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La riforma delle province
                         Di Antonio Puggioni




L’esperienza Monti e i possibili assetti futuri


                                                  Febbraio 2013
…dove eravamo rimasti?
Nella nostra precedente presentazione abbiamo mostrato che le
province spendono ogni anno circa 12 miliardi di euro e costano
circa 2 miliardi, di cui poco più di 100 milioni per il personale
politico.
Da allora, il governo Monti ha preso diverse iniziative in materia,
in particolare con tre decreti legge:

   •   il D.l. 201/2011, cosiddetto “Salva Italia”;
   •   il D.l. 95/2012, sulla “Spending review”;
   •   infine, il D.l. 188/2012.

Vediamoli più da vicino…
                                                                      2
Il “Salva Italia” e le questioni da risolvere
Il decreto “Salva Italia”:
• riduce fortemente le funzioni delle province, mantenendo solo
      quelle “di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei
      comuni”
• elimina le giunte provinciali, lasciando il presidente e il consiglio
      (tra i 10 e i 16 membri), entrambi, però, eletti indirettamente e
      non più tramite voto popolare.
Il risparmio dall’eliminazione delle sole elezioni provinciali è
stimato sui 317 milioni1. Oltre a questo intervento, il decreto
prevede un taglio sui bilanci delle province di 415 milioni.
Tuttavia, il decreto presenta problemi di costituzionalità…
1   Stando alla relazione tecnica del disegno di legge A.C. 5210 del 16 Maggio 2012.   3
La costituzionalità del decreto
La conversione in legge del “Salva Italia” (legge 214 del 22/12/2011) ha
dato luogo a ricorsi presso la Corte Costituzionale da parte di alcune
regioni2, le quali hanno sollevato due punti principali:

  • la garanzia costituzionale dell’autonomia delle province (art 114
    Cost.);
  • l’esistenza di funzioni fondamentali proprie alle province, in base agli
    articoli 114 e 117-119 Cost.

A inizio novembre 2012 la Corte ha rinviato la pronuncia su questi ricorsi
a data da destinarsi. Ma la riforma di Monti era ancora in corso di
modifiche, in particolare con le misure della “Spending review”.
2 Piemonte,   Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Campania e Sardegna
                                                                                     4
La nuova “Spending review”
    Il 6 Luglio 2012, il governo Monti è di nuovo intervenuto sulle province nell’ambito della
    cosiddetta “Spending Review”, convertita nella legge 135 del 7/8/2012.

    Il decreto prevede sia il riordino delle province delle regioni a statuto ordinario (art. 17)3 che
    l’istituzione delle città metropolitane (art. 18). Oltre alle funzioni di coordinamento
    comunale, la Spending Review dà alle province funzioni di:
       • territorio e tutela ambientale (pianificazione territoriale provinciale);
       • trasporti e viabilità (gestione dei servizi di trasporto extra-urbano e manutenzione
           delle strade provinciali);
       • istruzione (gestione delle scuole secondarie di secondo grado).

    C’è quindi un passo indietro rispetto al Salva Italia, con la reintroduzione di alcune
    importanti funzioni per le province. Ma oltre alle modifiche istituzionali, la Spending Review
    ha previsto un ulteriore taglio ai bilanci provinciali di 500 milioni per il 2012 e di 1 miliardo di
    euro per il 2013.
3Per le regioni a statuto speciale—con l’eccezione del Trentino, escluso dalla riforma—il decreto legge    5
prevede l’adeguamento ai criteri dettati entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso.
Le città metropolitane
La Spending Review prevede l’istituzione di 10 città metropolitane – previste dalla
riforma costituzionale del 2001 - in sostituzione delle province di Roma, Torino,
Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze , Bari, Napoli e Reggio Calabria. La città
metropolitana ha come organi:
   • un sindaco metropolitano (di norma il sindaco del comune capoluogo);
   • un consiglio metropolitano (eletto come un consiglio provinciale).

