Europa flavio cattaneo terna hub elettrico del mediterraneo
1. Europa, Flavio Cattaneo, Terna sarà l’hub elettrico del Mediterraneo
Terna, la società che gestisce la rete elettrica italiana sarà l’hub elettrico del
Mediterraneo. «Il futuro dell’energia italiana e di Terna sono rivolti all’Europa e
questa è una richiesta che arriva da tutto il sistema nazionale e internazionale.
Quando saranno realizzate maggiori interconnessioni con il resto d’Europa, il
Paese potrà diventare un esportatore strutturale di energia» - ha dichiarato
l’AD della società Flavio Cattaneo. Il piano per la realizzazione di questo
progetto è già partito e prevede, al momento, la costruzione di un cavo che
collegherà l’Italia al Montenegro e la realizzazione di una centrale sulla costa
della Tunisia sia l’interconnessione con le coste siciliane.
E’ una delle pochissime società della Borsa ad aver non solo recuperato quanto
perso dopo il crollo del 2008, ma ad aver raggiunto una quotazione addirittura
superiore. Una corsa verso l’alto stoppata solo dalla Robin Hood Tax, l’aumento
delle aliquote volute dal governo Berlusconi nel 2011 - e confermato
dall’esecutivo Monti - che ha colpito le società dell’energia. Ma fino a un certo
punto, visto che dopo la presentazione dei conti del 2012, Terna “vede” ormai
riavvicinarsi i massimi raggiunti nel maggio del 2011 a quota 3,47 euro. Non
per nulla, il gruppo nato da uno spin off dell’Enel nel 2005, è uno dei titoli che
più piace agli analisti. Soprattutto per la sua capacità di ripagare gli investitori:
ecco spiegato perché Terna si è aggiudicata per il terzo anno consecutivo il
premio delle utility europee dall’americano Edison Electric Institute per il
miglior rendimento totale del titolo: nell’ultimo triennio, tra andamento di
Borsa e dividendo, gli azionisti hanno visto il loro investimento salire del 24%,
un livello più alto sia dei titoli di settore sia dell’indice italiano (nello stesso
periodo il Dj Stoxx ha perso il 10% e il Ftse Mib il 21%). Numeri che piacciono
al mercato: degli ultimi 22 report, 14 consigliano di acquistare il titolo, 6
suggeriscono di tenerlo in portafoglio e solo due pensano che sia da vendere.
Convincono i conti, ma soprattutto convince il modello impostato dall’AD
Flavio Cattaneo con il piano industriale 2017, che garantisce un payoutal
60% e dividendi in crescita. Ma quanto potrà crescere ancora la società e
garantire rendimenti così elevati? E cosa c’è nel futuro di Terna, dopo che avrà
completato il piano di investimenti al 2017 in cui verranno spesi oltre 4
miliardi. Serviranno per “sbottigliare” la rete e rendere più efficiente il sistema,
e per realizzare 300 milioni di batterie dove immagazzinare l’energia prodotto
dalle rinnovabili che altrimenti andrebbe sprecata. Terna è pronta a realizzarne
per 75 Mw, l’authorty ne ha autorizzati 51Mw. Così come sta già accadendo per
Snam, l’altra grande rete di proprietà pubblica tramite la Cassa Depositi
Prestiti, anche Terna dovrà uscire dai confini nazionali.
2. Come spiega l’AD Cattaneo: «Il futuro dell’energia italiana e di Terna sono
rivolti all’Europa e questa è una richiesta che arriva da tutto il sistema
nazionale e internazionale. Quando saranno realizzate maggiori
interconnessioni con il resto d’Europa, e solo quando l’energia in Italia costerà
meno, il Paese potrà diventare un esportatore strutturale di energia, molto più
di quanto non lo sia ora con un importante beneficio ai generatori italiani. Ad
esempio la Francia, avendo molta produzione nucleare, fatica di più
tecnicamente ad inseguire i picchi di freddo e l’energia dei cicli combinati
italiani potrebbe essere usata a supporto. Stessa cosa potrebbe avvenire per
motivi diversi in Germania. Del resto, l’Italia è già oggi esportatore nelle ore di
massima richiesta di energia».
Un progetto su cui Terna, di fatto, ha già cominciato a lavorare. Con due
cantieri: uno già partito, l’altro ancora molto di prospettiva. Nel primo caso, si
tratta del cavo che collegherà l’Italia al Montenegro, 415 chilometri, di cui 390
sottomarini per un costo di 800 milioni. Servirà sia per importare energia a
basso costo, vista l’alta componente di idroelettrico presente nel paese
balcanico, dove l’ex monopolista è controllato al 42 per cento dall’utility
lombarda A2a. Il secondo progetto si chiama, invece, Elmed e prevede sia la
realizzazione di una centrale sulla costa della Tunisia sia l’interconnessione con
le coste siciliane. Quando entrambe le opere saranno in esercizio, l’Italia potrà
replicare il ruolo che vuole giocare anche nel settore del gas: diventare una
sorta di hub del Mediterraneo per la trasmissione dell’energia elettrica,
ponendosi come ponte sia verso l’est Europeo, sia collegandosi ai vari progetti
delle rinnovabili che nasceranno in Africa. Una prospettiva per i prossimi anni,
s’intende.
Prioritario per Terna è realizzare le opere che ancora fanno della rete italiana
un sistema incompleto. A cominciare dalla priorità numero uno: il nuovo cavo
tra Sicilia e Calabria, denominato Sorgente-Rizziconi. Per un costo di 700
milioni, farà risparmiare al sistema 600 milioni all’anno, visto che ora la Sicilia
ha un prezzo dell’energia nettamente superiore al resto d’Italia, a causa
dell’arretratezza dei collegamenti. Con la differenza che viene pagata però da
tutti i consumatori italiani. Perché se un’accusa viene mossa a Terna, non è di
investire poco sulla rete. Anzi. Ma di non concentrarsi abbastanza sulle opere
strategiche. Per rassicurare gli operatori, l’Autorità per l’energia ha previsto un
tasso di remunerazione maggiorato del 2% «per accelerare la realizzazione di
interventi particolarmente rilevanti ». Mentre si lavora per la rete italiana,
però, nulla vieta, di lavorare all’espansione nel resto del continente. E anche su
questo Cattaneo sembra avere le idee chiare: «Non credo che Terna debba
crescere tramite acquisizioni in giro per l’Europa ma attraverso una crescita
organica. Credo che in futuro debba, innanzi tutto candidarsi a un ruolo
centrale nel “sistema Europa” sfruttando la posizione geografica naturale
dell’Italia, al centro del Mediterraneo. Come ponte da una parte verso i Balcani,
dall’altra verso il continente africano. Se, invece, guardiamo al progetto di
Bruxelles per la creazione di una rete europea, è chiaro che la spinta decisiva
non debba venire dalle società che gestiscono le reti, ma dai governi, che, tra
l’altro, in molti casi ne sono anche azionisti diretti o indiretti di riferimento».
FONTE: Repubblica