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L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP
E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
IL DISORDINE
CRESCENTE:
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
2
IL DISORDINE
CRESCENTE:
L’ITALIA TRA CRISI
DELLA LEADERSHIP
E TURBOLENZE
INTERNAZIONALI
Dopo le elezioni amministrative
e il Brexit un aggiornamento del clima
politico, economico e social del Paese.
GLI SPECIALISTI
Nando Pagnoncelli
Luca Comodo
A PROPOSITO DI IPSOS:
Ipsos è una società di ricerca di
mercato indipendente, controllata e
gestita da professionisti della ricerca.
Fondata in Francia nel 1975, Ipsos
è cresciuta come gruppo di ricerca
internazionale, con una forte presenza in
tutti i mercati chiave. Nell’ottobre 2011
Ipsos ha completato l’acquisizione di
Synovate. La combinazione ha costituito
la terza più grande società di ricerche
di mercato del mondo. Con uffici in
87 paesi, Ipsos offre expertise in sei
specializzazioni di ricerca: pubblicità
e media, fidelizzazione del cliente,
marketing mix, opinione pubblica e survey
management.
www.ipsos.it
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
3
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
4
UN DISASTRO
ANNUNCIATO
Il voto delle amministrative, per
quanto, come vedremo, non estendibile
automaticamente ai comportamenti
dell’insieme degli elettori, è stato
comunque, dal punto di vista delle sue
conseguenze politiche, un tornante
rilevante, che ha riguardato innanzitutto
il PD e il progetto renziano.
Le difficoltà del Presidente del
Consiglio sono diventate sempre più
evidenti. La valutazione che se ne dà
da parte degli elettori raggiunge i punti
più bassi nel luglio 2015, partendo dal
livello elevatissimo delle europee. E, al
di là di qualche sbalzo, non riesce più a
riprendersi.
Già con la crisi post elezioni
regionali il tema era decisamente chiaro:
il rapporto con il territorio da un lato, la
relazione con i ceti deboli dall’altro.
Il rapporto con il territorio: la
rottamazione che ha convinto molti
degli italiani, un cambiamento radicale
di un sistema percepito come oramai
degenerato, non sembra ripercuotersi
sulle realtà regionali. Il distacco del
partito dai territori è sempre più
evidente. Un primo segnale si era avuto
nell’autunno 2014 con le elezioni in Emilia
Romagna dopo le dimissioni di Vasco
Errani rinviato a giudizio (e dopo circa
due anni completamente assolto).
TABELLA 1.
LA VALUTAZIONE DELL’OPERATO DEL
GOVERNO E DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Premier Governo
0
2014 2015 2016
giumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmar
40
30
50
60
70
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
5
Una partecipazione ai minimi storici,
frutto della delusione e dello scarso
investimento sull’istituzione regione.
La tornata del 2015 conferma le
difficoltà, sia in termini di partecipazione
(complessivamente si reca alle urne
meno del 50% degli elettori richiamati
al voto), sia in termini di risultati. Se
da un lato infatti il PD conferma la
propria prevalenza in cinque delle sette
regioni coinvolte, lo fa però con evidenti
difficoltà soprattutto nelle regioni
“rosse”, dove i candidati perdono oltre
10 punti rispetto alle elezioni precedenti.
E ottiene una secca sconfitta in Liguria,
a causa delle divisioni e della cattiva
gestione del percorso delle primarie e dei
rapporti interni al PD, nonché un risultato
imbarazzante in Veneto, dove la candidata
avrebbe dovuto essere una delle punte del
nuovo corso renziano.
Bene in Campania e Puglia, ma si
tratta di due “repubbliche autonome”,
dove contano esclusivamente o quasi i
due leader locali, De Luca ed Emiliano.
La relazione con i ceti deboli: la
crisi di consenso di Renzi, pur trasversale
per le dimensioni in cui si esplicita,
colpisce di più i ceti che sono esposti alle
difficoltà economiche. Se infatti il calo è
di circa 35 punti mediamente tra operai e
disoccupati raggiunge e supera i 40 punti,
come avviene anche nel Sud del paese. E
superiore alla media è il calo del consenso
tra le casalinghe, che spesso gestiscono
il bilancio quotidiano delle famiglie. È un
gap che non si recupererà. Le elezioni
comunali sembrano certificare che non
si tratta di una défaillance momentanea
ma di una vera e propria frattura la cui
ricomposizione richiede probabilmente
una profonda revisione strategica.
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
6
Se compariamo la popolarità di
Renzi con i governi italiani più recenti,
è evidente come le performances
del Presidente del Consiglio siano
preoccupanti:
Questi i dati a poco prima delle
elezioni amministrative.
17 mag 2006 - 8 mag 2008
Romano Prodi
55
36
57
8 mag 2008 - 16 nov 2011
Silvio Berlusconi
2007 2008 2009 2010 2011
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creativecommons.org/licenses/by/2.0/). Edited from originals.
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7
76
67
62
25
47
38
27
16 nov 2011 - 28 apr 2013
Mario Monti
28apr 13 - 22feb 14
Enrico Letta
22 feb 2014
Matteo Renzi
2012 2013 2014 2015 2016
3)” Mario Monti, President of Università Bocconi and Praesidium 	
Member of Friends of Europe” by Friends of Europe
	 Source: https://flic.kr/p/avQTEu
4) “Visita Oficial del señor Enrico Letta, Presidente del Consejo
de Ministros de la República Italiana: Ceremonia Oficial de
Bienvenida.” by Presidencia de la República Mexicana
Source: https://flic.kr/p/jbENWZ
5) “Matteo Renzi a San Giobbe” by Università Ca’ Foscari Venezia
Source: https://flic.kr/p/zYC4pP
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
8
Come abbiamo più volte detto,
l’analisi del voto delle amministrative è
particolarmente complesso per diverse
ragioni:
•	 La difficile comparabilità dei dati.
Se infatti si scegliesse di comparare
i risultati alle precedenti tornate
amministrative, ci si troverebbe di fronte
ad un impetuoso incremento dei 5stelle.
Dato assolutamente vero, beninteso,
ma superato, poiché nel frattempo ci
sono state le elezioni politiche che
hanno sancito la rilevante presenza di
questa formazione nell’arena politica.
Se si scegliesse di compararli con le
Europee 2014 si produrrebbe anche qui
una distorsione: sono state il momento,
presumibilmente irripetibile, del più
elevato consenso recente al PD. In questo
caso troveremmo un crollo di questo
partito, dato vero anch’esso ma di dubbia
utilità interpretativa;
•	 La difficoltà nell’identificare
precisamente le coalizioni. In molti comuni
si registra una diffusa presenza di liste
civiche, non sempre chiaramente collegabili
ad una o all’altra coalizione. Elemento che
rende ulteriormente complessa e aleatoria
la comparazione dei dati;
•	 La difficoltà nel dare un peso
effettivo ai principali partiti. Come per le
coalizioni, la comparazione dei principali
partiti manifesta margini di ambiguità.
Per quanto chiaramente identificabili, in
molti casi si registra la presenza di liste
del sindaco che drenano voti di questi
stessi partiti. Anche qui comparazione
discutibile;
•	 La scarsa omogeneità. In diversi
comuni il MoVimento 5stelle non si è
presentato, in altri mancano coalizioni o
partiti (emblematico il caso di Salerno).
La lettura sul totale quindi non è del tutto
corretta;
•	 L’elevato astensionismo:
con l’eccezione di Roma, che vede
crescere la partecipazione rispetto alle
amministrative precedenti, in tutte le
principali città essa cala vistosamente.
Il che induce ulteriormente a
considerare i dati con un certo distacco.
Detto per inciso, i sindaci delle
grandi città sono stati tutti eletti da meno
di un terzo degli elettori:
LE AMMINISTRATIVE:
IL RIFIUTO DEL SISTEMA
LA PARTECIPAZIONE AL VOTO NELLE
PRINCIPALI CITTÀ
BOLOGNA
TORINO
NAPOLI
MILANO
ROMA
57,2%
52,8%
4,4%
54,7%
67,6%
-13,0%
54,1%
60,3%
-6,2%
57,2%
66,5%
-9,4%
59,7%
71,4%
-11,8%
2016 precedenti delta
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
9
A queste motivazioni potremmo
aggiungerne altre (ad esempio la
plateale differenza nel comportamento
di voto delle città, funzione dell’offerta
politica e della capacità coalizionale,
come evidenziano i risultati di Forza
Italia, praticamente scomparsa a Torino,
in piena salute a Milano), ma queste
crediamo siano sufficienti.
Ma, detto questo, non sfugge a
nessuno il significato politico di queste
consultazioni.
Per il PD sembra essere
stato prevalente tra gli elettori un
atteggiamento “generale”, con poche
eccezioni come ad esempio Milano e
Varese, per cui il voto appare essere
espresso prevalentemente contro, per
un cambiamento purchessia, pensando
più al livello nazionale che non al livello
locale. Emblematico di questo voto
“antisistema” il caso di Torino. Una città
con una qualità della vita decisamente
buona e dove sindaco e amministrazione
erano tutto sommato salvati dagli elettori
come emerge da un nostro sondaggio del
novembre 2015:
Con una percezione prevalente che
Torino si muovesse sul binario giusto.
La conclusione è stata una
sconfitta quasi umiliante per il sindaco.
Certo, c’è stata una convergenza tutta
politica dell’elettorato di centrodestra
sulla candidata pentastellata e la
partecipazione ha visto recarsi alle urne
solo poco più della metà degli elettori. Ma
il dato politico è evidente.
E colpisce il fatto che siano state
prevalentemente le periferie a decretare
la sconfitta del sindaco, ex comunista
formatosi a Mirafiori.
Lo stesso avviene a Roma. Vale la
pena riportare la cartina dei voti nei
municipi al primo turno che dà l’idea
plastica del voto (in viola Raggi, in verde
Giachetti):
Si potrebbe pensare che sia un
fenomeno collegato alla presenza dei
candidati pentastellati: in una situazione
di disagio evidente a Torino e massima
per Roma, non ci si può aspettare altro.
