16. presentiamoci oltre
• I riti, le mitologie di accoglienza nelle
culture umane comportano una domanda
iniziale. E’ l’alta interrogazione di Farinata a
Dante: “Chi fur li maggior tui?”
17. presentiamoci oltre
• I riti, le mitologie di accoglienza nelle
culture umane comportano una domanda
iniziale. E’ l’alta interrogazione di Farinata a
Dante: “Chi fur li maggior tui?”
A questo punto si impone una storia ...
18. Non sei fregato veramente
finché hai da parte una buona
storia, e qualcuno a cui
raccontarla.
Alessandro Baricco (Novecento)
25. Significante, segno, significato
• Il suono rosa, o le 4 lettere della parola, sono
significanti per il concetto relativo
all’oggetto reale fatto di petali e di un gambo
con le spine. Il significante (suono o parola
scritta) in sé stesso non è un segno fino a
che qualcuno lo riconosce come relazionato
al suo significato (il concetto). Per esempio
per chi non sapesse l’italiano il suono rosa
non significa nulla perché non è un segno, ma
solo un suono incomprensibile.
28. Il segno
• Un segno, in linguistica, non è quindi
né la parola in sé né l’oggetto a cui si
riferisce, ma la relazione tra le due.
Non c’è nulla di necessario nella relazione
tra una data parola come significante e
l’oggetto significato. È una relazione
arbitraria di natura sociale.
29.
30. • If narrative is the way we construct
our sense of identity, metaphor is
how we think, especially in areas in
which we need to build our
knowledge of the unknown by
comparison with the known.
T.R. Wright Theology and Literature 1988
33. Il simbolo
• Qualcosa che rappresenta
qualcos’altro attraverso l’associazione
figurativa o la connotazione.
Per esempio una bandiera rappresenta un
dato Paese, o una sorgente d’acqua
indica l’idea di freschezza e di purezza.
36. Il mito
• Le parole greche mythos e logos
significano entrambe parlare, la prima
fa riferimento ad un linguaggio
poetico, emotivo, la seconda ad un
linguaggio analitico, argomentativo.
Il mito è una narrazione antica che fa uso
di simboli.
Può essere in contrapposizione con
storia/vera (mito/fantastico).
38. L'interpretazione figurale della Bibbia
• Fu grazie alle opere dei Padri della Chiesa che il termine assunse un nuovo peculiare
significato, decisivo per l'evoluzione del concetto: lo troviamo per la prima volta in
Tertulliano dove sta a indicare qualcosa di reale, di storico, che rappresenta qualche altra
cosa anch'essa reale e storica.
• Nasce in tal modo l'interpretazione figurale mediante la quale i primi teologi interpretarono
le storie narrate nell'Antico Testamento come figure, o profezie reali, del Nuovo: così, ad
esempio, Mosè era figura Christi, e la liberazione degli ebrei dall'Egitto era figura della
Redenzione, cioè della liberazione dell'umanità dal male.
In sant'Agostino l'interpretazione si ramifica ulteriormente, sostituendo la contrapposizione di due
poli (figura e adempimento) in un'attuazione in tre gradi: l'Antico Testamento è sì figura profetica
della venuta di Cristo, e questa a sua volta adempimento di quello, ma si aggiunge l'attuazione
futura di questi avvenimenti come adempimento finale: entrambi, quindi, sono promesse di un
adempimento che si realizza nella vita eterna e nel Regno dei Cieli.
Nasce così la dottrina del quadruplice significato della Sacra Scrittura, da interpretare secondo un
senso anagogico (dal greco anagogè, «ascesa»), un senso storico-letterale, un senso figurale e un
senso allegorico-morale: «In tutti i libri sacri bisogna prestare attenzione a ciò che in essi è legato
alla vita eterna [senso anagogico], a ciò che i fatti narrano [senso letterale], a ciò che annuncia
avvenimenti futuri [senso figurale], agli ordini e ai consigli che si possono ricavare circa le nostre
azioni [senso morale]» (Agostino, De Genesi ad litteram, I 1).