Oltre alle funzioni delle province, le città metropolitane hanno competenza nei
seguenti settori:
  • Reti infrastrutturali e pianificazione del territorio,
  • Gestione dei servizi pubblici,
  • Mobilità e viabilità,
  • Sviluppo economico e sociale.
                                                                                       6
La diminuzione del numero delle province
Il 20 luglio 2012 il governo ha individuato i
seguenti criteri per il riordino delle province
previsto dalla Spending review:
 • dimesione territoriale non inferiore a 2.500
    km2;
 • popolazione residente non inferiore a
    350.000 abitanti.
Per attuare il riordino il Governo ha avviato una
consultazione con i consigli delle autonomie locali
e le regioni risultata nell’approvazione del decreto
legge 188/2012, il quale stabilisce che dal 1
gennaio 2014 le province nelle regioni a statuto
ordinario passeranno da 86 a 51 (comprese le
città metropolitane).
                                                       7
Il probabile assetto post-riforma
• Nonostante il tentativo di completare la riforma in tempi brevi, il D.l. 188/2012
  non è stato convertito in legge a causa della scadenza anticipata della
  legislatura, così come non è progredito il disegno di legge sul sistema elettorale
  delle province.
• Con la mancata conversione del decreto si rischia di tornare indietro al Salva
  Italia che, come visto, non toccava il numero delle province ma ne riduceva le
  funzioni.

     C’è da dire, però, che il decreto prevedeva comunque una fase transitoria: le
      province manterranno dunque le funzioni che avevano in precedenza, e la
      riduzione del numero delle province verrà rinviata di un anno (in base alla legge
      di stabilità approvata a fine dicembre, che ha aggiunto altri 200 milioni di tagli
      per il 2013).
     Quindi agli effetti pratici la situazione potrebbe non cambiare di molto se il
      nuovo governo manterrà la riforma Monti: in concreto avremo province più
      estese ma con minori competenze e organi politici eletti indirettamente.           8
Una valutazione della riforma..
Oltre ai dubbi di costituzionalità già visti, le riforme del governo Monti si prestano ad
alcune critiche:
  • la stima della riduzione dei costi non è certa: mentre c’è una riduzione certa di
     alcuni costi politici per l’eliminazione delle elezioni e la riduzione degli organi delle
     province, i costi del personale non subiscono variazioni. Non solo: il passaggio delle
     funzioni delle province ai comuni o alle regioni potrebbe causare paradossalmente
     un aumento dei costi;
  • una riforma della disciplina della finanza locale, che preveda il contenimento della
     spesa per il personale, è assente nei tre decreti4. Gli interventi sul bilancio delle
     province, invece, con un taglio di più di 2 miliardi, rischiano di incidere sulla
     fornitura di servizi ai cittadini.

Insomma, anche se attuata in pieno la riforma sarà comunque da perfezionare, e il
compito spetterà al nuovo governo. Le posizioni dei vari partiti a riguardo, però, sono
molto diverse.
4 Su questo punto si veda L. Oliveri,”Quel pasticciaccio delle province”, Lavoce.info, 14/12/2012.   9
5 Sui tagli ai bilanci si veda il Documento programmatico dell’Unione delle Province Italiane.
I programmi dei partiti (1)
                                   Il Partito Democratico, in coerenza con l‘appoggio al precedente
                                   governo, è a favore di un riordino delle province che ne ampli
                                   l’estensione territoriale e che mantenga le “funzioni di area
                                   vasta”6.

                                   Per quanto riguarda SEL, il maggior alleato del PD, il manifesto
                                   del partito non comprende proposte, ma il suo leader Nichi
                                   Vendola ha dichiarato di essere a favore dell’abolizione delle
                                   province7.

                                   A favore dell’abolizione delle province è anche l’Italia dei Valori,
                                   mentre il movimento “Rivoluzione Civile” capeggiato da Antonio
                                   Ingroia—di cui l’IDV è parte—non ha ancora affrontato la
                                   questione.
6 Vedi la nota del PD "Riforma degli Enti Locali“ del 15/02/2012                                      10
7 Intervista del 23 Novembre 2012. su “Radio Anch’io”, Radio Uno.
I programmi dei partiti (2)
                                Per quanto riguarda la coalizione centrista, nell’Agenda Monti si
                                sostiene, evidentemente, l’operato svolto dal governo uscente,
                                rilanciando la riforma non ancora completata in collaborazione con
                                gli enti locali.