Ma in realtà non è così. Se
guardiamo infatti al dato di Milano,
dove la competizione si è ristretta ai
due candidati di coalizioni “classiche”, i
risultati sono gli stessi:
% VOTI OTTENUTI DAL SINDACO ELETTO SUL
TOTALE DEGLI AVENTI DIRITTO
32,6%ROMA
29,1%
27,9%
MILANO
NAPOLI
26,3%TORINO
23,6%BOLOGNA
positivo negativo non sa
50,0% 47,0%
47% 47% 2%3%
AMMINISTRAZIONE SINDACO
ROMA: CANDIDATO PIÙ VOTATO PER
QUARTIERE – PRIMO TURNO
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
10
Il candidato di centrodestra,
manager anch’esso e sicuramente privo
di profili populisti, vince nelle estreme
periferie: Comasina, Quarto Oggiaro,
Baggio, Corvetto…In entrambe le
città del Nord, sia pur con importanti
differenze, i fenomeni sono molto
simili. A Milano il voto per condizione
professionale si esprime così:
Il voto di chi è più colpito dalla crisi
tende a privilegiare Parisi.
Anche a Torino, in un contesto
politico profondamente differente,
troviamo analoghe tendenze:
Solo tra i pensionati si mantiene
un apprezzabile consenso a Fassino.
Ma anche qui sono i ceti più a disagio
(autonomi, operai, disoccupati) che si
orientano sull’Appendino. Sembra quindi
che anche in riferimento ad un’offerta
politica sensibilmente differente, i
comportamenti tendono ad assomigliarsi.
È il segno di una frattura che sembra
diventare drammatica.
31%
42%
33%
36%
44%
53%
60%
58%
67%
64%
56%
47%
40%
Fassino Appendino
45%
55%
69%
imprenditori, professionisti, dirigenti
pensionati
casalinghe
studenti
disoccupati, inoccupati
operai ed affini
impiegati, insegnanti
autonomi, commercianti, artigiani
DELTA SALA-PARISI
2,3%
0,6%
5,3%
2,2%
12,6%
6,4%
-1,7%
-5,9%
3,5%
-3,5%
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
ZONA delta
7,7%
0,2%
-4,5%
-4,6%
1,1%
-0,5%
-0,6%
-4,9%
0,6%
-5,6%
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
0,9%totale
Sala Parisi
51%
47%
54%
45%
46%
63%
48%
54%
49%
53%
46%
55%
54%
37%
52%
46%
imprenditori, professionisti, dirigenti
pensionati
casalinghe
studenti
disoccupati, inoccupati
operai ed affini
impiegati, insegnanti
autonomi, commercianti, artigiani
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
11
“L’analisi politologica individua
quattro grandi fratture – i cleavages –
che spaccano in due parti contrapposte
grandi aggregati di popolazione: città
e campagna, operai e padroni, centro e
periferia, Stato e Chiesa. La profondità
e la durata di queste fratture saranno
determinanti nel fornire ai nascenti
partiti di massa un serbatoio costante
di partecipazione e sistemi valoriali,
che consentiranno loro di consolidare
la propria organizzazione come attore
istituzionale.”1
Si tratta di fratture ancora attuali
che però, non governate, producono
lacerazioni. L’avanzata dei populismi ci
racconta questo processo in maniera
evidente. Tutti i profili di voto richiamano
queste divisioni. Ad esempio la recente
consultazione austriaca per la Presidenza.
Vinta di un soffio (ma il voto andrà
ripetuto per vizi riscontrati nei voti
espressi per corrispondenza) da Van
der Bellen, contro Hofer, un esponente
esplicitamente xenofobo e di ultradestra.
Con una drammatica spaccatura
città/campagna che indica una faglia che
sempre più si va allargando. Non solo in
Italia o in Austria. È in fondo una frattura
che parla a tutto l’occidente:
LA FRATTURA
POPOLO/ÉLITE
1 - Mauro Calise La democrazia del leader, Laterza,
Roma-Basi, 2016, p.14
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
12
In Italia si riproducono
comportamenti simili e il voto
metropolitano è sempre più orientato
all’inclusione, quello periferico e rurale
all’esclusione. Sembra quindi che questo
ultimo cleavage (esclusione/inclusione)
riassuma gli altri. È la frattura centrale,
non solo europea. Donald Trump negli
USA insiste sugli stessi temi. L’Europa
sente soffiare in maniera impetuosa
questo vento.
È la crisi della scelta razionale
(ammesso che si possa davvero pensare
che sia stata l’aspetto prevalente delle
decisioni umane). E la Brexit lo evidenzia
drammaticamente.
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
13
La crisi dell’istituzione europea
è anch’essa annunciata da tempo. Il
trend della fiducia presso gli italiani lo
evidenzia plasticamente:
Il calo di fiducia nella UE,
drammatico in Italia come in altri
paesi, è più concentrato su quelli che
potremmo definire ceti dinamici: giovani,
professionalizzati o studenti, con alti
titoli di studio, residenti nel Nord
del Paese. Qui il distacco sembra più
essere dettato dalla delusione per un
progetto politico che non decolla e che
ha mostrato profondamente la corda nel
corso della drammatica crisi economica.
E in assenza di progetto politico
crescono le tendenze nazionaliste, come
dimostrano i dati di una recente indagine
di Pew Research Center condotta in 10
paesi europei:
0
20
40
60
80
0
20
40
60
‘08 ‘09 ‘10 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14
2015 2016
feb apr lug nov feb apr
Which statement best describes your views
about the future of the European Union?
GREECE
UK
SWEDEN
NETHETRLANDS
GERMANY
HUNGARY
ITALY
FRANCE
POLAND
SPAIN
Some powers should be returned to national govts
Division of powers should remain the same
National govts should transfer more powers to EU
Note: Don’t know responses not shown.
Source: Spring 2016 Global Attitudes Survey. Q49.
“Euroskepticism Beyond Brexit”
PEW RESEARCH CENTER
65% 25%6%
47% 38% 13%
44% 29% 24%
43% 25% 26%
40% 35% 17%
39% 26% 21%
39% 21% 34%
38% 39% 9%
35% 27% 30%
18%8%68%
BREXIT: LA VITTORIA
DEL POPULISMO?
DISAGREEMENT ON “EVER CLOSER” UNION
18%15%
20%
26%
22%
non sa
Per nulla
favorevole
Poco
favorevole
Abbastanza
favorevole
Molto
favorevole
20%
22%
26%25%
7%
2%
5%
38%
11%
27%20%
35%
44%
8%12%
1%
39%
13%0%
21%
8%
6% 10%
37%
41%
6%
23%
44%
17%
31%
Fonte: banca dati sondaggi Ipsos – giugno 2016
MoVimento 5 Stelle
37% 41% 22%
Partito Democratico
80% 13% 7%
Liste di Centro
56% 27% 17%
TOTALE
46% 28% 26%
altro, indecisi, astensione
41% 23% 36%
Forza Italia
38% 40% 22%
Lega Nord
20% 47% 33%
Per rimanere in Europa
Per uscire dall'Europa
non voterebbe, non sa
E COSA VOTEREBBE?
SE CI FOSSE OGGI UN REFERENDUM
SULL'USCITA DELL'ITALIA DALL'EUROPA
LEI QUANTO SAREBBE FAVOREVOLE?
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
14
Sembra però che la risposta di
chiusura nazionale, per quanto diffusa e
presente soprattutto, come ha evidenziato
il referendum in Gran Bretagna, nelle
periferie, nelle zone rurali e povere, non
sia davvero praticabile. L’implosione
assoluta della classe dirigente inglese lo
dimostra. Nessuno dei leader del paese
riesce a dare una risposta e ad articolare
un percorso all’altezza del dramma che
si è aperto nel paese. Il fatto è che non
c’era nessun piano per il dopo exit.
L’Italia corre meno rischi di altri
paesi. Rimane, per quanto sbiadita,
una vocazione europeista importante e
soprattutto è prevalente l’idea che, pur
con molte perplessità l’uscita dall’Europa
non sia praticabile:
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
15
Il problema è a che prezzo e in quale
direzione l’Europa saprà riprendersi.
Intanto, e non è un aspetto
secondario, è necessario che le élite,
sempre meno riconosciute, anzi spesso
contrastate e considerate un problema,
riprendano la capacità di ascolto e
di comunicazione. È l’incrinarsi della
voce degli esperti. Gli economisti in
particolare, ma non solo, sempre più
additati come incapaci di prevedere o
addirittura responsabili della crisi per
una parte non secondaria dell’opinione
pubblica. Le opinioni di questi settori
sono guardate con sempre maggiore
sospetto, quando non derise. Lo
sottolinea con grande franchezza
Christine Lagarde ai Rencontres di Aix
en Provence che coinvolgono i massimi
rappresentanti economici francesi
e internazionali, come riportato da
Repubblica: “… purtroppo si vede che gli
esperti avevano ragione. Perché allora
non sono stati ascoltati?”. E ancora:
“… perché i nostri commenti, basati
su fatti e comprovati dall’esperienza
non sono serviti a convincere?”. Non si
tratta solo di una progressiva crescita
di atteggiamenti emotivi o irrazionali
nell’elettorato, cosa vera ma non
prevalente. Si tratta di una disaffezione al
progetto politico che non ha corrisposto
alle attese.
Innanzitutto perché c’è una
drammatica crescita delle diseguaglianze,
acuita fortemente dalla crisi economica.
Anche questo è un elemento riconosciuto
dal FMI per bocca del suo direttore che
parla della necessità di una globalizzazione
benevola, dal volto più umano, capace di
redistribuire la ricchezza.
E proprio questo è il problema
centrale. Sembra cadere definitivamente il
tema dell’autoregolazione dei mercati e della
sua capacità di produrre ricchezza diffusa,
dato che invece è accaduto il contrario. Ma
la redistribuzione della ricchezza richiede
un chiaro e pesante intervento politico nel
momento in cui la politica appare sempre
più messa nell’angolo.
L’Europa infatti si qualifica molto
nettamente per due aspetti centrali,
come evidenzia una recente indagine di
Eurobarometro:
Ma le richieste vertono su un
allargamento delle politiche comuni:
La pace tra gli stati
membri dell'UE
La politica
agricola comune
Il livello di benesere sociale
( salute,educazione,
pensione) nell'UE
Il potere
economico dell'UE
L'influenza politica
e dplomatica
dell'UE nel mondo
I programmi di scambio
tra studenti dell'UE
come l'ERASMUS
L'EURO
La libera circolazione
di persone, beni
e servizi nell'UE
56%
55%
25%
22%
19%
19%
18%
10%
FONTE: Eurobarometro (nov-2015)
La libera circolazione dei cittadini
dell'Unione, per vivere, lavorare e
studiare in qualsiasi paese UE
78%
Una politica di sicurezza e di
difesa comune tra gli Stati
membri dell'Unione europea
72%
Una politica energetica
comune tra gli Stati membri
dell'Unione europea
70%
Una politica comune europea
in materia di immigrazione68%
Una politica estera comune
dei 28 Stati membri dell'UE
63%
Un'unione economica e
monetaria europea con una
moneta unica, l'euro
56%
Libero scambio e accordi di
investimento tra l'Unione europea
e gli Stati Uniti
53%
Un ulteriore allargamento
dell'Unione Europea ad altri Paesi
nei prossimi anni
38%
FONTE: Eurobarometro (nov-2015)
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
16
E per rafforzare l’identità europea
al primo posto ci sono i temi del welfare,
come ci ricorda sempre Eurobarometro.
