acceso dibattito
riguardo la compilazione della lista di Stati
compresi nell’annesso VII alla Convenzione
di Basilea. I paesi elencati, infatti, in virtù
dei loro elevati standards ambientali di
gestione, sono autorizzati a commerciare in
rifiuti riciclabili. Una possibile soluzione, allo
studio di un gruppo di lavoro tecnico,
prevede la definizione di criteri oggettivi per
determinare lo sviluppo dei livelli tecnici,
giuridici, istituzionali ed economici dei paesi
candidati.
114. CONSIDERAZIONI
• Nel 1999 meno di un terzo delle Parti
contraenti ha inviato il proprio rapporto
al Segretariato relativo al 1997, come
previsto dagli accordi 13 e 16 della
Convenzione. Questo dimostra il
problema della scarsa collaborazione
degli Stati.
115. CONSIDERAZIONI
• La Convenzione di Basilea, quindi, in stretta
correlazione con degli strumenti giuridici
internazionali adottati sotto il suo «ombrello»,
rappresenta attualmente il più vasto e
sviluppato sistema di gestione dei rifiuti,
costituito da una serie di norme e principi di
carattere generale che trovano il loro
necessario completamento nelle diverse
regolamentazioni a carattere regionale.