1. ….Questa mattina svegliandomi e sorseggiando il mio solito caffè buttando gli occhi alle cime dei Castelli
romani dolcemente imbiancate da una timida neve fuggiasca…pensavo a come poter intraprendere questa
prima collaborazione con voi che …del territorio grottagliese siete la mia longa mano….
…e visto il periodo carnascialesco da questo vorrei appunto partire…..
….Gola , cultura del buon mangiare , piacere e convivialità sono le caratteristiche salienti del territorio
grottagliese che proprio in questo periodo di eccessi e trasformismi si dona ad un esercito di leccornie che
drogano le nostre papille gustative….con buona pace per la linea. La nostra tradizione vuole che le giornate
del periodo carnevalesco vengano, appunto, trascorse in allegria dando alla tavola una chiara immagine da
protagonista con tanti piatti e dolci tipici tutti da gustare. Cosiil cibo diviene componente fondamentale per
migliorare la nostra vita in cui non viene usato per riempire lo stomaco , ma per nutrire la gioia della vita
stessa. Preparare, e Mangiare sono opportunità per rilassarsi e ritrovare uno stato di grazia con se stessi e
con chi ci sta vicino, riscoprendo rituali che erano giornalieri e preziosi nelle famiglie dei nostri nonni. Ecco ,
perché sostengo che questo periodo dell’anno ci possa aiutare a raggiungere un esperienza che oltre che
appagare il nostro palato , possa appagare anche la nostra mente.
….Cosi vi proporrei due semplici ricette tipiche del periodo e della nostra tradizione gastronomica da fare
con i nostri piccoli …alla riscoperta di quei momenti di famigliare convivialità che spesso dimentichiamo a
favore dello scorrere vorticoso del tempo…..
A) I Purcidduzzi
1 kg. di farina (metà di grano dure e metà di tipo 00)
7 g. di ammoniaca per dolci
1 bustina di lievito per dolci in polvere
200 g. di olio d’oliva extra vergine (dal sapore delicato)
cannella in polvere q.b.
1 bustina di vanillina
1 cucchiaino di sale
1 litro di spremuta di arance e mandarini (conservate le bucce dei mandarini)
olio di semi per friggere q.b.
liquore all’anice q.b.
4 cucchiai di zucchero
1/2 kg. di miele
monpariglia per decorare
Preparazione
2. Mescolate la farina con la cannella, la vanillina, il lievito in polvere e della buccia di mandarino
tritata, e versatela in una grande ciotola. Spruzzate l’olio sopra alla farina, e lavorate il tutto strofinando
l’impasto tra le due mani.
Versate la spremuta sopra l’impasto. Scaldate 50 g. di acqua in un pentolino, spegnete il gas, e
sciogliete l’ammoniaca in questa acqua calda. Versate questa soluzione sull’impasto. Sciogliete il sale
in un altro bicchiere di acqua e versate anch’essa sull’impasto. Lavorate bene l’impasto fino a quando
diventa compatto e morbido.
Prendete pezzi di questa pasta, e lavorateli per ridurli a salsicciotti di circa 2 cm. di diametro. Tagliateli
a pezzetti (un po’ come si fa per gli gnocchi).
Friggete questi pezzetti di pasta nell’olio ben caldo, scolateli e poi lasciateli a perdere l’eccesso di olio
su carta da cucina.
Mettete in una casseruola il miele, lo zucchero, ½ bicchiere d’acqua e un po’ di liquore d’anice.
Mescolate per amalgamare il tutto, e quando bolle gettatevi dentro i purcidduzzi. Versate i purcidduzzi
coperti di miele su uno o più piatti da portata, e spargetevi sopra la monpariglia.
Potete decorare i purcidduzzi a piacere (per esempio, nella foto sono serviti all’interno di una
cornucopia di pasta sfoglia).
