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ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE
    ALLA SCRITTURA
         Corso di aggiornamento
   per insegnanti della scuola primaria

                   Corso tenuto
      presso scuola primaria “G.B. Candotti”
                    di Codroipo


                 anno scolastico 2008-2009




             A cura di Cristina Sabbadini
INDICE
CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA
-   Storia della grafologia                                                                                                     pag.   4
-   I campi di utilizzo                                                                                                         pag.   6
-   La figura del rieducatore della scrittura                                                                                   pag.   7


IL GESTO GRAFICO DELLA SCRITTURA
-   L’importanza dell’attività grafica                                                                                          pag.   9
-   L’origine del gesto grafico                                                                                                 pag.   11
-   Componenti mentali del processo grafico                                                                                     pag.   12
-   Principali aree di associazione coinvolte durante l’atto grafico                                                            pag.   13
-   Espressione verbale di una parola udita                                                                                     pag.   17
-   Espressione verbale di una parola scritta                                                                                   pag.   18
-   Le prassie                                                                                                                  pag.   18
-   Disgrafie e dislessie                                                                                                       pag.   19


L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E NELL’APPRENDIMENTO
-   Competenze dei due emisferi cerebrali nell’apprendimento                                                                    pag.   21
-   Implicazioni didattiche                                                                                                     pag.   24


L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA
-   Le fasi dell’evoluzione della scrittura: tre gradi tappe                                                                    pag.   26


I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
-   Disortografia e dislessia                                                                                                   pag.   30
-   Disgrafia                                                                                                                   pag.   34
-   Cause della disgrafia                                                                                                       pag.   39


LO SVILUPPO DELLA MOTRICITA’ FINE DELLA SCRITTURA
-   Impugnature scorrette                                                                                                       pag.   43
-   Impugnatura corretta                                                                                                        pag.   44


LO SVILUPPO DEGLI EMISFERI CEREBRALI ATTRAVERSO IL “BRAIN GYM”.                                                                 pag.   46
POTENZIAMENTO, ELASTICITA’ E COORDINAZIONE DEI MOVIMANTI FINI.                                                                  pag.   52
ESERCIZI DI RAFFORZAMENTO DELLE ABILITA’ DI BASE.                                                                               pag.   58
ATTIVITA’ PER LO SVILUPPO DEGLI SCHEMI GRAFOMOTORI                                                                              pag.   64
SEZIONE ESERCIZI GRAFOMOTORI PER LE ATTIVITA’ PRESCOLASTICHE                                                                    pag.   74
SEZIONE ESERCIZI MOTORI E DI PERCEZIONE SENSORIALE E VISIVA                                                                     pag.   88
 BIBLIOGRAFIA                                                                                                                   pag.   93




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CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA


La Grafologia è una scienza umana affine alla psicologia, ma con propri principi metodologici e
proprie tecniche. Studia la scrittura e da questa trae le indicazioni per conoscere e tracciare il
profilo di personalità dello scrivente. La metodologia d'indagine parte dal presupposto che la
scrittura, superate le fasi dell'apprendimento, diventa un processo automatico, risultato delle
risposte motorie ai circuiti neurali e riflette l’individuo nella sua interezza.
Le risposte comportamentali derivanti non possono che essere uniche, come esclusive sono le
esperienze di ogni individuo.
Con questi presupposti si delinea la possibilità di interpretazione della scrittura finalizzata alla
descrizione della personalità umana.
Cosa significa, "scrivere"? Quali zone del nostro corpo, della nostra psiche si attivano e
interagiscono tra loro durante l’attività grafica? L’apprendimento della scrittura viene
giustamente considerato dalla psicologia tra le forme più complesse e articolate dell’attività
linguistica e grafo-motoria.
Scrivere, come disegnare, è una manifestazione inconscia della propria personalità, del proprio
mondo interiore, dove:
•   forma (più o meno personalizzata, semplificata o sofisticata, ecc.);
•   movimento (rapido, lento, costante, dubbioso, inibito, ecc.);
•   energia vitale e ritmo personali;
lasciano trasparire il proprio stile unico ed irripetibile.
Imparare a scrivere, per un bambino, non è per niente "scontato": si riflette, infatti, troppo poco
su quante e quali competenze e abilità egli debba maturare per "appropriarsi" della scrittura.
Una volta acquisita e automatizzata, essa non si dimentica. Diviene parte integrante del nostro
modo di essere: cambia con noi, segue le fasi della nostra vita. Si irrobustisce se acquisiamo
autostima, perde energia se siamo stanchi o inibiti, si trasforma e invecchia con noi.
In una analisi grafologica si evidenziano le qualità intellettive, la predisposizione alla analisi e
alla critica, il tipo di memoria.
Si individua l’eventuale introversione o estroversione della persona, l’affettività, la disponibilità
interiore all'accoglienza e le modalità espressive del comportamento.
Si evidenzia la quantità di energia vitale della persona e la sua capacità di gestirla; si coglie
infine l'emotività e la sensibilità che caratterizzano la ricezione degli stimoli.
L'analisi grafologica è un test proiettivo spontaneo, poiché non risente della presenza
dell'esaminatore né dell'ambiente. Il segno grafico risulta la diretta registrazione delle



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esperienze che, in interazione con le caratteristiche costituzionali, concorrono alla formazione
del peculiare carattere dell’individuo.
Lo sviluppo dei moti affettivi, dell'intelligenza e delle tendenze si imprimono e si integrano nella
memoria del sistema cerebrale che guida l'atto motorio-grafico, dall'apprendimento del modello
scolastico alla progressiva automatizzazione del gesto nel suo evolversi e personalizzarsi. La
grafologia è, innanzi tutto, uno strumento di conoscenza di sé. Il grafologo redige analisi di
personalità che consentono di comprendere meglio sia il proprio comportamento sia i nodi
profondi che ne sono alla base.


STORIA DELLA GRAFOLOGIA… IN PILLOLE.
Qualcuno potrebbe pensare che la grafologia sia una scoperta dei nostri tempi o addirittura
una moda. Non è così.
Studiosi, pensatori e filosofi (greci, latini, indiani, cinesi), fin dai tempi più antichi, si
interessarono della scrittura come mezzo per conoscere l’uomo, intuendo l’esistenza di un
rapporto stretto tra personalità e scrittura. Non ci sono tuttavia pervenuti documenti a
testimonianza di veri studi fatti in tal senso se non dopo il XVI secolo.
Nell'antica Grecia fu Aristotele (384-322 a.C.) ad avere le prime intuizioni al riguardo. Lo
storico latino Svetonio (70-140 d.C.)1[3] biografo dei Cesari, scrisse che da alcune
caratteristiche della scrittura dell’imperatore Cesare Augusto si potevano dedurre i tratti del
suo carattere.
Nel XVII secolo il rapporto tra personalità e scrittura cominciò a diventare oggetto di studi e di
ricerche, anche se queste intuizioni non furono sottoposte ad un’autentica verifica
sperimentale. Prima di allora, nei tempi antichi e nel medioevo, si scriveva poco e pochi
sapevano scrivere; vi era chi a servizio dei privati o del pubblico copiava manoscritti per
mestiere2[4] esprimendo il pensiero degli altri e adottando una scrittura ufficiale, sicché lo
scritto mancava di spontaneità e di caratteristiche personali. Con la diffusione dell’istruzione si
crearono le condizioni necessarie allo sviluppo della grafologia.
Il primo che si occupò di grafologia, parlandone come di “scienza certa”, fu il medico italiano
Camillo Baldi3[5] che nel 1622 pubblicò il primo libro sull’interpretazione caratterologica della
scrittura. Egli notò che ogni grafia ha un suo ritmo, pigro o veloce, cui corrisponde un
determinato carattere dello scrivente. Le sue osservazioni non ebbero però molta risonanza
anche se erano basate su giuste considerazioni




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Poco dopo il napoletano Marco Aurelio Severino, docente di anatomia e chirurgia, scrisse
sull’argomento un libretto, che non fumai pubblicato.4[6]
Goethe in una lettera a Lavater scrive: ”Non si può dubitare che la scrittura abbia dei rapporti
con il carattere e l’intelligenza umana, e che possa dare almeno un indizio del modo di
intendere e di operare, bisogna pur riconoscerle un legame con tutta la personalità” …ed infine
lo invitava “ …amichevolmente a raccogliere con passione del materiale”.
Questa lettera fu il motivo che portò J. Kaspar Lavater,5[7] teologo svizzero e studioso di
fisionomica, verso la fine del XVIII secolo, a collezionare molti autografi per trasferire l’arte della
scrittura dal suo stato puramente empirico a quello di vera e propria scienza. Lavater rilevò le
analogie esistenti tra linguaggio, modo di camminare e scrittura.
Le indagini sulla scrittura cominciarono a diventare metodiche e sistematiche e in quel tempo
nascono le scuole di grafologia in Europa.
In Francia nel 1872 l’abate Jean-Hippolyte Michon.6[8] - nato nel 1806 e morto nel 1881 - diede
una prima base scientifica allo studio della grafia; a lui, come s’è detto, si deve il termine
“grafologia”, che utilizzò per indicare lo studio del carattere dell’uomo attraverso la scrittura.
Capì che il sistema nervoso influenza la grafia ed enunciò criteri e leggi per associare ai segni
grafici le qualità psicologiche corrispondenti. Il suo merito fu di stimolare in modo significativo
l’approfondimento e la ricerca - che venne avvantaggiata dal vasto materiale da lui raccolto - e
di aver creato uno studio sistematico della grafologia.
Jules Crépieux-Jamin (1859-1940),7[9] originario di Ginevra, si stabilì poi in Francia. Allievo di
Michon, fu il vero caposcuola della grafologia francese; a lui si deve il primo metodo d’indagine
per l’interpretazione della scrittura. Egli raggruppò quasi duecento segni o tratti grafici in sette
categorie e propose un modello di analisi della scrittura basato su intensità ed interazione dei
segni che costituiscono l’armonia o disarmonia dello scritto e concluse inoltre che ”…l’armonia
della scrittura corrisponde a quella del carattere”. Crépieux-Jamin fu un grande esperto
calligrafico ma, ancor privo di un rigoroso metodo scientifico, lasciò troppo margine
all’intuizione; ebbe il merito di rendere popolare la grafologia e di contribuire alla sistemazione
metodologica ed epistemologica della materia. Sul suo metodo si basarono gli studi di questa
disciplina sia in Francia che negli altri Paesi.
Gli allievi di Crépieux-Jamin migliorarono e corressero la sua impostazione; approfondirono la
sperimentazione e la ricerca, contribuirono a diffonderla in Europa.




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Nel 1972 la grafologia entra all’Università di Bordeaux fra i corsi regolari della facoltà di lettere
e a Parigi entra alla facoltà di medicina.
All’inizio del secolo in Francia nacque la grafoterapia che si basò sulla teoria per cui se la grafia
rivela il carattere dell’individuo e si modifica con esso, allora, modificando la scrittura, è possibile
trasformare almeno alcuni aspetti del carattere.
Uno dei più importanti nomi in Europa in campo grafologico e psicologico fu quello di Ania
Teillard


I CAMPI DI UTILIZZO
All’inizio del III Millennio, la grafologia – o psicologia della scrittura, come alcune scuole oggi
preferiscono definirla - si è conquistata faticosamente uno spazio tra le cosiddette scienze
umane: l’istituzione del corso di laurea breve ha rappresentato una dichiarata conferma.
Sono molteplici, le implicazioni scientifiche e le discipline che interagiscono nel campo della
scrittura. La neurofisiologia, la psicologia, la pedagogia, la fisica, la medicina, solo per citarne
alcune, offrono motivi di riflessione e di analisi per arrivare a comprendere meglio le strutture
profonde che stanno alla base del processo grafico.
Ma quali sono i settori in cui la grafologia viene oggi utilizzata? Oltre a quello individuale, i
campi di elezione per l’utilizzazione della grafologia sono: famigliare, pedagogico, clinico, legale,
aziendale.
L’intervento del grafologo può risultare dunque determinante per cogliere i cosiddetti "segnali "
del disagio, per evitare
evitare che i problemi diventino ad un certo punto insormontabili.
Non è casuale, infatti, che ormai la grafologia, ad opera dei rieducatori della scrittura altrimenti
definiti grafoterapeuti, porti contributi significativi anche nel settore pedagogico-familare nello
studio e nell’interpretazione di eventuali difficoltà nell’apprendimento e di disagi di
adattamento.
Il grafologo interviene, inoltre, nell’ambito dell’orientamento agli studi superiori o
universitari; egli, infatti, evidenzia in maniera "dolce" e quindi poco invasiva caratteristiche e
potenzialità dello studente, dandogli un ulteriore possibilità di scegliere con maggiore
precisione il proprio percorso di studio.
Non da meno risulta essere l’ambito professionale dove, lo strumento grafologico può rivelarsi
un ottimo mezzo attraverso il quale comprendere meglio in quale ambito esprimere
efficacemente le proprie qualità e caratteristiche attitudinali, intellettive e temperamentali.
In fine la grafologia può efficacemente affiancare il lavoro dello psicologo, del terapeuta, nelle
consulenze individuali e di coppia, per consentire una conoscenza più completa della persona.
L’analisi della grafia è infatti un utile strumento d’autoanalisi, che chiunque può utilizzare per
guardare dentro di sé.
A questo punto risulta essere superfluo sottolineare che la grafologia non ha niente di occulto
né di magico, non fa previsioni, non è terapeutica – se non nella misura in cui una persona,
conoscendosi maggiormente, può agire su se stessa con migliore consapevolezza.


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LA FIGURA DEL RIEDUCATORE DELLA SCRITTURA
È un grafologo che ha conseguito il titolo attraverso il percorso universitario specifico o presso
istituti di formazione privati di almeno tre anni. Successivamente ha ottenuto l’attestato di
riconoscimento come “Rieducatore della scrittura”, frequentando un master di specializzazione.
Egli interviene direttamente per il recupero di bambini, adolescenti ed eventualmente adulti
disgrafici, ma anche, in collaborazione con le scuole, per la prevenzione delle disgrafie a fine
scuola dell’infanzia ed inizio scuola elementare. Esercita in contesti scolastici, psico-pedagogici,
in collaborazione con associazioni culturali e con neuropsichiatri.




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Il gesto grafico della scrittura.

Che cosa spinge il bambino ad imprimere la propria traccia?
La curiosità? Il desiderio di conoscere, di imparare? La meraviglia di potersi rappresentare
anche attraverso il corpo, la possibilità di comunicare ciò che vuole e ciò che inconsciamente
desidera far sapere di sé all’ambiente circostante?
Certamente sì! Ma prima di tutto, questo rappresenta una risposta alla sua esistenza, assume
un nuovo messaggio rafforzativo fondamentale: Io sono, esisto e pertanto creo!
Il grafismo, perciò, rappresenta una nuova modalità di espressione della propria identità.
Se il bambino vive in un ambiente stimolante scopre di poter essere in grado di lasciare tracce
ovunque e in qualunque modo gli sia permesso. L’imitazione è parte fondamentale delle proprie
scoperte e gli adulti vengono continuamente emulati in ogni loro gesto e atteggiamento. Tutto
questo è per il bambino fonte di immensa gioia poiché egli, come scrive A. Oliviero Ferrarsi
(1973), cerca di <<incidere sulla realtà modificandola e d’imporre la propria presenza>>.
Attraverso l’attività grafica egli prende coscienza di avere un potere creativo e ciò lo fa crescere
nella stima di se stesso procurandogli un piacere che si rinnova attraverso l’esecuzione di
nuovi tracciati, trasformando, così, i gesti grafici da fortuiti in intenzionali.
Secondo Luquet il bambino inizialmente prova piacere nell’eseguire uno scarabocchio pur non
dandogli un significato rappresentativo, sarà solamente in seguito che scopre casualmente
l’analogia tra la forma di alcuni oggetti a quella dei suoi scarabocchi. Questo viene definito
dall’autore lo stadio del realismo fortuito o altrimenti definito, dagli studiosi Cox e M.
Bernson, stadio vegetativo-motorio.
Nonostante ci siano punti di vista diversi in merito, si ritiene ingiustificata l’attribuzione di un
intento rappresentativo nelle prime attività grafiche, a volte a soli 12 mesi, anche perché per
ovvi motivi risulta impossibile dimostrare che ciò che è stato disegnato abbia una valenza
rappresentativa specifica. Il bambino prova piacere nel creare, modificare l’ambiente, produrre
qualche cosa attraverso la propria attività. Vive, comunque, lo stesso piacere nello scoprire la
legge della causa-effetto mentre si diverte a far cadere oggetti dal tavolo o dal seggiolone per
sentirne il suono e per modificarne la posizione originale, così come a sei mesi di età si diverte
a gridare, “gorgheggiare”, per sentire il suono della propria voce (lallazione).
Non si può parlare, però, di casualità relativamente al passaggio dallo scarabocchio fortuito a
quello rappresentativo: ciò che è casuale non può essere costante, e questo passaggio si verifica
costantemente in tutti i bambini.                     Se inizialmente il gesto grafico nasce dal solo piacere di
lasciare una traccia senza alcuna attribuzione significativa, poco tempo dopo egli dichiara la
propria intenzione di rappresentare un preciso “simbolo” che gli permette di dare un significato
al proprio scarabocchio, con una operazione analoga a quella che avviene nel gioco; difatti, un
bastone può rappresentare un fucile, uno scatolone, la casa, ecc.
Il livello generale della scrittura del bambino dipende tanto dal suo sviluppo mentale e
psicomotorio, quanto da quello affettivo. Le disgrafie possono essere la conseguenza sia di
disturbi provocati da cattiva conoscenza dello schema corporeo, che dalla mancanza di


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organizzazione spazio-temporale, da incapacità di coordinare le sinergie muscolari (melodia
cinetica non ancora acquisita) o da una inadeguata conoscenza della lingua                                                      ma non va
assolutamente trascurato l’aspetto della maturazione emotivo-affettiva.
Il bambino che vive situazioni affettive di disturbo prolungate nel tempo ha difficoltà a
proiettarsi nel futuro e può reagire allo stress o con l’aggressività o chiudendosi in un
comportamento di fuga dalla realtà e comunque può perdere l’interesse per l’apprendimento
allo studio.
La grafoterapia rivede in chiave pedagogica il lavoro che precede l’apprendimento scolastico,
Chantal Thoulon-Page, stimatissima grafoterapeuta francese, dice: “Essa non impone in modo
rigido un nuovo modello, ma lavora accanto alla scrittura, su forme che sono solo lontane
parenti delle lettere, in modo da ammorbidire e perfezionare il gesto grafico e non la scrittura in
se stessa (occorre rieducare il gesto tramite il gesto)… il miglioramento del grafismo verrà da
solo, senza che il bambino abbia l’impressione di aver lavorato sulla sua scrittura.”


