Si sente sempre più spesso parlare di “Fuga dei talenti” o “Fuga dei cervelli”, soprattutto con toni allarmistici e spesso confusi. Eppure, oggi come oggi, con un mercato del lavoro cosi globalizzato e internazionalizzato, passare un periodo all’estero è ormai la normalità. Ciò che rende preoccupante la “fuga” degli italiani all'estero non è tanto il numero dei nostri connazionali che fanno le valigie, quanto piuttosto il fatto che in pochi scelgono l'Italia come meta. Questa presentazione analizza il fenomeno sulla base dei (pochi e confusi) dati che vi sono a disposizione, soffermandosi sulle politiche migliori per attrarre cervelli “in fuga” e stranieri.
La confisca e il riuso dei beni mafiosi: problemi e riforme
La Fuga dei Cervelli: quando trovarli e' meglio che perderli
1. Quando trovarli e’ meglio che perderli
La fuga dei cervelli
Aprile 2014
di Elena Crivellaro e Valentina Barca
2. Di cosa parleremo
In questa presentazione vi vogliamo parlare di
tre cose:
1. Cos’è la fuga dei cervelli e perchè puo’ essere
un problema per l’Italia
2. Documentare alcuni fatti riguardanti i flussi
migratori di accademici e non da e verso l’Italia
3. Discutere le politiche migliori per attrarre cervelli
“in fuga” e stranieri
Perché è un tema
importante per l’Italia?
Perchè l’Italia è un
‘esportatore netto’ di
talenti: ne perdiamo
più di quanti ne
attraiamo!
2
3. Fuga dei cervelli, fuga di talenti, che cos’ è?
Quest' espressione ricorre frequentemente sui quotidiani
italiani, ma cosa vuol dire?
Chi sono quindi i ‘talenti’? Ricercatori, imprenditori, tecnici,
accademici… insomma persone ‘qualificate’ (per
approssimazione ci si riferisce spesso ai laureati!).
Laddove il flusso netto di emigrati ed immigrati qualificati è
positivo, si parla di brain gain, se negativo, di brain drain.
Si tratta del «fenomeno di abbandono di un Paese a favore di
un altro da parte di persone con un alto livello di istruzione,
generalmente in seguito all’offerta di condizioni migliori di paga
o di vita» (Grubel, 1994)
3
4. Perchè la fuga dei cervelli è un problema?
Quando i giornali parlano di ‘fuga di cervelli’ dall’ Italia ne
parlano spesso con toni allarmistici. Ma che problema c’è se
le persone qualificate ‘fuggono’?
L’economia del Paese di
origine spende soldi in
istruzione senza ricavarne i
benefici e nel frattempo non
può usufruire delle
esternalità positive generate
dalla presenza di una forza
lavoro qualificata (maggior
produttività e più tasse da
riscuotere!)…
Investimento in
istruzione ‘perso’
Meno entrate
fiscali dal
potenziale
contribuente…
Perdita di
forza lavoro
qualificata (e
produttivita!)
4
5. Facciamo un esempio: i costi della fuga
Un ‘cervello’ ha studiato in Italia, completando la
laurea, per un totale di 13 anni. Lo stato italiano
ha investito per la sua istruzione circa 124
mila euro1…
Se questo cervello emigra, lo stato ha pagato
questi soldi senza ricavarne alcun beneficio:
• non ne riceve le tasse (i laureati guadagnano più della
media della popolazione, per cui pagano anche di più);
• ne perde anche l’inventività, l’intraprendenza, la
produttività (difficili da quantificare, ma basta pensare
che i ‘benefici’ di ogni brevetto son stimati attorno a 3
milioni di euro2)!
1. OECD (2009)
2. Istituto per la competitivita’ (I-Com), 5
6. Perche' molti vanno e pochi tornano?
I motivi sono tanti – qui ne elenchiamo alcuni dei piu’
comuni3:
• Mancata crescita del PIL e tasso di disoccupazione
giovanile (15-24 anni) al 38,4% (ISTAT, 2013);
• Crescita dei contratti temporanei (fenomeno del ‘precariato’)
e aumento del “sottoinquadramento”
• Investimenti in ricerca inferiori alla media europea: 1,26%
del PIL contro una media UE del 2% (ISTAT);
• Nepotismo, bassa mobilità sociale, mancanza di
meritocrazia, trasparenza e pratica diffusa delle
raccomandazioni.
Fanno dunque bene i “cervelli” a emigrare? Si, se mancano
le opportunità è giusto spostarsi per poter esprimere al meglio
le proprie potenzialita’...
