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Reati bestiali
I N S E R T O D I POLIZIAMODERNA - G E N N A I O 2 0 1 2
m e n s i l e u f f i c i a l e d e l l a p o l i z i a d i s t a t o
1. Una competenza trasversale di tutta la polizia giudiziaria............................................................................................................................8
2. Reati a danno degli animali: aspetti procedurali...................................................................................................................................................9
3. L’ausiliario: la figura della “persona idonea” a collaborare con la pg........................................................................................................11
4. L’importanza della giurisprudenza...............................................................................................................................................................................13
5. La rilevanza primaria dell’elemento soggettivo anche nei reati a danno degli animali..............................................................14
6. Uccisione di animali (art. 544 bis cp)..........................................................................................................................................................................16
7. Maltrattamento di animali (art. 544 ter cp)...........................................................................................................................................................18
8. Abbandono di animali (art. 727 comma 1 cp) .........................................................................................................................................................20
La polizia giudiziaria per i reati a danno degli animali
a cura di Maurizio Santoloci* e Carla Campanaro**
*magistrato della Corte di Cassazione – **avvocato esperto di diritto ambientale
SOMMARIO
1. UNA COMPETENZA TRASVERSALE
DI TUTTA LA POLIZIA GIUDIZIARIA
Va precisato che i reati a danno degli animali sono, al
pari di tutti gli altri reati inerenti ogni altro settore,
di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria.
Non esiste, quindi, alcuna competenza selettiva spe-
cifica che determini una esclusività operativa di un or-
gano di pg verso questi reati o addirittura verso alcu-
ni di questi reati.
La riserva è inesistente a livello attivo e passivo; in
altre parole, nessun organo di pg può essere conside-
rato competente in via esclusiva per alcuni reati am-
bientali (con esclusione di altri organi) né, al contrario,
nessun organo di polizia può ritenersi esonerato par-
zialmente o totalmente dalla competenza verso que-
sti reati (con rinvio ad altri organi).
Indubbiamente esiste una specializzazione di fat-
to che fa sì che alcuni organi siano istituzionalmente
preposti e preparati in particolare verso determina-
te tipologie di illeciti, ma questo non esime gli stessi
organi dalla competenza verso gli altri reati e in par-
ticolare, per quanto attiene al settore in esame, non
li esime dal potere-dovere di intervento verso illeci-
ti di diversa tipologia nel campo della tutela giuridi-
ca degli animali.
Va peraltro precisato che anche le previsioni nor-
mativediprincipioche,alivellodileggie/oregolamen-
ti, prevedono che alcune attività di vigilanza o di inve-
stigazione vengono svolte da alcuni organi di polizia
specificamente indicati, devono essere considerate
espressionidiprincipipoliticigeneraliperchénoneso-
nerano, e non potrebbero esonerare, altre forze di po-
lizia a operare in quel settore (specialmente in segui-
to alla realizzazione di un reato).
Dunque anche queste espressioni previsionali, a
nostro avviso inopportune e fuorvianti (perché crea-
no dubbi, pretesi esoneri e pretese mo-
nocompetenze),noncostituisconodero-
gaalprincipio-basesecondoilqualetut-
ta la pg è sempre e comunque compe-
tente per tutti i reati ambientali, ovun-
que commessi. Trattasi, infatti, di raf-
forzamenti a livello politico-istituzio-
nale del ruolo di organi di polizia speci-
fici su certi temi e settori che tendono
a proporre il ruolo preminente e per cer-
ti versi significativamente visibile degli
stessi organi in quel determinato setto-
re anche come punto di riferimento pri-
mario per le altre istituzioni e per i citta-
dini. Ma nulla di più.
Per cui va ribadito il concetto che tut-
ti gli organi di pg, su iniziativa e su segna-
lazione, devono comunque sempre inter-
venire in ordine a un reato a danno de-
gli animali. E non possono rifiutare il loro
Reati bestiali
Estratto dal volume “Tutela giuridica
degli animali” (Ed. Diritto all’ambiente e Lav)
a cura di Maurizio Santoloci
e Carla Campanaro
gennaio2012POLIZIAMODERNA8
operato(sottopenadiintegrazionedelreato
di omissione di atti di ufficio ex art. 328 cp)
qualora un privato o un’associazione si rivol-
ga a loro sostenendo, e ciò è frequente, che
non è di loro competenza ma che bisogna ri-
volgersi a unorganospecializzato.
Il fondamento di quanto asserito lo tro-
viamo nell’art. 55 cpp il quale specifican-
do che «la polizia giudiziaria deve, anche di
propria iniziativa, prendere notizia dei rea-
ti, impedire che vengano portati a conse-
guenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli at-
ti necessari per assicurare le fonti di prova (…)» non
distingue poi affatto competenze selettive per gene-
re di reati, ma crea un connubio generale polizia giudi-
ziaria (generica) – reati (generici). Né tantomeno, pa-
radossalmente, vi è scritto che (tutta) la polizia giudi-
ziaria deve prendere notizia dei reati ecc. con un inci-
so di esclusione dei reati a danno degli animali che do-
vrebbero considerarsi di competenza di una sola par-
te limitata della polizia giudiziaria. Né sussiste la pos-
sibilità che leggi speciali in questo campo possano de-
mandare a organi di pg specifici la competenza su al-
cuni territori e/o su alcuni reati con esclusione della
competenza per gli altri organi. Si tratterebbe di una
deroga (non ipotizzabile) ai principi generali del codi-
ce di procedura penale.
Proprioinforzadeiprincipifinquiesposti,adesem-
pio,ancheilD.M.23marzo2007,conilqualeCorpoFo-
restaledelloStatoePolizieMunicipalieProvincialiso-
no chiamati ad assumere un ruolo prioritario nell’azio-
ne giuridica a tutela degli animali, se rafforza e rende
giustamente e correttamente prioritaria la funzione
di tali forze di polizia nel settore, non sortisce certo
l’effetto (come tutti gli altri decreti ministeriali simili
incampidiversi)diconcederesoloagliorganicitatinel
decreto medesimo la competenza esclusiva per i rea-
ti di settore esonerando gli altri organi di polizia dalla
medesima competenza.
In realtà, tali decreti individuano – con un fine logi-
co – un riparto di competenze prioritarie a livello isti-
tuzionale e di principio (che potremmo definire “politi-
co”) alcuni organi di pg con funzioni di priorità opera-
tiva su una determinata legge, senza tuttavia esclu-
dere dalla competenza generale di base gli altri orga-
ni di pg non citati.
Per essere più chiari e in altre parole, se
oggi nel decreto del ministro dell’Interno il
Corpo Forestale dello Stato e le Polizie Mu-
nicipali e Polizie Provinciali sono – come è lo-
gico e giusto che sia – organi di riferimento
primario per l’applicazione della legge a tu-
tela degli animali, ciò non esime tutti gli altri
organi di pg (Carabinieri, Guardia di Finanza,
Polizia di Stato, Guardia Costiera, Guardia-
parco, e altri statali o locali) dal dovere posi-
tivo di intervento in caso di reati a danno de-
gli animali. E il rifiuto per presunta “incompetenza” sa-
rebbe una grave omissione di atti di ufficio.
2. REATI A DANNO DEGLI ANIMALI:
ASPETTI PROCEDURALI
Abbiamo già rilevato che l’attività della polizia giudi-
ziaria è caratterizzata da un aspetto fondamental-
mente repressivo, al contrario della finalità preventi-
va che è tipica della polizia amministrativa. Ed è pro-
prio laddove l’impegno preventivo della polizia ammi-
nistrativa non è riuscito a impedire il verificarsi di un
reato che interviene la polizia giudiziaria, appunto per
reprimere il reato stesso e comunque per assicurare
alla giustizia i responsabili.
Il cpp tratta della polizia giudiziaria (di seguito pg)
in due diverse parti: nel libro primo, titolo terzo, de-
dicato ai soggetti (artt. 55-59) e nel libro quinto, ti-
tolo quarto, con riferimento all’attività della polizia
giudiziaria nella fase delle indagini preliminari (artt.
347-357).
La pg in tale contesto, opera secondo il disposto di
cui all’art. 55 cpp in una serie di articolate finalità. Ve-
diamole insieme:
1) Prendere notizia dei reati. È il presupposto per av-
viareogniattività.Lapghailpotere-doverediinfor-
marsi sui reati già commessi o in atto. Tale informa-
zionepuògiungeredaunafonteesterna(denunciao
querela di un privato, referto medico, segnalazione
di un pubblico ufficiale ecc.), ma punto importante è
che la pg può, e anzi deve, ricercare tali informazio-
ni anche di propria iniziativa in via del tutto autono-
ma e indipendentemente dalla volontà delle even-
tuali parti lese o soggetti in qualche modo interes-
sati in via diretta o mediata. L’acquisizione della no-
titia criminis fa sorgere l’obbligo in capo alla pg di ri-
Il volume da cui è stato
tratto questo inserto.
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 9
ferirla, senza ritardo e per iscritto, al pubblico mini-
stero (art. 347 cpp). Dunque – per citare un esempio
concreto – ove un organo di pg noti durante il servi-
zio ordinario un reato in atto a danno di un animale,
deve (sottolineiamo “deve” per dovere di ufficio) in-
tervenire direttamente e di iniziativa per reprimere
talereatoedenunciareiresponsabili;ove,invece,un
reato sempre a danno di animali viene denunciato a
un organo di pg con qualunque mezzo (di persona in
via orale o scritta, per telefono o altro), tale organo
analogamente deve intervenire con le medesime fi-
nalità sopra citate.
2) Impedire che i reati vengano portati a conseguen-
ze ulteriori. Ed è naturale. Questa attività rappre-
senta la primaria funzione di pg ed è antecedente
anche alla operatività per ricercare gli autori e as-
sicurare così la pretesa punitiva dello Stato. Per-
ché è logico che prima di attivare il procedimento
perirrogarelasanzione,loStatoimponealproprio
organo di polizia giudiziaria di spezzare il compor-
tamento antigiuridico (e quindi antisociale) posto
in essere e che, dopo, verrà censurato con la pena.
La situazione deve essere riportata, anche forza-
tamente, nella condizione di legalità perché certa-
mente non sarebbe ipotizzabile che lo Stato si at-
tivasse solo per punire i colpevoli ma li lasciasse
nel contempo liberi di continuare a portare avan-
ti le conseguenze antigiuridiche della loro azione.
Sarebbe dunque del tutto illogico che un organo di
pg,avutanotiziadiunreatoinesecuzioneeinatto,
si limitasse a prenderne notizia e a denunciare i re-
sponsabili consentendo la prosecuzione del reato
stessoequindiilprotrarsidellasituazioneantigiu-
ridica in atto in modo indisturbato. Naturalmente
se il reato è allo stato del tentativo, la pg ha il do-
vere di impedire che si consumi l’evento del reato
compiuto; se il reato è in via di consumazione deve
spezzare detta continuazione; se il reato è già sta-
to consumato deve cercare, ove possibile, di ripri-
stinare in qualche modo lo status quo ante a favo-
re della parte lesa. Nei reati a danno degli anima-
li l’esigenza di impedire la continuazione dell’at-
tività illecita assume particolare rilievo per l’irre-
versibilità del danno pubblico che detta condotta
può cagionare. Si pensi ad esempio a un comporta-
mento violento e attivo a danno di un animale che
può portare a sofferenze e/o morte dello stesso.
In tale contesto il sequestro appare uno dei mezzi
più idonei per raggiungere la finalità in esame; se-
questro che, come è meglio specificato in un suc-
cessivo capitolo, può essere eseguito dalla pg per
le finalità in questione sulla base del cpp e di con-
formi sentenze della Cassazione.
È logico che la sfera di azione autonoma della pg
prevista in un’area del codice di procedura penale
(prima dell’intervento del pm) è finalizzata anche
e soprattutto a questo scopo (e gli strumenti che
l’ordinamento offre alla pg in via autonoma – sep-
pur sempre poi sottoposti in via successiva al con-
trollo e al vaglio di conferma del magistrato – con-
fermano che sussiste un momento di urgenza e di
autonomia entro la quale l’organo di polizia giudi-
ziaria non solo può, ma deve operare come sopra
delineato.
3) Ricercadegliautorideireati.Èunpo’l’ulteriorefun-
zione predominante della pg attraverso la quale lo
Stato fa valere il diritto-dovere di azione per attua-
re la pretesa punitiva che deriva dalla violazione
della legge penale (dopo che la violazione di legge è
stata repressa e la situazione antigiuridica riporta-
ta nella legalità). Tale specifica attività deve esse-
re svolta in perfetta sincronia con il pubblico mini-
stero che è il titolare primario della relativa azione.
Tuttavia, nella immediatezza del fatto e prima del-
l’intervento del pm, la polizia giudiziaria opera di
gennaio2012POLIZIAMODERNA10
propria totale iniziativa per ricercare gli autori del
reato appena scoperto.
4) Assicurazione delle fonti di prova. Certamente vi
è una abissale differenza operativa tra il vecchio
e l’attuale codice di procedura riguardo questo
punto. In passato infatti la pg assicurava le prove
e queste, così congelate a iniziativa diretta ed im-
mediata della pg stessa, avevano poi pieno valore
probatorioindibattimento.Oggilecosesonoradi-
calmente cambiate. Le prove si assumono e si for-
mano in dibattimento e quindi la pg deve limitarsi
a individuare e assicurare le “fonti di prova”. Circa
quest’ultimo punto, la pg ne assicura il contenuto
mediante atti di sommarie informazioni, perquisi-
zioni, accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e
sulle persone, sequestri e mediante tutti gli altri
atti consentiti.
In altre parole, per citare un esempio pratico, in pas-
sato la pg ascoltava un testimone a verbale e detto
atto cartaceo era la “prova” che giungeva fino in di-
battimento e poteva essere utilizzata per la deci-
sione da parte del giudice. In pratica, il teste in au-
la di udienza in genere confermava soltanto quanto
già dichiarato in precedenza alla pg e il verbale as-
sumeva così in se stesso un valore di prova diretta.
Oggi questo non è più possibile. Anzi la procedura è
esattamente opposta. Anche se la pg raccoglie una
testimonianza a verbale, questo atto non può esse-
re inserito nel fascicolo del dibattimento utilizza-
to dal giudice, ma può solo essere finalizzato all’at-
tività e al fascicolo del pubblico ministero. In aula di
udienzailtestenonpotràconfermareilverbale(che
il giudice non conosce e non ha come allegato al suo
fascicolo)madovràesporredinuovoinviaintegrale
nel verbale di udienza quanto già dichiarato alla pg.