B) Le Graffe
Per il giorno di Carnevale a Napoli le graffe sono un'istituzione: sono ciambelle di pasta
lievitata, molto simili alle zeppole. Noi vi forniamo la ricetta base, ma si possono farcire a
piacere, scegliendo tra nutella, confetture di vari gusti o con la crema pasticcera o al
cioccolato.
farina 1 Kg
zucchero 30 g più quello per ricoprire le ciambelle
burro 100 g
lievito di birra fresco 50 g
2 uova
sale 20 g
mezzo litro di acqua o se preferite latte
olio per friggere
Preparazione:
Mettete l’acqua, o il latte, in una ciotola e scioglietevi prima il lievito e poi lo zucchero. Aggiungete la
farina e iniziate a impastare con le mani.
In un’altra ciotola rompete le uova, unite il sale e sbattetele leggermente, solo per amalgamare i due
ingredienti. Incorporate questa miscela all’impasto lentamente. Infine aggiungete anche
ilburro ammorbidito e lavorate fino a che l’impasto non diventerà liscio e tenero.
3. Lasciate che lieviti per un’ora, poi impastatela un poco di nuovo e ricavate delle piccole ciambelle che
distribuirete su una teglia foderata di carta da forno. Lasciate lievitare ancora mezz’ora; intanto scaldate
abbondante olio per friggere.
Friggete le graffe rigirandole di tanto in tanto in modo che si dorino uniformemente. Scolatele su della
carta assorbente per togliere l’unto in eccesso e passatele subito nello zucchero semolato. Servite
subito.
….Gola, cultura del buon mangiare, piacere e convivialità! Così mi piace pensare
Al mio territorio prima tarantino …poi pugliese. Vivendo sempre di corsa, ci si dimentica spesso che
proprio il cibo è una componente fondamentale per migliorare la nostra vita:
crescere, muoversi, rinnovarsi, il cibo è fonte di energia della nostra esistenza, fucina di materiali con cui il
nostro corpo si costruisce e si ristruttura. Così,i nostri piatti vogliono suggerire l'opportunità di introdurre
armonia nella nostra vita proprio grazie al cibo: smettendo di usarlo per 'riempire lo stomaco' e
utilizzandolo pernutrire la gioia di vita. Mangiare è un'opportunità perrilassarsi e per ritrovare uno stato di
grazia con sé stessie convivialità con i nostri commensali, riscoprendo i ritualilegati all'alimentazione».
: un'esperienza che oltre ad accontentare il palato, possa appagare anche la mente, secondo una visione
olistica. «Il concetto di sostenibilità da noi,
parte già dall' impegno che i nostri contadini mettono nelle serre della Tenuta, dove son coltivate la
maggior parte
delle verdure stagionali dei nostri menù. Utilizziamo i campi non inquinati del Parco della Mandria,
impiegando unicamente fertilizzanti naturali, mentre sono banditi sia quelli
chimici sia le sementi derivate da modificazione genetica;
sono invece ammesse tecniche di 'antagonismo biologico', che comportano l'immissione delle colture di
insetti
predatori. Il risultato? Prodotti più gustosi, perché seguendo i cicli naturali si raccolgono oltre che prodotti
migliori,
anche alimenti più sani – perché privi di pesticidi e conservanti – e più nutrienti, in quanto mantengono un
maggior numero di elementi nutritivi garantendo maggiore ricchezza di minerali e vitamine».
