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“CAPITALE COGNITIVO NAZIONALE”
Traccia del discorso dell’Ambasciatore
Giulio Terzi di Sant’Agata1
2
Cari amici, grazie per l’invito a questo interessantissimo seminario, e grazie per
l’invito ai soci della YOUNG PROFESSIONALS IN FOREIGN POLICY di Roma,
ragazzi attivissimi su un tema a me molto caro, l’interesse nazionale e la
proiezione del nostro Paese nel mondo. Saluto anche i Professori Marco
Scialdone, dell’Università Europea di Roma, ed Ernesto Belisario,
dell’Università degli Studi della Basilicata, che interverranno tra poco con due
interessantissime relazioni sul tema della creatività, della crescita e della
conoscenza nell’Italia digitale.
Un tema quello dell’Agenda Digitale, in tutti i suoi risvolti, di estrema attualità
per l’italia, prova ne sia che il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel
chiedere recentemente al Parlamento la fiducia, ha caricato la scuola, la
cultura, la ricerca e la tecnologia di un valore socioeconomico nuovo per un
Paese che, proprio per aver ignorato questi assets – definiti dal Prof. Giuliano
Corbellini della Sapienza di Roma come “il capitale cognitivo della nazione” - è
vertiginosamente retrocesso in 3 decenni rispetto ai parametri che
contraddistinguono la dinamicità produttiva e sociale di una democrazia.
3
Corbellini evidenziava in un suo recente libro che chi ha governato l'Italia negli
ultimi 30 anni “pare fosse all'oscuro che i livelli di investimento in istruzione,
ricerca e cultura sono i più predittivi - più delle stesse risorse naturali - della
capacità di un sistema economico e politico di migliorare il benessere sociale,
in termini non solo di reddito pro capite, ma anche di tasso di disoccupazione,
di eguaglianza, di salute e di felicità percepita”.
Il cosiddetto indice di Felicità Interna Lorda, da anni profetizzato: un maggior
numero di cittadini con laurea e dottorato, istituzioni accademiche efficienti e
competitive in grado di attrarre finanziamenti internazionali, brevetti e sistemi
industriali tecnologicamente avanzati, maggiore consumo di cultura, sanità
ben più efficiente, etc. Tutti fattori che rendono una nazione “intelligente”,
ovvero capace di far fronte o anticipare gli imprevisti dovuti ai cambiamenti
degli scenari economici e politici.
4
L’Italia è il Paese che in Europa ha una delle più basse percentuali di laureati
(la più bassa tra 30 e 35enni): poco più del 20%, che è meno della metà di
Gran Bretagna o Francia e lontana dalla media dell'UE (35%), e proprio
recentemente - denunciava in un bell’articolo polemico il quotidiano “La
Stampa” - è stato pubblicato il dato che registra un calo di ulteriori 30.000
unità nel numero di immatricolati nel 2013-14 rispetto al 2003-4: nulla in 10
anni pare aver contribuito a fermare questa spirale discendente.
Da questo atteggiamento deriva la diffusione della corruzione, dell'evasione
fiscale, delle truffe, del gioco d'azzardo e della criminalità organizzata, giacchè
la qualità del sistema educativo di un Paese è anche predittivo dell'etica
pubblica dello stesso. Il nostro sistema educativo è intorno al 70° posto - su
148 posizioni - secondo il World Economic Forum, e parallelamente – ad
esempio – a uno scandaloso 116° posto su 144 nella classifica del clientelismo
nella Pubblica Amministrazione e ben al 56° su 150 per quanto riguarda la
corruzione, quindi abbondantemente “maglia nera” in tutti i paesi occidentali.
5
In un recente studio dell’Università Tor Vergata di Roma, svolto analizzando
ben 287 concorsi per Professore, è emerso che la determinante per il successo
non è – come purtroppo pare ovvio, in Italia – il merito scientifico o le
collaborazioni di ricerca, bensì “l’affiliazione del candidato alla stessa Facoltà
del Presidente di Commissione”, e come – risultato post-concorso – in ben il
90% dei casi un non-vincitore ha poi fatto registrare performance scientifiche
superiori a un vincitore… Come stupirci poi per la perdita di competitività
dell’Italia sugli scenari internazionali?
Altro tema fondamentale, parlando di “Capitale Cognitivo nazionale”- che ha
strettamente a che fare con la Politica estera, dal momento che condiziona
pesantemente l’appeal dell’Italia nel mondo! – è appunto il tema della
tecnologia, ed arriviamo quindi al vero focus dell’incontro di oggi.
