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9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche
                                    --------------------~-------------------------------------
                      gia culturale, in questo senso, ha ripercorso i sentieri della scienza contemporanea, attenta a
                      fornire ipotesi attendibili e suscettibili di essere cambiate di fronte ai dati dell'esperienza,
                      piuttosto che pronta a sposare definitivamente l'una o l'altra tesi.
                            Così, il campo dell'antropologia culturale novecentesca si presenta come una mappa con
     :::l bcsllore    tante macchie di colore, la cui intensità e ampiezza indicano il peso delle varie correnti e dei
     icolore le
                      vari autori. Una di queste macchie, che attrae inevitabilmente gli occhi del lettore di fatti
I     tingenti.
                      sociali e antropologici, è indubbiamente costituita dalla scuola statunitense di cultura e per-
I.    la forma-
       ntativo di
                      sonalità, che si inserisce da un lato nell'ampio dibattito sulla cultura cui abbiamo accennato
         da quel-     sopra, risentendo però anche dell'influenza delle europee psicologia della forma e psicoana-
       concetto       lisi. I principali rappresentanti possono essere considerati Abram Kardiner (1891-1981),               Alcune personalità
       una spie-      allievo di Boas, elaboratore del concetto di «personalità di base», basato sull'interiorizzazio-       della scuola
        "antispiri-   ne da parte degli individui di modelli culturali comuni che sorreggono le medesime strJittu-           statunitensè
                      ré pSlcologlche di fondo; Rulli Benedlct (1887-1948),      sostenitrice della teoria per cui i para-
                      dlgml dl personalità e i criteri psicologici di base dell'individuo sono condizionati in profon-
                      dità dai modelli culturali, di cui ella tentò di elaborare alcuni tipi in un'opera famosa, Modelli
                      di cultura, del 1934; infine Margaret Mead (1901-1978), protagonista e narratrice di celebri
                      ricerche sul campo (Samoa, Nuova Guìnea) dagli ampi riflessi educativi, convinta assertrice
         uscitò
                      del.fatto che i modelli di personalità e di comportamento sono determinati dalla cultura e
         :iplina
         ~Iogo        noq biologicamenié, divulgatrice instancabile dei nsultati dell'antropologia culturale e infine
           pen-       impegnata a moCFtficarealcuni tratti della società statuuitei-se in senso i.'1 •..
                                                                                                      crculturale, tentan-
          ...•
            !tura     do di correggerne stereotipi sociali negativi considerati immutabili .
          . con-            Una delle scuole antropologiche più significative del Novecento è quella funzionalista, il
     I    rroto.      cui massimo rappresentante è Bronislaw Malìnowski (1884-1942).            Polacco di origine e con     6. MaliJiowski
           Boas       una formazione di tipo fisico-matematico, si trasferì in Inghilterra aprendosi agli interessi          si serve
         nnpo
                      antropologici. Le sue ricerche sul campo nelle isole Trobriand (Nuova Guinea), cultural-               del concetto
         reo il
         L e il
                      mente melanesiane, diventarono un punto di riferimento classico per la ricerca antropologi-            di funzione
         .esso        ca, anche perché furono affidate a resoconti ben curati anche da un punto di vista formale e           per interpretare
         Jia e        letterario, Tra i titoli più rinomati di Malinowski occorre menzionare almeno Argonauti del            la società
         le la        Pacifico occidentale del 1922, Delitto e' costume nella società primitiva del 1926, Sesso e repres-
          'cto.       sione sessuale tra i selvaggi del 1927, Magia, scienza e religione uscito postumo nel 1948,
          l nei
                      Polemico nei confronti delle tendenze evoluzionistiche dell'antropologia culturale, la sua
          ner-
                      analisi partecipante ruota intorno al concetto di funzione, a partire dalla sua dimensione bio-
           hìo-
           !ville
                      logica, secondo cui un organo compie      lr  funzione cui è preposto, sia singolarmente, sia in
           rno        relazione agli altri organi. Una società è perciò un complesso funzionale, ìn cui ogni realtà
           .iro-      sìngola, ogni attività, ogni credenza, ogni forma culturale è indispensabile al sistema nella
           stto       sua globalità. Vi è cioè, per Malinowski, una ìnterrelazione funzionale tra tutte le parti di un
            ad        insieme, e proprio la cultura e le istituzioni servono er soddisfare i bisogni (pnmari e
           ] di       secon an l una socle . on meravig la c e a religione e la magia a biano attratto l'oc-
           101-
                      chio critico dell'osservatore, Infatti, per Malinowski la religione svolge una funzione utile,
           '>0),
           llisi,     perché sociale e rispondente ai bisogni dell'uomo nei confronti dell'ambiente. Sono proprio i
                      bisogni che suscitano risposte culturali anche di tipo simbolico, come ad esempio la cono-
                      scenza, il linguaggio, la religione, la magia. La religione aiuta a dare corpo alla speranza e a       L'utile funzione
                      placare l'ansia di fronte a quegli eventi "esistenziali" (malattia, morte, successo nel lavoro)        della religione
                      che sfuggono al controllo razionale dell'uomo. Ancor di più la magia contribuisce a liberare           e della magia
                      l'uomo, come ha scritto l'antropologo polacco: «dal punto di vista psicologico [la magia]
                      porta ad un'ìntegrazione mentale, a quell'ottimismo e a quella fiducia in presenza del rischio
                      che ha fatto vìncere all'uomo più di una battaglia contro la natura e contro avversari umani».
                      Essa si presenta come un insieme di atti rituali finalizzati a raggiungere scopi che non sareb-
                      bero conseguibili dalle sole forze umane senza aiuto, naturalmente nel quadro classicamen-
                      te magico di un comportamento prescritto e ritualmente trasmesso che sia capace di influire
                      sul corso della natura. La differenza fondamentale tra magia ecr...el· ~i.f''''-t: :. che la prima-è
                      legata a fini pratici, la seconda no. È chiaro tuttavia che, fino al punto- ìn cui la tecnica svolge
                      la sua funzione, la magia non entra affatto ìn gioco. Ma di fronte ai rischi forti della pesca o a
                      quelli connessi alla costruzione di una buona canoa, la magia interviene ad integrare i limiti
                      della scienza e della tecnica. Comunque, l'insieme delle osservazioni anche acute dell'antro-