Roberto Garosci tiene ad inserire il discorso sviluppato per
il proprio ristorante in un contesto più ampio che da tempo è oggetto di studi da parte di chi si interessa di
sostenibilità: «Cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, pericoli di pandemie dovute a vari
inquinamenti che ritroviamo nelle carni che mangiamo, sono alcuni dei concetti che
4. ormai stanno entrando nel nostro quotidiano, diventando
vere e proprie emergenze. Si è cominciato a parlare di 'sviluppo sostenibile', uno sviluppo che risponde alle
necessità del presente, senza compromettere la capacità delle
generazioni future di soddisfare le proprie (secondo la definizione della Commissione Bruntland, 1987 –
Unced). Il
capitale naturale (mari, fiumi, laghi, foreste, flora, fauna, territorio, oltre che i prodotti agricoli e il
patrimonio artistico
e culturale presente nel territorio) è un parametro che non
può più essere messo da parte pensando ad una qualsiasi strategia economica nascente. Per far questo, la
Comunità Europea ha stilato un programma con l'obiettivo di modificare l'atteggiamento generale della
collettività per quanto riguarda il consumo e il comportamento individuale, prevedendo un ciclo di
produzione, dalle materie prime (le cui riserve sono limitate) al prodotto finito pronto per
l' utilizzo, tale da ottimizzare ed incoraggiare la riutilizzazione
ed il riciclo, minimizzare la produzione di rifiuti, evitare l'esaurirsi di risorse naturali, razionalizzare la
produzione ed il consumo dell'energia. Anche le scelte del singolo individuo agiscono direttamente ed
indirettamente sull'inquinamento del
pianeta. Tutti insieme, a partire da quello che mangiamo, possiamo ancora tentare di salvare il nostro
futuro».
Occasione di eccessi e trasformismi, il Carnevale è una vera e propria festa anche per le nostre papille
gustative... con buona pace per la linea. La tradizione vuole che le ultime giornate di Carnevale vengano
trascorse in allegria e secondo modi particolari in ogni regione; ed in ogni luogo la tavola svolge un ruolo da
protagonista, con tanti piatti e dolci tipici tutti da gustare.
Il Carnevale in Italia
La tradizione del Carnevale è fortemente radicata nella storia italiana; così come la conosciamo ha origine
dalle feste dei Saturnali che avvenivano nell'antica Roma in onore del dio Saturno: un periodo chiamato
appunto "Saturnali", in cui le norme e le leggi venivano sospese, dando vita ad un irrefrenabile spirito di gioia
e vacanziero e di ribaltamento dei ruoli. Oggi sono molte le località italiane che hanno conservato forti
tradizioni legate al Carnevale.
VENEZIA. L'appuntamento di Carnevale più noto ed atteso: il Carnevale di Venezia, che coinvolge l'intera città
e migliaia di ospiti. Musica, balli, teatro e circo sono protagonisti di una tradizione di grande richiamo.
IVREA. Una manifestazione in cui storia e leggenda si intrecciano per dar vita ad uno spettacolo unico grazie alla
famosa Battaglia delle Arance, momento di grande coinvolgimento e forte emozione.
VIAREGGIO. Il Carnevale di Viareggio è un evento tra i più spettacolari del periodo.
IMOLA. Ogni anno si svolge l'unico Carnevale italiano con una sfilata di veicoli pazzi, stravaganti ed ecologici,
che uniscono fantasia creatività ed ironia.
CENTO. Il più coinvolgente e trasgressivo carnevale d'Europa è gemellato, per stile di carri, belle ragazze e
divertimenti, con quello di Rio de Janeiro.
PUTIGNANO. Un vasto programma di manifestazioni e sfilate, trazioni e ricette legate al più famoso carnevale
pugliese, che compie 614 anni. Maschere, riti, miti e ritmi del Mediterraneo.
5. ORISTANO. In Sardegna il Carnevale rispecchia tradizioni pagane legate alla fertilità della terra ed alla riuscita
del raccolto. Infatti, l'ultimo giorno della festa è dedicato alla Sartiglia, antica giostra equestre.
Le ricette di carnevale
Nel nostro Paese le manifestazioni "carnevalesche" colorano e risvegliando le vie di ogni città. Naturalmente
anche a livello gastronomico si hanno in Italia innumerevoli tradizioni, che rispecchiano pienamente lo spirito
'godereccio' del Carnevale.
Cicerchiata
Tipica specialità dell'Italia centrale, nasce da una tradizione antichissima. Il nome deriva dalla Cicerchia, i
ceci con cui in realtà questo dolce non ha nessuna affinità se non nell'aspetto.
Struffoli
La risposta del Sud alla Cicerchiata è costituita dagli Struffoli Napoletani; all'apparenza il dolce sembra
identico, ma le due ricette presentano numerose differenze.