Gli obiettivi dell'Agenda digitale europea chiedono che il 100% della
popolazione abbia accesso entro il 2020 a tecnologia in grado di trasmettere
30 MB, e il 50% di essa i 100 MB.
In Italia siamo a quota 15% e 10% rispettivamente, e per ora i piani degli
operatori nazionali, anche nel lungo periodo, non si spingono oltre il 50% di
dette soglie.
6
In Italia il divario digitale si può individuare nell'esclusione di milioni di
cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia DSL,
chiamato anche “banda larga”. La banda larga, definita alla luce della
tecnologia attuale a partire da un valore soglia di 1.2 megabit/secondo, non è
contemplata né dalla legislazione italiana né da quella europea come “obbligo
di servizio universale”, ma pur tuttavia, nella maggior parte dei Paesi Europei è
considerata “scontata” ed è accessibile per la maggior parte dei territori!
Da notare che L’articolo 3 della Costituzione italiana sembrerebbe però
sottintenderlo, e similmente qualcuno, come il giurista Stefano Rodotà, ha
proposto di aggiornare l'articolo 21 in questo senso: «Tutti hanno eguale
diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità
tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine
economico e sociale.»
Tra Nord e Sud, una volta tanto, non ci sono particolari differenze: a guidare la
poco lusinghiera classifica delle regioni con la maggior quota di “popolazione
in pieno digital divide” è il Molise (20,6%) davanti alla Calabria (11,2%) e alla
Basilicata (10,4%), ma a ruota seguono la Valle d’Aosta (10,1%) e il Friuli-
Venezia Giulia (9,6%). Viceversa, la regione più virtuosa è la Puglia (1,2%),
seguita dalla Lombardia (1,8%) e dal Lazio (1,9%). Fanno meglio dell’Italia, tutti
i paesi del nord-Europa, la Francia, il Portogallo, ma persino la Turchia e diversi
paesi dell’Est…
7
Oggi digital divide significa anche una consistente zavorra per il tessuto
economico locale e l’esclusione dei cittadini da servizi ormai essenziali. Quali
aziende straniere, potendo scegliere, preferirebbero investire in aree dove la
Rete viaggia a passo di lumaca…?
Conferma un recente studio di McKinsey che un aumento anche solo del 10%
nella penetrazione della banda larga potrebbe far salire il PIL fino a 1 punto
percentuale, mentre un altro studio di Booz & Company ci dice che un
aumento del 10% della penetrazione della banda larga in un dato anno porta a
una crescita dell’1,5% della produttività lavorativa nei successivi cinque anni.
Sull’importanza di questo tipo d’investimenti lo studio più recente e completo,
in Italia, è dell’ISBUL, il Programma di Ricerca “Infrastrutture e Servizi a Banda
larga e Ultra Larga”, gestito da Agcom con la collaborazione di alcuni dei
principali Atenei italiani. Un investimento da 3 miliardi di euro in questo
genere di nuove tecnologie genera beneficio diretto per l’economia per 4
miliardi di euro più i benefici occupazionali, quindi si ripaga abbondantemente
da se... «La realizzazione di una rete di fibra ad alta capacità è, in una certa
misura, una scelta obbligata per un’economia che voglia restare legata ai
Grandi della Terra», si legge nello studio…
8
Il Governo Letta ha fatto alcune cose per l’agenda digitale: sulle startup (via
libera all’”equity crowdfunding”, agli incentivi fiscali e al recentissimo “visto
agevolato” contenuto in Destinazione Italia) ma per la banda larga pare non
abbia brillato... nulla sull’aggiornamento tecnologico della scuola - nel 2014
abbiamo ancora lavagne con gessetti e nessun PC in molte classi e neanche
per uso condiviso insegnanti/studenti - nulla di importante su temi come
Sanità, Open Data, Giustizia, Smart City, sostenibilità ambientale…
Relativamente poco anche per la burocrazia digitale: l’anno scorso, solo l'8%
degli italiani – meno di un terzo della media della maggior parte dei paesi
occidentali - ha interloquito con la pubblica amministrazione onl-ine... il resto:
code agli sportelli e raccomandate! E quanto può risultarne penalizzato il
rapporto con una Pubblica Amministrazione che sempre più spesso si rivolge a
cittadini e imprese sfruttando le potenzialità dell’online?
Un recente studio di Confartigianato ha quantificato in circa 31 miliardi
l’ammontare degli oneri amministrativi di piccole e medie imprese, pari al due
per cento del PIL.
