1. 8½
di Federico Fellini
Larosa Rosalba
Progettazione Artistica I
Corso di Fenomenologia dei Media
2. Paese: Italia, Francia
Anno: 1963
Durata: 140 min
Colore: B/N
Audio: sonoro
Rapporto: 1,85:1
Genere: drammatico, commedia
Regia: Federico Fellini
Produttore: Angelo Rizzoli
Distribuzione: (Italia) Cineriz
Fotografia: Gianni Di Venanzo
Musiche: Leo Ferrè, Nino Rota
Scenografia: Piero Gherardi
Interpreti Principali:
Marcello Mastroianni: Guido, il regista
Claudia Cardinale: Claudia
Anouk Aimée: Luisa
Sandra Milo: Carla
3.
4. Trama
Si dice che un individuo è tale solo se messo in relazione con altri individui, con le istituzioni e con l’am-
biente che lo circonda. Fellini ribalta l’affermazione: la vita sono gli altri, i vivi e i morti,
gli esseri reali e le creature della fantasia; bisogna accettarli tutti, con amore, gratitudine e solidarietà.
Con il suo capolavoro “8 1/2”, mette in atto nel cinema quello che succede nella vita. La crisi artistica ed
esistenziale del regista Guido Anselmi è quindi solo il pretesto che Fellini usa per poter raccontare gli ef-
fetti di quella crisi, perché a Fellini interessano di più le cause di tutto questo. Si snoda quindi negli episodi
(reali o surreali che siano) che compongono il film, la fitta rete di rapporti che lega Guido Anselmi alla sua
crisi. Ci sono gli amici, la moglie, l’amante, i collaboratori, ma anche la Chiesa, il produttore, i critici, lo
sceneggiatore, i giornalisti. Poi ci sono i ricordi o, meglio ancora, i personaggi ricordati (o inventati), come
la Saraghina e le donne che circondavano il piccolo Guido.
Naturalmente tutti i suoi rapporti si trasformano in breve sullo schermo nella critica sociale dell’epoca, cri-
tica capace di mettere a nudo le debolezze e i sogni svaniti (ma mai persi) di un uomo alle prese
con sé stesso.
Fellini ha la grande capacità di rendere le proprie emozioni, le emozioni di tutti. Guido Anselmi quindi
non è nient’altro che Fellini (e quindi Mastroianni è più che mai il suo alter-ego in questo film). I ricordi di
Fellini/Anselmi diventano durante i 138 minuti di durata, i nostri ricordi. Ci appropriamo delle loro emo-
zioni, dei loro dubbi e della loro crisi, instaurandosi dunque un rapporto di triplice immedesimazione che
possiamo esplicitare nell’excursus definitivo di Fellini/Anselmi/spettatore. Il cinema di Fellini non è dun-
que un cinema egoista ed autoreferenziale che mira solo a parlare di sé stesso, ma un cinema che mira alla
totale condivisione non solo di emozioni (si può dire che questo lo facciano tutti i film), ma soprattutto di
ricordi.
5. L’ottavo film (e mezzo) di Fellini si iscrive direttamente nella lista delle pellicole che hanno cambiato la sto-
ria del cinema, percorso che lo stesso Fellini già aveva iniziato con “La dolce vita”. La materia-film non è
quindi solo il modo di raccontare una storia, quanto la storia stessa.
Metodo espressivo e trama diventano dunque una cosa sola, fondendo abilmente scene reali e scene oni-
riche. La forza espressiva dell’occhio di Fellini è qui espressa alla sua massima potenza, potenza capace di
creare scene subito entrate nella storia del cinema.
Da manuale anche l’interpretazione di Marcello Mastroianni, alle prese non con un personaggio, ma con
l’inconscio di una persona. Memorabili le musiche evocative di Nino Rota, che raggiungono il loro culmine
nella sequenza finale della parata , dove tutta la vita diventa una sarabanda di suoni e di danze. Numerosi
i premi mietuti in giro per il mondo (tra cui i due Oscar per Miglior Film Straniero e per i Migliori Costu-
mi).