Chiacchiere
Questa è forse la ricetta più semplice e la più "allegra" fra quelle dei dolci di Carnevale, ciò nonostante è
quella di maggiore successo. Tanto è vero che la si ritrova in tutt'Italia, sebbene con nomi diversi: in Friuli si
chiamano Grostoli, in Emilia Sfrappole, in Veneto Galani, nelle Marche Frappe, Cenci in Toscana.
Castagnole
Sono tipiche della gastronomia friulana durante il periodo di Carnevale. Gustose e morbide, sono adatte
anche ai bambini.
Ravioli dolci
Sono cuscinetti di pasta ripieni di marmellata, di frutta secca o ricotta.
Calzone
Arriva dalla Campania e presenta una variante alla ricetta dei ravioli dolci davvero singolare e forse un po'
'piccante': il pecorino.
Graffe o krapfen
Questa ricetta, forse la più antica, tra i dolci austriaci, proviene dal libro di gastronomia dell'Artusi, che parla
di una ricetta "gentile", come egli stesso la definisce.
Zeppole
La farrata è il tradizionale rustico di Carnevale pugliese .
Come si prepara, ingredienti, cottura, consigli.
Le farrate o tenerelli sono dei rustici, quasi dei panzerotti, che si servono tradizionalmente a carnevale,
nella zona di Manfredonia in Puglia.
Vedi anche:
"Ricetta tortelli senza glutine"
"Ricetta tortelli "
Utilizzo La farrata è il tradizionale rustico (simile al panzerotto)
principale del carnevale pugliese, in particolare della zona di
Manfredonia.
N° persone per 12 farrate
Bimbi
Ingredienti • 1.5 kg di ricotta fresca di pecora
• 1 barattolo di grano duro cotto
• 2 mazzetti di menta maggiorana
• 1 kg di farina di farro
• 15 grammi di pepe
• 2 cucchiai di sale
• 2 bicchieri d'acqua
• 2 tuorli d'uova
• cannella qb
• forma circolare (diametro 13 cm)
6. Preparazione - Rimuovere i ramoscelli dalla menta maggiorana e
lasciare solo le foglie. Mescolare in un recipiente
abbastanza grande, la ricotta, il grano e la menta
maggiorana appena pulita. Aggiungere tutto il pepe e la
cannella e mescolare fino ad ottenere un amalgama
uniforme degli ingredienti.
- Lasciare riposare per mezz'ora affinché la menta
maggiorana possa aromatizzare la ricotta fresca.
Nel frattempo, impastare la farina aggiungendo
lentamente l'acqua e il sale. Amalgamare bene la farina
fino ad ottenere un impasto non troppo morbido.
- Preparare delle sfoglie di pasta non più spesse di 2 mm.
Tagliarte la sfoglia in maniera circolare usando un coltello
o l'apposito rullo da taglio. Le forme ottenute saranno
usate a coppie, una per il fondo e una per coprire il
ripieno della farrata. Riempire ogni sfoglia con due
cucchiai dell'impasto di ricotta ottenuto in precedenza, e
coprire con un'altra sfoglia. Con indice e pollice unite le
due sfoglie ripiegando la pasta verso l'interno della
farrata, come un calzone.
- Montare i due tuorli d'uova, e con un pennello piccolo
cospargere la parte superiore della farrata
- Prima di infornare, bucare con una forchetta la parte
superiore della farrata stessa, onde evitare bolle d'aria
all'interno. Infornate per mezz'ora nel forno a 180°.
Come servire Calde e croccanti. E' ottima se accompagnata con un buon
Moscato di Trani.
Costo Medio.
Difficoltà Media.
Curiosità Appena sfornate, calde e croccanti, facevano, durante i
giorni di carnevale, il giro delle strade e dei cortili,
attraverso i gridi di ragazzi incappottati, che già dalle
cinque del mattino, così come viene riferito in una delle
tante riuscitissime canzoni in vernacolo del poeta Michele
Racioppa "A farrète".