L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITA’ GRAFICA.
Numerose ricerche in campo bioneurologico affermano che l’attività grafica è fondamentale per
lo sviluppo cerebrale del bambino e in modo particolare delle competenze linguistiche, cognitive
e motorie , legate alla specializzazione dell’emisfero collegato alla mano scrivente.
E’ altrettanto riconosciuto che la preferenza d’uso della mano destra è funzione dello sviluppo
cerebrale o ancor meglio della specializzazione dell’emisfero sinistro, dove ha sede il linguaggio.
Questo, infatti è l’elemento che contraddistingue l’uomo dagli animali, poiché nemmeno tra i
mammiferi superiori esistono casi di dominanza laterale cerebrale.
Nell’uomo, infatti, nel corso della lenta evoluzione l’emisfero sinistro è stato sempre più
sollecitato sia attraverso la realizzazione grafica simbolica che mediante l’uso della mano
destra. Questo ha determinato uno sviluppo neuronale specializzato, una maggiore
organizzazione funzionale del cervello con conseguente laterizzazione del linguaggio all’emisfero
sinistro. Perciò, oggi, si può affermare che lo sviluppo della scrittura ha favorito la
specializzazione emisferica dell’uomo.
Recenti scoperte nel campo neurobiologico (Sterratrice/Habab, 1993), dimostrano che uno dei
meccanismi fondamentali dell’apprendimento, in particolar modo quello grafico, risponde al
principio di selezione. Secondo ricercatori contemporanei, infatti, il cervello dispone dall’inizio
di un sistema ricco di potenzialità, connessioni nervose temporanee, che man mano vengono
selezionate. Solamente i circuiti più frequentemente utilizzati si svilupperanno, gli altri
verranno progressivamente abbandonati.
Questo processo di graduale selezione, semplificazione e specializzazione determina, anche per
quel che riguarda il gesto della scrittura, lo spostamento neuronale da un sistema volontario
ad uno automatico.
Inizialmente il bambino segue i movimenti della mano con l’occhio, egli , infatti, non è ancora
in grado di guidare la mano con precisione. Successivamente acquisisce un maggiore livello di
abilità e controllo dei movimenti fini.


    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.      9
E’ giusto specificare che lo sviluppo psicomotorio non avviene necessariamente solo ed
esclusivamente attraverso il gesto grafico ma anche attraverso una serie di attività, come: la
deambulazione, la manipolazione e la realizzazione di oggetti, giochi di movimento, ecc.
Queste attività forse erano maggiormente svolte un tempo quando i bambini potevano
muoversi, correre, realizzare giochi creativi e frutto della propria fantasia, manipolare oggetti
con la finalità di costruirsi il gioco anche se con materiale povero. Oggi, purtroppo il bambino
passa diverse ore davanti alla televisione o gioca in modo virtuale attraverso i videogiochi,
favorendo solo al prontezza di riflessi e la sedentarietà.
Ma l’atto grafico non possiede solo una valenza di sviluppo e specializzazione neurologica ma
permette agli adulti di entrare con umiltà e rispetto dentro il mondo psicologico del bambino.
Egli infatti, attraverso lo scarabocchio, il disegno e successivamente la scrittura comunica il
proprio mondo interiore.
Lo scarabocchio viene considerato anche un’attività di “autoterapia” inconscia (M. Bernson
1973). Scarabocchiando, il bambino si sviluppa e prende coscienza di sé, passo fondamentale
per la propria stabilità.
Anna Oliveiro Ferrarsi (1973) sostiene una tesi analoga: <<mentre il bambino disegna esplicita
le proprie paure ed ansie>>. Attraverso l’espressione grafica, il movimento, il gioco, il bambino
esprime se stesso, esplicitando i suoi problemi e scaricando le proprie tensioni. In mancanza di
questo sfogo, l’aggressività si può accumulare con danni rilevanti per lo sviluppo e l’equilibrio
della personalità. L’aggressività, ad esempio, può causare sensi di colpa e depressione.
Le teorie freudiane sostengono che il disegno è fortemente influenzato dai desideri e dalle paure
inconsce del bambino, per questo motivo l’atto grafico può rappresentare uno strumento
catartico e di purificazione delle idee represse. Per lo stesso motivo anche i giochi e lo scrivere
offrono la possibilità di esprimere i propri impulsi istintuali (J.Royer 1993 – G.Crocetti 1986).
E’ sicuramente utile tener presente che l’esame dell’attività grafica è fondamentale per
conoscere l’abilità raggiunta dal bambino e, se necessario, per impostare un’adeguata terapia
individuale. La terapia rieducativa è maggiormente efficace se si trasforma in attività didattica e
soprattutto se viene effettuata in un periodo precoce quale è quello relativo all’azione educativa.
Per fare ciò è importante che il bambino venga osservato con attenzione durante tutte le fasi di
apprendimento al fine di poter rilevare le possibili difficoltà. Questa fase di osservazione è di
fondamentale utilità, basti pensare che, ad esempio, la difficoltà di apprendimento dello
schema corporeo può comportare una difficoltà successiva nella gestione dello spazio e delle
sue relazioni, con conseguente difficoltà ad apprendere la lettura, la scrittura ed il concetto di
quantità.
L’attività grafica, assieme ad altre attività di tipo ludico, può favorire lo sviluppo della motricità
fine, il coordinamento occhio-mano, la capacità di percezione, la conoscenza dei rapporti
spaziali e temporali, la manipolazione delle immagini mentali, la conoscenza dello schema
corporeo, lo sviluppo del sistema nervoso, la maturazione affettiva, lo sviluppo dell’intelligenza
con particolare riferimento alle abilità legate all’emisfero destro. Questa osservazione,
avvalorata da diversi studiosi, ci porta a lanciare un appello, alle insegnanti ma sopratutto ai


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genitori, affinché il bambino recuperi le proprie attività ludiche anche attraverso quelle grafico-
pittoriche (oggi spesso vietate e sostituite dall’uso improprio della tv o dei videogiochi), al fine di
crescere in armonia con le graduali richieste della vita.


L’ORIGINE DEL GESTO GRAFICO.
Da un punto di vista generale, non è difficile ammettere che la scrittura è prodotta dal cervello,
importante parte di tutto il sistema nervoso. Si potrebbe dire che la scrittura, come espressione
comportamentale, è il risultato delle risposte motorie all'interazione complessa dei circuiti
neurali cortico-sottocorticali. Tali risposte sono uniche, personali e strettamente individuali,
come esclusive sono le esperienze emozionali degli individui ed il loro assetto cromosomico. E'
facile, dunque, sostenere che l'individualità della scrittura come comportamento è l'espressione
di un lavoro mentale esclusivamente individuale.
L'uomo è dotato di un sistema nervoso centrale e di uno periferico. Il sistema nervoso centrale
comprende il cervello propriamente detto costituito dei due emisferi cerebrali, destro e sinistro,
strettamente collegati attraverso il corpo calloso, dal diencefalo col talamo e l'ipotalamo, dal
troncoencefalo, dal midollo allungato, dal cervelletto (cerebellum) ed infine, non per minore
importanza, dal midollo spinale.

FIG. 1




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Il sistema nervoso periferico è costituito dall'insieme di tutti i nervi e le terminazioni nervose
che si irradiano in ogni recesso del corpo umano. Tramite l'interconnessione dei sistemi nervosi
centrale e periferico è assicurato il più completo collegamento di ogni punto del corpo umano
con il cervello: impulsi e stimoli possono essere così trasmessi, sia dal cervello al corpo che
viceversa, in tempi brevissimi. Inoltre, cervello e corpo sono anche connessi chimicamente: il
cervello emette ormoni e peptidi che, immessi nel sangue, possono rapidamente raggiungere il
corpo tramite il circuito arterioso-venoso trasmettendo sia segnali in entrata che in uscita.


COMPONENTI MENTALI DEL PROCESSO GRAFICO.
Il processo grafico è un’attività neurobiologica tutt’altro che semplice, sia nel caso in cui la
grafia sia sotto dettatura sia che si tratti di una esposizione libera o di sola copiatura.
Per quanto le tre modalità grafiche adottino dei processi mentali diversi, in quanto diverso è il
canale di entrata primario, comunque raccolgono nella loro struttura elementi comuni:
1. Analisi della composizione fonetica;
2. Traduzione dei distinti fonemi in schemi grafici visivi o grafemi;
3. Trasformazione delle immagini in tratti grafici.


•   Durante la prima fase della formazione del processo grafico, ossia l’analisi della
composizione fonetica, il flusso fonetico percepito e mentalmente rappresentato, si attiva una
distinzione di tutta una serie di suoni che partono da quelli con cui una parola inizia fino agli
ultimi che la compongono. La distinzione della giusta successione dei suoni diventa
importante. Le fasi che si susseguono sono:
•      l’individuazione della sequenza dei suoni che compongono una parola: rappresenta la
       prima condizione per la scomposizione della catena linguistica e corrisponde alla
       trasformazione di tale successione in una catena di suoni intelligibili. Inizialmente il
       bambino può incontrare enormi difficoltà perciò la parola “topo” verrà trasformata in
       “poto”, ecc.;
•      la precisazione dei suoni: questa seconda fase è strettamente collegata alla precedente,
       consiste nella trasformazione delle varianti fonetiche ascoltate in un preciso momenti in
       suoni distinti o fomeni. Questa operazione di precisazione dei suoni, è dunque una
       seconda condizione essenziale dl processo grafico.
Riassumendo si può dire che l’analisi fonetica della parola, la distinzione dei singoli suoni e la
trasformazione delle varianti fonetiche in precisi fonemi, costituiscono il primo anello
necessario alla realizzazione del processo grafico.
•   All’analisi uditiva, necessaria al processo grafico, segue sempre una seconda fase: la
trasformazione dei suoni in schemi grafici visivi, cioè in immagini visive. Pertanto ciascun
fonema dovrà essere trasformato nella corrispondente lettera che successivamente verrà
trascritta. Se la prima fase, ossia l’analisi fonetica, è stata condotta con precisione, la
codificazione nel rispettivo grafema non sarà difficoltosa. E’ possibile che inizialmente si




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incontrino difficoltà nell’identificazione di quelle lettere simili ma che in realtà hanno una
diversa disposizione spaziale, come ad esempio le “b”-“d”, “n”-“u”, “s”-“z”, ecc.
•    La terza e ultima fase: la trasformazione delle immagini in tratti grafici, altro non è che
la trasformazione delle lettere nei corrispondenti tratti grafici. Questa fase riflette le diverse fasi
di apprendimento della scrittura.
Nella composizione dell’attività grafica entrano a far parte numerosi processi funzionali che si
situano al di fuori sia della sfera visiva (rappresentazione mentale delle lettere) che della sfera
motoria che gioca il suo ruolo solo nell’attuazione immediata del processo grafico. In quale
modo le singole componenti neurobiologiche intervengono nella strutturazione del linguaggio
grafico, si può desumere dalle grafie di soggetti affetti da lesioni di limitati settori della
corteccia cerebrale. Tutto ciò è stato possibile grazie ai numerosi studi derivanti dalla
neurobiologia e dalla neurochirurgia, i quali hanno evidenziato che ciascuna regione della
corteccia cerebrale ha una sua propria particolare struttura ed esercita specifiche funzioni.


PRINCIPALI AREE DI ASSOCIAZIONE COINVOLTE DURANTE L’ATTO GRAFICO.
A questo proposito è bene fare una precisazione esplicativa. Quando si parla di aree cerebrali
coinvolte durante l’atto grafico, non si intende descrivere il mero processo neurologico inerente
alle prassie necessarie a vergare il segno, ma comprende tutte quelle fasi di identificazione
visiva e sonora, interpretazione semantica, di organizzazione spaziale, di riconoscimento
simbolico, di immagazzinamento ed evocazione mnestica, ecc.
FIG. 8




Corteccia cerebrale:
Ha il compito di dare l’avvio al gesto grafico traducendo nelle aree associative i simboli verbali
in simboli grafici.




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Secondo la funzione, la corteccia cerebrale si divide in sensitiva, motrice e associativa ed è
collegata ai centri sottocorticali già menzionati. La corteccia sensitiva riceve le vie nervose che
conducono stimoli provenienti da tutto il corpo. Dalle aree motrici partono impulsi motori
attraverso la via piramidale (in genere i centri corticali di un emisfero sono in relazione con le
regioni del corpo del lato opposto). Le aree associative servono a integrare le diverse
sensazioni, alla loro memorizzazione e alla costituzione del complesso processo della coscienza,
comprendente l'ideazione, la volontà, la consapevolezza e la capacità di giudizio.
Pur funzionando come un organo unitario, il cervello presenta regioni in cui sono localizzate
alcune funzioni:
•               l'area preposta alla sensibilità visiva, localizzata nel lobo occipitale;
•               l'area per la sensibilità acustica, situata nei lobi temporali;
•               l’area per la sensibilità motoria, situata nel lobo frontale;
•               l'area per la sensibilità olfattiva e gustativa, a livello dell'ippocampo.
Centri corticali specializzati, particolarmente sviluppati nell'uomo, sono quelli del linguaggio, la
cui lesione causa vari disturbi di emissione e comprensione del linguaggio scritto o parlato
(afasia).

FIG. 9




•    Area Motoria: costituita dalla corteccia motoria, corteccia premotoria e area di Broca.
         • Corteccia motoria: situata davanti al solco centrale nel lobo frontale. Controlla i
            singoli muscoli dell’intero organismo in special modo quelli che provocano i movimenti
            fini, delle dita, labbra, bocca, e in grado minore i movimenti fini dei piedi e delle dita
            dei piedi;
         • Corteccia premotoria: situata anteriormente alla corteccia motoria. Ha il compito di
            evocare risposte motorie coordinate consistenti sia in sequenze di movimenti di singoli

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muscoli che movimenti combinati di differenti muscoli. In quest’area viene conservata
              gran parte dei modelli motori acquisiti per il controllo di movimenti di particolare
              destrezza. (es. esercizio atletico);
•   Area di Broca: Centro corticale, localizzato anteriormente alla corteccia motoria a livello
del margine laterale della corteccia premotoria. Controlla i movimenti coordinati della laringe
e della bocca per la formazione delle parole nel linguaggio parlato. Opera in stretta
associazione con l’area di Wernicke per la comprensione del linguaggio, funzione della corteccia
temporale. Questa area si sviluppa solamente in uno dei due emisferi cerebrali, per il 95% dei
soggetti in quello sinistro e nella metà dei mancini. La sua lesione o perdita funzionale è causa
della perdita della capacità di produrre il linguaggio articolato (afasia di Broca, altrimenti detta
"afasia ad emissione verbale ridotta" o afasia motrice).
•   Area sensoriale somestica: le sensazioni somestiche rappresentano la sensibilità
generale, comprendono il tatto-pressione, le sensazioni termiche, e quelle dolorifiche. Analizza
le sensazioni e consente di valutare le posizioni del corpo. Occupa l’intero lobo parietale. Si
distingue in due aree una primaria e una secondaria:
      •           Area primaria: riceve segnali dai vari recettori sensoriali distribuiti dall’organismo.
                  Distingue i tipi specifici di sensazioni evocati da regioni distinte del corpo;
      •           Area secondaria: interpreta soprattutto i segnali sensoriali, non li distingue. Ad
                  esempio, permette di distinguere se la sensazione suscitata in corrispondenza della
                  mano è data da un oggetto anziché un altro, ecc.
•   Area visiva: occupa l’intero lobo occipitale. Anche questa area è suddivisa in una primari
e una secondaria:
          •       Area primaria: distingue i punti luminosi e quelli neri, inoltre distingue
                  l’orientamento di linee e margini nella scena visiva.
          •       Area secondaria: interpreta l’informazione visiva. In questa area, infatti, vengono
                  interpretati i significati delle parole scritte.
•   Area uditiva: localizzata lobo temporale.
          •      Area primaria: vengono distinti i toni, le intensità e le altre qualità dei suoni;
          •      Area secondaria: vengono interpretati                           i significati dei suoni (es. parole) uditi.
                  Alcune parti di questa area sono importanti per il riconoscimento della musica.
•   Area di Wernicke: situata al centro della corteccia, nella parte posteriore della corteccia
uditiva primaria, corrispondente alla parte posteriore del lobo temporale superiore. E’ la
regione più importante per le funzioni intellettive superiori. In questa area confluiscono i
segnali sensoriali da tutti e tre i lobi. Questa è la regione della comprensione del linguaggio,
inoltre, è estremamente importante in quanto interpreta i significati autentici di quasi tutti i
tipi di informazione sensoriale, sia che l’informazione sia udita, letta, avvertita al tatto o anche
originata dal cervello stesso. Dall’area secondaria di elaborazione visiva, situata nel giro
angolare del lobo occipitale, affluiscono i segnali visivi delle parole/simboli letti.




    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   15
La sua lesione o distruzione è conseguenza del disturbo della comprensione delle parole udite
(afasia di Wernicke, altrimenti detta "afasia ad emissione verbale fluida", o afasia sensoriale)
pur conservando l'articolazione della parole.
•   Planum Temporale: regione situata nella superficie del lobo temporale corrispondente alle
zone dell'emisfero sinistro coinvolte nella comprensione del linguaggio.
•   Fascio Arcuato: struttura anatomica che mette in comunicazione l'area di Broca e di
Wernicke. La sua lesione comporta nel soggetto un'afasia di conduzione caratterizzata dalla
difficoltà di ripetere quello che viene detto, nonostante la comprensione.
•   I Nuclei o Gangli della base: regolano quella che è chiamata la “tensione” del gesto
grafico. Esercitano due forze contrastanti che ne determina la tensione del movimento.
Lo Striato (formato da Caudato e Putamen): ha funzione inibitoria;                                                  il Pallido (formato
Subtalamico e la Sostanza nigra): ha funzione eccitatoria. I nuclei della base ricevono afferenze
dall'intera corteccia cerebrale e a sua volta la corteccia prefrontale riceve tutte le informazioni
provenienti dai nuclei della base e spiega il perché le alterazioni funzionali di questi nuclei
interferiscono sulle funzioni frontali. Una fondamentale funzione è di coordinazione e
controllo dell’attività motoria di base, mentre per i movimenti più precisi è necessario
l’intervento della corteccia cerebrale. La regione, inoltre,                               è la sede della progettualità, del
controllo, delle motivazioni e della volontà.
•   Giro Angolare: situato nella zona del lobo occipitale,                                         rappresenta il “centro della
memoria ottica”, in grado di trasformare le immagini visive delle parole nella loro
realizzazione grafica.
•   Talamo: ha un ruolo molto importante perché riguarda l’aspetto affettivo (è stato definiti il
“cuore del cervello”) e influenza il movimento grafico: se la sua influenza è molto forte,
l’emotività sarà prevalente sulla razionalità.
•   Cervelletto:
il cervelletto (che costituisce il 10% del peso encefalico) è l'organo deputato a coordinare i
movimenti muscolari, presiede al senso dell'orientamento del corpo nello spazio e al
mantenimento dell'equilibrio. Essendo la neuroanatomia funzionale della scrittura mal
conosciuta rispetto a quella degli altri                       processi cognitivi, grazie ai diversi studi di analisi
dell’attivazione cerebrale si può affermare che il ruolo specifico del cervelletto sia quello di
intervenire nella complessa attività motoria fine delle dita. Esso interviene nella scrittura
controllando la precisione del gesto (velocità, ampiezza e angolosità), attraverso le sue
connessioni con la corteccia e con il midollo spinale.