                                L’UdC, uno dei partiti della coalizione “montiana”, aveva indicato
                                come criterio la soppressione delle province con popolazione
                                inferiore ai 500.000 abitanti, e sostenuto l’istituzione delle città
                                metropolitane8. Futuro e Libertà, invece, non ha affrontato
                                esplicitamente la questione.
                                Al di fuori della coalizione centrista, Fermare il declino, il
                                movimento guidato da Oscar Giannino, ha nel suo programma
                                l’istituzione di un federalismo “vero”, con ampia autonomia di
                                spesa per gli enti locali e trasparenza dei bilanci, ma con un
                                sistema sanzionatorio per gli enti che non rispettino il pareggio di
                                bilancio.
                                                                                                       11
 8   Vedi l’opuscolo "Riforme istituzionali per la Terza Repubblica“ sul sito internet dell’UdC.
I programmi dei partiti (3)
                       Nella coalizione PdL-Lega Nord, quest’ultima ha tenuto una
                       posizione nettamente contraria all’operato del governo
                       Monti. La Lega Nord aggiunge come criteri ulteriori per la
                       definizione delle province il PIL e il numero minimo di
                       comuni, ed è a favore al mantenimento dell’elezione diretta
                       degli organi provinciali9. Il PdL, nei suoi precedenti
                       programmi, manteneva in primo piano la questione del
                       federalismo fiscale e della razionalizzazione delle spese.

                       Al di fuori di ogni coalizione, il MoVimento 5 Stelle propone
                       l’abolizione totale delle province.


9 Vedi                                                                                 12
         la sezione sulle "Autonomie Locali“ sul sito internet della Lega Nord.
In conclusione: un nuovo assetto…
Il governo Monti si è orientato per una riforma delle province in
tre ambiti:
1.     la rappresentatitività democratica (dato che gli organi
      saranno eletti indirettamente);
2. le funzioni (con il fine di diminuire le spese);
3. il riordino geografico (per razionalizzare l’assetto, con
      risultati non sempre riusciti per le dimensioni, come in
      Toscana – vedi figura a destra).

I problemi principali della riforma, che il nuovo governo dovrà affrontare, sono:
• lo sblocco della riforma entro la fine del 2013, e la possibile bocciatura da parte
    della Corte Costituzionale;
• la stima del risparmio dei costi derivanti dalla riforma, dato che non si sa se ci
    saranno risparmi dalla riallocazione delle funzioni delle province a comuni e regioni.

                                                                                             13
…che può essere migliorato
Il governo Monti ha avuto il merito di avviare una necessaria razionalizzazione delle
province, discussa da tempo ma mai attuata.Tuttavia, la brevità dei tempi ha
portato a interventi non sempre coerenti con il disegno complessivo delle
istituzioni.

Il nuovo governo potrà intervenire su questi aspetti con azioni più in linea con il
disegno complessivo dello Stato, come:
• una riforma della Costituzione per definire con maggiore legittimità sia le funzioni
della provincia che il tipo di organi politici, se direttamente eletti o meno;
• una verifica delle spese a livello provinciale, per selezionare nello specifico le
spese non necessarie (ad esempio l’aggravio sul bilancio di agenzie e organismi
intermedi). Finora il governo ha tagliato i bilanci delle province dall’alto, per un
totale di più di 2 miliardi di euro tra il 2012 e il 2013, che andranno a colpire la
fornitura di servizi da parte delle province.
                                                                                         14
Per saperne di più
• Per una prospettiva storica: S. Mangiameli, “Il livello provinciale
  nell’ordinamento italiano e la comparazione con le forme di governo
  intermedio di Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Polonia” (link).
• Per una prospettiva costituzionale, C. Napoli, “Il livello provinciale nella
  legislazione “anticrisi” del Governo Monti” (link) e F. Fabbrizzi, “Riordino
  delle province: ultimo atto (forse)” (link) .
• Per una valutazione generale sul rapporto centro-periferia, B. Dente,
  “End of an era? The Monti government approach to central-local
  relations”, LIEPP Working Paper n°6 – Sciences Po, Dec. 2012, (link).




