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CHI PAGA?....io
scritto da
Patrizia Laurora
Al mio fedele gatto, considerato come un amico e un fratello, Palmiro,
ispiratore dell'omonimo personaggio presente in questo romanzo
in suo ricordo e ringraziamento.
A mio fratello Massimiliano e ai miei genitori
che hanno ispirato molte pagine e soprattutto molte battute di questa storia.
1
Giugno-Luglio 1975
Era giunta la fine della primavera e già si sentiva l'odore delle vacanze tanto attese. Gli alberi erano
in fiore, le giornate soleggiate e limpide. Ormai la pioggia era diventata solo un ricordo. Tutti gli
studenti erano spensierati tranne ovviamente i maturandi e quelli che avevano ancora qualche voto
incerto.
Roberto Amodei era uno di quei tanti studenti che proprio in quel periodo avrebbe concluso il suo
percorso accademico al liceo classico. Lui era un promettente studente che aspirava alla carriera di
notaio, per seguire le orme del padre. Come la maggior parte dei suoi coetanei amava lo sport, in
particolar modo il calcio, di cui non si perdeva una partita di serie A da quando era nato. Quando
veniva trasmessa una partita in tv, trascurava tutti gli impegni: si sedeva sul suo comodo divano del
salotto con una bottiglia di birra in mano e una ciotola di pop corn. Spesso accadeva che siccome
tutti i ragazzi erano appassionati di calcio, si trovavano a casa di qualcuno e bevano tutti insieme
allegramente guardando alla tv i giocatori scalmanarsi con un pallone. Lui però non aveva mai
tifato per una squadra in particolare, non né sentiva la necessità, ogni tanto aveva nutrito qualche
simpatia per qualcuna, ma mai abbastanza per poter dire di essere un grande fan di questa.
Un altro elemento presente nella vita dei ragazzi sono le donne. Roberto aveva la ragazza da circa
due mesi, Rebecca Giuliani. Trascorrevano molto tempo insieme, avevano la stessa età, quindi
condividevano anche la paura per gli esami e il futuro.
Roberto era un ragazzo alto, con una leggera pancetta, occhi piccoli scuri e sopracciglia nere e folte
e, come molti ragazzi di quegli anni, portava i capelli leggermente lunghi e voluminosi.
Rebecca era la tipica ragazza della porta accanto, alta, magra, dai capelli lunghi e rossi, occhi grandi
azzurri e sopracciglia sottili. Non era una sportiva, ma stando accanto a Roberto aveva dovuto
imparare a sopportare il calcio. Era molto raffinata ed elegante, vestiva sempre con una gonna lunga
fino al ginocchio larga e magliette semplici a volte attillate a volte più larghe. Nelle giornate
particolari invece indossava persino abiti interi specialmente in estate.
Era giugno. Faceva caldo. In alcune regioni d'Italia si erano raggiunti già i 35 gradi. Era l'ultimo
giorno di scuola, ma per i maturandi era solo l'inizio dell' “inferno”. Non potevano concedersi
perdite di tempo, anche con il caldo e con il ventilatore o il condizionatore a manetta studiavano,
sudando e innervosendosi sui libri se non capivano qualcosa. Perdevano la testa, si irritavano, si
concedevano poche pause, forse solo per andare in bagno e a mangiare.
Alcuni si incontravano per studiare insieme le materie più ostiche: in special modo matematica, in
cui molti dopo soli cinque minuti già davano i numeri.
Roberto e Rebecca frequentavano lo stesso liceo classico, quello in centro Mestre, da tutti
considerato il liceo più prestigioso della città, ma fortunatamente non erano nella stessa classe.
Comunque se Roberto aspirava a diventare notaio, Rebecca di certo non sognava di diventare
casalinga, voleva diventare medico. Le facoltà che avevano scelto di frequentare erano molto
differenti, ma loro erano abbastanza convinti che l'amore potesse reggere anche a distanza. Per di
più una diversa facoltà non significava avere imposto una distanza immensa, tanto entrambi
avrebbero studiato alla stessa università.
Quell'ultimo giorno, all'ultima ora, la classe di Roberto aveva religione e il professore non aveva più
tanta voglia di spiegare e anche lui umanamente sentiva il caldo penetrargli nelle ossa.
-Bene ragazzi! Non ho voglia di tormentarvi ancora, spaziate nella vostra fantasia, concediamoci
quest'ultima ora per divertirci tutti insieme. Dove vi vedete fra vent'anni?- chiese il professore
incuriosito di sentire i suoi frizzanti studenti con gli ormoni alle stelle.
Tutti ovviamente risposero ridacchiando e sbeffeggiando il professore, ma lui non si volle
arrendere. -Su dai ragazzi, ci facciamo quattro risate tutti insieme e finiamo in bellezza l'ultima
vostra ora di liceo-.
I ragazzi allora con qualche risata accettarono.
-Bé, se devo proprio essere sincero- iniziò Roberto con la sua solita aria scherzosa e con un velo di
strafottenza – Mi vedo in una casa grande, pieno di soldi con una moglie che mi serve in tutto,
cinque figli maschi che rigorosamente devono formare una squadra di calcetto, o comunque devono
giocare a calcio, non si accettano altri sport. E infine, per fare contenta la mia donna, mi andrebbe
bene anche una figlia femmina-.
Tutti allora si misero a ridere a crepapelle e alcuni presero persino a fischiare divertiti.
-Interessante- commentò il professore divertito -Qualcun altro?-.
-Io mi vedo pieno di soldi e pieno di donne- rispose Girolamo il migliore amico di Roberto. E tutti
si misero a ridere. Girolamo era conosciuto in tutto il liceo per essere un grande donnaiolo, ben
poche ragazze non erano passate per le sue lenzuola.
Molti altri si fecero avanti. Le ragazze però furono le più timide e schizzinose. Tanto pettegole tra di
loro, ma di parlare davanti a bei ragazzi corpulenti dei loro sogni futuri, era fuori discussione.
I ragazzi invece, si sa, a parte qualche caso eccezionale di estrema timidezza, sono più sfacciati e
più propensi allo scherzo. Loro non hanno peli sulla lingua. Al massimo si scannano subito, ma non
si tengono mai nulla dentro.
Le ragazze, basta che una dica una cosa piuttosto che un'altra e subito ci si guarda in cagnesco e non
ci si parla per minimo una settimana.
Delle ragazze infatti non parlò nessuna, poi c'era talmente tanto chiasso in classe che alla fine si
riuscirono ad ascoltare solo poche rivelazioni.
Quando suonò la tanto attesa, venerata e sognata ultima campanella, si sentì un boato: urla, risate e
rincorse per tutti i corridoi. Si faceva persino fatica a camminare fuori dalle aule che si veniva urtati
o spinti. Roberto cercò assiduamente Rebecca, le aveva promesso di portarla a casa da lui a
mangiare per poi mettersi subito a studiare.
Lei lo raggiunse davanti alla macchinetta del caffè della scuola e insieme si incamminarono verso la
casa del ragazzo.
Non sto qui a raccontarvi tutto nei minimi particolari sugli esami di stato di quell'anno perché
sarebbe troppo noioso, ma dell'esame orale a luglio è divertente parlarne.
Rebecca aveva la prova un giorno prima rispetto a Roberto. Era pronta. Aveva studiato. Sapeva le
cose e aveva un obbiettivo da raggiungere. Non si sarebbe fermata davanti a nessuno, neanche
davanti a professori che non aveva mai visto prima, tutti impomatati, vestiti con abiti gessati persino
con quaranta gradi all'ombra.
Quando entrò nell'aula d'esame, rimase seria. Vestiva con una gonna lunga fino al ginocchio azzurra
e una maglietta elegante larga bianca e ai piedi calzava semplici sandali.
In mano portava solo la tesina. Non aveva paura. Era sicura di se. Non si perse d'animo.
Ad assistere al suo esame c'erano Roberto, Girolamo e alcuni loro amici.
I professori la fissarono attentamente, la fecero parlare per cinque minuti soltanto della sua lunga
tesina di quindici pagine sulle malattie gastro-intestinali, subito dopo partirono a tartassarla con
domande di tutte le materie. Facili. Difficili. Lei non ci pensava. Rispondeva a macchinetta e basta.
I concetti li sapeva, non serviva girarsi tanto intorno.
La pena durò neanche un'ora, dopo di che le dissero semplicemente che poteva andare.
Roberto la raggiunse, l'abbracciò ed uscirono insieme dall'aula seguiti dagli altri.
Il giorno dopo toccò a Roberto.
Quando lo chiamarono, lui entrò in aula sorridendo tranquillamente, come se non fosse affar suo. Si
era addirittura costretto a vestirsi in giacca e cravatta con tanto di camicia bianca e scarpe in pelle
eleganti.
I professori quando lo videro entrare, non rimasero infastiditi dal comportamento del ragazzo.
Anche perché nelle loro menti confabulavano già qualcosa.
Roberto si sedette e iniziò a parlare della sua tesina sulle dodici tavole dell'antica Roma. I professori
però lo fermarono dopo neanche tre minuti e subito presero a fargli domande a raffica che lo misero
in leggera confusione. Aveva pure un caldo infernale. Iniziò persino a sudare e i professori non gli
concedevano tregua. Ma lui non si perse d'animo, raccoglieva ogni volta qualche secondo poi
rispondeva. Non aveva fretta. Prendeva tutto con calma. Voleva stuzzicare un po' i professori che
dopo averlo torchiato, avrebbero avuto la pausa caffè. Dopo mezz'ora di interrogatorio un docente,
seduto alla destra del presidente di commissione fermò Roberto proprio mentre lui si stava
preparando per uscire.
-Tu sei quello che ha detto di volere una moglie servizievole, cinque figli maschi e una sola
femmina per accontentare la tua donna?-.
Roberto ammutolì. Come faceva quel professore a sapere di quella battuta? Veniva da un'altra
scuola e non era di religione. Roberto era nel panico, come doveva rispondere? Non era giusto. I
professori erano tenuti a fare solo domande di tipo curricolare non personale. Infatti gli altri docenti
lo guardarono con occhio torvo.
-Sai il tuo professore di religione è un mio caro amico e me lo ha raccontato. Non mi ha detto il
nome di chi l'ha detto. Così vedi siccome ti ho visto entrare con aria un po' strafottente e troppo
sicura di sé, mi sono chiesto se fossi tu colui che ha detto quella cosa. Anche perché essendo il
ragazzo di mia figlia, devo sapere che intenzioni hai con lei-.
Roberto cadde nel panico più totale. Doveva dare un risposta. Davanti a lui si trovava il padre della
sua ragazza che lui prima d'ora non aveva mai incontrato, per giunta affiancato da docenti che non
aveva mai visto e dietro di lui la sua ragazza era sconvolta per quello che era appena venuta a
sapere riguardo le intenzioni del suo ragazzo.
-Professore, scusi ma non mi sembra il luogo per porre queste domande- rispose allora Roberto che
non aveva alcuna voglia di parlare della sua vita privata davanti ad una commissione d'esame.
-Bé allora? Ti costa tanto dire un monosillabo?- chiese irritato il padre di Rebecca.
-Si, l'ho detto io, ma era per ridere e per sciogliere la tensione- rispose Roberto senza perdere le
staffe.
-Puoi andare- lo congedò allora il professore.
Gli esami si conclusero a metà luglio, Rebecca uscì con un bel 57, Roberto con 55.
Dieci anni dopo
Rebecca e Roberto hanno ormai conseguito la laurea e fortunatamente sono riusciti a trovare
un posto di lavoro: lei come pediatra stagista all'ospedale, lui ovviamente come notaio
nell'ufficio con suo padre.
Nonostante alcune divergenze durante gli anni di università la loro è rimasta una coppia
stabile. Anche seguendo corsi completamente diversi, non si sono lasciati. Cosa accaduta a
molti loro compagni del liceo.
Ora sono entrati insieme nel mondo del lavoro, non possono più dipendere dalla famiglia.
Sono diventati indipendenti e sono pronti per il grande passo.
3
La prima gravidanza
Roberto e Rebecca partirono per la luna di miele in Scozia il giorno dopo il matrimonio.
Alloggiarono in un albergo a tre stelle, dove venivano organizzate anche gite nei castelli antichi
per la caccia ai fantasmi.
La nuova coppia una sera accettò la sfida e con un gruppo di turisti dell'albergo partirono alla
volta di un grande castello, poco distante dal famoso lago di Loch Ness.