    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   16
ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA UDITA.
La meraviglia del linguaggio rappresenta il risultato sinergico e sinfonico di una molteplicità di
strutture anatomiche e funzionali dall'estrema complessità.
Nel caso della parola udita il segnale sonoro codificato dal punto di vista nervoso giunge
all'area primaria uditiva, interpretato dall'area di Wernicke dove acquista significato. Tale
rappresentazione semantica viene trasferita, attraverso il fascio arcuato, nell'area di
Broca dove si attiva il programma neuromotorio necessario alla sua articolazione, garantita
dall'azione della corteccia motoria primaria (zona corticale prerolandica) che, seguendo la
sequenza programmata, mobilizza (pronuncia) gli organi della fonazione (bocca, lingua,
laringe, ecc.).




FIG. 10




    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   17
ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA SCRITTA.
Nel caso della lettura il canale d'entrata è visivo. Il messaggio nervoso-retineo giungendo
all'area visiva primaria (area associativa localizzata all'estremità del lobo occipitale) viene
convertito da forma visiva                             in forma sonora (nell'area di Wernicke). Il processo della
pronuncia (lettura) si svolge poi in sequenza secondo le tappe descritte per la parola udita.




FIG. 11




LE PRASSIE.
L’ultimo passo nell’elaborazione mentale della scrittura consiste nell’organizzazione della
sequenza motoria.
Per prassia si intende la capacità di eseguire il gesto richiesto, qualsiasi esso sia: gesto
simbolico, gesto atto all’uso di un oggetto, un gesto privo di significato o indotto all’imitazione,
ecc.
Le prassie si suddividono in due tipologie:
•      Ideatorie: capacità di rappresentarsi mentalmente il gesto da compiere (“cosa fare”);
•      Ideomotorie: capacità di tradurre la sequenza motoria in un corretto programma
innervatorio (“come fare”).
L’organizzazione prassica è di competenza dell’emisfero sinistro (dominante) che svolge il ruolo
direttivo dell’attività gestuale degli arti di entrambi i lati.


    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   18
A questo punto, avendo ideato e tradotto la sequenza motoria, l’ultimo passaggio da realizzare
al fine di tracciare il tratto grafico riguarda il sistema sensomotorio.
Il messaggio nato nelle aree associative parietali, dovrà essere trasformato in una sequenza di
ordini motori, e quindi trasmesso in periferia alle strutture esecutrici, cioè i muscoli.                                            Il
concetto “sensomotorio” nasce dal fatto che non esiste un comando motorio che non sia
costantemente controllato, confrontato, durante l’esplicazione dell’attività, e costantemente
monitorato riguardo gli effetti intermedi e finali. Il controllo avviene attraverso le informazioni
sensitive trasmesse dai ricettori sensitivi degli organi periferici al cervello motorio tramite
l’integrazione e l’analisi del cervello sensitivo.
Il controllo motorio corticale si attua attraverso 3 strutture principali:
•   Corteccia motoria: stimola attività motorie fini isolate, di singoli segmenti corporei
organizzati in momenti e non in singoli muscoli;
•   Corteccia premotoria: ha il compito di controllo della componente muscolare prossimale
degli arti e la flessibilità del gesto. E’ connessa con le aree parietali associative ed è sensibile
alle sollecitazioni sensoriali. Controlla l’armonia e la flessibilità del gesto;
•   Area motoria supplementare: ha il compito di iniziare ed organizzare cronologicamente il
programma motorio legato alla sollecitazione interna ed alla motivazione. Il modello elaborato
da queste aree verrà trasferito alla corteccia motoria .
Parallelamente il movimento verrà analizzato anche dai circuiti complessi, alcuni facenti capo
al cervelletto (coordinazione e durata del movimento) e altri ai nuclei della base (intensità
dell’attivazione muscolare).
La corteccia motoria emette l’ordine di contrazione ai motoneuroni spinali, mentre le afferente
propriocettive e visive correggono gli eventuali errori di esecuzione. L’area cingolare, inoltre,
influenza la traccia grafica a livelli emotivo in quanto essa è implicata nel comportamento
emozionale, nell’affettività e nella motivazione.


DISGRAFIE E DISLESSIE.
Accanto alle agrafie acquisite si ritrovano le turbe evolutive della scrittura e dell’ortografia,
ovvero le disgrafie, dislessia e disortografie.
Si conosce da alcuni anni che le difficoltà di apprendimento del linguaggio scritto nei
soggetti portatori di dislessia-disgrafia-disortografia sono associate ad anomalie minori di
alcune zone corticali (particolarmente emisferiche sinistre) e sottocorticali.
Queste alterazioni, espressione di un disturbo della maturazione neuronale precoce, sono
sufficienti a modificare profondamente le connessioni di queste regioni e la loro capacità
di sostenere uno sviluppo normale del linguaggio scritto.
In ambito neurologico si possono distinguere quattro gruppi di bambini dislessici-disgrafici:
    Con deficit linguistici e psicomotori: caratterizzato da problemi di spelling, e produzione
motoria goffa;
    Con deficit visuo-spaziali: caratterizzato da scrittura scarsamente leggibile e con cattiva
organizzazione spaziale;


    Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   19
Con deficit di attenzione e di memoria: caratterizzato da problemi di spelling alterato
con frequenti omissioni e intrusioni;
    Con deficit di capacità sequenziale e ed automatizzazione della scrittura.




   Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   20
L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E
                                                  NELL’APPRENDIMENTO.




COMPETENZE DEI DUE EMISFERI CEREBRALI NELL’APPRENDIMENTO

Aucouturier 1986, Le Boulch 1988, Vayer 1989, Loudes 1988, Berges 1987 si sono occupati di
questi aspetti attraverso la psicomotricità.

Alcuni risultati delle loro ricerche sono stati ricordati in un articolo apparso su una rivista del
settore, “Babele n° 11 del 10/99”.

L’articolo è firmato dal Dipartimento di Neuroriabilitazione del Brain Health Center di Roma e
notizia che ora risulta possibile 'aggirare’ alcuni ostacoli, che si presentassero durante il processo
di apprendimento, attivando funzioni sostitutive controllate dall’emisfero controlaterale.

Con la motricità guidata si riesce cioè a “bypassare la funzione deficitaria attraverso la
stimolazione di aree deputate alla stessa funzione dell’emisfero controlaterale producendo una
risposta non casuale.”

             L’emisfero sinistro

             “Per stimolare l’attivazione di un’area dell’emisfero sinistro è necessario utilizzare come
             metodo l’associazione delle informazioni tra loro, per somiglianza, conseguenza,
             identità”.

             Esso dipende da emozioni, motivazione e subisce la paura bloccandosi.

             L’emisfero destro:

             “La stimolazione dell’emisfero destro è sostanzialmente basata sulla differente
             percezione, elaborazione, risposta e latenza di risposta.”

             L’emisfero destro ha bisogno di informazioni con un corrispettivo reale, integrabili con i
             dati precedenti e di un tempo maggiore per dare risposta. Privilegia come canale la
             musica.” (pag.41, Babele)



L’insegnante dovrebbe tenere conto della individualità delle reazioni, per esempio del blocco
emotivo di chi è spaventato o dell’esigenza di un tempo più lungo di reazione in un mancino.

Eppure è frequente nelle scuole udire le urla ostinate di certi insegnanti quando gli alunni non
rispondono subito a comando!

Sulla dominanza di funzionamento del cervello sono stati documentati molti aspetti curiosi grazie
all’uso della PET (tomografia a emissione di positroni). Questa tecnica permette di evidenziare sul
video di un monitor il consumo di energia nelle varie zone del cervello secondo una scala
cromatica.


       Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura.   21
In questo modo è stato possibile raccogliere queste informazioni:

Il centro della visione non intenzionale è a destra.

             •     Quando ci lasciamo andare ad una musica impegniamo l’emisfero destro.
             •     Se in una musica cerchiamo anche di riconoscere gli strumenti (discriminare)
                   usiamo la parte sinistra del cervello
             •     Se ascoltiamo una canzone, prestando attenzione alle parole, usiamo entrambi gli
                   emisferi.
L’uso della memoria impegna nello sforzo molte parti cerebrali.

Queste documentazioni tecnologiche hanno confermato che la creatività, la musica, le belle arti,
riguardano la percezione dello spazio e pertanto interessano l’emisfero destro. Mentre l’emisfero
sinistro è la sede del linguaggio, dei calcoli, delle operazioni di riorganizzazione delle percezioni e
delle altre attività intellettive.

Quanto fin qui descritto riguarda la “dominanza”, cioè il maggior impegno di un emisfero nello
svolgere un compito. Essa interessa una zona (negli emisferi) che risulta marcatamente più attiva
delle altre mentre svolgiamo una funzione.

In realtà l’attività cerebrale coinvolge sempre, seppur in minima parte, tutto l’encefalo.

Il potenziale di recupero è una valenza data al cervello dalla sua plasticità di funzionamento. Il
cervello riesce a riabilitarsi a funzioni perse. Ecco cosa scrive al riguardo Geschwind:

             “Come il cervello può mutare una risposta a condizioni ambientali a lungo termine,
             così può anche mutare la propria organizzazione per compensare incidenti e
             mutamenti di richieste. Benché nella maggior parte delle persone il linguaggio sia
             localizzato nell’emisfero sinistro, persone con danni a questo emisfero possono essere
             addestrate a produrre linguaggio usando l’emisfero destro, anche se questa flessibilità
             è soggetta a diminuire gradualmente con l’età. L’emisfero destro si assume funzioni
             linguistiche in bambini piccoli che hanno sofferto danni gravi all’emisfero sinistro. Nei
             sordi le aree della corteccia temporale usate normalmente nell’elaborazione di suoni
             linguistici vengono usate invece per l’elaborazione di informazione visiva. Un esempio
             sorprendente di questa capacità si ha quando una persona impara una seconda
             lingua…in tale circostanza l’organizzazione del cervello può a volte mutare : in qualche
             caso la prima lingua migra dall’emisfero sinistro al destro;…”

             (N. Geschwind pag.175,176 “Le basi anatomiche della differenziazione” Il Mulino)

Perché questo avvenga si debbono creare le condizioni favorevoli.

In un recente convegno (Treviso, giugno 2000) sul bilinguismo, il prof. Fabbro dell’Università di
Udine ricordava che nella fissazione di capacità verbali sono importanti i sistemi emozionali:
situazioni molto piacevoli e poco piacevoli danno esiti diversi.

Di fronte a esperienze che generano forte emozioni produciamo più corticosteroidi e gli effetti
possono andare dalla fissazione di un ricordo al suo rifiuto.


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Il nostro organismo, in situazioni di stress estremo, è in grado di produrre livelli molto alti di
ormoni che distruggono alcuni neuroni, fino ad arrivare, appunto in casi estremi, ad una
strectomia bitemporale da stress.

Sempre il professor Fabbro ricordava che il linguaggio coinvolge due tipi di memoria, la
dichiarativa e la procedurale.

Quest’ultima, essenzialmente                  motoria, funziona in modo inconsapevole, ha bisogno di
coinvolgimento. E’ prevalentemente prassica, ma è anche cognitiva.

Detto questo sembrerebbe di aver circoscritto gli ambiti delle memorie e le loro responsabilità
sull’apprendimento del linguaggio. Invece il cervello ha un funzionamento incredibilmente
plastico, lo dimostrano alcuni studi di neurolinguistica svolti sul rapporto fra linguaggio ed etnia.
I dati raccolti dimostrano che ogni cultura abitua in modo diverso il cervello.

Una pubblicazione di due ricercatori italiani, Argiuna Mazzotti e Luigi Allori, riporta queste
curiose osservazioni:

            “ U e o ui, oi o ooi, ai o ou, aiueo.” E’ una frase giapponese. Dice:

            Un uomo affamato d’amore, che si preoccupa del suo appetito, nasconde la propria età
            avanzata e insegue l’amore.

            E’ un’espressione linguistica proveniente dalla sfera razionale del cervello. Ora è
            proprio questo il curioso. Spagnoli, anglosassoni, italiani o francesi, quando debbono
            emettere il suono di una o più vocali isolate, usano il cervello destro, cioè l’emisfero in
            cui vengono elaborate le emozioni e le relative reazioni ad esse. Infatti, nelle loro lingue,
            l’emissione di vocali isolate come “Ah!”, oppure “Oh!”, corrisponde per lo più a
            esclamazioni puramente emotive; esse hanno poco a che fare con l’elaborazione
            meditata e logica del linguaggio (appannaggio dell’emisfero sinistro del cervello), ma
            segnalano sensazioni spontanee di benessere…. Con i Giapponesi, e …con gli stranieri
            nati in Giappone e quindi aventi la stessa lingua madre, è tutto il contrario.

            Infatti, per loro le vocali non sono esclamazioni emotive, bensì basilari strumenti
            linguistici, come si è visto, e quindi … per emetterle e modularle secondo quei toni
            diversi che le rendono duttili “parole”, non possono che servirsi, al contrario di noi, del
            cervello sinistro. Ecco spiegata questa apparente contraddizione per cui ci sarebbe una
            funzionalità cerebrale diversa tra noi ed i Giapponesi. …serve a stabilire come le
            specializzazioni delle varie parti cerebrali non siano innate, bensì culturalmente
            acquisibili e differenziabili, per esempio a seconda della lingua usata.”

            (tratto dal supplemento “Il cervello” - Salve, aprile 1989, pag.10)




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IMPLICAZIONI DIDATTICHE

La frase giapponese, citata in precedenza, è un intrico logico, ci fa notare quanto l’emozione si
“intrighi” nelle vie cognitive. L’affettività è un potente catalizzatore per l’apprendimento! Se la
scuola imparasse a coniugare le didattiche con la motivazione, con la sfera affettiva, apprendere
diventerebbe più facile ed il cervello imparerebbe a mettersi in moto in tutte le sue parti.

Quegli insegnanti che hanno colto la sfida di operare con alunni difficili, e in difficoltà, sanno
quanta soddisfazione porti alla fine l’impegno di ripensare ogni giorno al proprio modo di fare
didattica. Sono certamente persone che non hanno perso la voglia di giocare e scoprire.
Conoscono e provano sulla propria pelle il potere taumaturgico del gioco, sanno coinvolgere
emotivamente, sanno generare entusiasmi in classe!

Molte sono le situazioni di apprendimento che si possono connotare ludicamente. Una di queste è
imparare a leggere.

C’è la scena di un film che riassume quanto si sostiene.

Il film è: “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore. Dal film “Il pianista sull’oceano”:

             Il vecchio Danny Woodman, padre adottivo, insegna a T. D. Novecento a leggere: -

             “… e ora prova da solo!”

             Dice Danny a Novecento dopo aver letto alcuni nomi di cavalli da corsa su di una
             gazzetta. E continua esortandolo:

             “Dai, spingi forte il dito sulla carta, così le lettere non possono scappare!”

             Novecento comincia a leggere in modo sincopato le sillabe e ogni volta che ne scandisce
             una viene lodato da Danny:

             “MAR - Ok! Lemon – ME – Sì , sì – LA - Uhm, uhm – TA – “

             “Ah, Ah, leggi come un dio, Lemon! E ora mettile tutte insieme come le valvole di una
             caldaia: patapum – patapum – patapum”.

             “MAR MEL LA TA”, scandisce Novecento senza guardare le parole, ma dando l’idea di
             raccontarsele nella mente.

             Danny scoppia in una fragorosa risata liberatrice, e la giustifica dicendo a Novecento
             che i nomi di quei cavalli da corsa gli sembrano terribilmente ridicoli…”

In questo spezzone si ritrovano molti dei principi legati agli aspetti della lettura:

1. Il momento in cui si è per la prima volta soli, senza esempio presente, ad esercitare una
competenza ignota ed astratta (ora prova da solo);

2. Imparare a tenere il segno, cosa che serve come un presta-memoria alla vista, per trattenere
per un certo tempo un filo tra i singoli pezzi delle parole (spingi forte il dito sulla carta così le
lettere non possono scappare);




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3. Ricevere un po’ di riconoscimento per lo sforzo anche se il risultato non è ancora tangibile
(bravo, leggi come un dio);

4. Aiutarsi con un esempio visivo a ripetere il verso che fa la bocca nel seguire il pensiero (le
valvole della caldaia);

5. Dare un ritmo a tutta l’operazione (patapum, patapum, patapum);

6. Escogitare uno stratagemma per solleticare la curiosità che fa leggere (certi nomi che fanno
tanto ridere).




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L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA.




LE FASI DELL’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA: TRE GRANDI TAPPE.

Spesso ci si chiede come possa un grafologo delineare una descrizione della personalità
asserendo che la scrittura è in continuo cambiamento. Ad alcuni di noi sarà capitato di
osservare con attenzione un proprio testo scritto e con meraviglia ci si sarà accorti che la
propria scrittura non era la stessa del giorno prima o a volte addirittura anche di qualche ora
prima. Automaticamente ci si ritrova a pensare alle cause di questi cambiamenti. Le domande
che ci dobbiamo porre sono: “come stavamo emotivamente nell’esatto momento in cui si
scriveva?. Eravamo tesi, ansiosi oppure ci sentivamo rilassati e tranquilli?”

Ebbene è ormai risaputo che lo stato d’animo non influisca solo sui propri rapporti con gli altri,
o sui risultati di un evento importante come un colloquio di lavoro, un esame, un’incontro
speciale ecc. La scrittura rileva ogni piccola emozione che ci pervade consciamente ma
soprattutto inconsciamente.

Solitamente, però, i cambiamenti più evidenti li si riscontra durante le tappe fondamentali di
sviluppo e crescita, successivamente, invece, si possono notare dei cambiamenti che tendono a
lasciare intatti quelli che sono i segni predominanti e maggiormente caratterizzanti della
persona. Non a caso quando si parla di grafologia si dovrebbe parlare di grafologia dello
sviluppo, soprattutto se si desidera analizzare scritture di personalità ancora in evoluzione.