              ---.......,....-------------
siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l'uso perfetto e compiuto di
                          ogni cosa».
                               I viaggiatori tra Cinquecento e Seicento alimenteranno la curiosità e il dibattito: da
                          Pietro Martire di Anghiera a Girolamo Benzoni, da Filippo Sassetti a Francesco Carletti, da
                          Francesco Gemelli Careri a Matteo Ricci l'orizzonte dell'''alterità'' si allarga dalle Americhe
                          alla Cina, ponendo, in maniera magari ancora implicita, domande sul rapportotra la cultura
                          europea e quelle extra-europee, nel quadro di un etnocentrismo che ancora non solleva
                          rimorsi e di acculturazioni più o meno drammatiche e traumatiche. In altri termini, l'Europa
                          comincia ad interrogarsi su ciò che non è e a prendere consapevolezza di uno sviluppo poli-
                          centrico delle civiltà umane.
                               Rispettivamente all'ingresso e allo sbocco della filosofia dell'Illuminismo, Vico e
                          Rousseau esprimono riflessioni dal profondo taglio antropologico sul mito, sui primitivi, sui
                          selvaggi, considerati non in senso evoluzionistico, cioè come prime manifestazioni della sto-
                          ria dell'umanità, ma come una radicale ed enigmatica presenza anche nel cuore delle società
      . Nell'Illuminismo  civilizzate. Ma non va dimenticato che è proprio nel vivo del dibattito illuministico che emer-
       si pongono le basi gono i tratti salienti di una «scienza dell'uomo», quando appunto il «selvaggio» viene a tro-
       dell'antropologia varsi al centro di valutazioni diverse e.perfino contrastanti, che diventeranno degli stereotipi
               comparata di lungo periodo (uomo di natura, innocente, ignorante, inerte, pigro, ecc.). Nonostante evi-
                          denti limiti, l'llluminismo apre davvero la possibilità di un confronto tra usi e istituzioni di
                          popoli geograficamente distanti, lungo i lati di quel triangolo ideale (Europa moderna, civiltà
                          antiche, società esotiche) elaborato dal gesuita Joseph-François Lafiteau (1670-1740), che
                          getta le solide fondamenta di un'antropologia comparata. Proprio per tentare di capire i pre-
                          supposti dell'origine tardo ottocentesca dell'antropologia culturale come disciplina scientifi-
                          ca, occorre passare in rassegna rapidamente alcuni elementi che caratterizzano il clima sto-
                          rico-culturale tra gli ultimi decenni del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento: certi
                          aspetti della cultura romantica (per esempio Herder e von Humboldt); una forte sensibilità
                          per l'esotico; il moltiplicarsi dei viaggi di esplorazione e delle missioni religiose, con i relativi
                          resoconti; l'interesse per le culture popolari, tradizionali, orali delle popolazioni europee; lo
                          studio intensificato delle culture e delle religioni del Medio e dell'Estremo Oriente; le ricer-
                          che sul sanscrito, sui geroglifici egizianì, sulla linguistica indo-europea; il tentativo di analisi
                          delle popolazioni senza scrittura; la costruzione di modelli economico-sociali per tentare di
                          comprendere le civiltà antiche e quelle extra-europee.




                                                                                                                                  l
                            A partire dalla metà dell'Ottocento il concetto generale di evoluzione è riconosciuto come il
                                                                                                                                  !
                            criterio fondamentale di interpretazione dei fenomeni naturali e socio-culturali, anche se non
                            è ovviamente l'unico. La progressiva scoperta che anche la natura è sottoposta alla legge
                            evolutiva accompagna l'interpretazione, di matrice illuministica, del progresso e del divenire
                            dei fatti storici. Il fermento intellettuale e le ricerche legate a questo clima producono inve-
;;"         La preistoria   stigazioni di diseguale spessore scientifico, ma comunque interessanti per intuire la preisto-
      dell'antropologia     ria dell'antropologia culturale. Si possono così ricordare gli studi dello svizzero Johann
               culturale    Jakob Bachofen, che con la sua opera Le madri l! la virilità olimpica del 1861 studia materia-
          nell'Ottocento    li classici e fonti etnografiche, approfondendo il problema del primato della discendenza
                            femminile, di certi miti letti come tracce di uno stadio evolutivo assai antico, dell'istituzione
                            della couvade (il comportamento del maschio è tale che sembra che sia lui a partorire il



                                                                                                                                      l
                            figlio), alla quale gli antropologi successivi presteranno la massima attenzione. Un motivo
                            evoluzionistico coerente è presente nelle ricerche dell'americano Henry Lewis Morgan che,
                            nonostante seri limiti di metodo.e di contenuto, approfondisce il problema delle strutture di
                            parentela e delle forme linguistiche, influendo sull'opera di Friederich Engels.
9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane e fisiche
                                                                                          ----.,-----------

      di             Ora, è interessante sottolineare che il concetto scientifico di cultura, che nasce con l'an-
                tropologia culturale e coincide praticamente con questa disciplina, emerge in questo periodo
  da            e in questo clima culturale generale, quando cioè ci sono tanti presupposti per avventurarsi
  da            in una ricerca che valorizzi pienamente, oltre alla cultura occidentale tradizionale di matrice
. he            classica, anche le culture di quei popoli che venivano definiti «primitivi». Nel 1871 l'inglese                       L'inglese Tylor
 tra            E. B. Tylor nella sua opera Primitive culture elabora un preciso concetto di cultura su base                          elabora in
 va             evolutiva. Formatosi nel clima positivistico della seconda metà dell'Ottocento, egli si libera                        Primitive culture
 pa             dai presupposti rigidamente unilineari dell'evoluzionismo sostenuti da tanti suoi contempo-                           un'idea di cultura
 lli-          .ranei e si mostra estremamente sensibile di fronte alla diffusione dei fenomeni culturali.                            come sviluppo
                Praticamente egli inaugura il metodo della corriparazione interculturale e analizza a fondo il                        e progresso
  e             processo evolutivo della religione, che passa dall'animismo al politeismo al monoteismo. La
 ui             cultura in generale è sviluppo e coincide in larga parte con il progresso della conoscenza e
 :0-            con il perfezionamento della ragione. Si legga la prima parte della definizione del concetto di
 tà             cultura che l'antropologo inglese ci propone in Primitive culture.
 ~r-
 o-
 pi
 IÌ-
 :li
                          UNA DEFINIZIONE "POSITIVISTA" DI CULTURA
 tà
 te                 La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell'insieme complesso
               che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra                    2,
 Ì-
               capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di unasocietà, La condizione della
 )-
               cultura nelle varie società del genere umano, nella misura in cui può essere indagata sulla                            4
 ti            scorta di principi generali, è un argomento che si presta allo studio delle leggi del pensiero e
 à

               dell'agire umani. Da un lato, l'uniformità che pervade così estesamente la cultura può essere                          6
 lÌ
               attribuita in larga misura all'azione uniforme di cause uniformi; dall'altro, i suoi vari gradi
 o             possono essere considerati come stadi di sviluppo o di evoluzione, ciascuno dei quali è il                             8
 "-
               risultato della storia precedente e si appresta a compiere la parte che gli compete nel pla-
 ;i
               smare la storia futura. La nostra analisi è dedicata all'indagine di questi due grandi principi                       lO
 li            in diversi settori dell'etnografia, con particolare attenzione per la civiltà delle tribù inferiori
               in rapporto alla civiltà delle nazioni superiori.                                                                     12
                    Gli studiosi moderni delle scienze della natura inorganica sono in prima fila nel ricono-
               scere, tanto all'interno quanto al di fuori del loro campo di ricerca specifico, l'unità della                        14
               natura, la permanenza delle sue leggi, la concatenazione determinata di causa ed effetto per
               cui ogni fatto dipende da ciò che l'ha preceduto e agisce su ciò che deve seguirlo. Essi si                           16
               tengono saldamente ancorati alla dottrina pitagorea dell'ordine onnipervadente del cosmo
               universale. Essi affermano con Aristotele che la natura non è piena di episodi incoerenti                             18
               come una cattiva tragedia; essi concordano con quello che Leibniz chiama «il mio assioma,
               che la natura non procede per salti», così come concordano col suo «grande ptjgpiPio, di                              20
l              solito scarsamente impiegato, che nulla avviene senza una ragion sufficiente». E anche nello
               studio della struttura e delle abitudini delle piante e degli animali, o perfino nell'indagine                        22
               delle funzioni inferiori dell'uomo, queste idee direttive non vengono ignorate. Ma quando
               veniamo a considerare i processi superiori del sentimento e dell'azione, del pensiero e del                           24
               linguaggio, della conoscenza e dell'arte, si assiste a un mutamento di tono nell'opinione cor-
               rente. TI mondo in generale è poco propenso ad accettare lo studio generale della vita umana                          26
               come ramo della scienza naturale e ad eseguire il comando del poeta di «spiegare le cose
               morali come cose naturali». Agli occhi di molte persone colte sembra che ci sia qualcosa di                           28
               presuntuoso e di repellente nella concezione che la storia del genere limano sia parte e por-
               zione della storia della natura, che i nostri pensieri, le nostre volontà e le nostre azioni si                       30
               conformino a leggi altrettanto detérminate quanto quelle che governano il moto delle onde,
               la combinazione degli acidi e delle basi, la crescita delle piante e degli animali.                                   32
                                                  E. B. Tylor, Primitive culture, in P. Rossi (a cura di), Il concetto di cultura.
                                             I fondamenti teorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino, 1970, pp. 7-8




