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COUNSELING AZIENDALE




                                   Counseling Aziendale, un’ipotesi di
                                  integrazione per l’aiuto relazionale ©




                                                                                    di ALFONSO TREZZA
Questo scritto è sottoposto alle leggi sul © copyright e sui Diritti d’autore (Codice Civile, art. 2576, Libro Quinto, Titolo IX), tutti i diritti sono riservati ed è vietato ogni utilizzo, riproduzione modifica ed
uso per fini commerciali, se non solo dopo espressa richiesta ed autorizzazione da parte dell’autore, ogni eventuale plagio verrà perseguito secondo quanto stabilito dalla legge.
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                                      INDICE


    INTRODUZIONE                                                               pag. 3
    CAP. 1 DEFINIZIONE DELLA FIGURA DEL COUNSELOR
             1.1 Counseling e counselor. Defizioni                             pag. 5
             1.2 Ambiti di applicazioni professionali                          pag. 6
             1.3 Ruolo del counselor in ambito aziendale                       pag. 8
             1.4 Una visione sul futuro                                        pag. 9


    CAP. 2 RELAZIONE TRA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E COUNSELOR
             2.1 La mission aziendale, il mantra, lo slogan e la figura degli
              Stakeholder                                               pag. 11
             2.2 Analisi della domanda: un modello teorico d’intervento nel
              counseling aziendale                                      pag. 13


    CAP. 3 TECNICHE         D’INTERVENTO DEL COUNSELOR PER IL MIGLIORA-
       MENTO DELLE RELAZIONI PROFESSIONALI
                   3.1 Osservazione e analisi dei bisogni                      pag. 15
                   3.2 L’ascolto attivo: comprendere le emozioni               pag. 15
                   3.3 L’empatia: la chiave del counseling                     pag. 16
                   3.4 Il problem solving                                      pag. 17
                   3.5 Il lavoro in team: collaborare e cooperare con gli altri verso
                    obiettivi comuni                                            pag. 19

    APPENDICE
            Casi pratici, come e su cosa un counselor aziendale può
              intervenire                                      pag. 21


    BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA                                                  pag. 24




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale            2
COUNSELING AZIENDALE


                  Introduzione


      Questo lavoro si propone di esaminare e riflettere sulla figura professionale del
Counselor in un ambito di applicazione specifico che è quello dell’organizzazione
aziendale.

       L’ambiente di lavoro è il contesto dove è evidente l’importanza di
un’intelligenza armonica di diverse capacità, non solo intellettive, ma anche e so-
prattutto emotive.

       Qui si vuole considerare l’importanza dell’identità professionale e personale
del Counselor e di come, tali caratteristiche possono essere impiegate al servizio del
cliente (azienda) che chiede l’intervento.

       Essendo il Counselor un professionista della comunicazione, che favorisce lo
sviluppo delle potenzialità del cliente per la soluzione di un problema che crea disa-
gio esistenziale e/o relazionale ad un individuo o gruppo di individui, per queste sue
peculiarità estrinseche quindi, spesso lo sbocco naturale dell’attività di counseling
quale forma di supporto, si ha soprattutto in ambito socio-sanitario, dove più facil-
mente e frequentemente si riscontrano situazioni in cui un utente fa una richiesta di
aiuto a seguito di problemi relazionali.

       L’ottica di questo lavoro, è invece quella di analizzare un ambito diverso di ap-
plicazione delle tecniche di supporto del counseling, quale quello delle organizza-
zioni aziendali, settore ancora poco considerato e poco esplorato. Poco considerato in
quanto sono relativamente pochi i professionisti che, soprattutto in Italia, si avvici-
nano a questo ambito per un approccio di counseling; poco esplorato poiché laddove
lo fanno è sostanzialmente se non esclusivamente per rivolgere l’attenzione verso
quelle che sono le relazioni intercorrenti tra i dipendenti e la società, quindi al settore
delle risorse umane. Nello specifico lo scopo del counseling aziendale propriamente
detto è quello di favorire lo sviluppo psico-emotivo della persona all'interno di un'or-
ganizzazione, di promuovere la comunicazione interna tra i diversi settori dell'azienda
e di agevolare le relazioni interpersonali verso la valorizzazione delle risorse umane.

       Questo tipo di relazione che definirei intra-aziendale (o comunicazione intra
moenia 1), in quanto rispetto al contesto lavorativo coinvolge solo soggetti interni
all’organizzazione, non tiene conto cioè di altre relazioni e quindi della possibilità di
intervento su altre criticità relazionali, in questo caso si può parlare di relazione extra-

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    Enciclopedia online Wikipedia,



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COUNSELING AZIENDALE


aziendale (o extra moenia 2) in quanto sono coinvolte persone interne alla società con
altre che ne sono fuori.

        Nelle comunicazioni extra moenia i soggetti coinvolti possono essere diversi e
coinvolgere tutte le aree operative dell’organizzazione, da quella delle risorse umane,
a quella commerciale, dal marketing, all’area amministrativa, da quella legale fino ai
vertici dell’organizzazione, quindi amministratore delegato e/o presidente. Ovvia-
mente non tutte queste aree sono presenti in tutte le organizzazioni modernamente
strutturate, sicuramente ognuna di esse laddove presente ha dei contatti con l’esterno,
che è invece rappresentato da tutti quei soggetti, gli Stakeholder 3 i cosiddetti “porta-
tori di interessi” (dall’inglese “to hold a stake” possedere o portare un interesse, un
titolo, inteso quasi nel senso di un “diritto”) cioè tutti quelli che hanno interesse verso
una specifica attività economica sia che si tratti di un’azienda che di un singolo
progetto, tra essi troviamo: i clienti, i fornitori, i finanziatori (azionisti), le banche,
collaboratori e gruppi di interesse esterni o locali anche con riferimento alla Mission
che l’organizzazione si è data e che è nota agli Stakeholder.

       Mediante l’analisi consulenziale, l’obiettivo dovrebbe corrispondere al
miglioramento e potenziamento delle relazioni, oltre che a favorire un’alleanza di
lavoro tra l’organizzazione aziendale e gli Stakeholder; obiettivo raggiungibile
attraverso l’utilizzo di tecniche centrate sull’analisi della domanda, della
comunicazione efficace, dell’ascolto attivo, dell’empatia e del problem solving.

       Gli effetti dell’attuazione degli obiettivi di intervento del counseling rispetto a
questo inesplorato ambito all’interno delle organizzazioni aziendali sono di due tipi:
il primo è dato da migliori e più corrette relazioni (breve termine) da cui consegue il
secondo con miglioramenti di tipo commerciale ed economico (lungo termine) che
rappresentano in definitiva il fulcro principale per ogni organizzazione che vuole
vivere piuttosto che sopravvivere.




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    Enciclopedia online Wikipedia
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    Enciclopedia online Wikipedia



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                4
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CAP. 1       Definizione della figura del counselor


            1.1 Counseling e counselor. Definizioni

      Il counselor è un professionista in grado di utilizzare, in modo efficace, le
tecniche di colloquio come strumento per agevolare la comunicazione, la riflessione,
la consapevolezza e infine, il cambiamento, che rappresenta l’obiettivo finale di una
consulenza per affrontare e risolvere i problemi e/o le difficoltà di diversa natura.

       In senso lato, dunque, il counseling come intervento di aiuto, di là del contesto
applicativo, aiuta il soggetto/cliente, a riflettere in “modo nuovo” sulle sue difficoltà,
ad esprimere autenticamente se stesso, a immaginare e sviluppare soluzioni efficaci e
problemi esistenti. In particolare, l’intervento di un counselor avviene innanzitutto
mediante la costruzione di una relazione della coppia counselor – cliente basata su
qualità di accoglienza umana oltre che professionale, di ascolto attivo, di
comprensione empatica, di fiducia.

       Una caratteristica peculiare della figura professionale del counselor è legata al
tipo di intervento che esso è chiamato a svolgere. Sia in ambito socio-sanitario, sia in
ambito economico, l’ottica degli interventi di counseling è direzionata sulla
promozione della salute e il benessere della persona; sulla messa a fuoco delle
difficoltà e dei problemi con l’obiettivo di fronteggiarli e risolverli piuttosto che
verso la cura.

       La prerogativa della consulenza è fondata, infatti, su una visione positiva
dell’individuo, famiglia e società in cui la risoluzione dei conflitti, dei problemi o
della “crisi” passa attraverso l’incontro del counselor e il cliente, che creano insieme
una relazione capace di promuovere il cambiamento mediante l’utilizzo delle risorse
a disposizione.

      La definizione di counseling, tuttavia, non è così semplice e questo per diverse
ragioni.

       La prima considerazione è che un’unica tipologia d’intervento è un insieme di
interventi complessi e diversi fra loro perché “dipendenti” dal tipo di formazione e
orientamento teorico utilizzato dal counselor; dalle persone coinvolte nelle relazione
e quindi dalle caratteristiche personali oltre che professionali del counselor e del
cliente; dal problema che viene riferito; dagli obiettivi che si intende mirare, dunque,
dalla durata dell’intervento e dai risultati che si attendono.



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale               5
COUNSELING AZIENDALE


      La seconda considerazione riguardo la complessità del counselling è relativa
alla difficoltà che spesso s’incontra nel cercare una linea di demarcazione fra il
counseling e le altre forme di relazione di aiuto nell’ambito psicologico.

       Un dibattito attivo in Italia ed evidenziato da alcuni autori specialisti nel
settore, è in relazione al fatto che se il counseling sia soltanto una forma particolare e
specialistica di relazione di aiuto, oppure, se si può considerare il counseling come
una delle possibili forme di aiuto fra molte altre.

    Le implicazioni che ne derivano sono evidenti poiché richiamano l’attenzione alla
legittimità di essere counselor. In altri termini, se il counseling non ha le
caratteristiche proprie di un intervento psicologico, non richiede neanche competenze
e titoli particolari a riguardo.



              1.2 Ambiti di applicazioni professionali

      Considerata la riflessione sulla definizione di counseling e della complessità
che vi è intorno a questa descrizione, può essere utile approfondire sommariamente i
diversi termini e sinonimi del concetto di counseling con l’obiettivo di comprendere
anche i diversi ambiti di applicazione della professione.
TAB. 1 DEFINIZIONI DI COUNSELING
 DEFINIZIONI                                        CATEGORIE DI INTERVENTO
 Befriending: simpatia di tipo amichevole.          È un intervento che ha l’obiettivo di esprimere
                                                    solidarietà amicale ma senza il supporto di una
                                                    competenza e consapevolezza comunicativa.
                                                    L’intervento prevede che il counselor sia un
                                                    amico nei confronti di soggetti isolati, offrendo
                                                    sostegno di tipo pratico.
 Advice: suggerimenti.                              È un intervento che ha l’obiettivo di offrire
                                                    informazioni ma anche i suggerimenti su come
                                                    usare le stesse. Gli interventi sull’advice sono
                                                    consultazioni brevi finalizzati ad offrire supporto
                                                    mediante i consigli.
 Guidance: orientamento, guida.                     È un intervento che implica la costituzione di una
                                                    relazione che ha lo scopo di offrire orientamento
                                                    e quindi, informazioni circa il problema. Gli
                                                    interventi prevedono una serie lunga di
                                                    consultazioni con l’obiettivo di esplorare i
                                                    diversi aspetti del problema.
 Counselling skills: modelli, tipi di counseling.   Si fa riferimento alle competenze e abilità
                                                    comunicative e relazionali tipiche del counseling,
                                                    qualora siano utilizzate al di fuori dell’intervento
                                                    di counselling vero e proprio.
 Counseling professionale                           È l’intervento di counseling vero e proprio; è una



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COUNSELING AZIENDALE


                                                       forma di aiuto specializzato, che si avvale di un
                                                       setting specifico e che è finalizzato ad offrire
                                                       tempo, attenzione e rispetto al cliente.


       Le varie differenziazioni sui termini utilizzati per descrivere il counselling e
specificarne anche l’intervento, sono da attribuire ad una difficoltà, spesso manifesta,
di rispettare l’esatta etimologia della parola.