Edeccoche,dunque,iltestediventa“fontediprova”
e come tale deve essere “assicurato” al dibattimen-
to tramite la individuazione e la identificazione con
conseguente segnalazione circostanziata al pm af-
finché lo citi in dibattimento.
È logico che “fonte di prova” primaria per il pm è
lo stesso operatore di pg che in aula dovrà espor-
re sempre in via integrale tutti i fatti e gli accerta-
menti svolti essendo anche a tale teste inibito di
“confermare” gli atti a propria firma che (salvo ec-
cezione per quelli “irripetibili”) sono rimasti nel fa-
scicolo del pubblico ministero e non sono allega-
ti ai documenti del dibattimento (e quindi non so-
no a disposizione del giudice). Ma anche per gli at-
ti “irripetibili” vige il divieto di lettura da parte del-
l’operatore di pg (salvo per una consultazione par-
ziale “in aiuto alla memoria” per dati e nozioni tec-
niche) e dunque il ruolo di “fonte di prova” resta
sempre inalterato nel contesto della cross exami-
nation dibattimentale.
In tale contesto, nei reati a danno degli animali par-
ticolare e preziosa importanza sostanziale e proce-
durale assumono le foto e i filmati, che sono peral-
tro“attiirripetibili”chepotrannopoiessereacquisi-
ti direttamente dal giudice nel dibattimento penale
e utilizzati al fine del decidere e nella sentenza.
5) Raccogliere quant’altro possa servire all’applica-
zione della legge penale e svolgere attività infor-
mativa dell’autorità giudiziaria. La comunicazione
di notizia di reato al pm rappresenta l’atto conclusi-
vo delle attività (iniziali o definitive) di indagine ed
è finalizzata a mettere al corrente il pubblico mini-
stero dei fatti per consentirgli di decidere se avvia-
re o meno il promovimento dell’azione penale. Un
inciso dalle finalità generali che va senz’altro con-
nesso alla vasta attività della pg collegata all’azio-
ne del pubblico ministero, il quale si basa essenzial-
mente sugli elementi che la pg stessa è in grado di
fornirgli.Peraltrovaancoratenutopresenteilprin-
cipio-cardine che vuole il pm sempre costantemen-
te informato da parte della polizia giudiziaria in or-
dine a notizie di reati, seguiti a tali primarie segna-
lazioni, attività svolta e risultati ottenuti.
3. L’ AUSILIARIO: LA FIGURA
DELLA “PERSONA IDONEA”
A COLLABORARE CON LA PG
Il vasto campo, praticamente indefinibile, dei casi che
possono determinare un intervento operativo della
pg crea a volte difficoltà pratiche allorquando gli or-
gani di polizia giudiziaria si trovino di fronte a fattis-
pecie e materie che non sono in grado di esaminare e
approfondire senza la collaborazione di un tecnico o
di un esperto in materia. E non sempre è possibile re-
perire questo tecnico o esperto all’interno della forza
di polizia operante. Di conseguenza la pg può avvaler-
sidell’operadi“personeidonee”chevengonocomune-
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 11
mente indicate come “ausiliari di pg” (l’art. 348 quarto
comma,cppstabilisceche«lapoliziagiudiziaria,quan-
do,dipropriainiziativaoaseguitodidelegadelpubbli-
co ministero, compie atti od operazioni che richiedo-
no specifiche competenze tecniche, può avvalersi di
persone idonee le quali non possono rifiutare la pro-
pria opera»). Essi operano sotto le direttive e il con-
trollo degli ufficiali di pg e l’accertamento tecnico che
ne consegue deve considerarsi atto dello stesso uffi-
ciale di pg (la cui carenza tecnica è stata integrata dal-
l’apporto del terzo soggetto esterno). È logico che tali
ausiliari, nel momento e a causa della loro opera, sono
considerati pubblici ufficiali.
La definizione rende molto ampio il campo dei sog-
getti potenzialmente adatti per operare giacché non
si richiede necessariamente una particolare qualifica-
zione professionale, ma la categoria degli ausiliari co-
sìdelineataèmoltoampiaepuòriguardarequalunque
soggettochesiaidoneodalpuntodivistadellecapaci-
tàtecniche;dunque,secondoicasieleesigenze,sipuò
richiedereanchelacollaborazioneintegrativadiunfa-
legname per forzare una porta o di un idraulico per si-
gillare una condotta.
Il soggetto nominato non può rifiutarsi di espleta-
re l’incarico ricevuto essendo un pubblico dovere. Se-
condo la dottrina (vedi Vigna-D’Ambrosio) il rifiuto o
il ritardo integra il reato di omissione di atti di ufficio.
Quando ne ricorrono le condizioni, l’ausiliario di pg è
obbligato a mantenere il segreto in ordine all’opera-
zione compiuta (principio generale previsto dall’art.
329 cpp) incorrendo in caso opposto nel reato di cui
all’art. 326 cp.
RicordiamochelaCortediCassazione(pen.,sez.III,
27 settembre 1991, n. 1872 – Pres. Gambino, Est. Po-
stiglione) ha confermato, in relazione ai reati ambien-
tali, che «naturalmente la pg potrà avvalersi di “perso-
ne idonee” nella qualità di “ausiliari” e l’accertamento
tecnico che ne consegue deve considerarsi atto del-
la stessa pg».
Nel campo dei reati a danno degli animali tale figu-
ra può trovare notevole applicazione stante la natura
particolare degli accertamenti, che necessitano a vol-
te di specifiche conoscenze e preparazioni tecniche
per forza di cosa estranee al bagaglio operativo di or-
gani di pg, non selettivamente specializzati allo scopo
(vediadesempiounveterinarioancheprivatoountec-
nico specializzato in biologia o zoologia).
Vasottolineatoche–anostroavviso–lafiguradel-
l’ausiliario finché resta tale in senso stretto non è sog-
getta a pagamento da parte dell’organo che lo ha no-
minato. Si rileva sul punto che l’ordinamento giuridi-
co laddove intende che un soggetto venga remunera-
to per la prestazione svolta a favore dello Stato pre-
veda espressamente un protocollo specifico e moda-
lità preventive (come nel caso, ad esempio, del custo-
de giudiziario o del perito). Nel caso in esame, non es-
sendo invece riscontrabile tale previsione, si deve de-
durre che non sia possibile una contrattazione di tipo
libero-professionale nel contesto dell’ausiliario, que-
sta figura corrisponde a un onere pubblico coattivo
non remunerato. Naturalmente l’onere deve essere li-
mitato nel tempo e come impegno personale, e dunque
deve trattarsi di un contatto veloce per esigenze con-
tingibilieurgenti.
Laddove, invece, si presenti la necessità di impe-
gnare il collaboratore per maggiore tempo e/o ela-
borati più approfonditi cessa la figura istituzionale in
esame e lo stesso va considerato come un vero e pro-
prio consulente; di conseguenza, appare opportuno a
questopuntofarregolarizzarelasuafiguradalpmche
può nominarlo proprio consulente anche per via breve
telefonica (seguirà poi atto formale) con contestua-
le delega all’organo di pg; dal quel momento il sogget-
to opererà come consulente ufficiale, remunerato se-
condo i protocolli di rito dall’ufficio della Procura. Ov-
Traffico clandestino di cuccioli di cane dall’Europa dell’Est.
gennaio2012POLIZIAMODERNA12
viamente sarà opportuno nominare ausiliario un sog-
getto sostanzialmente estraneo ai fatti. Anche un di-
pendente di altra amministrazione può essere nomi-
nato ausiliario con la conseguenza che l’attività posta
in essere non è da considerarsi propria dell’ufficio di
tale soggetto ma resterà sempre attività diretta del-
l’organo di pg procedente atteso che, peraltro, la no-
mina viene effettuata dallo stesso organo di pg. Il ri-
corsoagliausiliarideveesserefattoconprudenza,ma
anche auspicando una sempre più diffusa specializza-
zione delle forze di polizia nel settore specifico.
4. L’IMPORTANZA
DELLA GIURISPRUDENZA
Tutte le sentenze emesse dai Tribunali e dalle Corti di
Appello formano la giurisprudenza che si chiama «di
merito». Tutte le sentenze emesse dalla Corte di Cas-
sazione formano la giurisprudenza che si chiama «di
legittimità». Ogni sentenza (che può essere lunga de-
cine di pagine) è poi riassunta in un estratto di poche
righechesichiama“massima”.Le“massime”dellaCas-
sazione sono naturalmente più autorevoli perché pro-
vengono dall’organo di vertice.
La giurisprudenza, sia chiaro, non può creare inno-
vazioni legislative. Tuttavia esercita un ruolo fonda-
mentale per due motivi: da un lato, orienta l’interpre-
tazionedelleleggiversoundeterminatoindirizzoper-
ché non sempre è palese e univoco il dettato di una
norma; dall’altro, consente di supplire parzialmente a
delle carenze normative creando applicazioni di nor-
me parallele e similari in quel vuoto legislativo in via
interpretativa e consentendo pertanto possibilità di
azione sia alla pg che alla magistratura.
È importante seguire i passi più noti e rilevanti del-
la giurisprudenza da parte di tutti, compresi gli attivi-
sti delle associazioni animaliste e la polizia giudiziaria,
perché possono trarsi da queste letture spunti e mezzi
utilissimi sia a livello procedurale che di applicazione di
norme nella loro sostanza. (Si pensi, ad esempio, al fat-
tochenegliultimidecennilagiurisprudenzahacreatodi
fatto una evoluzione applicativa importante delle vec-
chienormeatuteladeglianimali,anticipandodifattole
successive evoluzioni legislative; e si può vedere come
anche in altri campi la giurisprudenza abbia creato una
realtà processuale completamente nuova, non codifi-
cata, ma da applicare comunque da parte della pg che
nonpuòenondeveignorarequesta realtà).
La filosofia di fondo del presente lavoro è dunque
anche quella di fornire una informazione operativa in
sinergia tra testo di legge e giurisprudenza correlata
e per tale motivo ampio spazio è dedicato alle massi-
me delle sentenze.
Non è vero che questo settore è riservato ai magi-
strati e agli avvocati. Riteniamo che un attivista di as-
sociazione animalista e un operatore di pg che si limiti
alla stretta lettura del testo di legge senza integrarlo,
perlomenoneipuntipiùrilevanti,conl’esamedellagiu-
risprudenza della Cassazione non ha assunto le infor-
mazioni utili per un’azione corretta e aggiornata.
Ancora oggi molti privati e associazioni e molti or-
gani di polizia giudiziaria non ricollegano alla lettura
della giurisprudenza l’importanza che essa rappre-
senta ai fini della loro attività operativa. Anzi, al con-
trario, molto spesso si tende a manualizzare o pron-
tuarizzare in modo schematico ed estremamente
semplificato il dettato normativo (nel basilare e aset-
ticorapportotraprecetto,sanzioneeprocedura)sen-
za soffermarsi, invece, in un’analisi caso per caso (si
sottolinea: caso per caso) di tutti gli elementi non solo
oggettivi e soggettivi dell’evento in corso di accerta-
mento,maanchedellaconnessaspecificacostruzione
giuridica a esso ricollegabile.
Questa costruzione giuridica nel campo della tute-
lagiuridicadeglianimaliingeneralequasimaipuòpre-
scindere dalla conoscenza e dalla lettura anche del-
la giurisprudenza oltre che del testo normativo. Igno-
rare o comunque non tenere in debita considerazione
Dal 2012, le galline ovaiole dovranno essere allevate a terra,
senza illuminazione artificiale forzata.
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 13
la giurisprudenza sui casi concreti almeno più rilevan-
ti, da un lato, significa perdere l’occasione di conosce-
re (e poter applicare) principi procedurali e sostanziali
utili che sulla norma non ci sono (e sono dettati appun-
todallagiurisprudenza)e,dall’altro,dicommettereer-
rori a volte determinanti sulla esatta individuazione
della qualificazione giuridica del reato.
5. LA RILEVANZA PRIMARIA
DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO ANCHE
NEI REATI A DANNO DEGLI ANIMALI
I due elementi costitutivi del reato
Molto spesso sia chi opera una denuncia, sia la polizia
giudiziaria concentrano particolare attenzione e gran
parte degli accertamenti sulla verifica dell’elemento
oggettivo del reato, sottovalutando e in qualche ca-
so ignorando addirittura del tutto gli aspetti inerenti
l’elemento soggettivo. Si tratta di un grosso limite al-
l’efficacia delle indagini che può tradursi, e anzi spes-
so si traduce in dibattimento, in una situazione di in-
completezzageneraledelsupportoprobatoriososte-
nuto dal pubblico ministero.
In realtà va sottolineato che ogni reato si compo-
ne di due elementi: uno oggettivo e l’altro soggettivo.
L’elemento oggettivo, naturalmente, essendo connes-
so alla materialità storica del fatto illecito posto in es-
sere, rappresenta realtà di più immediata percezione e
di più diffusa attività di accertamento probatorio. Ma
nelcontemposideverilevarechenelcampopenalenon
vi è, e non vi può essere, responsabilità se a carico del
soggetto denunciato non si ravvisa, e soprattutto non
si prova,la sussistenza del dolo o della colpa.
Infatti il dolo e la colpa rappresentano gli elemen-
ti soggettivi costituenti parte rilevante e primaria
di ogni reato. Detti elementi, al pari del collaterale
aspetto oggettivo, devono essere provati già a livello
iniziale dalla polizia giudiziaria prima in sede di indagi-
ni e dal pubblico ministero dopo in fase dibattimenta-
le:nonsipuòdifattoinvertirel’oneredellaprova,ope-
rando esclusivamente una denuncia asettica del fatto
basataesclusivamentesuglielementioggettivierite-
nendo per implicita e scontata la responsabilità auto-
matica del soggetto connesso a tali fatti. Al contrario
lapgprima,eilpubblicoministerodopo,devonoacqui-
sire di propria iniziativa tutti gli elementi specifici che
dimostrino come lo stesso soggetto abbia agito con
dolo o con colpa e che quindi vi sia una connessione di-
retta tra il suo comportamento soggettivo e quel fat-
to illecito posto in essere e denunciato.