Roberto era tutto eccitato. Era appassionato di mostri e fantasmi. Mentre Rebecca si dimostrò
piuttosto titubante. Lei era una tipa più razionale per pensare che esistessero dei fantasmi.
Accettò quell'avventura per suo marito anche se però non era del tutto convinta. Pensava di
aver perso solo tempo e denaro.
Invece qualcosa accadde. Quando entrarono, sentirono degli strani rumori come voci che
fluttuavano inconsistenti nell'aria senza avere un senso preciso. Roberto era talmente curioso
che andò proprio nella direzione dei rumori. Rebecca aveva paura. Credeva di essere finita in
una di quelle case dell'orrore dei film Thriller. Così si aggrappò più saldamente al braccio del
marito.
Lui camminava lesto lungo i corridoi, finché trovò la porta da dove provenivano tutti i rumori.
Era intenzionato ad aprirla, quando la guida li chiamò e disse loro che era ora di rientrare in
albergo.
Lui ci rimase deluso, a lei non fece alcuna differenza.
Quando tornarono in camera, si buttarono subito a letto. Erano molto stanchi.
A parte quell'escursione serale, la giovane coppia trascorreva le giornate del viaggio di nozze a
passeggiare per la città, visitando le parti più interessanti e di grande rilievo storico.
Visitarono anche Edimburgo con le sue librerie e i suoi parchi.
Poi alla sera in albergo se avevano ancora forza, facevano quello che si divertono a fare tutte le
coppiette, ovvero sesso sfrenato.
Quando fecero ritorno in Italia, nella loro nuova casa trovarono una sorpresa. Il padre di
Rebecca era là. Teneva tra le mani un piccolo gattino nero senza coda e con gli occhi gialli.
Rebecca gli corse subito incontro.
-E' un Manx e come tutti i gatti di questa razza è senza coda- spiegò.
-Grazie- gli disse la figlia prendendo il gattino in mano -E' un maschietto-.
-Che nome gli volete dare?- chiese il padre.
-Palmiro- rispose Roberto -Come nome suona bene per un gatto-.
-Ma come mai questo regalo inaspettato?- chiese Rebecca.
-Bé perché un gatto vi può insegnare molte cose- rispose il padre -Bene devo andare-.
Rebecca e Roberto rimasero soli con Palmiro nella nuova casa, un appartamento da due
camere in centro Mestre.
Palmiro si dimostrò fin dai primi giorni un gatto pulito, educato e intelligente, tanto che non
sporcò mai la casa con bisognini nei posti sbagliati.
Roberto e Rebecca adoravano quel gatto, era sempre presente quando uno di loro stava male
ed era di grande compagnia, a differenza di alcuni gatti che preferiscono farsi vedere solo
quando il padrone tira fuori la ciotola con la pappa.
Fu proprio con Palmiro che ad entrambi cominciò a balenare l'idea di mettere finalmente su
famiglia.
Rebecca tempestivamente calcolava il periodo dell'ovulazione e durante quei giorni ci davano
dentro, finché quando ormai Palmiro raggiunse gli otto mesi, i primi di giugno , si
cominciarono ad avere i primi segnali: Rebecca prese ad avere nausee e mal di testa continui,
senza contare la fame, mangiava addirittura più di Roberto, e ce ne voleva per superarlo!
Così si sottopose ai primi test. Erano eccitati. Anche Palmiro si accorse del cambiamento e ne
sentì pure lui le palpitazioni e le ansie. Così si fece ancora più vicino ai padroni. Roberto
spesso si fermava a parlare con lui. Sembra una cosa da pazzi, ma Roberto era felice di parlare
con il gatto, anche perché sembrava capire i discorsi: miagolava, muoveva la testa e gli occhi
quasi come fanno gli esseri umani quando devono ascoltare un amico.
Era consolante avere un gatto del genere. Roberto era talmente fiero di lui che se lo portava
persino al bar a bere con Fra Girolamo, che seppur ora portava l'abito da ecclesiastico, aveva
ben poco di religioso, visto che comunque con le donne continuava a darci dentro, possedeva
una moto e suonava la chitarra elettrica.
-Ah, non sai ieri che donna fantastica ho visto!- disse quando si sedette al tavolo insieme a
Roberto e Palmiro era in procinto di acciambellarsi sulla sedia rimasta libera.
-Racconta, racconta!- battuta classica che gli porgeva Roberto ogni volta che lui tirava fuori
l'argomento.
-I capelli li aveva neri. Un nero acceso che profumava di vaniglia. E sai quanto adoro la
vaniglia!- iniziò a raccontare proiettandosi nella mente il ricordo della donna che il solo
parlarne lo faceva eccitare di gioia -Gli occhi li aveva azzurri, come... come, non mi viene in
mente, comunque erano molto chiari. E indossava un abito... - si fermò assaporando
quell'immagine divina -Attillato e corto che le metteva i risalto quelle dolci e formose curve
che il solo guardarle mi veniva voglia di prenotare una camera d'albergo-.
-Ah, capisco. E'... che potere hanno le donne?- rispose Roberto pensando alla sua Rebecca in
dolce attesa -Sai che Rebecca è incinta?- .
-No, davvero? Speriamo che sia un bel maschietto, così vedrai quanto cose gli potremmo
insegnare. Meglio cominciare già da subito con i buoni insegnamenti, se non vuoi che tuo figlio
diventi uno sfigato-.
-Hai perfettamente ragione. E come tu credo ricorda, già alle superiori avevo espresso un mio
parere: cinque figli maschi è il numero perfetto. Inoltre bisognerà farli crescere con la
passione rigorosamente per il calcio-.
-Giusto, giusto- concordò Fra Girolamo voltando lo sguardo verso Palmiro che durante tutta la
conversazione lo aveva guardato con disappunto -Che ha il tuo gatto da guardarmi male?-.
-Credo che voglia conoscere anche lui qualche bella femmina, insomma ha dieci mesi soltanto
e vedessi che giochetti fa con i peluche di mia moglie, quindi figuriamoci quando avrà un anno
e sentirà le gatte in calore. Vero bel micione?- disse Roberto accarezzando Palmiro.
-Oh... Anche il gatto sa quale sia la giusta strada, mi piace, così si fa. E bravo Palmiro!- si
congratulò Fra Girolamo con il gatto e lo accarezzò. Il gatto rispose facendo fusa. Ormai
stavano diventando amici.
-Urca, come è tardi! Devo tornare subito a casa, oggi Rebecca ha l'ecografia- esclamò ad un
certo punto Roberto guardando l'orologio.
-Ah, allora buona fortuna mandrillone- lo salutò Fra Girolamo andando verso il banco a pagare
-Lascia stare offro io, conserva i soldi per i pargoli che cominciano ad arrivare-.
-Grazie, ciao- lo salutò Roberto con Palmiro che lo seguiva.
Ecco un altro punto che mostrava la perfezione di quel gatto: Palmiro era straordinariamente
attaccato al padrone, lo si poteva portare fuori tranquillamente anche senza guinzaglio che
tanto seguiva sempre Roberto o Rebecca.
Rebecca era appena tornata a casa da lavoro ed era già pronta a partire. Era curiosa di sapere
come stava il suo bambino. Non era mai stata così emozionata. Quella era una cosa diversa dal
solito. Come il matrimonio dopo tutto. Sono scelte e avvenimenti che cambiano la vita. E poi lei
adorava i bambini, per questo aveva scelto di fare la pediatra. L'idea di avere un bambino tutto
suo, per lei era una delle emozioni più grandi.
Mentre aspettava che Roberto e Palmiro tornassero a casa, camminò avanti e indietro per
tutto l'appartamento.
Quando Roberto arrivò, non gli diede neanche il tempo di entrare che lo spinse fuori, fece
passare solo il gatto che non poteva seguirli, poi chiuse a chiave la porta.
Si diressero verso l'ospedale ansiosi e nervosi, maledicendo ogni semaforo rosso. Poi via a
tutta birra.
Arrivati in ospedale, nel reparto ginecologia fortunatamente erano gli unici, così il dottore li
fece accomodare subito.
Rebecca si sdraiò sul lettino e si tirò su la maglietta. Ormai aveva un bel panciotto, era già al
secondo mese.
Roberto si sedette su una sedia vicino al lettino e le strinse la mano, mentre il ginecologo
passava sopra la pancia di Rebecca la sonda per l'ecografia, collegata alla macchina dove
veniva proiettato l'interno dell'utero.
-Vi comunico che non ne aspettate solo uno- disse il ginecologo.
Rebecca e Roberto si zittirono subito, non avevano mai pensato al caso che avrebbero potuto
avere dei gemelli, insomma non avevano mai avuto parenti gemelli nelle loro famiglie. Roberto
si sentì un uomo potente e virile, allora. I suoi spermatozoi erano combattivi e determinati
come lui.
Pregò mentalmente quindi che fossero rigorosamente due maschi.
-E di che sesso sono?- chiese curioso.
-Bisogna aspettare almeno il quinto mese- rispose il ginecologo continuando a muovere la
sonda sulla pancia di Rebecca.
-Che peccato!- ci rimase male Roberto.
-Comunque questo non significa che bisogna mangiare per tre persone, signora- disse il
ginecologo rivolgendosi a Rebecca -So che ora avrà molta fame, ma veda di non esagerare. E
soprattutto è meglio se comincia a praticare un po' di attività fisica in preparazione al parto.
Le consiglierei vivamente di fare un po' di nuoto-.
-Ok- rispose debolmente Rebecca.
Era molto preoccupata all'idea di avere due gemelli. Pensava che già era faticoso e duro
partorirne uno, figurarsi due. Sarebbe stato doloroso, se lo sentiva.
Inoltre il loro appartamento non sarebbe bastato più per quattro persone. Si presentavano
grandi spese. Fortuna che ormai avevano un buon lavoro entrambi, altrimenti sarebbe stato
ancora più difficile.
Durante il viaggio di ritorno, Rebecca rimase in silenzio. Aveva paura. Roberto dal canto suo
non vedeva l'ora di scoprire il sesso dei nascituri. Due maschi per lui sarebbero stati perfetti,
ma anche un maschio e una femmina non era una brutta prospettiva.
-Allora che nome possiamo dargli?- chiese alla moglie tutto allegro.
-Intanto vediamo come va la gravidanza, poi avremo tempo di pensare ai nomi- rispose
Rebecca continuando a guardare fuori dal finestrino. Il tempo era brutto, iniziò persino a
piovere. Sembrava quasi che il cielo volesse trasmettere gli stessi stati d'animo di Rebecca.
Quando tornarono a casa si misero a preparare la cena.
Rebecca continuò a rimanere in silenzio, mentre Roberto dalla felicità, canticchiava perfino.
-Che succede, tesoro? Qualcosa non va?- le chiese dopo averla osservata attentamente mentre
preparava l'insalata.
-Prova a metterti per la prima volta nei miei panni. Due gemelli. Ma ti rendi conto?- gli rispose
Rebecca bruscamente mettendo la ciotola dell'insalata in tavola.
-E allora? Non sei mica l'unica al mondo a dover partorire due gemelli. E poi, con le cure e le
diagnosi che ci sono adesso, non ti devi preoccupare. Inoltre tu sei sanissima. Sta tranquilla e
non ti preoccupare- provò a consolarla lui.
-Non voglio diventare una botte di ciccia- cercò di essere un po' ironica Rebecca sedendosi a
tavola.
-Chi se ne frega! Poi ci penserò io a farti smaltire tutto-.
-Proprio tu, che da quando ti sei laureato hai messo su cinque chili e ora sarai pure
aumentato?- gli rispose scherzosamente accarezzandogli le guance.
-Bè ho delle virtù nascoste. Sai secondo alcuni studi fare sesso sfrenato è come fare ginnastica,
quindi per dimagrire si può usare-.
-Vuoi dimagrire facendo sesso? - .
-E' un'opzione da non trascurare-.
-Sai quanto sesso ci vorrebbe?-.
-No, ma scusa che importa? Alimentazione adeguata e sesso sfrenato fatti entrambi,
porteranno a risultati più che ottimi-.
-Certo che voi uomini non sapete pensare ad altro?-.
-E' una prerogativa degli uomini. Che c'è di male? Voi donne non siete tanto meglio-.
-Si ma voi sapete pensare principalmente a quello, noi donne invece abbiamo molte più cose
per la testa-.
-Si ma almeno fare sesso non implica spese spropositate, come il vostro fare shopping- si
difese Roberto che pur di tirare sempre in ballo il discorso che lui non voleva spendere soldi,
avrebbe fatto qualsiasi cosa.