Tra realtà e sogno, Fellini realizza un film molto vicino alla vita vera nonostante sia lontanissimo dai canoni
neo-realisti. Forse perché più che realizzare un film, Fellini realizzò se stesso. Più che
recensioni ed analisi, questo film meriterebbe degli spettatori con cui condividere tutto, pronti ad assorbire
qualsiasi cosa. Perché al cinema le parole non contano, contano solo gli occhi.
6.
7. 8 e mezzo e il mondo dei Media
Nella società odierna, tra gli agenti di socializzazione,compaiono i mass media. Una delle prime
abitudini che il bambino acquisisce, è quella di venire a contatto con il mondo della Televisione
e della comunicazione, che sempre più spesso si sostituisce alla presenza dei genitori, tanto da
meritarsi l’epiteto di TV baby-sitter. Il mondo telematico ha il potere di scegliere e propinare i
modelli sociali da seguire, ha il potere di decidere cosa è socialmente accettabile e cosa non lo è,
e proprio per questo, essendo un mezzo di comunicazione DI MASSA, impone l’adeguarsi a un
certo standard globale, appiattendo le differenze, e smorzando le possibilità di contestazione.
Il cinema ha un ruolo importante in questo, non è un caso che l’industria cinematografica si sia
sviluppata sulle stesse linee del capitalismo, diventandone un potente alleato.
Basti pensare ad Hollywood e i suoi meccanismi sociali, lo Star System, ecc.
Ci sono però alcuni registi che si occupano di raccontare una storia, separandola dai condizio-
namenti, depurandola dalle ideologie e dalle costrizioni dettate dalla società.
E’ il caso di Fellini, con 8 e mezzo.
8. Nella scena finale, i personaggi che sono intervenuti nel continuo alternarsi tra realtà e fantasia,
tra principio di piacere e realtà, si uniscono in una sarabanda danzando attorno a Guido, men-
tre egli prende coscienza di essere riuscito a uscire dalla confusione che regnava, nella sua vita,
in ogni suo rapporto, persino tra i ricordi: è la fine della sua elaborazione. Attraverso i continui
riferimenti agli studi di Jung e Freud, Fellini ci fornisce un film che è un mezzo per poter lavo-
rare sul nostro vissuto, non è un prodotto del consumismo, ma si propone semplicemente come
analisi delle vicende emozionali private.
9. Come si può raccontare una storia, che sia vera o fantastica, se gli ideali che un film vuole tra-
smettere non possono svilupparsi in maniera autonoma da ideologie e aspettative preimpostate e
gia decise a tavolino?
Il regista confessa che il suo unico desiderio è quello di raccontare la grande confusione che un
uomo ha dentro, la comprensione da parte del pubblico passa in secondo piano.
La gran colpa di Fellini è una genialità inclassificabile .Prima di tutto non era considerato suffi-
cientemente intellettuale. Lui amava giocare, mescolare con leggerezza “alto” e “basso”, i grandi
temi esistenziali con la cultura popolare. Ma a quei tempi, in un’ epoca senza ironia, il frainten-
dimento era all’ordine del giorno, seguito da uno spietato etichettamento. Fellini fu bollato come
cattolico. Risultato: la sinistra lo guardava storto rimproverandogli i suoi personaggi marginali,
privi di quella dimensione sociale tipica di Visconti o Rossellini, ma anche dall’ altra parte era
visto come fumo negli occhi, troppo irriverente e beffardo verso le istituzioni ecclesiastiche.
Dove inizia e finisce la libertà artistica dell’autore, ma soprattutto dove inizia e finisce quella in-
dividuale nel decidere come e quali metodologie di pensiero e comportamento assorbire dalla ci-
nematografia? Si richiede coerenza di pensiero, ma come è possibile ottenerla se le variabili sono
inumerevoli, e se soprattutto cambiare opinione è legale e coerente con lo sviluppo di un pensie-
ro critico, che permetta di guardare il mondo non da spettatore ma da fautore, che è il compito
di un regista?