           r
1-12. Si.noti il carattere     etnocentrico     di questa             come il principio di ragion sufficiente sia basilare
rigorosa separazione        tra civiltà inferiori e civiltà            per lo sua filosofia: esso regge in particolare       le
superiori, che l'antropologia        culturale successiva              verità di fatto' che sono logicamente contingenti.
tenterà di eliminare o, almeno, di attenuare, senza                    21-32. La polemica di Tylor risente della sua forma-
riuscirvi sempre. Resta tuttavia grande meritò di                      zione positivistica. Da rimarcare è il suo tentativo di
Tylor aver definito      lo cultura in un' accezione                   non separare lo storia del genere umano da quel-
ampia e innovativa.                    .                               la della natura. Probabilmente,       il suo concetto
 13-21. Sicuramente interessante è questo richiamo                     etnologicamente      ampio di cultura trova una spie-
a due pilastri del pensiero filosofico occidentale:                    gazione anche in questa precisa volontà "antispiri-
Aristotele e l.elbnlz: Nel caso leibniziano, è noto                    tualistica".



                                                   L'eredità di Tylor e lo scuola di Boas
   Che lo definizione tyloriana di cultura avesse fatto centro è dimostrato dall'interesse che essa suscitò
   per parecchi decenni: prendendo il concetto di cultura come base strutturale della nuova disciplina
   che si chiama antropologia culturale, gli studiosi si rifaranno frequentemente al lavoro dell' antropologo
   inglese, che può essere effettivamente considerato come il punto di partenza di una corrente di pen-
  siero antropologico che, in Europa e in America, dibatterà a fondo il concetto scientifico di cultura
   almeno fino al secondo conflitto mondiale. Si è trattato di un dibattito fecondo, anche se i risultati con-
  seguiti sono stati tutt'altro che omogenei. Un momento forte di questa discussione è rappresentato,
   negli Stati Uniti d'America, dalla cosiddetta «scuola boasiana», che deriva il suo nome da Franz Boas
  (1858-1942), studioso di origine tedesca che insegnerà in America dal 1899. Figura di rilievo nel campo
  dell'antropologia     per le sue ricerche sul campo (presso gli eschimesi, gli indiani, ecc.), Boas sottolinea il
  valore di un metodo rigoroso di raccolta di dati, evitandone qualsiasi generalizzazione frettolosa, e il
  peso delle differenze culturali. Coerentemente,     egli respinge il comparativismo legato ad un processo
  evoluzionistico lineare. Il suo ampio concetto di cultura comprende pure lo linguistica e l'archeologia e
  diventa la chiave di volta di interpretazione dei gruppi e delle popolazioni umane, al punto che lo
  scuola antropologica statunitense rimane fortemente legata al concetto di cultura da lui elaborato.
  Aspetti impod'anti di questo dibattito, come per esempio il carattere determinante della cultura nei
  confronti ciei membri di un gruppo, oppure il temo, ':'.Ì gronde fortuna, del relotlvìano culturole. emer-
  gono proprio àll'interno della «scuola boasiana». Per valutare questo lascito di Boas è sufficiente richia-
  mare alla mente alcuni protagonisti della ricerca antropologico-culturale        novecentesca, quali Melville
  Jean Herskovits (1895-1963), specialista di culture afro-americane       che ha offerto contributi sul tema
  dell' accUiturazione e dell' antropologia economica e ha radicalizzato il concetto di relativismo cultura-
  le che aveva derivato da Boas; Alfred Lewis Kroeber (1876-1960), il cui nome resta legato al concetto
  di «superorganico», secondo il quale lo cultura è un fenomeno specifico e autonomo, irriducibile ad ,
  aspetti psicologici, sociali, ecc.; Robert Heinrich Lowie (1883-1957), che riprende le linee di ricerca di
  Boas attuando ampie ricerche sul campo, scartando ipotesi evoluzionistiche e dando rilievo alla mol-
  teplicità delle cause che producono un determinato modello culturale; Clyde Kluckhohn (1905-1960),
  acuto studioso degli indiani Navajo, che nel suo percorso di ricerca si incontrerà con lo psicoanalisi,
  dando un contributo autorevole agli studi della cosiddetta                di «cultura e personalità».




               , NTI SALIENTI DELL' ANTROPOLOGIA                                          CULTURALE
              "tENTESCA: IL FUNZIONALISMO
            :~~;L,.;:~~.t::~~Z:~~";W::::'"O:J,:.:'Z::;J.U"""~.r=:'"~




     Se si considera che l'antropologia è una scienza assai giovane, non meraviglia che nella
     prima metà del Novecento le piste e gli indirizzi di studio intrapresi si siano moltiplicati· con
     entusiasmo generoso, dando !'impressione di una ricerca a volte un po' vorace di metodolo-
     gie che potessero essere credute finalmente salde e imbattibili. Ma il tragitto dell'antropolo-
pologo polacco sul diritto e sul costume dei «primitivi», sulla loro organizzazione sociale,
                    sulla funzione del padre (alcuni studiosi parlano di un netto ridimensionamento dell'univer-
                    salità del conflitto edipico freudiano), sul «kula», cioè su un interessante scambio cerimonia-
                    le di collane di conchiglie e di bracciali di conchiglie che ha scarsissima rilevanza economi-
                    ca, ma altissimo valore simbolico, va collegato al suo concetto di cultura, alla cui elaborazio-
                    ne egli ha profuso parecchie energie. E a questo proposito occorre ricordare l'identìfìcazìo-
   la cultura come ne profonda tra cultura e società, all'interno di una rivendicazione della base biologica della
     uncomplesso cultura stessa: la cultura è dunque il complesso delle risposte ai bisogni della natura umana
sistema di risposte che, una volta soddisfatti, generano ulteriori bisogni, magari di livello.superiore. Non mera-
       degli uomini viglia che Malinowski, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, si sia cimentato in una
   aipropri bisogni stimolante analisi e definizione di una «teoria scientifica della cultura» a partire dalla dialetti-
                    ca di fondo bisogni-risposte. Si legga il seguente brano tratto dall'opera Teoria scientifica
                    della cultura del 1941, nel quale Mallnowski definisce il concetto di cultura.