                                                                            15
Grazie!
                    Se hai apprezzato la presentazione,
          inoltra il link ai tuoi amici e sostieni il nostro progetto!




Ringraziamo il prof. Bruno Dente (Politecnico di Milano) per i commenti ricevuti




                                     Contatti:
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La riforma delle province - L'esperienza Monti e i possibili assetti futuri

  • 1. La riforma delle province Di Antonio Puggioni L’esperienza Monti e i possibili assetti futuri Febbraio 2013
  • 2. …dove eravamo rimasti? Nella nostra precedente presentazione abbiamo mostrato che le province spendono ogni anno circa 12 miliardi di euro e costano circa 2 miliardi, di cui poco più di 100 milioni per il personale politico. Da allora, il governo Monti ha preso diverse iniziative in materia, in particolare con tre decreti legge: • il D.l. 201/2011, cosiddetto “Salva Italia”; • il D.l. 95/2012, sulla “Spending review”; • infine, il D.l. 188/2012. Vediamoli più da vicino… 2
  • 3. Il “Salva Italia” e le questioni da risolvere Il decreto “Salva Italia”: • riduce fortemente le funzioni delle province, mantenendo solo quelle “di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei comuni” • elimina le giunte provinciali, lasciando il presidente e il consiglio (tra i 10 e i 16 membri), entrambi, però, eletti indirettamente e non più tramite voto popolare. Il risparmio dall’eliminazione delle sole elezioni provinciali è stimato sui 317 milioni1. Oltre a questo intervento, il decreto prevede un taglio sui bilanci delle province di 415 milioni. Tuttavia, il decreto presenta problemi di costituzionalità… 1 Stando alla relazione tecnica del disegno di legge A.C. 5210 del 16 Maggio 2012. 3
  • 4. La costituzionalità del decreto La conversione in legge del “Salva Italia” (legge 214 del 22/12/2011) ha dato luogo a ricorsi presso la Corte Costituzionale da parte di alcune regioni2, le quali hanno sollevato due punti principali: • la garanzia costituzionale dell’autonomia delle province (art 114 Cost.); • l’esistenza di funzioni fondamentali proprie alle province, in base agli articoli 114 e 117-119 Cost. A inizio novembre 2012 la Corte ha rinviato la pronuncia su questi ricorsi a data da destinarsi. Ma la riforma di Monti era ancora in corso di modifiche, in particolare con le misure della “Spending review”. 2 Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Campania e Sardegna 4
  • 5. La nuova “Spending review” Il 6 Luglio 2012, il governo Monti è di nuovo intervenuto sulle province nell’ambito della cosiddetta “Spending Review”, convertita nella legge 135 del 7/8/2012. Il decreto prevede sia il riordino delle province delle regioni a statuto ordinario (art. 17)3 che l’istituzione delle città metropolitane (art. 18). Oltre alle funzioni di coordinamento comunale, la Spending Review dà alle province funzioni di: • territorio e tutela ambientale (pianificazione territoriale provinciale); • trasporti e viabilità (gestione dei servizi di trasporto extra-urbano e manutenzione delle strade provinciali); • istruzione (gestione delle scuole secondarie di secondo grado). C’è quindi un passo indietro rispetto al Salva Italia, con la reintroduzione di alcune importanti funzioni per le province. Ma oltre alle modifiche istituzionali, la Spending Review ha previsto un ulteriore taglio ai bilanci provinciali di 500 milioni per il 2012 e di 1 miliardo di euro per il 2013. 3Per le regioni a statuto speciale—con l’eccezione del Trentino, escluso dalla riforma—il decreto legge 5 prevede l’adeguamento ai criteri dettati entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso.
  • 6. Le città metropolitane La Spending Review prevede l’istituzione di 10 città metropolitane – previste dalla riforma costituzionale del 2001 - in sostituzione delle province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze , Bari, Napoli e Reggio Calabria. La città metropolitana ha come organi: • un sindaco metropolitano (di norma il sindaco del comune capoluogo); • un consiglio metropolitano (eletto come un consiglio provinciale). Oltre alle funzioni delle province, le città metropolitane hanno competenza nei seguenti settori: • Reti infrastrutturali e pianificazione del territorio, • Gestione dei servizi pubblici, • Mobilità e viabilità, • Sviluppo economico e sociale. 6