Va sottolineato che cagionare dinamicamente un
eventononsempreequivaleautomaticamenteaesse-
repenalmenteresponsabiledellostesso.Serveinfatti
la “colpevolezza” e questa va individuata in prima bat-
tuta dalla polizia giudiziaria. In diversi casi la pg sot-
tovaluta questo aspetto, ritenendo scontato che ca-
gionare equivale a essere responsabile, e non appro-
fondisce dunque l’elemento soggettivo. In questo mo-
do si inverte l’onere della prova e spesso la sentenza –
nonostantelachiaraedocumentataoggettivitàstori-
ca del fatto – esonera il soggetto denunciato dalla re-
sponsabilità penale per assenza di prove sull’elemen-
to soggettivo.
La colpevolezza: aspetto spesso sottovalutato
dalla pg nel campo dei reati a danno
degli animali e dell’ambiente
Moltospessolapginsedediaccertamentoedenuncia
dei reati a danno degli animali sottovaluta – dunque –
la necessità di accertare e dimostrare la colpevolezza
nella comunicazione di notizia di reato, presumendo
(erroneamente) che esista una specie di responsabili-
tà oggettiva in base alla quale solo sulla base del fat-
to che il soggetto ha cagionato dinamicamente l’even-
to penalmente illecito, ne è automaticamente respon-
sabile. E sarà suo onere dimostrare semmai il contra-
rio. Invertendo così l’onere della prova.
Questoèprofondamentesbagliato.Infattiperchési
abbia un reato, in base al principio di personalità della
responsabilitàpenale,occorrelapossibilitàdimuovere
un qualche rilievo al soggetto agente, a carico del qua-
le si deve rilevare (a opera della pg) un atteggiamento
psicologico rimproverabile (cosiddetto elemento sog-
gettivo), vale a dire la colpevolezza. E questo perché
nel nostro ordinamento nessuno può essere punito per
un’azione od omissione prevista dalla legge come rea-
to, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Dun-
que l’applicazione della sanzione penale è strettamen-
te e inevitabilmente collegata a una libera scelta indivi-
dualeepuòessereconnessasemplicementeeautoma-
ticamenteaunprocessodicausalitàmateriale(chepo-
trebbe essere non controllabile dall’agente).
gennaio2012POLIZIAMODERNA14
Ecco dunque che in questo contesto appare di im-
portanza primaria la colpevolezza, intesa come l’at-
teggiamento – a livello di volontà – antidoveroso del
soggetto agente, che ha poi cagionato dinamicamen-
te il fatto-reato.
La colpevolezza può assumere diverse forme: il do-
lo e la colpa sono quelle di diretta e comune inciden-
za nei reati ambientali (sussiste poi anche la preterin-
tenzione, presente nell’art. 544 ter cp ultimo comma
– maltrattamento aggravato dalla morte: il delitto è
preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dal-
l’azione od omissione deriva un evento dannoso o pe-
ricoloso più grave di quello voluto dall’agente).
Il dolo e la colpa
Il dolo è la coscienza e volontà dell’azione e, dunque,
sussiste una volontà specifica e preordinata dell’in-
dividuo verso quello specifico evento illecito; la col-
pa è imprudenza, negligenza, imperizia, inosservan-
za di leggi, regolamenti, ordini o discipline, per la sus-
sistenza del reato colposo, quindi, occorre che manchi
la volontà dell’evento, in quanto tale volontà caratte-
rizza il dolo.
Quando il soggetto pone in essere, a livello com-
portamentale, un’attività basata sul-
l’uno o sull’altro aspetto automati-
camente scatterà a suo carico la re-
sponsabilità penale (dolosa o colpo-
sa) per quel fatto che oggettivamen-
te siamo andati ad accertare. Ma è la
pubblica accusa che deve ricercare le
provedellaresponsabilitàsoggettiva
e non viceversa.
In molti reati a danno degli animali
il dolo eventuale rappresenta un con-
cetto di primaria importanza per di-
mostrare la realizzazione di tali il-
leciti a livello di elemento soggetti-
vo. In difetto di tale dimostrazione, e
con elementi basati solo sull’elemen-
to oggettivo, il reato non verrà rico-
nosciuto come integrato a carico del
soggetto denunciato che verrà dun-
que assolto o prosciolto.
Senza addentrarci troppo in com-
plicatedisquisizionisuivaritipidido-
lo (che rischierebbero di complicare il quadro e di por-
tarci fuori strada), va premesso che come concetto
di base il dolo ordinario vede la volontà del sogget-
to agente come diretta proprio verso la realizzazione
dell’evento. Nel dolo eventuale, invece, la volontà del
soggetto non era rivolta direttamente all’evento, ma
il soggetto ne ha accettato consapevolmente il verifi-
carsi in termini di probabilità (superando di gran lunga
il confine con la colpa cosciente). Infatti il dolo even-
tuale si ha quando l’agente pone in essere una con-
dotta per altri fini, ma sa che vi sono dirette e preci-
se possibilità o probabilità che dalla sua condotta di-
scendano eventi ulteriori e tuttavia accetta il rischio
di cagionarli. Esiste – pertanto – un’accettazione con-
sapevole della verosimile attuabilità dell’evento e tale
dato fa differire questa figura dalla apparentemente
simile colpa cosciente. Qui il soggetto decide di agire
comunque e a ogni costo e pur ponendo in essere una
condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la con-
cretaequasicertapossibilitàdelverificarsidiulterio-
ri conseguenze della propria azione e, nonostante ciò,
agisce accettando il rischio elevatissimo di cagionar-
le. Il pensare alla possibilità che si verifichi un evento e
agire a costo di esso in piena coscienza e volontà.
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 15
In questo contesto, con il dolo eventuale, si richie-
de l’accettazione potenziale dell’evento, sia pure nel-
la forma indiretta, e questa deve essere, perciò, con-
venientemente dimostrata attraverso gli elementi di
prova comunemente impiegati nella ricostruzione del
dolo. Tale adempimento – che resta onere della pg –
non può essere snaturato nella pratica attraverso una
scorciatoia procedurale improntata a una presunta e
automatica responsabilità oggettiva, ma va delinea-
to nella comunicazione di notizia di reato che l’azione
è stata basata sul pensare alla possibilità che si verifi-
chi un evento e aver agito a costo di esso in piena co-
scienzaevolontà.Ecioèchel’agente,ponendoinesse-
re una condotta diretta ad altri scopi, si è rappresen-
tato la concreta e quasi certa possibilità del verificar-
si di una diversa conseguenza della propria condotta
e, ciononostante, abbia agito accettando il rischio o la
quasi certezza di cagionare l’evento. Va delineata co-
sì la commissione di un crimine eseguito senza un’in-
tenzione diretta, ma con la ragionevole certezza che
dal proprio comportamento non poteva che scaturi-
re il crimine medesimo: e tutto ciò è poi assimilabile al
dolo vero e proprio a tutti gli effetti di norme sostan-
ziali e procedurali.
La necessità per la pg di approfondire caso per
caso gli aspetti soggettivi
Si potrebbe continuare a lungo, ma l’esemplificazio-
ne manualistica testé esposta conferma come non è
sufficiente accertare il fatto storico in se stesso, ma
in qualche modo la posizione comportamentale diret-
ta o implicita del soggetto titolare deve essere subito
e preventivamente vagliata e congelata a livello di si-
stema probatorio.
Soltanto dopo che tutti gli elementi oggettivi e
soggettivi, in sinergia, sono stati appurati e acquisiti
la polizia giudiziaria avrà sostanzialmente completa-
to le indagini e fornito al pubblico ministero un quadro
completo della situazione del fatto reato accertato e
fornirà allo stesso pm tutti gli elementi necessari per
poi essere tradotti dal pubblico ministero o nell’eser-
ciziodell’azionepenaleinseguitosostenutaindibatti-
mentodallapubblicaaccusao,alcontrario,perl’imme-
diataarchiviazionedelcasoovenonsiravvisinoestre-
mi di responsabilità soggettiva specifica.
Limitarsiesclusivamenteadocumentaregliaspetti
esterioridelreatoequivaleaunaindagineparzialeche
in dibattimento necessiterà inevitabilmente di suc-
cessivi accertamenti sugli elementi soggettivi.
Molto spesso ciò si traduce, di fatto, in una possi-
bile dichiarazione di estraneità formale come verità
processualedelsoggettodenunciatodifrontealfatto
reato oggettivamente rilevato e documentato in mo-
doinoppugnabileversoilqualelapg(ediconseguenza
il pm) non sono stati in grado di fornire in aula, sempre
a livello di verità processuale, la prova della responsa-
bilità soggettiva dell’imputato specifico.
6.UCCISIONEDIANIMALI
(ART.544BISCP)
L’animalicidio
Il primo reato che apre il nuovo capo a tutela degli ani-
mali è l’art. 544 bis cp sotto il nomen iuris di “Uccisio-
ne di animali”, stabilisce che “Chiunque, per crudeltà o
senza necessità, cagiona la morte di un animale è pu-
nito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Non
può non riconoscersi come il suo dettato letterale ri-
calchi la fattispecie di cui all’art. 575 del codice pena-
le “omicidio” che punisce ‘‘chiunque cagiona la morte
diunuomo’’,einfattièstatoribattezzatodalladottri-
na più recente con il neologismo di “animalicidio” (Pi-
storelli Guida al Diritto 2004 n. 33 p. 21). Rispetto al-
la precedente disciplina l’uccisione di animali diventa
così, finalmente, un’autonoma ipotesi di reato, men-
tre nella precedente formulazione non era punibi-
le autonomamente ma comportava solo un aggrava-
mento della pena del reato di maltrattamento, se at-
tuata con gravi sofferenze. Quest’articolo colma così
unagraveeinspiegabilelacunadelnostroordinamen-
to per cui, prima dell’introduzione della norma, l’ucci-
sione immotivata di animali propri non era sanziona-
bile né ai sensi dell’art. 638 cp che punisce solo l’ucci-
sionedianimalialtrui,néaisensidell’art.727cpseat-
tuata senza gravi sofferenze, ad esempio con meto-
di indolore. Tale vuoto normativo fu anche oggetto di
una questione di legittimità costituzionale, risoltasi
peròconladichiarazioned’inammissibilitàdiunasen-
tenza additiva in malam partem da parte della Cor-
te Costituzionale (Corte Costituzionale sentenza n.
411/95)chenonhapotutofarealtrocheribadirelasua
impossibilità all’introduzione di nuove fattispecie pe-
gennaio2012POLIZIAMODERNA16
nali (Aldo Natalini Diritto e Giustizia, estratto su leg-
ge 189 del 2004, Stop ai maltrattamenti di animale).
Il reato di uccisione di animali è un reato a forma li-
bera, incentrato sulla condotta di cagionare, conside-
rando ogni tipo di azione collegata all’evento morte
dell’animale da un nesso di causalità. Assai rilevante
e da tener presente è dunque l’ampia prospettiva del
verbo cagionare, condotta tipica del reato de quo, che
porta alla penale rilevanza di molte-
plici azioni od omissioni, potendo ta-
le condotta essere costituita sia da
un’azione sia da un’omissione, come
confermato dalla Corte di Cassazio-
ne con una rilevante pronuncia per cui
“il nuovo delitto si configura come reato a dolo spe-
cifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità
e della vita dell’animale – che può consistere sia in un
comportamento commissivo come omissivo – sia te-
nuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è te-
nuta, come nel caso in esame, senza necessità’’. (Cass.
Pen Sez III Presidente E. Papa, Relatore M. Margheri-
ta. n. 44822/07). Dunque, aspetto di non poca impor-
tanza per gli operatori di settore, il reato in esame po-
trà essere integrato anche da una condotta omissiva
ad esempio di incuria e abbandono come confermato
da un costante orientamento giurisprudenziale in me-
rito. È stato infatti riscontrato il reato di uccisione di
animali ai sensi dell’articolo 544 bis cp nel caso di un
canedacacciatenutosegregatoconaltriinunastanza
senza cibo né luce e successivamente morto d’incuria
e disidratazione (Trib. di Treviso Dpc 2005), mentre il
TribunalePenalediRomahacondannatoperuccisione
di animale il proprietario di un gatto colpevole di aver-
ne causato la morte avendolo lasciato morire di inedia
nella propria abitazione. Non pare inoltre superfluo
precisarecome,perquantoriguardalacausalitàomis-
sivaexart.40,comma2,delcodicepenaleinrelazione
all’art. 544 bis, ter e art. 727 cp questa si ravvisa ogni
qual volta si integri la violazione dell’obbligo di agi-
re, di impedire il verificarsi
dell’eventodannodimortee
maltrattamento,inviolazio-
ne del cosiddetto obbligo di
garanzia del soggetto, ge-
neralmente il padrone del-
l’animale, ma ben può trat-
tarsi anche del gestore di un
canile che ha la responsabi-
lità dei cani in custodia o del
medico veterinario che ave-
va il controllo sanitario sugli animali da esso possedu-
ti e dunque anche la responsabilità sul loro benesse-
re. In tali casi occorre identificare, oltre la ricostruzio-
neinviameramenteipoteticadell’efficaciadeltratta-
mento omesso, l’individuazione delle condotte positi-
ve che, se poste in essere, avrebbero evitato il produr-
si degli eventi danno, quali le cure più basilari e il nutri-
mento e sostentamento agli animali eventualmente
morti per inedia. Ininfluente, al fine della rilevanza pe-
nale della condotta, il mezzo impiegato per cagionare
il decesso, che può essere fisico, diretto o indiretto, e
il fine dello stesso.
È evidente che in linea di massima comportamen-
ti cruenti consisteranno in condotte positive come il
colpire un animale, mentre quelli non necessitati po-
tranno consistere anche in una condotta omissiva co-
me precedentemente esposto.
Essendo l’evento morte il momento in cui si consu-
ma tale reato sarà configurabile il tentativo, sia nel-
la forma del tentativo compiuto che incompiuto, con
logiche ripercussioni in tema di intervento delle for-
ze di polizia giudiziaria che, su denuncia di privati o
di propria iniziativa, ai sensi dell’art. 55 cpp potran-
no/dovranno intervenire sul nascere della condot-
ta criminosa per impedire il consumarsi dell’evento
morte, ad esempio compiendo un sequestro preven-
tivo d’urgenza ex art. 321 cpp ed ovviamente a tal fi-
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 17
ne sarà necessario l’accertamento concreto sull’ido-
neità dell’azione posta in essere dall’agente.