TESTO 2                      UNA TEORIA SCIENTIFICA DELLA «CULTURA»

                       All'inizio sarà bene dare uno sguardo sintetico alla cultura, nelle sue varie manifestazioni.
              2    Essa evidentemente è il tutto integrale consistente degli strumenti e dei beni di consumo,
                   delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti sociali, delle idee e delle arti, delle creden-
              4   ze e dei costumi. Sia che noi consideriamo una cultura molto semplice o primitiva o una cultu-
                  ra estremamente complessa o sviluppata, noi ci troviamo di fronte a un vasto apparato, in
              6   parte materiale, in parte umano e in parte spirituale con cui l'uomo può venire a capo dei con-
                  creti, specifici problemi che gli stanno di fronte. Questi problemi sorgono dal fatto che l'uomo
              8   ha un corpo soggetto a vari bisogni organici e vive in un ambiente che è il suo miglior amico
                  giacché fornisce i materiali grezzi del lavoro umano, e anche il suo nemico più pericoloso.
             10        In questo giudizio un po' approssimativo e certamente senza molte pretese, che sarà ela-
                  borato pezzo per pezzo, noi abbiamo implicato per prima cosa che la teoria della cultura deve
             12   prender posizione sul fatto biologico. Gli esseri umani sono una specie animale. Essi sono
                  soggetti a condizioni elementari che debbono essere soddisfatte affinché gli uomini sopravvi-
             14   vano, la razza continui e tutti gli organismi siano mantenuti in grado di funzionare. Ancora,
                  col suo intero apparato di manufatti e con la sua capacità di produrli e valutarli, l'uomo crea
             16   un secondo ambiente. Fin qui non c'è nulla di nuovo e si sono spesso date ed elaborate defini-
                  zioni simili della cultura. Noi, comunque, ne trarremo una o due conclusioni addizionali.
             18        In primo luogo, è chiaro che il soddisfacimento dei bisogni organici o fondamentali del-
                  l'uomo e della razza è una serie minima di condizioni imposte a ciascuna cultura. Si devono
             20   risolvere i problemi avanzati dai bisogni nutritivi, riproduttivi e igienici dell'uomo. Essi sono
                  risolti con la costruzione di un ambiente nuovo, secondario o artificiale. Questo ambiente,
             22   che non è né più né meno che la cultura stessa, deve essere continuamente riprodotto, man-
                  tenuto e diretto. Ne consegue ciò che potrebbe essere descritto nel senso più generale del
             24   termine come un nuovo livello di vita, che dipende dal livello culturale della comunità, dal-
                  l'ambiente e dall'efficienza del gruppo. Un livello culturale di vita, inoltre, significa che nuovi
             26   bisogni si manifestano e nuovi imperativi o determinanti sono imposti al comportamento
                  umano. Chiaramente, la tradizione culturale deve essere trasmessa da ciascuna generazione
             28   alla successiva. Metodi e meccanismi di carattere educativo debbono esistere in ogni cultu-
                  ra. L'ordine e la legge debbono essere mantenuti, giacché la cooperazione è l'essenza di
            30    ogni realizzazione culturale. In ogni comunità debbono esistere misure per sanzionare il
                  costume, l'etica e la legge. Il sostrato materiale della cultura deve essere rinnovato, e mante-
            32    nuto in grado di funzionare. Perciò, alcune forme di organizzazione economica sono indi-
                  spensabili, anche nelle culture più primitive.
            34         Così l'uomo deve, innanzitutto, soddisfare tutti i bisogni dell'organismo. Deve creare
                  dispositivi e compiere attività per-nutrirsi, riscaldarsi, alloggiare, vestirsi o proteggersi dal
            36    freddo, dal vento e dalle intemperie. Egli deve proteggere se stesso e organizzare tale prote-
9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche
                    --------.------------------------------------------------.--~~
       zione contro nemici e pericoli esterni, fisici, animali o umani. Tutti questi problemi primari
       degli esseri umani sono risolti mediante prodotti, mediante l'organizzazione in gruppi coo-                      38
       perativi, e anche mediante lo sviluppo della conoscenza, il senso dei valori e l'etica. Noi cer-
       cheremo di mostrare che si può sviluppare una teoria in cui i bisogni fondamentali e il loro                     40
       soddisfacimento culturale possono essere connessi con la derivazione di nuovi bisogni cultu-
       rali; che questi nuovi bisogni impongono all'uomo e alla società un tipo secondario di deter-                    42
       minismo. Noi potremo distinguere gli imperativi strumentali -- che sorgono da attività
       come quella economica, quella normativa, quella educativa e quella politica - e gli imperati-                    44
       vi integrativi. Fra questi elencheremo la conoscenza, la religione e la magia. Le attività arti-
       stiche e ricreative potremo riferirle direttamente a certe caratteristiche fisiologiche dell'or-                 46
       ganismo umano e potremo anche mostrare la loro influenza e dipendenza da modi di azione
       concordata, da credenze magiche, industriali e religiose [...] L'analisi ora delineata, in cui                   48
       noi tentiamo di definire la relazione fra un'azione culturale e un bisogno umano, fondamen-
       tale o derivato, può essere chiamata funzionale. Infatti la funzione non può essere definita                     50
       altrimenti che come il soddisfacimento di un bisogno tramite un'attività in cui gli esseri



l
       umani cooperano, usano prodotti e consumano beni. Tuttavia questa stessa definizione                             52
       implica un altro prirtcipio con cui possiamo integrare concretamente ogni fase del comporta-
       mento umano. Qui il concetto essenziale è quello di organizzazione. Al fine di realizzare un                     54
       certo intento, raggiungere un certo fine, gli esseri umani debbono organizzarsi. Come ora
       mostreremo, l'organizzazione implica uno schema o "Una struttura ben definiti, icui principa-                    56
       li fattori sono universali 'in quanto applicabili a tutti i gruppi organizzati, che, ancora, nella
       loro forma tipica, sono universali per tutta l'umanità.                                                          58
                                                      B. Malinowski, Teoria scientifica della cultura e altri saggi,
                                                          trad. it, di G. Faina, Feltrinelli, Milano, 1971, pp. 44-47




    1-9. Si tenga presente questa concezione organi-         continuamente,       superando i rispettivi confini di-
    cistica e integrata della cultura, che mira a coglie-    sciplinari.
    re tutte le attività produttive dell'uomo, dal piano     In definitiva, il funzionalismo malinowskiano espri-
    materiale a quello simbolico: è questo uno dei           me senza dubbio una visione della culturà organi-
    tratti salienti di una concezione antropologica          ca e ricca. Tuttavia, esso non è andato affatto
    della cultura.                                           esente da crltiche. Infatti il funzionalismo è stato.
    10-33. Il richiamo ali' esistenza di forme economi-      accusato di tenere in scarsa considerazione i bi-
    che anche in culture primitive probabilmente             sogni, di essere finalistico (scambiando la causa
    esprime una polemica contro quelle concezioni            dei fenomeni con il loro effetto), di non tenere nel
    che, invece, negavano a tali culture uri tratto così     conto dovuto i conflitti e le lotte all'interno di una
    evidente nelle società sviluppate come un'econo-         società e, quindi, di trascurare il mutamento stori-
    mia più o meno complessa.                                co e sociale. Tutte rimostranze, queste, che hanno
    34-45. La religione e la magia rappresentano due         delle ragioni. Non bisogna però tacere che il fun-
    realtà essenziali nei modelli di società studiati "sul   zionalismo di Malinowski ha costituito l'esempio di
    campo" dall'antropologo polacco.                         un nuovo modo di fare ricerca antropologicc:i,
    45-58. L'attenzione del Malinowski per la funzio-        come dimostra il fatto che ammiratori e detrattori,
    ne e per l'organizzazione sociale a volte sembra         per decenni ancora dopo la sua scomparsa, han-
    accentuare       aspetti della ricerca sul campo         no dovuto continuare a fare i conti con la sua con-
    in cui antropologia      e sociologia si mescolano       cezione della cultura.