-Noi lo facciamo anche per fare un piacere alle persone che ci stanno intorno-.
-Voi donne? Ma se basta avere idee opposte che vi scannate e vi fate tante di quelle cattiverie
che neanche gli dei riescono a tenervi al guinzaglio-.
-Bé io non sono così- si difese prontamente Rebecca che non voleva essere considerata una
donna piena di cattiveria che pensa solo a spendere soldi come molte sue coetanee.
-Mangiamo?- cercò di chiudere il discorso Roberto, che come al solito aveva una fame da lupi.
-Si, dai sto svenendo dalla fame. Domani andrò ad iscrivermi in piscina- disse Rebecca
iniziando a servirsi.
Nei mesi che seguirono per Rebecca fu dura lavorare. Aveva sempre una gran fame, se non
faceva almeno due piccoli spuntini tra i pasti principali, si sentiva svenire. Inoltre il mal di
testa e la nausea non erano trascurabili e capitavano all'improvviso, alcune rare volte anche
mentre stava visitando un bambino.
Prese a farle male pure il seno ad un certo punto. Andare a nuotare, come le aveva consigliato
il ginecologo, la aiutava a non sentire i dolori, che sfortunatamente dopo poco tornavano di
nuovo tutti all'attacco.
Al quinto mese di gravidanza andò a fare un'altra ecografia per scoprire il sesso dei bambini.
Era emozionata come circa tre mesi prima. Per un momento almeno non pensò ai dolori che
aveva.
Roberto come sempre l'accompagnò, sia perché era curioso anche lui di scoprire il sesso dei
figli, sia perché la pancia di Rebecca aveva ormai raggiunto dimensioni tali che sarebbe stato
difficile stare al volante.
Quando entrarono nell'ambulatorio del ginecologo, il ginecologo la fece accomodare sul
lettino. Per distendersi Roberto le diede una mano, perché spesso per il peso della pancia le
veniva mal di schiena ad alzarsi e a distendersi.
Il ginecologo come al solito le fece alzare la maglietta e le mise sopra la pancia la sonda per
l'ecografia.
-Uhm!- bofonchiò il ginecologo mentre muoveva il marchingegno sopra la pancia di Rebecca.
-Uhm, cosa?- si spaventò Roberto.
-Volete sapere il sesso dei bambini o preferite non saperlo? Comunque godono entrambi di
ottima salute- gli rispose il ginecologo con calma.
-Si, si dica pure il sesso dei due piccoli- diede il consenso Roberto dopo aver ricevuto
un'espressione di assenso da parte della moglie.
-Sono due belle femminucce monozigoti- rispose il medico.
“Dio non esiste, o se esiste vuole farmi impazzire!” pensò tra sé e sé Roberto. Non è che odiava
le figlie femmine, solo che loro non avrebbero di certo giocato a calcio, sicuramente non
avrebbero nemmeno avuto l'interesse di guardare una partita e magari gli avrebbero fatto
spendere fior di quattrini per vestiti e gingilli. Gli bastava Rebecca che spesso e volentieri (una
volta l'anno) spendeva almeno cento mila lire solo di intimo. Roba da matti! Con tre donne
sarebbero diventate trecento mila lire!
Rebecca invece si rasserenò. Non sarebbero stati costretti a traslocare subito. Due bambini
dello stesso sesso potevano tranquillamente condividere la medesima camera. Quindi avevano
tempo per affrontare anche quella, comunque doverosa, spesa.
Poi era felice di avere due femmine perché quando sarebbero state più grande, avrebbero
potuto andare a fare shopping insieme, parlare di argomenti che non riguardassero sempre il
sesso, i bilanci economici della famiglia, ma soprattutto del calcio. Era stufa di dover
trascorrere le domeniche chiusa in casa e alcune sere a guardare la partita di calcio. Con delle
figlie femmine si parla anche di altro, insomma.
Quando tornarono, a casa li aspettavano i genitori di Rebecca. Roberto che non sopportava il
suo terribile suocero, si recò al bar con Palmiro per parlare con Fra Girolamo.
-Allora?- gli chiese Fra Girolamo, quando furono tutti seduti al solito tavolo.
-Due femmine- rispose tristemente Roberto.
-O Dio!!! O non hai pregato abbastanza o Dio ti sta punendo- continuò il frate -Rebecca come
sta?-.
-E' felice di avere due bambine, ma sta soffrendo per la gravidanza. Ha paura di dover
partorire due gemelle e inoltre ha sempre fame, mal di testa, nausea e dolori al seno. Mi fa
tristezza-.
-E' normale. Avete già deciso i nomi?- cercò di tirare un po' su il discorso il frate.
-No. In macchina nessuno ha parlato e quando siamo arrivati a casa, mi sono ritrovato i miei
suoceri, così sono scappato-.
-Sono così tremendi? Insomma conosco lui, ma pure lei?-.
-Sono fatti l'uno per l'altra. Anche mia suocera è una grandissima donna acida, perfida,
schizzinosa ed è sempre pronta a giudicarmi male-.
-Accidenti! Che gente! Comunque cerca di fermarli se loro provano a prendersi troppe
confidenze. Il fatto che non ti sopportino, mostra che loro saranno sempre più presenti nella
vita delle bambine. Poi tuo suocero si ricorderà perfettamente di quello che avevi detto
l'ultimo anno di liceo, ovvero che avresti voluto avere al massimo una sola figlia femmina.
Questo complicherà ancora di più le cose- disse saggiamente il frate.
-Hai ragione. Saranno pur femmine, ma restano le mie bambine. Non permetterò mai ai quei
due viscidi di intromettersi troppo, a costo di cacciarli fuori di casa a pedate nel sedere-
rispose con convinzione Roberto. L'idea che i suoi suoceri potessero ostacolarlo con le sue
figlie, non gli andava molto a genio. Anche se non avessero avuto la passione per il calcio,
rimanevano sue e nessuno aveva il diritto di far loro del male. Lui era il padre e lui comandava.
Per avere figli maschi avrebbe anche aspettato, ma ora la realtà era che avrebbe avuto due
bambine e avrebbe voluto loro bene quanto ne avrebbe voluto per un qualsiasi figlio maschio.
Quando arrivò a casa, sperò tanto che i due suoceri se ne fossero andati, invece tanto per
cambiare rimanevano a cena. Che disgrazia! Pensò immediatamente Roberto quando sentì la
voce di suo suocero.
-Dove sei stato? Dovresti dare una mano a tua moglie, ora che è incinta- lo sgridò la suocera.
-Ho visto che c'eravate già voi, così ho pensato di portare Palmiro a fare un giro fuori- rispose
Roberto raggiungendo la moglie.
-Questa non è una scusa. Hai dei doveri- continuò la suocera. Era una grassa e impomatata
donna, tutto gioielli e lustrini. Inoltre quando parlava sputava. Aveva persino i baffi e il doppio
mento!
-Bé voi potevate almeno avvertire, invece di presentarvi qui all'improvviso. L'unica cosa che
sapete fare è rimproverarmi, cavolo è meglio se ve ne andate, questa è casa mia e decido io-
rispose con cattiveria Roberto.
-Calmi, calmi- cercò di calmare le acque Rebecca -Questa è anche casa mia, quindi decido pure
io. Adesso vi sedete tutti a tavola e con calma mangiamo. Non ho voglia di sentire bisticci. Ho
già mal di testa. Non peggiorate ancora di più le cose-.
-Tuo marito dovrebbe darti una mano in casa, invece che andare in giro a gozzovigliare
insieme al gatto e a quel finto frate- continuò i rimproveri il suocero.
-Basta!- urlò ancora Rebecca -Fatela finita, o vi caccio fuori veramente-.
-E questo sarebbe il ringraziamento?- disse il padre di Rebecca alzandosi e facendo segno alla
moglie di seguirlo -Andiamocene-.
-La prossima volta che tornate, non voglio più sentirvi rimproverare mio marito, o non mi
vedrete mai più- disse Rebecca chiudendo la porta di casa lasciando fuori i suoi genitori.
-Grazie. Finalmente un po' di silenzio- disse Roberto sollevato.
-Con te non ho finito- lo aggredì Rebecca -Senti capisco che tu e i miei genitori non vi
sopportate, ma quando ci sono comportati normalmente, altrimenti loro ne vanno a nozze-.
-Ok, scusa cara. Possiamo mangiare, ho fame?- chiuse il discorso Roberto sedendosi a tavola.
Rebecca si sedette al suo posto e iniziarono a mangiare.
-Che nome possiamo dare alle bambine?- chiese Rebecca, quando andarono a letto.
-Non lo so. Ci sono tanti bei nomi. L'importante è che non siano troppo comuni. Mi darebbe
fastidio, le mie piccole devono essere uniche- rispose Roberto.
-Allora facciamo una cosa: pensiamo a dei nomi che ci piacciono, li scriviamo su dei biglietti e
facciamo estrazione. Ti va l'idea?- propose Rebecca.
-Certo. A quando la data di scadenza?-.
-Il giorno della loro nascita-.
-Tu sei matta! E' troppo tardi- non era d'accordo Roberto.
-Assisterai al parto e poi quando la situazione si sarà acquietata, estrarrai i biglietti- cercò di
convincerlo Rebecca.
-D'accordo, basta che non siano i tuoi genitori a farlo. Non sopporto la loro invadenza-.
-Non sono tanto invadenti-.
-No, no!!! Si sono solo presentati qui senza avvertire per scoprire il sesso dei gemelli- disse
Roberto con indignazione -Sta sicura, vorranno pure intervenire sull'assegnazione dei nomi.
Mi raccomando non diciamo loro come abbiamo deciso di darli-.
-Perché? Hai paura che loro possano ostacolare l'estrazione?-.
-Si, ne sono sicuro. Altrimenti perché tanta impazienza per conoscere il sesso? Non potevano
semplicemente attendere una nostra telefonata?-.
-Magari erano semplicemente emozionati quanto noi. Insomma saranno i nonni!-.
-E' questo che mi preoccupa!-.
-Senti, sei stato tu all'ultimo anno di liceo a dire quella frase, che volevi cinque figli maschi e
una sola femmina per accontentare la moglie. Te la sei andata a cercare. E' ovvio che mio padre
sia preoccupato-.
-Si, ma fino a quel giorno non sapevo che il mio professore di religione fosse sfortunatamente
amico di tuo padre. E poi l'avevo detto solo per scherzare e per fare il figo. Si magari era anche
vero, ma in quella situazione l'avevo detto tanto per dire. Insomma era il liceo. Eravamo tutti
un po' cretini. Ora sono cresciuto. Tuo padre è il cretino se continua a fare affidamento su
quelle parole-.
-Hai ragione. Casomai per sicurezza diglielo, magari lui vedrà di capire-.
-Non credo. Anche perché lui gode a farmi soffrire. Scommetto che farà di tutto pur di mettersi
in mezzo nell'educazione delle nostre figlie-.
-Bé a questo ci penserò io, voglio che siamo noi due a occuparci della crescita delle piccole,
loro dovranno solo fare da baby - sitter quando ce ne sarà bisogno-.
-Ecco appunto-.
Allora spensero le luci e iniziarono a dormire.
6
Cinquina perfetta
A differenza delle prime due gemelline, Ginevra e Diana erano un po' più calme. Anche se solo di
poco. La cosa positiva era che almeno loro dormivano tutta la notte, mentre Maddalena e Veronica
erano sempre in movimento.
Roberto aveva finalmente deciso quale casa comprare, così quando le più piccole ebbero compiuto
sette mesi, si trasferirono in una villa di almeno trecento metri quadrati con quattro camere di cui tre
matrimoniali, tre bagni, una cucina, una sala da pranzo, un salotto, un garage a due porte e un
grande giardino a Marghera.
Era una casa piuttosto costosa, ma con i guadagni di Roberto, se lo potevano anche permettere.
Così Roberto rimaneva comodo con il lavoro, il cui ufficio, in centro Mestre, era a poca distanza.
Senza contare che pochi metri più in là c'era pure la casa di Guido, il quale aveva toccato anche lui
la soglia dei tre figli, solo che i suoi erano tutti maschi e il più grande era già che girava per la città
con la divisa di qualche squadra di calcio. Roberto un po' lo invidiava. Lui aveva provato a far
avvicinare le sue figlie al calcio, somministrando loro delle partite registrate in cassetta, ma loro
non ci vedevano. O prendevano sonno subito o, nel peggiore dei casi, urlavano a squarcia gola.