Oggi le difficoltà dei singoli paesi
sono evidenti, con molti di essi che
evidenziano un elevato rischio di povertà:
E anche in Italia la povertà si
mantiene rilevante e segna una profonda
frattura territoriale:
Come molti suggeriscono, la
risposta ad una crisi lunga, intensa e non
uniforme poiché tende a colpire di più
segmenti specifici della popolazione, ed in
particolare i giovani, non può che passare
attraverso un surplus di coesione e quindi
di politica europea. Anche perché la crisi
sociale innescata da questi processi
presumibilmente durerà più a lungo della
crisi economica.
E questo tema mette in evidenza la
strettoia in cui si trova l’Europa, tra la
necessità di ampliare gli spazi di governo
effettivo dell’economia (appunto il tema
della redistribuzione), la necessità
di rivedere i criteri e gli strumenti
dell’austerità e le pulsioni diffuse che
spingono alla chiusura e all’esclusione.
È evidente che molto del peso e
delle responsabilità dell’attuazione di
un percorso che sganci l’Europa dalla
crisi, politica innanzitutto, in cui si
trova pesa sulle spalle della Germania:
MEDIA UE (28)
ITALIA
CROAZIA
PORTOGALLO
BULGARIA
MACEDONIA
GRECIA
SPAGNA
SERBIA
ROMANIA
REPUBBLICA CECA
NORVEGIA
ISLANDA
PAESI BASSI
DANIMARCA
SLOVACCHIA
FINLANDIA
FRANCIA
SVIZZERA
AUSTRIA
SLOVENIA
UNGHERIA
SVEZIA
BELGIO
IRLANDA
GERMANIA
REGNO UNITO
POLONIA
25,4%
25,4%
22,2%
22,1%
22,1%
21,8%
19,5%
19,4%
19,4%
17,0%
16,8%
16,7%
25,4%
15,6%
15,5%
15,0%
14,5%
14,1%
13,8%
13,3%
12,8%
12,6%
12,1%
11,6%
10,9%
9,7%
7,9%
17,2%
FONTE: Eurostat
4,4%
19,6%
21,5% 21,4% 21,1%
9,9%
10,8%10,4% 10,3%
5,2% 7,2% 7,1% 6,6% 6,3%4,6% 4,9%
FONTE: Istat
Anni 2011-2014, valori percentuali
‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14
‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14
0 0
0 0
NORD CENTRO
SUD ITALIA
A RISCHIO DI POVERTÀ (ANNO 2014)
INCIDENZA DI POVERTÀ RELATIVA PER
RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
17
“Se nella situazione impietosa in cui è
scivolata l’Europa è dovere di tutti i suoi
partner fare ognuno la propria parte per
scongiurare una disintegrazione della
Ue, è un fatto che da Berlino dipende,
in primo luogo, il futuro dell’Europa
comunitaria. […]Ciò comporta, in
sostanza, una concreta sensibilità ed
apertura della Germania verso soluzioni
sinergiche che valgano a coniugare
stabilità finanziaria, crescita economica
ed equità sociale. D’altronde, si tratta di
rilanciare e legittimare quella che in fondo
costituisce la precipua ragion d’essere
della Comunità Europea”.2
I primi segnali in questo senso non
sono del tutto confortanti. Schauble
in particolare tende ad enfatizzare il
ruolo dei governi a scapito di quelli della
Commissione e pensa ad un’Europa a due
velocità, convinto che un rafforzamento
dell’intergovernativo funzionerebbe
così come, a suo parere, ha funzionato
durante la crisi. Se pragmaticamente
potrebbe funzionare, sembra essere
distante dalla richiesta di una visione e
di un’empatia che i cittadini si aspettano.
E poi il prossimo anno ci saranno le
elezioni legislative in Germania. Pensare
a concessioni in questo momento è
improbabile.
Quindi di nuovo una situazione
di grande difficoltà. Con il rischio
di ritrovarsi nelle condizioni iniziali
mirabilmente descritte da Joschka Fisher:
“Il nostro destino è di stare al centro. La
Germania è troppo grande per l’Europa
e troppo piccola per avere un ruolo
globale come stato indipendente. […] ci
siamo svegliati ed improvvisamente ci
siamo accorti di avere un ruolo da leader,
almeno in Europa, senza averne la voglia.
Il paese non aveva la minima idea di cosa
volesse dire avere un ruolo egemone”.3
In tutto questo si inserisce, con
forza preponderante, il tema dei flussi
migratori e della loro gestione che sono
stati in gran parte alla base delle ultime
reazioni negative dei cittadini verso
l’istituzione europea. Su questo anche
e forse soprattutto gli italiani chiedono
un intervento forte e visibile dell’Europa,
che si ritiene abbia lasciato solo il nostro
paese a gestire l’emergenza.
Tanto più che gli italiani ritengono
che l’immigrazione sia solo un problema,
senza ricadute positive sull’economia:
Su questa sfida è strategico che
l’Europa trovi una via praticabile e
fattiva. Prima che il 2 ottobre, quando
ci saranno il referendum ungherese sui
profughi e la ripetizione del ballottaggio
in Austria, segni un ulteriore passo verso
la disgregazione.
FONTE: Ipsos Global View on immigration Tracking
2011 2015 – Agosto 2015
L'immigrazione ha messo a
dura prova i servizi pubblici
nel nostro Paese (ad esempio
la salute, i trasporti, i servizi
educativi)
67%
A causa degli immigrati è più
difficile trovare un lavoro
54%
La priorità dovrebbe essere
data agli immigrati con livelli
di istruzione più alta o a quelli
con qualifiche professionali
carenti nel Paese che li ospita
24%
L'immigrazione è un bene per
l'economia del nostroPaese
14%
Ci sono troppi immigrati
nel nostro Paese
71%
2 - Valerio Castronovo, L’Europa e la rinascita dei
nazionalismi, Laterza, Roma-Bari, 2016, pp.207-208
3 - Citato in Gian Enrico Rusconi, Egemonia
vulnerabile. La Germania e la sindrome di Bismarck,
Il Mulino, Bologna, 2016
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
18
Gli scenari economici di
Confindustria del giugno 2016 hanno un
titolo emblematico: “La risalita modesta e
i rischi di instabilità”.
Pur se forse troppo segnato dallo
shock Brexit e dai diffusi timori che
un risultato negativo al referendum
costituzionale possa produrre
conseguenze non irrilevanti sulla
modernizzazione e quindi sulla capacità
di ripresa del paese, è indubbiamente una
sintesi efficace delle condizioni attuali e
delle percezioni dei consumatori.
Un decremento della fiducia dei
consumatori è ben evidenziato da Istat:
L’ECONOMIA
LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI (2010=100)
Clima EconomicoClima Consumatori Clima Personale
2015 2016
20142013201220112010
giumagaprmarfebgendicnovottsetagoluggiu
160
150
140
100
110
120
110
100
90
0
0
80
130
FONTE: Istat
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
19
migliorerà peggiorerà
2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1°sem
2008
2016
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
giumagaprmarfebgen
40%
30%
20%
10%
0%
0%
30%
20%
10%
FONTE: banca dati sondaggi Ipsos
La dinamica sembra molto evidente:
dalla fine del 2014 risale la fiducia
dei consumatori, trainata dal clima
economico, più che dal clima personale.
Ma dagli inizi del 2016 si assiste ad
un’evidente contrazione, anche in questo
caso trainata dal clima economico,
mentre la contrazione di quello personale
è più contenuta.
Questo clima è evidenziato anche dai
nostri sondaggi continuativi:
LE PREVISIONI SULLA PROPRIA
SITUAZIONE PERSONALE
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
20
In questo caso il pessimismo
rispetto alla propria situazione personale
tende ad essere un po’ più evidente.
In sostanza si tratta di una sorta di
strabismo rovesciato: nei primi anni della
crisi il paese appariva in netta difficoltà
mentre l’impatto diretto sulle proprie
condizioni di vita era un po’ più ridotto,
oggi la situazione appare rovesciata. Il
miglioramento dell’andamento economico
del paese, pur con le recenti contrazioni,
sembra più evidente rispetto all’impatto
sulla situazione personale. In soldoni,
tra luci e ombre, sicuramente in maniera
stentata, l’Italia sta dando qualche
segnale di ripresa, ma questa non si è
ancora ripercossa nella vita quotidiana
dei cittadini.
Questo panorama è confermato da
gran parte delle stime e delle previsioni:
E se i consumi hanno dato segnali
positivi che dovrebbero confermarsi nel
2016, le previsioni si orientano su un calo
nel 2017.
Lo prevede Confindustria, così come
altre fonti autorevoli.
Il clima insomma è davvero percorso
da luci ed ombre. Oggi chi pensa che
l’uscita dalla crisi sia lunga, tra i 5 e i
10 anni, è poco meno della metà degli
italiani. Ma se la crisi è cominciata nel
2008 e finirà, se va bene, nel 2021,
l’arco è quello di una generazione. In
sostanza gli italiani hanno interiorizzato
la crisi e percepiscono una evidente
precarizzazione della loro condizione di
vita, non solo lavorativa.