           All'interno della cornice funzionalistica va ancora collocato, in una posizione certamente
       autonoma e originale, Alfred Reginald Radcliffe-Brown (1881-1955), che a partire dagli anni
       Trenta-Quaranta del Novecento accentua il peso della struttura sociale e limita il terreno del
       funzionalismo. In gioventù aveva subito l'influsso del sociologo francese Durkheim e di Frazer,
       teorico quest'ultimo del diffusionismo culturale e autore della celebre opera Il ramo d'oro
       (1911-1915), straordinaria raccolta di dati sociali, antropologici e religiosi di popoli primitivi.
       Mentre Malinowski dà grande rilievo alla cultura, Radcliffe-Brown concepisce l'antropologia




                                                                                                                             "

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Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3

  • 1. 9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche --------------------~------------------------------------- gia culturale, in questo senso, ha ripercorso i sentieri della scienza contemporanea, attenta a fornire ipotesi attendibili e suscettibili di essere cambiate di fronte ai dati dell'esperienza, piuttosto che pronta a sposare definitivamente l'una o l'altra tesi. Così, il campo dell'antropologia culturale novecentesca si presenta come una mappa con :::l bcsllore tante macchie di colore, la cui intensità e ampiezza indicano il peso delle varie correnti e dei icolore le vari autori. Una di queste macchie, che attrae inevitabilmente gli occhi del lettore di fatti I tingenti. sociali e antropologici, è indubbiamente costituita dalla scuola statunitense di cultura e per- I. la forma- ntativo di sonalità, che si inserisce da un lato nell'ampio dibattito sulla cultura cui abbiamo accennato da quel- sopra, risentendo però anche dell'influenza delle europee psicologia della forma e psicoana- concetto lisi. I principali rappresentanti possono essere considerati Abram Kardiner (1891-1981), Alcune personalità una spie- allievo di Boas, elaboratore del concetto di «personalità di base», basato sull'interiorizzazio- della scuola "antispiri- ne da parte degli individui di modelli culturali comuni che sorreggono le medesime strJittu- statunitensè ré pSlcologlche di fondo; Rulli Benedlct (1887-1948), sostenitrice della teoria per cui i para- dlgml dl personalità e i criteri psicologici di base dell'individuo sono condizionati in profon- dità dai modelli culturali, di cui ella tentò di elaborare alcuni tipi in un'opera famosa, Modelli di cultura, del 1934; infine Margaret Mead (1901-1978), protagonista e narratrice di celebri ricerche sul campo (Samoa, Nuova Guìnea) dagli ampi riflessi educativi, convinta assertrice uscitò del.fatto che i modelli di personalità e di comportamento sono determinati dalla cultura e :iplina ~Iogo noq biologicamenié, divulgatrice instancabile dei nsultati dell'antropologia culturale e infine pen- impegnata a moCFtficarealcuni tratti della società statuuitei-se in senso i.'1 •.. crculturale, tentan- ...• !tura do di correggerne stereotipi sociali negativi considerati immutabili . . con- Una delle scuole antropologiche più significative del Novecento è quella funzionalista, il I rroto. cui massimo rappresentante è Bronislaw Malìnowski (1884-1942). Polacco di origine e con 6. MaliJiowski Boas una formazione di tipo fisico-matematico, si trasferì in Inghilterra aprendosi agli interessi si serve nnpo antropologici. Le sue ricerche sul campo nelle isole Trobriand (Nuova Guinea), cultural- del concetto reo il L e il mente melanesiane, diventarono un punto di riferimento classico per la ricerca antropologi- di funzione .esso ca, anche perché furono affidate a resoconti ben curati anche da un punto di vista formale e per interpretare Jia e letterario, Tra i titoli più rinomati di Malinowski occorre menzionare almeno Argonauti del la società le la Pacifico occidentale del 1922, Delitto e' costume nella società primitiva del 1926, Sesso e repres- 'cto. sione sessuale tra i selvaggi del 1927, Magia, scienza e religione uscito postumo nel 1948, l nei Polemico nei confronti delle tendenze evoluzionistiche dell'antropologia culturale, la sua ner- analisi partecipante ruota intorno al concetto di funzione, a partire dalla sua dimensione bio- hìo- !ville logica, secondo cui un organo compie lr funzione cui è preposto, sia singolarmente, sia in rno relazione agli altri organi. Una società è perciò un complesso funzionale, ìn cui ogni realtà .iro- sìngola, ogni attività, ogni credenza, ogni forma culturale è indispensabile al sistema nella stto sua globalità. Vi è cioè, per Malinowski, una ìnterrelazione funzionale tra tutte le parti di un ad insieme, e proprio la cultura e le istituzioni servono er soddisfare i bisogni (pnmari e ] di secon an l una socle . on meravig la c e a religione e la magia a biano attratto l'oc- 101- chio critico dell'osservatore, Infatti, per Malinowski la religione svolge una funzione utile, '>0), llisi, perché sociale e rispondente ai bisogni dell'uomo nei confronti dell'ambiente. Sono proprio i bisogni che suscitano risposte culturali anche di tipo simbolico, come ad esempio la cono- scenza, il linguaggio, la religione, la magia. La religione aiuta a dare corpo alla speranza e a L'utile funzione placare l'ansia di fronte a quegli eventi "esistenziali" (malattia, morte, successo nel lavoro) della religione che sfuggono al controllo razionale dell'uomo. Ancor di più la magia contribuisce a liberare e della magia l'uomo, come ha scritto l'antropologo polacco: «dal punto di vista psicologico [la magia] porta ad un'ìntegrazione mentale, a quell'ottimismo e a quella fiducia in presenza del rischio che ha fatto vìncere all'uomo più di una battaglia contro la natura e contro avversari umani». Essa si presenta come un insieme di atti rituali finalizzati a raggiungere scopi che non sareb- bero conseguibili dalle sole forze umane senza aiuto, naturalmente nel quadro classicamen- te magico di un comportamento prescritto e ritualmente trasmesso che sia capace di influire sul corso della natura. La differenza fondamentale tra magia ecr...el· ~i.f''''-t: :. che la prima-è legata a fini pratici, la seconda no. È chiaro tuttavia che, fino al punto- ìn cui la tecnica svolge la sua funzione, la magia non entra affatto ìn gioco. Ma di fronte ai rischi forti della pesca o a quelli connessi alla costruzione di una buona canoa, la magia interviene ad integrare i limiti della scienza e della tecnica. Comunque, l'insieme delle osservazioni anche acute dell'antro- ---.......,....-------------