Ciò considerato non può non rilevarsi come l’intro-
duzione del reato di “animalicidio” configura una scel-
ta di tecnica di tutela assai intensa seppur come è ov-
vio, non sarà punita l’uccisione di animale di per sé, ma
soltanto quella ingiustificata o in alternativa crude-
le, in base ai requisiti di illiceità speciale previsti dalla
norma, che saranno di seguito analizzati. Per quanto
riguarda l’uccisione di animale a opera di altro anima-
le sfuggito al custode, in linea di principio non dovreb-
berientrarenell’ipotesidireatoinoggetto,trattando-
si di evento colposo che può generare però una forma
di responsabilità civile (art. 2052 del codice civile), ma
andrà comunque effettuato un accertamento atten-
to caso per caso, in quanto nulla vieta che l’animale sia
stato utilizzato come arma per uccidere, senza neces-
sità o con crudeltà, un altro animale.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo la fat-
tispecie in esame prevede il dolo nella forma del do-
lo generico inteso non come la necessaria e specifica
volontà di cagionare l’evento morte, essendo invece
sufficiente per la responsabilità penale la previsione
che l’azione o omissione intrapresa anche per altre
finalità comporti anche la mera possibilità del rav-
visarsi di tale evento, anche a titolo di dolo eventua-
le inteso quale mera accettazione del rischio di veri-
ficazione dell’evento come conseguenza di una pro-
pria condotta. Esula invece, dall’ambito di applicazio-
ne della norma, l’uccisione meramente colposa, tut-
tavia, l’ammissibilità del dolo eventuale, assai vicino
all’atto pratico alla “colpa cosciente”, potrebbe con-
sentire la punibilità di comportamenti limite, qualo-
ra di oggettiva gravità.
La reclusione prevista è stata innalzata dalla leg-
ge n.201 del 2010, legge diratifica edesecuzione della
Convenzione europea per la protezione degli animali
da compagnia dai quattro mesi ai due anni di reclusio-
ne.Nonsonoammessemisurediarrestoomisurecau-
telari, mentre la competenza è del giudice monocrati-
co su citazione diretta del pm.
7. MALTRATTAMENTO DI ANIMALI
(ART. 544 TER CP)
Caratteri generali della norma
L’articolo 544ter cp rubricato “Maltrattamento di
animali” stabilisce letteralmente che ‘‘Chiunque, per
crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un
animale ovvero lo sottopone a sevizie o a compor-
tamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le
sue caratteristiche etologiche è punito con la reclu-
sione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000
a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque
somministra agli animali sostanze stupefacenti o
vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procu-
gennaio2012POLIZIAMODERNA18
rano un danno alla salute degli stessi. La pena è au-
mentata della metà se dai fatti di cui al primo com-
ma deriva la morte dell’animale’’. L’articolo punisce
chiunque, per crudeltà o senza necessità, maltratti in
svariati modi un qualunque animale, sia con condot-
ta attiva che omissiva, per cui per ravvisarsi maltrat-
tamento non è necessaria l’azione materiale di ca-
gionare lesione fisica a un animale, ad esempio per-
cuotendolo o colpendolo, ma è anche sufficiente la-
sciarlo soffrire per inedia e mancanze di cure attra-
verso una condotta omissiva consapevole delle infli-
zioni poste. Trattasi di una norma penale mista, con-
tenendo diverse previsioni, consistenti alternativa-
mente al primo comma nel cagionare una lesione a
un animale o nel sottoporlo a sevizie, fatiche, o com-
portamenti insopportabili per le sue caratteristiche
etologiche, mentre al secondo comma sono previste
la condotta di somministrazione di stupefacenti, e la
sottoposizione dell’animale a trattamenti che crea-
no un danno alla sua salute, in questi ultimi casi è im-
portante notare come si prescinde dai requisiti di illi-
ceità speciale, necessari invece per le prime due con-
dotte, per cui ci si richiama a quanto riferito in tema
di uccisione di animale. Il maltrattamento di anima-
li, da semplice contravvenzione assurge oggi al ran-
go di delitto con la previsione della reclusione da tre
mesi a diciotto mesi o della multa da 5.000 a 30.000
euro, come previsto dalla legge n. 201 del 2010, pena
eventualmente aggravata dalla morte dell’animale
maltrattato. Importante sottolineare in particolare
nel caso di maltrattamento mediante condotta atti-
va (es. colpire o ferire un animale) come per il perfe-
zionarsi del reato sia sufficiente un’unica condotta,
potendo consistere in reato istantaneo o permanen-
te a seconda dei casi, a differenza del reato di mal-
trattamenti in famiglia (art. 572 cp) reato abituale in
cui sono richieste più condotte reiterate.
La prima fattispecie considerata consiste nel ca-
gionare una lesione, sulla falsariga del reato di cui al-
l’art 582 cp “lesione personale”, per cui è importan-
te analizzarne il contenuto per capire la portata ap-
plicativa della norma. È ormai consolidato che il con-
cetto di lesione utilizzato dal legislatore possa esse-
re individuato attraverso gli stessi criteri che quali-
ficano le lesioni in altre disposizioni del codice pena-
le, come ogni apprezzabile diminuzione dell’integri-
tà psicofisica dell’animale. Nella sentenza del Tribu-
nale penale di Torino in composizione collegiale del
25 ottobre 2006 i giudici confermano che le lesio-
ni, di cui si parla nell’articolo indicato, non sono ne-
cessariamente fisiche (comunque presenti negli ani-
mali sequestrati e poi confiscati) bastando la mera
sofferenza dell’animale causata anche da una con-
dotta omissiva di abbandono e incuria degli anima-
li di cui si è responsabili e “garanti”, in quanto la nor-
ma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi in
grado di percepire dolore (Cas. Pen. Sez. III senten-
za 3/12/2003 n. 46291). A questa tesi accedeva an-
che la giurisprudenza di legittimità più consolidata
fin dal 1998, che riferendo in ordine al reato in esame,
rilevava che per la configurabilità dello stesso “non è
necessaria la lesione fisica dell’animale essendo suf-
ficiente una sofferenza in quanto la norma mira a tu-
telare gli animali quali esseri viventi capaci di perce-
pire con dolore comportamenti non ispirati a simpa-
tia, compassione e umanità” (cfr. ex multis, Cas. Pen.
Sezione III 2003 n. 46291). Dunque la nuova legisla-
zione sul maltrattamento non prevede la necessità
di una lesione all’integrità fisica, essendo sufficien-
te una lesione di tipo ambientale e comportamenta-
le derivante da condotta attiva o omissiva, aspetto
molto importante per l’accertamento del reato sul
campo da parte degli operatori di settore (autorità
giudiziaria e polizia giudiziaria, guardie zoofile volon-
tarie, medici veterinari ed enti esponenziali). A con-
ferma di tale assunto anche la Cassazione Penale, se-
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 19
zione III, n. 25229/05 che ha rinve-
nuto il concorso formale dei rea-
ti di cui agli articoli 544 ter cp e
727, comma 2 cp per la condotta
omissiva del gestore di un canile
che deteneva i propri cani in stato
di denutrizione in celle fatiscenti
buie e anguste, nonché il Tribuna-
le di Montebelluna che ha emesso
decreto penale di condanna (dpc
14.6.2006) per maltrattamento di
animali dovuta alla condotta omis-
siva nei confronti di due husky pri-
vati di acqua, cibo, luce e cure, e il
Tribunale di Monza il 23.11.2006
che ha condannato ex art. 544 ter
cp un cacciatore colpevole di aver
tenuto in assoluto degrado il suo cane da caccia.
Inmeritoallacondottadisottoposizioneasevizieo
a fatiche o a comportamenti insopportabili per le ca-
ratteristiche etologiche contenute nell’art. 727 cp, la
sevizia si contraddistingue per la brutalità dell’azione.
Il secondo comma dell’articolo in esame prevede poi
per la prima volta il reato di “doping” a danno di anima-
li, reato di pericolo essendo ritenuta la condotta peri-
colosa di per sé e per cui si prescinde dal concetto di
necessità o di crudeltà, orientato a reprimere le com-
petizioni con animali legati alla zoomafia e alle scom-
messe clandestine, infatti i primi effetti di queste di-
sposizioni si sono avuti in casi di detenzione illecita di
uccelli dopati per esaltarne le doti canore. Per quanto
riguarda il reato di sottoposizione dell’animale a trat-
tamenti che creano un danno alla sua salute, questo è
stato ritenuto dalla più recente giurisprudenza reato
di condotta analogamente al reato di doping previsto
dal medesimo articolo, per cui non è necessario il veri-
ficarsi concreto dell’evento di danno “essendo suffi-
ciente porre in essere trattamenti idonei per caratte-
ristiche intrinseche e modalità di applicazione a porre
in essere condotte di per sé lesive dell’integrità fisica
dell’animale” (Tribunale penale di Bologna, sentenza n.
2555 – 08/10/07).
In relazione all’elemento soggettivo dell’art. 544
ter cp nelle sue varie disposizioni, analogamente a
quanto disposto per l’art. 544 bis cp “uccisione di ani-
mali”, sono escluse le forme colpose di negligenza,
imprudenza e imperizia, ma è pre-
visto il dolo, anche eventuale inte-
so come previsione del rischio di
maltrattare un animale mediante
propria condotta, e accettazione
dello stesso. Al di là della crudeltà
(dolo specifico si agisce con il fine
di essere crudeli – cfr. Trib. Pen To-
rino 25/10/06), il secondo requisi-
to soggettivo ovvero la mancanza
di necessità è alternativo al primo
e non è a esso assimilabile, in quan-
to il suo presupposto è la coscien-
zaevolontàdelleazioni(dologene-
rico) in assenza di giustificati mo-
tivi, e perciò ad esempio nelle con-
dotte omissive sarà sufficiente la
coscienza che le proprie colpevoli omissioni causano
gravi sofferenze agli animali, e l’accettazione di es-
se, (Tribunale penale di Torino cit.), anche a titolo di
rischio (cfr. dolo eventuale).
Il terzo comma dell’art. 544 ter prevede una circo-
stanza aggravante a effetto speciale, che porta a un
aumento fisso della metà della pena, che si concreta
nell’ipotesi in cui dalle condotte del comma 1 dell’ar-
ticolo in questione derivi la morte dell’animale, come
ipotesi di vera e propria preterintenzione, che deno-
ta l’intento fortemente sanzionatorio del legislato-
re. Tale aggravante sussiste solo se la morte dell’ani-
male è conseguenza non voluta del maltrattamento,
e della quale l’agente neppure ha accettato il rischio,
in caso contrario, evidentemente, si configurerebbe
il reato di uccisione di animali ex art. 544 bis cp.
8. ABBANDONO DI ANIMALI
(ART. 727 COMMA 1 CP)
L’art. 727 cp era, ed è ancora, inserito nel terzo libro
del codice penale nel capo II, sezione I, dedicate al-
le “Contravvenzioni concernenti la polizia dei costu-
mi”, ma nonostante ciò può essere estesa (soprat-
tutto alla luce del mutato contesto sociale) sino a tu-
telare il sentimento di comune pietà verso gli anima-
li in linea con le pronunce della Cassazione (cfr. Cass.
Pen. Sezione III sentenza del 14 marzo 1990) per cui
‘‘l’art. 727 cp è norma diretta alla tutela dell’animale
in quanto tale e cioè come essere vivente”. Tale pre-
gennaio2012POLIZIAMODERNA20
visione punisce con la pena detentiva dell’arresto fi-
no a un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 eu-
ro “chiunque abbandona animali domestici o che ab-
biano acquisito abitudini della cattività”. Prosegue la
norma affermando: “Alla stessa pena soggiace chiun-
que detiene animali in condizioni incompatibili con la
loro natura, e produttive di gravi sofferenze”. Tale
fattispecie, in quanto contravvenzione è punita sia a
titolo di dolo che di colpa, rendendo punibili tutti que-
gli atti colposi d’incuria e negligenza che danneggia-
no l’animale. Un’importante sentenza della Cassazio-
ne in merito (Cass Pen. Sez. III n. 21744 /05) stabilisce
che “la detenzione di animali in condizioni incompati-
bili con la loro natura e produttive di gravi sofferen-
za può sicuramente essere ascritta anche a condot-
te colpose dell’agente in una delle connotazioni del-
l’art. 43 cp” cassando così una pronuncia di merito
che aveva ritenuto che non integrasse reato de quo il
trasporto di cani in condizioni incompatibili, mancan-
do il requisito del dolo.
Le sanzioni sono sensibilmente elevate rispetto al-
la previsione precedente, comprendendo la pena pe-
cuniaria da 1.000 a 10.000 euro alternativa alla pena
dell’arresto fino a un anno, la prescrizione passa da
due a tre anni elevabili a quattro anni e mezzo in ca-
so d’interruzione, essendo l’illecito punibile con pena
alternativa è consentita mediante il prezzo di 5.000
euro l’estinzione del reato me-
diante oblazione discrezionale
ex art. 162 bis cp. Un aspetto ri-
levante dell’art. 727 cp è che, se-
condo l’art. 3 legge 189 del 2004
che introduce l’art. 19 ter disp
coord cp che individua il rappor-
to di specialità tra reati di cui
al titolo IX bis del cp e norma-
tiva speciale, la sussistenza di
una disciplina speciale di setto-
re esclude unicamente le norme
contenute nel titolo IX-bis cp la-
sciando in vigore così l’art. 727
nella sua nuova formulazione,
che è dunque sempre applicabi-
le. La prima condotta tipica con-
stanell’abbandonodianimalido-
mestici o che abbiano acquisito
l’abitudine alla cattività, con questa precisazione ve-
diamocomelanormapuòritagliarsisiasuanimalipro-
priamente detti d’affezione sia su animali che, sebbe-
ne selvatici o esotici, abbiano perso l’attitudine alla
sopravvivenza propria degli animali liberi. Per quanto
riguarda il rapporto tra l’art. 727 cp e l’art. 5 legge 281
del 1991 che sanziona in via amministrativa l’abbando-
no, attraverso la parziale abrogazione per incompati-
bilità dell’illecito amministrativo, prevale così la nor-
ma penale. Presso il Tribunale di Roma è attualmente
in corso un processo per abbandono ex art. 727 com-
ma 1 cp molto importante che riguarda il concetto di
abbandono in relazione agli animali ereditati in segui-
to alla morte di un congiunto, a carico di un soggetto
il quale, a seguito della morte della sorella ne eredita-
va la casa e i suoi gatti, che allontanava dall’abitazione
dellapredetta,noncurandosidifornirelorol’adeguata
assistenza, abbandonandoli in strada, e conseguente-
mente alla sua condotta conseguivano, per i suddetti
animali, gravi sofferenze e per alcuni anche la morte.