       Unanimemente si concorda sul fatto che sia il significato etimologico che la
traduzione dall’inglese riconducibile al termine counseling sono problematici, e
spesso in maniera errata viene attribuito al counseling la spiegazione del “dare
consigli”. In effetti il termine counseling 4 (o anche counselling dall’inglese
britannico) indica un'attività professionale che tende ad orientare, sostenere e
sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi
e stimolando le capacità di scelta. Esso deriva dall’inglese to counsel 5 che a sua volta
risale dal verbo latino consulo-ěre che è tradotto in "consolare", "confortare", "venire
in aiuto".

        Pertanto la traduzione in italiano del termine in “consulenza” è controversa, in
quanto anche consulting ha il medesimo significato. E allo stesso tempo è
problematica la stessa traduzione in “consiglio”, in quanto secondo Pagani (1998) 6
«[...] uno degli elementi distintivi del counseling rispetto alla situazione del consiglio
è che, nel primo caso, la relazione si svolge con un esperto ed è finalizzata alla
ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche, nel secondo caso,
invece, la relazione è paritaria e consiste nel suggerire [...]»

       Se si integrano l’etimologia con la traduzione, si può notare, in modo più
chiaro, che il counseling può riguardare un’area specifica d’intervento che è quello
dell’aiuto, della cura di un’altra persona in senso psicologico; può riguardare anche
un intervento aspecifico connesso alla facilitazione della comunicazione e del
problem solving per migliorare la prestazione lavorativa fornita al cliente.

       In questo senso, esistono varie possibilità di applicazione che vanno dal
counseling in ambito sanitario dove la consulenza trova applicazione in diverse
situazioni complesse in cui è importante il coinvolgimento del paziente nel processo
di cura (es. infezione HIV; oncologia ecc.). l’intervento può essere sia di tipo
preventivo (educare il paziente, informare il paziente ecc.) sia di tipo supportivo.


4
  Enciclopedia online Wikipedia
5
  The Concise Oxford Dictionary of English Etymology
6
  Enciclopedia online Wikipedia



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                             7
COUNSELING AZIENDALE


       Un’altra possibile applicazione è il counseling in ambito sociale come
intervento preventivo, supportivo in situazioni di disagio personale e/o sociale: per
esempio nella famiglia, nella coppia in tutte le fasi del ciclo di vita. E ancora, c’è il
counseling in ambito scolastico che utilizza i principi di facilitazione della
comunicazione per operare interventi finalizzati a migliorare i processi di
insegnamento e apprendimento.

       Infine, esiste il counseling aziendale che è diffuso in modo particolare negli
Stati Uniti e in Gran Bretagna e che è connesso ad una concezione del mondo del
lavoro e dell’azienda in cui trova spazio lo sviluppo dei servizi, interni ed esterni
all’azienda, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita lavorativa dei soggetti e
della loro produttività all’interno dell’organizzazione stessa.



            1.3 Ruolo del counselor in ambito aziendale

       In ambito aziendale esiste una forma specialistica di counseling che consiste
nell’offerta di un servizio interno o esterno all’azienda che prevede uno spazio di
ascolto ai dipendenti che hanno un problema correlato al lavoro svolto oppure di
natura personale.

      L’obiettivo primario di questo tipo di intervento è quello di dare aiuto al
personale dell’azienda e di migliorare gli interessi della società.

       L’epoca che attraversiamo caratterizzata da ipercompetitività, auto-alimentata
dagli scenari di incertezza e di rapido cambiamento socio-economico, l’innovazione
tecnologica e la globalizzazione, hanno generato l’humus, la predisposizione,
all’interno degli ambienti di lavoro, affinché proliferino e si diffondono
problematicità nelle persone e nelle relazioni tra pari.

        Alla luce di questi contesti infatti le aziende sono costrette ad avviare azioni di
ristrutturazione e riorganizzazione, spesso di ripensare il business. Le conseguenze di
questo operato ovviamente si ripercuotono sugli individui che operano all’interno,
che sono sottoposti a maggiori pressioni a fronte di minori certezze.

       E’ a questo punto che può intervenire il counseling, avendo come finalità
quella di promuovere il benessere dei dipendenti, individuando e affrontando i loro
conflitti, dando supporto affettivo a risolvere i problemi specifici di tipo relazionale
fra colleghi e nell’organico (gerarchico) della società.




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                8
COUNSELING AZIENDALE


      Pier Luigi Celli in una intervista a proposito del benessere nelle
organizzazioni 7, alla domanda su quale fosse la caratteristica che distingue aziende
sane da aziende malate rispose «[…] la stessa che distingue le persone: la posizione.
La persona malata è distesa, gli manca la prospettiva. La persona sana ha una
posizione eretta, può guardarsi intorno, ha un orizzonte, una visione. Molte aziende
si ammalano perché impediscono a se stesse di avere uno sguardo verso il futuro, di
osservare la realtà circostante, di porsi così in un atteggiamento etico, responsabile,
capace di immaginarsi, di progettarsi. Possiamo veramente cambiare la realtà delle
cose solo cambiando il modo in cui guardiamo le cose intorno a noi [...]».

       Il processo cui si intende dare inizio è quello dell’empowerment proprio per
potenziare le risorse interne all’azienda e facilitare le relazioni con l’esterno
all’azienda stessa.

       Esiste poi il bilancio delle competenze, intervento che fa riferimento ad un tipo
di consulenza di orientamento corrispondente all’area di gestione delle risorse umane,
in particolare, delle problematiche di inserimento e reinserimento professionale.



                  1.4 Una visione sul futuro

      Nel contesto del counseling aziendale come è stato accennato, manca al
momento quella capacità da parte dei professionisti della materia di andare oltre, di
spingere in la lo sguardo, per individuare delle integrazioni a quello che è il
counseling aziendale oggi.

        Probabilmente questo deriva dal fatto che il counseling è una attività nata e
sviluppatasi esclusivamente in ambito psico-sanitario, infatti questo termine è usato
per la prima volta nel 1951 da Carl R. Rogers 8, per indicare una relazione nella quale
il cliente è assistito nelle proprie difficoltà senza rinunciare alla libertà di scelta e alla
propria responsabilità. Da quel momento Rogers diventa uno dei massimi esperti
mondiali della materia, e il suo modello la “Cliented Centred Therapy” diventa il
riferimento di quasi tutte le scuole di Counseling, la cui gestione e docenza è
prevalentemente affidata a professionisti presi in prestito dalla psicologia oltre che
dal mondo medico.

       Quindi tutte le teorie fiorite intorno a questa professione, base per le attività
pratiche, sono esclusiva emanazione del mondo psico-sanitario, che se da una parte

7
    Eccellere Business Community
8
    Enciclopedia online Wikipedia



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                   9
COUNSELING AZIENDALE


ha avuto il merito di porre l’individuo (dipendente) come soggetto, al centro
dell’azione di counseling, dall’altra però non ha avuto la lungimiranza di capire che
quegli stessi soggetti attivi, in quanto generatori di problematiche, verso alcuni
dipendenti all’interno delle organizzazioni, si potevano trovare in una posizione
passiva, e quindi portatori a loro volta di problemi, nel momento in cui la relazione
usciva dall’alveo societario per spostarsi all’esterno.

       Non di rado infatti, le relazioni con soggetti esterni all’organizzazione,
comunicazione extra-moenia, possono creare delle problematiche che solo
apparentemente sembrano riguardare chi stiamo rappresentando (organizzazione), ma
che nella realtà possono riguardare anche le persone, che spesso sono toccate nella
sfera più intima della propria psiche, andando sovente a minare la propria autostima,
piuttosto che generare sensi di impotenza o frustrazione.

       Sono casi esemplificativi in tal senso, gli insuccessi negoziali per l’area
commerciale, piuttosto che la difficoltà ad individuare buoni candidati per le risorse
umane, o i problemi che può incontrare l’ufficio legale nel disbrigo di controversie
legali. In tutti questi casi le persone sono lasciate sole dall’organizzazione, che vede
solo l’insuccesso di una relazione potenzialmente vantaggiosa, ma non le
conseguenze che esso può avere sul proprio dipendente, rispetto al suo vissuto
emotivo che anzi, può diventare ancora più critico se l’organizzazione come
conseguenza dell’insuccesso sottopone il soggetto a pressioni e sollecitazioni
maggiori.

       Ecco quindi che un intervento di counseling su tali soggetti, o meglio ancora
sulle relazione extra-moenia che attivano, può essere risolutore di problematiche che
viceversa si potrebbero trasporre poi nella vita quotidiana delle persone, minandone il
benessere psico-fisico.




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale             10
COUNSELING AZIENDALE


CAP. 2         Relazione tra organizzazione aziendale e counselor
                                              «Non si può cogliere un fiore senza disturbare una stella» G.Bateson



       2.1 La mission aziendale, il mantra, lo slogan e la figura degli Stakeholder

       La "mission" è una dichiarazione di intenti con cui un organizzazione enuncia
l'insieme dei principi ispiratori (valori) e degli obiettivi, che orienteranno la strategia
della stessa. Un'organizzazione deve avere una chiara "mission" che garantisca:

• un'identificazione da parte dei collaboratori interni dello scopo ultimo
  dell'organizzazione,

• una spiegazione chiara all'esterno per clienti, fornitori e tutti quei portatori di
  interessi (Stakeholder) dei valori con cui opera l'organizzazione.

Ne deriva quindi che la mission deve rispondere alle seguenti domande:
 - di che cosa si occupa l’organizzazione?
 - che cosa si sta cercando di raggiungere?
 - a chi sono rivolti prodotti e/o servizi?
 - qual è l’area geografica di attività?
 - qual è l’area di riferimento?

e deve essere perciò:
 - chiara, non generica
 - definita, non troppo ampia
 - attraente
 - condivisa da ogni membro dell'organizzazione


Di seguito troviamo un esempio di Mission per un organizzazione che opera in
ambito sociale.
       La rapida e continua trasformazione della realtà sociale, può essere causa di difficoltà
  relazionali, questo è lo stimolo per essere sempre accanto e supportare, tutte quelle persone, che
   per motivi culturali, razziali, economici e di disabilità, potrebbero vivere una vita di sofferenza
                                                affettiva.


      Strettamente connessi alla mission, sono il mantra e lo slogan, il primo si
rivolge ai dipendenti (soggetti interni) ed esprime una direttività di azione per il
raggiungimento degli obiettivi organizzativi della mission;

     Il limite principale di quasi tutte le mission è che, nelle attese di tutti, la loro
formulazione dovrebbe essere enfatica e onnicomprensiva. Spesso però quello che



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                                       11
COUNSELING AZIENDALE


viene fuori è solo un espressione lunga, ai più noiosa, scontata e a volte anche priva
di senso, il cui senso risulta alla fine di difficile memorizzazione.

       Quello che invece ha un impatto più immediato sia come ricordo, che come
efficacia soprattutto grazie alla sua brevità è appunto il mantra, la cui definizione è
così riassunta:

       «Una formula rituale ripetuta nella preghiera, nella meditazione o
nell’incantesimo, come l’invocazione di una divinità, un rito magico, una frase o una
parte di un testo sacro che contiene potenzialità mistiche» 9.

     Quante mission sapranno evocare mai una forza e un’ emozione simili? Un
esempio di mantra che si riferisca alla mission precedente, potrebbe essere:
                                                Aiutare i sofferenti

       Lo slogan invece, è rivolto agli Stakeholder (soggetti esterni), ed è una
direttività d’azione su cosa fare o come “usare” il servizio implicito nella mission.
Rispetto alla mission precedente potremmo avere:
                                                 Agevolate l’aiuto

       Per quanto concerne gli Stakeholder, di cui, nella parte introduttiva si è chiarito
chi sono e perché esiste una relazione con l’organizzazione, questi possono essere
costituiti o da persone fisiche o organizzazioni o gruppi di persone, e i cui
atteggiamenti, opinioni, decisioni o comportamenti, possono favorire o ostacolare il
raggiungimento di uno specifico obiettivo dell’organizzazione, che il più delle volte è
insito nella mission.

       Esempi in tal senso possono essere: una banca che rende difficoltoso o nega
l’accesso a finanziamenti, gli azionisti che non votano una delibera societaria, un
gruppo di pressione quale il sindacato o un associazione di consumatori che con la
loro attività impediscono l’attuazioni di strategie non ritenute utili alla collettività, e
così via.