  • 2. siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l'uso perfetto e compiuto di ogni cosa». I viaggiatori tra Cinquecento e Seicento alimenteranno la curiosità e il dibattito: da Pietro Martire di Anghiera a Girolamo Benzoni, da Filippo Sassetti a Francesco Carletti, da Francesco Gemelli Careri a Matteo Ricci l'orizzonte dell'''alterità'' si allarga dalle Americhe alla Cina, ponendo, in maniera magari ancora implicita, domande sul rapportotra la cultura europea e quelle extra-europee, nel quadro di un etnocentrismo che ancora non solleva rimorsi e di acculturazioni più o meno drammatiche e traumatiche. In altri termini, l'Europa comincia ad interrogarsi su ciò che non è e a prendere consapevolezza di uno sviluppo poli- centrico delle civiltà umane. Rispettivamente all'ingresso e allo sbocco della filosofia dell'Illuminismo, Vico e Rousseau esprimono riflessioni dal profondo taglio antropologico sul mito, sui primitivi, sui selvaggi, considerati non in senso evoluzionistico, cioè come prime manifestazioni della sto- ria dell'umanità, ma come una radicale ed enigmatica presenza anche nel cuore delle società . Nell'Illuminismo civilizzate. Ma non va dimenticato che è proprio nel vivo del dibattito illuministico che emer- si pongono le basi gono i tratti salienti di una «scienza dell'uomo», quando appunto il «selvaggio» viene a tro- dell'antropologia varsi al centro di valutazioni diverse e.perfino contrastanti, che diventeranno degli stereotipi comparata di lungo periodo (uomo di natura, innocente, ignorante, inerte, pigro, ecc.). Nonostante evi- denti limiti, l'llluminismo apre davvero la possibilità di un confronto tra usi e istituzioni di popoli geograficamente distanti, lungo i lati di quel triangolo ideale (Europa moderna, civiltà antiche, società esotiche) elaborato dal gesuita Joseph-François Lafiteau (1670-1740), che getta le solide fondamenta di un'antropologia comparata. Proprio per tentare di capire i pre- supposti dell'origine tardo ottocentesca dell'antropologia culturale come disciplina scientifi- ca, occorre passare in rassegna rapidamente alcuni elementi che caratterizzano il clima sto- rico-culturale tra gli ultimi decenni del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento: certi aspetti della cultura romantica (per esempio Herder e von Humboldt); una forte sensibilità per l'esotico; il moltiplicarsi dei viaggi di esplorazione e delle missioni religiose, con i relativi resoconti; l'interesse per le culture popolari, tradizionali, orali delle popolazioni europee; lo studio intensificato delle culture e delle religioni del Medio e dell'Estremo Oriente; le ricer- che sul sanscrito, sui geroglifici egizianì, sulla linguistica indo-europea; il tentativo di analisi delle popolazioni senza scrittura; la costruzione di modelli economico-sociali per tentare di comprendere le civiltà antiche e quelle extra-europee. l A partire dalla metà dell'Ottocento il concetto generale di evoluzione è riconosciuto come il ! criterio fondamentale di interpretazione dei fenomeni naturali e socio-culturali, anche se non è ovviamente l'unico. La progressiva scoperta che anche la natura è sottoposta alla legge evolutiva accompagna l'interpretazione, di matrice illuministica, del progresso e del divenire dei fatti storici. Il fermento intellettuale e le ricerche legate a questo clima producono inve- ;;" La preistoria stigazioni di diseguale spessore scientifico, ma comunque interessanti per intuire la preisto- dell'antropologia ria dell'antropologia culturale. Si possono così ricordare gli studi dello svizzero Johann culturale Jakob Bachofen, che con la sua opera Le madri l! la virilità olimpica del 1861 studia materia- nell'Ottocento li classici e fonti etnografiche, approfondendo il problema del primato della discendenza femminile, di certi miti letti come tracce di uno stadio evolutivo assai antico, dell'istituzione della couvade (il comportamento del maschio è tale che sembra che sia lui a partorire il l figlio), alla quale gli antropologi successivi presteranno la massima attenzione. Un motivo evoluzionistico coerente è presente nelle ricerche dell'americano Henry Lewis Morgan che, nonostante seri limiti di metodo.e di contenuto, approfondisce il problema delle strutture di parentela e delle forme linguistiche, influendo sull'opera di Friederich Engels.
  • 3. 9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane e fisiche ----.,----------- di Ora, è interessante sottolineare che il concetto scientifico di cultura, che nasce con l'an- tropologia culturale e coincide praticamente con questa disciplina, emerge in questo periodo da e in questo clima culturale generale, quando cioè ci sono tanti presupposti per avventurarsi da in una ricerca che valorizzi pienamente, oltre alla cultura occidentale tradizionale di matrice . he classica, anche le culture di quei popoli che venivano definiti «primitivi». Nel 1871 l'inglese L'inglese Tylor tra E. B. Tylor nella sua opera Primitive culture elabora un preciso concetto di cultura su base elabora in va evolutiva. Formatosi nel clima positivistico della seconda metà dell'Ottocento, egli si libera Primitive culture pa dai presupposti rigidamente unilineari dell'evoluzionismo sostenuti da tanti suoi contempo- un'idea di cultura lli- .ranei e si mostra estremamente sensibile di fronte alla diffusione dei fenomeni culturali. come sviluppo Praticamente egli inaugura il metodo della corriparazione interculturale e analizza a fondo il e progresso e processo evolutivo della religione, che passa dall'animismo al politeismo al monoteismo. La ui cultura in generale è sviluppo e coincide in larga parte con il progresso della conoscenza e :0- con il perfezionamento della ragione. Si legga la prima parte della definizione del concetto di tà cultura che l'antropologo inglese ci propone in Primitive culture. ~r- o- pi IÌ- :li UNA DEFINIZIONE "POSITIVISTA" DI CULTURA tà te La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra 2, Ì- capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di unasocietà, La condizione della )- cultura nelle varie società del genere umano, nella misura in cui può essere indagata sulla 4 ti scorta di principi generali, è un argomento che si presta allo studio delle leggi del pensiero e à dell'agire umani. Da un lato, l'uniformità che pervade così estesamente la cultura può essere 6 lÌ attribuita in larga misura all'azione uniforme di cause uniformi; dall'altro, i suoi vari gradi o possono essere considerati come stadi di sviluppo o di evoluzione, ciascuno dei quali è il 8 "- risultato della storia precedente e si appresta a compiere la parte che gli compete nel pla- ;i smare la storia futura. La nostra analisi è dedicata all'indagine di questi due grandi principi lO li in diversi settori dell'etnografia, con particolare attenzione per la civiltà delle tribù inferiori in rapporto alla civiltà delle nazioni superiori. 12 Gli studiosi moderni delle scienze della natura inorganica sono in prima fila nel ricono- scere, tanto all'interno quanto al di fuori del loro campo di ricerca specifico, l'unità della 14 natura, la permanenza delle sue leggi, la concatenazione determinata di causa ed effetto per cui ogni fatto dipende da ciò che l'ha preceduto e agisce su ciò che deve seguirlo. Essi si 16 tengono saldamente ancorati alla dottrina pitagorea dell'ordine onnipervadente del cosmo universale. Essi affermano con Aristotele che la natura non è piena di episodi incoerenti 18 come una cattiva tragedia; essi concordano con quello che Leibniz chiama «il mio assioma, che la natura non procede per salti», così come concordano col suo «grande ptjgpiPio, di 20 l solito scarsamente impiegato, che nulla avviene senza una ragion sufficiente». E anche nello studio della struttura e delle abitudini delle piante e degli animali, o perfino nell'indagine 22 delle funzioni inferiori dell'uomo, queste idee direttive non vengono ignorate. Ma quando veniamo a considerare i processi superiori del sentimento e dell'azione, del pensiero e del 24 linguaggio, della conoscenza e dell'arte, si assiste a un mutamento di tono nell'opinione cor- rente. TI mondo in generale è poco propenso ad accettare lo studio generale della vita umana 26 come ramo della scienza naturale e ad eseguire il comando del poeta di «spiegare le cose morali come cose naturali». Agli occhi di molte persone colte sembra che ci sia qualcosa di 28 presuntuoso e di repellente nella concezione che la storia del genere limano sia parte e por- zione della storia della natura, che i nostri pensieri, le nostre volontà e le nostre azioni si 30 conformino a leggi altrettanto detérminate quanto quelle che governano il moto delle onde, la combinazione degli acidi e delle basi, la crescita delle piante e degli animali. 32 E. B. Tylor, Primitive culture, in P. Rossi (a cura di), Il concetto di cultura. I fondamenti teorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino, 1970, pp. 7-8 r