La Cassazione (Cassazione Penale, Sez. III, sent.
n. 3969/06) ha condannato per abbandono un uomo
che ha lasciato all’interno di un canile la propria ca-
gnetta ferita, che non voleva più curare. Nonostan-
te la difesa sosteneva non poteva trattarsi di abban-
dono, ma piuttosto di un deposito al canile pubblico,
e che il giudice di merito erroneamente aveva ravvi-
sato l’illecito penale in conside-
razione della sofferenza infer-
ta all’animale per essere stato
allontanato dai padroni, in as-
senza di pericolo per l’incolumi-
tà del cane abbandonato, i giu-
dici di legittimità hanno stabili-
to che, essendo stato accertato
che il cane era stato abbandona-
to di nascosto nel recinto in cui
erano custoditi altri cani randa-
gi, non poteva trattarsi di conse-
gna al canile pubblica, e tale ge-
sto comportava un indubbio pe-
ricolo per il cane ferito, che su-
bito veniva attaccato dagli al-
tri randagi, oltre alla sofferenza
dovuta al distacco dall’ambiente
affettivo cui era abituato.
gennaio2012 POLIZIAMODERNA 21

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Animali - Reati bestiali - (inserto)

  • 1. Reati bestiali I N S E R T O D I POLIZIAMODERNA - G E N N A I O 2 0 1 2 m e n s i l e u f f i c i a l e d e l l a p o l i z i a d i s t a t o 1. Una competenza trasversale di tutta la polizia giudiziaria............................................................................................................................8 2. Reati a danno degli animali: aspetti procedurali...................................................................................................................................................9 3. L’ausiliario: la figura della “persona idonea” a collaborare con la pg........................................................................................................11 4. L’importanza della giurisprudenza...............................................................................................................................................................................13 5. La rilevanza primaria dell’elemento soggettivo anche nei reati a danno degli animali..............................................................14 6. Uccisione di animali (art. 544 bis cp)..........................................................................................................................................................................16 7. Maltrattamento di animali (art. 544 ter cp)...........................................................................................................................................................18 8. Abbandono di animali (art. 727 comma 1 cp) .........................................................................................................................................................20 La polizia giudiziaria per i reati a danno degli animali a cura di Maurizio Santoloci* e Carla Campanaro** *magistrato della Corte di Cassazione – **avvocato esperto di diritto ambientale SOMMARIO
  • 2. 1. UNA COMPETENZA TRASVERSALE DI TUTTA LA POLIZIA GIUDIZIARIA Va precisato che i reati a danno degli animali sono, al pari di tutti gli altri reati inerenti ogni altro settore, di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria. Non esiste, quindi, alcuna competenza selettiva spe- cifica che determini una esclusività operativa di un or- gano di pg verso questi reati o addirittura verso alcu- ni di questi reati. La riserva è inesistente a livello attivo e passivo; in altre parole, nessun organo di pg può essere conside- rato competente in via esclusiva per alcuni reati am- bientali (con esclusione di altri organi) né, al contrario, nessun organo di polizia può ritenersi esonerato par- zialmente o totalmente dalla competenza verso que- sti reati (con rinvio ad altri organi). Indubbiamente esiste una specializzazione di fat- to che fa sì che alcuni organi siano istituzionalmente preposti e preparati in particolare verso determina- te tipologie di illeciti, ma questo non esime gli stessi organi dalla competenza verso gli altri reati e in par- ticolare, per quanto attiene al settore in esame, non li esime dal potere-dovere di intervento verso illeci- ti di diversa tipologia nel campo della tutela giuridi- ca degli animali. Va peraltro precisato che anche le previsioni nor- mativediprincipioche,alivellodileggie/oregolamen- ti, prevedono che alcune attività di vigilanza o di inve- stigazione vengono svolte da alcuni organi di polizia specificamente indicati, devono essere considerate espressionidiprincipipoliticigeneraliperchénoneso- nerano, e non potrebbero esonerare, altre forze di po- lizia a operare in quel settore (specialmente in segui- to alla realizzazione di un reato). Dunque anche queste espressioni previsionali, a nostro avviso inopportune e fuorvianti (perché crea- no dubbi, pretesi esoneri e pretese mo- nocompetenze),noncostituisconodero- gaalprincipio-basesecondoilqualetut- ta la pg è sempre e comunque compe- tente per tutti i reati ambientali, ovun- que commessi. Trattasi, infatti, di raf- forzamenti a livello politico-istituzio- nale del ruolo di organi di polizia speci- fici su certi temi e settori che tendono a proporre il ruolo preminente e per cer- ti versi significativamente visibile degli stessi organi in quel determinato setto- re anche come punto di riferimento pri- mario per le altre istituzioni e per i citta- dini. Ma nulla di più. Per cui va ribadito il concetto che tut- ti gli organi di pg, su iniziativa e su segna- lazione, devono comunque sempre inter- venire in ordine a un reato a danno de- gli animali. E non possono rifiutare il loro Reati bestiali Estratto dal volume “Tutela giuridica degli animali” (Ed. Diritto all’ambiente e Lav) a cura di Maurizio Santoloci e Carla Campanaro gennaio2012POLIZIAMODERNA8
  • 3. operato(sottopenadiintegrazionedelreato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 cp) qualora un privato o un’associazione si rivol- ga a loro sostenendo, e ciò è frequente, che non è di loro competenza ma che bisogna ri- volgersi a unorganospecializzato. Il fondamento di quanto asserito lo tro- viamo nell’art. 55 cpp il quale specifican- do che «la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei rea- ti, impedire che vengano portati a conse- guenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli at- ti necessari per assicurare le fonti di prova (…)» non distingue poi affatto competenze selettive per gene- re di reati, ma crea un connubio generale polizia giudi- ziaria (generica) – reati (generici). Né tantomeno, pa- radossalmente, vi è scritto che (tutta) la polizia giudi- ziaria deve prendere notizia dei reati ecc. con un inci- so di esclusione dei reati a danno degli animali che do- vrebbero considerarsi di competenza di una sola par- te limitata della polizia giudiziaria. Né sussiste la pos- sibilità che leggi speciali in questo campo possano de- mandare a organi di pg specifici la competenza su al- cuni territori e/o su alcuni reati con esclusione della competenza per gli altri organi. Si tratterebbe di una deroga (non ipotizzabile) ai principi generali del codi- ce di procedura penale. Proprioinforzadeiprincipifinquiesposti,adesem- pio,ancheilD.M.23marzo2007,conilqualeCorpoFo- restaledelloStatoePolizieMunicipalieProvincialiso- no chiamati ad assumere un ruolo prioritario nell’azio- ne giuridica a tutela degli animali, se rafforza e rende giustamente e correttamente prioritaria la funzione di tali forze di polizia nel settore, non sortisce certo l’effetto (come tutti gli altri decreti ministeriali simili incampidiversi)diconcederesoloagliorganicitatinel decreto medesimo la competenza esclusiva per i rea- ti di settore esonerando gli altri organi di polizia dalla medesima competenza. In realtà, tali decreti individuano – con un fine logi- co – un riparto di competenze prioritarie a livello isti- tuzionale e di principio (che potremmo definire “politi- co”) alcuni organi di pg con funzioni di priorità opera- tiva su una determinata legge, senza tuttavia esclu- dere dalla competenza generale di base gli altri orga- ni di pg non citati. Per essere più chiari e in altre parole, se oggi nel decreto del ministro dell’Interno il Corpo Forestale dello Stato e le Polizie Mu- nicipali e Polizie Provinciali sono – come è lo- gico e giusto che sia – organi di riferimento primario per l’applicazione della legge a tu- tela degli animali, ciò non esime tutti gli altri organi di pg (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia Costiera, Guardia- parco, e altri statali o locali) dal dovere posi- tivo di intervento in caso di reati a danno de- gli animali. E il rifiuto per presunta “incompetenza” sa- rebbe una grave omissione di atti di ufficio. 2. REATI A DANNO DEGLI ANIMALI: ASPETTI PROCEDURALI Abbiamo già rilevato che l’attività della polizia giudi- ziaria è caratterizzata da un aspetto fondamental- mente repressivo, al contrario della finalità preventi- va che è tipica della polizia amministrativa. Ed è pro- prio laddove l’impegno preventivo della polizia ammi- nistrativa non è riuscito a impedire il verificarsi di un reato che interviene la polizia giudiziaria, appunto per reprimere il reato stesso e comunque per assicurare alla giustizia i responsabili. Il cpp tratta della polizia giudiziaria (di seguito pg) in due diverse parti: nel libro primo, titolo terzo, de- dicato ai soggetti (artt. 55-59) e nel libro quinto, ti- tolo quarto, con riferimento all’attività della polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari (artt. 347-357). La pg in tale contesto, opera secondo il disposto di cui all’art. 55 cpp in una serie di articolate finalità. Ve- diamole insieme: 1) Prendere notizia dei reati. È il presupposto per av- viareogniattività.Lapghailpotere-doverediinfor- marsi sui reati già commessi o in atto. Tale informa- zionepuògiungeredaunafonteesterna(denunciao querela di un privato, referto medico, segnalazione di un pubblico ufficiale ecc.), ma punto importante è che la pg può, e anzi deve, ricercare tali informazio- ni anche di propria iniziativa in via del tutto autono- ma e indipendentemente dalla volontà delle even- tuali parti lese o soggetti in qualche modo interes- sati in via diretta o mediata. L’acquisizione della no- titia criminis fa sorgere l’obbligo in capo alla pg di ri- Il volume da cui è stato tratto questo inserto. gennaio2012 POLIZIAMODERNA 9
  • 4. ferirla, senza ritardo e per iscritto, al pubblico mini- stero (art. 347 cpp). Dunque – per citare un esempio concreto – ove un organo di pg noti durante il servi- zio ordinario un reato in atto a danno di un animale, deve (sottolineiamo “deve” per dovere di ufficio) in- tervenire direttamente e di iniziativa per reprimere talereatoedenunciareiresponsabili;ove,invece,un reato sempre a danno di animali viene denunciato a un organo di pg con qualunque mezzo (di persona in via orale o scritta, per telefono o altro), tale organo analogamente deve intervenire con le medesime fi- nalità sopra citate. 2) Impedire che i reati vengano portati a conseguen- ze ulteriori. Ed è naturale. Questa attività rappre- senta la primaria funzione di pg ed è antecedente anche alla operatività per ricercare gli autori e as- sicurare così la pretesa punitiva dello Stato. Per- ché è logico che prima di attivare il procedimento perirrogarelasanzione,loStatoimponealproprio organo di polizia giudiziaria di spezzare il compor- tamento antigiuridico (e quindi antisociale) posto in essere e che, dopo, verrà censurato con la pena. La situazione deve essere riportata, anche forza- tamente, nella condizione di legalità perché certa- mente non sarebbe ipotizzabile che lo Stato si at- tivasse solo per punire i colpevoli ma li lasciasse nel contempo liberi di continuare a portare avan- ti le conseguenze antigiuridiche della loro azione. Sarebbe dunque del tutto illogico che un organo di pg,avutanotiziadiunreatoinesecuzioneeinatto, si limitasse a prenderne notizia e a denunciare i re- sponsabili consentendo la prosecuzione del reato stessoequindiilprotrarsidellasituazioneantigiu- ridica in atto in modo indisturbato. Naturalmente se il reato è allo stato del tentativo, la pg ha il do- vere di impedire che si consumi l’evento del reato compiuto; se il reato è in via di consumazione deve spezzare detta continuazione; se il reato è già sta- to consumato deve cercare, ove possibile, di ripri- stinare in qualche modo lo status quo ante a favo- re della parte lesa. Nei reati a danno degli anima- li l’esigenza di impedire la continuazione dell’at- tività illecita assume particolare rilievo per l’irre- versibilità del danno pubblico che detta condotta può cagionare. Si pensi ad esempio a un comporta- mento violento e attivo a danno di un animale che può portare a sofferenze e/o morte dello stesso. In tale contesto il sequestro appare uno dei mezzi più idonei per raggiungere la finalità in esame; se- questro che, come è meglio specificato in un suc- cessivo capitolo, può essere eseguito dalla pg per le finalità in questione sulla base del cpp e di con- formi sentenze della Cassazione. È logico che la sfera di azione autonoma della pg prevista in un’area del codice di procedura penale (prima dell’intervento del pm) è finalizzata anche e soprattutto a questo scopo (e gli strumenti che l’ordinamento offre alla pg in via autonoma – sep- pur sempre poi sottoposti in via successiva al con- trollo e al vaglio di conferma del magistrato – con- fermano che sussiste un momento di urgenza e di autonomia entro la quale l’organo di polizia giudi- ziaria non solo può, ma deve operare come sopra delineato. 3) Ricercadegliautorideireati.Èunpo’l’ulteriorefun- zione predominante della pg attraverso la quale lo Stato fa valere il diritto-dovere di azione per attua- re la pretesa punitiva che deriva dalla violazione della legge penale (dopo che la violazione di legge è stata repressa e la situazione antigiuridica riporta- ta nella legalità). Tale specifica attività deve esse- re svolta in perfetta sincronia con il pubblico mini- stero che è il titolare primario della relativa azione. Tuttavia, nella immediatezza del fatto e prima del- l’intervento del pm, la polizia giudiziaria opera di gennaio2012POLIZIAMODERNA10