       Un counselor che volesse operare quindi, con una organizzazione aziendale,
dovrebbe innanzitutto cercare di conoscere la mission della stessa e chi sono gli
Stakeholder di riferimento, solo così potrebbe supportarla nell’individuazione degli
strumenti più idonei affinché le relazioni e le comunicazioni strategiche verso
l’esterno siano non solo finalizzate a creare o rafforzare i rapporti dell’organizzazione
aziendale con i suoi interlocutori, ma anche a preservare, anticipando le possibili

9
    The American Heritage Dictionary of the English Language



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                12
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problematicità, il benessere psico-fisico dei propri dipendenti che si relazionano per
suo conto con l’esterno.



            2.2 Analisi della domanda: un modello teorico d’intervento nel
             counseling aziendale

      Il primo passo importante, prima di descrivere l’intervento del counselor
aziendale, è quello di chiarire il concetto di analisi della domanda.

       L'analisi della domanda consiste nell'indagare le aspettative del cliente in
merito alla richiesta di aiuto, la sua motivazione (intrinseca-estrinseca), le dinamiche
di un eventuale invio (fatto da chi? perché?), le sue fantasie sul counselor (mago che
risolve con bacchetta magica o qualcuno che ti può aiutare nella risoluzione di un
problema?), perché chiede aiuto e perché proprio ora, cos'ha fatto prima per tentare di
risolvere la problematica ed eventualmente com'è andata, per poi passare ad
approfondire le dinamiche, la durata e le circostanze di insorgenza del disagio,
magari una situazione familiare-relazionale-lavorativa, ecc...

      Quando un professionista si trova di fronte ad una formulazione di richiesta di
aiuto (sia in ambito psicologico, d’assistenza, prevenzione, counseling ecc.) le
possibilità per un primo intervento sono:

   - Fornire una risposta tecnica alla richiesta esplicita;
   - Fornire una risposta alla richiesta implicita;
   - Fornire una risposta tecnica focalizzata sulla domanda.

       Quest’ultima possibilità è l’analisi della domanda. Nei primi due casi la
risposta del professionista non coglie la complessità del problema perché il conflitto,
la situazione di crisi è vista e affrontata come se fosse sganciata, indipendente dalla
figura del professionista che invece entra a tutti gli effetti nel sistema relazionale del
cliente; non fosse altro che il professionista è all’interno del contesto dove la
domanda viene espressa e che quest’ultimo è chiamato con il suo modo di
relazionarsi ad ascoltare, per risolverlo il problema. (Carli, Paniccia, 2003)

       Per poter realizzare un intervento efficace (Cordella, 2003) in ambito di analisi
della domanda il professionista deve:

   - Partecipare attivamente a fatti, situazioni ed eventi;
   - Concordare l’obiettivo per orientare lo sviluppo dell’evento desiderato;
   - Individuare il mezzo attraverso un’azione scelta per conseguire l’obiettivo.



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale               13
COUNSELING AZIENDALE


       È evidente, quindi, che l’azione è soltanto l’ultima delle attività necessaria per
realizzare l’intervento, è a questo proposito che si parla di sospensione del giudizio
per mettersi pienamente in ascolto di quanto il nostro interlocutore ha da dire.

       Quest’ultimo invece si configura come un processo scomponibile in più fasi.
Le fasi che si possono individuare sono racchiuse in un continuum che va
dall’accoglienza iniziale della domanda alla verifica finale dei risultati passando
attraverso l’analisi del problema, la progettazione dell’intervento, il contratto, la
programmazione e la messa in atto dell’intervento vero e proprio.

      L’analisi del problema si attua, ovviamente, ascoltando quanto la
persona/organizzazione dice ma anche raccogliendo una serie di dati che permettano
di conoscere la storia del soggetto e cogliendo gli eventuali collegamenti tra il
contesto e il problema così da reinterpretarle.

      In questa fase è importante saper accogliere empaticamente la persona/cliente
che porta il problema, ascoltarlo attivamente per cercare di costruire un’alleanza di
lavoro. Fatta questa premessa vediamo le modalità di analizzare la domanda di un
counselor nel contesto aziendale.

       Come già accennato in precedenza (paragrafo 1.3) il momento storico attuale è
costellato da rapidi cambiamenti che rischiano, a volte, di compromettere o
addirittura snaturare le relazioni interpersonali dando luogo a problemi di tipo
personale che inseriti in un contesto più allargato inclinano la natura delle relazioni
con l’altro.

      Il counselor che interviene in ambito aziendale è chiamato a promuovere il
benessere di quell’organizzazione e di favorire quindi l’empowerment della stessa.

        A livello di analisi della domanda il counselor deve tenere conto di tutti questi
aspetti e, in prima istanza, deve sospendere qualsiasi piano d’intervento (l’azione) per
riflettere e far riflettere su ipotesi di cambiamento adeguate dell’organizzazione
basandosi in prima istanza anche dei vissuti emotivi inconsci del cliente.




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale              14
COUNSELING AZIENDALE


CAP.3        Tecniche d’intervento del counselor per il miglioramento
             delle relazioni professionali
                                        «Le cose non cambiano, siamo noi che cambiamo». H.D. Thoreau



            3.1 Osservazione e analisi dei bisogni

       Questo capitolo è dedicato alla metodologia e tecnica d’intervento. Nello
specifico si tenterà di analizzare il modo d’intervenire in counseling aziendale.

      Il primo step che un counselor deve tenere a mente nel processo di intervento è
quello inerente l’osservazione. In questa categoria si collocano tutte le verbalizzazioni
con cui si puntualizza un comportamento, un commento, un’emozione espressa dalla
persona.

      Un intervento efficace è dato innanzitutto dalla capacità del professionista di
saper accogliere la domanda del cliente con un atteggiamento caldo e accogliente in
grado di facilitare un ambiente di fiducia e uno spazio dove poter osservare e
analizzare i bisogni che emergono nella esplicitazione del problema.

      Osservare è complesso, soprattutto durante un colloquio di counseling perché
questa azione implica un atteggiamento del counselor, da un lato attento, accogliente,
supportivo e in ascolto in relazione al cliente; d’altro canto l’osservare racchiude
anche la capacità del counselor di avere un “terzo occhio” in relazione al cliente, nei
confronti del cliente e nei riguardi di se stesso.



            3.2 L’ascolto attivo: comprendere le emozioni
                                                   «Come mai chi ha qualcosa da dire non riesce a dirla,
                                          mentre chi non ha niente da dire continua a parlare?» Anonimo


       L’ascolto presuppone un atteggiamento di fiducia, un «essere nella relazione,
ma essere anche contemporaneamente in ascolto di se stessi». In sostanza si può
affermare che non si ascolta l’altro e la sua storia, ma si ascolta se stessi mentre ci si
sente risuonare nella storia dell’altro.

       L’ascolto dunque, forse, è nella relazione che unisce la coppia counselor-
cliente. Per questo motivo, in tale contesto, si parla di ascolto attivo nel senso che
esso è costituito da una serie di verbalizzazioni con cui si restituisce al proprio
interlocutore il messaggio che questi ha emesso, eventualmente arricchendolo con le




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emozioni e gli effetti impliciti: il fine è, da un lato, segnalare la propria attenzione,
dall’altro, ricevere conferma circa la propria comprensione del messaggio.

       A livello della metodologia, della tecnica si può dire, per esempio che l’ascolto
attivo riguarda l’atteggiamento clinico del saper ascoltare attentamente ciò che viene
detto sia a livello verbale, sia a livello non verbale (attraverso la postura, lo sguardo,
il gesticolare ecc.); Fare domande di chiarimento che sono “domande aperte” poiché
prevedono la possibilità di avere qualunque risposta e input per comunicare quanto è
più possibile ed esplorare al meglio la natura implicita del problema e favorire,
dunque, l’analisi della domanda.

       A conclusione del colloquio di consulenza che si configura lungo un
continuum di tre fasi (apertura, intermedia e finale per conoscere, esplorare e
approfondire le tematiche emerse) il counselor sintetizzerà ciò che ritiene l’altro
abbia detto e chiederà conferma con l’obiettivo di essere certi di aver com-preso ciò
che si è comunicato.

       L’ascolto attivo prevede una sorta di danza, un movimento tra i due
interlocutori, fatto di trasmissione di contenuti verbali, non verbali, passaggio di
energia ed emozioni. Ascoltare attivamente l’altro è la possibilità che il professionista
si metta, innanzitutto in ascolto di se stesso, cioè di tutte quelle emozioni, fantasie che
vengono suscitate dalla comunicazione del cliente. Questo consente la realizzazione
di una relazione empatica della coppia counselor-cliente e, presumibilmente a livello
cognitivo consente una maggiore conoscenza dell’altro; dal punto di vista emotivo
permette la comprensione e la costruzione di un’alleanza di lavoro preziosa per
progettare e pianificare gli interventi.

      A volte l’utente, infatti, pone al proprio interlocutore una domanda importante:
“Che cosa farebbe al mio posto?”.

       È evidente che non si tratta di una domanda di concetto: la persona non
desidera un’informazione, desidera ricevere condivisione, ascolto, supporto in
relazione al problema che sta vivendo.



            3.3 L’empatia: la chiave del counseling

      L’empatia spesso è considerata come un grimaldello in grado di aprire le porte
più segrete della persona. Essa è definita la capacità di cogliere e comprendere
l’esperienza soggettiva del cliente, mettendosi nei suoi panni, guardando le cose dal



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COUNSELING AZIENDALE


suo punto di vista. Ovviamente non si parla di identificazione, o di simpatizzare con
l’altro.

      Il professionista counselor non deve perdere la consapevolezza della propria
individualità personale e professionale. Deve comunque rimanere il più obiettivo
possibile nell’ascoltare il cliente pur adoperando quella sensibilità che caratterizza il
counseling.

   Dal punto di vista dell’intervento specifico, che in questa sede si sta trattando,
diventa importante fare una distinzione. In generale, ascoltare attivamente il cliente
con empatia vuol dire ascoltare in modo sincero, partecipato.

    Nel caso del counseling aziendale le cose non cambiano a parte aggiungere un
ascolto tecnico non per ovviare all’analisi della domanda e quindi raggiungere in
fretta gli obiettivi ma per considerare anche l’ascolto tecnico che in questo caso è
riferito al “terzo orecchio”, quello in ascolto della parte specializzata in economia e
marketing.

   La distinzione è necessaria perché in questo settore dedicarsi solo ai principi
fondamentali dell’ascolto e della relazione può rivelarsi uno “spostamento”
(meccanismo difensivo) dal contesto specifico. Arrivare alle emozioni, alle relazioni
affettive, oltreché di business è complesso e richiede una gradualità d’intervento in
questa direzione.

   Esplorare il backstage di un’organizzazione aziendale analizzando la domanda
posta dal cliente è un lavoro delicato, importante ma che implica la sospensione di
qualunque azione intanto del professionista e poi del cliente. L’ascolto attivo,
l’empatia e dunque l’alleanza di lavoro sono fondamentali proprio per costruire
insieme al cliente la fiducia necessaria per “entrare in azienda” a tutti gli effetti.



            3.4 Il problem solving

       In questo paragrafo si prenderà come riferimento teorico il modello di un
autore, Gerald Egan (2002), che ha proposto un tipo di intervento di aiuto molto
articolato definito “approccio all’aiuto basato sulla gestione dei problemi e sullo
sviluppo di opportunità”. Si tratta di un modello focalizzato sulla ricerca
sistematica di soluzioni realizzabili, per affrontare e risolvere i problemi del cliente.

       Secondo quest’ autore, tutti gli approcci e i modelli di counseling aiutano il
cliente a riflettere su quattro questioni principali.



Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale              17
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   1. Quali sono i problemi, le questioni, le preoccupazioni o le opportunità non
      analizzate sulle quali si può lavorare.

   2. Come la persona vorrebbe la sua vita e quali cambiamenti desidera per essere
      felice.

   3. Quali piani potrebbe condurre la persona dove vuole. Cosa e come può fare per
      raggiungere i suoi obiettivi.

   4. Come può la persona ottenere dei risultati. Come si può trasformare la
      pianificazione e la definizione di obiettivi in risultati e realizzazioni concrete.

       Queste quattro domande definiscono i tre steps logici del counseling e una fase
finale che solitamente è definita implementazione.