Lo evidenziano i giovani lavoratori:
Con la pratica scomparsa del
pilastro della previdenza sempre più
messo in discussione non solo dai giovani
ma anche dai lavoratori maturi:
COME SI PERCEPISCE IL PROPRIO
FUTURO TRA 10 ANNI PRESSO I GIOVANI
LAVORATORI:
%
Intesa San Paolo
24 GIUGNO 2016
PIL var. % DEFICIT/PIL %
2016 2017
Governo
8 APRILE 2016
ISTAT
17 MAGGIO 2016
FMI
23 MAGGIO 2016
Commissione europea
3 MAGGIO 2016
UniCredit
24 MARZO 2016
OCSE
18 FEBBRAIO 2016
Banca d’Italia
6 GIUGNO 2016
Deutsche Bank
13 MAGGIO 2016
Prometeia
6 MAGGIO 2016
IHS Global Insight
22 GIUGNO 2016
REF
27 GIUGNO 2016
CSC
28 GIUGNO 2016
Citigroup
29 GIUGNO 2016
2016 2017
1,2
1,4
1,2
1,4
1,1
1,4
1,1
1,3
1,1
1,3
1,2 1,2
1,0
1,4
1,1 1,2
1,1 1,1
1,0 1,1
0,9 1,0
0,6
<1,0
0,8 0,6
0,8 0,3
2,5
1,9
2,3
1,8
2,7
1,6
2,4
1,9
2,4 1,4
2,5
2,1
2,4
2,1
2,6
2,2
2,4 2,3
2,5 2,3
2,5 2,3
a livello economico per qualità della vita
17%
11%
23%
17%
29%
31%
20%
20%
10%
22%
sarà migliore
non sa/non indica
peggiore
uguale, cioè negativo come ora
uguale cioè positivo come ora
FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
21
E questa condizione di
precarizzazione si riverbera sulla
percezione della propria condizione
sociale come ci ricordano le indagini sul
capitale sociale di Diamanti:
È la pratica scomparsa del ceto
medio. Indice di un problema non solo
sociale ma politico, dato che il ceto
medio è stato il nerbo delle democrazie
moderne.
LA PERCEZIONE DI CLASSE
LA PENSIONE BASTERÀ?
giovani lavoratori lavoratori maturi
2%
5%
12%
20%
22%
38%
sì, completamente
non credo che avrò mai una pensione pubblica
no, non mi farà vivere in maniera accettabile
no, dovrò ridurre drasticamente il mio tenore di vita
sì ma dovrò fare qualche rinuncia
non so
29%
25%
31%
11%
2%
5%
FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015
2006
2008
2011
2016
28% 60% 12%
44% 48%8%
42% 50%8%
54% 39%7%
bassa-medio/bassa media alta-medio/alta
FONTE: sondaggio Demos & PI aprile 2016
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
22
CHI È IL MAGGIOR SCONFITTO DI
QUESTA TORNATA ELETTORALE?
È difficile decretare chi sia il
vincitore e chi lo sconfitto di questa
tornata elettorale. La difficile
comparabilità dei dati e l’elevato
astensionismo rendono l’analisi del voto
particolarmente complesso. Tuttavia, se
le osserviamo in un’ottica nazionale e
non solo locale queste elezioni segnano
un passaggio molto importante: la
trasformazione del M5S da partito di
protesta in partito di governo. Seppur
la vittoria di Roma e Torino segna la
maturità politica del movimento di
Beppe Grillo, attenzione comunque a non
sottovalutare l’effetto bandwagon per
il M5S. Un effetto simile a quello che si
verificato alle Elezioni Europee del 2014
quando il Partito Democratico di Matteo
Renzi ha ottenuto il fatidico 40,8% e
nelle settimane successive la fiducia nel
Premier schizzò al 70% e le intenzioni di
voto per il PD superarono il 43%.
A SUO AVVISO QUAL È IL SIGNIFICATO
POLITICO DI QUESTE ELEZIONI?
Come suggerisce il titolo di
quest’edizione speciale di Flair ”Il
disordine crescente”, questa tornata
elettorale ribadisce una tendenza in atto
dal 2013: ovvero l’estrema fluidità del
sistema politico italiano. Quello attuale
si conferma un sistema poli-centrico in
cui le opinioni e i giudizi verso partiti
e leader sono estremamente volatili.
Le appartenenze politiche sempre più
deboli e la comunicazione sempre più
veloce disorientano l’elettorato, ed è
in un contesto sempre più liquido come
quello attuale che gli elettori si rifugiano
nell’astensionismo. Basti pensare che i
sindaci delle grandi città sono stati tutti
eletti da meno di un terzo degli elettori.
I DATI MOSTRANO CHE NELLE GRANDI
CITTÀ I CANDIDATI DEL CENTROSINISTRA
HANNO OTTENUTO UNO SCARSISSIMO
CONSENSO NELLE PERIFERIE. COME SPIEGA
QUESTO RISULTATO?
Come ha riconosciuto lo stesso Piero
Fassino dopo il risultato di Torino: “Il voto
riflette una situazione di crisi sociale che
si è sentita nelle grandi città”. Stiamo
assistendo infatti ad un momento storico
in cui le fratture sociali, le divisioni
inclusi/esclusi, garantiti/non garantiti,
élite/popolo si fanno sempre più marcate.
ALCUNE RIFLESSIONI:
INTERVISTA A NANDO
PAGNONCELLI
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
23
Stando ai dati, il Partito Democratico non
è riuscito ad intercettare quelle categorie
maggiormente colpite dalla crisi. Hanno
votato per il M5s, oltre ai giovani, i ceti
più in disagio, come gli autonomi, gli
operai e i disoccupati e questo effetto
si è dimostrato in maniera plastica
nelle grandi città. C’è poi da aggiungere
un ulteriore elemento: la campagna
elettorale per le amministrative è stata
condizionata dal dibattito sul referendum
costituzionale, soprattutto all’interno del
PD. I problemi delle città hanno perso di
significato e di importanza e questo ha
sicuramente avvantaggiato il M5S.
DOPO LA VITTORIA DEL M5S A ROMA
E TORINO MATTEO RENZI HA DICHIARATO:
“QUELLO PER IL M5S NON È UN VOTO DI
PROTESTA MA DI CAMBIAMENTO”. LEI
CONDIVIDE QUESTA AFFERMAZIONE?
In realtà credo che esistano
entrambi gli aspetti. Per una parte degli
elettori, il voto espresso per il M5S è
ancora un voto di protesta, per altri
invece una richiesta e una speranza
di cambiamento. Al momento il M5S è
senza dubbio l’unico partito in grado di
canalizzare la “domanda di cambiamento”.
Tuttavia quanto durerà questa luna di
miele? Vorrei ricordare che quella del
cambiamento, anche come sola forza
argomentativa, non è un tema nuovo
nel nostro paese: è nato nel 2011 con
i sindaci arancioni, passando per il
risultato inaspettato del M5S alle elezione
politiche del 2013, fino alle primarie del
Partito Democratico nel 2013. Piacciano
o meno, Matteo Renzi in questi due anni
e mezzo di governo ha attuato delle
riforme importanti per il nostro paese.
Quindi la mia domanda è: che genere di
cambiamento chiedono realmente gli
italiani? La mia sensazione è che questo
paese sia restio al cambiamento e che chi
ci cerca di attuarlo, indipendentemente
dall’area politica a cui appartiene, ne
rimanga poi vittima in prima persona.
ARRIVIAMO AL TEMA FORSE PIÙ
IMPORTANTE IN QUESTO MOMENTO: IL
BREXIT. SECONDO MOLTI LA CAMPAGNA PER
IL REMAIN - E LO STESSO JEREMY CORBYN- È
STATA TROPPO “SOFT” RISPETTO A QUELLA
DEL LEAVE. SE GLI ORGANIZZATORI E IL
LABOUR PARTY FOSSERO INTERVENUTI CON
MAGGIOR FORZA SIA ARGOMENTATIVA CHE
ORGANIZZATIVA IL RISULTATO SAREBBE
STATO DIVERSO?
Sicuramente sì. Quello che è
mancato nella campagna per il Remain
è stata una forza argomentata positiva.
E’ stato uno scontro tra paure. Si è
discusso solo delle conseguenze negative
dell’uscita dall’Unione Europea e poco
dei benefici che comporta essere
membro della grande famiglia europea.
Come abbiamo già detto nelle pagine
precedenti, il Brexit segna la fine del voto
razionale e il fallimento di una classe
dirigente, non solo britannica, che si
dimostra sempre meno all’altezze dei
grandi avvenimenti in corso in questi
ultimi anni.
GLI ITALIANI SONO PREOCCUPATI
SULLE POSSIBILI CONSEGUENZE DEL BREXIT
NEL NOSTRO PAESE?
Sì, e in particolare sono
preoccupati di un possibile effetto Brexit
sull’economia del nostro paese, proprio
ora che sta facendo segnare timidi segni
di ripresa. In un recente sondaggio Ipsos
per il Corriere della Sera il 50% degli
italiani si aspetta conseguenze negative.
Ancora una volta il pessimismo è più
evidente tra i ceti deboli: le persone più
anziane, quello meno istruite e i «non
garantiti» (disoccupati, commercianti,
artigiani, piccoli imprenditori).
E SE ANCHE IN ITALIA CI FOSSE UN
REFERENDUM SULL’USCITA DALL’UNIONE
EUROPEA, GLI ITALIANI COSA
VOTEREBBERO?
Nonostante i trend di lungo
periodo mostrino un evidente calo
nella fiducia nell’UE, nel nostro paese
rimane una certe tendenza europeista.
IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI
24
La maggioranza degli italiani si dichiara
contraria all’uscita dell’Italia dall’UE.
C’è comunque una larga percentuale
(42%) di cittadini che si dichiara
favorevole a indire un referendum in
proposito, nonostante l’articolo 75 della
Costituzione lo escluda esplicitamente.
STANDO AL BREXIT E ALL’AVANZATA
DEI MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA
ANTIEUROPEISTI SEMBREREBBE CHE IL
PROGETTO EUROPEISTA STIA FALLENDO.
QUESTO VUOL DIRE CHE I CITTADINI
EUROPEI CHIEDONO MENO INTEGRAZIONE?
No, in realtà è l’esatto contrario:
i cittadini europei chiedono più Europa
e una maggiore integrazione. Qui il
distacco sembra essere dettato dalla
delusione per un progetto politico che
non decolla. Come l’Eurobaromentro ci
indica da diversi anni, i cittadini europei,
in particolare la generazione Erasmus,
chiedono più welfare, più politiche
comuni, una vera unione politica, anche
se ciò contrasta con la resistenza a
cedere ulteriore sovranità nazionale.
La retorica dell’Unione Europa che ci ha
permesso di vivere il periodo di pace più
lungo della storia non attecchisce più su
una generazione nata con gli smartphone.
La pace viene data per scontata,
nessuno o quasi conosce il manifesto
di Ventotene o i motivi che portarono
al trattato di Parigi del 1951 che istituì
la CECA o a quello di Roma del 1957,
da cui nacque la Comunità Economica
Europea. Bisognerebbe dunque lavorare
e comunicare nuovi valori che vadano
oltre l’Europa dell’austerità, del rigore e
della tecnocrazia. È necessario un nuovo
mito fondativo. Solo in questo modo si
potranno arginare quei fenomeni populisti
che stanno dilagando in Europa, e non
solo, che sempre più fanno leva sulle
emozioni e sulle paure dei cittadini.