  • 4. 1-12. Si.noti il carattere etnocentrico di questa come il principio di ragion sufficiente sia basilare rigorosa separazione tra civiltà inferiori e civiltà per lo sua filosofia: esso regge in particolare le superiori, che l'antropologia culturale successiva verità di fatto' che sono logicamente contingenti. tenterà di eliminare o, almeno, di attenuare, senza 21-32. La polemica di Tylor risente della sua forma- riuscirvi sempre. Resta tuttavia grande meritò di zione positivistica. Da rimarcare è il suo tentativo di Tylor aver definito lo cultura in un' accezione non separare lo storia del genere umano da quel- ampia e innovativa. . la della natura. Probabilmente, il suo concetto 13-21. Sicuramente interessante è questo richiamo etnologicamente ampio di cultura trova una spie- a due pilastri del pensiero filosofico occidentale: gazione anche in questa precisa volontà "antispiri- Aristotele e l.elbnlz: Nel caso leibniziano, è noto tualistica". L'eredità di Tylor e lo scuola di Boas Che lo definizione tyloriana di cultura avesse fatto centro è dimostrato dall'interesse che essa suscitò per parecchi decenni: prendendo il concetto di cultura come base strutturale della nuova disciplina che si chiama antropologia culturale, gli studiosi si rifaranno frequentemente al lavoro dell' antropologo inglese, che può essere effettivamente considerato come il punto di partenza di una corrente di pen- siero antropologico che, in Europa e in America, dibatterà a fondo il concetto scientifico di cultura almeno fino al secondo conflitto mondiale. Si è trattato di un dibattito fecondo, anche se i risultati con- seguiti sono stati tutt'altro che omogenei. Un momento forte di questa discussione è rappresentato, negli Stati Uniti d'America, dalla cosiddetta «scuola boasiana», che deriva il suo nome da Franz Boas (1858-1942), studioso di origine tedesca che insegnerà in America dal 1899. Figura di rilievo nel campo dell'antropologia per le sue ricerche sul campo (presso gli eschimesi, gli indiani, ecc.), Boas sottolinea il valore di un metodo rigoroso di raccolta di dati, evitandone qualsiasi generalizzazione frettolosa, e il peso delle differenze culturali. Coerentemente, egli respinge il comparativismo legato ad un processo evoluzionistico lineare. Il suo ampio concetto di cultura comprende pure lo linguistica e l'archeologia e diventa la chiave di volta di interpretazione dei gruppi e delle popolazioni umane, al punto che lo scuola antropologica statunitense rimane fortemente legata al concetto di cultura da lui elaborato. Aspetti impod'anti di questo dibattito, come per esempio il carattere determinante della cultura nei confronti ciei membri di un gruppo, oppure il temo, ':'.Ì gronde fortuna, del relotlvìano culturole. emer- gono proprio àll'interno della «scuola boasiana». Per valutare questo lascito di Boas è sufficiente richia- mare alla mente alcuni protagonisti della ricerca antropologico-culturale novecentesca, quali Melville Jean Herskovits (1895-1963), specialista di culture afro-americane che ha offerto contributi sul tema dell' accUiturazione e dell' antropologia economica e ha radicalizzato il concetto di relativismo cultura- le che aveva derivato da Boas; Alfred Lewis Kroeber (1876-1960), il cui nome resta legato al concetto di «superorganico», secondo il quale lo cultura è un fenomeno specifico e autonomo, irriducibile ad , aspetti psicologici, sociali, ecc.; Robert Heinrich Lowie (1883-1957), che riprende le linee di ricerca di Boas attuando ampie ricerche sul campo, scartando ipotesi evoluzionistiche e dando rilievo alla mol- teplicità delle cause che producono un determinato modello culturale; Clyde Kluckhohn (1905-1960), acuto studioso degli indiani Navajo, che nel suo percorso di ricerca si incontrerà con lo psicoanalisi, dando un contributo autorevole agli studi della cosiddetta di «cultura e personalità». , NTI SALIENTI DELL' ANTROPOLOGIA CULTURALE "tENTESCA: IL FUNZIONALISMO :~~;L,.;:~~.t::~~Z:~~";W::::'"O:J,:.:'Z::;J.U"""~.r=:'"~ Se si considera che l'antropologia è una scienza assai giovane, non meraviglia che nella prima metà del Novecento le piste e gli indirizzi di studio intrapresi si siano moltiplicati· con entusiasmo generoso, dando !'impressione di una ricerca a volte un po' vorace di metodolo- gie che potessero essere credute finalmente salde e imbattibili. Ma il tragitto dell'antropolo-
  • 5. pologo polacco sul diritto e sul costume dei «primitivi», sulla loro organizzazione sociale, sulla funzione del padre (alcuni studiosi parlano di un netto ridimensionamento dell'univer- salità del conflitto edipico freudiano), sul «kula», cioè su un interessante scambio cerimonia- le di collane di conchiglie e di bracciali di conchiglie che ha scarsissima rilevanza economi- ca, ma altissimo valore simbolico, va collegato al suo concetto di cultura, alla cui elaborazio- ne egli ha profuso parecchie energie. E a questo proposito occorre ricordare l'identìfìcazìo- la cultura come ne profonda tra cultura e società, all'interno di una rivendicazione della base biologica della uncomplesso cultura stessa: la cultura è dunque il complesso delle risposte ai bisogni della natura umana sistema di risposte che, una volta soddisfatti, generano ulteriori bisogni, magari di livello.superiore. Non mera- degli uomini viglia che Malinowski, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, si sia cimentato in una aipropri bisogni stimolante analisi e definizione di una «teoria scientifica della cultura» a partire dalla dialetti- ca di fondo bisogni-risposte. Si legga il seguente brano tratto dall'opera Teoria scientifica della cultura del 1941, nel quale Mallnowski definisce il concetto di cultura. TESTO 2 UNA TEORIA SCIENTIFICA DELLA «CULTURA» All'inizio sarà bene dare uno sguardo sintetico alla cultura, nelle sue varie manifestazioni. 2 Essa evidentemente è il tutto integrale consistente degli strumenti e dei beni di consumo, delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti sociali, delle idee e delle arti, delle creden- 4 ze e dei costumi. Sia che noi consideriamo una cultura molto semplice o primitiva o una cultu- ra estremamente complessa o sviluppata, noi ci troviamo di fronte a un vasto apparato, in 6 parte materiale, in parte umano e in parte spirituale con cui l'uomo può venire a capo dei con- creti, specifici problemi che gli stanno di fronte. Questi problemi sorgono dal fatto che l'uomo 8 ha un corpo soggetto a vari bisogni organici e vive in un ambiente che è il suo miglior amico giacché fornisce i materiali grezzi del lavoro umano, e anche il suo nemico più pericoloso. 