       Il primo step fa riferimento al tema dell’identificazione e all’elaborazione dei
problemi del cliente; il secondo alla definizione degli obiettivi da raggiungere; il
terzo riguarda la definizione di strategie e piani per raggiungere gli obiettivi. La fase
finale dell’implementazione è relativa all’azione delle strategie e dei piani di
cambiamento elaborati negli steps precedenti.

      Un aspetto importante di questo modello è che l’autore rileva che gli steps non
devono essere seguiti in modo rigido e sequenziale, ma affrontati in modo flessibile
ed in interazione con il cliente. D’altro canto questa è la filosofia dell’essere
counselor: la non direttività, l’empatia e il mettersi in relazione con il cliente per
analizzare il problema presuppongono un comportamento, da parte del professionista,
“umano”, professionale e supportivo nel rispetto dei “tempi” del cliente; tempi sia
oggettivi ma soprattutto soggettivi, interni alla persona che chiede un servizio di
counseling. La relazione di counseling, in altri termini è utile al cliente e “segue” i
suoi bisogni che hanno sempre la precedenza sull’applicazione del modello.

       La sequenza del lavoro ideale proposto da Egan di fatto, a volte può non essere
in linea con il modo di procedere del cliente e, quindi, il counselor deve accomodare
in modo flessibile l’intervento ai bisogni della persona, iniziando il lavoro da un
qualunque step del modello e procedendo poi nel modo più utile e funzionale al
cliente. Inoltre, nella pratica concreta i compiti di problem solving previsti dai diversi
steps difficilmente possono essere così distinti come previsto dal modello teorico.

      C’è da dire però che flessibilità non significa caos e casualità. Allo scopo di
costruire una relazione di aiuto efficace è necessario avere un focus su cui lavorare e
una direzione di come procedere. La relazione di counseling richiede una struttura
principale.


Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale               18
COUNSELING AZIENDALE


       Il modello teorico serve da mappa per permettere al counselor di sapere “dove
si trova” in un dato momento dell’intervento.

       Nel paragrafo che segue, sarà affrontato, brevemente, come lavorare nel
gruppo e con il gruppo, per essere più efficaci nel proprio intervento e ottenere
risultati condivisibili all’interno dell’azienda.



            3.5 Il lavoro in team: collaborare e cooperare con gli altri verso
             obiettivi comuni
                                   «Nessuno di noi è intelligente come tutti insieme» Proverbio giapponese



       Il lavoro in team è ciò che spesso le aziende si attendono per la maggiore
efficacia e produttività del gruppo di lavoro rispetto al singolo. Nonostante ciò non è
così scontato e facile programmare un intervento di counseling al fine di rendere
autosufficiente ed efficace un gruppo di persone che lavorano insieme.

       I motivi sono vari: perché prima di sensibilizzare un team di persone verso la
cooperazione, sarebbe opportuno incidere sulle relazioni interpersonali che ci sono tra
i vari membri; perché in caso di disaccordi, si devono potenziare le abilità di
negoziare, rispettando anche il desiderio soggettivo di ciascun membro del gruppo a
dare il proprio contributo.

       Da sempre, gli esseri umani sono giocatori di squadra: le nostre relazioni
sociali, caratterizzate, da una complessità unica, hanno rappresentato per noi un
vantaggio essenziale per la sopravvivenza.

       Parlando in termini evoluzionisti alcuni autori di questa materia ritengono che
il momento cruciale per la nascita delle competenze interpersonali sia stato quello in
cui i nostri antenati scesero dagli alberi per vivere nella savana: una condizione in cui
il coordinamento sociale nella caccia e/o nella raccolta dei frutti offrì numerosi
vantaggi.

       Questa concezione del ruolo fondamentale della cooperazione nell’evoluzione
fa parte di un dubbio circa il significato della famosa espressione “sopravvivenza del
più adatto”. In effetti, si è ampiamente visto che la conservazione della specie non si
misura in conformità a una migliore resistenza del soggetto, di una sua maggiore
forza e competitività, ma dipende dal successo riproduttivo, dipende in altri termini
da quanti figli sopravvivono a un individuo così da passarne i geni alle generazioni
future.



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COUNSELING AZIENDALE


       Questa breve disamina fa riflettere su un elemento chiave della sopravvivenza
che è fortemente legato alla collaborazione di gruppo.

       Diverse ricerche applicate hanno ampiamente dimostrato come gli individui
sembrano attratti da chi è cooperativo e amichevole come loro, come le esperienze
esistenti l’hanno formato (famiglia, scuola ecc.).

      Nell’attuale ambiente di lavoro, un dato di fatto fondamentale è che ciascun
individuo possiede solo una parte di tutte le informazioni o dell’expertise necessari
per svolgere un lavoro. In questi termini la rete, o il team di persone alle quali si può
rivolgere per ottenere informazioni, collaborazione, produttività è d’importanza
sempre più vitale. Mai come ai giorni nostri dipendiamo dalla mente del gruppo.

      Lavorare sui meccanismi della mente del gruppo in modo che essa possa
pensare e agire in modo brillante richiede intelligenza emotiva. Da soli, un intelletto
superbo e il talento tecnico non trasformano, migliorandoli, i membri straordinari di
un team.

       Un counselor aziendale per valutare e migliorare il team può intervenire intanto
verificando le capacità dei partecipanti di lavorare in gruppo. Lo scenario consente di
classificare ciascuno in base alle scelte individuali, confrontandole poi con quelle
compiute dal gruppo collettivamente.

      Una strategia d’intervento del counselor per corroborare le competenze degli
individui migliori per il coordinamento aziendale può essere riassunta in alcune
capacità individuali:

    Capacità di stringere legami e alimentare relazioni utili;
    Capacità a collaborare e cooperare con gli altri per il conseguimento degli
     obiettivi comuni;
    Capacità di fare gruppo, ossia saper creare sinergie nel lavorare al
     raggiungimento degli obiettivi del gruppo.

Per quanto riguarda le competenze emotive è importante:

    L’empatia o capacità di comprensione interpersonale;
    La cooperazione e la capacità di unificare gli sforzi;
    La comunicazione aperta, la capacità di stabilire norme e aspettative esplicite e
     di affrontare i membri del gruppo con uno scarso rendimento;
    La spinta a migliorare; il team deve prestare attenzione al feedback sulla
     propria attenzione , cercando di fare meglio;



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COUNSELING AZIENDALE


    L’autoconsapevolezza, nella forma di una valutazione delle proprie risorse e
     dei propri limiti come gruppo;
    L’iniziativa a un atteggiamento previdente nella risoluzione di problemi;
    La fiducia in se stessi come team;
    La flessibilità nel modo di affrontare i compiti collettivi;
    La consapevolezza dell’organizzazione;
    La costruzione di legami con altri team.

      Per concludere, si vuole sottolineare l’importanza, nel counseling aziendale, di
poter utilizzare anche i gruppi per raggiungere il benessere dei singoli, visto che le
organizzazioni di successo si basano sul lavoro di squadra.




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale           21
COUNSELING AZIENDALE


                  Appendice


                  Casi pratici, su cosa e come un counselor aziendale può intervenire

      Di seguito vengono riportati due esempi, di come agendo su determinate leve
un counselor potrebbe grazie alle sue competenze professionali, aiutare a risolvere
dei conflitti o addirittura ad anticiparne la nascita.

       Nel primo che trae spunto da un articolo 10 relativo ad una intervista al direttore
RU di Elica SpA (Fabriano) dott. Marco Scippa, si può notare come l’azienda
utilizzando alcuni metodi descritti nei paragrafi precedenti, riesca nel duplice intento
di far raggiungere ai dipendenti uno stato di benessere psico-fisico e allo stesso tempo
arrivare lei stessa verso vette di eccellenza.

       Nel secondo invece, tratto da una intervista a Franco D’Egidio11 (uno dei più
affermati consulenti di management in Italia) vengono esaminate le relazioni tra
l’azienda e gli altri soggetti, sia interni (dipendenti) che esterni (stakeholder) e di
come un loro buono esito sia fondamentale per permettere all’organizzazione di
raggiungere i traguardi che si è prefissa.
            Elica: ascolto e attenzione alle persone per creare un ambiente di lavoro eccellente

           «[…] dott. Scippa come si fa per avere e costruire un ambiente di lavoro eccellente?

           Inizierei partendo dal luogo in cui è l’azienda perché penso che è molto importante. Elica è
           a Fabriano, rispetto alle città più grandi questo ha dei pro e anche dei contro. Fra i pro ci
           metto la qualità della vita e la tranquillità: un esempio semplice e al tempo stesso
           significativo, è il fatto che le persone possono andare a casa all’ora di pranzo. Questo
           influisce sul lavoro e sull’ambiente. -Contesto ed Empatia- […] abbiamo creato un “blog
           fisico”, un luogo in cui, gli ultimi giorni del mese, le persone che hanno un problema o
           vogliono parlare con il Presidente o con l’AD possono andare lì per incontrarli. Avere o
           creare un ambiente più “caldo”, più piccolo e che favorisce il contatto è dunque molto
           importante per migliorare l’ambiente di lavoro. -Analisi dei bisogni-

           Questo favorisce anche l’ascolto delle persone?

           […] Per fare marketing interno è fondamentalmente ascoltare le persone per cercare di
           capirle e capire quali possono essere le azioni che rendono l’ambiente di lavoro più vivibile.
           Non significa essere “buoni”, è un po’ come per la sicurezza, anche l’orientamento
           all’ascolto delle persone conviene più che il contrario. Non fare sicurezza non conviene,


10
     Eccellere Business Community
11
     L’Impresa n°7 - 2007



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COUNSELING AZIENDALE


      costa di più che farla. […] allo stesso tempo avere una persona contenta, che si sente
      apprezzata e ascoltata è un fatto di convenienza non solo di “altruismo”. -Ascolto-

      Un buon clima interno è importante anche nei momenti difficili?

      […] Si, in momenti come questo, è molto importante aver seminato bene. Noi abbiamo fatto
      mobilità ed abbiamo chiuso due stabilimenti, uno nel Nord Italia e uno a Fabriano ma non
      abbiamo avuto neanche mezz’ora di sciopero e le persone hanno prodotto fino all’ultimo
      giorno. Questo è successo perché siamo molto attenti al sociale, ci siamo adoperati perché
      tutta la gente fosse ricollocata. Abbiamo potuto fare questo perché la gente si sente trattata
      bene, ascoltata, le persone non sono dei numeri. -Buone relazioni con Stakeholder-

      Quanto conta l’allineamento con i valori aziendali?

      […] Posso dire che nell’ambito della selezione e della formazione l’attenzione ai valori ci
      sta premiando. Abbiamo 10 comandamenti, sono i nostri 10 valori e i nostri punti di
      partenza. Uno dei grandi temi della mia area lavorativa, di cui si parla molto in questo
      momento, sono i “talenti”. Ma chi sono questi talenti? Io sono dell’idea che non esiste il
      talento in assoluto ma esiste una persona che ha competenze e valori che collimano con
      quello che cerchiamo, con quello che cerca l’azienda.» -Identificazione con la Mission-



       Un mondo fatto di relazioni

      […] come si genera il valore? Nelle società post-industriali, il Capitale Intellettuale
      rappresenta la più grande fonte di creazione di valore di ogni organizzazione. […] le
      caratteristiche delle quattro componenti di base del Capitale Intellettuale sono: il Capitale
      Umano, costituito dalle persone che compongono l’organizzazione e che contribuiscono al
      suo successo attraverso le loro competenze e la loro motivazione; il Capitale di Relazioni
      Sociali, ossia l’insieme delle relazioni che i singoli individui mettono in atto per raggiungere
      l’effetto moltiplicatore che permette a ogni organizzazione di conseguire prestazioni di
      ordine superiore; il Capitale Strutturale, che rappresenta l’insieme delle strutture che
      costituiscono l’organizzazione vera e propria, i suoi sistemi, la sua vivacità intellettuale, la
      sua cultura e capacità innovativa; infine il Capitale Relazionale che rappresenta
      l’interazione e integrazione tra l’organizzazione e il suo ambiente, laddove vengono a crearsi
      tutti gli scambi, anche di tipo economico, che garantiscono la sopravvivenza dell’impresa
      […]




Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale                           23
COUNSELING AZIENDALE


           Bibliografia


      -     Robert Albert e Michael Emmons, Essere assertivi, Il Sole 24 ore, Milano, 2003

      -     Vincenzo Calvo, Il colloquio di counselling, Il Mulino, Bologna, 2007

      -     Rosario Di Sauro, Principi di psicologia clinica per l'operatore sanitario, ARACNE, Roma,
            2007

      -     Kathryn Geldard e David Geldard, Parlami ti ascolto, Erickson, Trento, 2006

      -     Daniel Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva, BUR, Milano, 1995

      -     Robert Heller, Tom Peters. Il grande profeta della rivoluzione del management, Il Sole 24
            Ore, Milano, 2001

      -     Terry F. Hoad, The Concise Oxford Dictionary of English Etymology, Oxford University Press,
            Oxford, 1986.