Durante il periodo dell’età evolutiva essa si modifica rapidamente, parallelamente allo sviluppo
della motricità fine, alla maturazione neurofisiologica e affettiva, alla formazione della
personalità, alla scolarizzazione. Per questo motivo il significato psicologico dei segni può
variare in relazione all’età dello scrivente. E’ molto importante comprendere esattamente quale
sia realmente l’età grafomotoria raggiunta dall’individuo. La rilevazione gafomotoria è
indispensabile per comprendere se lo sviluppo psicomotorio riscontrato sia positivo, ossia al
passo con l’età anagrafica del bambino, oppure se sussista un ritardo nella personalizzazione
della scrittura o difficoltà conseguenti. Qualora si evidenziasse un minimo ritardo nello
sviluppo grafomotorio sarebbe opportuno intervenire attraverso una rieducazione ben mirata.

La presenza di disgrafie deve essere stabilita con una certa precisione ancor meglio se in
collaborazione con diversi professionisti che ne rilevino le cause ma sopratutto escludano
quelle che purtroppo richiedono interventi di diversa natura, come nel caso di disturbi alla
vista,    lievi lesioni cerebrali, ecc. Uno studio approfondito del soggetto rende maggiori le
probabilità di interventi efficaci ed idonei alle cause scatenanti la disgrafia, permette, inoltre, di
effettuare una rieducazione della scrittura specifica. E’ fondamentale che l’insegnante ed il
genitore possano collaborare assieme al fine di osservare tempestivamente le difficoltà del
bambino affinché egli possa essere indirizzato verso un percorso rieducativo, prima di far
sorgere nel piccolo possibili disagi psicologici certamente controproducenti.

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Uno dei primi studiosi che si occupò di interventi rieducativi fu H. de Gobineau (1954) assieme
a R. Perron. Idearono un sistema grafometrico composto da due scale di misurazione del
calcolo dell’età grafomotoria reale del soggetto.

Successivamente, Ajuriaguerra (1971) constatò che l’evoluzione della scrittura passava
attraverso tre grandi tappe: precalligrafica, calligrafica, post-caligrafica. Questa nuova
concezione, riguardo allo sviluppo grafomotorio, rese il precedente test grafometrico incompleto
ed insufficientemente analitico e preciso, pertanto divenne necessario affinare e tarare il test
secondo i nuovi parametri e le nuove considerazioni.



La fase precalligrafica va dall’inizio dell’apprendimento della scrittura fino all’età di circa 8
anni, età in cui è già stato acquisito in modo relativamente completo il gesto grafico. Durante
questa fase l’evoluzione della scrittura subisce profondi e rapidi cambiamenti: vengono
superate le principali difficoltà grafomotorie (tremore, riprese, contorsioni, deviazioni,
organizzazioni dello spazio, ecc.), anche se la scrittura manca di fermezza di tracciato.
Inizialmente l’applicazione del bambino nell’attività di copiatura comporta molta attenzione
concentrata principalmente sulla vergatura della singola lettera, il gesto è fisiologicamente
lento e soggetto a tensione. Per questo motivo la pressione si rivela prevalentemente pesante,
contratti tremolanti, con riprese e deviazioni del tracciato e spesso delle malformazioni dovute a
maldestrezza nell’uso dello strumento scrittorio.

Generalmente in seconda elementare si assiste ad un periodo di stasi, in cui le difficoltà
grafomotorie dovrebbero essere superate. La grafia i questo periodo è fedele al modello
imparato perciò impersonale, curata e precisa, regolare ed ordinata. Se così non dovesse essere
allora significa che alcuni apprendimenti precedenti non sono stati assimilati o le relazioni
ambientali non sono soddisfacenti. Normalmente fin dall’inizio si noteranno delle differenze di
scrittura tra bambino e bambino, a seconda delle abilità percettivo-motorie sviluppate e delle
capacità individuali di adattamento a questo nuovo mezzo comunicativo. Sin dall’inizio
dell’apprendimento si noterà quale peso abbia la stabilità emotivo-affettiva del bambino.
Questa infatti è indispensabile sia per una buona organizzazione della pagina, sia per la
precisione e il controllo dell’orientamento del movimento richiesto.



Verso i nove anni circa si entra nel periodo della fase calligrafica, che proseguirà fino agli
undici anni circa. Durante questo periodo il bambino cerca di scrivere in modo preciso. Si
riscontra una maggior attenzione all’aspetto formale della scrittura, in quanto sono già
superate le difficoltà grafomotorie. Ajuriaguerra nota che il tracciato dà l’impressione di un
relativo equilibrio, una struttura formale, statica, ma soddisfacente per il bambino. Lentamente
l’eccessiva pressione, caratteristica della fase precedente, lascia il passo alla velocità a mano a
mano che il bambino si sente più sicuro e libero di esprimere la propria personalità anche
attraverso questo nuovo strumento comunicativo. E’ proprio durante questa fase che si
possono osservare i primi tentativi di pseudo-personalizzione della propria grafia. Attenzione

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però agli eccessivi tentativi di personalizzazione potrebbero celare delle reali difficoltà
grafomotorie che il soggetto non sa come affrontare pertanto utilizza degli escamotage. Il
mancato superamento di tali difficoltà certamente si tradurrà in una vera e propria disgrafia,
sarà solo questione di tempo.



La fase post-calligrafica ha inizio dalla preadolescenza. Durante questa fase la scrittura
diviene più personalizzata e molto spesso accade che verso i 12 anni l‘equilibrio precedente,
poiché non del tutto stabile, viene rimesso in crisi. Il suo superamento porterà all’acquisizione
di una scrittura personale, soprattutto nei collegamenti interletterali, quali indici di buona
integrazione dei meccanismi grafomotori.

Non è difficile trovare delle scritture che a primo impatto sembrano originali o quantomeno
diverse dal modello scolastico, ma se si osservano attentamente esse rivelano incertezze,
tremolii, contorsioni e soluzioni che permettono di semplificare il tracciato evitando le difficoltà.



La falsa personalizzazione raggiunta attraverso le strategie di evitamento delle difficoltà
grafomotorie è sinonimo di futura disgrafia che dopo la prima o seconda elementare si
manifesta palesemente poiché la maggior parte degli alunni ha raggiunto una sufficiente
padronanza del gesto grafico e cominciano ad aumentare la velocità esecutiva.




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I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO.

                 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLE DISGRAFIE.




Fino ad ora abbiamo potuto vedere quali sono le aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi
della lettura e scrittura, di seguito si desidera semplicemente menzionare quali siano invece i
processi cognitivi attivati durante la scrittura.

La scrittura di un testo implica diversi processi interagenti e complessi. Quando si scrive
l’emisfero cerebrale preposto al linguaggio deve seguire un percorso preciso, durante il quale
vengono attivate aree cerebrali e processi cognitivi differenti:

1. Prima di tutto è necessario decidere “cosa” si vuole scrivere. Per fare questo è necessario
costruire una rappresentazione semantica del contenuto.
2. Successivamente dobbiamo decidere “come” vogliamo scrivere, come volgiamo costruire le
frasi, quale forma useremo, quella indiretta o quella diretta, quella interrogativa, quella
negativa, quali tempi dei verbi, ecc. Per fare questo sono richieste le abilità di tipo sintattico;
3. In ultimo è necessario passare alla scrittura delle parole, trovando la forma corretta per
rappresentare attraverso i segni del testo i suoni della lingua parlata. In questo caso vengono
applicate le abilità ortografiche.
Comprendiamo moto bene perciò il grado di efficienza richiesto alle facoltà mentali ogni qual
volta che ci accingiamo a scrivere un testo: immancabilmente dobbiamo usare questi passaggi
che saranno impiegati in modi diversi a seconda del tipo specifico di attività che andremo a
svolgere. Così, quando dovremo scrivere un testo libero, andremo ad impegnare le capacità di
ideazione e di pianificazione a differenza di quando dobbiamo riassumere un testo, il cui
compito principale è quello di trovare una forma concisa per esporre i contenuti. Scrivere sotto
dettatura, invece, impegna principalmente nell’ultimo gradino del processi di scrittura: la
rappresentazione per iscritto dei suoni delle parole. Oltre alla memoria fonologica delle parole
nell’atto della scrittura sono molto utili la memoria visiva, la memoria semantica e la
conoscenza lessicale, al fine di non sovraccaricare la stessa memoria fonologica. Queste sono
solo alcune delle operazioni attentive, mestiche, linguistiche, altrimenti definite, con un'unica
parola, cognitive che si devono compiere durante la scrittura.



Occorre distinguere tre tipi di disturbi specifici dell’apprendimento che spesso sono
strettamente connessi tra loro e molto frequentemente contemporaneamente presenti nei
bambini disgrafici: la disgrafia, la disortografia, la dislessia.




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LA DISORTOGRAFIA E LA DISELSSIA.
Per quanto concerne la disortografia è utile dire che riguarda le difficoltà a livello ortografico,
semantico e lessicale. In questo disturbo, gli errori interferiscono con il contenuto e saranno
visibili anche se scritti chiaramente al computer. Le cause degli errori disortografici possono
essere molteplici; alla stessa stregua, come abbiamo già visto, anche le operazioni implicate
nella scrittura delle parole sono molteplici.

Gli errori disortografici sono stati classificati in grandi categorie complementari tra loro,
condivise da diversi ricercatori:

1. Ortografici fonologici: (pezzo>pesso – guaio>quaio - conforto>comporto) In questi casi si
evidenzia la difficoltà di identificazione dei suoni delle parole dettate.
2. Ortografici non fonologici: sono determinati da una inesatta rappresentazione ortografica
delle parole. (esempi: acqua – scuola ecc. ove è necessario memorizzare e conoscere le regole
ortografiche);
3. Semantico-lessicali: l’elemento necessario per decidere come scrivere la parola è senza
dubbio la conoscenza del significato all’interno della frase. (l’ente non può essere esatto se si
riferisce alla velocità delle tartarughe.);
4. Di sostituzione:
    •     per somiglianza fonologica (d-t; v-f; c-g; r-l)
    •     per somiglianza morfologica (a-o; n-u)
    •     per entrambe (n-m; b-d)
5. Di omissione: osservabili in qualunque posizione nella parola ma più frequentemente
    •     nei diagrammi (foglia-folia);
    •     posizione preconsonantica ( piangere-piagere);
    •     nei dittonghi o nei gruppi vocalici ( fuoco-fuco);
6. Di aggiunta: inserimento di una lettera nella parola (gelato-gealato);
7. Singoli: un solo errore nella parola (farfalla-farvalla);
8. Multipli: più errori nella stessa parola, come due sostituzioni (farfalla-varvalla) o tre
    omissioni (farfalla-frala);
9. Misti: più errori dello stesso tipo nella parola, ad esempio due sostituzioni e una omissione
    (farfalla-varvala):
10. Errori realtivi agli accenti e alle “h”: ( vado ha casa – l’acqua e fredda) fanno comunque
    parte degli errori non fonologici.
Tutti questi criteri sono utili per costruire una sorta di bilancio ortografico della scrittura del
bambino e di conoscere meglio la tipologia delle sue difficoltà al fine di trovare il modo migliore
per aiutarlo a correggersi.



La dislessia, invece, si riferisce nello specifico ad una difficoltà riferibile alla lettura.

Questa è una patologia molto specifica che investe esclusivamente la capacità di lettura anche
se possono esservi associate altre difficoltà più o meno specifiche.

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La dislessia dunque è una difficoltà di lettura che può essere più o meno grave a secondo del
tipo di compromissione:

•   dalla semplice lentezza nel leggere anche con molto esercizio (data dalla mancata
automatizzazione del processo stesso)
•   fino alla totale incapacità di decodificare i simboli scritti trasformarli in suoni (a volte non
si riesce a leggere anche simboli numerici o di altro genere).
Ovviamente nei casi più gravi questa difficoltà può essere anche fortemente invalidante,
costringendo bambini cognitivamente adeguati ad abbandonare percorsi di studio scelti o
inibendo le capacità di apprendimento e di conoscenza in modo significativo.

Il disturbo colpisce in misura molto maggiore i maschi rispetto alle femmine (anche se non se
ne sa il motivo) e spesso c'è una familiarità tanto da far pensare ad un deficit ereditario.

Non se ne conoscono le cause ma si ipotizza un danno neurologico minimo, non riscontrabile
con le indagini mediche tutt'ora a nostra disposizione.

Viene individuato tra i 5 ed i 6 anni di età del bambino, anche se spesso le diagnosi sono
tardive e ci si accorge di reali problemi anche in terza o quarta elementare.

Le difficoltà che questi soggetti incontrano nella lettura sono abbastanza specifiche :

•   Omissioni di lettere;
•   Troncamenti di parole;
•   Difficoltà a riconoscere gruppi sillabici complessi gn, gh, gl, sc, ecc;
•   Difficoltà a leggere ed a pronunciare parole non familiari e poco utilizzate;
•   Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio:
    Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma
    diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la p-b; d-q; u-n; a-e; b-d... Nel nostro
    alfabeto molte sono le coppie di fonemi che differiscono rispetto al loro orientamento nello
    spazio, per cui le incertezze e le difficoltà di discriminazione possono rappresentare un
    vero e proprio impedimento alla lettura;
•   Scarsa discriminazione di grafemi simili:
    Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi simili dal punto di vista articolatorio.
    Egli, ad esempio può confondere m-n; a-e; f-t; b-d..;
•   Scarsa discriminazione di grafemi omofoni:
    Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che corrispondono a fonemi simili.
    L’alfabeto è composto di due gruppi di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori che, tra loro
    risultano somiglianti, per cui, anche in questo caso l’incertezza percettiva può
    rappresentare un vero e proprio ostacolo alla lettura. Può confondere ad esempio: f-v; t-d;
    p-b; c-g; l-r; m-n; s-z...;
•   Difficoltà di decodifica sequenziale
    Leggere richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra - destra e
    dall’alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di


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apprendimento della lettura, ma, con l’affinarsi della tecnica e con l’uso della componente
intuitiva la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico ci
troviamo di fronte, invece a un vero e proprio ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui
si manifestano con elevata frequenza gli errori di seguito descritti:
•     Salti di parole e salti da un rigo all’altro
      Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a
      capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura;
•     Inversioni di sillabe
      Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di
      decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere li-il; la-al, ni-in; da-ad, per-
      pre, da-pa...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...).
•     Aggiunte e ripetizioni
      La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra - destra può dare
      origine anche ad errori di decodifica caratterizzati dall’aggiunta di un grafema o di una
      sillaba ( ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”...);
•     Prevalenza della componente intuitiva
      Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l’uso del
      processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. Purtroppo l’intuizione della parola
      scritta rappresenta un valido strumento, ma, al tempo stesso, è fonte di errori. Questi
      bambini usano una strategia di lettura con aggancio prevalentemente semantico, vuol
      dire che per compensare le proprie difficoltà, la decodifica della prima parte della
      parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba e dove non arrivano
      con la percezione e decodifica grafica fanno ipotesi e deduzioni logiche sulla parola che
      dovrebbe esserci scritta. La parola contenuta nel testo viene così ad essere spesso
      trasformata in un’altra di significato a volte affine, rimanendo così nel gruppo
      semantico corretto (es. leggono vestito al posto di gonna o poltrona al posto di divano),
      o addirittura completamente diverso.

•     Possibili ripercussioni sulla scrittura
      Difficoltà di copia dalla lavagna;
      Difficoltà di organizzazione spaziale sul foglio;
      Difficoltà grafo – motorie;
      Difficoltà ortografiche;
•     Possibili ripercussioni sull’apprendimento logico - matematico
      Difficoltà nella decodifica dei simboli numerici - Confusione di simboli numerici simili
      - Inversione di cifre;
      Difficoltà di decodifica del testo del problema;
      Difficoltà a gestire la sequenzialità nelle operazioni matematiche;
      Difficoltà ad organizzare lo spazio grafico;
      Difficoltà a memorizzare le tabelline.



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Naturalmente chi è affetto da questa patologia può spesso avere delle grandi difficoltà nella
comprensione del testo letto.

La lentezza, gli errori che spesso alterano il senso del discorso, i salti di rigo o le ripetizioni
nonché la tensione, lo sforzo e la concentrazione, poste solo sulle singole lettere e parole per
riuscire a fare una decodifica mai automatizzata, fa sì che una volta finito il brano il bambino
non sappia cosa ha letto.

In associazione a tale patologia possono esserci problemi psicomotori che si esprimono in
difficoltà nella definizione della lateralità corporea (la dominanza di un emilato del corpo
rispetto ad un altro) o in una lateralità mista (ad esempio dominanza dell'occhio dx, della mano
sin e del piede dx) goffagine, maldestrezza, problemi spaziali, o spazio-temporali.

Tra gli altri disturbi di apprendimento quello che maggiormente si può riscontrare in
concomitanza alla dislessia è la disgrafia.

Inevitabilmente questa difficoltà nel riconoscimento della giusta sequenza dei suoni e dei
grafemi si riversa direttamente anche sull’andamento grafico della scrittura.

L'intervento tempestivo di uno specialista è fondamentale per ridurre se non risolvere
completamente il disturbo e per non creare un divario troppo grande tra comprensione e
capacità di apprendimento che come si è già detto crea grandi disagi emotivi .




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LA DISGRAFIA.

E’ possibile asserire che la scrittura è la risultanza dell’ espressione di svariate attività
cerebrali, quali quelle del linguaggio, visive, uditive e motorie, inoltre, essa è in grado di
rendere manifeste eventuali anomalie delle aree del sistema nervoso interessate a tali attività.

La disgrafia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che si manifesta con la difficoltà
nella riproduzione sia di segni alfabetici che di quelli numerici. Riguarda esclusivamente il
grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche. Ovviamente influisce negativamente anche
su quest’ultime acquisizioni in quanto il soggetto disgrafico spesso non è in grado di rileggere e
di autocorreggere il testo da lui stesso scritto.

Il termine disgrafia si riferisce a una scrittura che presenta caratteristiche particolari che
esprimono la difficoltà di apprendimento, che riguardano, secondo J. De Ajuriaguerra, ogni
bambino che presenta una scrittura carente da un punto di vista qualitativo, senza che alcun
deficit neurologico o intellettivo giustifichi tale anomalia.

Secondo J. Peugeot la disgrafia è un’anomalia del movimento corsivo, della condotta del tratto
che si ritraduce soprattutto in difficoltà di coordinamento, irregolarità nelle spaziature,
malformazioni e discordanze di ogni tipo unite spesso a tratto di pessima qualità. In aggiunta a
questi assunti di base S. Borel Maisonny afferma inoltre che la disgrafia rappresenta una
incapacità di percepire le forme e le dimensioni reali delle lettere da riprodurre, nonché una
mancanza di orientamento spaziale.

