Presentazione dell’avvicendamento tra Normanni e Svevi sul trono di Sicilia, alla fine XII secolo, attraverso le rare immagini del documento di Pietro da Eboli, chierico filo imperiale testimone della vicenda.
Il Codice è uno tra i rari documenti di quell’epoca con il doppio registro, narrativo e figurativo. Al seguente link è possibile trovare in mostra digitale le miniature del poema, con le relative immagini che corredano il testo:
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2. UNA SCENEGGIATURA MEDIEVALE PER GLI SVEVI
Una cronaca in poesia e immagini su come, dopo il 1189, si
Un documento unico,
avvicendarono nel Regno di Sicilia la dinastia normanna e
composto a Eboli alla
quella sveva. È il De Rebus Siculis Carmen, Liber ad
Honorem Augusti (Carme sulle vicende di Sicilia in onore di fine del XII secolo,
Augusto), il poema composto da Pietro da Eboli (1170-1220
narra con testo e
ca.) riportato da un manoscritto conservato nella Biblioteca
immagini
municipale di Berna. Un’opera in tre libri nei quali, nelle
pagine di destra, sono illustrati gli eventi che nelle pagine di l’avvicendamento tra
sinistra l’autore racconta in poesia.
Normanni e Svevi sul
Il volume era forse un dono dell’autore, probabilmente un
trono di Sicilia.
chierico impiegato a corte come estensore di atti pubblici,
allo stesso Enrico VI di Hohenstaufen (1165-1197),
imperatore svevo del Sacro Romano Impero e re di Sicilia e
di Puglia, vittorioso sui territori dell’Italia meridionale.
A Eboli è stata curata da Mariano Pastore e dal gruppo
culturale «Ebolus Dulce Solum» un’edizione del carme che,
con testo originario in latino medievale e traduzione italiana
e con riproduzione a pagina intera delle 53 tavole illustrate,
rende lo spirito narrativo dell’opera.
3. • Pubblicazione del “De
Rebus Siculis Carmen,
Liber ad Honorem
Augusti” di Pietro da
Eboli
•
Curato da MARIANO PASTORE
e dal gruppo culturale “Ebolus
Dulce Solum”
Ecco il link per vedere in mostra
digitale le miniature del poema:
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•
Il Codice è uno tra i rari
documenti di quell’epoca con il
doppio registro, narrativo e
figurativo.
4. INCIPIT DEL TESTO
•
Il Liber ad honorem Augusti è la prima opera scritta di
Pietro da Eboli; è composta da tre libri di distici
suddivisi in cinquantadue particulae.
•
Dato l'uso di materiali e colori pregiati, nonostante la
presenza di correzioni, che sembrerebbero essere state
apportate dalla mano dello stesso autore, non è
improbabile che il manoscritto conservato fosse
destinato a essere donato al dedicatario Enrico VI. Non
sappiamo, però, se l'autore riuscì effettivamente a
consegnarlo. Il Liber, in ogni caso, fu composto in un
periodo compreso tra la fine del 1194, epoca in cui
Enrico VI si impadronì dei territori dell'Italia
meridionale sconfiggendo Tancredi conte di Lecce, e il
28 settembre 1197, data della morte dell'imperatore
svevo.
•
Il libro celebra la dinastia sveva attraverso la cronaca
della guerra per la successione al trono siciliano e
attraverso la celebrazione solenne di Enrico VI e di suo
figlio Federico II, il ben più famoso Federico di Svevia
5. ENRICO E COSTANZA SPOSI
Il 27 gennaio 1186 viene
celebrato il matrimonio in S.
Ambrogio - in una Milano
ancora
devastata
(la
distruzione della città era
avvenuta ventiquattro anni
prima, il 26 marzo 1162 ad
opera del Barbarossa; i
milanesi si erano poi presi la
loro rivincita a Legnano, il 29
maggio 1176) - fra Enrico di
Svevia, secondogenito di
Federico Barbarossa e di
Beatrice di Borgogna, con
Costanza d’Altavilla, figlia di
Ruggero II il Normanno e di
Beatrice dei conti di Rethel.
Lui ha ventun anni, la sposa
dieci anni di più.
Dopo il matrimonio i due
partono per la Germania.
6. Nel 1189 muore Guglielmo II, ultimo
sovrano normanno di Sicilia.