9
Impietose anche le statistiche dei processi digitali legati all’edilizia, che ci
vedono al 103° posto in classifica come media di giorni necessari per ottenere
un’autorizzazione, giorni che sono solo 17 negli inarrivabili Usa, 143 nella
media dei OCSE, 99 del Regno Unito, 97 della Germania e ben 243 in Italia!
Con il risultato che si costruisce, alla fine, più fuori dalle regole che nel loro
rispetto... Per aprire un capannone industriale nel nostro paese non bastano
62 permessi, e pochissimi di essi sono ottenibili elettronicamente!
Un esempio concreto? L’apertura della stazione dell’Alta Velocità alla Tiburtina
di Roma ha significato una conferenza di servizi alla quale hanno partecipato
38 istituzioni, ciascuna con il suo potere di veto: solo per fotocopiare i progetti
sono stati spesi 456.000 euro e altri 22.000 euro sono serviti poi per
distruggere le fotocopie! Le stazioni appaltanti in Italia, quelle che decidono
sulle gare, sono diventate 23.000... In buona sostanza, il mostro della
burocrazia italiana continua a crescere, fuori dall’ombrello del Digitale. L’ufficio
studi della Confartigianato, diretto da Enrico Quintavalle, ha scoperto che dal
2008 a oggi sono state approvate 288 norme che hanno reso la vita più
complicata alle aziende e solo 67 che l’hanno semplificata. In pratica: 4,3
complicazioni in più per ogni semplificazione, il che è realmente paradossale.
10
Infine, una nota a margine. L'Italia non ha solo un livello di tassazione
elevatissimo, ma è anche il Paese evoluto dove pagare le tasse è più difficile.
Con centinaia di adempimenti, scadenze, aliquote, regimi, migliaia di
detrazioni etc. Difficile pagarle, facile sbagliarle, e se si incorre in un
contenzioso con il fisco, i tempi medi di chiusura di una causa con la
Commissione Tributaria sono di 5 ANNI! Un calcolo di Confindustria dice che la
difficoltà di pagare le tasse - tra costi, ore di lavoro, consulenze, rischi di
errore, tempi di pagamento delle migliaia di adempimenti etc. costa tra l'1 e
l'1,5% del PIL.
Il Digitale potrebbe avere un ruolo centrale per snellire anche queste
procedure… concludo quindi con una domanda: ma è così complicato, per noi,
fare ne più ne meno come negli altri Paesi…? Cosa ci tiene così lontani dalla
“banalità della semplicità”…?
Grazie a tutti Voi e buon lavoro per questo incontro di oggi.

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Capitale cognitivo nazionale

  • 1. “CAPITALE COGNITIVO NAZIONALE” Traccia del discorso dell’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata1
  • 2. 2 Cari amici, grazie per l’invito a questo interessantissimo seminario, e grazie per l’invito ai soci della YOUNG PROFESSIONALS IN FOREIGN POLICY di Roma, ragazzi attivissimi su un tema a me molto caro, l’interesse nazionale e la proiezione del nostro Paese nel mondo. Saluto anche i Professori Marco Scialdone, dell’Università Europea di Roma, ed Ernesto Belisario, dell’Università degli Studi della Basilicata, che interverranno tra poco con due interessantissime relazioni sul tema della creatività, della crescita e della conoscenza nell’Italia digitale. Un tema quello dell’Agenda Digitale, in tutti i suoi risvolti, di estrema attualità per l’italia, prova ne sia che il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel chiedere recentemente al Parlamento la fiducia, ha caricato la scuola, la cultura, la ricerca e la tecnologia di un valore socioeconomico nuovo per un Paese che, proprio per aver ignorato questi assets – definiti dal Prof. Giuliano Corbellini della Sapienza di Roma come “il capitale cognitivo della nazione” - è vertiginosamente retrocesso in 3 decenni rispetto ai parametri che contraddistinguono la dinamicità produttiva e sociale di una democrazia.
  • 3. 3 Corbellini evidenziava in un suo recente libro che chi ha governato l'Italia negli ultimi 30 anni “pare fosse all'oscuro che i livelli di investimento in istruzione, ricerca e cultura sono i più predittivi - più delle stesse risorse naturali - della capacità di un sistema economico e politico di migliorare il benessere sociale, in termini non solo di reddito pro capite, ma anche di tasso di disoccupazione, di eguaglianza, di salute e di felicità percepita”. Il cosiddetto indice di Felicità Interna Lorda, da anni profetizzato: un maggior numero di cittadini con laurea e dottorato, istituzioni accademiche efficienti e competitive in grado di attrarre finanziamenti internazionali, brevetti e sistemi industriali tecnologicamente avanzati, maggiore consumo di cultura, sanità ben più efficiente, etc. Tutti fattori che rendono una nazione “intelligente”, ovvero capace di far fronte o anticipare gli imprevisti dovuti ai cambiamenti degli scenari economici e politici.