Non c'era verso: il calcio non faceva per loro! Anche se erano piccole, avevano già dei gusti
particolari. Per il cibo e per i vestiti, poi! Erano battaglie tutti i giorni. Ad ognuna piacevano cose
diverse e ogni volta Rebecca diventava matta per dar loro da mangiare. Se qualcosa non era di loro
gusto, sputavano a mitraglia. Con i vestiti invece ad ognuna piaceva un colore diverso, quindi ogni
volta Rebecca doveva perdere almeno un'ora per cercare tutto, altrimenti loro urlavano e
piangevano in negozio.
Almeno a due anni Maddalena e Veronica presero a dormire alla notte. Ora facevano tutto un dritto.
Inoltre iniziarono a parlare e con loro anche le altre due.
Roberto e Rebecca ne furono davvero entusiasti, sentire le prime parole che sembravano così dolci
da far scaldare il cuore, fecero commuovere e preoccupare Roberto al tempo stesso.
Dissero più o meno nello stesso periodo le parole: mamma, papà e pappa. Maddalena e Ginevra
pronunciarono prima papà, mentre Veronica e Diana mamma.
Solo però alla quarta parola Roberto si fece agitato.
Una mattina Rebecca, nella camera di Maddalena e Veronica, chiese a Roberto dei soldi per andare
a fare la spesa, mentre alle piccole ci badava sua madre.
Siccome però Roberto per perdere tempo faceva finta di aver perso il portafoglio, Rebecca agitò la
mano destra verso la sua direzione e continuò a ripetere.
-Roberto dammi i soldi!-.
Roberto allora ad un certo punto si convinse, estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e
le consegnò delle banconote.
Rebecca allora uscì dalla stanza per prepararsi. Roberto si girò per guardare cosa stavano facendo le
sue figlie. Maddalena e Veronica erano in piedi sul materasso delle loro culle mute. Ad un tratto:
-Dam...mi.. i sol..di!- disse Maddalena scuotendo la mano come vide fare a sua madre.
Subito dopo Veronica la imitò.
Roberto le guardò con malcelata frustrazione.
-Cara!- urlò.
-Si!?- gli rispose Rebecca urlando dalla loro camera.
-Credo che dovremmo prepararci ad aprire un nuovo mutuo!- disse Roberto e uscì dalla stanza
lasciando Maddalena e Veronica interdette e titubanti.
-Mu...ttu..o- ripeté la prima.
Per le altre due la storia fu più o meno la stessa solo che la parola fu diversa. Stavano giocando
nella loro cameretta, quando fuori in corridoio sentirono che Rebecca diceva a Roberto.
-Amore, devo fare delle spese, spese, capito- disse lei.
Lui, come al solito, faceva finta di non capire per far perdere la pazienza a Rebecca e farla quindi
smettere, ma non fu così e Rebecca alzò la voce, urlando sempre la stessa frase.
-Ok, ok- l'assecondò allora Roberto e le diede delle banconote.
Rebecca si allontanò per andare in camera di Maddalena e Veronica che in quel momento stavano
dormendo, mentre Roberto passò a controllare Diana e Ginevra.
Le due quando lo videro passare lo osservarono attentamente e dopo pochi secondi Ginevra disse:
-Papà, spese!-.
Roberto non capiva, fu Diana a continuare -Papà, devo spese!-.
Roberto si tirò uno schiaffo in testa ed esclamò: -Mamma, ma che ho fatto di male!-. E raggiunse
sua moglie.
Ma nonostante l'incubo per queste parole, di cui Roberto cominciava ad intuire il senso, tutto in
famiglia procedeva regolarmente e con calma, tanto che fu in questo periodo che Rebecca concepì
un altro bambino.
Non se ne accorse quasi. A parte le mestruazioni che non venivano, lei non aveva nient'altro. Non
aveva tutti i dolori che aveva avuto con le precedenti quattro bambine.
All'inizio infatti pensò che fosse solo un semplice ritardo, ma quando passarono già sette settimane
dal ciclo precedente cominciò ad avere dei dubbi.
Andò dal ginecologo. Roberto era con lei come sempre mentre le bambine erano a casa con le
nonne e Palmiro.
-Signori Amodei- iniziò il ginecologo. Roberto cominciò ad aver paura. Rebecca invece per la
prima volta dalle gravidanze si sentì più sicura.
-Avrete un altro bambino- continuò il ginecologo.
-E' uno soltanto vero?- chiese Roberto che si augurava vivamente di non avere altri gemelli,
soprattutto altre femmine. Aveva un'ultima opportunità per un figlio maschio, un sano maschio con
la passione per il calcio!!!
-Si, si-.
-Oh, bene!- esclamarono Roberto e Rebecca rilassati. Nemmeno Rebecca aveva tanta voglia di
affrontare l'ennesima gravidanza gemellare.
A differenza delle due precedenti gravidanze, Roberto e Rebecca tornarono a casa dall'ecografia un
po' più calmi e soprattutto parlarono. Presero a fare ipotesi su come poteva essere il nuovo bambino.
Entrambi in fine dei conti speravano in un maschio. Quattro femmine erano più che sufficienti.
Come se si fossero organizzate, anche Giulia era di nuovo incinta. E sia lei che Rebecca si
ritrovarono a fare piscina insieme. Spesso capitava anche che si trovavano a casa di una con i
bambini.
Erano sette bambini che nonostante fossero ancora molto piccoli andavano d'accordo. Qualche volta
tra di loro si prendevano per i capelli e si riempivano di sberle, ma dopo pochi minuti ritornavano a
giocare insieme.
Roberto non era del tutto contento che sua moglie e Giulia fossero così tanto amiche, perché a lui
non andava tanto a genio il comportamento di Guido.
Spesso appunto per questi incontri tra le due donne si ritrovava a doverselo sopportare per qualche
ora. Era straziante. Guido sapeva parlare solo dei suoi successi familiari, negli affari della fabbrica
tessile che gestiva insieme ai due fratelli e del suo incarico di sindaco. Godeva al fatto di vedere il
sogno di Roberto, quello di avere cinque figli maschi, infrangersi. Erano stati compagni di classe
alle superiori e quindi aveva sentito la battuta di Roberto l'ultimo giorno di quinta liceo.
Roberto dal canto suo provava a difendersi, ma Guido trovava sempre le parole più imbarazzanti e
irritanti da appioppargli e Roberto non sapeva quasi mai controbattere. Non sapeva che argomenti
utilizzare. Guido lo scherniva ogni volta.
Se lui era così, probabilmente avrebbe educato i suoi figli allo stesso modo. Motivo in più perché
Roberto non volesse che Rebecca facesse incontrare le loro figlie con i suoi. Non voleva che anche i
suoi potessero un giorno o l'altro far soffrire le sue figlie. No, non glielo avrebbe di certo permesso.
Le sue figlie erano e rimanevano intoccabili.
La gravidanza procedette tranquillamente. Rebecca cominciò lentamente ad avere i soliti dolori, che
aveva riscontrato anche nelle due gravidanze precedenti, ma ora erano meno acuti, quindi più
sopportabili.
Riusciva a badare alla casa e alle bambine senza problemi. Naturalmente contava sempre
sull'appoggio della famiglia, perché quattro appena nate richiedevano tanta pazienza e dedizione,
ma nonostante tutto era calma.
Sebbene le piacesse il suo lavoro di pediatra, neanche con quella gravidanza poté tornare in
ambulatorio. Non solo non poteva, ma sentiva anche che era meglio non farlo proprio. Le sue
bambine avevano bisogno di lei e lei non doveva mancare.
Arrivò il giorno dell'ecografia per sapere il sesso del nascituro. Roberto e Rebecca erano
emozionati. Lasciarono le bambine a casa con i nonni paterni e Palmiro, mentre loro se la presero
comoda.
Arrivati in ambulatorio dovettero aspettare pochi minuti prima che Rebecca venisse visitata. Prima
di loro infatti, c'era una giovane ragazza di circa quindici anni che era già arrivata al quinto mese di
gravidanza. Roberto e Rebecca furono piuttosto scossi e turbati al vederla. Si immaginarono di
avere anche loro una delle loro figlie incinta così prematuramente. Dovrebbe essere stato difficile
sopportarlo! Pensò Rebecca tra sé e sé.
Appena la ragazza uscì, il ginecologo fece accomodare loro.
Svolse le solite procedure e iniziò l'ecografia.
Il ginecologo era sempre lo stesso, quindi conosceva perfettamente la composizione della loro
famiglia. Per questo motivo infatti, tardò a dare il verdetto.
-Allora?- si faceva insistente Roberto che stava in piedi vicino al ginecologo.
-Signor Amodei devo comunicarle che rimarrà l'unico uomo della famiglia. Avrà un'altra bella
bambina!- gli rispose il ginecologo.
A quel punto si sentì un corpo cadere. Roberto era svenuto. I suoi sogni di avere almeno un figlio
maschio erano svaniti. Ora non avrebbe più potuto avere altri figli. Cinque bastavano. Senza contare
che le bambine avevano pochi anni di differenza e quindi le esigenze di comprare abiti e trucchi
avvenivano contemporaneamente a tutte e cinque. Per questo si sentì male. Appena seppe di avere
un'altra figlia si proiettò nella mente le cifre del suo conto corrente. Già sua moglie e le sue prime
quattro bambine lo facevano impazzire per fare le spese, figurarsi quando sarebbero diventate
grandi.
Roberto non riusciva a trovare la forza di affrontare quella realtà. Inoltre sua moglie forse non
sarebbe più potuta tornare a lavorare almeno per un bel periodo. Lui forniva le uniche entrate alla
famiglia. E con ben sei donne per casa diventava sempre più difficile gestirlo.
Il ginecologo gli sentì il polso: non c'era arresto cardiaco. Controllò gli occhi: Roberto non aveva
avuto neanche una carenza di zuccheri.
-Lo capisco!- concluse il ginecologo -Io ho solo due figlie femmine e già quelle sono molto
impegnative figurarsi averne cinque nell'arco di pochi anni. Vi faccio tanti cari auguri-.
Concluse mentre Roberto rinvenne e si rialzava in piedi barcollante.
-Signora Amodei, continui con l'attività fisica. Vedo che l'aiuta molto, quindi non molli- proseguì il
ginecologo.
Alla fine li congedò e Roberto e Rebecca tornarono a casa silenziosamente.
-Cinque femmine!!! Cavolo, l'opposto di quello che sognavi. Credo che Dio ti voglia punire- disse
Fra Girolamo, una sera mentre, in convento, si guardavano una partita di serie A registrata in
videocassetta.
-Dio mi vuole punire per una bravata detta ormai tredici anni fa?- non si riusciva a capacitare
Roberto.
-Oppure semplicemente Dio vuole farti capire, che puoi amare dei figli indipendentemente dal
sesso-.
-Spero vivamente sia così- rispose demoralizzato Roberto fissando lo schermo del televisore. -La
proposta della scorsa gravidanza è ancora valida, comunque-.
-Quale? Quella di badare a Palmiro? Certo-.
-Sai che conto su di te-.
-A cosa servono gli amici se no?- rispose Fra Girolamo comprensivo.
-Ma gli altri frati per quale squadra tifano?- chiese Roberto che durante quella serata aveva solo
visto dei frati di passaggio ma nessuno che si fermasse a guardare la partita.
-Ah il loro unico amore è Dio. Il calcio non lo seguono tanto!- rispose Fra Girolamo.
-Anche per te l'unico amore dovrebbe essere Dio- gli fece notare Roberto.
-Sono dettagli. Insomma il frate è obbligato a rimanere celibe, ma questo non significa che debba
rinnegare il suo essere uomo. A me piace guardare le donne piacenti e seguire il calcio. Non è un
peccato mortale-.
Roberto tirò uno sbuffo di rassegnazione.
Il giorno del parto non fu poi tanto improvviso. Accadde di pomeriggio e giusto dopo nove mesi dal
concepimento. Inoltre non successe nulla di particolare. La bambina venne alla luce nell'arco di
neanche dieci minuti da quando Rebecca aveva iniziato a spingere.
Quel pomeriggio domenicale poi Fra Girolamo era a casa loro, così rimase lui a badare alle due
bambine più grandi, mentre Roberto si era portato le due più piccole e Palmiro.