      -     Pier Luigi Pagani, I principi dell'incoraggiamento in Biagio Sanfilippo (a cura di) Itinerari
            adleriani. La psicologia del profondo incontra la vita sociale, Milano, FrancoAngeli, 1998




           Sitografia


      -     Eccellere Business Community, articolo con intervista a Pier Luigi Celli www.eccellere.com

      -     Eccellere Business Community, articolo con intervista a Direttore RU Elica
            www.eccellere.com

      -     L’Impresa, rivista italiana di management www.limpresaonline.net

      -     Wikipedia, l’enciclopedia libera on-line www.wikipedia.org




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Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale

  • 1. COUNSELING AZIENDALE Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale © di ALFONSO TREZZA Questo scritto è sottoposto alle leggi sul © copyright e sui Diritti d’autore (Codice Civile, art. 2576, Libro Quinto, Titolo IX), tutti i diritti sono riservati ed è vietato ogni utilizzo, riproduzione modifica ed uso per fini commerciali, se non solo dopo espressa richiesta ed autorizzazione da parte dell’autore, ogni eventuale plagio verrà perseguito secondo quanto stabilito dalla legge.
  • 2. COUNSELING AZIENDALE INDICE  INTRODUZIONE pag. 3  CAP. 1 DEFINIZIONE DELLA FIGURA DEL COUNSELOR  1.1 Counseling e counselor. Defizioni pag. 5  1.2 Ambiti di applicazioni professionali pag. 6  1.3 Ruolo del counselor in ambito aziendale pag. 8  1.4 Una visione sul futuro pag. 9  CAP. 2 RELAZIONE TRA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E COUNSELOR  2.1 La mission aziendale, il mantra, lo slogan e la figura degli Stakeholder pag. 11  2.2 Analisi della domanda: un modello teorico d’intervento nel counseling aziendale pag. 13  CAP. 3 TECNICHE D’INTERVENTO DEL COUNSELOR PER IL MIGLIORA- MENTO DELLE RELAZIONI PROFESSIONALI  3.1 Osservazione e analisi dei bisogni pag. 15  3.2 L’ascolto attivo: comprendere le emozioni pag. 15  3.3 L’empatia: la chiave del counseling pag. 16  3.4 Il problem solving pag. 17  3.5 Il lavoro in team: collaborare e cooperare con gli altri verso obiettivi comuni pag. 19  APPENDICE  Casi pratici, come e su cosa un counselor aziendale può intervenire pag. 21  BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA pag. 24 Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 2
  • 3. COUNSELING AZIENDALE  Introduzione Questo lavoro si propone di esaminare e riflettere sulla figura professionale del Counselor in un ambito di applicazione specifico che è quello dell’organizzazione aziendale. L’ambiente di lavoro è il contesto dove è evidente l’importanza di un’intelligenza armonica di diverse capacità, non solo intellettive, ma anche e so- prattutto emotive. Qui si vuole considerare l’importanza dell’identità professionale e personale del Counselor e di come, tali caratteristiche possono essere impiegate al servizio del cliente (azienda) che chiede l’intervento. Essendo il Counselor un professionista della comunicazione, che favorisce lo sviluppo delle potenzialità del cliente per la soluzione di un problema che crea disa- gio esistenziale e/o relazionale ad un individuo o gruppo di individui, per queste sue peculiarità estrinseche quindi, spesso lo sbocco naturale dell’attività di counseling quale forma di supporto, si ha soprattutto in ambito socio-sanitario, dove più facil- mente e frequentemente si riscontrano situazioni in cui un utente fa una richiesta di aiuto a seguito di problemi relazionali. L’ottica di questo lavoro, è invece quella di analizzare un ambito diverso di ap- plicazione delle tecniche di supporto del counseling, quale quello delle organizza- zioni aziendali, settore ancora poco considerato e poco esplorato. Poco considerato in quanto sono relativamente pochi i professionisti che, soprattutto in Italia, si avvici- nano a questo ambito per un approccio di counseling; poco esplorato poiché laddove lo fanno è sostanzialmente se non esclusivamente per rivolgere l’attenzione verso quelle che sono le relazioni intercorrenti tra i dipendenti e la società, quindi al settore delle risorse umane. Nello specifico lo scopo del counseling aziendale propriamente detto è quello di favorire lo sviluppo psico-emotivo della persona all'interno di un'or- ganizzazione, di promuovere la comunicazione interna tra i diversi settori dell'azienda e di agevolare le relazioni interpersonali verso la valorizzazione delle risorse umane. Questo tipo di relazione che definirei intra-aziendale (o comunicazione intra moenia 1), in quanto rispetto al contesto lavorativo coinvolge solo soggetti interni all’organizzazione, non tiene conto cioè di altre relazioni e quindi della possibilità di intervento su altre criticità relazionali, in questo caso si può parlare di relazione extra- 1 Enciclopedia online Wikipedia, Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 3
  • 4. COUNSELING AZIENDALE aziendale (o extra moenia 2) in quanto sono coinvolte persone interne alla società con altre che ne sono fuori. Nelle comunicazioni extra moenia i soggetti coinvolti possono essere diversi e coinvolgere tutte le aree operative dell’organizzazione, da quella delle risorse umane, a quella commerciale, dal marketing, all’area amministrativa, da quella legale fino ai vertici dell’organizzazione, quindi amministratore delegato e/o presidente. Ovvia- mente non tutte queste aree sono presenti in tutte le organizzazioni modernamente strutturate, sicuramente ognuna di esse laddove presente ha dei contatti con l’esterno, che è invece rappresentato da tutti quei soggetti, gli Stakeholder 3 i cosiddetti “porta- tori di interessi” (dall’inglese “to hold a stake” possedere o portare un interesse, un titolo, inteso quasi nel senso di un “diritto”) cioè tutti quelli che hanno interesse verso una specifica attività economica sia che si tratti di un’azienda che di un singolo progetto, tra essi troviamo: i clienti, i fornitori, i finanziatori (azionisti), le banche, collaboratori e gruppi di interesse esterni o locali anche con riferimento alla Mission che l’organizzazione si è data e che è nota agli Stakeholder. Mediante l’analisi consulenziale, l’obiettivo dovrebbe corrispondere al miglioramento e potenziamento delle relazioni, oltre che a favorire un’alleanza di lavoro tra l’organizzazione aziendale e gli Stakeholder; obiettivo raggiungibile attraverso l’utilizzo di tecniche centrate sull’analisi della domanda, della comunicazione efficace, dell’ascolto attivo, dell’empatia e del problem solving. Gli effetti dell’attuazione degli obiettivi di intervento del counseling rispetto a questo inesplorato ambito all’interno delle organizzazioni aziendali sono di due tipi: il primo è dato da migliori e più corrette relazioni (breve termine) da cui consegue il secondo con miglioramenti di tipo commerciale ed economico (lungo termine) che rappresentano in definitiva il fulcro principale per ogni organizzazione che vuole vivere piuttosto che sopravvivere. 2 Enciclopedia online Wikipedia 3 Enciclopedia online Wikipedia Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 4
  • 5. COUNSELING AZIENDALE CAP. 1 Definizione della figura del counselor  1.1 Counseling e counselor. Definizioni Il counselor è un professionista in grado di utilizzare, in modo efficace, le tecniche di colloquio come strumento per agevolare la comunicazione, la riflessione, la consapevolezza e infine, il cambiamento, che rappresenta l’obiettivo finale di una consulenza per affrontare e risolvere i problemi e/o le difficoltà di diversa natura. In senso lato, dunque, il counseling come intervento di aiuto, di là del contesto applicativo, aiuta il soggetto/cliente, a riflettere in “modo nuovo” sulle sue difficoltà, ad esprimere autenticamente se stesso, a immaginare e sviluppare soluzioni efficaci e problemi esistenti. In particolare, l’intervento di un counselor avviene innanzitutto mediante la costruzione di una relazione della coppia counselor – cliente basata su qualità di accoglienza umana oltre che professionale, di ascolto attivo, di comprensione empatica, di fiducia. Una caratteristica peculiare della figura professionale del counselor è legata al tipo di intervento che esso è chiamato a svolgere. Sia in ambito socio-sanitario, sia in ambito economico, l’ottica degli interventi di counseling è direzionata sulla promozione della salute e il benessere della persona; sulla messa a fuoco delle difficoltà e dei problemi con l’obiettivo di fronteggiarli e risolverli piuttosto che verso la cura. La prerogativa della consulenza è fondata, infatti, su una visione positiva dell’individuo, famiglia e società in cui la risoluzione dei conflitti, dei problemi o della “crisi” passa attraverso l’incontro del counselor e il cliente, che creano insieme una relazione capace di promuovere il cambiamento mediante l’utilizzo delle risorse a disposizione. La definizione di counseling, tuttavia, non è così semplice e questo per diverse ragioni. La prima considerazione è che un’unica tipologia d’intervento è un insieme di interventi complessi e diversi fra loro perché “dipendenti” dal tipo di formazione e orientamento teorico utilizzato dal counselor; dalle persone coinvolte nelle relazione e quindi dalle caratteristiche personali oltre che professionali del counselor e del cliente; dal problema che viene riferito; dagli obiettivi che si intende mirare, dunque, dalla durata dell’intervento e dai risultati che si attendono. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 5
  • 6. COUNSELING AZIENDALE La seconda considerazione riguardo la complessità del counselling è relativa alla difficoltà che spesso s’incontra nel cercare una linea di demarcazione fra il counseling e le altre forme di relazione di aiuto nell’ambito psicologico. Un dibattito attivo in Italia ed evidenziato da alcuni autori specialisti nel settore, è in relazione al fatto che se il counseling sia soltanto una forma particolare e specialistica di relazione di aiuto, oppure, se si può considerare il counseling come una delle possibili forme di aiuto fra molte altre. Le implicazioni che ne derivano sono evidenti poiché richiamano l’attenzione alla legittimità di essere counselor. In altri termini, se il counseling non ha le caratteristiche proprie di un intervento psicologico, non richiede neanche competenze e titoli particolari a riguardo.  1.2 Ambiti di applicazioni professionali Considerata la riflessione sulla definizione di counseling e della complessità che vi è intorno a questa descrizione, può essere utile approfondire sommariamente i diversi termini e sinonimi del concetto di counseling con l’obiettivo di comprendere anche i diversi ambiti di applicazione della professione. TAB. 1 DEFINIZIONI DI COUNSELING DEFINIZIONI CATEGORIE DI INTERVENTO Befriending: simpatia di tipo amichevole. È un intervento che ha l’obiettivo di esprimere solidarietà amicale ma senza il supporto di una competenza e consapevolezza comunicativa. L’intervento prevede che il counselor sia un amico nei confronti di soggetti isolati, offrendo sostegno di tipo pratico. Advice: suggerimenti. È un intervento che ha l’obiettivo di offrire informazioni ma anche i suggerimenti su come usare le stesse. Gli interventi sull’advice sono consultazioni brevi finalizzati ad offrire supporto mediante i consigli. Guidance: orientamento, guida. È un intervento che implica la costituzione di una relazione che ha lo scopo di offrire orientamento e quindi, informazioni circa il problema. Gli interventi prevedono una serie lunga di consultazioni con l’obiettivo di esplorare i diversi aspetti del problema. Counselling skills: modelli, tipi di counseling. Si fa riferimento alle competenze e abilità comunicative e relazionali tipiche del counseling, qualora siano utilizzate al di fuori dell’intervento di counselling vero e proprio. Counseling professionale È l’intervento di counseling vero e proprio; è una Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 6