6
3. Si vedano ad esempio Indagine Italents/Comune di Milano e il 47o rapporto Censis su
Situazione Sociale nel paese.
7. Quanti gli italiani che emigrano? Difficile dirlo
Sembrerebbe una domanda facile, ma non lo è. L’informazione
migliore dovrebbe darcela l’Anagrafe dei Residenti all’Estero
(AIRE), ma pochi italiani si iscrivono quando si trasferiscono4 –
si stima meno del 50%5. L’AIRE, poi, da limitate informazioni
sulle caratteristiche di chi emigra (livello educativo, lavoro, etc)!
4. Perche’ non sanno che e’ un obbligo civile o perche’ hanno paura di perdere certi diritti in Italiia;
5. Un confronto su dati 2013 tra AIRE e numero di iscritti per accedere al Sistema previdenziale
britannico e ricevere il National Insurance Number mostrava un rapporto di 1 a 3.
6. Non discutiamo qua i motivi, ma se siete interessati chiedetecelo!
I numeri che daremo,
dunque, vanno presi con
le pinze e considerati una
sottostima del fenomeno
Non rimane che fare un
puzzle di dati ISTAT,
Almalaurea ed Eurispes,
ciascuno carente per
motivi diversi6…
7
8. Dunque quanti emigrano? In realta’ neanche
tanti, ma soprattutto giovani…
• Durante la prima grande ondata di emigrazione, dal 1860 al
1985, sono emigrati 29 milioni di italiani – una media di
232.000 l’anno. Nel 2012 (ultimo anno per cui le stime sono
disponibili) le ‘fughe’ ufficiali sono state 78.941 - se pur in
aumento rispetto agli anni precedenti (e una sottostima!), non e’
un numero enorme...
• In totale, i residenti all’estero al 31 Dicembre 2012 erano
4.431.156, un incremento del 23% rispetto al 2005. Tra questi,
circa il 30% sono giovani tra i 20 e i 40 anni (fonte AIRE)7
• Secondo l'OCSE, nel 2010/11 gli “expats” italiani erano il 4,4%
del totale popolazione, contro il 6,5% degli inglesi, e il 4,2% dei
tedeschi – non siamo sopra la media!
7. Da notare che i dati 2013 ancora non sono stati resi pubblici! 8
9. E quanti sono laureati? Ancor piu’ difficile dirlo!
Il numero di laureati tra quelli che emigrano è difficilissimo da
stimare con precisione perche’ l’AIRE non raccoglie
quest’informazione. Tra le varie altre fonti scopriamo che:
• Dati Almalaurea mostrano che il 6% degli occupati ad un anno
dalla laurea biennale lavora all’estero
• Un’indagine dell’ISTAT sui
laureati del 2007 mostra che il
2,1% degli intervistati dichiara
di vivere in un altro paese.
• Secondo l'OCSE, i diplomati
universitari italiani residenti
all'estero sono il 7,8% contro il
10,8% dei britannici e l’8,4%
dei tedeschi
9
10. Dunque qual’ è il vero problema? Il saldo netto
10
Abbiamo detto che cervelli che fuggono dall’Italia ce ne sono,
ma i numeri non dovrebbero suscitare allarme, soprattutto se
confrontati alle percentuali in altri paesi.
• Il vero problema dell’Italia non è tanto la fuga quanto
l’incapacità di attrarre ‘talenti’, italiani e non.
Fonte: Dati ISTAT
11. Studenti internazionali in italia… son pochi
Mentre sono molti gli italiani che vanno a studiare all’estero,
pochi sono gli studenti stranieri che scelgono l’Italia per studiare.
Il problema è dunque l’incapacità di attrarre capitale umano…
• Gli studenti internazionali sono un indicatore dell’attratività
di un paese, ma anche una risorsa economica per il paese
che ospita.
L’italia è il fanalino di coda,
in Europa,nell’attrarre
studenti internazionali.
Studenti internazionali/totale iscritti
(istruzione terziaria)
Fonte ISTAT
2007
2009
2011
11
12. Cosa è stato fatto per “riattrarre” cervelli?
• 2001-2008: sono state previste dall’allora Ministro Zecchino
risorse per il ritorno di ricercatori residenti all’estero, cui viene
offerto un contratto temporaneo (da 2-4 anni) e uno stipendio
particolarmente generoso8
• 2010: Legge 238/2010 Controesodo (www.contoesodo.it).
Prevede incentivi fiscali ai lavoratori under 40 che rientrano in
Italia dopo almeno 2 anni di lavoro all’estero.