Infatti questa volta si era deciso che per scegliere il nome le due bambine avrebbero dovuto
pescarne uno dal solito sacchettino dei nomi e Palmiro avrebbe dovuto scegliere mettendo una
zampa sopra al foglietto che lo ispirava di più.
-Sabrina!- annunciò Roberto quando prese il biglietto sotto le zampe di Palmiro.
Quel giorno era il 15 febbraio. Anche l'ultima loro figlia era nata a febbraio e aveva tre anni meno
delle sorelle più grandi.
Pure lei era una bambina piuttosto tranquilla, come Ginevra e Diana, solo che lei aveva uno sguardo
più introverso e distaccato, meno vivace e malizioso delle altre sue sorelle. Sembrava molto diversa
da loro.

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  • 1.
  • 3. Al mio fedele gatto, considerato come un amico e un fratello, Palmiro, ispiratore dell'omonimo personaggio presente in questo romanzo in suo ricordo e ringraziamento. A mio fratello Massimiliano e ai miei genitori che hanno ispirato molte pagine e soprattutto molte battute di questa storia.
  • 4. 1 Giugno-Luglio 1975 Era giunta la fine della primavera e già si sentiva l'odore delle vacanze tanto attese. Gli alberi erano in fiore, le giornate soleggiate e limpide. Ormai la pioggia era diventata solo un ricordo. Tutti gli studenti erano spensierati tranne ovviamente i maturandi e quelli che avevano ancora qualche voto incerto. Roberto Amodei era uno di quei tanti studenti che proprio in quel periodo avrebbe concluso il suo percorso accademico al liceo classico. Lui era un promettente studente che aspirava alla carriera di notaio, per seguire le orme del padre. Come la maggior parte dei suoi coetanei amava lo sport, in particolar modo il calcio, di cui non si perdeva una partita di serie A da quando era nato. Quando veniva trasmessa una partita in tv, trascurava tutti gli impegni: si sedeva sul suo comodo divano del salotto con una bottiglia di birra in mano e una ciotola di pop corn. Spesso accadeva che siccome tutti i ragazzi erano appassionati di calcio, si trovavano a casa di qualcuno e bevano tutti insieme allegramente guardando alla tv i giocatori scalmanarsi con un pallone. Lui però non aveva mai tifato per una squadra in particolare, non né sentiva la necessità, ogni tanto aveva nutrito qualche simpatia per qualcuna, ma mai abbastanza per poter dire di essere un grande fan di questa. Un altro elemento presente nella vita dei ragazzi sono le donne. Roberto aveva la ragazza da circa due mesi, Rebecca Giuliani. Trascorrevano molto tempo insieme, avevano la stessa età, quindi condividevano anche la paura per gli esami e il futuro. Roberto era un ragazzo alto, con una leggera pancetta, occhi piccoli scuri e sopracciglia nere e folte e, come molti ragazzi di quegli anni, portava i capelli leggermente lunghi e voluminosi. Rebecca era la tipica ragazza della porta accanto, alta, magra, dai capelli lunghi e rossi, occhi grandi azzurri e sopracciglia sottili. Non era una sportiva, ma stando accanto a Roberto aveva dovuto imparare a sopportare il calcio. Era molto raffinata ed elegante, vestiva sempre con una gonna lunga fino al ginocchio larga e magliette semplici a volte attillate a volte più larghe. Nelle giornate particolari invece indossava persino abiti interi specialmente in estate. Era giugno. Faceva caldo. In alcune regioni d'Italia si erano raggiunti già i 35 gradi. Era l'ultimo giorno di scuola, ma per i maturandi era solo l'inizio dell' “inferno”. Non potevano concedersi perdite di tempo, anche con il caldo e con il ventilatore o il condizionatore a manetta studiavano, sudando e innervosendosi sui libri se non capivano qualcosa. Perdevano la testa, si irritavano, si concedevano poche pause, forse solo per andare in bagno e a mangiare. Alcuni si incontravano per studiare insieme le materie più ostiche: in special modo matematica, in cui molti dopo soli cinque minuti già davano i numeri. Roberto e Rebecca frequentavano lo stesso liceo classico, quello in centro Mestre, da tutti considerato il liceo più prestigioso della città, ma fortunatamente non erano nella stessa classe. Comunque se Roberto aspirava a diventare notaio, Rebecca di certo non sognava di diventare casalinga, voleva diventare medico. Le facoltà che avevano scelto di frequentare erano molto differenti, ma loro erano abbastanza convinti che l'amore potesse reggere anche a distanza. Per di più una diversa facoltà non significava avere imposto una distanza immensa, tanto entrambi avrebbero studiato alla stessa università. Quell'ultimo giorno, all'ultima ora, la classe di Roberto aveva religione e il professore non aveva più tanta voglia di spiegare e anche lui umanamente sentiva il caldo penetrargli nelle ossa. -Bene ragazzi! Non ho voglia di tormentarvi ancora, spaziate nella vostra fantasia, concediamoci
  • 5. quest'ultima ora per divertirci tutti insieme. Dove vi vedete fra vent'anni?- chiese il professore incuriosito di sentire i suoi frizzanti studenti con gli ormoni alle stelle. Tutti ovviamente risposero ridacchiando e sbeffeggiando il professore, ma lui non si volle arrendere. -Su dai ragazzi, ci facciamo quattro risate tutti insieme e finiamo in bellezza l'ultima vostra ora di liceo-. I ragazzi allora con qualche risata accettarono. -Bé, se devo proprio essere sincero- iniziò Roberto con la sua solita aria scherzosa e con un velo di strafottenza – Mi vedo in una casa grande, pieno di soldi con una moglie che mi serve in tutto, cinque figli maschi che rigorosamente devono formare una squadra di calcetto, o comunque devono giocare a calcio, non si accettano altri sport. E infine, per fare contenta la mia donna, mi andrebbe bene anche una figlia femmina-. Tutti allora si misero a ridere a crepapelle e alcuni presero persino a fischiare divertiti. -Interessante- commentò il professore divertito -Qualcun altro?-. -Io mi vedo pieno di soldi e pieno di donne- rispose Girolamo il migliore amico di Roberto. E tutti si misero a ridere. Girolamo era conosciuto in tutto il liceo per essere un grande donnaiolo, ben poche ragazze non erano passate per le sue lenzuola. Molti altri si fecero avanti. Le ragazze però furono le più timide e schizzinose. Tanto pettegole tra di loro, ma di parlare davanti a bei ragazzi corpulenti dei loro sogni futuri, era fuori discussione. I ragazzi invece, si sa, a parte qualche caso eccezionale di estrema timidezza, sono più sfacciati e più propensi allo scherzo. Loro non hanno peli sulla lingua. Al massimo si scannano subito, ma non si tengono mai nulla dentro. Le ragazze, basta che una dica una cosa piuttosto che un'altra e subito ci si guarda in cagnesco e non ci si parla per minimo una settimana. Delle ragazze infatti non parlò nessuna, poi c'era talmente tanto chiasso in classe che alla fine si riuscirono ad ascoltare solo poche rivelazioni. Quando suonò la tanto attesa, venerata e sognata ultima campanella, si sentì un boato: urla, risate e rincorse per tutti i corridoi. Si faceva persino fatica a camminare fuori dalle aule che si veniva urtati o spinti. Roberto cercò assiduamente Rebecca, le aveva promesso di portarla a casa da lui a mangiare per poi mettersi subito a studiare. Lei lo raggiunse davanti alla macchinetta del caffè della scuola e insieme si incamminarono verso la casa del ragazzo. Non sto qui a raccontarvi tutto nei minimi particolari sugli esami di stato di quell'anno perché sarebbe troppo noioso, ma dell'esame orale a luglio è divertente parlarne. Rebecca aveva la prova un giorno prima rispetto a Roberto. Era pronta. Aveva studiato. Sapeva le cose e aveva un obbiettivo da raggiungere. Non si sarebbe fermata davanti a nessuno, neanche davanti a professori che non aveva mai visto prima, tutti impomatati, vestiti con abiti gessati persino con quaranta gradi all'ombra. Quando entrò nell'aula d'esame, rimase seria. Vestiva con una gonna lunga fino al ginocchio azzurra e una maglietta elegante larga bianca e ai piedi calzava semplici sandali. In mano portava solo la tesina. Non aveva paura. Era sicura di se. Non si perse d'animo. Ad assistere al suo esame c'erano Roberto, Girolamo e alcuni loro amici. I professori la fissarono attentamente, la fecero parlare per cinque minuti soltanto della sua lunga tesina di quindici pagine sulle malattie gastro-intestinali, subito dopo partirono a tartassarla con
  • 6. domande di tutte le materie. Facili. Difficili. Lei non ci pensava. Rispondeva a macchinetta e basta. I concetti li sapeva, non serviva girarsi tanto intorno. La pena durò neanche un'ora, dopo di che le dissero semplicemente che poteva andare. Roberto la raggiunse, l'abbracciò ed uscirono insieme dall'aula seguiti dagli altri. Il giorno dopo toccò a Roberto. Quando lo chiamarono, lui entrò in aula sorridendo tranquillamente, come se non fosse affar suo. Si era addirittura costretto a vestirsi in giacca e cravatta con tanto di camicia bianca e scarpe in pelle eleganti. I professori quando lo videro entrare, non rimasero infastiditi dal comportamento del ragazzo. Anche perché nelle loro menti confabulavano già qualcosa. Roberto si sedette e iniziò a parlare della sua tesina sulle dodici tavole dell'antica Roma. I professori però lo fermarono dopo neanche tre minuti e subito presero a fargli domande a raffica che lo misero in leggera confusione. Aveva pure un caldo infernale. Iniziò persino a sudare e i professori non gli concedevano tregua. Ma lui non si perse d'animo, raccoglieva ogni volta qualche secondo poi rispondeva. Non aveva fretta. Prendeva tutto con calma. Voleva stuzzicare un po' i professori che dopo averlo torchiato, avrebbero avuto la pausa caffè. Dopo mezz'ora di interrogatorio un docente, seduto alla destra del presidente di commissione fermò Roberto proprio mentre lui si stava preparando per uscire. -Tu sei quello che ha detto di volere una moglie servizievole, cinque figli maschi e una sola femmina per accontentare la tua donna?-. Roberto ammutolì. Come faceva quel professore a sapere di quella battuta? Veniva da un'altra scuola e non era di religione. Roberto era nel panico, come doveva rispondere? Non era giusto. I professori erano tenuti a fare solo domande di tipo curricolare non personale. Infatti gli altri docenti lo guardarono con occhio torvo. -Sai il tuo professore di religione è un mio caro amico e me lo ha raccontato. Non mi ha detto il nome di chi l'ha detto. Così vedi siccome ti ho visto entrare con aria un po' strafottente e troppo sicura di sé, mi sono chiesto se fossi tu colui che ha detto quella cosa. Anche perché essendo il ragazzo di mia figlia, devo sapere che intenzioni hai con lei-. Roberto cadde nel panico più totale. Doveva dare un risposta. Davanti a lui si trovava il padre della sua ragazza che lui prima d'ora non aveva mai incontrato, per giunta affiancato da docenti che non aveva mai visto e dietro di lui la sua ragazza era sconvolta per quello che era appena venuta a sapere riguardo le intenzioni del suo ragazzo. -Professore, scusi ma non mi sembra il luogo per porre queste domande- rispose allora Roberto che non aveva alcuna voglia di parlare della sua vita privata davanti ad una commissione d'esame. -Bé allora? Ti costa tanto dire un monosillabo?- chiese irritato il padre di Rebecca. -Si, l'ho detto io, ma era per ridere e per sciogliere la tensione- rispose Roberto senza perdere le staffe. -Puoi andare- lo congedò allora il professore. Gli esami si conclusero a metà luglio, Rebecca uscì con un bel 57, Roberto con 55.
  • 7. Dieci anni dopo Rebecca e Roberto hanno ormai conseguito la laurea e fortunatamente sono riusciti a trovare un posto di lavoro: lei come pediatra stagista all'ospedale, lui ovviamente come notaio nell'ufficio con suo padre. Nonostante alcune divergenze durante gli anni di università la loro è rimasta una coppia stabile. Anche seguendo corsi completamente diversi, non si sono lasciati. Cosa accaduta a molti loro compagni del liceo. Ora sono entrati insieme nel mondo del lavoro, non possono più dipendere dalla famiglia. Sono diventati indipendenti e sono pronti per il grande passo.