I pretendenti al trono sono Costanza,
zia del re defunto e moglie di Enrico
di Svevia (secondogenito
dell’imperatore Federico Barbarossa);
Tancredi, conte di Lecce; e Ruggero,
conte di Andria, già gran ciambellano
di Guglielmo II.
Le aristocrazie locali per evitare di
finire sotto la dinastia straniera
appoggiano il pretendente autoctono
e Tancredi viene incoronato re nel
1190. Ma la reazione di Enrico non
tarderà.
7. ENRICO VI
ASSEDIA NAPOLI
Dopo la morte del padre, il
Barbarossa (giugno 1190), e
del fratello Federico duca di
Svevia (gennaio 1191), Enrico
si fa prima incoronare
imperatore a Roma dal papa
Celestino III (30 marzo 1191)
e poi procede alla conquista
della Campania.
Nel maggio, cinge d’assedio
Napoli: la città è difesa dal
conte Riccardo D’Acerra,
che, come mostra
l’immagine, viene ferito da
un dardo durante i
combattimenti.
8. PARTENZA DI ENRICO VI PER LA GERMANIA
Salerno giura fedeltà
ad Enrico ed invita
l’imperatrice: Costanza
accetta di buon grado
ed elegge Salerno a sua
residenza.
Frattanto scoppia
un’epidemia tra le
truppe. Nell’estate 1191,
l’imperatore, malato,
se ne deve tornare in
Germania per sedare
una rivolta, lasciando
la moglie a Salerno.
9. Dell’epidemia che attanaglia
l’esercito tedesco ne approfitta
Tancredi, che cerca di fare
proseliti tra le fila imperiali. A
Salerno scoppia quindi una
rivolta popolare fomentata dai
sostenitori di Tancredi, cosicché
Costanza è costretta a rifugiarsi
nel Castel Terracina (Salerno)
dal quale cerca di placare in
prima persona i rivoltosi.
10. COSTANZA PRIGIONIERA VIENE TRASFERITA IN SICILIA
Dopo l’assedio,
l’imperatrice è fatta
prigioniera e da Napoli
viene mandata in Sicilia.
La sezione superiore
rappresenta la partenza
dell'imperatrice Costanza
d'Altavilla prigioniera per
Messina.
La sezione inferiore
dell’immagine rappresenta
Costanza sulla nave in
viaggio per Messina.
11. LA LIBERAZIONE DI COSTANZA PER
INTERCESSIONE DI CELESTINO III
•
Nel 1192 l'imperatrice Costanza viene
liberata per l'intercessione di papa
Celestino III e dell’abate di Montecassino.
•
(In basso) Costanza, dopo essere stata
liberata, parte per la Germania.
12. Per il momento Tancredi ed i suoi
sostenitori sembrano aver avuto la meglio.
La partita per il trono del regno di Sicilia,
sembra chiusa, ma una nuova reazione di
Enrico VI non si farà attendere.
In un monologo del poema, Pietro da
Eboli descrive il timore di Tancredi,
consapevole di aver usurpato un trono. Il
re ha degli alleati, come il cognato
Riccardo d’Acerra, ma sa che non hanno il
polso per affrontare le forze imperiali che
non mancheranno di reagire.
13. ESERCITO E FLOTTA IMPERIALE
ALLA CONQUISTA DEL
REGNO DI SICILIA
•
Già nel 1193 Enrico manda in Italia
altre truppe che si scontrano contro
quelle normanne con alterne
fortune.
•
Il 20 febbraio 1194 muore Tancredi,
re di Sicilia.
•
Nel maggio 1194 l’imperatore svevo
ritorna in Italia a capo di un
potente esercito, intenzionato a
stroncare la rivolta e a prendere
una volta per tutte le redini
dell’Italia meridionale.
14. Con questa nuova spedizione militare si
apre il secondo libro del carme che
descrive la presa di Salerno, città ribelle,
che viene messa a ferro e fuoco. La
reazione imperiale fu molto severa a causa
del tradimento di tre anni prima verso la
regina. Il poema descrive la rappresaglia
contro i tancredini.
Questo evento probabilmente segna anche
personalmente l’autore, che nella dedica
del carme si definirà servus fidelis, come
fedele è la sua città natale, Eboli, a
differenza di Salerno che si è fatta
corrompere dalle pressioni e dal denaro di
Tancredi.