  • 4. 4 L’Italia è il Paese che in Europa ha una delle più basse percentuali di laureati (la più bassa tra 30 e 35enni): poco più del 20%, che è meno della metà di Gran Bretagna o Francia e lontana dalla media dell'UE (35%), e proprio recentemente - denunciava in un bell’articolo polemico il quotidiano “La Stampa” - è stato pubblicato il dato che registra un calo di ulteriori 30.000 unità nel numero di immatricolati nel 2013-14 rispetto al 2003-4: nulla in 10 anni pare aver contribuito a fermare questa spirale discendente. Da questo atteggiamento deriva la diffusione della corruzione, dell'evasione fiscale, delle truffe, del gioco d'azzardo e della criminalità organizzata, giacchè la qualità del sistema educativo di un Paese è anche predittivo dell'etica pubblica dello stesso. Il nostro sistema educativo è intorno al 70° posto - su 148 posizioni - secondo il World Economic Forum, e parallelamente – ad esempio – a uno scandaloso 116° posto su 144 nella classifica del clientelismo nella Pubblica Amministrazione e ben al 56° su 150 per quanto riguarda la corruzione, quindi abbondantemente “maglia nera” in tutti i paesi occidentali.
  • 5. 5 In un recente studio dell’Università Tor Vergata di Roma, svolto analizzando ben 287 concorsi per Professore, è emerso che la determinante per il successo non è – come purtroppo pare ovvio, in Italia – il merito scientifico o le collaborazioni di ricerca, bensì “l’affiliazione del candidato alla stessa Facoltà del Presidente di Commissione”, e come – risultato post-concorso – in ben il 90% dei casi un non-vincitore ha poi fatto registrare performance scientifiche superiori a un vincitore… Come stupirci poi per la perdita di competitività dell’Italia sugli scenari internazionali? Altro tema fondamentale, parlando di “Capitale Cognitivo nazionale”- che ha strettamente a che fare con la Politica estera, dal momento che condiziona pesantemente l’appeal dell’Italia nel mondo! – è appunto il tema della tecnologia, ed arriviamo quindi al vero focus dell’incontro di oggi. Gli obiettivi dell'Agenda digitale europea chiedono che il 100% della popolazione abbia accesso entro il 2020 a tecnologia in grado di trasmettere 30 MB, e il 50% di essa i 100 MB. In Italia siamo a quota 15% e 10% rispettivamente, e per ora i piani degli operatori nazionali, anche nel lungo periodo, non si spingono oltre il 50% di dette soglie.
  • 6. 6 In Italia il divario digitale si può individuare nell'esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia DSL, chiamato anche “banda larga”. La banda larga, definita alla luce della tecnologia attuale a partire da un valore soglia di 1.2 megabit/secondo, non è contemplata né dalla legislazione italiana né da quella europea come “obbligo di servizio universale”, ma pur tuttavia, nella maggior parte dei Paesi Europei è considerata “scontata” ed è accessibile per la maggior parte dei territori! Da notare che L’articolo 3 della Costituzione italiana sembrerebbe però sottintenderlo, e similmente qualcuno, come il giurista Stefano Rodotà, ha proposto di aggiornare l'articolo 21 in questo senso: «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.» Tra Nord e Sud, una volta tanto, non ci sono particolari differenze: a guidare la poco lusinghiera classifica delle regioni con la maggior quota di “popolazione in pieno digital divide” è il Molise (20,6%) davanti alla Calabria (11,2%) e alla Basilicata (10,4%), ma a ruota seguono la Valle d’Aosta (10,1%) e il Friuli- Venezia Giulia (9,6%). Viceversa, la regione più virtuosa è la Puglia (1,2%), seguita dalla Lombardia (1,8%) e dal Lazio (1,9%). Fanno meglio dell’Italia, tutti i paesi del nord-Europa, la Francia, il Portogallo, ma persino la Turchia e diversi paesi dell’Est…