  • 5. propria totale iniziativa per ricercare gli autori del reato appena scoperto. 4) Assicurazione delle fonti di prova. Certamente vi è una abissale differenza operativa tra il vecchio e l’attuale codice di procedura riguardo questo punto. In passato infatti la pg assicurava le prove e queste, così congelate a iniziativa diretta ed im- mediata della pg stessa, avevano poi pieno valore probatorioindibattimento.Oggilecosesonoradi- calmente cambiate. Le prove si assumono e si for- mano in dibattimento e quindi la pg deve limitarsi a individuare e assicurare le “fonti di prova”. Circa quest’ultimo punto, la pg ne assicura il contenuto mediante atti di sommarie informazioni, perquisi- zioni, accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, sequestri e mediante tutti gli altri atti consentiti. In altre parole, per citare un esempio pratico, in pas- sato la pg ascoltava un testimone a verbale e detto atto cartaceo era la “prova” che giungeva fino in di- battimento e poteva essere utilizzata per la deci- sione da parte del giudice. In pratica, il teste in au- la di udienza in genere confermava soltanto quanto già dichiarato in precedenza alla pg e il verbale as- sumeva così in se stesso un valore di prova diretta. Oggi questo non è più possibile. Anzi la procedura è esattamente opposta. Anche se la pg raccoglie una testimonianza a verbale, questo atto non può esse- re inserito nel fascicolo del dibattimento utilizza- to dal giudice, ma può solo essere finalizzato all’at- tività e al fascicolo del pubblico ministero. In aula di udienzailtestenonpotràconfermareilverbale(che il giudice non conosce e non ha come allegato al suo fascicolo)madovràesporredinuovoinviaintegrale nel verbale di udienza quanto già dichiarato alla pg. Edeccoche,dunque,iltestediventa“fontediprova” e come tale deve essere “assicurato” al dibattimen- to tramite la individuazione e la identificazione con conseguente segnalazione circostanziata al pm af- finché lo citi in dibattimento. È logico che “fonte di prova” primaria per il pm è lo stesso operatore di pg che in aula dovrà espor- re sempre in via integrale tutti i fatti e gli accerta- menti svolti essendo anche a tale teste inibito di “confermare” gli atti a propria firma che (salvo ec- cezione per quelli “irripetibili”) sono rimasti nel fa- scicolo del pubblico ministero e non sono allega- ti ai documenti del dibattimento (e quindi non so- no a disposizione del giudice). Ma anche per gli at- ti “irripetibili” vige il divieto di lettura da parte del- l’operatore di pg (salvo per una consultazione par- ziale “in aiuto alla memoria” per dati e nozioni tec- niche) e dunque il ruolo di “fonte di prova” resta sempre inalterato nel contesto della cross exami- nation dibattimentale. In tale contesto, nei reati a danno degli animali par- ticolare e preziosa importanza sostanziale e proce- durale assumono le foto e i filmati, che sono peral- tro“attiirripetibili”chepotrannopoiessereacquisi- ti direttamente dal giudice nel dibattimento penale e utilizzati al fine del decidere e nella sentenza. 5) Raccogliere quant’altro possa servire all’applica- zione della legge penale e svolgere attività infor- mativa dell’autorità giudiziaria. La comunicazione di notizia di reato al pm rappresenta l’atto conclusi- vo delle attività (iniziali o definitive) di indagine ed è finalizzata a mettere al corrente il pubblico mini- stero dei fatti per consentirgli di decidere se avvia- re o meno il promovimento dell’azione penale. Un inciso dalle finalità generali che va senz’altro con- nesso alla vasta attività della pg collegata all’azio- ne del pubblico ministero, il quale si basa essenzial- mente sugli elementi che la pg stessa è in grado di fornirgli.Peraltrovaancoratenutopresenteilprin- cipio-cardine che vuole il pm sempre costantemen- te informato da parte della polizia giudiziaria in or- dine a notizie di reati, seguiti a tali primarie segna- lazioni, attività svolta e risultati ottenuti. 3. L’ AUSILIARIO: LA FIGURA DELLA “PERSONA IDONEA” A COLLABORARE CON LA PG Il vasto campo, praticamente indefinibile, dei casi che possono determinare un intervento operativo della pg crea a volte difficoltà pratiche allorquando gli or- gani di polizia giudiziaria si trovino di fronte a fattis- pecie e materie che non sono in grado di esaminare e approfondire senza la collaborazione di un tecnico o di un esperto in materia. E non sempre è possibile re- perire questo tecnico o esperto all’interno della forza di polizia operante. Di conseguenza la pg può avvaler- sidell’operadi“personeidonee”chevengonocomune- gennaio2012 POLIZIAMODERNA 11
  • 6. mente indicate come “ausiliari di pg” (l’art. 348 quarto comma,cppstabilisceche«lapoliziagiudiziaria,quan- do,dipropriainiziativaoaseguitodidelegadelpubbli- co ministero, compie atti od operazioni che richiedo- no specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la pro- pria opera»). Essi operano sotto le direttive e il con- trollo degli ufficiali di pg e l’accertamento tecnico che ne consegue deve considerarsi atto dello stesso uffi- ciale di pg (la cui carenza tecnica è stata integrata dal- l’apporto del terzo soggetto esterno). È logico che tali ausiliari, nel momento e a causa della loro opera, sono considerati pubblici ufficiali. La definizione rende molto ampio il campo dei sog- getti potenzialmente adatti per operare giacché non si richiede necessariamente una particolare qualifica- zione professionale, ma la categoria degli ausiliari co- sìdelineataèmoltoampiaepuòriguardarequalunque soggettochesiaidoneodalpuntodivistadellecapaci- tàtecniche;dunque,secondoicasieleesigenze,sipuò richiedereanchelacollaborazioneintegrativadiunfa- legname per forzare una porta o di un idraulico per si- gillare una condotta. Il soggetto nominato non può rifiutarsi di espleta- re l’incarico ricevuto essendo un pubblico dovere. Se- condo la dottrina (vedi Vigna-D’Ambrosio) il rifiuto o il ritardo integra il reato di omissione di atti di ufficio. Quando ne ricorrono le condizioni, l’ausiliario di pg è obbligato a mantenere il segreto in ordine all’opera- zione compiuta (principio generale previsto dall’art. 329 cpp) incorrendo in caso opposto nel reato di cui all’art. 326 cp. RicordiamochelaCortediCassazione(pen.,sez.III, 27 settembre 1991, n. 1872 – Pres. Gambino, Est. Po- stiglione) ha confermato, in relazione ai reati ambien- tali, che «naturalmente la pg potrà avvalersi di “perso- ne idonee” nella qualità di “ausiliari” e l’accertamento tecnico che ne consegue deve considerarsi atto del- la stessa pg». Nel campo dei reati a danno degli animali tale figu- ra può trovare notevole applicazione stante la natura particolare degli accertamenti, che necessitano a vol- te di specifiche conoscenze e preparazioni tecniche per forza di cosa estranee al bagaglio operativo di or- gani di pg, non selettivamente specializzati allo scopo (vediadesempiounveterinarioancheprivatoountec- nico specializzato in biologia o zoologia). Vasottolineatoche–anostroavviso–lafiguradel- l’ausiliario finché resta tale in senso stretto non è sog- getta a pagamento da parte dell’organo che lo ha no- minato. Si rileva sul punto che l’ordinamento giuridi- co laddove intende che un soggetto venga remunera- to per la prestazione svolta a favore dello Stato pre- veda espressamente un protocollo specifico e moda- lità preventive (come nel caso, ad esempio, del custo- de giudiziario o del perito). Nel caso in esame, non es- sendo invece riscontrabile tale previsione, si deve de- durre che non sia possibile una contrattazione di tipo libero-professionale nel contesto dell’ausiliario, que- sta figura corrisponde a un onere pubblico coattivo non remunerato. Naturalmente l’onere deve essere li- mitato nel tempo e come impegno personale, e dunque deve trattarsi di un contatto veloce per esigenze con- tingibilieurgenti. Laddove, invece, si presenti la necessità di impe- gnare il collaboratore per maggiore tempo e/o ela- borati più approfonditi cessa la figura istituzionale in esame e lo stesso va considerato come un vero e pro- prio consulente; di conseguenza, appare opportuno a questopuntofarregolarizzarelasuafiguradalpmche può nominarlo proprio consulente anche per via breve telefonica (seguirà poi atto formale) con contestua- le delega all’organo di pg; dal quel momento il sogget- to opererà come consulente ufficiale, remunerato se- condo i protocolli di rito dall’ufficio della Procura. Ov- Traffico clandestino di cuccioli di cane dall’Europa dell’Est. gennaio2012POLIZIAMODERNA12
  • 7. viamente sarà opportuno nominare ausiliario un sog- getto sostanzialmente estraneo ai fatti. Anche un di- pendente di altra amministrazione può essere nomi- nato ausiliario con la conseguenza che l’attività posta in essere non è da considerarsi propria dell’ufficio di tale soggetto ma resterà sempre attività diretta del- l’organo di pg procedente atteso che, peraltro, la no- mina viene effettuata dallo stesso organo di pg. Il ri- corsoagliausiliarideveesserefattoconprudenza,ma anche auspicando una sempre più diffusa specializza- zione delle forze di polizia nel settore specifico. 4. L’IMPORTANZA DELLA GIURISPRUDENZA Tutte le sentenze emesse dai Tribunali e dalle Corti di Appello formano la giurisprudenza che si chiama «di merito». Tutte le sentenze emesse dalla Corte di Cas- sazione formano la giurisprudenza che si chiama «di legittimità». Ogni sentenza (che può essere lunga de- cine di pagine) è poi riassunta in un estratto di poche righechesichiama“massima”.Le“massime”dellaCas- sazione sono naturalmente più autorevoli perché pro- vengono dall’organo di vertice. La giurisprudenza, sia chiaro, non può creare inno- vazioni legislative. Tuttavia esercita un ruolo fonda- mentale per due motivi: da un lato, orienta l’interpre- tazionedelleleggiversoundeterminatoindirizzoper- ché non sempre è palese e univoco il dettato di una norma; dall’altro, consente di supplire parzialmente a delle carenze normative creando applicazioni di nor- me parallele e similari in quel vuoto legislativo in via interpretativa e consentendo pertanto possibilità di azione sia alla pg che alla magistratura. È importante seguire i passi più noti e rilevanti del- la giurisprudenza da parte di tutti, compresi gli attivi- sti delle associazioni animaliste e la polizia giudiziaria, perché possono trarsi da queste letture spunti e mezzi utilissimi sia a livello procedurale che di applicazione di norme nella loro sostanza. (Si pensi, ad esempio, al fat- tochenegliultimidecennilagiurisprudenzahacreatodi fatto una evoluzione applicativa importante delle vec- chienormeatuteladeglianimali,anticipandodifattole successive evoluzioni legislative; e si può vedere come anche in altri campi la giurisprudenza abbia creato una realtà processuale completamente nuova, non codifi- cata, ma da applicare comunque da parte della pg che nonpuòenondeveignorarequesta realtà). La filosofia di fondo del presente lavoro è dunque anche quella di fornire una informazione operativa in sinergia tra testo di legge e giurisprudenza correlata e per tale motivo ampio spazio è dedicato alle massi- me delle sentenze. Non è vero che questo settore è riservato ai magi- strati e agli avvocati. Riteniamo che un attivista di as- sociazione animalista e un operatore di pg che si limiti alla stretta lettura del testo di legge senza integrarlo, perlomenoneipuntipiùrilevanti,conl’esamedellagiu- risprudenza della Cassazione non ha assunto le infor- mazioni utili per un’azione corretta e aggiornata. Ancora oggi molti privati e associazioni e molti or- gani di polizia giudiziaria non ricollegano alla lettura della giurisprudenza l’importanza che essa rappre- senta ai fini della loro attività operativa. Anzi, al con- trario, molto spesso si tende a manualizzare o pron- tuarizzare in modo schematico ed estremamente semplificato il dettato normativo (nel basilare e aset- ticorapportotraprecetto,sanzioneeprocedura)sen- za soffermarsi, invece, in un’analisi caso per caso (si sottolinea: caso per caso) di tutti gli elementi non solo oggettivi e soggettivi dell’evento in corso di accerta- mento,maanchedellaconnessaspecificacostruzione giuridica a esso ricollegabile. Questa costruzione giuridica nel campo della tute- lagiuridicadeglianimaliingeneralequasimaipuòpre- scindere dalla conoscenza e dalla lettura anche del- la giurisprudenza oltre che del testo normativo. Igno- rare o comunque non tenere in debita considerazione Dal 2012, le galline ovaiole dovranno essere allevate a terra, senza illuminazione artificiale forzata. gennaio2012 POLIZIAMODERNA 13
  • 8. la giurisprudenza sui casi concreti almeno più rilevan- ti, da un lato, significa perdere l’occasione di conosce- re (e poter applicare) principi procedurali e sostanziali utili che sulla norma non ci sono (e sono dettati appun- todallagiurisprudenza)e,dall’altro,dicommettereer- rori a volte determinanti sulla esatta individuazione della qualificazione giuridica del reato. 