  • 7. COUNSELING AZIENDALE forma di aiuto specializzato, che si avvale di un setting specifico e che è finalizzato ad offrire tempo, attenzione e rispetto al cliente. Le varie differenziazioni sui termini utilizzati per descrivere il counselling e specificarne anche l’intervento, sono da attribuire ad una difficoltà, spesso manifesta, di rispettare l’esatta etimologia della parola. Unanimemente si concorda sul fatto che sia il significato etimologico che la traduzione dall’inglese riconducibile al termine counseling sono problematici, e spesso in maniera errata viene attribuito al counseling la spiegazione del “dare consigli”. In effetti il termine counseling 4 (o anche counselling dall’inglese britannico) indica un'attività professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta. Esso deriva dall’inglese to counsel 5 che a sua volta risale dal verbo latino consulo-ěre che è tradotto in "consolare", "confortare", "venire in aiuto". Pertanto la traduzione in italiano del termine in “consulenza” è controversa, in quanto anche consulting ha il medesimo significato. E allo stesso tempo è problematica la stessa traduzione in “consiglio”, in quanto secondo Pagani (1998) 6 «[...] uno degli elementi distintivi del counseling rispetto alla situazione del consiglio è che, nel primo caso, la relazione si svolge con un esperto ed è finalizzata alla ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche, nel secondo caso, invece, la relazione è paritaria e consiste nel suggerire [...]» Se si integrano l’etimologia con la traduzione, si può notare, in modo più chiaro, che il counseling può riguardare un’area specifica d’intervento che è quello dell’aiuto, della cura di un’altra persona in senso psicologico; può riguardare anche un intervento aspecifico connesso alla facilitazione della comunicazione e del problem solving per migliorare la prestazione lavorativa fornita al cliente. In questo senso, esistono varie possibilità di applicazione che vanno dal counseling in ambito sanitario dove la consulenza trova applicazione in diverse situazioni complesse in cui è importante il coinvolgimento del paziente nel processo di cura (es. infezione HIV; oncologia ecc.). l’intervento può essere sia di tipo preventivo (educare il paziente, informare il paziente ecc.) sia di tipo supportivo. 4 Enciclopedia online Wikipedia 5 The Concise Oxford Dictionary of English Etymology 6 Enciclopedia online Wikipedia Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 7
  • 8. COUNSELING AZIENDALE Un’altra possibile applicazione è il counseling in ambito sociale come intervento preventivo, supportivo in situazioni di disagio personale e/o sociale: per esempio nella famiglia, nella coppia in tutte le fasi del ciclo di vita. E ancora, c’è il counseling in ambito scolastico che utilizza i principi di facilitazione della comunicazione per operare interventi finalizzati a migliorare i processi di insegnamento e apprendimento. Infine, esiste il counseling aziendale che è diffuso in modo particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e che è connesso ad una concezione del mondo del lavoro e dell’azienda in cui trova spazio lo sviluppo dei servizi, interni ed esterni all’azienda, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita lavorativa dei soggetti e della loro produttività all’interno dell’organizzazione stessa.  1.3 Ruolo del counselor in ambito aziendale In ambito aziendale esiste una forma specialistica di counseling che consiste nell’offerta di un servizio interno o esterno all’azienda che prevede uno spazio di ascolto ai dipendenti che hanno un problema correlato al lavoro svolto oppure di natura personale. L’obiettivo primario di questo tipo di intervento è quello di dare aiuto al personale dell’azienda e di migliorare gli interessi della società. L’epoca che attraversiamo caratterizzata da ipercompetitività, auto-alimentata dagli scenari di incertezza e di rapido cambiamento socio-economico, l’innovazione tecnologica e la globalizzazione, hanno generato l’humus, la predisposizione, all’interno degli ambienti di lavoro, affinché proliferino e si diffondono problematicità nelle persone e nelle relazioni tra pari. Alla luce di questi contesti infatti le aziende sono costrette ad avviare azioni di ristrutturazione e riorganizzazione, spesso di ripensare il business. Le conseguenze di questo operato ovviamente si ripercuotono sugli individui che operano all’interno, che sono sottoposti a maggiori pressioni a fronte di minori certezze. E’ a questo punto che può intervenire il counseling, avendo come finalità quella di promuovere il benessere dei dipendenti, individuando e affrontando i loro conflitti, dando supporto affettivo a risolvere i problemi specifici di tipo relazionale fra colleghi e nell’organico (gerarchico) della società. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 8
  • 9. COUNSELING AZIENDALE Pier Luigi Celli in una intervista a proposito del benessere nelle organizzazioni 7, alla domanda su quale fosse la caratteristica che distingue aziende sane da aziende malate rispose «[…] la stessa che distingue le persone: la posizione. La persona malata è distesa, gli manca la prospettiva. La persona sana ha una posizione eretta, può guardarsi intorno, ha un orizzonte, una visione. Molte aziende si ammalano perché impediscono a se stesse di avere uno sguardo verso il futuro, di osservare la realtà circostante, di porsi così in un atteggiamento etico, responsabile, capace di immaginarsi, di progettarsi. Possiamo veramente cambiare la realtà delle cose solo cambiando il modo in cui guardiamo le cose intorno a noi [...]». Il processo cui si intende dare inizio è quello dell’empowerment proprio per potenziare le risorse interne all’azienda e facilitare le relazioni con l’esterno all’azienda stessa. Esiste poi il bilancio delle competenze, intervento che fa riferimento ad un tipo di consulenza di orientamento corrispondente all’area di gestione delle risorse umane, in particolare, delle problematiche di inserimento e reinserimento professionale.  1.4 Una visione sul futuro Nel contesto del counseling aziendale come è stato accennato, manca al momento quella capacità da parte dei professionisti della materia di andare oltre, di spingere in la lo sguardo, per individuare delle integrazioni a quello che è il counseling aziendale oggi. Probabilmente questo deriva dal fatto che il counseling è una attività nata e sviluppatasi esclusivamente in ambito psico-sanitario, infatti questo termine è usato per la prima volta nel 1951 da Carl R. Rogers 8, per indicare una relazione nella quale il cliente è assistito nelle proprie difficoltà senza rinunciare alla libertà di scelta e alla propria responsabilità. Da quel momento Rogers diventa uno dei massimi esperti mondiali della materia, e il suo modello la “Cliented Centred Therapy” diventa il riferimento di quasi tutte le scuole di Counseling, la cui gestione e docenza è prevalentemente affidata a professionisti presi in prestito dalla psicologia oltre che dal mondo medico. Quindi tutte le teorie fiorite intorno a questa professione, base per le attività pratiche, sono esclusiva emanazione del mondo psico-sanitario, che se da una parte 7 Eccellere Business Community 8 Enciclopedia online Wikipedia Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 9
  • 10. COUNSELING AZIENDALE ha avuto il merito di porre l’individuo (dipendente) come soggetto, al centro dell’azione di counseling, dall’altra però non ha avuto la lungimiranza di capire che quegli stessi soggetti attivi, in quanto generatori di problematiche, verso alcuni dipendenti all’interno delle organizzazioni, si potevano trovare in una posizione passiva, e quindi portatori a loro volta di problemi, nel momento in cui la relazione usciva dall’alveo societario per spostarsi all’esterno. Non di rado infatti, le relazioni con soggetti esterni all’organizzazione, comunicazione extra-moenia, possono creare delle problematiche che solo apparentemente sembrano riguardare chi stiamo rappresentando (organizzazione), ma che nella realtà possono riguardare anche le persone, che spesso sono toccate nella sfera più intima della propria psiche, andando sovente a minare la propria autostima, piuttosto che generare sensi di impotenza o frustrazione. Sono casi esemplificativi in tal senso, gli insuccessi negoziali per l’area commerciale, piuttosto che la difficoltà ad individuare buoni candidati per le risorse umane, o i problemi che può incontrare l’ufficio legale nel disbrigo di controversie legali. In tutti questi casi le persone sono lasciate sole dall’organizzazione, che vede solo l’insuccesso di una relazione potenzialmente vantaggiosa, ma non le conseguenze che esso può avere sul proprio dipendente, rispetto al suo vissuto emotivo che anzi, può diventare ancora più critico se l’organizzazione come conseguenza dell’insuccesso sottopone il soggetto a pressioni e sollecitazioni maggiori. Ecco quindi che un intervento di counseling su tali soggetti, o meglio ancora sulle relazione extra-moenia che attivano, può essere risolutore di problematiche che viceversa si potrebbero trasporre poi nella vita quotidiana delle persone, minandone il benessere psico-fisico. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 10
  • 11. COUNSELING AZIENDALE CAP. 2 Relazione tra organizzazione aziendale e counselor «Non si può cogliere un fiore senza disturbare una stella» G.Bateson 2.1 La mission aziendale, il mantra, lo slogan e la figura degli Stakeholder La "mission" è una dichiarazione di intenti con cui un organizzazione enuncia l'insieme dei principi ispiratori (valori) e degli obiettivi, che orienteranno la strategia della stessa. Un'organizzazione deve avere una chiara "mission" che garantisca: • un'identificazione da parte dei collaboratori interni dello scopo ultimo dell'organizzazione, • una spiegazione chiara all'esterno per clienti, fornitori e tutti quei portatori di interessi (Stakeholder) dei valori con cui opera l'organizzazione. Ne deriva quindi che la mission deve rispondere alle seguenti domande: - di che cosa si occupa l’organizzazione? - che cosa si sta cercando di raggiungere? - a chi sono rivolti prodotti e/o servizi? - qual è l’area geografica di attività? - qual è l’area di riferimento? e deve essere perciò: - chiara, non generica - definita, non troppo ampia - attraente - condivisa da ogni membro dell'organizzazione Di seguito troviamo un esempio di Mission per un organizzazione che opera in ambito sociale. La rapida e continua trasformazione della realtà sociale, può essere causa di difficoltà relazionali, questo è lo stimolo per essere sempre accanto e supportare, tutte quelle persone, che per motivi culturali, razziali, economici e di disabilità, potrebbero vivere una vita di sofferenza affettiva. Strettamente connessi alla mission, sono il mantra e lo slogan, il primo si rivolge ai dipendenti (soggetti interni) ed esprime una direttività di azione per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi della mission; Il limite principale di quasi tutte le mission è che, nelle attese di tutti, la loro formulazione dovrebbe essere enfatica e onnicomprensiva. Spesso però quello che Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 11
  • 12. COUNSELING AZIENDALE viene fuori è solo un espressione lunga, ai più noiosa, scontata e a volte anche priva di senso, il cui senso risulta alla fine di difficile memorizzazione. Quello che invece ha un impatto più immediato sia come ricordo, che come efficacia soprattutto grazie alla sua brevità è appunto il mantra, la cui definizione è così riassunta: «Una formula rituale ripetuta nella preghiera, nella meditazione o nell’incantesimo, come l’invocazione di una divinità, un rito magico, una frase o una parte di un testo sacro che contiene potenzialità mistiche» 9. Quante mission sapranno evocare mai una forza e un’ emozione simili? Un esempio di mantra che si riferisca alla mission precedente, potrebbe essere: Aiutare i sofferenti Lo slogan invece, è rivolto agli Stakeholder (soggetti esterni), ed è una direttività d’azione su cosa fare o come “usare” il servizio implicito nella mission. Rispetto alla mission precedente potremmo avere: Agevolate l’aiuto Per quanto concerne gli Stakeholder, di cui, nella parte introduttiva si è chiarito chi sono e perché esiste una relazione con l’organizzazione, questi possono essere costituiti o da persone fisiche o organizzazioni o gruppi di persone, e i cui atteggiamenti, opinioni, decisioni o comportamenti, possono favorire o ostacolare il raggiungimento di uno specifico obiettivo dell’organizzazione, che il più delle volte è insito nella mission. Esempi in tal senso possono essere: una banca che rende difficoltoso o nega l’accesso a finanziamenti, gli azionisti che non votano una delibera societaria, un gruppo di pressione quale il sindacato o un associazione di consumatori che con la loro attività impediscono l’attuazioni di strategie non ritenute utili alla collettività, e così via. Un counselor che volesse operare quindi, con una organizzazione aziendale, dovrebbe innanzitutto cercare di conoscere la mission della stessa e chi sono gli Stakeholder di riferimento, solo così potrebbe supportarla nell’individuazione degli strumenti più idonei affinché le relazioni e le comunicazioni strategiche verso l’esterno siano non solo finalizzate a creare o rafforzare i rapporti dell’organizzazione aziendale con i suoi interlocutori, ma anche a preservare, anticipando le possibili 9 The American Heritage Dictionary of the English Language Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 12