Qui di seguito vengono riportate le caratteristiche maggiormente riscontrabili in un soggetto
disgrafico:

•   una cattiva disposizione dei segni nello spazio grafico;
•   un andamento lento e faticoso;
•   improvvisi cambiamenti di direzione;
•   collegamenti fra lettere troppo lunghi;
•    lettere malformate;
•    lettere di dimensione diversa, cioè troppo piccole o troppo grandi con andamento
    irregolare, disarmonico;
•   la scrittura presenta maldestrezza varie ed è difficilmente leggibile;
•   notevoli difficoltà di copiatura: il bambino disgrafico presenta infatti notevole difficoltà
    nello spostare lo sguardo dalla lavagna al foglio e riprodurre dunque le lettere sul
    quaderno;
•   disuguaglianza ritmica che si manifesta con tratti scritti con eccessiva velocità ed altri con
    estrema lentezza. ecc..
La disgrafia compromette la forma del messaggio scritto e rende quasi impossibile
l’interpretazione dei segni, è un problema prevalentemente di forma.

I criteri per riconoscere una scrittura di tipo disgrafici si basano su alcuni specifici parametri:

•   velocità di scrittura;

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•    pressione (debole, eccessiva) esercitata sul foglio;
•    tendenza alla macro o micrografia;
•    discontinuità nel gesto (presenza di interruzioni);
•    ritocchi dei segni già vergati;
•    direzione della scrittura;
•    andamento della scrittura: in senso orario anziché antiorario, occupazione dello spazio nel
     foglio:
•    collegamenti inesatti;
•    eccessiva o insufficiente distanza tra le parole.


Esempi di scritture marcatamente disgrafiche. Tratte da A. Biancardi e G. Milano, “Quando un
bambino non sa leggere”.




Ragazzo di 12 anni. Testo mal organizzato ed in alcune parti illeggibile.


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Non sempre è facile stabilire quando un bambino con una brutta scrittura abbia una difficoltà
specifica. Da un certo punto di vista la disgrafia è difficile da rilevare. Diversi sono i bambini
che scrivono con una brutta calligrafia, eppure spesso si ritiene che a determinarla siano
fattori estranei ai disturbi specifici di apprendimento. A questo si aggiunge il fatto che molto
frequentemente il bambino disgrafico non solo scrive male ma soffre di disortografia e dislessia,
perciò il rilevamento della disgrafia risulta essere ancora più complesso. Pertanto, se il corpo
docente adottasse una modalità diversa di insegnamento della scrittura certamente si potrebbe
assistere ad una diminuzione della probabilità di riscontro di disgrafia nella scrittura del
bambino.

Resta il fatto che il problema è determinare e distinguere le cause dagli effetti della disgrafia.
Questo ci suggerisce che è indispensabile fare attenzione se il bambino in condizioni diverse
riscontra le stesse difficoltà, oppure se in altre situazioni il testo risulta essere chiaro. In questo
caso è probabile che la sua scrittura disgrafica sia da attribuire a variabili di contesto non
collegabili ad una vera patologia.

Le variabili di contesto da considerare sono di tre tipi:

•   soggettive: il suo stato emotivo, resistenza alla fatica, esercizio e abitudine allo scrivere;
•   relative al materiale: è necessario considerare la superficie su cui scrive (foglio bianco, a
righe, a quadretti, ecc.) e lo strumento utilizzato;
•   relative alle situazioni: è molto importante sapere se il testo è stato scritto un situazioni
anomale come ad esempio sotto dettatura troppo veloce rispetto alle proprie capacità, (può
esserci notevole differenza tra testi dettati e quelli con scrittura spontanea).


Solitamente di fronte a ragazzi che presentino tali caratteristiche, si prende coscienza del
problema, ma si tende a considerare il tutto come una difficoltà transitoria che si risolverà
spontaneamente. Lasciato in questa situazione, il bambino continuerà a ripetere gli stessi
errori e, accorgendosi di non migliorare, si sentirà sempre più sfiduciato ed incapace.

Oggigiorno la disgrafia è un disturbo in continuo aumento, da un'indagine effettuata, sembra
che il 15% dei ragazzi dai sette ai dieci anni risulti affetto da disturbo. Non tutti sanno, invece,
che questo disturbo può essere superato con un programma di recupero specifico messo in
essere da operatori qualificati che lavorano in collaborazione con la scuola;

A tale proposito è molto utile sapere che nel caso in cui si sospetti che il bambino possa soffrire
di difficoltà specifiche di scrittura è fondamentale rivolgersi al consulente grafologo, al fine di
appurare se tale problema sia dovuto ad un semplice disturbo disgrafico o le problematiche
siano più profonde e gravi. Attivandoci per tempo diamo al bambino la possibilità di non
perdere la fiducia nelle proprie capacità scolastiche, e qualora sia necessario, iniziare prima
dell’aggravarsi del disturbo una rieducazione della scrittura, o grafoterapia, che è di più di una
semplice rieducazione motoria. Infatti, la grafoterapia prevede la rieducazione fisico-muscolare,
la rieducazione del gesto grafico ed esercizi di prescrittura.



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Spesso la disgrafia può essere individuata attraverso l'esame della scrittura molto tempo prima
che si renda drasticamente manifesta, con l’immancabile rischio di compromettere l’andamento
scolastico e psicologico del soggetto.

Vediamo ora nei dettagli come si manifesta la disgrafia e quali sono i principali elementi di
riconoscimento:



•   Posizione e prensione: il bambino disgrafico oltre ad avere una scrittura irregolare è
palesemente evidente che la mano scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnature del
mezzo scrittorio è spesso scorretta. Stessa stregua è per la posizione del corpo assunta durante
l’attività grafica, la maggior parte delle volte è inadeguata: il gomito non poggia sul tavolo, il
busto è eccessivamente inclinato e frequentemente la mano non scrivente non viene utilizzata o
viene utilizzata in modo errato. Essa, infatti, anziché essere utilizzata nella sua funzione
vicariante al fine di tener fermo il quaderno viene utilizzata per giocherellare con i vari oggetti
presenti sul banco;
•   Orientamento nello spazio grafico: si evidenzia un’incapacità di utilizzo dello spazio
grafico, il bambino non possiede adeguati riferimenti per orientarsi questo gli impedisce di
rispettare i margini del foglio, ha la tendenza a lasciare spazi irregolari tra i grafemi e tra le
parole, non segue il rigo di base scrivendo con modalità ascendente e discendente rispetto alla
linea di scrittura.
•   Pressione           sul     foglio:      si    riscontra        una       pressione         decisamente           variabile      e   non
adeguatamente regolata. Essa a volte è talvolta troppo forte, il segno lascia un'impronta
marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno e, talvolta è troppo debole. In questi casi
spesso siamo di fronte ad una paratonia, ossia un’alterazione in eccesso o in difetto del tono
muscolare. Sono frequenti, inoltre, anche le sincinesie, cioè atti motori in eccesso o non
adeguatamente implicati nell’attività grafica;
•   Direzione del gesto grafico: spesso si notano delle inversioni nella direzione del gesto
grafico, sia per quel che riguarda i singoli grafemi che nella scrittura autonoma la quale a volte
procede da destra verso sinistra;
•   Caratteristiche delle produzioni e riproduzioni grafiche:si evidenziano notevoli
difficoltà di riproduzione grafica di figure geometriche che spesso sono disegnate con gli angoli
“stondati” o con forme non del tutto chiuse. Il livello di sviluppo del disegno risulta inadeguato
all’età e la riproduzione di oggetti o la copia di immagini risulta essere molto approssimativa
con particolari scarsamente differenziati;
•   Caratteristiche dell’esecuzione di copie: la copia delle parole o delle frasi è spesso
scorretta. Frequenti sono le inversioni del gesto e gli errori dovuti a scarsa coordinazione
oculomanuale ossia l’incapacità o la difficoltà di seguire con lo sguardo il proprio gesto grafico.
La copia dalla lavagna risulta essere ancor più difficoltosa poiché il bambino deve compiere
diversi compiti contemporaneamente: distinzione della parola, spostamento dello sguardo e
riproduzione dei grafemi;


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•   Dimensioni dei grafemi: è presente uno scarso rispetto delle dimensioni delle lettere che
vengono riprodotte o troppo piccole o troppo grandi spesso in modo alternato;
•   Unione dei grafemi: il collegamento tra le lettere risulta essere palesemente inadeguato a
causa sia della scarsa coordinazione oculomanuale che della inadeguata posizione assunta dal
bambino.
•   Ritmo grafico: risulta molto evidente un’alterazione del ritmo di scrittura: troppo veloce o
troppo lenta, mentre la mano del bambino esegue movimenti a “scatti”, senza armonia e con
frequenti interruzioni del gesto grafico.


Abilità di base particolarmente compromesse:
•   Difficoltà grafo-motorie;
•   Difficoltà di orientamento e integrazione spazio-temporale:
•   Difficoltà di coordinazione oculomanuale e di coordinazione dinamica generale;
•   Dominanza laterale non adeguatamente acquisita;
•   Difficoltà nella discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale.


Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al soggetto stesso, il quale non può quindi
neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici.




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CAUSE DELLA DISGRAFIA.

Numerose sono le cause della disgrafia e possono essere individuate attraverso l’osservazione
clinica e una serie di esami e test specifici. L’elenco sotto riportato è stato indicato da diversi
studiosi quali J de Ajuriaguerra (1971), R. Olivaux (1988), S. Borel Maisonny (1966), M. Pratelli
(1995), D. Placidi (1997).               E’ necessario ricordare, quando abbiamo di fronte una scrittura
disgrafica, che spesso le cause sono la conseguenza di altri problemi, in quanto esiste una
stretta correlazione tra motricità e affettività e che, inoltre, l’essere umano è un mondo unico di
interazioni dinamiche ed in continuo cambiamento.

Di seguito vengono brevemente elencate alcune delle cause principali:

•   Carenze nelle abilità di base:
Questa tipologia di cause si manifestano quando il bambino presenta carenze nei prerequisiti
necessari per l’apprendimento della scrittura, come ad esempio:

          •     Nella percezione;
          •     Nell’organizzazione spaziale e temporale;
          •     Nella conoscenza dello schema corporeo;
          •     Nella coordinazione motoria.



•   Assenza di motivazione:
Uno dei prerequisiti di base per apprendere con facilità è la motivazione. Il bambino infatti
quanto più è motivato a scrivere, a comunicare ad esprimersi per mezzo del linguaggio e della
scrittura tanto più riesce ad assimilare con efficacia le regole e le conoscenze necessarie.



•   Condizioni socio-ambientali:
L’ambiente deve stimolare l’interesse nei confronti delle attività scolastiche e offrire una
motivazione adeguata nei confronti della scuola e della scrittura.



•   Motricità, rapporto corpo-spazio:
Una scarsa conoscenza dello schema corporeo si ripercuote in una carenza del senso dello
spazio e del tempo ed in una cattiva organizzazione spaziale. Le difficoltà motorie per quanto
riguarda sia della posizione che dei movimenti degli arti particolarmente delle dita o del polso
rendono difficoltoso l’atto grafico, producendo tensioni, spasmi, crampi, che possono essere
accompagnati da dolori nell’aumento della velocità. Anche i difetti di vista e udito creano
difficoltà di scrittura. La stessa cattiva gestione della pressione incide negativamente sul
risultato dello scritto, se troppo forte causa difficoltà nella progressione del gesto diversamente
se troppo debole impedisce il controllo del gesto.




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•   Lateralità non ben definita o contrariata:
Può accadere che quando il bambino accede alle scuole elementari non si sia ancora ben
definita la dominanza laterale. Questo può determinare delle conseguenze negative sullo
sviluppo della motricità fine e sull’apprendimento. Diagnosticare una lateralità contrariata
sembra facile anche se spesso non rappresenta la sola causa della disgrafia, non di rado ci
possono essere delle cause molto più profonde perciò meno palesi.



•   Problemi relazionali e nella comunicazione:
Difficoltà relazionali, inserimento poco sereno nell’ambiente scolastico possono influire
negativamente nella comunicazione sia verbale che scritta, creando nel bambino una vera e
propria avversione ed in alcuni casi addirittura la grafofobia.

La disgrafia di tipo reattivo potrebbe rappresentare una modalità di comunicazione di disagio
nei confronti di quegli insegnanti che spesso muovono involontariamente critiche nei confronti
della scrittura e del comportamento del bambino.



•   Disturbi nel linguaggio:
Questo disturbo può essere causato da ritardo nell’apprendimento del linguaggio, difficoltà
nella simbolizzazione e nella comprensione del lessico. Difficoltà grafomotorie possono essere
collegate ad afasia (disturbo del linguaggio), disartria (disturbo delle componenti motorie),
disfonia (difficoltà dei processi fonetici).



•   Problematiche affettive:
Carenze affettive, situazioni ansiogene e di forte tensione, scarsa autostima di sé, senso di
abbandono o impotenza sono tutti fattori che possono incidere negativamente sulla motricità
fine e quindi sulla scrittura. A volte la disgrafia permette ai genitori di spostare la propria
attenzione ed azione verso ciò che spesso rappresenta solo una conseguenza ai reali conflitti e
disagi affettivi, adottando così il meccanismo di difesa definito spostamento.



•   Problemi di ordine intellettivo:
Ovviamente qualora ci siano capacità intellettive anche lievemente compromesse l’acquisizione
della scrittura ne risentirebbe, ma anche lo sviluppo motorio inadeguato, nei ragazzi
intelligenti, dovuto a situazioni di disagio, problemi affettivi o relazionali può incidere
nell’apprendimento.



•   Cause legate al temperamento:
Diverse sono le cause legate al temperamento che impediscono sul buon ed efficace
apprendimento della scrittura fino a compromettere definitivamente l’andamento scolastico e


