1. M5S è la nostra coscienza sporca
Ora il Pd è faccia a faccia con il Paese reale
Una risposta franca e semplice, direi anche molto banale, per spiegare il mio voto
Mi chiedono in tanti come sia possibile che un economista (o uno con studi di economia
sulle spalle) possa votare M5S / Grillo. Come è possibile essere a favore della fuoriuscita
dell’Euro? Come è possibile spalleggiare un populista che vuol regalare a tutti il reddito di
cittadinanza senza preoccuparsi di come finanziarlo? Come è possibile essere d’accordo
sulla riforma delle pensioni di Grillo (introdurre forchetta pensione minima/massima per
tutti… quoque tu, Salerno, che scrivi di pensioni da una vita)? Come è possibile credere a chi
vuol radere al suolo attuali vertici e governance di Eni, Enel, Telecom, Cddpp, etc., senza far
differenza tra assetti proprietari (privati e pubblici) e soprattutto senza proporre nulla di
chiaro a riempire i vuoti. L’elenco è lungo, e potrei continuarlo da solo senza essere aiutato:
cancellare i sindacati con un articolo di legge, impedire i controlli sui redditi, fare marcia
indietro sulle riforme dei servizi pubblici locali, etc. etc..
Niente di tutto ciò. Il mio voto non si regge su nessuno, o quasi nessuno, dei punti del
programma economico del M5S. Quasi tutte le proposte di politica economica di Grillo sono
impraticabili, utopistiche o addirittura dannose. Il miglior programma economico era, a mio
modo di valutare, quello di Fare x Fermare il Declino: dettagliato, trasparente, totalmente
scevro da populismi, responsabile nel considerare le compatibilità finanziarie, con impegni
inequivocabili, una proposta concreta per ognuno degli snodi strutturali aperti da venti anni
e più. Avessero potuto raggiungere una soglia sufficiente per portare avanti il programma e
far percolare le loro idee, avrei votato FiD sia alla Camera che al Senato. L’ho fatto solo alla
Camera, il mio è stato un voto disgiunto. Al Senato ho preferito dare il voto a chi, in
mancanza di correttivi precisi e praticabili alla linea di politica economica, poteva portare
una scossa. Il senso della mia croce sul simbolo di Grillo è questo. Un voto “muscolare”,
come quello a FiD è stato un voto col “cervello”, per le idee.
Io ritengo M5S la coscienza sporca del Pd (PdL essendo fuori concorso quanto a coscienza,
un outsider). Doversi confrontare con loro sarà, per il Pd, come andare in terapia dall’analista.
Bisogna solo capire se terapia freudiana, per portare alla luce i venti anni di “amore e sesso
clandestino e contro natura” con il PdL. Oppure se terapia junghiana, per fare i conti con
tante “esperienze di gioventù” non ancora sufficientemente elaborate, e con molti aspetti
irrisolti della natura politica e partitica.
M5S rappresenta la pancia e le budella del Paese, in subbuglio dopo venti anni di non
governo, di perdite di tempo, di mezze misure. Adesso pancia e budella ce le abbiamo
davanti tutti, non è più necessario fare ipotesi su quanti sono, fin dove vorranno arrivare,
quale livello di esasperazione e di irrazionalità si trascinano dietro. Il burrone è lì, visibile a
tutti, anche al più miope, anche al più ottimista attivista del Pd.
Chiedo a voi: Era preferibile che queste sacche di insofferenza e di malcontento, diffuse
dappertutto senza steccati geografici e trasversali alle età ma con forte componente
giovanile, rimanessero sommerse a covare? Era preferibile che lo sfogo avvenisse nelle
piazze, con possibili degenerazioni ed escalation di durezza? Io l’ho pensata diversamente:
Meglio che tutto venga fuori, e che tutto si incanali democraticamente nel percorso
2. parlamentare. Meglio tenere il Parlamento al centro. La società civile e i movimenti che
entrano nelle Istituzioni è una novità assoluta in Italia. Il Paese e il suo modo di far politica
non saranno più gli stessi da ora in poi.
Tanti, quasi tutti, mi stigmatizzano per non aver pensato col mio voto alla stabilità del Paese.
Secondo me è stabilità anche includere la protesta nei canali istituzionali e dialogarci. E a
coloro che da anni chiedono che non si pensi solo alla stabilità finanziaria e il rigore non sia
cura più dannosa del male, dico anche che questa è una occasione di gettare presupposti di
stabilità, stabilità politica e sociale. Una occasione, non un fatto già automaticamente
acquisito. Bisogna saperla capire, gestire e mettere a frutto. È un compito difficilissimo.
Molto più comodo sarebbe stato per il Pd avere carta bianca e vincere facile come alle sue
primarie interne. Troppo facili, quelle, per essere vere. Non ho voluto, col mio voto, che
questo accadesse. Non c’è niente di facile nei tempi che stiamo vivendo.
Ma torniamo al programma di Grillo, da cui ho già preso le distanze (non è questa la cifra,
non è questa la forza che mi interessa in M5S). Se si analizzano i punti, di là dai toni radicali,
minacciosi, da giudizio universale michelangiolesco con resa dei conti, se i punti si
analizzano alla radice, appaiono (così almeno a me) come tentativi convulsi, primitivi,
semplicistici e anche spacconi di dare risposte rapide a problemi ormai endemici dell’Italia.