PASSIAMO ADESSO ALL’ECONOMIA.
NELL’ULTIMO ANNO NEL NOSTRO PAESE CI
SONO STATI, SEPPUR PICCOLI, CENNI DI
RIPRESA MA GLI ITALIANI DICHIARANO CHE
IN FUTURO LA LORO SITUAZIONE PERSONALE
PEGGIORERÀ. COME SE LO SPIEGA?
Con un concetto: mancanza di
fiducia. C’è un forte disallineamento
tra le aspettative personali e i dati
reali. Nonostante gli indicatori facciano
segnare un lieve miglioramento della
condizione generale del nostro paese, non
si percepiscono ancora i miglioramenti a
livello personale e familiare. Insomma, il
paese sta faticosamente uscendo dalla
crisi ma io non ne sto traendo benefici.
Questo fenomeno è particolarmente
evidente nelle nuove generazioni,
che avendo interiorizzato la crisi,
percepiscono il loro futuro sempre più
grigio e precario.
Design The Visual Agency
Il disordine crescente: l’Italia tra crisi della leadership e turbolenze internazionali

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Il disordine crescente: l’Italia tra crisi della leadership e turbolenze internazionali

  • 1. L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI IL DISORDINE CRESCENTE:
  • 2. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 2 IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI Dopo le elezioni amministrative e il Brexit un aggiornamento del clima politico, economico e social del Paese. GLI SPECIALISTI Nando Pagnoncelli Luca Comodo A PROPOSITO DI IPSOS: Ipsos è una società di ricerca di mercato indipendente, controllata e gestita da professionisti della ricerca. Fondata in Francia nel 1975, Ipsos è cresciuta come gruppo di ricerca internazionale, con una forte presenza in tutti i mercati chiave. Nell’ottobre 2011 Ipsos ha completato l’acquisizione di Synovate. La combinazione ha costituito la terza più grande società di ricerche di mercato del mondo. Con uffici in 87 paesi, Ipsos offre expertise in sei specializzazioni di ricerca: pubblicità e media, fidelizzazione del cliente, marketing mix, opinione pubblica e survey management. www.ipsos.it
  • 3. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 3
  • 4. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 4 UN DISASTRO ANNUNCIATO Il voto delle amministrative, per quanto, come vedremo, non estendibile automaticamente ai comportamenti dell’insieme degli elettori, è stato comunque, dal punto di vista delle sue conseguenze politiche, un tornante rilevante, che ha riguardato innanzitutto il PD e il progetto renziano. Le difficoltà del Presidente del Consiglio sono diventate sempre più evidenti. La valutazione che se ne dà da parte degli elettori raggiunge i punti più bassi nel luglio 2015, partendo dal livello elevatissimo delle europee. E, al di là di qualche sbalzo, non riesce più a riprendersi. Già con la crisi post elezioni regionali il tema era decisamente chiaro: il rapporto con il territorio da un lato, la relazione con i ceti deboli dall’altro. Il rapporto con il territorio: la rottamazione che ha convinto molti degli italiani, un cambiamento radicale di un sistema percepito come oramai degenerato, non sembra ripercuotersi sulle realtà regionali. Il distacco del partito dai territori è sempre più evidente. Un primo segnale si era avuto nell’autunno 2014 con le elezioni in Emilia Romagna dopo le dimissioni di Vasco Errani rinviato a giudizio (e dopo circa due anni completamente assolto). TABELLA 1. LA VALUTAZIONE DELL’OPERATO DEL GOVERNO E DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Premier Governo 0 2014 2015 2016 giumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmar 40 30 50 60 70
  • 5. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 5 Una partecipazione ai minimi storici, frutto della delusione e dello scarso investimento sull’istituzione regione. La tornata del 2015 conferma le difficoltà, sia in termini di partecipazione (complessivamente si reca alle urne meno del 50% degli elettori richiamati al voto), sia in termini di risultati. Se da un lato infatti il PD conferma la propria prevalenza in cinque delle sette regioni coinvolte, lo fa però con evidenti difficoltà soprattutto nelle regioni “rosse”, dove i candidati perdono oltre 10 punti rispetto alle elezioni precedenti. E ottiene una secca sconfitta in Liguria, a causa delle divisioni e della cattiva gestione del percorso delle primarie e dei rapporti interni al PD, nonché un risultato imbarazzante in Veneto, dove la candidata avrebbe dovuto essere una delle punte del nuovo corso renziano. Bene in Campania e Puglia, ma si tratta di due “repubbliche autonome”, dove contano esclusivamente o quasi i due leader locali, De Luca ed Emiliano. La relazione con i ceti deboli: la crisi di consenso di Renzi, pur trasversale per le dimensioni in cui si esplicita, colpisce di più i ceti che sono esposti alle difficoltà economiche. Se infatti il calo è di circa 35 punti mediamente tra operai e disoccupati raggiunge e supera i 40 punti, come avviene anche nel Sud del paese. E superiore alla media è il calo del consenso tra le casalinghe, che spesso gestiscono il bilancio quotidiano delle famiglie. È un gap che non si recupererà. Le elezioni comunali sembrano certificare che non si tratta di una défaillance momentanea ma di una vera e propria frattura la cui ricomposizione richiede probabilmente una profonda revisione strategica.
  • 6. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 6 Se compariamo la popolarità di Renzi con i governi italiani più recenti, è evidente come le performances del Presidente del Consiglio siano preoccupanti: Questi i dati a poco prima delle elezioni amministrative. 17 mag 2006 - 8 mag 2008 Romano Prodi 55 36 57 8 mag 2008 - 16 nov 2011 Silvio Berlusconi 2007 2008 2009 2010 2011 Images licensed under Creative Commons CC BY 2.0 Generic. (https:// creativecommons.org/licenses/by/2.0/). Edited from originals. Credits—Photos (in order of use): 1) “Photo L2007021412380” by Public.Resource.Org Source: https://flic.kr/p/Hq64WL 2) “#ServizioPubblico stasera farà il record della Social TV” by paz.ca Source: https://flic.kr/p/dKkHGX
  • 7. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 7 76 67 62 25 47 38 27 16 nov 2011 - 28 apr 2013 Mario Monti 28apr 13 - 22feb 14 Enrico Letta 22 feb 2014 Matteo Renzi 2012 2013 2014 2015 2016 3)” Mario Monti, President of Università Bocconi and Praesidium Member of Friends of Europe” by Friends of Europe Source: https://flic.kr/p/avQTEu 4) “Visita Oficial del señor Enrico Letta, Presidente del Consejo de Ministros de la República Italiana: Ceremonia Oficial de Bienvenida.” by Presidencia de la República Mexicana Source: https://flic.kr/p/jbENWZ 5) “Matteo Renzi a San Giobbe” by Università Ca’ Foscari Venezia Source: https://flic.kr/p/zYC4pP
  • 8. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 8 Come abbiamo più volte detto, l’analisi del voto delle amministrative è particolarmente complesso per diverse ragioni: • La difficile comparabilità dei dati. Se infatti si scegliesse di comparare i risultati alle precedenti tornate amministrative, ci si troverebbe di fronte ad un impetuoso incremento dei 5stelle. Dato assolutamente vero, beninteso, ma superato, poiché nel frattempo ci sono state le elezioni politiche che hanno sancito la rilevante presenza di questa formazione nell’arena politica. Se si scegliesse di compararli con le Europee 2014 si produrrebbe anche qui una distorsione: sono state il momento, presumibilmente irripetibile, del più elevato consenso recente al PD. In questo caso troveremmo un crollo di questo partito, dato vero anch’esso ma di dubbia utilità interpretativa; • La difficoltà nell’identificare precisamente le coalizioni. In molti comuni si registra una diffusa presenza di liste civiche, non sempre chiaramente collegabili ad una o all’altra coalizione. Elemento che rende ulteriormente complessa e aleatoria la comparazione dei dati; • La difficoltà nel dare un peso effettivo ai principali partiti. Come per le coalizioni, la comparazione dei principali partiti manifesta margini di ambiguità. Per quanto chiaramente identificabili, in molti casi si registra la presenza di liste del sindaco che drenano voti di questi stessi partiti. Anche qui comparazione discutibile; • La scarsa omogeneità. In diversi comuni il MoVimento 5stelle non si è presentato, in altri mancano coalizioni o partiti (emblematico il caso di Salerno). La lettura sul totale quindi non è del tutto corretta; • L’elevato astensionismo: con l’eccezione di Roma, che vede crescere la partecipazione rispetto alle amministrative precedenti, in tutte le principali città essa cala vistosamente. Il che induce ulteriormente a considerare i dati con un certo distacco. Detto per inciso, i sindaci delle grandi città sono stati tutti eletti da meno di un terzo degli elettori: LE AMMINISTRATIVE: IL RIFIUTO DEL SISTEMA LA PARTECIPAZIONE AL VOTO NELLE PRINCIPALI CITTÀ BOLOGNA TORINO NAPOLI MILANO ROMA 57,2% 52,8% 4,4% 54,7% 67,6% -13,0% 54,1% 60,3% -6,2% 57,2% 66,5% -9,4% 59,7% 71,4% -11,8% 2016 precedenti delta