  • 8. 3 La prima gravidanza Roberto e Rebecca partirono per la luna di miele in Scozia il giorno dopo il matrimonio. Alloggiarono in un albergo a tre stelle, dove venivano organizzate anche gite nei castelli antichi per la caccia ai fantasmi. La nuova coppia una sera accettò la sfida e con un gruppo di turisti dell'albergo partirono alla volta di un grande castello, poco distante dal famoso lago di Loch Ness. Roberto era tutto eccitato. Era appassionato di mostri e fantasmi. Mentre Rebecca si dimostrò piuttosto titubante. Lei era una tipa più razionale per pensare che esistessero dei fantasmi. Accettò quell'avventura per suo marito anche se però non era del tutto convinta. Pensava di aver perso solo tempo e denaro. Invece qualcosa accadde. Quando entrarono, sentirono degli strani rumori come voci che fluttuavano inconsistenti nell'aria senza avere un senso preciso. Roberto era talmente curioso che andò proprio nella direzione dei rumori. Rebecca aveva paura. Credeva di essere finita in una di quelle case dell'orrore dei film Thriller. Così si aggrappò più saldamente al braccio del marito. Lui camminava lesto lungo i corridoi, finché trovò la porta da dove provenivano tutti i rumori. Era intenzionato ad aprirla, quando la guida li chiamò e disse loro che era ora di rientrare in albergo. Lui ci rimase deluso, a lei non fece alcuna differenza. Quando tornarono in camera, si buttarono subito a letto. Erano molto stanchi. A parte quell'escursione serale, la giovane coppia trascorreva le giornate del viaggio di nozze a passeggiare per la città, visitando le parti più interessanti e di grande rilievo storico. Visitarono anche Edimburgo con le sue librerie e i suoi parchi. Poi alla sera in albergo se avevano ancora forza, facevano quello che si divertono a fare tutte le coppiette, ovvero sesso sfrenato. Quando fecero ritorno in Italia, nella loro nuova casa trovarono una sorpresa. Il padre di Rebecca era là. Teneva tra le mani un piccolo gattino nero senza coda e con gli occhi gialli. Rebecca gli corse subito incontro. -E' un Manx e come tutti i gatti di questa razza è senza coda- spiegò. -Grazie- gli disse la figlia prendendo il gattino in mano -E' un maschietto-. -Che nome gli volete dare?- chiese il padre. -Palmiro- rispose Roberto -Come nome suona bene per un gatto-. -Ma come mai questo regalo inaspettato?- chiese Rebecca. -Bé perché un gatto vi può insegnare molte cose- rispose il padre -Bene devo andare-.
  • 9. Rebecca e Roberto rimasero soli con Palmiro nella nuova casa, un appartamento da due camere in centro Mestre. Palmiro si dimostrò fin dai primi giorni un gatto pulito, educato e intelligente, tanto che non sporcò mai la casa con bisognini nei posti sbagliati. Roberto e Rebecca adoravano quel gatto, era sempre presente quando uno di loro stava male ed era di grande compagnia, a differenza di alcuni gatti che preferiscono farsi vedere solo quando il padrone tira fuori la ciotola con la pappa. Fu proprio con Palmiro che ad entrambi cominciò a balenare l'idea di mettere finalmente su famiglia. Rebecca tempestivamente calcolava il periodo dell'ovulazione e durante quei giorni ci davano dentro, finché quando ormai Palmiro raggiunse gli otto mesi, i primi di giugno , si cominciarono ad avere i primi segnali: Rebecca prese ad avere nausee e mal di testa continui, senza contare la fame, mangiava addirittura più di Roberto, e ce ne voleva per superarlo! Così si sottopose ai primi test. Erano eccitati. Anche Palmiro si accorse del cambiamento e ne sentì pure lui le palpitazioni e le ansie. Così si fece ancora più vicino ai padroni. Roberto spesso si fermava a parlare con lui. Sembra una cosa da pazzi, ma Roberto era felice di parlare con il gatto, anche perché sembrava capire i discorsi: miagolava, muoveva la testa e gli occhi quasi come fanno gli esseri umani quando devono ascoltare un amico. Era consolante avere un gatto del genere. Roberto era talmente fiero di lui che se lo portava persino al bar a bere con Fra Girolamo, che seppur ora portava l'abito da ecclesiastico, aveva ben poco di religioso, visto che comunque con le donne continuava a darci dentro, possedeva una moto e suonava la chitarra elettrica. -Ah, non sai ieri che donna fantastica ho visto!- disse quando si sedette al tavolo insieme a Roberto e Palmiro era in procinto di acciambellarsi sulla sedia rimasta libera. -Racconta, racconta!- battuta classica che gli porgeva Roberto ogni volta che lui tirava fuori l'argomento. -I capelli li aveva neri. Un nero acceso che profumava di vaniglia. E sai quanto adoro la vaniglia!- iniziò a raccontare proiettandosi nella mente il ricordo della donna che il solo parlarne lo faceva eccitare di gioia -Gli occhi li aveva azzurri, come... come, non mi viene in mente, comunque erano molto chiari. E indossava un abito... - si fermò assaporando quell'immagine divina -Attillato e corto che le metteva i risalto quelle dolci e formose curve che il solo guardarle mi veniva voglia di prenotare una camera d'albergo-. -Ah, capisco. E'... che potere hanno le donne?- rispose Roberto pensando alla sua Rebecca in dolce attesa -Sai che Rebecca è incinta?- . -No, davvero? Speriamo che sia un bel maschietto, così vedrai quanto cose gli potremmo insegnare. Meglio cominciare già da subito con i buoni insegnamenti, se non vuoi che tuo figlio diventi uno sfigato-. -Hai perfettamente ragione. E come tu credo ricorda, già alle superiori avevo espresso un mio parere: cinque figli maschi è il numero perfetto. Inoltre bisognerà farli crescere con la passione rigorosamente per il calcio-. -Giusto, giusto- concordò Fra Girolamo voltando lo sguardo verso Palmiro che durante tutta la conversazione lo aveva guardato con disappunto -Che ha il tuo gatto da guardarmi male?-. -Credo che voglia conoscere anche lui qualche bella femmina, insomma ha dieci mesi soltanto e vedessi che giochetti fa con i peluche di mia moglie, quindi figuriamoci quando avrà un anno e sentirà le gatte in calore. Vero bel micione?- disse Roberto accarezzando Palmiro.
  • 10. -Oh... Anche il gatto sa quale sia la giusta strada, mi piace, così si fa. E bravo Palmiro!- si congratulò Fra Girolamo con il gatto e lo accarezzò. Il gatto rispose facendo fusa. Ormai stavano diventando amici. -Urca, come è tardi! Devo tornare subito a casa, oggi Rebecca ha l'ecografia- esclamò ad un certo punto Roberto guardando l'orologio. -Ah, allora buona fortuna mandrillone- lo salutò Fra Girolamo andando verso il banco a pagare -Lascia stare offro io, conserva i soldi per i pargoli che cominciano ad arrivare-. -Grazie, ciao- lo salutò Roberto con Palmiro che lo seguiva. Ecco un altro punto che mostrava la perfezione di quel gatto: Palmiro era straordinariamente attaccato al padrone, lo si poteva portare fuori tranquillamente anche senza guinzaglio che tanto seguiva sempre Roberto o Rebecca. Rebecca era appena tornata a casa da lavoro ed era già pronta a partire. Era curiosa di sapere come stava il suo bambino. Non era mai stata così emozionata. Quella era una cosa diversa dal solito. Come il matrimonio dopo tutto. Sono scelte e avvenimenti che cambiano la vita. E poi lei adorava i bambini, per questo aveva scelto di fare la pediatra. L'idea di avere un bambino tutto suo, per lei era una delle emozioni più grandi. Mentre aspettava che Roberto e Palmiro tornassero a casa, camminò avanti e indietro per tutto l'appartamento. Quando Roberto arrivò, non gli diede neanche il tempo di entrare che lo spinse fuori, fece passare solo il gatto che non poteva seguirli, poi chiuse a chiave la porta. Si diressero verso l'ospedale ansiosi e nervosi, maledicendo ogni semaforo rosso. Poi via a tutta birra. Arrivati in ospedale, nel reparto ginecologia fortunatamente erano gli unici, così il dottore li fece accomodare subito. Rebecca si sdraiò sul lettino e si tirò su la maglietta. Ormai aveva un bel panciotto, era già al secondo mese. Roberto si sedette su una sedia vicino al lettino e le strinse la mano, mentre il ginecologo passava sopra la pancia di Rebecca la sonda per l'ecografia, collegata alla macchina dove veniva proiettato l'interno dell'utero. -Vi comunico che non ne aspettate solo uno- disse il ginecologo. Rebecca e Roberto si zittirono subito, non avevano mai pensato al caso che avrebbero potuto avere dei gemelli, insomma non avevano mai avuto parenti gemelli nelle loro famiglie. Roberto si sentì un uomo potente e virile, allora. I suoi spermatozoi erano combattivi e determinati come lui. Pregò mentalmente quindi che fossero rigorosamente due maschi. -E di che sesso sono?- chiese curioso. -Bisogna aspettare almeno il quinto mese- rispose il ginecologo continuando a muovere la sonda sulla pancia di Rebecca. -Che peccato!- ci rimase male Roberto. -Comunque questo non significa che bisogna mangiare per tre persone, signora- disse il ginecologo rivolgendosi a Rebecca -So che ora avrà molta fame, ma veda di non esagerare. E soprattutto è meglio se comincia a praticare un po' di attività fisica in preparazione al parto.