  • 7. La diminuzione del numero delle province Il 20 luglio 2012 il governo ha individuato i seguenti criteri per il riordino delle province previsto dalla Spending review: • dimesione territoriale non inferiore a 2.500 km2; • popolazione residente non inferiore a 350.000 abitanti. Per attuare il riordino il Governo ha avviato una consultazione con i consigli delle autonomie locali e le regioni risultata nell’approvazione del decreto legge 188/2012, il quale stabilisce che dal 1 gennaio 2014 le province nelle regioni a statuto ordinario passeranno da 86 a 51 (comprese le città metropolitane). 7
  • 8. Il probabile assetto post-riforma • Nonostante il tentativo di completare la riforma in tempi brevi, il D.l. 188/2012 non è stato convertito in legge a causa della scadenza anticipata della legislatura, così come non è progredito il disegno di legge sul sistema elettorale delle province. • Con la mancata conversione del decreto si rischia di tornare indietro al Salva Italia che, come visto, non toccava il numero delle province ma ne riduceva le funzioni.  C’è da dire, però, che il decreto prevedeva comunque una fase transitoria: le province manterranno dunque le funzioni che avevano in precedenza, e la riduzione del numero delle province verrà rinviata di un anno (in base alla legge di stabilità approvata a fine dicembre, che ha aggiunto altri 200 milioni di tagli per il 2013).  Quindi agli effetti pratici la situazione potrebbe non cambiare di molto se il nuovo governo manterrà la riforma Monti: in concreto avremo province più estese ma con minori competenze e organi politici eletti indirettamente. 8
  • 9. Una valutazione della riforma.. Oltre ai dubbi di costituzionalità già visti, le riforme del governo Monti si prestano ad alcune critiche: • la stima della riduzione dei costi non è certa: mentre c’è una riduzione certa di alcuni costi politici per l’eliminazione delle elezioni e la riduzione degli organi delle province, i costi del personale non subiscono variazioni. Non solo: il passaggio delle funzioni delle province ai comuni o alle regioni potrebbe causare paradossalmente un aumento dei costi; • una riforma della disciplina della finanza locale, che preveda il contenimento della spesa per il personale, è assente nei tre decreti4. Gli interventi sul bilancio delle province, invece, con un taglio di più di 2 miliardi, rischiano di incidere sulla fornitura di servizi ai cittadini. Insomma, anche se attuata in pieno la riforma sarà comunque da perfezionare, e il compito spetterà al nuovo governo. Le posizioni dei vari partiti a riguardo, però, sono molto diverse. 4 Su questo punto si veda L. Oliveri,”Quel pasticciaccio delle province”, Lavoce.info, 14/12/2012. 9 5 Sui tagli ai bilanci si veda il Documento programmatico dell’Unione delle Province Italiane.
  • 10. I programmi dei partiti (1) Il Partito Democratico, in coerenza con l‘appoggio al precedente governo, è a favore di un riordino delle province che ne ampli l’estensione territoriale e che mantenga le “funzioni di area vasta”6. Per quanto riguarda SEL, il maggior alleato del PD, il manifesto del partito non comprende proposte, ma il suo leader Nichi Vendola ha dichiarato di essere a favore dell’abolizione delle province7. A favore dell’abolizione delle province è anche l’Italia dei Valori, mentre il movimento “Rivoluzione Civile” capeggiato da Antonio Ingroia—di cui l’IDV è parte—non ha ancora affrontato la questione. 6 Vedi la nota del PD "Riforma degli Enti Locali“ del 15/02/2012 10 7 Intervista del 23 Novembre 2012. su “Radio Anch’io”, Radio Uno.