  • 9. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 9 A queste motivazioni potremmo aggiungerne altre (ad esempio la plateale differenza nel comportamento di voto delle città, funzione dell’offerta politica e della capacità coalizionale, come evidenziano i risultati di Forza Italia, praticamente scomparsa a Torino, in piena salute a Milano), ma queste crediamo siano sufficienti. Ma, detto questo, non sfugge a nessuno il significato politico di queste consultazioni. Per il PD sembra essere stato prevalente tra gli elettori un atteggiamento “generale”, con poche eccezioni come ad esempio Milano e Varese, per cui il voto appare essere espresso prevalentemente contro, per un cambiamento purchessia, pensando più al livello nazionale che non al livello locale. Emblematico di questo voto “antisistema” il caso di Torino. Una città con una qualità della vita decisamente buona e dove sindaco e amministrazione erano tutto sommato salvati dagli elettori come emerge da un nostro sondaggio del novembre 2015: Con una percezione prevalente che Torino si muovesse sul binario giusto. La conclusione è stata una sconfitta quasi umiliante per il sindaco. Certo, c’è stata una convergenza tutta politica dell’elettorato di centrodestra sulla candidata pentastellata e la partecipazione ha visto recarsi alle urne solo poco più della metà degli elettori. Ma il dato politico è evidente. E colpisce il fatto che siano state prevalentemente le periferie a decretare la sconfitta del sindaco, ex comunista formatosi a Mirafiori. Lo stesso avviene a Roma. Vale la pena riportare la cartina dei voti nei municipi al primo turno che dà l’idea plastica del voto (in viola Raggi, in verde Giachetti): Si potrebbe pensare che sia un fenomeno collegato alla presenza dei candidati pentastellati: in una situazione di disagio evidente a Torino e massima per Roma, non ci si può aspettare altro. Ma in realtà non è così. Se guardiamo infatti al dato di Milano, dove la competizione si è ristretta ai due candidati di coalizioni “classiche”, i risultati sono gli stessi: % VOTI OTTENUTI DAL SINDACO ELETTO SUL TOTALE DEGLI AVENTI DIRITTO 32,6%ROMA 29,1% 27,9% MILANO NAPOLI 26,3%TORINO 23,6%BOLOGNA positivo negativo non sa 50,0% 47,0% 47% 47% 2%3% AMMINISTRAZIONE SINDACO ROMA: CANDIDATO PIÙ VOTATO PER QUARTIERE – PRIMO TURNO
  • 10. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 10 Il candidato di centrodestra, manager anch’esso e sicuramente privo di profili populisti, vince nelle estreme periferie: Comasina, Quarto Oggiaro, Baggio, Corvetto…In entrambe le città del Nord, sia pur con importanti differenze, i fenomeni sono molto simili. A Milano il voto per condizione professionale si esprime così: Il voto di chi è più colpito dalla crisi tende a privilegiare Parisi. Anche a Torino, in un contesto politico profondamente differente, troviamo analoghe tendenze: Solo tra i pensionati si mantiene un apprezzabile consenso a Fassino. Ma anche qui sono i ceti più a disagio (autonomi, operai, disoccupati) che si orientano sull’Appendino. Sembra quindi che anche in riferimento ad un’offerta politica sensibilmente differente, i comportamenti tendono ad assomigliarsi. È il segno di una frattura che sembra diventare drammatica. 31% 42% 33% 36% 44% 53% 60% 58% 67% 64% 56% 47% 40% Fassino Appendino 45% 55% 69% imprenditori, professionisti, dirigenti pensionati casalinghe studenti disoccupati, inoccupati operai ed affini impiegati, insegnanti autonomi, commercianti, artigiani DELTA SALA-PARISI 2,3% 0,6% 5,3% 2,2% 12,6% 6,4% -1,7% -5,9% 3,5% -3,5% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 ZONA delta 7,7% 0,2% -4,5% -4,6% 1,1% -0,5% -0,6% -4,9% 0,6% -5,6% 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 0,9%totale Sala Parisi 51% 47% 54% 45% 46% 63% 48% 54% 49% 53% 46% 55% 54% 37% 52% 46% imprenditori, professionisti, dirigenti pensionati casalinghe studenti disoccupati, inoccupati operai ed affini impiegati, insegnanti autonomi, commercianti, artigiani
  • 11. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 11 “L’analisi politologica individua quattro grandi fratture – i cleavages – che spaccano in due parti contrapposte grandi aggregati di popolazione: città e campagna, operai e padroni, centro e periferia, Stato e Chiesa. La profondità e la durata di queste fratture saranno determinanti nel fornire ai nascenti partiti di massa un serbatoio costante di partecipazione e sistemi valoriali, che consentiranno loro di consolidare la propria organizzazione come attore istituzionale.”1 Si tratta di fratture ancora attuali che però, non governate, producono lacerazioni. L’avanzata dei populismi ci racconta questo processo in maniera evidente. Tutti i profili di voto richiamano queste divisioni. Ad esempio la recente consultazione austriaca per la Presidenza. Vinta di un soffio (ma il voto andrà ripetuto per vizi riscontrati nei voti espressi per corrispondenza) da Van der Bellen, contro Hofer, un esponente esplicitamente xenofobo e di ultradestra. Con una drammatica spaccatura città/campagna che indica una faglia che sempre più si va allargando. Non solo in Italia o in Austria. È in fondo una frattura che parla a tutto l’occidente: LA FRATTURA POPOLO/ÉLITE 1 - Mauro Calise La democrazia del leader, Laterza, Roma-Basi, 2016, p.14
  • 12. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 12 In Italia si riproducono comportamenti simili e il voto metropolitano è sempre più orientato all’inclusione, quello periferico e rurale all’esclusione. Sembra quindi che questo ultimo cleavage (esclusione/inclusione) riassuma gli altri. È la frattura centrale, non solo europea. Donald Trump negli USA insiste sugli stessi temi. L’Europa sente soffiare in maniera impetuosa questo vento. È la crisi della scelta razionale (ammesso che si possa davvero pensare che sia stata l’aspetto prevalente delle decisioni umane). E la Brexit lo evidenzia drammaticamente.
  • 13. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 13 La crisi dell’istituzione europea è anch’essa annunciata da tempo. Il trend della fiducia presso gli italiani lo evidenzia plasticamente: Il calo di fiducia nella UE, drammatico in Italia come in altri paesi, è più concentrato su quelli che potremmo definire ceti dinamici: giovani, professionalizzati o studenti, con alti titoli di studio, residenti nel Nord del Paese. Qui il distacco sembra più essere dettato dalla delusione per un progetto politico che non decolla e che ha mostrato profondamente la corda nel corso della drammatica crisi economica. E in assenza di progetto politico crescono le tendenze nazionaliste, come dimostrano i dati di una recente indagine di Pew Research Center condotta in 10 paesi europei: 0 20 40 60 80 0 20 40 60 ‘08 ‘09 ‘10 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 2015 2016 feb apr lug nov feb apr Which statement best describes your views about the future of the European Union? GREECE UK SWEDEN NETHETRLANDS GERMANY HUNGARY ITALY FRANCE POLAND SPAIN Some powers should be returned to national govts Division of powers should remain the same National govts should transfer more powers to EU Note: Don’t know responses not shown. Source: Spring 2016 Global Attitudes Survey. Q49. “Euroskepticism Beyond Brexit” PEW RESEARCH CENTER 65% 25%6% 47% 38% 13% 44% 29% 24% 43% 25% 26% 40% 35% 17% 39% 26% 21% 39% 21% 34% 38% 39% 9% 35% 27% 30% 18%8%68% BREXIT: LA VITTORIA DEL POPULISMO? DISAGREEMENT ON “EVER CLOSER” UNION
  • 14. 18%15% 20% 26% 22% non sa Per nulla favorevole Poco favorevole Abbastanza favorevole Molto favorevole 20% 22% 26%25% 7% 2% 5% 38% 11% 27%20% 35% 44% 8%12% 1% 39% 13%0% 21% 8% 6% 10% 37% 41% 6% 23% 44% 17% 31% Fonte: banca dati sondaggi Ipsos – giugno 2016 MoVimento 5 Stelle 37% 41% 22% Partito Democratico 80% 13% 7% Liste di Centro 56% 27% 17% TOTALE 46% 28% 26% altro, indecisi, astensione 41% 23% 36% Forza Italia 38% 40% 22% Lega Nord 20% 47% 33% Per rimanere in Europa Per uscire dall'Europa non voterebbe, non sa E COSA VOTEREBBE? SE CI FOSSE OGGI UN REFERENDUM SULL'USCITA DELL'ITALIA DALL'EUROPA LEI QUANTO SAREBBE FAVOREVOLE? IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 14 Sembra però che la risposta di chiusura nazionale, per quanto diffusa e presente soprattutto, come ha evidenziato il referendum in Gran Bretagna, nelle periferie, nelle zone rurali e povere, non sia davvero praticabile. L’implosione assoluta della classe dirigente inglese lo dimostra. Nessuno dei leader del paese riesce a dare una risposta e ad articolare un percorso all’altezza del dramma che si è aperto nel paese. Il fatto è che non c’era nessun piano per il dopo exit. L’Italia corre meno rischi di altri paesi. Rimane, per quanto sbiadita, una vocazione europeista importante e soprattutto è prevalente l’idea che, pur con molte perplessità l’uscita dall’Europa non sia praticabile:
  • 15. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 15 Il problema è a che prezzo e in quale direzione l’Europa saprà riprendersi. Intanto, e non è un aspetto secondario, è necessario che le élite, sempre meno riconosciute, anzi spesso contrastate e considerate un problema, riprendano la capacità di ascolto e di comunicazione. È l’incrinarsi della voce degli esperti. Gli economisti in particolare, ma non solo, sempre più additati come incapaci di prevedere o addirittura responsabili della crisi per una parte non secondaria dell’opinione pubblica. Le opinioni di questi settori sono guardate con sempre maggiore sospetto, quando non derise. Lo sottolinea con grande franchezza Christine Lagarde ai Rencontres di Aix en Provence che coinvolgono i massimi rappresentanti economici francesi e internazionali, come riportato da Repubblica: “… purtroppo si vede che gli esperti avevano ragione. Perché allora non sono stati ascoltati?”. E ancora: “… perché i nostri commenti, basati su fatti e comprovati dall’esperienza non sono serviti a convincere?”. Non si tratta solo di una progressiva crescita di atteggiamenti emotivi o irrazionali nell’elettorato, cosa vera ma non prevalente. Si tratta di una disaffezione al progetto politico che non ha corrisposto alle attese. Innanzitutto perché c’è una drammatica crescita delle diseguaglianze, acuita fortemente dalla crisi economica. Anche questo è un elemento riconosciuto dal FMI per bocca del suo direttore che parla della necessità di una globalizzazione benevola, dal volto più umano, capace di redistribuire la ricchezza. E proprio questo è il problema centrale. Sembra cadere definitivamente il tema dell’autoregolazione dei mercati e della sua capacità di produrre ricchezza diffusa, dato che invece è accaduto il contrario. Ma la redistribuzione della ricchezza richiede un chiaro e pesante intervento politico nel momento in cui la politica appare sempre più messa nell’angolo. L’Europa infatti si qualifica molto nettamente per due aspetti centrali, come evidenzia una recente indagine di Eurobarometro: Ma le richieste vertono su un allargamento delle politiche comuni: La pace tra gli stati membri dell'UE La politica agricola comune Il livello di benesere sociale ( salute,educazione, pensione) nell'UE Il potere economico dell'UE L'influenza politica e dplomatica dell'UE nel mondo I programmi di scambio tra studenti dell'UE come l'ERASMUS L'EURO La libera circolazione di persone, beni e servizi nell'UE 56% 55% 25% 22% 19% 19% 18% 10% FONTE: Eurobarometro (nov-2015) La libera circolazione dei cittadini dell'Unione, per vivere, lavorare e studiare in qualsiasi paese UE 78% Una politica di sicurezza e di difesa comune tra gli Stati membri dell'Unione europea 72% Una politica energetica comune tra gli Stati membri dell'Unione europea 70% Una politica comune europea in materia di immigrazione68% Una politica estera comune dei 28 Stati membri dell'UE 63% Un'unione economica e monetaria europea con una moneta unica, l'euro 56% Libero scambio e accordi di investimento tra l'Unione europea e gli Stati Uniti 53% Un ulteriore allargamento dell'Unione Europea ad altri Paesi nei prossimi anni 38% FONTE: Eurobarometro (nov-2015)