5. LA RILEVANZA PRIMARIA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO ANCHE NEI REATI A DANNO DEGLI ANIMALI I due elementi costitutivi del reato Molto spesso sia chi opera una denuncia, sia la polizia giudiziaria concentrano particolare attenzione e gran parte degli accertamenti sulla verifica dell’elemento oggettivo del reato, sottovalutando e in qualche ca- so ignorando addirittura del tutto gli aspetti inerenti l’elemento soggettivo. Si tratta di un grosso limite al- l’efficacia delle indagini che può tradursi, e anzi spes- so si traduce in dibattimento, in una situazione di in- completezzageneraledelsupportoprobatoriososte- nuto dal pubblico ministero. In realtà va sottolineato che ogni reato si compo- ne di due elementi: uno oggettivo e l’altro soggettivo. L’elemento oggettivo, naturalmente, essendo connes- so alla materialità storica del fatto illecito posto in es- sere, rappresenta realtà di più immediata percezione e di più diffusa attività di accertamento probatorio. Ma nelcontemposideverilevarechenelcampopenalenon vi è, e non vi può essere, responsabilità se a carico del soggetto denunciato non si ravvisa, e soprattutto non si prova,la sussistenza del dolo o della colpa. Infatti il dolo e la colpa rappresentano gli elemen- ti soggettivi costituenti parte rilevante e primaria di ogni reato. Detti elementi, al pari del collaterale aspetto oggettivo, devono essere provati già a livello iniziale dalla polizia giudiziaria prima in sede di indagi- ni e dal pubblico ministero dopo in fase dibattimenta- le:nonsipuòdifattoinvertirel’oneredellaprova,ope- rando esclusivamente una denuncia asettica del fatto basataesclusivamentesuglielementioggettivierite- nendo per implicita e scontata la responsabilità auto- matica del soggetto connesso a tali fatti. Al contrario lapgprima,eilpubblicoministerodopo,devonoacqui- sire di propria iniziativa tutti gli elementi specifici che dimostrino come lo stesso soggetto abbia agito con dolo o con colpa e che quindi vi sia una connessione di- retta tra il suo comportamento soggettivo e quel fat- to illecito posto in essere e denunciato. Va sottolineato che cagionare dinamicamente un eventononsempreequivaleautomaticamenteaesse- repenalmenteresponsabiledellostesso.Serveinfatti la “colpevolezza” e questa va individuata in prima bat- tuta dalla polizia giudiziaria. In diversi casi la pg sot- tovaluta questo aspetto, ritenendo scontato che ca- gionare equivale a essere responsabile, e non appro- fondisce dunque l’elemento soggettivo. In questo mo- do si inverte l’onere della prova e spesso la sentenza – nonostantelachiaraedocumentataoggettivitàstori- ca del fatto – esonera il soggetto denunciato dalla re- sponsabilità penale per assenza di prove sull’elemen- to soggettivo. La colpevolezza: aspetto spesso sottovalutato dalla pg nel campo dei reati a danno degli animali e dell’ambiente Moltospessolapginsedediaccertamentoedenuncia dei reati a danno degli animali sottovaluta – dunque – la necessità di accertare e dimostrare la colpevolezza nella comunicazione di notizia di reato, presumendo (erroneamente) che esista una specie di responsabili- tà oggettiva in base alla quale solo sulla base del fat- to che il soggetto ha cagionato dinamicamente l’even- to penalmente illecito, ne è automaticamente respon- sabile. E sarà suo onere dimostrare semmai il contra- rio. Invertendo così l’onere della prova. Questoèprofondamentesbagliato.Infattiperchési abbia un reato, in base al principio di personalità della responsabilitàpenale,occorrelapossibilitàdimuovere un qualche rilievo al soggetto agente, a carico del qua- le si deve rilevare (a opera della pg) un atteggiamento psicologico rimproverabile (cosiddetto elemento sog- gettivo), vale a dire la colpevolezza. E questo perché nel nostro ordinamento nessuno può essere punito per un’azione od omissione prevista dalla legge come rea- to, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Dun- que l’applicazione della sanzione penale è strettamen- te e inevitabilmente collegata a una libera scelta indivi- dualeepuòessereconnessasemplicementeeautoma- ticamenteaunprocessodicausalitàmateriale(chepo- trebbe essere non controllabile dall’agente). gennaio2012POLIZIAMODERNA14
  • 9. Ecco dunque che in questo contesto appare di im- portanza primaria la colpevolezza, intesa come l’at- teggiamento – a livello di volontà – antidoveroso del soggetto agente, che ha poi cagionato dinamicamen- te il fatto-reato. La colpevolezza può assumere diverse forme: il do- lo e la colpa sono quelle di diretta e comune inciden- za nei reati ambientali (sussiste poi anche la preterin- tenzione, presente nell’art. 544 ter cp ultimo comma – maltrattamento aggravato dalla morte: il delitto è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dal- l’azione od omissione deriva un evento dannoso o pe- ricoloso più grave di quello voluto dall’agente). Il dolo e la colpa Il dolo è la coscienza e volontà dell’azione e, dunque, sussiste una volontà specifica e preordinata dell’in- dividuo verso quello specifico evento illecito; la col- pa è imprudenza, negligenza, imperizia, inosservan- za di leggi, regolamenti, ordini o discipline, per la sus- sistenza del reato colposo, quindi, occorre che manchi la volontà dell’evento, in quanto tale volontà caratte- rizza il dolo. Quando il soggetto pone in essere, a livello com- portamentale, un’attività basata sul- l’uno o sull’altro aspetto automati- camente scatterà a suo carico la re- sponsabilità penale (dolosa o colpo- sa) per quel fatto che oggettivamen- te siamo andati ad accertare. Ma è la pubblica accusa che deve ricercare le provedellaresponsabilitàsoggettiva e non viceversa. In molti reati a danno degli animali il dolo eventuale rappresenta un con- cetto di primaria importanza per di- mostrare la realizzazione di tali il- leciti a livello di elemento soggetti- vo. In difetto di tale dimostrazione, e con elementi basati solo sull’elemen- to oggettivo, il reato non verrà rico- nosciuto come integrato a carico del soggetto denunciato che verrà dun- que assolto o prosciolto. Senza addentrarci troppo in com- plicatedisquisizionisuivaritipidido- lo (che rischierebbero di complicare il quadro e di por- tarci fuori strada), va premesso che come concetto di base il dolo ordinario vede la volontà del sogget- to agente come diretta proprio verso la realizzazione dell’evento. Nel dolo eventuale, invece, la volontà del soggetto non era rivolta direttamente all’evento, ma il soggetto ne ha accettato consapevolmente il verifi- carsi in termini di probabilità (superando di gran lunga il confine con la colpa cosciente). Infatti il dolo even- tuale si ha quando l’agente pone in essere una con- dotta per altri fini, ma sa che vi sono dirette e preci- se possibilità o probabilità che dalla sua condotta di- scendano eventi ulteriori e tuttavia accetta il rischio di cagionarli. Esiste – pertanto – un’accettazione con- sapevole della verosimile attuabilità dell’evento e tale dato fa differire questa figura dalla apparentemente simile colpa cosciente. Qui il soggetto decide di agire comunque e a ogni costo e pur ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la con- cretaequasicertapossibilitàdelverificarsidiulterio- ri conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio elevatissimo di cagionar- le. Il pensare alla possibilità che si verifichi un evento e agire a costo di esso in piena coscienza e volontà. gennaio2012 POLIZIAMODERNA 15
  • 10. In questo contesto, con il dolo eventuale, si richie- de l’accettazione potenziale dell’evento, sia pure nel- la forma indiretta, e questa deve essere, perciò, con- venientemente dimostrata attraverso gli elementi di prova comunemente impiegati nella ricostruzione del dolo. Tale adempimento – che resta onere della pg – non può essere snaturato nella pratica attraverso una scorciatoia procedurale improntata a una presunta e automatica responsabilità oggettiva, ma va delinea- to nella comunicazione di notizia di reato che l’azione è stata basata sul pensare alla possibilità che si verifi- chi un evento e aver agito a costo di esso in piena co- scienzaevolontà.Ecioèchel’agente,ponendoinesse- re una condotta diretta ad altri scopi, si è rappresen- tato la concreta e quasi certa possibilità del verificar- si di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, abbia agito accettando il rischio o la quasi certezza di cagionare l’evento. Va delineata co- sì la commissione di un crimine eseguito senza un’in- tenzione diretta, ma con la ragionevole certezza che dal proprio comportamento non poteva che scaturi- re il crimine medesimo: e tutto ciò è poi assimilabile al dolo vero e proprio a tutti gli effetti di norme sostan- ziali e procedurali. La necessità per la pg di approfondire caso per caso gli aspetti soggettivi Si potrebbe continuare a lungo, ma l’esemplificazio- ne manualistica testé esposta conferma come non è sufficiente accertare il fatto storico in se stesso, ma in qualche modo la posizione comportamentale diret- ta o implicita del soggetto titolare deve essere subito e preventivamente vagliata e congelata a livello di si- stema probatorio. Soltanto dopo che tutti gli elementi oggettivi e soggettivi, in sinergia, sono stati appurati e acquisiti la polizia giudiziaria avrà sostanzialmente completa- to le indagini e fornito al pubblico ministero un quadro completo della situazione del fatto reato accertato e fornirà allo stesso pm tutti gli elementi necessari per poi essere tradotti dal pubblico ministero o nell’eser- ciziodell’azionepenaleinseguitosostenutaindibatti- mentodallapubblicaaccusao,alcontrario,perl’imme- diataarchiviazionedelcasoovenonsiravvisinoestre- mi di responsabilità soggettiva specifica. Limitarsiesclusivamenteadocumentaregliaspetti esterioridelreatoequivaleaunaindagineparzialeche in dibattimento necessiterà inevitabilmente di suc- cessivi accertamenti sugli elementi soggettivi. Molto spesso ciò si traduce, di fatto, in una possi- bile dichiarazione di estraneità formale come verità processualedelsoggettodenunciatodifrontealfatto reato oggettivamente rilevato e documentato in mo- doinoppugnabileversoilqualelapg(ediconseguenza il pm) non sono stati in grado di fornire in aula, sempre a livello di verità processuale, la prova della responsa- bilità soggettiva dell’imputato specifico. 6.UCCISIONEDIANIMALI (ART.544BISCP) L’animalicidio Il primo reato che apre il nuovo capo a tutela degli ani- mali è l’art. 544 bis cp sotto il nomen iuris di “Uccisio- ne di animali”, stabilisce che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è pu- nito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Non può non riconoscersi come il suo dettato letterale ri- calchi la fattispecie di cui all’art. 575 del codice pena- le “omicidio” che punisce ‘‘chiunque cagiona la morte diunuomo’’,einfattièstatoribattezzatodalladottri- na più recente con il neologismo di “animalicidio” (Pi- storelli Guida al Diritto 2004 n. 33 p. 21). Rispetto al- la precedente disciplina l’uccisione di animali diventa così, finalmente, un’autonoma ipotesi di reato, men- tre nella precedente formulazione non era punibi- le autonomamente ma comportava solo un aggrava- mento della pena del reato di maltrattamento, se at- tuata con gravi sofferenze. Quest’articolo colma così unagraveeinspiegabilelacunadelnostroordinamen- to per cui, prima dell’introduzione della norma, l’ucci- sione immotivata di animali propri non era sanziona- bile né ai sensi dell’art. 638 cp che punisce solo l’ucci- sionedianimalialtrui,néaisensidell’art.727cpseat- tuata senza gravi sofferenze, ad esempio con meto- di indolore. Tale vuoto normativo fu anche oggetto di una questione di legittimità costituzionale, risoltasi peròconladichiarazioned’inammissibilitàdiunasen- tenza additiva in malam partem da parte della Cor- te Costituzionale (Corte Costituzionale sentenza n. 411/95)chenonhapotutofarealtrocheribadirelasua impossibilità all’introduzione di nuove fattispecie pe- gennaio2012POLIZIAMODERNA16
  • 11. nali (Aldo Natalini Diritto e Giustizia, estratto su leg- ge 189 del 2004, Stop ai maltrattamenti di animale). Il reato di uccisione di animali è un reato a forma li- bera, incentrato sulla condotta di cagionare, conside- rando ogni tipo di azione collegata all’evento morte dell’animale da un nesso di causalità. Assai rilevante e da tener presente è dunque l’ampia prospettiva del verbo cagionare, condotta tipica del reato de quo, che porta alla penale rilevanza di molte- plici azioni od omissioni, potendo ta- le condotta essere costituita sia da un’azione sia da un’omissione, come confermato dalla Corte di Cassazio- ne con una rilevante pronuncia per cui “il nuovo delitto si configura come reato a dolo spe- cifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale – che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo – sia te- nuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è te- nuta, come nel caso in esame, senza necessità’’. (Cass. Pen Sez III Presidente E. Papa, Relatore M. Margheri- ta. n. 44822/07). Dunque, aspetto di non poca impor- tanza per gli operatori di settore, il reato in esame po- trà essere integrato anche da una condotta omissiva ad esempio di incuria e abbandono come confermato da un costante orientamento giurisprudenziale in me- rito. È stato infatti riscontrato il reato di uccisione di animali ai sensi dell’articolo 544 bis cp nel caso di un canedacacciatenutosegregatoconaltriinunastanza senza cibo né luce e successivamente morto d’incuria e disidratazione (Trib. di Treviso Dpc 2005), mentre il TribunalePenalediRomahacondannatoperuccisione di animale il proprietario di un gatto colpevole di aver- ne causato la morte avendolo lasciato morire di inedia nella propria abitazione. Non pare inoltre superfluo precisarecome,perquantoriguardalacausalitàomis- sivaexart.40,comma2,delcodicepenaleinrelazione all’art. 544 bis, ter e art. 727 cp questa si ravvisa ogni qual volta si integri la violazione dell’obbligo di agi- re, di impedire il verificarsi dell’eventodannodimortee maltrattamento,inviolazio- ne del cosiddetto obbligo di garanzia del soggetto, ge- neralmente il padrone del- l’animale, ma ben può trat- tarsi anche del gestore di un canile che ha la responsabi- lità dei cani in custodia o del medico veterinario che ave- va il controllo sanitario sugli animali da esso possedu- ti e dunque anche la responsabilità sul loro benesse- re. In tali casi occorre identificare, oltre la ricostruzio- neinviameramenteipoteticadell’efficaciadeltratta- mento omesso, l’individuazione delle condotte positi- ve che, se poste in essere, avrebbero evitato il produr- si degli eventi danno, quali le cure più basilari e il nutri- mento e sostentamento agli animali eventualmente morti per inedia. Ininfluente, al fine della rilevanza pe- nale della condotta, il mezzo impiegato per cagionare il decesso, che può essere fisico, diretto o indiretto, e il fine dello stesso. È evidente che in linea di massima comportamen- ti cruenti consisteranno in condotte positive come il colpire un animale, mentre quelli non necessitati po- tranno consistere anche in una condotta omissiva co- me precedentemente esposto. Essendo l’evento morte il momento in cui si consu- ma tale reato sarà configurabile il tentativo, sia nel- la forma del tentativo compiuto che incompiuto, con logiche ripercussioni in tema di intervento delle for- ze di polizia giudiziaria che, su denuncia di privati o di propria iniziativa, ai sensi dell’art. 55 cpp potran- no/dovranno intervenire sul nascere della condot- ta criminosa per impedire il consumarsi dell’evento morte, ad esempio compiendo un sequestro preven- tivo d’urgenza ex art. 321 cpp ed ovviamente a tal fi- gennaio2012 POLIZIAMODERNA 17