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Propedeutiche Alla Scrittura
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  • 1. ATTIVITA’ PROPEDEUTICHE ALLA SCRITTURA Corso di aggiornamento per insegnanti della scuola primaria Corso tenuto presso scuola primaria “G.B. Candotti” di Codroipo anno scolastico 2008-2009 A cura di Cristina Sabbadini
  • 2. INDICE CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA - Storia della grafologia pag. 4 - I campi di utilizzo pag. 6 - La figura del rieducatore della scrittura pag. 7 IL GESTO GRAFICO DELLA SCRITTURA - L’importanza dell’attività grafica pag. 9 - L’origine del gesto grafico pag. 11 - Componenti mentali del processo grafico pag. 12 - Principali aree di associazione coinvolte durante l’atto grafico pag. 13 - Espressione verbale di una parola udita pag. 17 - Espressione verbale di una parola scritta pag. 18 - Le prassie pag. 18 - Disgrafie e dislessie pag. 19 L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E NELL’APPRENDIMENTO - Competenze dei due emisferi cerebrali nell’apprendimento pag. 21 - Implicazioni didattiche pag. 24 L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA - Le fasi dell’evoluzione della scrittura: tre gradi tappe pag. 26 I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO - Disortografia e dislessia pag. 30 - Disgrafia pag. 34 - Cause della disgrafia pag. 39 LO SVILUPPO DELLA MOTRICITA’ FINE DELLA SCRITTURA - Impugnature scorrette pag. 43 - Impugnatura corretta pag. 44 LO SVILUPPO DEGLI EMISFERI CEREBRALI ATTRAVERSO IL “BRAIN GYM”. pag. 46 POTENZIAMENTO, ELASTICITA’ E COORDINAZIONE DEI MOVIMANTI FINI. pag. 52 ESERCIZI DI RAFFORZAMENTO DELLE ABILITA’ DI BASE. pag. 58 ATTIVITA’ PER LO SVILUPPO DEGLI SCHEMI GRAFOMOTORI pag. 64 SEZIONE ESERCIZI GRAFOMOTORI PER LE ATTIVITA’ PRESCOLASTICHE pag. 74 SEZIONE ESERCIZI MOTORI E DI PERCEZIONE SENSORIALE E VISIVA pag. 88 BIBLIOGRAFIA pag. 93 Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 2
  • 3. CHE COSA E’ LA GRAFOLOGIA La Grafologia è una scienza umana affine alla psicologia, ma con propri principi metodologici e proprie tecniche. Studia la scrittura e da questa trae le indicazioni per conoscere e tracciare il profilo di personalità dello scrivente. La metodologia d'indagine parte dal presupposto che la scrittura, superate le fasi dell'apprendimento, diventa un processo automatico, risultato delle risposte motorie ai circuiti neurali e riflette l’individuo nella sua interezza. Le risposte comportamentali derivanti non possono che essere uniche, come esclusive sono le esperienze di ogni individuo. Con questi presupposti si delinea la possibilità di interpretazione della scrittura finalizzata alla descrizione della personalità umana. Cosa significa, "scrivere"? Quali zone del nostro corpo, della nostra psiche si attivano e interagiscono tra loro durante l’attività grafica? L’apprendimento della scrittura viene giustamente considerato dalla psicologia tra le forme più complesse e articolate dell’attività linguistica e grafo-motoria. Scrivere, come disegnare, è una manifestazione inconscia della propria personalità, del proprio mondo interiore, dove: • forma (più o meno personalizzata, semplificata o sofisticata, ecc.); • movimento (rapido, lento, costante, dubbioso, inibito, ecc.); • energia vitale e ritmo personali; lasciano trasparire il proprio stile unico ed irripetibile. Imparare a scrivere, per un bambino, non è per niente "scontato": si riflette, infatti, troppo poco su quante e quali competenze e abilità egli debba maturare per "appropriarsi" della scrittura. Una volta acquisita e automatizzata, essa non si dimentica. Diviene parte integrante del nostro modo di essere: cambia con noi, segue le fasi della nostra vita. Si irrobustisce se acquisiamo autostima, perde energia se siamo stanchi o inibiti, si trasforma e invecchia con noi. In una analisi grafologica si evidenziano le qualità intellettive, la predisposizione alla analisi e alla critica, il tipo di memoria. Si individua l’eventuale introversione o estroversione della persona, l’affettività, la disponibilità interiore all'accoglienza e le modalità espressive del comportamento. Si evidenzia la quantità di energia vitale della persona e la sua capacità di gestirla; si coglie infine l'emotività e la sensibilità che caratterizzano la ricezione degli stimoli. L'analisi grafologica è un test proiettivo spontaneo, poiché non risente della presenza dell'esaminatore né dell'ambiente. Il segno grafico risulta la diretta registrazione delle Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 3
  • 4. esperienze che, in interazione con le caratteristiche costituzionali, concorrono alla formazione del peculiare carattere dell’individuo. Lo sviluppo dei moti affettivi, dell'intelligenza e delle tendenze si imprimono e si integrano nella memoria del sistema cerebrale che guida l'atto motorio-grafico, dall'apprendimento del modello scolastico alla progressiva automatizzazione del gesto nel suo evolversi e personalizzarsi. La grafologia è, innanzi tutto, uno strumento di conoscenza di sé. Il grafologo redige analisi di personalità che consentono di comprendere meglio sia il proprio comportamento sia i nodi profondi che ne sono alla base. STORIA DELLA GRAFOLOGIA… IN PILLOLE. Qualcuno potrebbe pensare che la grafologia sia una scoperta dei nostri tempi o addirittura una moda. Non è così. Studiosi, pensatori e filosofi (greci, latini, indiani, cinesi), fin dai tempi più antichi, si interessarono della scrittura come mezzo per conoscere l’uomo, intuendo l’esistenza di un rapporto stretto tra personalità e scrittura. Non ci sono tuttavia pervenuti documenti a testimonianza di veri studi fatti in tal senso se non dopo il XVI secolo. Nell'antica Grecia fu Aristotele (384-322 a.C.) ad avere le prime intuizioni al riguardo. Lo storico latino Svetonio (70-140 d.C.)1[3] biografo dei Cesari, scrisse che da alcune caratteristiche della scrittura dell’imperatore Cesare Augusto si potevano dedurre i tratti del suo carattere. Nel XVII secolo il rapporto tra personalità e scrittura cominciò a diventare oggetto di studi e di ricerche, anche se queste intuizioni non furono sottoposte ad un’autentica verifica sperimentale. Prima di allora, nei tempi antichi e nel medioevo, si scriveva poco e pochi sapevano scrivere; vi era chi a servizio dei privati o del pubblico copiava manoscritti per mestiere2[4] esprimendo il pensiero degli altri e adottando una scrittura ufficiale, sicché lo scritto mancava di spontaneità e di caratteristiche personali. Con la diffusione dell’istruzione si crearono le condizioni necessarie allo sviluppo della grafologia. Il primo che si occupò di grafologia, parlandone come di “scienza certa”, fu il medico italiano Camillo Baldi3[5] che nel 1622 pubblicò il primo libro sull’interpretazione caratterologica della scrittura. Egli notò che ogni grafia ha un suo ritmo, pigro o veloce, cui corrisponde un determinato carattere dello scrivente. Le sue osservazioni non ebbero però molta risonanza anche se erano basate su giuste considerazioni Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 4
  • 5. Poco dopo il napoletano Marco Aurelio Severino, docente di anatomia e chirurgia, scrisse sull’argomento un libretto, che non fumai pubblicato.4[6] Goethe in una lettera a Lavater scrive: ”Non si può dubitare che la scrittura abbia dei rapporti con il carattere e l’intelligenza umana, e che possa dare almeno un indizio del modo di intendere e di operare, bisogna pur riconoscerle un legame con tutta la personalità” …ed infine lo invitava “ …amichevolmente a raccogliere con passione del materiale”. Questa lettera fu il motivo che portò J. Kaspar Lavater,5[7] teologo svizzero e studioso di fisionomica, verso la fine del XVIII secolo, a collezionare molti autografi per trasferire l’arte della scrittura dal suo stato puramente empirico a quello di vera e propria scienza. Lavater rilevò le analogie esistenti tra linguaggio, modo di camminare e scrittura. Le indagini sulla scrittura cominciarono a diventare metodiche e sistematiche e in quel tempo nascono le scuole di grafologia in Europa. In Francia nel 1872 l’abate Jean-Hippolyte Michon.6[8] - nato nel 1806 e morto nel 1881 - diede una prima base scientifica allo studio della grafia; a lui, come s’è detto, si deve il termine “grafologia”, che utilizzò per indicare lo studio del carattere dell’uomo attraverso la scrittura. Capì che il sistema nervoso influenza la grafia ed enunciò criteri e leggi per associare ai segni grafici le qualità psicologiche corrispondenti. Il suo merito fu di stimolare in modo significativo l’approfondimento e la ricerca - che venne avvantaggiata dal vasto materiale da lui raccolto - e di aver creato uno studio sistematico della grafologia. Jules Crépieux-Jamin (1859-1940),7[9] originario di Ginevra, si stabilì poi in Francia. Allievo di Michon, fu il vero caposcuola della grafologia francese; a lui si deve il primo metodo d’indagine per l’interpretazione della scrittura. Egli raggruppò quasi duecento segni o tratti grafici in sette categorie e propose un modello di analisi della scrittura basato su intensità ed interazione dei segni che costituiscono l’armonia o disarmonia dello scritto e concluse inoltre che ”…l’armonia della scrittura corrisponde a quella del carattere”. Crépieux-Jamin fu un grande esperto calligrafico ma, ancor privo di un rigoroso metodo scientifico, lasciò troppo margine all’intuizione; ebbe il merito di rendere popolare la grafologia e di contribuire alla sistemazione metodologica ed epistemologica della materia. Sul suo metodo si basarono gli studi di questa disciplina sia in Francia che negli altri Paesi. Gli allievi di Crépieux-Jamin migliorarono e corressero la sua impostazione; approfondirono la sperimentazione e la ricerca, contribuirono a diffonderla in Europa. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 5
  • 6. Nel 1972 la grafologia entra all’Università di Bordeaux fra i corsi regolari della facoltà di lettere e a Parigi entra alla facoltà di medicina. All’inizio del secolo in Francia nacque la grafoterapia che si basò sulla teoria per cui se la grafia rivela il carattere dell’individuo e si modifica con esso, allora, modificando la scrittura, è possibile trasformare almeno alcuni aspetti del carattere. Uno dei più importanti nomi in Europa in campo grafologico e psicologico fu quello di Ania Teillard I CAMPI DI UTILIZZO All’inizio del III Millennio, la grafologia – o psicologia della scrittura, come alcune scuole oggi preferiscono definirla - si è conquistata faticosamente uno spazio tra le cosiddette scienze umane: l’istituzione del corso di laurea breve ha rappresentato una dichiarata conferma. Sono molteplici, le implicazioni scientifiche e le discipline che interagiscono nel campo della scrittura. La neurofisiologia, la psicologia, la pedagogia, la fisica, la medicina, solo per citarne alcune, offrono motivi di riflessione e di analisi per arrivare a comprendere meglio le strutture profonde che stanno alla base del processo grafico. Ma quali sono i settori in cui la grafologia viene oggi utilizzata? Oltre a quello individuale, i campi di elezione per l’utilizzazione della grafologia sono: famigliare, pedagogico, clinico, legale, aziendale. L’intervento del grafologo può risultare dunque determinante per cogliere i cosiddetti "segnali " del disagio, per evitare evitare che i problemi diventino ad un certo punto insormontabili. Non è casuale, infatti, che ormai la grafologia, ad opera dei rieducatori della scrittura altrimenti definiti grafoterapeuti, porti contributi significativi anche nel settore pedagogico-familare nello studio e nell’interpretazione di eventuali difficoltà nell’apprendimento e di disagi di adattamento. Il grafologo interviene, inoltre, nell’ambito dell’orientamento agli studi superiori o universitari; egli, infatti, evidenzia in maniera "dolce" e quindi poco invasiva caratteristiche e potenzialità dello studente, dandogli un ulteriore possibilità di scegliere con maggiore precisione il proprio percorso di studio. Non da meno risulta essere l’ambito professionale dove, lo strumento grafologico può rivelarsi un ottimo mezzo attraverso il quale comprendere meglio in quale ambito esprimere efficacemente le proprie qualità e caratteristiche attitudinali, intellettive e temperamentali. In fine la grafologia può efficacemente affiancare il lavoro dello psicologo, del terapeuta, nelle consulenze individuali e di coppia, per consentire una conoscenza più completa della persona. L’analisi della grafia è infatti un utile strumento d’autoanalisi, che chiunque può utilizzare per guardare dentro di sé. A questo punto risulta essere superfluo sottolineare che la grafologia non ha niente di occulto né di magico, non fa previsioni, non è terapeutica – se non nella misura in cui una persona, conoscendosi maggiormente, può agire su se stessa con migliore consapevolezza. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 6
  • 7. LA FIGURA DEL RIEDUCATORE DELLA SCRITTURA È un grafologo che ha conseguito il titolo attraverso il percorso universitario specifico o presso istituti di formazione privati di almeno tre anni. Successivamente ha ottenuto l’attestato di riconoscimento come “Rieducatore della scrittura”, frequentando un master di specializzazione. Egli interviene direttamente per il recupero di bambini, adolescenti ed eventualmente adulti disgrafici, ma anche, in collaborazione con le scuole, per la prevenzione delle disgrafie a fine scuola dell’infanzia ed inizio scuola elementare. Esercita in contesti scolastici, psico-pedagogici, in collaborazione con associazioni culturali e con neuropsichiatri. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 7
  • 8. Il gesto grafico della scrittura. Che cosa spinge il bambino ad imprimere la propria traccia? La curiosità? Il desiderio di conoscere, di imparare? La meraviglia di potersi rappresentare anche attraverso il corpo, la possibilità di comunicare ciò che vuole e ciò che inconsciamente desidera far sapere di sé all’ambiente circostante? Certamente sì! Ma prima di tutto, questo rappresenta una risposta alla sua esistenza, assume un nuovo messaggio rafforzativo fondamentale: Io sono, esisto e pertanto creo! Il grafismo, perciò, rappresenta una nuova modalità di espressione della propria identità. Se il bambino vive in un ambiente stimolante scopre di poter essere in grado di lasciare tracce ovunque e in qualunque modo gli sia permesso. L’imitazione è parte fondamentale delle proprie scoperte e gli adulti vengono continuamente emulati in ogni loro gesto e atteggiamento. Tutto questo è per il bambino fonte di immensa gioia poiché egli, come scrive A. Oliviero Ferrarsi (1973), cerca di <<incidere sulla realtà modificandola e d’imporre la propria presenza>>. Attraverso l’attività grafica egli prende coscienza di avere un potere creativo e ciò lo fa crescere nella stima di se stesso procurandogli un piacere che si rinnova attraverso l’esecuzione di nuovi tracciati, trasformando, così, i gesti grafici da fortuiti in intenzionali. Secondo Luquet il bambino inizialmente prova piacere nell’eseguire uno scarabocchio pur non dandogli un significato rappresentativo, sarà solamente in seguito che scopre casualmente l’analogia tra la forma di alcuni oggetti a quella dei suoi scarabocchi. Questo viene definito dall’autore lo stadio del realismo fortuito o altrimenti definito, dagli studiosi Cox e M. Bernson, stadio vegetativo-motorio. Nonostante ci siano punti di vista diversi in merito, si ritiene ingiustificata l’attribuzione di un intento rappresentativo nelle prime attività grafiche, a volte a soli 12 mesi, anche perché per ovvi motivi risulta impossibile dimostrare che ciò che è stato disegnato abbia una valenza rappresentativa specifica. Il bambino prova piacere nel creare, modificare l’ambiente, produrre qualche cosa attraverso la propria attività. Vive, comunque, lo stesso piacere nello scoprire la legge della causa-effetto mentre si diverte a far cadere oggetti dal tavolo o dal seggiolone per sentirne il suono e per modificarne la posizione originale, così come a sei mesi di età si diverte a gridare, “gorgheggiare”, per sentire il suono della propria voce (lallazione). Non si può parlare, però, di casualità relativamente al passaggio dallo scarabocchio fortuito a quello rappresentativo: ciò che è casuale non può essere costante, e questo passaggio si verifica costantemente in tutti i bambini. Se inizialmente il gesto grafico nasce dal solo piacere di lasciare una traccia senza alcuna attribuzione significativa, poco tempo dopo egli dichiara la propria intenzione di rappresentare un preciso “simbolo” che gli permette di dare un significato al proprio scarabocchio, con una operazione analoga a quella che avviene nel gioco; difatti, un bastone può rappresentare un fucile, uno scatolone, la casa, ecc. Il livello generale della scrittura del bambino dipende tanto dal suo sviluppo mentale e psicomotorio, quanto da quello affettivo. Le disgrafie possono essere la conseguenza sia di disturbi provocati da cattiva conoscenza dello schema corporeo, che dalla mancanza di Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 8
  • 9. organizzazione spazio-temporale, da incapacità di coordinare le sinergie muscolari (melodia cinetica non ancora acquisita) o da una inadeguata conoscenza della lingua ma non va assolutamente trascurato l’aspetto della maturazione emotivo-affettiva. Il bambino che vive situazioni affettive di disturbo prolungate nel tempo ha difficoltà a proiettarsi nel futuro e può reagire allo stress o con l’aggressività o chiudendosi in un comportamento di fuga dalla realtà e comunque può perdere l’interesse per l’apprendimento allo studio. La grafoterapia rivede in chiave pedagogica il lavoro che precede l’apprendimento scolastico, Chantal Thoulon-Page, stimatissima grafoterapeuta francese, dice: “Essa non impone in modo rigido un nuovo modello, ma lavora accanto alla scrittura, su forme che sono solo lontane parenti delle lettere, in modo da ammorbidire e perfezionare il gesto grafico e non la scrittura in se stessa (occorre rieducare il gesto tramite il gesto)… il miglioramento del grafismo verrà da solo, senza che il bambino abbia l’impressione di aver lavorato sulla sua scrittura.” L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITA’ GRAFICA. Numerose ricerche in campo bioneurologico affermano che l’attività grafica è fondamentale per lo sviluppo cerebrale del bambino e in modo particolare delle competenze linguistiche, cognitive e motorie , legate alla specializzazione dell’emisfero collegato alla mano scrivente. E’ altrettanto riconosciuto che la preferenza d’uso della mano destra è funzione dello sviluppo cerebrale o ancor meglio della specializzazione dell’emisfero sinistro, dove ha sede il linguaggio. Questo, infatti è l’elemento che contraddistingue l’uomo dagli animali, poiché nemmeno tra i mammiferi superiori esistono casi di dominanza laterale cerebrale. Nell’uomo, infatti, nel corso della lenta evoluzione l’emisfero sinistro è stato sempre più sollecitato sia attraverso la realizzazione grafica simbolica che mediante l’uso della mano destra. Questo ha determinato uno sviluppo neuronale specializzato, una maggiore organizzazione funzionale del cervello con conseguente laterizzazione del linguaggio all’emisfero sinistro. Perciò, oggi, si può affermare che lo sviluppo della scrittura ha favorito la specializzazione emisferica dell’uomo. Recenti scoperte nel campo neurobiologico (Sterratrice/Habab, 1993), dimostrano che uno dei meccanismi fondamentali dell’apprendimento, in particolar modo quello grafico, risponde al principio di selezione. Secondo ricercatori contemporanei, infatti, il cervello dispone dall’inizio di un sistema ricco di potenzialità, connessioni nervose temporanee, che man mano vengono selezionate. Solamente i circuiti più frequentemente utilizzati si svilupperanno, gli altri verranno progressivamente abbandonati. Questo processo di graduale selezione, semplificazione e specializzazione determina, anche per quel che riguarda il gesto della scrittura, lo spostamento neuronale da un sistema volontario ad uno automatico. Inizialmente il bambino segue i movimenti della mano con l’occhio, egli , infatti, non è ancora in grado di guidare la mano con precisione. Successivamente acquisisce un maggiore livello di abilità e controllo dei movimenti fini. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 9