  • 13. COUNSELING AZIENDALE problematicità, il benessere psico-fisico dei propri dipendenti che si relazionano per suo conto con l’esterno.  2.2 Analisi della domanda: un modello teorico d’intervento nel counseling aziendale Il primo passo importante, prima di descrivere l’intervento del counselor aziendale, è quello di chiarire il concetto di analisi della domanda. L'analisi della domanda consiste nell'indagare le aspettative del cliente in merito alla richiesta di aiuto, la sua motivazione (intrinseca-estrinseca), le dinamiche di un eventuale invio (fatto da chi? perché?), le sue fantasie sul counselor (mago che risolve con bacchetta magica o qualcuno che ti può aiutare nella risoluzione di un problema?), perché chiede aiuto e perché proprio ora, cos'ha fatto prima per tentare di risolvere la problematica ed eventualmente com'è andata, per poi passare ad approfondire le dinamiche, la durata e le circostanze di insorgenza del disagio, magari una situazione familiare-relazionale-lavorativa, ecc... Quando un professionista si trova di fronte ad una formulazione di richiesta di aiuto (sia in ambito psicologico, d’assistenza, prevenzione, counseling ecc.) le possibilità per un primo intervento sono: - Fornire una risposta tecnica alla richiesta esplicita; - Fornire una risposta alla richiesta implicita; - Fornire una risposta tecnica focalizzata sulla domanda. Quest’ultima possibilità è l’analisi della domanda. Nei primi due casi la risposta del professionista non coglie la complessità del problema perché il conflitto, la situazione di crisi è vista e affrontata come se fosse sganciata, indipendente dalla figura del professionista che invece entra a tutti gli effetti nel sistema relazionale del cliente; non fosse altro che il professionista è all’interno del contesto dove la domanda viene espressa e che quest’ultimo è chiamato con il suo modo di relazionarsi ad ascoltare, per risolverlo il problema. (Carli, Paniccia, 2003) Per poter realizzare un intervento efficace (Cordella, 2003) in ambito di analisi della domanda il professionista deve: - Partecipare attivamente a fatti, situazioni ed eventi; - Concordare l’obiettivo per orientare lo sviluppo dell’evento desiderato; - Individuare il mezzo attraverso un’azione scelta per conseguire l’obiettivo. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 13
  • 14. COUNSELING AZIENDALE È evidente, quindi, che l’azione è soltanto l’ultima delle attività necessaria per realizzare l’intervento, è a questo proposito che si parla di sospensione del giudizio per mettersi pienamente in ascolto di quanto il nostro interlocutore ha da dire. Quest’ultimo invece si configura come un processo scomponibile in più fasi. Le fasi che si possono individuare sono racchiuse in un continuum che va dall’accoglienza iniziale della domanda alla verifica finale dei risultati passando attraverso l’analisi del problema, la progettazione dell’intervento, il contratto, la programmazione e la messa in atto dell’intervento vero e proprio. L’analisi del problema si attua, ovviamente, ascoltando quanto la persona/organizzazione dice ma anche raccogliendo una serie di dati che permettano di conoscere la storia del soggetto e cogliendo gli eventuali collegamenti tra il contesto e il problema così da reinterpretarle. In questa fase è importante saper accogliere empaticamente la persona/cliente che porta il problema, ascoltarlo attivamente per cercare di costruire un’alleanza di lavoro. Fatta questa premessa vediamo le modalità di analizzare la domanda di un counselor nel contesto aziendale. Come già accennato in precedenza (paragrafo 1.3) il momento storico attuale è costellato da rapidi cambiamenti che rischiano, a volte, di compromettere o addirittura snaturare le relazioni interpersonali dando luogo a problemi di tipo personale che inseriti in un contesto più allargato inclinano la natura delle relazioni con l’altro. Il counselor che interviene in ambito aziendale è chiamato a promuovere il benessere di quell’organizzazione e di favorire quindi l’empowerment della stessa. A livello di analisi della domanda il counselor deve tenere conto di tutti questi aspetti e, in prima istanza, deve sospendere qualsiasi piano d’intervento (l’azione) per riflettere e far riflettere su ipotesi di cambiamento adeguate dell’organizzazione basandosi in prima istanza anche dei vissuti emotivi inconsci del cliente. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 14
  • 15. COUNSELING AZIENDALE CAP.3 Tecniche d’intervento del counselor per il miglioramento delle relazioni professionali «Le cose non cambiano, siamo noi che cambiamo». H.D. Thoreau  3.1 Osservazione e analisi dei bisogni Questo capitolo è dedicato alla metodologia e tecnica d’intervento. Nello specifico si tenterà di analizzare il modo d’intervenire in counseling aziendale. Il primo step che un counselor deve tenere a mente nel processo di intervento è quello inerente l’osservazione. In questa categoria si collocano tutte le verbalizzazioni con cui si puntualizza un comportamento, un commento, un’emozione espressa dalla persona. Un intervento efficace è dato innanzitutto dalla capacità del professionista di saper accogliere la domanda del cliente con un atteggiamento caldo e accogliente in grado di facilitare un ambiente di fiducia e uno spazio dove poter osservare e analizzare i bisogni che emergono nella esplicitazione del problema. Osservare è complesso, soprattutto durante un colloquio di counseling perché questa azione implica un atteggiamento del counselor, da un lato attento, accogliente, supportivo e in ascolto in relazione al cliente; d’altro canto l’osservare racchiude anche la capacità del counselor di avere un “terzo occhio” in relazione al cliente, nei confronti del cliente e nei riguardi di se stesso.  3.2 L’ascolto attivo: comprendere le emozioni «Come mai chi ha qualcosa da dire non riesce a dirla, mentre chi non ha niente da dire continua a parlare?» Anonimo L’ascolto presuppone un atteggiamento di fiducia, un «essere nella relazione, ma essere anche contemporaneamente in ascolto di se stessi». In sostanza si può affermare che non si ascolta l’altro e la sua storia, ma si ascolta se stessi mentre ci si sente risuonare nella storia dell’altro. L’ascolto dunque, forse, è nella relazione che unisce la coppia counselor- cliente. Per questo motivo, in tale contesto, si parla di ascolto attivo nel senso che esso è costituito da una serie di verbalizzazioni con cui si restituisce al proprio interlocutore il messaggio che questi ha emesso, eventualmente arricchendolo con le Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 15
  • 16. COUNSELING AZIENDALE emozioni e gli effetti impliciti: il fine è, da un lato, segnalare la propria attenzione, dall’altro, ricevere conferma circa la propria comprensione del messaggio. A livello della metodologia, della tecnica si può dire, per esempio che l’ascolto attivo riguarda l’atteggiamento clinico del saper ascoltare attentamente ciò che viene detto sia a livello verbale, sia a livello non verbale (attraverso la postura, lo sguardo, il gesticolare ecc.); Fare domande di chiarimento che sono “domande aperte” poiché prevedono la possibilità di avere qualunque risposta e input per comunicare quanto è più possibile ed esplorare al meglio la natura implicita del problema e favorire, dunque, l’analisi della domanda. A conclusione del colloquio di consulenza che si configura lungo un continuum di tre fasi (apertura, intermedia e finale per conoscere, esplorare e approfondire le tematiche emerse) il counselor sintetizzerà ciò che ritiene l’altro abbia detto e chiederà conferma con l’obiettivo di essere certi di aver com-preso ciò che si è comunicato. L’ascolto attivo prevede una sorta di danza, un movimento tra i due interlocutori, fatto di trasmissione di contenuti verbali, non verbali, passaggio di energia ed emozioni. Ascoltare attivamente l’altro è la possibilità che il professionista si metta, innanzitutto in ascolto di se stesso, cioè di tutte quelle emozioni, fantasie che vengono suscitate dalla comunicazione del cliente. Questo consente la realizzazione di una relazione empatica della coppia counselor-cliente e, presumibilmente a livello cognitivo consente una maggiore conoscenza dell’altro; dal punto di vista emotivo permette la comprensione e la costruzione di un’alleanza di lavoro preziosa per progettare e pianificare gli interventi. A volte l’utente, infatti, pone al proprio interlocutore una domanda importante: “Che cosa farebbe al mio posto?”. È evidente che non si tratta di una domanda di concetto: la persona non desidera un’informazione, desidera ricevere condivisione, ascolto, supporto in relazione al problema che sta vivendo.  3.3 L’empatia: la chiave del counseling L’empatia spesso è considerata come un grimaldello in grado di aprire le porte più segrete della persona. Essa è definita la capacità di cogliere e comprendere l’esperienza soggettiva del cliente, mettendosi nei suoi panni, guardando le cose dal Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 16
  • 17. COUNSELING AZIENDALE suo punto di vista. Ovviamente non si parla di identificazione, o di simpatizzare con l’altro. Il professionista counselor non deve perdere la consapevolezza della propria individualità personale e professionale. Deve comunque rimanere il più obiettivo possibile nell’ascoltare il cliente pur adoperando quella sensibilità che caratterizza il counseling. Dal punto di vista dell’intervento specifico, che in questa sede si sta trattando, diventa importante fare una distinzione. In generale, ascoltare attivamente il cliente con empatia vuol dire ascoltare in modo sincero, partecipato. Nel caso del counseling aziendale le cose non cambiano a parte aggiungere un ascolto tecnico non per ovviare all’analisi della domanda e quindi raggiungere in fretta gli obiettivi ma per considerare anche l’ascolto tecnico che in questo caso è riferito al “terzo orecchio”, quello in ascolto della parte specializzata in economia e marketing. La distinzione è necessaria perché in questo settore dedicarsi solo ai principi fondamentali dell’ascolto e della relazione può rivelarsi uno “spostamento” (meccanismo difensivo) dal contesto specifico. Arrivare alle emozioni, alle relazioni affettive, oltreché di business è complesso e richiede una gradualità d’intervento in questa direzione. Esplorare il backstage di un’organizzazione aziendale analizzando la domanda posta dal cliente è un lavoro delicato, importante ma che implica la sospensione di qualunque azione intanto del professionista e poi del cliente. L’ascolto attivo, l’empatia e dunque l’alleanza di lavoro sono fondamentali proprio per costruire insieme al cliente la fiducia necessaria per “entrare in azienda” a tutti gli effetti.  3.4 Il problem solving In questo paragrafo si prenderà come riferimento teorico il modello di un autore, Gerald Egan (2002), che ha proposto un tipo di intervento di aiuto molto articolato definito “approccio all’aiuto basato sulla gestione dei problemi e sullo sviluppo di opportunità”. Si tratta di un modello focalizzato sulla ricerca sistematica di soluzioni realizzabili, per affrontare e risolvere i problemi del cliente. Secondo quest’ autore, tutti gli approcci e i modelli di counseling aiutano il cliente a riflettere su quattro questioni principali. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 17
  • 18. COUNSELING AZIENDALE 1. Quali sono i problemi, le questioni, le preoccupazioni o le opportunità non analizzate sulle quali si può lavorare. 2. Come la persona vorrebbe la sua vita e quali cambiamenti desidera per essere felice. 3. Quali piani potrebbe condurre la persona dove vuole. Cosa e come può fare per raggiungere i suoi obiettivi. 4. Come può la persona ottenere dei risultati. Come si può trasformare la pianificazione e la definizione di obiettivi in risultati e realizzazioni concrete. Queste quattro domande definiscono i tre steps logici del counseling e una fase finale che solitamente è definita implementazione. Il primo step fa riferimento al tema dell’identificazione e all’elaborazione dei problemi del cliente; il secondo alla definizione degli obiettivi da raggiungere; il terzo riguarda la definizione di strategie e piani per raggiungere gli obiettivi. La fase finale dell’implementazione è relativa all’azione delle strategie e dei piani di cambiamento elaborati negli steps precedenti. Un aspetto importante di questo modello è che l’autore rileva che gli steps non devono essere seguiti in modo rigido e sequenziale, ma affrontati in modo flessibile ed in interazione con il cliente. D’altro canto questa è la filosofia dell’essere counselor: la non direttività, l’empatia e il mettersi in relazione con il cliente per analizzare il problema presuppongono un comportamento, da parte del professionista, “umano”, professionale e supportivo nel rispetto dei “tempi” del cliente; tempi sia oggettivi ma soprattutto soggettivi, interni alla persona che chiede un servizio di counseling. La relazione di counseling, in altri termini è utile al cliente e “segue” i suoi bisogni che hanno sempre la precedenza sull’applicazione del modello. La sequenza del lavoro ideale proposto da Egan di fatto, a volte può non essere in linea con il modo di procedere del cliente e, quindi, il counselor deve accomodare in modo flessibile l’intervento ai bisogni della persona, iniziando il lavoro da un qualunque step del modello e procedendo poi nel modo più utile e funzionale al cliente. Inoltre, nella pratica concreta i compiti di problem solving previsti dai diversi steps difficilmente possono essere così distinti come previsto dal modello teorico. C’è da dire però che flessibilità non significa caos e casualità. Allo scopo di costruire una relazione di aiuto efficace è necessario avere un focus su cui lavorare e una direzione di come procedere. La relazione di counseling richiede una struttura principale. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 18