  • 16. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 16 E per rafforzare l’identità europea al primo posto ci sono i temi del welfare, come ci ricorda sempre Eurobarometro. Oggi le difficoltà dei singoli paesi sono evidenti, con molti di essi che evidenziano un elevato rischio di povertà: E anche in Italia la povertà si mantiene rilevante e segna una profonda frattura territoriale: Come molti suggeriscono, la risposta ad una crisi lunga, intensa e non uniforme poiché tende a colpire di più segmenti specifici della popolazione, ed in particolare i giovani, non può che passare attraverso un surplus di coesione e quindi di politica europea. Anche perché la crisi sociale innescata da questi processi presumibilmente durerà più a lungo della crisi economica. E questo tema mette in evidenza la strettoia in cui si trova l’Europa, tra la necessità di ampliare gli spazi di governo effettivo dell’economia (appunto il tema della redistribuzione), la necessità di rivedere i criteri e gli strumenti dell’austerità e le pulsioni diffuse che spingono alla chiusura e all’esclusione. È evidente che molto del peso e delle responsabilità dell’attuazione di un percorso che sganci l’Europa dalla crisi, politica innanzitutto, in cui si trova pesa sulle spalle della Germania: MEDIA UE (28) ITALIA CROAZIA PORTOGALLO BULGARIA MACEDONIA GRECIA SPAGNA SERBIA ROMANIA REPUBBLICA CECA NORVEGIA ISLANDA PAESI BASSI DANIMARCA SLOVACCHIA FINLANDIA FRANCIA SVIZZERA AUSTRIA SLOVENIA UNGHERIA SVEZIA BELGIO IRLANDA GERMANIA REGNO UNITO POLONIA 25,4% 25,4% 22,2% 22,1% 22,1% 21,8% 19,5% 19,4% 19,4% 17,0% 16,8% 16,7% 25,4% 15,6% 15,5% 15,0% 14,5% 14,1% 13,8% 13,3% 12,8% 12,6% 12,1% 11,6% 10,9% 9,7% 7,9% 17,2% FONTE: Eurostat 4,4% 19,6% 21,5% 21,4% 21,1% 9,9% 10,8%10,4% 10,3% 5,2% 7,2% 7,1% 6,6% 6,3%4,6% 4,9% FONTE: Istat Anni 2011-2014, valori percentuali ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 0 0 0 0 NORD CENTRO SUD ITALIA A RISCHIO DI POVERTÀ (ANNO 2014) INCIDENZA DI POVERTÀ RELATIVA PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
  • 17. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 17 “Se nella situazione impietosa in cui è scivolata l’Europa è dovere di tutti i suoi partner fare ognuno la propria parte per scongiurare una disintegrazione della Ue, è un fatto che da Berlino dipende, in primo luogo, il futuro dell’Europa comunitaria. […]Ciò comporta, in sostanza, una concreta sensibilità ed apertura della Germania verso soluzioni sinergiche che valgano a coniugare stabilità finanziaria, crescita economica ed equità sociale. D’altronde, si tratta di rilanciare e legittimare quella che in fondo costituisce la precipua ragion d’essere della Comunità Europea”.2 I primi segnali in questo senso non sono del tutto confortanti. Schauble in particolare tende ad enfatizzare il ruolo dei governi a scapito di quelli della Commissione e pensa ad un’Europa a due velocità, convinto che un rafforzamento dell’intergovernativo funzionerebbe così come, a suo parere, ha funzionato durante la crisi. Se pragmaticamente potrebbe funzionare, sembra essere distante dalla richiesta di una visione e di un’empatia che i cittadini si aspettano. E poi il prossimo anno ci saranno le elezioni legislative in Germania. Pensare a concessioni in questo momento è improbabile. Quindi di nuovo una situazione di grande difficoltà. Con il rischio di ritrovarsi nelle condizioni iniziali mirabilmente descritte da Joschka Fisher: “Il nostro destino è di stare al centro. La Germania è troppo grande per l’Europa e troppo piccola per avere un ruolo globale come stato indipendente. […] ci siamo svegliati ed improvvisamente ci siamo accorti di avere un ruolo da leader, almeno in Europa, senza averne la voglia. Il paese non aveva la minima idea di cosa volesse dire avere un ruolo egemone”.3 In tutto questo si inserisce, con forza preponderante, il tema dei flussi migratori e della loro gestione che sono stati in gran parte alla base delle ultime reazioni negative dei cittadini verso l’istituzione europea. Su questo anche e forse soprattutto gli italiani chiedono un intervento forte e visibile dell’Europa, che si ritiene abbia lasciato solo il nostro paese a gestire l’emergenza. Tanto più che gli italiani ritengono che l’immigrazione sia solo un problema, senza ricadute positive sull’economia: Su questa sfida è strategico che l’Europa trovi una via praticabile e fattiva. Prima che il 2 ottobre, quando ci saranno il referendum ungherese sui profughi e la ripetizione del ballottaggio in Austria, segni un ulteriore passo verso la disgregazione. FONTE: Ipsos Global View on immigration Tracking 2011 2015 – Agosto 2015 L'immigrazione ha messo a dura prova i servizi pubblici nel nostro Paese (ad esempio la salute, i trasporti, i servizi educativi) 67% A causa degli immigrati è più difficile trovare un lavoro 54% La priorità dovrebbe essere data agli immigrati con livelli di istruzione più alta o a quelli con qualifiche professionali carenti nel Paese che li ospita 24% L'immigrazione è un bene per l'economia del nostroPaese 14% Ci sono troppi immigrati nel nostro Paese 71% 2 - Valerio Castronovo, L’Europa e la rinascita dei nazionalismi, Laterza, Roma-Bari, 2016, pp.207-208 3 - Citato in Gian Enrico Rusconi, Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome di Bismarck, Il Mulino, Bologna, 2016
  • 18. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 18 Gli scenari economici di Confindustria del giugno 2016 hanno un titolo emblematico: “La risalita modesta e i rischi di instabilità”. Pur se forse troppo segnato dallo shock Brexit e dai diffusi timori che un risultato negativo al referendum costituzionale possa produrre conseguenze non irrilevanti sulla modernizzazione e quindi sulla capacità di ripresa del paese, è indubbiamente una sintesi efficace delle condizioni attuali e delle percezioni dei consumatori. Un decremento della fiducia dei consumatori è ben evidenziato da Istat: L’ECONOMIA LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI (2010=100) Clima EconomicoClima Consumatori Clima Personale 2015 2016 20142013201220112010 giumagaprmarfebgendicnovottsetagoluggiu 160 150 140 100 110 120 110 100 90 0 0 80 130 FONTE: Istat
  • 19. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 19 migliorerà peggiorerà 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1° 2°1°sem 2008 2016 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 giumagaprmarfebgen 40% 30% 20% 10% 0% 0% 30% 20% 10% FONTE: banca dati sondaggi Ipsos La dinamica sembra molto evidente: dalla fine del 2014 risale la fiducia dei consumatori, trainata dal clima economico, più che dal clima personale. Ma dagli inizi del 2016 si assiste ad un’evidente contrazione, anche in questo caso trainata dal clima economico, mentre la contrazione di quello personale è più contenuta. Questo clima è evidenziato anche dai nostri sondaggi continuativi: LE PREVISIONI SULLA PROPRIA SITUAZIONE PERSONALE
  • 20. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 20 In questo caso il pessimismo rispetto alla propria situazione personale tende ad essere un po’ più evidente. In sostanza si tratta di una sorta di strabismo rovesciato: nei primi anni della crisi il paese appariva in netta difficoltà mentre l’impatto diretto sulle proprie condizioni di vita era un po’ più ridotto, oggi la situazione appare rovesciata. Il miglioramento dell’andamento economico del paese, pur con le recenti contrazioni, sembra più evidente rispetto all’impatto sulla situazione personale. In soldoni, tra luci e ombre, sicuramente in maniera stentata, l’Italia sta dando qualche segnale di ripresa, ma questa non si è ancora ripercossa nella vita quotidiana dei cittadini. Questo panorama è confermato da gran parte delle stime e delle previsioni: E se i consumi hanno dato segnali positivi che dovrebbero confermarsi nel 2016, le previsioni si orientano su un calo nel 2017. Lo prevede Confindustria, così come altre fonti autorevoli. Il clima insomma è davvero percorso da luci ed ombre. Oggi chi pensa che l’uscita dalla crisi sia lunga, tra i 5 e i 10 anni, è poco meno della metà degli italiani. Ma se la crisi è cominciata nel 2008 e finirà, se va bene, nel 2021, l’arco è quello di una generazione. In sostanza gli italiani hanno interiorizzato la crisi e percepiscono una evidente precarizzazione della loro condizione di vita, non solo lavorativa. Lo evidenziano i giovani lavoratori: Con la pratica scomparsa del pilastro della previdenza sempre più messo in discussione non solo dai giovani ma anche dai lavoratori maturi: COME SI PERCEPISCE IL PROPRIO FUTURO TRA 10 ANNI PRESSO I GIOVANI LAVORATORI: % Intesa San Paolo 24 GIUGNO 2016 PIL var. % DEFICIT/PIL % 2016 2017 Governo 8 APRILE 2016 ISTAT 17 MAGGIO 2016 FMI 23 MAGGIO 2016 Commissione europea 3 MAGGIO 2016 UniCredit 24 MARZO 2016 OCSE 18 FEBBRAIO 2016 Banca d’Italia 6 GIUGNO 2016 Deutsche Bank 13 MAGGIO 2016 Prometeia 6 MAGGIO 2016 IHS Global Insight 22 GIUGNO 2016 REF 27 GIUGNO 2016 CSC 28 GIUGNO 2016 Citigroup 29 GIUGNO 2016 2016 2017 1,2 1,4 1,2 1,4 1,1 1,4 1,1 1,3 1,1 1,3 1,2 1,2 1,0 1,4 1,1 1,2 1,1 1,1 1,0 1,1 0,9 1,0 0,6 <1,0 0,8 0,6 0,8 0,3 2,5 1,9 2,3 1,8 2,7 1,6 2,4 1,9 2,4 1,4 2,5 2,1 2,4 2,1 2,6 2,2 2,4 2,3 2,5 2,3 2,5 2,3 a livello economico per qualità della vita 17% 11% 23% 17% 29% 31% 20% 20% 10% 22% sarà migliore non sa/non indica peggiore uguale, cioè negativo come ora uguale cioè positivo come ora FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015