  • 11. Le consiglierei vivamente di fare un po' di nuoto-. -Ok- rispose debolmente Rebecca. Era molto preoccupata all'idea di avere due gemelli. Pensava che già era faticoso e duro partorirne uno, figurarsi due. Sarebbe stato doloroso, se lo sentiva. Inoltre il loro appartamento non sarebbe bastato più per quattro persone. Si presentavano grandi spese. Fortuna che ormai avevano un buon lavoro entrambi, altrimenti sarebbe stato ancora più difficile. Durante il viaggio di ritorno, Rebecca rimase in silenzio. Aveva paura. Roberto dal canto suo non vedeva l'ora di scoprire il sesso dei nascituri. Due maschi per lui sarebbero stati perfetti, ma anche un maschio e una femmina non era una brutta prospettiva. -Allora che nome possiamo dargli?- chiese alla moglie tutto allegro. -Intanto vediamo come va la gravidanza, poi avremo tempo di pensare ai nomi- rispose Rebecca continuando a guardare fuori dal finestrino. Il tempo era brutto, iniziò persino a piovere. Sembrava quasi che il cielo volesse trasmettere gli stessi stati d'animo di Rebecca. Quando tornarono a casa si misero a preparare la cena. Rebecca continuò a rimanere in silenzio, mentre Roberto dalla felicità, canticchiava perfino. -Che succede, tesoro? Qualcosa non va?- le chiese dopo averla osservata attentamente mentre preparava l'insalata. -Prova a metterti per la prima volta nei miei panni. Due gemelli. Ma ti rendi conto?- gli rispose Rebecca bruscamente mettendo la ciotola dell'insalata in tavola. -E allora? Non sei mica l'unica al mondo a dover partorire due gemelli. E poi, con le cure e le diagnosi che ci sono adesso, non ti devi preoccupare. Inoltre tu sei sanissima. Sta tranquilla e non ti preoccupare- provò a consolarla lui. -Non voglio diventare una botte di ciccia- cercò di essere un po' ironica Rebecca sedendosi a tavola. -Chi se ne frega! Poi ci penserò io a farti smaltire tutto-. -Proprio tu, che da quando ti sei laureato hai messo su cinque chili e ora sarai pure aumentato?- gli rispose scherzosamente accarezzandogli le guance. -Bè ho delle virtù nascoste. Sai secondo alcuni studi fare sesso sfrenato è come fare ginnastica, quindi per dimagrire si può usare-. -Vuoi dimagrire facendo sesso? - . -E' un'opzione da non trascurare-. -Sai quanto sesso ci vorrebbe?-. -No, ma scusa che importa? Alimentazione adeguata e sesso sfrenato fatti entrambi, porteranno a risultati più che ottimi-. -Certo che voi uomini non sapete pensare ad altro?-. -E' una prerogativa degli uomini. Che c'è di male? Voi donne non siete tanto meglio-. -Si ma voi sapete pensare principalmente a quello, noi donne invece abbiamo molte più cose per la testa-. -Si ma almeno fare sesso non implica spese spropositate, come il vostro fare shopping- si
  • 12. difese Roberto che pur di tirare sempre in ballo il discorso che lui non voleva spendere soldi, avrebbe fatto qualsiasi cosa. -Noi lo facciamo anche per fare un piacere alle persone che ci stanno intorno-. -Voi donne? Ma se basta avere idee opposte che vi scannate e vi fate tante di quelle cattiverie che neanche gli dei riescono a tenervi al guinzaglio-. -Bé io non sono così- si difese prontamente Rebecca che non voleva essere considerata una donna piena di cattiveria che pensa solo a spendere soldi come molte sue coetanee. -Mangiamo?- cercò di chiudere il discorso Roberto, che come al solito aveva una fame da lupi. -Si, dai sto svenendo dalla fame. Domani andrò ad iscrivermi in piscina- disse Rebecca iniziando a servirsi. Nei mesi che seguirono per Rebecca fu dura lavorare. Aveva sempre una gran fame, se non faceva almeno due piccoli spuntini tra i pasti principali, si sentiva svenire. Inoltre il mal di testa e la nausea non erano trascurabili e capitavano all'improvviso, alcune rare volte anche mentre stava visitando un bambino. Prese a farle male pure il seno ad un certo punto. Andare a nuotare, come le aveva consigliato il ginecologo, la aiutava a non sentire i dolori, che sfortunatamente dopo poco tornavano di nuovo tutti all'attacco. Al quinto mese di gravidanza andò a fare un'altra ecografia per scoprire il sesso dei bambini. Era emozionata come circa tre mesi prima. Per un momento almeno non pensò ai dolori che aveva. Roberto come sempre l'accompagnò, sia perché era curioso anche lui di scoprire il sesso dei figli, sia perché la pancia di Rebecca aveva ormai raggiunto dimensioni tali che sarebbe stato difficile stare al volante. Quando entrarono nell'ambulatorio del ginecologo, il ginecologo la fece accomodare sul lettino. Per distendersi Roberto le diede una mano, perché spesso per il peso della pancia le veniva mal di schiena ad alzarsi e a distendersi. Il ginecologo come al solito le fece alzare la maglietta e le mise sopra la pancia la sonda per l'ecografia. -Uhm!- bofonchiò il ginecologo mentre muoveva il marchingegno sopra la pancia di Rebecca. -Uhm, cosa?- si spaventò Roberto. -Volete sapere il sesso dei bambini o preferite non saperlo? Comunque godono entrambi di ottima salute- gli rispose il ginecologo con calma. -Si, si dica pure il sesso dei due piccoli- diede il consenso Roberto dopo aver ricevuto un'espressione di assenso da parte della moglie. -Sono due belle femminucce monozigoti- rispose il medico. “Dio non esiste, o se esiste vuole farmi impazzire!” pensò tra sé e sé Roberto. Non è che odiava le figlie femmine, solo che loro non avrebbero di certo giocato a calcio, sicuramente non avrebbero nemmeno avuto l'interesse di guardare una partita e magari gli avrebbero fatto spendere fior di quattrini per vestiti e gingilli. Gli bastava Rebecca che spesso e volentieri (una volta l'anno) spendeva almeno cento mila lire solo di intimo. Roba da matti! Con tre donne sarebbero diventate trecento mila lire! Rebecca invece si rasserenò. Non sarebbero stati costretti a traslocare subito. Due bambini
  • 13. dello stesso sesso potevano tranquillamente condividere la medesima camera. Quindi avevano tempo per affrontare anche quella, comunque doverosa, spesa. Poi era felice di avere due femmine perché quando sarebbero state più grande, avrebbero potuto andare a fare shopping insieme, parlare di argomenti che non riguardassero sempre il sesso, i bilanci economici della famiglia, ma soprattutto del calcio. Era stufa di dover trascorrere le domeniche chiusa in casa e alcune sere a guardare la partita di calcio. Con delle figlie femmine si parla anche di altro, insomma. Quando tornarono, a casa li aspettavano i genitori di Rebecca. Roberto che non sopportava il suo terribile suocero, si recò al bar con Palmiro per parlare con Fra Girolamo. -Allora?- gli chiese Fra Girolamo, quando furono tutti seduti al solito tavolo. -Due femmine- rispose tristemente Roberto. -O Dio!!! O non hai pregato abbastanza o Dio ti sta punendo- continuò il frate -Rebecca come sta?-. -E' felice di avere due bambine, ma sta soffrendo per la gravidanza. Ha paura di dover partorire due gemelle e inoltre ha sempre fame, mal di testa, nausea e dolori al seno. Mi fa tristezza-. -E' normale. Avete già deciso i nomi?- cercò di tirare un po' su il discorso il frate. -No. In macchina nessuno ha parlato e quando siamo arrivati a casa, mi sono ritrovato i miei suoceri, così sono scappato-. -Sono così tremendi? Insomma conosco lui, ma pure lei?-. -Sono fatti l'uno per l'altra. Anche mia suocera è una grandissima donna acida, perfida, schizzinosa ed è sempre pronta a giudicarmi male-. -Accidenti! Che gente! Comunque cerca di fermarli se loro provano a prendersi troppe confidenze. Il fatto che non ti sopportino, mostra che loro saranno sempre più presenti nella vita delle bambine. Poi tuo suocero si ricorderà perfettamente di quello che avevi detto l'ultimo anno di liceo, ovvero che avresti voluto avere al massimo una sola figlia femmina. Questo complicherà ancora di più le cose- disse saggiamente il frate. -Hai ragione. Saranno pur femmine, ma restano le mie bambine. Non permetterò mai ai quei due viscidi di intromettersi troppo, a costo di cacciarli fuori di casa a pedate nel sedere- rispose con convinzione Roberto. L'idea che i suoi suoceri potessero ostacolarlo con le sue figlie, non gli andava molto a genio. Anche se non avessero avuto la passione per il calcio, rimanevano sue e nessuno aveva il diritto di far loro del male. Lui era il padre e lui comandava. Per avere figli maschi avrebbe anche aspettato, ma ora la realtà era che avrebbe avuto due bambine e avrebbe voluto loro bene quanto ne avrebbe voluto per un qualsiasi figlio maschio. Quando arrivò a casa, sperò tanto che i due suoceri se ne fossero andati, invece tanto per cambiare rimanevano a cena. Che disgrazia! Pensò immediatamente Roberto quando sentì la voce di suo suocero. -Dove sei stato? Dovresti dare una mano a tua moglie, ora che è incinta- lo sgridò la suocera. -Ho visto che c'eravate già voi, così ho pensato di portare Palmiro a fare un giro fuori- rispose Roberto raggiungendo la moglie. -Questa non è una scusa. Hai dei doveri- continuò la suocera. Era una grassa e impomatata donna, tutto gioielli e lustrini. Inoltre quando parlava sputava. Aveva persino i baffi e il doppio
  • 14. mento! -Bé voi potevate almeno avvertire, invece di presentarvi qui all'improvviso. L'unica cosa che sapete fare è rimproverarmi, cavolo è meglio se ve ne andate, questa è casa mia e decido io- rispose con cattiveria Roberto. -Calmi, calmi- cercò di calmare le acque Rebecca -Questa è anche casa mia, quindi decido pure io. Adesso vi sedete tutti a tavola e con calma mangiamo. Non ho voglia di sentire bisticci. Ho già mal di testa. Non peggiorate ancora di più le cose-. -Tuo marito dovrebbe darti una mano in casa, invece che andare in giro a gozzovigliare insieme al gatto e a quel finto frate- continuò i rimproveri il suocero. -Basta!- urlò ancora Rebecca -Fatela finita, o vi caccio fuori veramente-. -E questo sarebbe il ringraziamento?- disse il padre di Rebecca alzandosi e facendo segno alla moglie di seguirlo -Andiamocene-. -La prossima volta che tornate, non voglio più sentirvi rimproverare mio marito, o non mi vedrete mai più- disse Rebecca chiudendo la porta di casa lasciando fuori i suoi genitori. -Grazie. Finalmente un po' di silenzio- disse Roberto sollevato. -Con te non ho finito- lo aggredì Rebecca -Senti capisco che tu e i miei genitori non vi sopportate, ma quando ci sono comportati normalmente, altrimenti loro ne vanno a nozze-. -Ok, scusa cara. Possiamo mangiare, ho fame?- chiuse il discorso Roberto sedendosi a tavola. Rebecca si sedette al suo posto e iniziarono a mangiare. -Che nome possiamo dare alle bambine?- chiese Rebecca, quando andarono a letto. -Non lo so. Ci sono tanti bei nomi. L'importante è che non siano troppo comuni. Mi darebbe fastidio, le mie piccole devono essere uniche- rispose Roberto. -Allora facciamo una cosa: pensiamo a dei nomi che ci piacciono, li scriviamo su dei biglietti e facciamo estrazione. Ti va l'idea?- propose Rebecca. -Certo. A quando la data di scadenza?-. -Il giorno della loro nascita-. -Tu sei matta! E' troppo tardi- non era d'accordo Roberto. -Assisterai al parto e poi quando la situazione si sarà acquietata, estrarrai i biglietti- cercò di convincerlo Rebecca. -D'accordo, basta che non siano i tuoi genitori a farlo. Non sopporto la loro invadenza-. -Non sono tanto invadenti-. -No, no!!! Si sono solo presentati qui senza avvertire per scoprire il sesso dei gemelli- disse Roberto con indignazione -Sta sicura, vorranno pure intervenire sull'assegnazione dei nomi. Mi raccomando non diciamo loro come abbiamo deciso di darli-. -Perché? Hai paura che loro possano ostacolare l'estrazione?-. -Si, ne sono sicuro. Altrimenti perché tanta impazienza per conoscere il sesso? Non potevano semplicemente attendere una nostra telefonata?-. -Magari erano semplicemente emozionati quanto noi. Insomma saranno i nonni!-. -E' questo che mi preoccupa!-.
  • 15. -Senti, sei stato tu all'ultimo anno di liceo a dire quella frase, che volevi cinque figli maschi e una sola femmina per accontentare la moglie. Te la sei andata a cercare. E' ovvio che mio padre sia preoccupato-. -Si, ma fino a quel giorno non sapevo che il mio professore di religione fosse sfortunatamente amico di tuo padre. E poi l'avevo detto solo per scherzare e per fare il figo. Si magari era anche vero, ma in quella situazione l'avevo detto tanto per dire. Insomma era il liceo. Eravamo tutti un po' cretini. Ora sono cresciuto. Tuo padre è il cretino se continua a fare affidamento su quelle parole-. -Hai ragione. Casomai per sicurezza diglielo, magari lui vedrà di capire-. -Non credo. Anche perché lui gode a farmi soffrire. Scommetto che farà di tutto pur di mettersi in mezzo nell'educazione delle nostre figlie-. -Bé a questo ci penserò io, voglio che siamo noi due a occuparci della crescita delle piccole, loro dovranno solo fare da baby - sitter quando ce ne sarà bisogno-. -Ecco appunto-. Allora spensero le luci e iniziarono a dormire.