  • 19. COUNSELING AZIENDALE Il modello teorico serve da mappa per permettere al counselor di sapere “dove si trova” in un dato momento dell’intervento. Nel paragrafo che segue, sarà affrontato, brevemente, come lavorare nel gruppo e con il gruppo, per essere più efficaci nel proprio intervento e ottenere risultati condivisibili all’interno dell’azienda.  3.5 Il lavoro in team: collaborare e cooperare con gli altri verso obiettivi comuni «Nessuno di noi è intelligente come tutti insieme» Proverbio giapponese Il lavoro in team è ciò che spesso le aziende si attendono per la maggiore efficacia e produttività del gruppo di lavoro rispetto al singolo. Nonostante ciò non è così scontato e facile programmare un intervento di counseling al fine di rendere autosufficiente ed efficace un gruppo di persone che lavorano insieme. I motivi sono vari: perché prima di sensibilizzare un team di persone verso la cooperazione, sarebbe opportuno incidere sulle relazioni interpersonali che ci sono tra i vari membri; perché in caso di disaccordi, si devono potenziare le abilità di negoziare, rispettando anche il desiderio soggettivo di ciascun membro del gruppo a dare il proprio contributo. Da sempre, gli esseri umani sono giocatori di squadra: le nostre relazioni sociali, caratterizzate, da una complessità unica, hanno rappresentato per noi un vantaggio essenziale per la sopravvivenza. Parlando in termini evoluzionisti alcuni autori di questa materia ritengono che il momento cruciale per la nascita delle competenze interpersonali sia stato quello in cui i nostri antenati scesero dagli alberi per vivere nella savana: una condizione in cui il coordinamento sociale nella caccia e/o nella raccolta dei frutti offrì numerosi vantaggi. Questa concezione del ruolo fondamentale della cooperazione nell’evoluzione fa parte di un dubbio circa il significato della famosa espressione “sopravvivenza del più adatto”. In effetti, si è ampiamente visto che la conservazione della specie non si misura in conformità a una migliore resistenza del soggetto, di una sua maggiore forza e competitività, ma dipende dal successo riproduttivo, dipende in altri termini da quanti figli sopravvivono a un individuo così da passarne i geni alle generazioni future. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 19
  • 20. COUNSELING AZIENDALE Questa breve disamina fa riflettere su un elemento chiave della sopravvivenza che è fortemente legato alla collaborazione di gruppo. Diverse ricerche applicate hanno ampiamente dimostrato come gli individui sembrano attratti da chi è cooperativo e amichevole come loro, come le esperienze esistenti l’hanno formato (famiglia, scuola ecc.). Nell’attuale ambiente di lavoro, un dato di fatto fondamentale è che ciascun individuo possiede solo una parte di tutte le informazioni o dell’expertise necessari per svolgere un lavoro. In questi termini la rete, o il team di persone alle quali si può rivolgere per ottenere informazioni, collaborazione, produttività è d’importanza sempre più vitale. Mai come ai giorni nostri dipendiamo dalla mente del gruppo. Lavorare sui meccanismi della mente del gruppo in modo che essa possa pensare e agire in modo brillante richiede intelligenza emotiva. Da soli, un intelletto superbo e il talento tecnico non trasformano, migliorandoli, i membri straordinari di un team. Un counselor aziendale per valutare e migliorare il team può intervenire intanto verificando le capacità dei partecipanti di lavorare in gruppo. Lo scenario consente di classificare ciascuno in base alle scelte individuali, confrontandole poi con quelle compiute dal gruppo collettivamente. Una strategia d’intervento del counselor per corroborare le competenze degli individui migliori per il coordinamento aziendale può essere riassunta in alcune capacità individuali:  Capacità di stringere legami e alimentare relazioni utili;  Capacità a collaborare e cooperare con gli altri per il conseguimento degli obiettivi comuni;  Capacità di fare gruppo, ossia saper creare sinergie nel lavorare al raggiungimento degli obiettivi del gruppo. Per quanto riguarda le competenze emotive è importante:  L’empatia o capacità di comprensione interpersonale;  La cooperazione e la capacità di unificare gli sforzi;  La comunicazione aperta, la capacità di stabilire norme e aspettative esplicite e di affrontare i membri del gruppo con uno scarso rendimento;  La spinta a migliorare; il team deve prestare attenzione al feedback sulla propria attenzione , cercando di fare meglio; Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 20
  • 21. COUNSELING AZIENDALE  L’autoconsapevolezza, nella forma di una valutazione delle proprie risorse e dei propri limiti come gruppo;  L’iniziativa a un atteggiamento previdente nella risoluzione di problemi;  La fiducia in se stessi come team;  La flessibilità nel modo di affrontare i compiti collettivi;  La consapevolezza dell’organizzazione;  La costruzione di legami con altri team. Per concludere, si vuole sottolineare l’importanza, nel counseling aziendale, di poter utilizzare anche i gruppi per raggiungere il benessere dei singoli, visto che le organizzazioni di successo si basano sul lavoro di squadra. Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 21
  • 22. COUNSELING AZIENDALE  Appendice  Casi pratici, su cosa e come un counselor aziendale può intervenire Di seguito vengono riportati due esempi, di come agendo su determinate leve un counselor potrebbe grazie alle sue competenze professionali, aiutare a risolvere dei conflitti o addirittura ad anticiparne la nascita. Nel primo che trae spunto da un articolo 10 relativo ad una intervista al direttore RU di Elica SpA (Fabriano) dott. Marco Scippa, si può notare come l’azienda utilizzando alcuni metodi descritti nei paragrafi precedenti, riesca nel duplice intento di far raggiungere ai dipendenti uno stato di benessere psico-fisico e allo stesso tempo arrivare lei stessa verso vette di eccellenza. Nel secondo invece, tratto da una intervista a Franco D’Egidio11 (uno dei più affermati consulenti di management in Italia) vengono esaminate le relazioni tra l’azienda e gli altri soggetti, sia interni (dipendenti) che esterni (stakeholder) e di come un loro buono esito sia fondamentale per permettere all’organizzazione di raggiungere i traguardi che si è prefissa.  Elica: ascolto e attenzione alle persone per creare un ambiente di lavoro eccellente «[…] dott. Scippa come si fa per avere e costruire un ambiente di lavoro eccellente? Inizierei partendo dal luogo in cui è l’azienda perché penso che è molto importante. Elica è a Fabriano, rispetto alle città più grandi questo ha dei pro e anche dei contro. Fra i pro ci metto la qualità della vita e la tranquillità: un esempio semplice e al tempo stesso significativo, è il fatto che le persone possono andare a casa all’ora di pranzo. Questo influisce sul lavoro e sull’ambiente. -Contesto ed Empatia- […] abbiamo creato un “blog fisico”, un luogo in cui, gli ultimi giorni del mese, le persone che hanno un problema o vogliono parlare con il Presidente o con l’AD possono andare lì per incontrarli. Avere o creare un ambiente più “caldo”, più piccolo e che favorisce il contatto è dunque molto importante per migliorare l’ambiente di lavoro. -Analisi dei bisogni- Questo favorisce anche l’ascolto delle persone? […] Per fare marketing interno è fondamentalmente ascoltare le persone per cercare di capirle e capire quali possono essere le azioni che rendono l’ambiente di lavoro più vivibile. Non significa essere “buoni”, è un po’ come per la sicurezza, anche l’orientamento all’ascolto delle persone conviene più che il contrario. Non fare sicurezza non conviene, 10 Eccellere Business Community 11 L’Impresa n°7 - 2007 Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 22
  • 23. COUNSELING AZIENDALE costa di più che farla. […] allo stesso tempo avere una persona contenta, che si sente apprezzata e ascoltata è un fatto di convenienza non solo di “altruismo”. -Ascolto- Un buon clima interno è importante anche nei momenti difficili? […] Si, in momenti come questo, è molto importante aver seminato bene. Noi abbiamo fatto mobilità ed abbiamo chiuso due stabilimenti, uno nel Nord Italia e uno a Fabriano ma non abbiamo avuto neanche mezz’ora di sciopero e le persone hanno prodotto fino all’ultimo giorno. Questo è successo perché siamo molto attenti al sociale, ci siamo adoperati perché tutta la gente fosse ricollocata. Abbiamo potuto fare questo perché la gente si sente trattata bene, ascoltata, le persone non sono dei numeri. -Buone relazioni con Stakeholder- Quanto conta l’allineamento con i valori aziendali? […] Posso dire che nell’ambito della selezione e della formazione l’attenzione ai valori ci sta premiando. Abbiamo 10 comandamenti, sono i nostri 10 valori e i nostri punti di partenza. Uno dei grandi temi della mia area lavorativa, di cui si parla molto in questo momento, sono i “talenti”. Ma chi sono questi talenti? Io sono dell’idea che non esiste il talento in assoluto ma esiste una persona che ha competenze e valori che collimano con quello che cerchiamo, con quello che cerca l’azienda.» -Identificazione con la Mission-  Un mondo fatto di relazioni […] come si genera il valore? Nelle società post-industriali, il Capitale Intellettuale rappresenta la più grande fonte di creazione di valore di ogni organizzazione. […] le caratteristiche delle quattro componenti di base del Capitale Intellettuale sono: il Capitale Umano, costituito dalle persone che compongono l’organizzazione e che contribuiscono al suo successo attraverso le loro competenze e la loro motivazione; il Capitale di Relazioni Sociali, ossia l’insieme delle relazioni che i singoli individui mettono in atto per raggiungere l’effetto moltiplicatore che permette a ogni organizzazione di conseguire prestazioni di ordine superiore; il Capitale Strutturale, che rappresenta l’insieme delle strutture che costituiscono l’organizzazione vera e propria, i suoi sistemi, la sua vivacità intellettuale, la sua cultura e capacità innovativa; infine il Capitale Relazionale che rappresenta l’interazione e integrazione tra l’organizzazione e il suo ambiente, laddove vengono a crearsi tutti gli scambi, anche di tipo economico, che garantiscono la sopravvivenza dell’impresa […] Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 23
  • 24. COUNSELING AZIENDALE  Bibliografia - Robert Albert e Michael Emmons, Essere assertivi, Il Sole 24 ore, Milano, 2003 - Vincenzo Calvo, Il colloquio di counselling, Il Mulino, Bologna, 2007 - Rosario Di Sauro, Principi di psicologia clinica per l'operatore sanitario, ARACNE, Roma, 2007 - Kathryn Geldard e David Geldard, Parlami ti ascolto, Erickson, Trento, 2006 - Daniel Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva, BUR, Milano, 1995 - Robert Heller, Tom Peters. Il grande profeta della rivoluzione del management, Il Sole 24 Ore, Milano, 2001 - Terry F. Hoad, The Concise Oxford Dictionary of English Etymology, Oxford University Press, Oxford, 1986. - Pier Luigi Pagani, I principi dell'incoraggiamento in Biagio Sanfilippo (a cura di) Itinerari adleriani. La psicologia del profondo incontra la vita sociale, Milano, FrancoAngeli, 1998  Sitografia - Eccellere Business Community, articolo con intervista a Pier Luigi Celli www.eccellere.com - Eccellere Business Community, articolo con intervista a Direttore RU Elica www.eccellere.com - L’Impresa, rivista italiana di management www.limpresaonline.net - Wikipedia, l’enciclopedia libera on-line www.wikipedia.org Counseling Aziendale, un’ipotesi di integrazione per l’aiuto relazionale 24