CHIẾN THẮNG KÌ THI TUYỂN SINH VÀO LỚP 10 THPT MÔN NGỮ VĂN - PHAN THẾ HOÀI (36...
Utopia I, La proprietà
1. PRIMO LIBRO 51
questa follia con la certezza di essere almeno dalla parte
.della ragione.
Ebbene, per dirvela tutta, mio caro More, io non vedo
come possa esserci prosperità e giustizia finché dura la
proprietà privata e tutto è valutato in funzione del denaro.
A meno di non trovare giusfo che le migliori condizioni
di vita tocchino alla peggiore gente, e diionsiderare pro-
spero un paese nel quale la ncchezza è divisa tra untesi-
gua minoranza,ll cui benessere è commisurato alla mise-
ria degli altri.
E per questo che ripenso così spesso alle sensibili e gen-
tili istituzioni di Utopia, dove tutto procede nella màssi-
ma efficienza con pochissime leggi, e il riconoscimento
tlei meriti individuàli non è d'osilóolo al comune benes-
sere. Allora paragono la realtà d'Utopia con quella di tan-
ri paesi nei quali vige il sistema della proprietà privata, i
cui governanti sono sempre intenli a produrre nuove leg-
Ei- senza riuscire con questo a far chiarezza al punto -
;he. nonostante le dozzine di nuove noÍne approvate di
siorno in giorno, nessuno è in grado di procurarsi sempre
:iò che gli serve né di difendere ciò che gli appartiene, e
nernmeno in molti casi di distinguere le cose proprie da
qruelle degli altri. Non si spiegano altrimenti i loro conti-
:rui e interminabili processi.
Tutto questo rafforza in me la considerazione che ho di
F'---ntone, facendomi sentire sempre più d'accordo con il
sr;ln rifiuto di contribuire alla legislazione di una città38
:rh,e rinnega 1'eguaglianza.Erafin troppo owio, del resto,
:er un'intelligenza di quella portata, comprendere che il
í:'ndamento essenziale di una società sana è nell'equa
*,prarrizione dei beni -
cosa incompatibile a mio avviso
,:;l,m la proprietà privata. E infatti evidente che quando in
rlrchi si dividono tra loro la rtcchezza, accumulando
;lrnnti più beni possono, la maggior parte della popola-
::r:me è destinata alla miseria. E la prosperità di ciascuno
or'*renta allora inversamente proporzionale ai suoi meriti,
pr:nché i ricchi sono spietati, malvagi e del futto inutili
ruIp' società, mentre i poveri sono uomini semplici, dediti
rf !i:r:risce a Megalopolis d'Arcadia, fondata nel 370 a.C. cica.
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ad una quotidiana fatica ch'è di grande utilità per lo stato.
Molto più che per essi.
In altre parole, io sono assolutamente convinto che nes-
suna equità nella distribuzione dei beni - e nell'organiz-
zazione della vita umana - sia possibile senza l'abolizio-
ne della proprietà privata. Finché ciò non avverrà la mag-
gior parte del genere umano, ed anche la migliore, sarà
inevitabilmente condan îata a un' e sistenza miserabile, f a-
ticosa, infelice. Io non dico che si possa eliminare del tut-
to la miseria, ma alleviarla in qualche modo è certamente
possibile. Si potrebbe poffe un limite al capitale o all'e-
stensione della terra che ciascuno è autorizzato a posse-
$ere Si potrebbe stabilire, attraverso una legislazione
adeguata, un equilibrio tra il potere del sovrano e i diritti
dei sudditi. Si potrebbe rendere illegale l'accesso per de-
naro o per intrigo ad una carica pubblica, ed evitare
ch'essa debba comportare delle spese per chi vi è prepo-
sto. Il che varrebbe a scongiurare il rischio che questi
possa essere tentato di rifarsi attraverso frodi ed estorsio-
ni, ed anche ad impedire il prevalere della ricchezza sulla
saggezza quale fondamento di una carriera politica.
Leggi di questo genere allevierebbero certamente i sin-
tomi del malessere - come attenzioni mediche rivolte ad
attenuare le sofferenze di un malato cronico - anche se
non v'è alcuna speranza di una completa guarigione fin-
ché dura 1a proprietà privata. Poiché allo stato attuale del-
le cose ciò ch'è benefico per alcuni è venefico per altri.
Non si può donare aTizio senza derubare Caio.>