10 In questo giudizio un po' approssimativo e certamente senza molte pretese, che sarà ela- borato pezzo per pezzo, noi abbiamo implicato per prima cosa che la teoria della cultura deve 12 prender posizione sul fatto biologico. Gli esseri umani sono una specie animale. Essi sono soggetti a condizioni elementari che debbono essere soddisfatte affinché gli uomini sopravvi- 14 vano, la razza continui e tutti gli organismi siano mantenuti in grado di funzionare. Ancora, col suo intero apparato di manufatti e con la sua capacità di produrli e valutarli, l'uomo crea 16 un secondo ambiente. Fin qui non c'è nulla di nuovo e si sono spesso date ed elaborate defini- zioni simili della cultura. Noi, comunque, ne trarremo una o due conclusioni addizionali. 18 In primo luogo, è chiaro che il soddisfacimento dei bisogni organici o fondamentali del- l'uomo e della razza è una serie minima di condizioni imposte a ciascuna cultura. Si devono 20 risolvere i problemi avanzati dai bisogni nutritivi, riproduttivi e igienici dell'uomo. Essi sono risolti con la costruzione di un ambiente nuovo, secondario o artificiale. Questo ambiente, 22 che non è né più né meno che la cultura stessa, deve essere continuamente riprodotto, man- tenuto e diretto. Ne consegue ciò che potrebbe essere descritto nel senso più generale del 24 termine come un nuovo livello di vita, che dipende dal livello culturale della comunità, dal- l'ambiente e dall'efficienza del gruppo. Un livello culturale di vita, inoltre, significa che nuovi 26 bisogni si manifestano e nuovi imperativi o determinanti sono imposti al comportamento umano. Chiaramente, la tradizione culturale deve essere trasmessa da ciascuna generazione 28 alla successiva. Metodi e meccanismi di carattere educativo debbono esistere in ogni cultu- ra. L'ordine e la legge debbono essere mantenuti, giacché la cooperazione è l'essenza di 30 ogni realizzazione culturale. In ogni comunità debbono esistere misure per sanzionare il costume, l'etica e la legge. Il sostrato materiale della cultura deve essere rinnovato, e mante- 32 nuto in grado di funzionare. Perciò, alcune forme di organizzazione economica sono indi- spensabili, anche nelle culture più primitive. 34 Così l'uomo deve, innanzitutto, soddisfare tutti i bisogni dell'organismo. Deve creare dispositivi e compiere attività per-nutrirsi, riscaldarsi, alloggiare, vestirsi o proteggersi dal 36 freddo, dal vento e dalle intemperie. Egli deve proteggere se stesso e organizzare tale prote-
  • 6. 9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche --------.------------------------------------------------.--~~ zione contro nemici e pericoli esterni, fisici, animali o umani. Tutti questi problemi primari degli esseri umani sono risolti mediante prodotti, mediante l'organizzazione in gruppi coo- 38 perativi, e anche mediante lo sviluppo della conoscenza, il senso dei valori e l'etica. Noi cer- cheremo di mostrare che si può sviluppare una teoria in cui i bisogni fondamentali e il loro 40 soddisfacimento culturale possono essere connessi con la derivazione di nuovi bisogni cultu- rali; che questi nuovi bisogni impongono all'uomo e alla società un tipo secondario di deter- 42 minismo. Noi potremo distinguere gli imperativi strumentali -- che sorgono da attività come quella economica, quella normativa, quella educativa e quella politica - e gli imperati- 44 vi integrativi. Fra questi elencheremo la conoscenza, la religione e la magia. Le attività arti- stiche e ricreative potremo riferirle direttamente a certe caratteristiche fisiologiche dell'or- 46 ganismo umano e potremo anche mostrare la loro influenza e dipendenza da modi di azione concordata, da credenze magiche, industriali e religiose [...] L'analisi ora delineata, in cui 48 noi tentiamo di definire la relazione fra un'azione culturale e un bisogno umano, fondamen- tale o derivato, può essere chiamata funzionale. Infatti la funzione non può essere definita 50 altrimenti che come il soddisfacimento di un bisogno tramite un'attività in cui gli esseri l umani cooperano, usano prodotti e consumano beni. Tuttavia questa stessa definizione 52 implica un altro prirtcipio con cui possiamo integrare concretamente ogni fase del comporta- mento umano. Qui il concetto essenziale è quello di organizzazione. Al fine di realizzare un 54 certo intento, raggiungere un certo fine, gli esseri umani debbono organizzarsi. Come ora mostreremo, l'organizzazione implica uno schema o "Una struttura ben definiti, icui principa- 56 li fattori sono universali 'in quanto applicabili a tutti i gruppi organizzati, che, ancora, nella loro forma tipica, sono universali per tutta l'umanità. 58 B. Malinowski, Teoria scientifica della cultura e altri saggi, trad. it, di G. Faina, Feltrinelli, Milano, 1971, pp. 44-47 1-9. Si tenga presente questa concezione organi- continuamente, superando i rispettivi confini di- cistica e integrata della cultura, che mira a coglie- sciplinari. re tutte le attività produttive dell'uomo, dal piano In definitiva, il funzionalismo malinowskiano espri- materiale a quello simbolico: è questo uno dei me senza dubbio una visione della culturà organi- tratti salienti di una concezione antropologica ca e ricca. Tuttavia, esso non è andato affatto della cultura. esente da crltiche. Infatti il funzionalismo è stato. 10-33. Il richiamo ali' esistenza di forme economi- accusato di tenere in scarsa considerazione i bi- che anche in culture primitive probabilmente sogni, di essere finalistico (scambiando la causa esprime una polemica contro quelle concezioni dei fenomeni con il loro effetto), di non tenere nel che, invece, negavano a tali culture uri tratto così conto dovuto i conflitti e le lotte all'interno di una evidente nelle società sviluppate come un'econo- società e, quindi, di trascurare il mutamento stori- mia più o meno complessa. co e sociale. Tutte rimostranze, queste, che hanno 34-45. La religione e la magia rappresentano due delle ragioni. Non bisogna però tacere che il fun- realtà essenziali nei modelli di società studiati "sul zionalismo di Malinowski ha costituito l'esempio di campo" dall'antropologo polacco. un nuovo modo di fare ricerca antropologicc:i, 45-58. L'attenzione del Malinowski per la funzio- come dimostra il fatto che ammiratori e detrattori, ne e per l'organizzazione sociale a volte sembra per decenni ancora dopo la sua scomparsa, han- accentuare aspetti della ricerca sul campo no dovuto continuare a fare i conti con la sua con- in cui antropologia e sociologia si mescolano cezione della cultura. All'interno della cornice funzionalistica va ancora collocato, in una posizione certamente autonoma e originale, Alfred Reginald Radcliffe-Brown (1881-1955), che a partire dagli anni Trenta-Quaranta del Novecento accentua il peso della struttura sociale e limita il terreno del funzionalismo. In gioventù aveva subito l'influsso del sociologo francese Durkheim e di Frazer, teorico quest'ultimo del diffusionismo culturale e autore della celebre opera Il ramo d'oro (1911-1915), straordinaria raccolta di dati sociali, antropologici e religiosi di popoli primitivi. Mentre Malinowski dà grande rilievo alla cultura, Radcliffe-Brown concepisce l'antropologia "