  • 12. ne sarà necessario l’accertamento concreto sull’ido- neità dell’azione posta in essere dall’agente. Ciò considerato non può non rilevarsi come l’intro- duzione del reato di “animalicidio” configura una scel- ta di tecnica di tutela assai intensa seppur come è ov- vio, non sarà punita l’uccisione di animale di per sé, ma soltanto quella ingiustificata o in alternativa crude- le, in base ai requisiti di illiceità speciale previsti dalla norma, che saranno di seguito analizzati. Per quanto riguarda l’uccisione di animale a opera di altro anima- le sfuggito al custode, in linea di principio non dovreb- berientrarenell’ipotesidireatoinoggetto,trattando- si di evento colposo che può generare però una forma di responsabilità civile (art. 2052 del codice civile), ma andrà comunque effettuato un accertamento atten- to caso per caso, in quanto nulla vieta che l’animale sia stato utilizzato come arma per uccidere, senza neces- sità o con crudeltà, un altro animale. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo la fat- tispecie in esame prevede il dolo nella forma del do- lo generico inteso non come la necessaria e specifica volontà di cagionare l’evento morte, essendo invece sufficiente per la responsabilità penale la previsione che l’azione o omissione intrapresa anche per altre finalità comporti anche la mera possibilità del rav- visarsi di tale evento, anche a titolo di dolo eventua- le inteso quale mera accettazione del rischio di veri- ficazione dell’evento come conseguenza di una pro- pria condotta. Esula invece, dall’ambito di applicazio- ne della norma, l’uccisione meramente colposa, tut- tavia, l’ammissibilità del dolo eventuale, assai vicino all’atto pratico alla “colpa cosciente”, potrebbe con- sentire la punibilità di comportamenti limite, qualo- ra di oggettiva gravità. La reclusione prevista è stata innalzata dalla leg- ge n.201 del 2010, legge diratifica edesecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia dai quattro mesi ai due anni di reclusio- ne.Nonsonoammessemisurediarrestoomisurecau- telari, mentre la competenza è del giudice monocrati- co su citazione diretta del pm. 7. MALTRATTAMENTO DI ANIMALI (ART. 544 TER CP) Caratteri generali della norma L’articolo 544ter cp rubricato “Maltrattamento di animali” stabilisce letteralmente che ‘‘Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a compor- tamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclu- sione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procu- gennaio2012POLIZIAMODERNA18
  • 13. rano un danno alla salute degli stessi. La pena è au- mentata della metà se dai fatti di cui al primo com- ma deriva la morte dell’animale’’. L’articolo punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, maltratti in svariati modi un qualunque animale, sia con condot- ta attiva che omissiva, per cui per ravvisarsi maltrat- tamento non è necessaria l’azione materiale di ca- gionare lesione fisica a un animale, ad esempio per- cuotendolo o colpendolo, ma è anche sufficiente la- sciarlo soffrire per inedia e mancanze di cure attra- verso una condotta omissiva consapevole delle infli- zioni poste. Trattasi di una norma penale mista, con- tenendo diverse previsioni, consistenti alternativa- mente al primo comma nel cagionare una lesione a un animale o nel sottoporlo a sevizie, fatiche, o com- portamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, mentre al secondo comma sono previste la condotta di somministrazione di stupefacenti, e la sottoposizione dell’animale a trattamenti che crea- no un danno alla sua salute, in questi ultimi casi è im- portante notare come si prescinde dai requisiti di illi- ceità speciale, necessari invece per le prime due con- dotte, per cui ci si richiama a quanto riferito in tema di uccisione di animale. Il maltrattamento di anima- li, da semplice contravvenzione assurge oggi al ran- go di delitto con la previsione della reclusione da tre mesi a diciotto mesi o della multa da 5.000 a 30.000 euro, come previsto dalla legge n. 201 del 2010, pena eventualmente aggravata dalla morte dell’animale maltrattato. Importante sottolineare in particolare nel caso di maltrattamento mediante condotta atti- va (es. colpire o ferire un animale) come per il perfe- zionarsi del reato sia sufficiente un’unica condotta, potendo consistere in reato istantaneo o permanen- te a seconda dei casi, a differenza del reato di mal- trattamenti in famiglia (art. 572 cp) reato abituale in cui sono richieste più condotte reiterate. La prima fattispecie considerata consiste nel ca- gionare una lesione, sulla falsariga del reato di cui al- l’art 582 cp “lesione personale”, per cui è importan- te analizzarne il contenuto per capire la portata ap- plicativa della norma. È ormai consolidato che il con- cetto di lesione utilizzato dal legislatore possa esse- re individuato attraverso gli stessi criteri che quali- ficano le lesioni in altre disposizioni del codice pena- le, come ogni apprezzabile diminuzione dell’integri- tà psicofisica dell’animale. Nella sentenza del Tribu- nale penale di Torino in composizione collegiale del 25 ottobre 2006 i giudici confermano che le lesio- ni, di cui si parla nell’articolo indicato, non sono ne- cessariamente fisiche (comunque presenti negli ani- mali sequestrati e poi confiscati) bastando la mera sofferenza dell’animale causata anche da una con- dotta omissiva di abbandono e incuria degli anima- li di cui si è responsabili e “garanti”, in quanto la nor- ma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi in grado di percepire dolore (Cas. Pen. Sez. III senten- za 3/12/2003 n. 46291). A questa tesi accedeva an- che la giurisprudenza di legittimità più consolidata fin dal 1998, che riferendo in ordine al reato in esame, rilevava che per la configurabilità dello stesso “non è necessaria la lesione fisica dell’animale essendo suf- ficiente una sofferenza in quanto la norma mira a tu- telare gli animali quali esseri viventi capaci di perce- pire con dolore comportamenti non ispirati a simpa- tia, compassione e umanità” (cfr. ex multis, Cas. Pen. Sezione III 2003 n. 46291). Dunque la nuova legisla- zione sul maltrattamento non prevede la necessità di una lesione all’integrità fisica, essendo sufficien- te una lesione di tipo ambientale e comportamenta- le derivante da condotta attiva o omissiva, aspetto molto importante per l’accertamento del reato sul campo da parte degli operatori di settore (autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, guardie zoofile volon- tarie, medici veterinari ed enti esponenziali). A con- ferma di tale assunto anche la Cassazione Penale, se- gennaio2012 POLIZIAMODERNA 19
  • 14. zione III, n. 25229/05 che ha rinve- nuto il concorso formale dei rea- ti di cui agli articoli 544 ter cp e 727, comma 2 cp per la condotta omissiva del gestore di un canile che deteneva i propri cani in stato di denutrizione in celle fatiscenti buie e anguste, nonché il Tribuna- le di Montebelluna che ha emesso decreto penale di condanna (dpc 14.6.2006) per maltrattamento di animali dovuta alla condotta omis- siva nei confronti di due husky pri- vati di acqua, cibo, luce e cure, e il Tribunale di Monza il 23.11.2006 che ha condannato ex art. 544 ter cp un cacciatore colpevole di aver tenuto in assoluto degrado il suo cane da caccia. Inmeritoallacondottadisottoposizioneasevizieo a fatiche o a comportamenti insopportabili per le ca- ratteristiche etologiche contenute nell’art. 727 cp, la sevizia si contraddistingue per la brutalità dell’azione. Il secondo comma dell’articolo in esame prevede poi per la prima volta il reato di “doping” a danno di anima- li, reato di pericolo essendo ritenuta la condotta peri- colosa di per sé e per cui si prescinde dal concetto di necessità o di crudeltà, orientato a reprimere le com- petizioni con animali legati alla zoomafia e alle scom- messe clandestine, infatti i primi effetti di queste di- sposizioni si sono avuti in casi di detenzione illecita di uccelli dopati per esaltarne le doti canore. Per quanto riguarda il reato di sottoposizione dell’animale a trat- tamenti che creano un danno alla sua salute, questo è stato ritenuto dalla più recente giurisprudenza reato di condotta analogamente al reato di doping previsto dal medesimo articolo, per cui non è necessario il veri- ficarsi concreto dell’evento di danno “essendo suffi- ciente porre in essere trattamenti idonei per caratte- ristiche intrinseche e modalità di applicazione a porre in essere condotte di per sé lesive dell’integrità fisica dell’animale” (Tribunale penale di Bologna, sentenza n. 2555 – 08/10/07). In relazione all’elemento soggettivo dell’art. 544 ter cp nelle sue varie disposizioni, analogamente a quanto disposto per l’art. 544 bis cp “uccisione di ani- mali”, sono escluse le forme colpose di negligenza, imprudenza e imperizia, ma è pre- visto il dolo, anche eventuale inte- so come previsione del rischio di maltrattare un animale mediante propria condotta, e accettazione dello stesso. Al di là della crudeltà (dolo specifico si agisce con il fine di essere crudeli – cfr. Trib. Pen To- rino 25/10/06), il secondo requisi- to soggettivo ovvero la mancanza di necessità è alternativo al primo e non è a esso assimilabile, in quan- to il suo presupposto è la coscien- zaevolontàdelleazioni(dologene- rico) in assenza di giustificati mo- tivi, e perciò ad esempio nelle con- dotte omissive sarà sufficiente la coscienza che le proprie colpevoli omissioni causano gravi sofferenze agli animali, e l’accettazione di es- se, (Tribunale penale di Torino cit.), anche a titolo di rischio (cfr. dolo eventuale). Il terzo comma dell’art. 544 ter prevede una circo- stanza aggravante a effetto speciale, che porta a un aumento fisso della metà della pena, che si concreta nell’ipotesi in cui dalle condotte del comma 1 dell’ar- ticolo in questione derivi la morte dell’animale, come ipotesi di vera e propria preterintenzione, che deno- ta l’intento fortemente sanzionatorio del legislato- re. Tale aggravante sussiste solo se la morte dell’ani- male è conseguenza non voluta del maltrattamento, e della quale l’agente neppure ha accettato il rischio, in caso contrario, evidentemente, si configurerebbe il reato di uccisione di animali ex art. 544 bis cp. 8. ABBANDONO DI ANIMALI (ART. 727 COMMA 1 CP) L’art. 727 cp era, ed è ancora, inserito nel terzo libro del codice penale nel capo II, sezione I, dedicate al- le “Contravvenzioni concernenti la polizia dei costu- mi”, ma nonostante ciò può essere estesa (soprat- tutto alla luce del mutato contesto sociale) sino a tu- telare il sentimento di comune pietà verso gli anima- li in linea con le pronunce della Cassazione (cfr. Cass. Pen. Sezione III sentenza del 14 marzo 1990) per cui ‘‘l’art. 727 cp è norma diretta alla tutela dell’animale in quanto tale e cioè come essere vivente”. Tale pre- gennaio2012POLIZIAMODERNA20
  • 15. visione punisce con la pena detentiva dell’arresto fi- no a un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 eu- ro “chiunque abbandona animali domestici o che ab- biano acquisito abitudini della cattività”. Prosegue la norma affermando: “Alla stessa pena soggiace chiun- que detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”. Tale fattispecie, in quanto contravvenzione è punita sia a titolo di dolo che di colpa, rendendo punibili tutti que- gli atti colposi d’incuria e negligenza che danneggia- no l’animale. Un’importante sentenza della Cassazio- ne in merito (Cass Pen. Sez. III n. 21744 /05) stabilisce che “la detenzione di animali in condizioni incompati- bili con la loro natura e produttive di gravi sofferen- za può sicuramente essere ascritta anche a condot- te colpose dell’agente in una delle connotazioni del- l’art. 43 cp” cassando così una pronuncia di merito che aveva ritenuto che non integrasse reato de quo il trasporto di cani in condizioni incompatibili, mancan- do il requisito del dolo. Le sanzioni sono sensibilmente elevate rispetto al- la previsione precedente, comprendendo la pena pe- cuniaria da 1.000 a 10.000 euro alternativa alla pena dell’arresto fino a un anno, la prescrizione passa da due a tre anni elevabili a quattro anni e mezzo in ca- so d’interruzione, essendo l’illecito punibile con pena alternativa è consentita mediante il prezzo di 5.000 euro l’estinzione del reato me- diante oblazione discrezionale ex art. 162 bis cp. Un aspetto ri- levante dell’art. 727 cp è che, se- condo l’art. 3 legge 189 del 2004 che introduce l’art. 19 ter disp coord cp che individua il rappor- to di specialità tra reati di cui al titolo IX bis del cp e norma- tiva speciale, la sussistenza di una disciplina speciale di setto- re esclude unicamente le norme contenute nel titolo IX-bis cp la- sciando in vigore così l’art. 727 nella sua nuova formulazione, che è dunque sempre applicabi- le. La prima condotta tipica con- stanell’abbandonodianimalido- mestici o che abbiano acquisito l’abitudine alla cattività, con questa precisazione ve- diamocomelanormapuòritagliarsisiasuanimalipro- priamente detti d’affezione sia su animali che, sebbe- ne selvatici o esotici, abbiano perso l’attitudine alla sopravvivenza propria degli animali liberi. Per quanto riguarda il rapporto tra l’art. 727 cp e l’art. 5 legge 281 del 1991 che sanziona in via amministrativa l’abbando- no, attraverso la parziale abrogazione per incompati- bilità dell’illecito amministrativo, prevale così la nor- ma penale. Presso il Tribunale di Roma è attualmente in corso un processo per abbandono ex art. 727 com- ma 1 cp molto importante che riguarda il concetto di abbandono in relazione agli animali ereditati in segui- to alla morte di un congiunto, a carico di un soggetto il quale, a seguito della morte della sorella ne eredita- va la casa e i suoi gatti, che allontanava dall’abitazione dellapredetta,noncurandosidifornirelorol’adeguata assistenza, abbandonandoli in strada, e conseguente- mente alla sua condotta conseguivano, per i suddetti animali, gravi sofferenze e per alcuni anche la morte. La Cassazione (Cassazione Penale, Sez. III, sent. n. 3969/06) ha condannato per abbandono un uomo che ha lasciato all’interno di un canile la propria ca- gnetta ferita, che non voleva più curare. Nonostan- te la difesa sosteneva non poteva trattarsi di abban- dono, ma piuttosto di un deposito al canile pubblico, e che il giudice di merito erroneamente aveva ravvi- sato l’illecito penale in conside- razione della sofferenza infer- ta all’animale per essere stato allontanato dai padroni, in as- senza di pericolo per l’incolumi- tà del cane abbandonato, i giu- dici di legittimità hanno stabili- to che, essendo stato accertato che il cane era stato abbandona- to di nascosto nel recinto in cui erano custoditi altri cani randa- gi, non poteva trattarsi di conse- gna al canile pubblica, e tale ge- sto comportava un indubbio pe- ricolo per il cane ferito, che su- bito veniva attaccato dagli al- tri randagi, oltre alla sofferenza dovuta al distacco dall’ambiente affettivo cui era abituato. gennaio2012 POLIZIAMODERNA 21