  • 21. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 21 E questa condizione di precarizzazione si riverbera sulla percezione della propria condizione sociale come ci ricordano le indagini sul capitale sociale di Diamanti: È la pratica scomparsa del ceto medio. Indice di un problema non solo sociale ma politico, dato che il ceto medio è stato il nerbo delle democrazie moderne. LA PERCEZIONE DI CLASSE LA PENSIONE BASTERÀ? giovani lavoratori lavoratori maturi 2% 5% 12% 20% 22% 38% sì, completamente non credo che avrò mai una pensione pubblica no, non mi farà vivere in maniera accettabile no, dovrò ridurre drasticamente il mio tenore di vita sì ma dovrò fare qualche rinuncia non so 29% 25% 31% 11% 2% 5% FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015 2006 2008 2011 2016 28% 60% 12% 44% 48%8% 42% 50%8% 54% 39%7% bassa-medio/bassa media alta-medio/alta FONTE: sondaggio Demos & PI aprile 2016
  • 22. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 22 CHI È IL MAGGIOR SCONFITTO DI QUESTA TORNATA ELETTORALE? È difficile decretare chi sia il vincitore e chi lo sconfitto di questa tornata elettorale. La difficile comparabilità dei dati e l’elevato astensionismo rendono l’analisi del voto particolarmente complesso. Tuttavia, se le osserviamo in un’ottica nazionale e non solo locale queste elezioni segnano un passaggio molto importante: la trasformazione del M5S da partito di protesta in partito di governo. Seppur la vittoria di Roma e Torino segna la maturità politica del movimento di Beppe Grillo, attenzione comunque a non sottovalutare l’effetto bandwagon per il M5S. Un effetto simile a quello che si verificato alle Elezioni Europee del 2014 quando il Partito Democratico di Matteo Renzi ha ottenuto il fatidico 40,8% e nelle settimane successive la fiducia nel Premier schizzò al 70% e le intenzioni di voto per il PD superarono il 43%. A SUO AVVISO QUAL È IL SIGNIFICATO POLITICO DI QUESTE ELEZIONI? Come suggerisce il titolo di quest’edizione speciale di Flair ”Il disordine crescente”, questa tornata elettorale ribadisce una tendenza in atto dal 2013: ovvero l’estrema fluidità del sistema politico italiano. Quello attuale si conferma un sistema poli-centrico in cui le opinioni e i giudizi verso partiti e leader sono estremamente volatili. Le appartenenze politiche sempre più deboli e la comunicazione sempre più veloce disorientano l’elettorato, ed è in un contesto sempre più liquido come quello attuale che gli elettori si rifugiano nell’astensionismo. Basti pensare che i sindaci delle grandi città sono stati tutti eletti da meno di un terzo degli elettori. I DATI MOSTRANO CHE NELLE GRANDI CITTÀ I CANDIDATI DEL CENTROSINISTRA HANNO OTTENUTO UNO SCARSISSIMO CONSENSO NELLE PERIFERIE. COME SPIEGA QUESTO RISULTATO? Come ha riconosciuto lo stesso Piero Fassino dopo il risultato di Torino: “Il voto riflette una situazione di crisi sociale che si è sentita nelle grandi città”. Stiamo assistendo infatti ad un momento storico in cui le fratture sociali, le divisioni inclusi/esclusi, garantiti/non garantiti, élite/popolo si fanno sempre più marcate. ALCUNE RIFLESSIONI: INTERVISTA A NANDO PAGNONCELLI
  • 23. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 23 Stando ai dati, il Partito Democratico non è riuscito ad intercettare quelle categorie maggiormente colpite dalla crisi. Hanno votato per il M5s, oltre ai giovani, i ceti più in disagio, come gli autonomi, gli operai e i disoccupati e questo effetto si è dimostrato in maniera plastica nelle grandi città. C’è poi da aggiungere un ulteriore elemento: la campagna elettorale per le amministrative è stata condizionata dal dibattito sul referendum costituzionale, soprattutto all’interno del PD. I problemi delle città hanno perso di significato e di importanza e questo ha sicuramente avvantaggiato il M5S. DOPO LA VITTORIA DEL M5S A ROMA E TORINO MATTEO RENZI HA DICHIARATO: “QUELLO PER IL M5S NON È UN VOTO DI PROTESTA MA DI CAMBIAMENTO”. LEI CONDIVIDE QUESTA AFFERMAZIONE? In realtà credo che esistano entrambi gli aspetti. Per una parte degli elettori, il voto espresso per il M5S è ancora un voto di protesta, per altri invece una richiesta e una speranza di cambiamento. Al momento il M5S è senza dubbio l’unico partito in grado di canalizzare la “domanda di cambiamento”. Tuttavia quanto durerà questa luna di miele? Vorrei ricordare che quella del cambiamento, anche come sola forza argomentativa, non è un tema nuovo nel nostro paese: è nato nel 2011 con i sindaci arancioni, passando per il risultato inaspettato del M5S alle elezione politiche del 2013, fino alle primarie del Partito Democratico nel 2013. Piacciano o meno, Matteo Renzi in questi due anni e mezzo di governo ha attuato delle riforme importanti per il nostro paese. Quindi la mia domanda è: che genere di cambiamento chiedono realmente gli italiani? La mia sensazione è che questo paese sia restio al cambiamento e che chi ci cerca di attuarlo, indipendentemente dall’area politica a cui appartiene, ne rimanga poi vittima in prima persona. ARRIVIAMO AL TEMA FORSE PIÙ IMPORTANTE IN QUESTO MOMENTO: IL BREXIT. SECONDO MOLTI LA CAMPAGNA PER IL REMAIN - E LO STESSO JEREMY CORBYN- È STATA TROPPO “SOFT” RISPETTO A QUELLA DEL LEAVE. SE GLI ORGANIZZATORI E IL LABOUR PARTY FOSSERO INTERVENUTI CON MAGGIOR FORZA SIA ARGOMENTATIVA CHE ORGANIZZATIVA IL RISULTATO SAREBBE STATO DIVERSO? Sicuramente sì. Quello che è mancato nella campagna per il Remain è stata una forza argomentata positiva. E’ stato uno scontro tra paure. Si è discusso solo delle conseguenze negative dell’uscita dall’Unione Europea e poco dei benefici che comporta essere membro della grande famiglia europea. Come abbiamo già detto nelle pagine precedenti, il Brexit segna la fine del voto razionale e il fallimento di una classe dirigente, non solo britannica, che si dimostra sempre meno all’altezze dei grandi avvenimenti in corso in questi ultimi anni. GLI ITALIANI SONO PREOCCUPATI SULLE POSSIBILI CONSEGUENZE DEL BREXIT NEL NOSTRO PAESE? Sì, e in particolare sono preoccupati di un possibile effetto Brexit sull’economia del nostro paese, proprio ora che sta facendo segnare timidi segni di ripresa. In un recente sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera il 50% degli italiani si aspetta conseguenze negative. Ancora una volta il pessimismo è più evidente tra i ceti deboli: le persone più anziane, quello meno istruite e i «non garantiti» (disoccupati, commercianti, artigiani, piccoli imprenditori). E SE ANCHE IN ITALIA CI FOSSE UN REFERENDUM SULL’USCITA DALL’UNIONE EUROPEA, GLI ITALIANI COSA VOTEREBBERO? Nonostante i trend di lungo periodo mostrino un evidente calo nella fiducia nell’UE, nel nostro paese rimane una certe tendenza europeista.
  • 24. IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI 24 La maggioranza degli italiani si dichiara contraria all’uscita dell’Italia dall’UE. C’è comunque una larga percentuale (42%) di cittadini che si dichiara favorevole a indire un referendum in proposito, nonostante l’articolo 75 della Costituzione lo escluda esplicitamente. STANDO AL BREXIT E ALL’AVANZATA DEI MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA ANTIEUROPEISTI SEMBREREBBE CHE IL PROGETTO EUROPEISTA STIA FALLENDO. QUESTO VUOL DIRE CHE I CITTADINI EUROPEI CHIEDONO MENO INTEGRAZIONE? No, in realtà è l’esatto contrario: i cittadini europei chiedono più Europa e una maggiore integrazione. Qui il distacco sembra essere dettato dalla delusione per un progetto politico che non decolla. Come l’Eurobaromentro ci indica da diversi anni, i cittadini europei, in particolare la generazione Erasmus, chiedono più welfare, più politiche comuni, una vera unione politica, anche se ciò contrasta con la resistenza a cedere ulteriore sovranità nazionale. La retorica dell’Unione Europa che ci ha permesso di vivere il periodo di pace più lungo della storia non attecchisce più su una generazione nata con gli smartphone. La pace viene data per scontata, nessuno o quasi conosce il manifesto di Ventotene o i motivi che portarono al trattato di Parigi del 1951 che istituì la CECA o a quello di Roma del 1957, da cui nacque la Comunità Economica Europea. Bisognerebbe dunque lavorare e comunicare nuovi valori che vadano oltre l’Europa dell’austerità, del rigore e della tecnocrazia. È necessario un nuovo mito fondativo. Solo in questo modo si potranno arginare quei fenomeni populisti che stanno dilagando in Europa, e non solo, che sempre più fanno leva sulle emozioni e sulle paure dei cittadini. PASSIAMO ADESSO ALL’ECONOMIA. NELL’ULTIMO ANNO NEL NOSTRO PAESE CI SONO STATI, SEPPUR PICCOLI, CENNI DI RIPRESA MA GLI ITALIANI DICHIARANO CHE IN FUTURO LA LORO SITUAZIONE PERSONALE PEGGIORERÀ. COME SE LO SPIEGA? Con un concetto: mancanza di fiducia. C’è un forte disallineamento tra le aspettative personali e i dati reali. Nonostante gli indicatori facciano segnare un lieve miglioramento della condizione generale del nostro paese, non si percepiscono ancora i miglioramenti a livello personale e familiare. Insomma, il paese sta faticosamente uscendo dalla crisi ma io non ne sto traendo benefici. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle nuove generazioni, che avendo interiorizzato la crisi, percepiscono il loro futuro sempre più grigio e precario.