  • 11. I programmi dei partiti (2) Per quanto riguarda la coalizione centrista, nell’Agenda Monti si sostiene, evidentemente, l’operato svolto dal governo uscente, rilanciando la riforma non ancora completata in collaborazione con gli enti locali. L’UdC, uno dei partiti della coalizione “montiana”, aveva indicato come criterio la soppressione delle province con popolazione inferiore ai 500.000 abitanti, e sostenuto l’istituzione delle città metropolitane8. Futuro e Libertà, invece, non ha affrontato esplicitamente la questione. Al di fuori della coalizione centrista, Fermare il declino, il movimento guidato da Oscar Giannino, ha nel suo programma l’istituzione di un federalismo “vero”, con ampia autonomia di spesa per gli enti locali e trasparenza dei bilanci, ma con un sistema sanzionatorio per gli enti che non rispettino il pareggio di bilancio. 11 8 Vedi l’opuscolo "Riforme istituzionali per la Terza Repubblica“ sul sito internet dell’UdC.
  • 12. I programmi dei partiti (3) Nella coalizione PdL-Lega Nord, quest’ultima ha tenuto una posizione nettamente contraria all’operato del governo Monti. La Lega Nord aggiunge come criteri ulteriori per la definizione delle province il PIL e il numero minimo di comuni, ed è a favore al mantenimento dell’elezione diretta degli organi provinciali9. Il PdL, nei suoi precedenti programmi, manteneva in primo piano la questione del federalismo fiscale e della razionalizzazione delle spese. Al di fuori di ogni coalizione, il MoVimento 5 Stelle propone l’abolizione totale delle province. 9 Vedi 12 la sezione sulle "Autonomie Locali“ sul sito internet della Lega Nord.
  • 13. In conclusione: un nuovo assetto… Il governo Monti si è orientato per una riforma delle province in tre ambiti: 1. la rappresentatitività democratica (dato che gli organi saranno eletti indirettamente); 2. le funzioni (con il fine di diminuire le spese); 3. il riordino geografico (per razionalizzare l’assetto, con risultati non sempre riusciti per le dimensioni, come in Toscana – vedi figura a destra). I problemi principali della riforma, che il nuovo governo dovrà affrontare, sono: • lo sblocco della riforma entro la fine del 2013, e la possibile bocciatura da parte della Corte Costituzionale; • la stima del risparmio dei costi derivanti dalla riforma, dato che non si sa se ci saranno risparmi dalla riallocazione delle funzioni delle province a comuni e regioni. 13
  • 14. …che può essere migliorato Il governo Monti ha avuto il merito di avviare una necessaria razionalizzazione delle province, discussa da tempo ma mai attuata.Tuttavia, la brevità dei tempi ha portato a interventi non sempre coerenti con il disegno complessivo delle istituzioni. Il nuovo governo potrà intervenire su questi aspetti con azioni più in linea con il disegno complessivo dello Stato, come: • una riforma della Costituzione per definire con maggiore legittimità sia le funzioni della provincia che il tipo di organi politici, se direttamente eletti o meno; • una verifica delle spese a livello provinciale, per selezionare nello specifico le spese non necessarie (ad esempio l’aggravio sul bilancio di agenzie e organismi intermedi). Finora il governo ha tagliato i bilanci delle province dall’alto, per un totale di più di 2 miliardi di euro tra il 2012 e il 2013, che andranno a colpire la fornitura di servizi da parte delle province. 14
  • 15. Per saperne di più • Per una prospettiva storica: S. Mangiameli, “Il livello provinciale nell’ordinamento italiano e la comparazione con le forme di governo intermedio di Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Polonia” (link). • Per una prospettiva costituzionale, C. Napoli, “Il livello provinciale nella legislazione “anticrisi” del Governo Monti” (link) e F. Fabbrizzi, “Riordino delle province: ultimo atto (forse)” (link) . • Per una valutazione generale sul rapporto centro-periferia, B. Dente, “End of an era? The Monti government approach to central-local relations”, LIEPP Working Paper n°6 – Sciences Po, Dec. 2012, (link). 15
  • 16. Grazie! Se hai apprezzato la presentazione, inoltra il link ai tuoi amici e sostieni il nostro progetto! Ringraziamo il prof. Bruno Dente (Politecnico di Milano) per i commenti ricevuti Contatti: quattrogatti@quattrogatti.info | @_quattrogatti | facebook.com/quattrogatti.info