La politica non ha svolto, per tanti troppi anni, il suo ruolo di mediazione tra la gente, le
Istituzioni e le scelte, e questo è il risultato: le richieste stanno sfondando dal basso, stanche
di aspettare qualcuno che le capisca, le raccolga rapidamente (adesso il rapidamente
significa subito), e prospetti per loro una soluzione praticabile e sostenibile. Il raccordo tra i
bisogni e le Istituzioni, tra le aspirazioni della gente e la scrittura delle riforme, non ha
funzionato. E senza una discontinuità politica non vedevo, io, presupposti perché
improvvisamente la separazione tra Paese partitico e Paese dei cittadini si risolvesse.
Gli esempi possono esser tanti. Prendiamo le pensioni. L’idea primitiva di Grillo va
necessariamente tradotta. La sua “pensione minima per tutti” non è sostenibile, mentre la
pensione massima (di fatto un taglio dei benefici rispetto alla storia contributiva)
genererebbe presto effetti negativi sull’offerta di lavoro, sulla produttività,
sull’evasione/elusione contributiva. A Grillo andrebbe spiegato che lo stesso obiettivo va
perseguito estendendo a tutti e velocizzando il criterio di calcolo contributivo nozionale
delle pensioni, e allungando l’età di pensionamento in maniera flessibile. Gli andrebbe detto
che la pensione minima per tutti è di fatto un reddito di cittadinanza (non a caso altro punto
del programma M5S) che, per essere sostenibile, deve possedere necessariamente un’elevata
selettività, altrimenti vendiamo fumo. Gli andrebbe spiegato che è tutto il nostro welfare ad
avere bisogno di selettività, strumento indispensabile per coordinare nel tempo la domanda
di prestazioni con i vincoli di bilancio. Perché porto questo esempio? Perché per il Pd
sistemazione del capitolo delle pensioni e selettività a tutto tondo del welfare restano due
argomenti indigesti. Si chiarisca le idee adesso che non ha monopolio autoreferenziale in
Parlamento.
Sul mercato del lavoro. Tra il Pd trattenuto sulle posizioni della Cgil e il M5S che chiede
assegno triennale per tutti i disoccupati (dove mai andremmo a recuperare risorse, bho!),
forse le riforme alla Ichino o alla Boeri cominceranno a sembrare un buona via di mezzo,
magari coordinate con la ristrutturazione selettiva del welfare.
Cassa Depositi e Prestiti e fondazioni bancarie. Vuoi vedere che adesso si muove qualcosa
anche su quest’altro chimerico fronte? Pd finora con troppo contrasto di interessi (udite
udite!) sul tema per puntare a riforme vere.
3. Gli esempi possono continuare. In venti anni non ho mai visto il Pd sbracciarsi più di tanto
per la riforma del sistema di finanziamento pubblico dei partiti, o per la riforma del
finanziamento dell’editoria. Vediamo adesso che cosa fa. Per non parlare della legge del
conflitto di interessi, che al Pd è piaciuto rimandare alla calende greche. Vediamo se è ancora
possibile posticipare, sotto gli occhi del M5S.
Questi punti, uniti alla nuova legge elettorale e alla riduzione del numero dei politici e degli
amministratori a Roma e negli Enti Locali, possono essere una base di partenza per una
agenda delle riforme Pd-‐‑M5S. Magari riuscissero in qualche mese a darci una legge
elettorale nuova. È il punto di avvio del processo democratico. Se è falsata la legge elettorale,
tuto il resto si complica a catena.
Io ho votato per dare una scossa al Pd. Per far sentire al Pd il fiato della gente sul collo. Ho
votato per concorrere a spostare l’asse del Pd e per avere un Parlamento più capace di
specchiare la realtà del Paese. Ho votato per portare concorrenza in politica, concorrenza tra
coloro che poi devono decidere sulla concorrenza in economia. È troppo comodo legiferare
sul mercato e sulle riforme stando in posizione protetta e indisturbata. È lecito utilizzare il
voto in questa maniera? È lecito per un cittadino che conta un vota “sognare” di incidere?
Volevo mettere il Pd in questa situazione, esattamente nella situazione in cui si trova.
Mettergli addosso, in Parlamento, gli occhi di Deputati e Senatori sino a ieri cittadini
qualunque come me; mettergli addosso un campione fedele delle difficoltà del Paese.
Concludo con una domanda: Avete la certezza che, in assenza di M5S, il PdL non avrebbe
acquistato più consenso e più voti? Se ha fatto presa il populismo di Grillo, questo ci ha
anche salvato dalla seconda edizione del “populismo dell’Imu”. Il Pd che preferisce?
Misurarsi con le complicazioni del nuovo, o continuare ad avere Berlusconi e il PdL su cui
costruire facili e ormai scontate campagne elettorali, che tra l’altro non hanno mai sfondato?
Parola d’ordine: non demonizzare i Grillini, parlarci e guardare avanti!
Noi speriamo che ce la caviamo, nicola