• Progetti a livello regionale offrono finanziamenti per Attivita’
imprenditoriali o per studiare e poi rientrare.
Esempi?
1. Welcome Talent Business,
2. Brain Back Umbria,
3. Master and Back Sardegna
8. I criteri selettivi molto rigidi hanno consentito l’accesso a questi contratti a un numero molto limitato
di ricercatori. Si veda anche questo articolo del Fatto Quotidiano. 12
13. Risultati? Ancora insufficienti
Dal 2001 al 2006 le leggi Zecchino han favorito il ritorno di 466
cervelli, la nuova legge Controesodo ne ha aiutate a tornare
circa 4 mila. Le vere pecche di questi tentativi son stati:
• Un’ applicazione negli anni lenta e farraginosa (manca una
strategia organica)
• Insufficiente chiarezza delle leggi e incertezze interpretative
• Eccessive lungaggini burocratiche
• Difficile reinserimento e inesistenti garanzie per il futuro...
13
Non solo in Italia non si parla di Brain Circulation –
strategie per attrarre i migliori talenti internazionali –
ma non si riesce neanche a far rientrare i talenti persi
13
14. Cosa fanno gli altri per “attrarre” cervelli?
Gran Bretagna:
• Nel 2000 il governo britannico lancia un piano, di 5 anni (20 milioni di
sterline), per favorire il rientro di scienziati britannici che operavano
all’estero e facilitando l’ingresso dei migliori giovani ricercatori stranieri
nel Regno Unito.
• Nel 2002 il governo realizza un piano per aumentare del 25% la
retribuzione di scienziati e ricercatori post-doctorate e per incrementare i
finanziamenti dei professori universitari.
• Nel 2004 viene pubblicato il documento “UK Science and Innovation
Investment Framework (2004-2014)”, con le linee guida per rafforzare la
ricerca e l’innovazione stabilendo l’obiettivo di investire il 2,5% del PIL nel
campo della ricerca e sviluppo
Svizzera:
• Il Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (FNS) finanzia ogni
anno circa 7200 ricercatrici e ricercatori (quasi l'80% dei quali ha meno di
35 anni) e promuove con un vasto programma di borse e sussidi la
ricerca di base ed applicata in tutte le discipline.
14
15. Quindi? Cosa si puo’ fare?
• Se l’Italia vuole competere col ‘mercato’ globale, deve
diventare un paese capace di attirare eccellenze dal resto
del mondo. Si devono fornire più opportunità ai talenti, sia
italiani che stranieri.
• Come? Aumentare gli investimenti nella ricerca, creare
partnership pubblico-privata, rivedere il sistema dei concorsi
universitari e dottorati, sviluppare una semplificazione
normativa, ma anche dare piú priorità a meritocrazia e
internazionalizzazione.
• Una prima mossa? Mostrare piú interesse per gli italiani
che partono, rendendo il ruolo dell’AIRE piú proattivo
• La mobilità dei talenti puo’ diventare un’opportunità per il
paese – è l’idea della circolazione dei cervelli e di un Italia
“diffusa”7…
159. Rosina A. (2011), "Una idea di Italia diffusa", il Mulino, 2/2011, p. 217-225.
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Ringraziamo Alessandro Rosina per il referaggio
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17. Per approfondire
Balduzzi P. e Rosina A. (2011). Giovani talenti che lasciano l’Italia: fonti, dati e
politiche di un fenomeno complesso, La Rivista delle Politiche Sociali, n. 3/2011.
Becker, S. O., Ichino, A. e Peri, P. (2004) How Large is the “Brain Drain” from
Italy?, Giornale degli economisti e Annali di Economia, Bocconi University, vol.
63(1), pp. 1-32.
Beine M., Docquier F. e Rapoport H. (2001). Brain drain and economic growth:
theory and evidence, Journal of Development Economics, 64, pp. 275-289.
Beltrame L. (2007). Realtà e retorica del brain drain in Italia. Stime, statistiche,
definizioni pubbliche e interventi politici, Quaderno del Dipartimento di Sociologia
e Ricerca sociale n. 35.
OECD (2009) e (2011) Education at a Glance
OECD (2011) Migration outlook
Milio S. et al. (2012). Brain drain, brain exchange e brain circulation. Il caso
Italiano nel contesto globale. ASPEN Institute.
• AIRE: http://servizidemografici.interno.it/it/Aire/Informazioni
• Almalaurea: www.almalaurea.it
• EUROSTAT: ec.europa.eu/eurostat
• ISTAT: www.istat.it
• La Fuga dei Talenti: fugadeitalenti.wordpress.com/
• OECD: www.oecd.org 17