  • 10. E’ giusto specificare che lo sviluppo psicomotorio non avviene necessariamente solo ed esclusivamente attraverso il gesto grafico ma anche attraverso una serie di attività, come: la deambulazione, la manipolazione e la realizzazione di oggetti, giochi di movimento, ecc. Queste attività forse erano maggiormente svolte un tempo quando i bambini potevano muoversi, correre, realizzare giochi creativi e frutto della propria fantasia, manipolare oggetti con la finalità di costruirsi il gioco anche se con materiale povero. Oggi, purtroppo il bambino passa diverse ore davanti alla televisione o gioca in modo virtuale attraverso i videogiochi, favorendo solo al prontezza di riflessi e la sedentarietà. Ma l’atto grafico non possiede solo una valenza di sviluppo e specializzazione neurologica ma permette agli adulti di entrare con umiltà e rispetto dentro il mondo psicologico del bambino. Egli infatti, attraverso lo scarabocchio, il disegno e successivamente la scrittura comunica il proprio mondo interiore. Lo scarabocchio viene considerato anche un’attività di “autoterapia” inconscia (M. Bernson 1973). Scarabocchiando, il bambino si sviluppa e prende coscienza di sé, passo fondamentale per la propria stabilità. Anna Oliveiro Ferrarsi (1973) sostiene una tesi analoga: <<mentre il bambino disegna esplicita le proprie paure ed ansie>>. Attraverso l’espressione grafica, il movimento, il gioco, il bambino esprime se stesso, esplicitando i suoi problemi e scaricando le proprie tensioni. In mancanza di questo sfogo, l’aggressività si può accumulare con danni rilevanti per lo sviluppo e l’equilibrio della personalità. L’aggressività, ad esempio, può causare sensi di colpa e depressione. Le teorie freudiane sostengono che il disegno è fortemente influenzato dai desideri e dalle paure inconsce del bambino, per questo motivo l’atto grafico può rappresentare uno strumento catartico e di purificazione delle idee represse. Per lo stesso motivo anche i giochi e lo scrivere offrono la possibilità di esprimere i propri impulsi istintuali (J.Royer 1993 – G.Crocetti 1986). E’ sicuramente utile tener presente che l’esame dell’attività grafica è fondamentale per conoscere l’abilità raggiunta dal bambino e, se necessario, per impostare un’adeguata terapia individuale. La terapia rieducativa è maggiormente efficace se si trasforma in attività didattica e soprattutto se viene effettuata in un periodo precoce quale è quello relativo all’azione educativa. Per fare ciò è importante che il bambino venga osservato con attenzione durante tutte le fasi di apprendimento al fine di poter rilevare le possibili difficoltà. Questa fase di osservazione è di fondamentale utilità, basti pensare che, ad esempio, la difficoltà di apprendimento dello schema corporeo può comportare una difficoltà successiva nella gestione dello spazio e delle sue relazioni, con conseguente difficoltà ad apprendere la lettura, la scrittura ed il concetto di quantità. L’attività grafica, assieme ad altre attività di tipo ludico, può favorire lo sviluppo della motricità fine, il coordinamento occhio-mano, la capacità di percezione, la conoscenza dei rapporti spaziali e temporali, la manipolazione delle immagini mentali, la conoscenza dello schema corporeo, lo sviluppo del sistema nervoso, la maturazione affettiva, lo sviluppo dell’intelligenza con particolare riferimento alle abilità legate all’emisfero destro. Questa osservazione, avvalorata da diversi studiosi, ci porta a lanciare un appello, alle insegnanti ma sopratutto ai Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 10
  • 11. genitori, affinché il bambino recuperi le proprie attività ludiche anche attraverso quelle grafico- pittoriche (oggi spesso vietate e sostituite dall’uso improprio della tv o dei videogiochi), al fine di crescere in armonia con le graduali richieste della vita. L’ORIGINE DEL GESTO GRAFICO. Da un punto di vista generale, non è difficile ammettere che la scrittura è prodotta dal cervello, importante parte di tutto il sistema nervoso. Si potrebbe dire che la scrittura, come espressione comportamentale, è il risultato delle risposte motorie all'interazione complessa dei circuiti neurali cortico-sottocorticali. Tali risposte sono uniche, personali e strettamente individuali, come esclusive sono le esperienze emozionali degli individui ed il loro assetto cromosomico. E' facile, dunque, sostenere che l'individualità della scrittura come comportamento è l'espressione di un lavoro mentale esclusivamente individuale. L'uomo è dotato di un sistema nervoso centrale e di uno periferico. Il sistema nervoso centrale comprende il cervello propriamente detto costituito dei due emisferi cerebrali, destro e sinistro, strettamente collegati attraverso il corpo calloso, dal diencefalo col talamo e l'ipotalamo, dal troncoencefalo, dal midollo allungato, dal cervelletto (cerebellum) ed infine, non per minore importanza, dal midollo spinale. FIG. 1 Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 11
  • 12. Il sistema nervoso periferico è costituito dall'insieme di tutti i nervi e le terminazioni nervose che si irradiano in ogni recesso del corpo umano. Tramite l'interconnessione dei sistemi nervosi centrale e periferico è assicurato il più completo collegamento di ogni punto del corpo umano con il cervello: impulsi e stimoli possono essere così trasmessi, sia dal cervello al corpo che viceversa, in tempi brevissimi. Inoltre, cervello e corpo sono anche connessi chimicamente: il cervello emette ormoni e peptidi che, immessi nel sangue, possono rapidamente raggiungere il corpo tramite il circuito arterioso-venoso trasmettendo sia segnali in entrata che in uscita. COMPONENTI MENTALI DEL PROCESSO GRAFICO. Il processo grafico è un’attività neurobiologica tutt’altro che semplice, sia nel caso in cui la grafia sia sotto dettatura sia che si tratti di una esposizione libera o di sola copiatura. Per quanto le tre modalità grafiche adottino dei processi mentali diversi, in quanto diverso è il canale di entrata primario, comunque raccolgono nella loro struttura elementi comuni: 1. Analisi della composizione fonetica; 2. Traduzione dei distinti fonemi in schemi grafici visivi o grafemi; 3. Trasformazione delle immagini in tratti grafici. • Durante la prima fase della formazione del processo grafico, ossia l’analisi della composizione fonetica, il flusso fonetico percepito e mentalmente rappresentato, si attiva una distinzione di tutta una serie di suoni che partono da quelli con cui una parola inizia fino agli ultimi che la compongono. La distinzione della giusta successione dei suoni diventa importante. Le fasi che si susseguono sono: • l’individuazione della sequenza dei suoni che compongono una parola: rappresenta la prima condizione per la scomposizione della catena linguistica e corrisponde alla trasformazione di tale successione in una catena di suoni intelligibili. Inizialmente il bambino può incontrare enormi difficoltà perciò la parola “topo” verrà trasformata in “poto”, ecc.; • la precisazione dei suoni: questa seconda fase è strettamente collegata alla precedente, consiste nella trasformazione delle varianti fonetiche ascoltate in un preciso momenti in suoni distinti o fomeni. Questa operazione di precisazione dei suoni, è dunque una seconda condizione essenziale dl processo grafico. Riassumendo si può dire che l’analisi fonetica della parola, la distinzione dei singoli suoni e la trasformazione delle varianti fonetiche in precisi fonemi, costituiscono il primo anello necessario alla realizzazione del processo grafico. • All’analisi uditiva, necessaria al processo grafico, segue sempre una seconda fase: la trasformazione dei suoni in schemi grafici visivi, cioè in immagini visive. Pertanto ciascun fonema dovrà essere trasformato nella corrispondente lettera che successivamente verrà trascritta. Se la prima fase, ossia l’analisi fonetica, è stata condotta con precisione, la codificazione nel rispettivo grafema non sarà difficoltosa. E’ possibile che inizialmente si Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 12
  • 13. incontrino difficoltà nell’identificazione di quelle lettere simili ma che in realtà hanno una diversa disposizione spaziale, come ad esempio le “b”-“d”, “n”-“u”, “s”-“z”, ecc. • La terza e ultima fase: la trasformazione delle immagini in tratti grafici, altro non è che la trasformazione delle lettere nei corrispondenti tratti grafici. Questa fase riflette le diverse fasi di apprendimento della scrittura. Nella composizione dell’attività grafica entrano a far parte numerosi processi funzionali che si situano al di fuori sia della sfera visiva (rappresentazione mentale delle lettere) che della sfera motoria che gioca il suo ruolo solo nell’attuazione immediata del processo grafico. In quale modo le singole componenti neurobiologiche intervengono nella strutturazione del linguaggio grafico, si può desumere dalle grafie di soggetti affetti da lesioni di limitati settori della corteccia cerebrale. Tutto ciò è stato possibile grazie ai numerosi studi derivanti dalla neurobiologia e dalla neurochirurgia, i quali hanno evidenziato che ciascuna regione della corteccia cerebrale ha una sua propria particolare struttura ed esercita specifiche funzioni. PRINCIPALI AREE DI ASSOCIAZIONE COINVOLTE DURANTE L’ATTO GRAFICO. A questo proposito è bene fare una precisazione esplicativa. Quando si parla di aree cerebrali coinvolte durante l’atto grafico, non si intende descrivere il mero processo neurologico inerente alle prassie necessarie a vergare il segno, ma comprende tutte quelle fasi di identificazione visiva e sonora, interpretazione semantica, di organizzazione spaziale, di riconoscimento simbolico, di immagazzinamento ed evocazione mnestica, ecc. FIG. 8 Corteccia cerebrale: Ha il compito di dare l’avvio al gesto grafico traducendo nelle aree associative i simboli verbali in simboli grafici. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 13
  • 14. Secondo la funzione, la corteccia cerebrale si divide in sensitiva, motrice e associativa ed è collegata ai centri sottocorticali già menzionati. La corteccia sensitiva riceve le vie nervose che conducono stimoli provenienti da tutto il corpo. Dalle aree motrici partono impulsi motori attraverso la via piramidale (in genere i centri corticali di un emisfero sono in relazione con le regioni del corpo del lato opposto). Le aree associative servono a integrare le diverse sensazioni, alla loro memorizzazione e alla costituzione del complesso processo della coscienza, comprendente l'ideazione, la volontà, la consapevolezza e la capacità di giudizio. Pur funzionando come un organo unitario, il cervello presenta regioni in cui sono localizzate alcune funzioni: • l'area preposta alla sensibilità visiva, localizzata nel lobo occipitale; • l'area per la sensibilità acustica, situata nei lobi temporali; • l’area per la sensibilità motoria, situata nel lobo frontale; • l'area per la sensibilità olfattiva e gustativa, a livello dell'ippocampo. Centri corticali specializzati, particolarmente sviluppati nell'uomo, sono quelli del linguaggio, la cui lesione causa vari disturbi di emissione e comprensione del linguaggio scritto o parlato (afasia). FIG. 9 • Area Motoria: costituita dalla corteccia motoria, corteccia premotoria e area di Broca. • Corteccia motoria: situata davanti al solco centrale nel lobo frontale. Controlla i singoli muscoli dell’intero organismo in special modo quelli che provocano i movimenti fini, delle dita, labbra, bocca, e in grado minore i movimenti fini dei piedi e delle dita dei piedi; • Corteccia premotoria: situata anteriormente alla corteccia motoria. Ha il compito di evocare risposte motorie coordinate consistenti sia in sequenze di movimenti di singoli Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 14
  • 15. muscoli che movimenti combinati di differenti muscoli. In quest’area viene conservata gran parte dei modelli motori acquisiti per il controllo di movimenti di particolare destrezza. (es. esercizio atletico); • Area di Broca: Centro corticale, localizzato anteriormente alla corteccia motoria a livello del margine laterale della corteccia premotoria. Controlla i movimenti coordinati della laringe e della bocca per la formazione delle parole nel linguaggio parlato. Opera in stretta associazione con l’area di Wernicke per la comprensione del linguaggio, funzione della corteccia temporale. Questa area si sviluppa solamente in uno dei due emisferi cerebrali, per il 95% dei soggetti in quello sinistro e nella metà dei mancini. La sua lesione o perdita funzionale è causa della perdita della capacità di produrre il linguaggio articolato (afasia di Broca, altrimenti detta "afasia ad emissione verbale ridotta" o afasia motrice). • Area sensoriale somestica: le sensazioni somestiche rappresentano la sensibilità generale, comprendono il tatto-pressione, le sensazioni termiche, e quelle dolorifiche. Analizza le sensazioni e consente di valutare le posizioni del corpo. Occupa l’intero lobo parietale. Si distingue in due aree una primaria e una secondaria: • Area primaria: riceve segnali dai vari recettori sensoriali distribuiti dall’organismo. Distingue i tipi specifici di sensazioni evocati da regioni distinte del corpo; • Area secondaria: interpreta soprattutto i segnali sensoriali, non li distingue. Ad esempio, permette di distinguere se la sensazione suscitata in corrispondenza della mano è data da un oggetto anziché un altro, ecc. • Area visiva: occupa l’intero lobo occipitale. Anche questa area è suddivisa in una primari e una secondaria: • Area primaria: distingue i punti luminosi e quelli neri, inoltre distingue l’orientamento di linee e margini nella scena visiva. • Area secondaria: interpreta l’informazione visiva. In questa area, infatti, vengono interpretati i significati delle parole scritte. • Area uditiva: localizzata lobo temporale. • Area primaria: vengono distinti i toni, le intensità e le altre qualità dei suoni; • Area secondaria: vengono interpretati i significati dei suoni (es. parole) uditi. Alcune parti di questa area sono importanti per il riconoscimento della musica. • Area di Wernicke: situata al centro della corteccia, nella parte posteriore della corteccia uditiva primaria, corrispondente alla parte posteriore del lobo temporale superiore. E’ la regione più importante per le funzioni intellettive superiori. In questa area confluiscono i segnali sensoriali da tutti e tre i lobi. Questa è la regione della comprensione del linguaggio, inoltre, è estremamente importante in quanto interpreta i significati autentici di quasi tutti i tipi di informazione sensoriale, sia che l’informazione sia udita, letta, avvertita al tatto o anche originata dal cervello stesso. Dall’area secondaria di elaborazione visiva, situata nel giro angolare del lobo occipitale, affluiscono i segnali visivi delle parole/simboli letti. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 15
  • 16. La sua lesione o distruzione è conseguenza del disturbo della comprensione delle parole udite (afasia di Wernicke, altrimenti detta "afasia ad emissione verbale fluida", o afasia sensoriale) pur conservando l'articolazione della parole. • Planum Temporale: regione situata nella superficie del lobo temporale corrispondente alle zone dell'emisfero sinistro coinvolte nella comprensione del linguaggio. • Fascio Arcuato: struttura anatomica che mette in comunicazione l'area di Broca e di Wernicke. La sua lesione comporta nel soggetto un'afasia di conduzione caratterizzata dalla difficoltà di ripetere quello che viene detto, nonostante la comprensione. • I Nuclei o Gangli della base: regolano quella che è chiamata la “tensione” del gesto grafico. Esercitano due forze contrastanti che ne determina la tensione del movimento. Lo Striato (formato da Caudato e Putamen): ha funzione inibitoria; il Pallido (formato Subtalamico e la Sostanza nigra): ha funzione eccitatoria. I nuclei della base ricevono afferenze dall'intera corteccia cerebrale e a sua volta la corteccia prefrontale riceve tutte le informazioni provenienti dai nuclei della base e spiega il perché le alterazioni funzionali di questi nuclei interferiscono sulle funzioni frontali. Una fondamentale funzione è di coordinazione e controllo dell’attività motoria di base, mentre per i movimenti più precisi è necessario l’intervento della corteccia cerebrale. La regione, inoltre, è la sede della progettualità, del controllo, delle motivazioni e della volontà. • Giro Angolare: situato nella zona del lobo occipitale, rappresenta il “centro della memoria ottica”, in grado di trasformare le immagini visive delle parole nella loro realizzazione grafica. • Talamo: ha un ruolo molto importante perché riguarda l’aspetto affettivo (è stato definiti il “cuore del cervello”) e influenza il movimento grafico: se la sua influenza è molto forte, l’emotività sarà prevalente sulla razionalità. • Cervelletto: il cervelletto (che costituisce il 10% del peso encefalico) è l'organo deputato a coordinare i movimenti muscolari, presiede al senso dell'orientamento del corpo nello spazio e al mantenimento dell'equilibrio. Essendo la neuroanatomia funzionale della scrittura mal conosciuta rispetto a quella degli altri processi cognitivi, grazie ai diversi studi di analisi dell’attivazione cerebrale si può affermare che il ruolo specifico del cervelletto sia quello di intervenire nella complessa attività motoria fine delle dita. Esso interviene nella scrittura controllando la precisione del gesto (velocità, ampiezza e angolosità), attraverso le sue connessioni con la corteccia e con il midollo spinale. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 16
  • 17. ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA UDITA. La meraviglia del linguaggio rappresenta il risultato sinergico e sinfonico di una molteplicità di strutture anatomiche e funzionali dall'estrema complessità. Nel caso della parola udita il segnale sonoro codificato dal punto di vista nervoso giunge all'area primaria uditiva, interpretato dall'area di Wernicke dove acquista significato. Tale rappresentazione semantica viene trasferita, attraverso il fascio arcuato, nell'area di Broca dove si attiva il programma neuromotorio necessario alla sua articolazione, garantita dall'azione della corteccia motoria primaria (zona corticale prerolandica) che, seguendo la sequenza programmata, mobilizza (pronuncia) gli organi della fonazione (bocca, lingua, laringe, ecc.). FIG. 10 Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 17
  • 18. ESPRESSIONE VERBALE DI UNA PAROLA SCRITTA. Nel caso della lettura il canale d'entrata è visivo. Il messaggio nervoso-retineo giungendo all'area visiva primaria (area associativa localizzata all'estremità del lobo occipitale) viene convertito da forma visiva in forma sonora (nell'area di Wernicke). Il processo della pronuncia (lettura) si svolge poi in sequenza secondo le tappe descritte per la parola udita. FIG. 11 LE PRASSIE. L’ultimo passo nell’elaborazione mentale della scrittura consiste nell’organizzazione della sequenza motoria. Per prassia si intende la capacità di eseguire il gesto richiesto, qualsiasi esso sia: gesto simbolico, gesto atto all’uso di un oggetto, un gesto privo di significato o indotto all’imitazione, ecc. Le prassie si suddividono in due tipologie: • Ideatorie: capacità di rappresentarsi mentalmente il gesto da compiere (“cosa fare”); • Ideomotorie: capacità di tradurre la sequenza motoria in un corretto programma innervatorio (“come fare”). L’organizzazione prassica è di competenza dell’emisfero sinistro (dominante) che svolge il ruolo direttivo dell’attività gestuale degli arti di entrambi i lati. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 18
  • 19. A questo punto, avendo ideato e tradotto la sequenza motoria, l’ultimo passaggio da realizzare al fine di tracciare il tratto grafico riguarda il sistema sensomotorio. Il messaggio nato nelle aree associative parietali, dovrà essere trasformato in una sequenza di ordini motori, e quindi trasmesso in periferia alle strutture esecutrici, cioè i muscoli. Il concetto “sensomotorio” nasce dal fatto che non esiste un comando motorio che non sia costantemente controllato, confrontato, durante l’esplicazione dell’attività, e costantemente monitorato riguardo gli effetti intermedi e finali. Il controllo avviene attraverso le informazioni sensitive trasmesse dai ricettori sensitivi degli organi periferici al cervello motorio tramite l’integrazione e l’analisi del cervello sensitivo. Il controllo motorio corticale si attua attraverso 3 strutture principali: • Corteccia motoria: stimola attività motorie fini isolate, di singoli segmenti corporei organizzati in momenti e non in singoli muscoli; • Corteccia premotoria: ha il compito di controllo della componente muscolare prossimale degli arti e la flessibilità del gesto. E’ connessa con le aree parietali associative ed è sensibile alle sollecitazioni sensoriali. Controlla l’armonia e la flessibilità del gesto; • Area motoria supplementare: ha il compito di iniziare ed organizzare cronologicamente il programma motorio legato alla sollecitazione interna ed alla motivazione. Il modello elaborato da queste aree verrà trasferito alla corteccia motoria . Parallelamente il movimento verrà analizzato anche dai circuiti complessi, alcuni facenti capo al cervelletto (coordinazione e durata del movimento) e altri ai nuclei della base (intensità dell’attivazione muscolare). La corteccia motoria emette l’ordine di contrazione ai motoneuroni spinali, mentre le afferente propriocettive e visive correggono gli eventuali errori di esecuzione. L’area cingolare, inoltre, influenza la traccia grafica a livelli emotivo in quanto essa è implicata nel comportamento emozionale, nell’affettività e nella motivazione. DISGRAFIE E DISLESSIE. Accanto alle agrafie acquisite si ritrovano le turbe evolutive della scrittura e dell’ortografia, ovvero le disgrafie, dislessia e disortografie. Si conosce da alcuni anni che le difficoltà di apprendimento del linguaggio scritto nei soggetti portatori di dislessia-disgrafia-disortografia sono associate ad anomalie minori di alcune zone corticali (particolarmente emisferiche sinistre) e sottocorticali. Queste alterazioni, espressione di un disturbo della maturazione neuronale precoce, sono sufficienti a modificare profondamente le connessioni di queste regioni e la loro capacità di sostenere uno sviluppo normale del linguaggio scritto. In ambito neurologico si possono distinguere quattro gruppi di bambini dislessici-disgrafici: Con deficit linguistici e psicomotori: caratterizzato da problemi di spelling, e produzione motoria goffa; Con deficit visuo-spaziali: caratterizzato da scrittura scarsamente leggibile e con cattiva organizzazione spaziale; Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 19