15. La riconquista imperiale
del regno di Sicilia
continua con lo sbarco a
Messina (ottobre 1194) e
con Sibilla, la vedova di
Tancredi, che si rifugia col
figlio – il piccolo
Guglielmo - nel castello di
Caltabellotta, dove si vota
inutilmente ai santi Pietro
e Paolo.
Intanto Enrico VI fa il suo
ingresso trionfale a
Palermo (nel cui duomo
verrà incoronato il 25
dicembre).
Nel frattempo (26/12/1194),
a Jesi, nasce il figlio
dell’imperatore, il futuro
Federico II di Svevia, al
quale il poeta dedica un
inno di lode.
16. LA CONGIURA CONTRO ENRICO VI
Siamo nel dicembre del
1194. Enrico VI si è appena
insediato in Palermo
quando una congiura
ordita contro di lui dai
superstiti del partito
nazionale viene scoperta
offrendo all'imperatore
l'occasione per infierire nei
loro confronti.
17. VIENE SCOPERTA LA CONGIURA
Denunzia della congiura
Cattura e imprigionamento dei congiurati
Il sovrano venne messo al corrente che era
in atto una congiura per attentare alla sua
vita proprio nel corso della cerimonia di
incoronazione. Quattro giorni dopo Enrico
fece arrestare Sibilla e accecare ed evirare il
piccolo Guglielmo, che morirà di stenti
qualche anno dopo. Nei giorni successivi
inoltre fece torturare ed evirare molti
influenti dignitari del Regno. Altri li fece
bruciare vivi. Vennero riesumati i cadaveri
di Tancredi e di suo figlio Ruggero, morti
quello stesso anno, e li fece decapitare in
piazza.
18. L’IMPERATRICE COSTANZA MENTRE PARTE PER LA SICILIA AFFIDA
IL PICCOLO FEDERICO ALLA DUCHESSA DI SPOLETO
L’imperatrice Costanza, già avanti
nella gravidanza, scendeva lungo il
fianco orientale della penisola per
incontrare Enrico in Sicilia quando
fu costretta a fermarsi, essendo il
parto imminente, a Jesi nella
marca anconetana. Il bambino
nasce il 26 dicembre 1194, non solo
all’indomani del Natale, ma anche
il giorno dopo l’investitura in
Palermo del padre a re di Sicilia e
dell’Italia meridionale. Era un
importante
segno:
sin
dal
momento in cui era uscito dal
grembo materno il neonato era
erede della corona di Sicilia,
destinato alla porpora e per giunta
erede all’impero romano. Non a
caso il nome inizialmente scelto
dalla madre era stato quello di
Costantino.
19. UNO SCRIBA,
RUOLO CHE A CORTE ERA OCCUPATO DA PIETRO DA EBOLI
L’immagine è in tono con il
tenore del terzo libro, celebrativo
della casa di Svevia. In alto si
intravvedono la base di un trono
e alcuni soldati
Nel celebrare la gloria futura di
Federico II il poeta prospetta un
futuro di pace.
La forza militare, la sovranità
imperiale e l’accentrarsi del
potere in un’autorità unica che
supera tutte le altre vengono visti
fondamentali elementi per un
periodo di stabilità e di
prosperità.
20. Il
tono
di
celebrazione
dell’ultimo libro del poema è
ben rappresentato dagli ultimi
versi:
«ho composto questo libro
in onore di Augusto.
Concedimi, o Signore, un
buon segno affinché mi
vedano i tancredini e ne
siano sconvolti»
21. PIETRO DA EBOLI DONA IL
POEMA ALL’IMPERATORE
ENRICO VI
•
L’immagine raffigura Pietro da Eboli
nell’atto della donazione del Liber ad
Honorem Augusti all’imperatore Enrico VI.
•
Soprattutto dal terzo libro, il poema vuole essere
la celebrazione oltre che di Enrico di Svevia
anche di suo figlio Federico II, che l’autore del
carme definisce: Agnus inter lupos.
•
Già alla fine del secondo libro, la descrizione
della nascita di Federico II e dei suoi presagia,
esprimendo quelle attese mistiche ed
escatologiche che caratterizzarono la fine del
secolo XII, dà inizio al processo di mitizzazione
dell'ultimo grande imperatore svevo, di colui che
passerà alla storia come lo Stupor Mundi.