  • 16. 6 Cinquina perfetta A differenza delle prime due gemelline, Ginevra e Diana erano un po' più calme. Anche se solo di poco. La cosa positiva era che almeno loro dormivano tutta la notte, mentre Maddalena e Veronica erano sempre in movimento. Roberto aveva finalmente deciso quale casa comprare, così quando le più piccole ebbero compiuto sette mesi, si trasferirono in una villa di almeno trecento metri quadrati con quattro camere di cui tre matrimoniali, tre bagni, una cucina, una sala da pranzo, un salotto, un garage a due porte e un grande giardino a Marghera. Era una casa piuttosto costosa, ma con i guadagni di Roberto, se lo potevano anche permettere. Così Roberto rimaneva comodo con il lavoro, il cui ufficio, in centro Mestre, era a poca distanza. Senza contare che pochi metri più in là c'era pure la casa di Guido, il quale aveva toccato anche lui la soglia dei tre figli, solo che i suoi erano tutti maschi e il più grande era già che girava per la città con la divisa di qualche squadra di calcio. Roberto un po' lo invidiava. Lui aveva provato a far avvicinare le sue figlie al calcio, somministrando loro delle partite registrate in cassetta, ma loro non ci vedevano. O prendevano sonno subito o, nel peggiore dei casi, urlavano a squarcia gola. Non c'era verso: il calcio non faceva per loro! Anche se erano piccole, avevano già dei gusti particolari. Per il cibo e per i vestiti, poi! Erano battaglie tutti i giorni. Ad ognuna piacevano cose diverse e ogni volta Rebecca diventava matta per dar loro da mangiare. Se qualcosa non era di loro gusto, sputavano a mitraglia. Con i vestiti invece ad ognuna piaceva un colore diverso, quindi ogni volta Rebecca doveva perdere almeno un'ora per cercare tutto, altrimenti loro urlavano e piangevano in negozio. Almeno a due anni Maddalena e Veronica presero a dormire alla notte. Ora facevano tutto un dritto. Inoltre iniziarono a parlare e con loro anche le altre due. Roberto e Rebecca ne furono davvero entusiasti, sentire le prime parole che sembravano così dolci da far scaldare il cuore, fecero commuovere e preoccupare Roberto al tempo stesso. Dissero più o meno nello stesso periodo le parole: mamma, papà e pappa. Maddalena e Ginevra pronunciarono prima papà, mentre Veronica e Diana mamma. Solo però alla quarta parola Roberto si fece agitato. Una mattina Rebecca, nella camera di Maddalena e Veronica, chiese a Roberto dei soldi per andare a fare la spesa, mentre alle piccole ci badava sua madre. Siccome però Roberto per perdere tempo faceva finta di aver perso il portafoglio, Rebecca agitò la mano destra verso la sua direzione e continuò a ripetere. -Roberto dammi i soldi!-. Roberto allora ad un certo punto si convinse, estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e le consegnò delle banconote. Rebecca allora uscì dalla stanza per prepararsi. Roberto si girò per guardare cosa stavano facendo le sue figlie. Maddalena e Veronica erano in piedi sul materasso delle loro culle mute. Ad un tratto: -Dam...mi.. i sol..di!- disse Maddalena scuotendo la mano come vide fare a sua madre. Subito dopo Veronica la imitò. Roberto le guardò con malcelata frustrazione. -Cara!- urlò.
  • 17. -Si!?- gli rispose Rebecca urlando dalla loro camera. -Credo che dovremmo prepararci ad aprire un nuovo mutuo!- disse Roberto e uscì dalla stanza lasciando Maddalena e Veronica interdette e titubanti. -Mu...ttu..o- ripeté la prima. Per le altre due la storia fu più o meno la stessa solo che la parola fu diversa. Stavano giocando nella loro cameretta, quando fuori in corridoio sentirono che Rebecca diceva a Roberto. -Amore, devo fare delle spese, spese, capito- disse lei. Lui, come al solito, faceva finta di non capire per far perdere la pazienza a Rebecca e farla quindi smettere, ma non fu così e Rebecca alzò la voce, urlando sempre la stessa frase. -Ok, ok- l'assecondò allora Roberto e le diede delle banconote. Rebecca si allontanò per andare in camera di Maddalena e Veronica che in quel momento stavano dormendo, mentre Roberto passò a controllare Diana e Ginevra. Le due quando lo videro passare lo osservarono attentamente e dopo pochi secondi Ginevra disse: -Papà, spese!-. Roberto non capiva, fu Diana a continuare -Papà, devo spese!-. Roberto si tirò uno schiaffo in testa ed esclamò: -Mamma, ma che ho fatto di male!-. E raggiunse sua moglie. Ma nonostante l'incubo per queste parole, di cui Roberto cominciava ad intuire il senso, tutto in famiglia procedeva regolarmente e con calma, tanto che fu in questo periodo che Rebecca concepì un altro bambino. Non se ne accorse quasi. A parte le mestruazioni che non venivano, lei non aveva nient'altro. Non aveva tutti i dolori che aveva avuto con le precedenti quattro bambine. All'inizio infatti pensò che fosse solo un semplice ritardo, ma quando passarono già sette settimane dal ciclo precedente cominciò ad avere dei dubbi. Andò dal ginecologo. Roberto era con lei come sempre mentre le bambine erano a casa con le nonne e Palmiro. -Signori Amodei- iniziò il ginecologo. Roberto cominciò ad aver paura. Rebecca invece per la prima volta dalle gravidanze si sentì più sicura. -Avrete un altro bambino- continuò il ginecologo. -E' uno soltanto vero?- chiese Roberto che si augurava vivamente di non avere altri gemelli, soprattutto altre femmine. Aveva un'ultima opportunità per un figlio maschio, un sano maschio con la passione per il calcio!!! -Si, si-. -Oh, bene!- esclamarono Roberto e Rebecca rilassati. Nemmeno Rebecca aveva tanta voglia di affrontare l'ennesima gravidanza gemellare. A differenza delle due precedenti gravidanze, Roberto e Rebecca tornarono a casa dall'ecografia un po' più calmi e soprattutto parlarono. Presero a fare ipotesi su come poteva essere il nuovo bambino. Entrambi in fine dei conti speravano in un maschio. Quattro femmine erano più che sufficienti.
  • 18. Come se si fossero organizzate, anche Giulia era di nuovo incinta. E sia lei che Rebecca si ritrovarono a fare piscina insieme. Spesso capitava anche che si trovavano a casa di una con i bambini. Erano sette bambini che nonostante fossero ancora molto piccoli andavano d'accordo. Qualche volta tra di loro si prendevano per i capelli e si riempivano di sberle, ma dopo pochi minuti ritornavano a giocare insieme. Roberto non era del tutto contento che sua moglie e Giulia fossero così tanto amiche, perché a lui non andava tanto a genio il comportamento di Guido. Spesso appunto per questi incontri tra le due donne si ritrovava a doverselo sopportare per qualche ora. Era straziante. Guido sapeva parlare solo dei suoi successi familiari, negli affari della fabbrica tessile che gestiva insieme ai due fratelli e del suo incarico di sindaco. Godeva al fatto di vedere il sogno di Roberto, quello di avere cinque figli maschi, infrangersi. Erano stati compagni di classe alle superiori e quindi aveva sentito la battuta di Roberto l'ultimo giorno di quinta liceo. Roberto dal canto suo provava a difendersi, ma Guido trovava sempre le parole più imbarazzanti e irritanti da appioppargli e Roberto non sapeva quasi mai controbattere. Non sapeva che argomenti utilizzare. Guido lo scherniva ogni volta. Se lui era così, probabilmente avrebbe educato i suoi figli allo stesso modo. Motivo in più perché Roberto non volesse che Rebecca facesse incontrare le loro figlie con i suoi. Non voleva che anche i suoi potessero un giorno o l'altro far soffrire le sue figlie. No, non glielo avrebbe di certo permesso. Le sue figlie erano e rimanevano intoccabili. La gravidanza procedette tranquillamente. Rebecca cominciò lentamente ad avere i soliti dolori, che aveva riscontrato anche nelle due gravidanze precedenti, ma ora erano meno acuti, quindi più sopportabili. Riusciva a badare alla casa e alle bambine senza problemi. Naturalmente contava sempre sull'appoggio della famiglia, perché quattro appena nate richiedevano tanta pazienza e dedizione, ma nonostante tutto era calma. Sebbene le piacesse il suo lavoro di pediatra, neanche con quella gravidanza poté tornare in ambulatorio. Non solo non poteva, ma sentiva anche che era meglio non farlo proprio. Le sue bambine avevano bisogno di lei e lei non doveva mancare. Arrivò il giorno dell'ecografia per sapere il sesso del nascituro. Roberto e Rebecca erano emozionati. Lasciarono le bambine a casa con i nonni paterni e Palmiro, mentre loro se la presero comoda. Arrivati in ambulatorio dovettero aspettare pochi minuti prima che Rebecca venisse visitata. Prima di loro infatti, c'era una giovane ragazza di circa quindici anni che era già arrivata al quinto mese di gravidanza. Roberto e Rebecca furono piuttosto scossi e turbati al vederla. Si immaginarono di avere anche loro una delle loro figlie incinta così prematuramente. Dovrebbe essere stato difficile sopportarlo! Pensò Rebecca tra sé e sé. Appena la ragazza uscì, il ginecologo fece accomodare loro. Svolse le solite procedure e iniziò l'ecografia. Il ginecologo era sempre lo stesso, quindi conosceva perfettamente la composizione della loro famiglia. Per questo motivo infatti, tardò a dare il verdetto. -Allora?- si faceva insistente Roberto che stava in piedi vicino al ginecologo.
  • 19. -Signor Amodei devo comunicarle che rimarrà l'unico uomo della famiglia. Avrà un'altra bella bambina!- gli rispose il ginecologo. A quel punto si sentì un corpo cadere. Roberto era svenuto. I suoi sogni di avere almeno un figlio maschio erano svaniti. Ora non avrebbe più potuto avere altri figli. Cinque bastavano. Senza contare che le bambine avevano pochi anni di differenza e quindi le esigenze di comprare abiti e trucchi avvenivano contemporaneamente a tutte e cinque. Per questo si sentì male. Appena seppe di avere un'altra figlia si proiettò nella mente le cifre del suo conto corrente. Già sua moglie e le sue prime quattro bambine lo facevano impazzire per fare le spese, figurarsi quando sarebbero diventate grandi. Roberto non riusciva a trovare la forza di affrontare quella realtà. Inoltre sua moglie forse non sarebbe più potuta tornare a lavorare almeno per un bel periodo. Lui forniva le uniche entrate alla famiglia. E con ben sei donne per casa diventava sempre più difficile gestirlo. Il ginecologo gli sentì il polso: non c'era arresto cardiaco. Controllò gli occhi: Roberto non aveva avuto neanche una carenza di zuccheri. -Lo capisco!- concluse il ginecologo -Io ho solo due figlie femmine e già quelle sono molto impegnative figurarsi averne cinque nell'arco di pochi anni. Vi faccio tanti cari auguri-. Concluse mentre Roberto rinvenne e si rialzava in piedi barcollante. -Signora Amodei, continui con l'attività fisica. Vedo che l'aiuta molto, quindi non molli- proseguì il ginecologo. Alla fine li congedò e Roberto e Rebecca tornarono a casa silenziosamente. -Cinque femmine!!! Cavolo, l'opposto di quello che sognavi. Credo che Dio ti voglia punire- disse Fra Girolamo, una sera mentre, in convento, si guardavano una partita di serie A registrata in videocassetta. -Dio mi vuole punire per una bravata detta ormai tredici anni fa?- non si riusciva a capacitare Roberto. -Oppure semplicemente Dio vuole farti capire, che puoi amare dei figli indipendentemente dal sesso-. -Spero vivamente sia così- rispose demoralizzato Roberto fissando lo schermo del televisore. -La proposta della scorsa gravidanza è ancora valida, comunque-. -Quale? Quella di badare a Palmiro? Certo-. -Sai che conto su di te-. -A cosa servono gli amici se no?- rispose Fra Girolamo comprensivo. -Ma gli altri frati per quale squadra tifano?- chiese Roberto che durante quella serata aveva solo visto dei frati di passaggio ma nessuno che si fermasse a guardare la partita. -Ah il loro unico amore è Dio. Il calcio non lo seguono tanto!- rispose Fra Girolamo. -Anche per te l'unico amore dovrebbe essere Dio- gli fece notare Roberto. -Sono dettagli. Insomma il frate è obbligato a rimanere celibe, ma questo non significa che debba rinnegare il suo essere uomo. A me piace guardare le donne piacenti e seguire il calcio. Non è un peccato mortale-. Roberto tirò uno sbuffo di rassegnazione. Il giorno del parto non fu poi tanto improvviso. Accadde di pomeriggio e giusto dopo nove mesi dal
  • 20. concepimento. Inoltre non successe nulla di particolare. La bambina venne alla luce nell'arco di neanche dieci minuti da quando Rebecca aveva iniziato a spingere. Quel pomeriggio domenicale poi Fra Girolamo era a casa loro, così rimase lui a badare alle due bambine più grandi, mentre Roberto si era portato le due più piccole e Palmiro. Infatti questa volta si era deciso che per scegliere il nome le due bambine avrebbero dovuto pescarne uno dal solito sacchettino dei nomi e Palmiro avrebbe dovuto scegliere mettendo una zampa sopra al foglietto che lo ispirava di più. -Sabrina!- annunciò Roberto quando prese il biglietto sotto le zampe di Palmiro. Quel giorno era il 15 febbraio. Anche l'ultima loro figlia era nata a febbraio e aveva tre anni meno delle sorelle più grandi. Pure lei era una bambina piuttosto tranquilla, come Ginevra e Diana, solo che lei aveva uno sguardo più introverso e distaccato, meno vivace e malizioso delle altre sue sorelle. Sembrava molto diversa da loro.