  • 7. 7 Oggi digital divide significa anche una consistente zavorra per il tessuto economico locale e l’esclusione dei cittadini da servizi ormai essenziali. Quali aziende straniere, potendo scegliere, preferirebbero investire in aree dove la Rete viaggia a passo di lumaca…? Conferma un recente studio di McKinsey che un aumento anche solo del 10% nella penetrazione della banda larga potrebbe far salire il PIL fino a 1 punto percentuale, mentre un altro studio di Booz & Company ci dice che un aumento del 10% della penetrazione della banda larga in un dato anno porta a una crescita dell’1,5% della produttività lavorativa nei successivi cinque anni. Sull’importanza di questo tipo d’investimenti lo studio più recente e completo, in Italia, è dell’ISBUL, il Programma di Ricerca “Infrastrutture e Servizi a Banda larga e Ultra Larga”, gestito da Agcom con la collaborazione di alcuni dei principali Atenei italiani. Un investimento da 3 miliardi di euro in questo genere di nuove tecnologie genera beneficio diretto per l’economia per 4 miliardi di euro più i benefici occupazionali, quindi si ripaga abbondantemente da se... «La realizzazione di una rete di fibra ad alta capacità è, in una certa misura, una scelta obbligata per un’economia che voglia restare legata ai Grandi della Terra», si legge nello studio…
  • 8. 8 Il Governo Letta ha fatto alcune cose per l’agenda digitale: sulle startup (via libera all’”equity crowdfunding”, agli incentivi fiscali e al recentissimo “visto agevolato” contenuto in Destinazione Italia) ma per la banda larga pare non abbia brillato... nulla sull’aggiornamento tecnologico della scuola - nel 2014 abbiamo ancora lavagne con gessetti e nessun PC in molte classi e neanche per uso condiviso insegnanti/studenti - nulla di importante su temi come Sanità, Open Data, Giustizia, Smart City, sostenibilità ambientale… Relativamente poco anche per la burocrazia digitale: l’anno scorso, solo l'8% degli italiani – meno di un terzo della media della maggior parte dei paesi occidentali - ha interloquito con la pubblica amministrazione onl-ine... il resto: code agli sportelli e raccomandate! E quanto può risultarne penalizzato il rapporto con una Pubblica Amministrazione che sempre più spesso si rivolge a cittadini e imprese sfruttando le potenzialità dell’online? Un recente studio di Confartigianato ha quantificato in circa 31 miliardi l’ammontare degli oneri amministrativi di piccole e medie imprese, pari al due per cento del PIL.
  • 9. 9 Impietose anche le statistiche dei processi digitali legati all’edilizia, che ci vedono al 103° posto in classifica come media di giorni necessari per ottenere un’autorizzazione, giorni che sono solo 17 negli inarrivabili Usa, 143 nella media dei OCSE, 99 del Regno Unito, 97 della Germania e ben 243 in Italia! Con il risultato che si costruisce, alla fine, più fuori dalle regole che nel loro rispetto... Per aprire un capannone industriale nel nostro paese non bastano 62 permessi, e pochissimi di essi sono ottenibili elettronicamente! Un esempio concreto? L’apertura della stazione dell’Alta Velocità alla Tiburtina di Roma ha significato una conferenza di servizi alla quale hanno partecipato 38 istituzioni, ciascuna con il suo potere di veto: solo per fotocopiare i progetti sono stati spesi 456.000 euro e altri 22.000 euro sono serviti poi per distruggere le fotocopie! Le stazioni appaltanti in Italia, quelle che decidono sulle gare, sono diventate 23.000... In buona sostanza, il mostro della burocrazia italiana continua a crescere, fuori dall’ombrello del Digitale. L’ufficio studi della Confartigianato, diretto da Enrico Quintavalle, ha scoperto che dal 2008 a oggi sono state approvate 288 norme che hanno reso la vita più complicata alle aziende e solo 67 che l’hanno semplificata. In pratica: 4,3 complicazioni in più per ogni semplificazione, il che è realmente paradossale.
  • 10. 10 Infine, una nota a margine. L'Italia non ha solo un livello di tassazione elevatissimo, ma è anche il Paese evoluto dove pagare le tasse è più difficile. Con centinaia di adempimenti, scadenze, aliquote, regimi, migliaia di detrazioni etc. Difficile pagarle, facile sbagliarle, e se si incorre in un contenzioso con il fisco, i tempi medi di chiusura di una causa con la Commissione Tributaria sono di 5 ANNI! Un calcolo di Confindustria dice che la difficoltà di pagare le tasse - tra costi, ore di lavoro, consulenze, rischi di errore, tempi di pagamento delle migliaia di adempimenti etc. costa tra l'1 e l'1,5% del PIL. Il Digitale potrebbe avere un ruolo centrale per snellire anche queste procedure… concludo quindi con una domanda: ma è così complicato, per noi, fare ne più ne meno come negli altri Paesi…? Cosa ci tiene così lontani dalla “banalità della semplicità”…? Grazie a tutti Voi e buon lavoro per questo incontro di oggi.