  • 20. Con deficit di attenzione e di memoria: caratterizzato da problemi di spelling alterato con frequenti omissioni e intrusioni; Con deficit di capacità sequenziale e ed automatizzazione della scrittura. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 20
  • 21. L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI NELLO SVILUPPO E NELL’APPRENDIMENTO. COMPETENZE DEI DUE EMISFERI CEREBRALI NELL’APPRENDIMENTO Aucouturier 1986, Le Boulch 1988, Vayer 1989, Loudes 1988, Berges 1987 si sono occupati di questi aspetti attraverso la psicomotricità. Alcuni risultati delle loro ricerche sono stati ricordati in un articolo apparso su una rivista del settore, “Babele n° 11 del 10/99”. L’articolo è firmato dal Dipartimento di Neuroriabilitazione del Brain Health Center di Roma e notizia che ora risulta possibile 'aggirare’ alcuni ostacoli, che si presentassero durante il processo di apprendimento, attivando funzioni sostitutive controllate dall’emisfero controlaterale. Con la motricità guidata si riesce cioè a “bypassare la funzione deficitaria attraverso la stimolazione di aree deputate alla stessa funzione dell’emisfero controlaterale producendo una risposta non casuale.” L’emisfero sinistro “Per stimolare l’attivazione di un’area dell’emisfero sinistro è necessario utilizzare come metodo l’associazione delle informazioni tra loro, per somiglianza, conseguenza, identità”. Esso dipende da emozioni, motivazione e subisce la paura bloccandosi. L’emisfero destro: “La stimolazione dell’emisfero destro è sostanzialmente basata sulla differente percezione, elaborazione, risposta e latenza di risposta.” L’emisfero destro ha bisogno di informazioni con un corrispettivo reale, integrabili con i dati precedenti e di un tempo maggiore per dare risposta. Privilegia come canale la musica.” (pag.41, Babele) L’insegnante dovrebbe tenere conto della individualità delle reazioni, per esempio del blocco emotivo di chi è spaventato o dell’esigenza di un tempo più lungo di reazione in un mancino. Eppure è frequente nelle scuole udire le urla ostinate di certi insegnanti quando gli alunni non rispondono subito a comando! Sulla dominanza di funzionamento del cervello sono stati documentati molti aspetti curiosi grazie all’uso della PET (tomografia a emissione di positroni). Questa tecnica permette di evidenziare sul video di un monitor il consumo di energia nelle varie zone del cervello secondo una scala cromatica. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 21
  • 22. In questo modo è stato possibile raccogliere queste informazioni: Il centro della visione non intenzionale è a destra. • Quando ci lasciamo andare ad una musica impegniamo l’emisfero destro. • Se in una musica cerchiamo anche di riconoscere gli strumenti (discriminare) usiamo la parte sinistra del cervello • Se ascoltiamo una canzone, prestando attenzione alle parole, usiamo entrambi gli emisferi. L’uso della memoria impegna nello sforzo molte parti cerebrali. Queste documentazioni tecnologiche hanno confermato che la creatività, la musica, le belle arti, riguardano la percezione dello spazio e pertanto interessano l’emisfero destro. Mentre l’emisfero sinistro è la sede del linguaggio, dei calcoli, delle operazioni di riorganizzazione delle percezioni e delle altre attività intellettive. Quanto fin qui descritto riguarda la “dominanza”, cioè il maggior impegno di un emisfero nello svolgere un compito. Essa interessa una zona (negli emisferi) che risulta marcatamente più attiva delle altre mentre svolgiamo una funzione. In realtà l’attività cerebrale coinvolge sempre, seppur in minima parte, tutto l’encefalo. Il potenziale di recupero è una valenza data al cervello dalla sua plasticità di funzionamento. Il cervello riesce a riabilitarsi a funzioni perse. Ecco cosa scrive al riguardo Geschwind: “Come il cervello può mutare una risposta a condizioni ambientali a lungo termine, così può anche mutare la propria organizzazione per compensare incidenti e mutamenti di richieste. Benché nella maggior parte delle persone il linguaggio sia localizzato nell’emisfero sinistro, persone con danni a questo emisfero possono essere addestrate a produrre linguaggio usando l’emisfero destro, anche se questa flessibilità è soggetta a diminuire gradualmente con l’età. L’emisfero destro si assume funzioni linguistiche in bambini piccoli che hanno sofferto danni gravi all’emisfero sinistro. Nei sordi le aree della corteccia temporale usate normalmente nell’elaborazione di suoni linguistici vengono usate invece per l’elaborazione di informazione visiva. Un esempio sorprendente di questa capacità si ha quando una persona impara una seconda lingua…in tale circostanza l’organizzazione del cervello può a volte mutare : in qualche caso la prima lingua migra dall’emisfero sinistro al destro;…” (N. Geschwind pag.175,176 “Le basi anatomiche della differenziazione” Il Mulino) Perché questo avvenga si debbono creare le condizioni favorevoli. In un recente convegno (Treviso, giugno 2000) sul bilinguismo, il prof. Fabbro dell’Università di Udine ricordava che nella fissazione di capacità verbali sono importanti i sistemi emozionali: situazioni molto piacevoli e poco piacevoli danno esiti diversi. Di fronte a esperienze che generano forte emozioni produciamo più corticosteroidi e gli effetti possono andare dalla fissazione di un ricordo al suo rifiuto. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 22
  • 23. Il nostro organismo, in situazioni di stress estremo, è in grado di produrre livelli molto alti di ormoni che distruggono alcuni neuroni, fino ad arrivare, appunto in casi estremi, ad una strectomia bitemporale da stress. Sempre il professor Fabbro ricordava che il linguaggio coinvolge due tipi di memoria, la dichiarativa e la procedurale. Quest’ultima, essenzialmente motoria, funziona in modo inconsapevole, ha bisogno di coinvolgimento. E’ prevalentemente prassica, ma è anche cognitiva. Detto questo sembrerebbe di aver circoscritto gli ambiti delle memorie e le loro responsabilità sull’apprendimento del linguaggio. Invece il cervello ha un funzionamento incredibilmente plastico, lo dimostrano alcuni studi di neurolinguistica svolti sul rapporto fra linguaggio ed etnia. I dati raccolti dimostrano che ogni cultura abitua in modo diverso il cervello. Una pubblicazione di due ricercatori italiani, Argiuna Mazzotti e Luigi Allori, riporta queste curiose osservazioni: “ U e o ui, oi o ooi, ai o ou, aiueo.” E’ una frase giapponese. Dice: Un uomo affamato d’amore, che si preoccupa del suo appetito, nasconde la propria età avanzata e insegue l’amore. E’ un’espressione linguistica proveniente dalla sfera razionale del cervello. Ora è proprio questo il curioso. Spagnoli, anglosassoni, italiani o francesi, quando debbono emettere il suono di una o più vocali isolate, usano il cervello destro, cioè l’emisfero in cui vengono elaborate le emozioni e le relative reazioni ad esse. Infatti, nelle loro lingue, l’emissione di vocali isolate come “Ah!”, oppure “Oh!”, corrisponde per lo più a esclamazioni puramente emotive; esse hanno poco a che fare con l’elaborazione meditata e logica del linguaggio (appannaggio dell’emisfero sinistro del cervello), ma segnalano sensazioni spontanee di benessere…. Con i Giapponesi, e …con gli stranieri nati in Giappone e quindi aventi la stessa lingua madre, è tutto il contrario. Infatti, per loro le vocali non sono esclamazioni emotive, bensì basilari strumenti linguistici, come si è visto, e quindi … per emetterle e modularle secondo quei toni diversi che le rendono duttili “parole”, non possono che servirsi, al contrario di noi, del cervello sinistro. Ecco spiegata questa apparente contraddizione per cui ci sarebbe una funzionalità cerebrale diversa tra noi ed i Giapponesi. …serve a stabilire come le specializzazioni delle varie parti cerebrali non siano innate, bensì culturalmente acquisibili e differenziabili, per esempio a seconda della lingua usata.” (tratto dal supplemento “Il cervello” - Salve, aprile 1989, pag.10) Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 23
  • 24. IMPLICAZIONI DIDATTICHE La frase giapponese, citata in precedenza, è un intrico logico, ci fa notare quanto l’emozione si “intrighi” nelle vie cognitive. L’affettività è un potente catalizzatore per l’apprendimento! Se la scuola imparasse a coniugare le didattiche con la motivazione, con la sfera affettiva, apprendere diventerebbe più facile ed il cervello imparerebbe a mettersi in moto in tutte le sue parti. Quegli insegnanti che hanno colto la sfida di operare con alunni difficili, e in difficoltà, sanno quanta soddisfazione porti alla fine l’impegno di ripensare ogni giorno al proprio modo di fare didattica. Sono certamente persone che non hanno perso la voglia di giocare e scoprire. Conoscono e provano sulla propria pelle il potere taumaturgico del gioco, sanno coinvolgere emotivamente, sanno generare entusiasmi in classe! Molte sono le situazioni di apprendimento che si possono connotare ludicamente. Una di queste è imparare a leggere. C’è la scena di un film che riassume quanto si sostiene. Il film è: “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore. Dal film “Il pianista sull’oceano”: Il vecchio Danny Woodman, padre adottivo, insegna a T. D. Novecento a leggere: - “… e ora prova da solo!” Dice Danny a Novecento dopo aver letto alcuni nomi di cavalli da corsa su di una gazzetta. E continua esortandolo: “Dai, spingi forte il dito sulla carta, così le lettere non possono scappare!” Novecento comincia a leggere in modo sincopato le sillabe e ogni volta che ne scandisce una viene lodato da Danny: “MAR - Ok! Lemon – ME – Sì , sì – LA - Uhm, uhm – TA – “ “Ah, Ah, leggi come un dio, Lemon! E ora mettile tutte insieme come le valvole di una caldaia: patapum – patapum – patapum”. “MAR MEL LA TA”, scandisce Novecento senza guardare le parole, ma dando l’idea di raccontarsele nella mente. Danny scoppia in una fragorosa risata liberatrice, e la giustifica dicendo a Novecento che i nomi di quei cavalli da corsa gli sembrano terribilmente ridicoli…” In questo spezzone si ritrovano molti dei principi legati agli aspetti della lettura: 1. Il momento in cui si è per la prima volta soli, senza esempio presente, ad esercitare una competenza ignota ed astratta (ora prova da solo); 2. Imparare a tenere il segno, cosa che serve come un presta-memoria alla vista, per trattenere per un certo tempo un filo tra i singoli pezzi delle parole (spingi forte il dito sulla carta così le lettere non possono scappare); Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 24
  • 25. 3. Ricevere un po’ di riconoscimento per lo sforzo anche se il risultato non è ancora tangibile (bravo, leggi come un dio); 4. Aiutarsi con un esempio visivo a ripetere il verso che fa la bocca nel seguire il pensiero (le valvole della caldaia); 5. Dare un ritmo a tutta l’operazione (patapum, patapum, patapum); 6. Escogitare uno stratagemma per solleticare la curiosità che fa leggere (certi nomi che fanno tanto ridere). Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 25
  • 26. L’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA. LE FASI DELL’EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA: TRE GRANDI TAPPE. Spesso ci si chiede come possa un grafologo delineare una descrizione della personalità asserendo che la scrittura è in continuo cambiamento. Ad alcuni di noi sarà capitato di osservare con attenzione un proprio testo scritto e con meraviglia ci si sarà accorti che la propria scrittura non era la stessa del giorno prima o a volte addirittura anche di qualche ora prima. Automaticamente ci si ritrova a pensare alle cause di questi cambiamenti. Le domande che ci dobbiamo porre sono: “come stavamo emotivamente nell’esatto momento in cui si scriveva?. Eravamo tesi, ansiosi oppure ci sentivamo rilassati e tranquilli?” Ebbene è ormai risaputo che lo stato d’animo non influisca solo sui propri rapporti con gli altri, o sui risultati di un evento importante come un colloquio di lavoro, un esame, un’incontro speciale ecc. La scrittura rileva ogni piccola emozione che ci pervade consciamente ma soprattutto inconsciamente. Solitamente, però, i cambiamenti più evidenti li si riscontra durante le tappe fondamentali di sviluppo e crescita, successivamente, invece, si possono notare dei cambiamenti che tendono a lasciare intatti quelli che sono i segni predominanti e maggiormente caratterizzanti della persona. Non a caso quando si parla di grafologia si dovrebbe parlare di grafologia dello sviluppo, soprattutto se si desidera analizzare scritture di personalità ancora in evoluzione. Durante il periodo dell’età evolutiva essa si modifica rapidamente, parallelamente allo sviluppo della motricità fine, alla maturazione neurofisiologica e affettiva, alla formazione della personalità, alla scolarizzazione. Per questo motivo il significato psicologico dei segni può variare in relazione all’età dello scrivente. E’ molto importante comprendere esattamente quale sia realmente l’età grafomotoria raggiunta dall’individuo. La rilevazione gafomotoria è indispensabile per comprendere se lo sviluppo psicomotorio riscontrato sia positivo, ossia al passo con l’età anagrafica del bambino, oppure se sussista un ritardo nella personalizzazione della scrittura o difficoltà conseguenti. Qualora si evidenziasse un minimo ritardo nello sviluppo grafomotorio sarebbe opportuno intervenire attraverso una rieducazione ben mirata. La presenza di disgrafie deve essere stabilita con una certa precisione ancor meglio se in collaborazione con diversi professionisti che ne rilevino le cause ma sopratutto escludano quelle che purtroppo richiedono interventi di diversa natura, come nel caso di disturbi alla vista, lievi lesioni cerebrali, ecc. Uno studio approfondito del soggetto rende maggiori le probabilità di interventi efficaci ed idonei alle cause scatenanti la disgrafia, permette, inoltre, di effettuare una rieducazione della scrittura specifica. E’ fondamentale che l’insegnante ed il genitore possano collaborare assieme al fine di osservare tempestivamente le difficoltà del bambino affinché egli possa essere indirizzato verso un percorso rieducativo, prima di far sorgere nel piccolo possibili disagi psicologici certamente controproducenti. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 26
  • 27. Uno dei primi studiosi che si occupò di interventi rieducativi fu H. de Gobineau (1954) assieme a R. Perron. Idearono un sistema grafometrico composto da due scale di misurazione del calcolo dell’età grafomotoria reale del soggetto. Successivamente, Ajuriaguerra (1971) constatò che l’evoluzione della scrittura passava attraverso tre grandi tappe: precalligrafica, calligrafica, post-caligrafica. Questa nuova concezione, riguardo allo sviluppo grafomotorio, rese il precedente test grafometrico incompleto ed insufficientemente analitico e preciso, pertanto divenne necessario affinare e tarare il test secondo i nuovi parametri e le nuove considerazioni. La fase precalligrafica va dall’inizio dell’apprendimento della scrittura fino all’età di circa 8 anni, età in cui è già stato acquisito in modo relativamente completo il gesto grafico. Durante questa fase l’evoluzione della scrittura subisce profondi e rapidi cambiamenti: vengono superate le principali difficoltà grafomotorie (tremore, riprese, contorsioni, deviazioni, organizzazioni dello spazio, ecc.), anche se la scrittura manca di fermezza di tracciato. Inizialmente l’applicazione del bambino nell’attività di copiatura comporta molta attenzione concentrata principalmente sulla vergatura della singola lettera, il gesto è fisiologicamente lento e soggetto a tensione. Per questo motivo la pressione si rivela prevalentemente pesante, contratti tremolanti, con riprese e deviazioni del tracciato e spesso delle malformazioni dovute a maldestrezza nell’uso dello strumento scrittorio. Generalmente in seconda elementare si assiste ad un periodo di stasi, in cui le difficoltà grafomotorie dovrebbero essere superate. La grafia i questo periodo è fedele al modello imparato perciò impersonale, curata e precisa, regolare ed ordinata. Se così non dovesse essere allora significa che alcuni apprendimenti precedenti non sono stati assimilati o le relazioni ambientali non sono soddisfacenti. Normalmente fin dall’inizio si noteranno delle differenze di scrittura tra bambino e bambino, a seconda delle abilità percettivo-motorie sviluppate e delle capacità individuali di adattamento a questo nuovo mezzo comunicativo. Sin dall’inizio dell’apprendimento si noterà quale peso abbia la stabilità emotivo-affettiva del bambino. Questa infatti è indispensabile sia per una buona organizzazione della pagina, sia per la precisione e il controllo dell’orientamento del movimento richiesto. Verso i nove anni circa si entra nel periodo della fase calligrafica, che proseguirà fino agli undici anni circa. Durante questo periodo il bambino cerca di scrivere in modo preciso. Si riscontra una maggior attenzione all’aspetto formale della scrittura, in quanto sono già superate le difficoltà grafomotorie. Ajuriaguerra nota che il tracciato dà l’impressione di un relativo equilibrio, una struttura formale, statica, ma soddisfacente per il bambino. Lentamente l’eccessiva pressione, caratteristica della fase precedente, lascia il passo alla velocità a mano a mano che il bambino si sente più sicuro e libero di esprimere la propria personalità anche attraverso questo nuovo strumento comunicativo. E’ proprio durante questa fase che si possono osservare i primi tentativi di pseudo-personalizzione della propria grafia. Attenzione Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 27
  • 28. però agli eccessivi tentativi di personalizzazione potrebbero celare delle reali difficoltà grafomotorie che il soggetto non sa come affrontare pertanto utilizza degli escamotage. Il mancato superamento di tali difficoltà certamente si tradurrà in una vera e propria disgrafia, sarà solo questione di tempo. La fase post-calligrafica ha inizio dalla preadolescenza. Durante questa fase la scrittura diviene più personalizzata e molto spesso accade che verso i 12 anni l‘equilibrio precedente, poiché non del tutto stabile, viene rimesso in crisi. Il suo superamento porterà all’acquisizione di una scrittura personale, soprattutto nei collegamenti interletterali, quali indici di buona integrazione dei meccanismi grafomotori. Non è difficile trovare delle scritture che a primo impatto sembrano originali o quantomeno diverse dal modello scolastico, ma se si osservano attentamente esse rivelano incertezze, tremolii, contorsioni e soluzioni che permettono di semplificare il tracciato evitando le difficoltà. La falsa personalizzazione raggiunta attraverso le strategie di evitamento delle difficoltà grafomotorie è sinonimo di futura disgrafia che dopo la prima o seconda elementare si manifesta palesemente poiché la maggior parte degli alunni ha raggiunto una sufficiente padronanza del gesto grafico e cominciano ad aumentare la velocità esecutiva. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 28
  • 29. I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLE DISGRAFIE. Fino ad ora abbiamo potuto vedere quali sono le aree cerebrali coinvolte nei processi cognitivi della lettura e scrittura, di seguito si desidera semplicemente menzionare quali siano invece i processi cognitivi attivati durante la scrittura. La scrittura di un testo implica diversi processi interagenti e complessi. Quando si scrive l’emisfero cerebrale preposto al linguaggio deve seguire un percorso preciso, durante il quale vengono attivate aree cerebrali e processi cognitivi differenti: 1. Prima di tutto è necessario decidere “cosa” si vuole scrivere. Per fare questo è necessario costruire una rappresentazione semantica del contenuto. 2. Successivamente dobbiamo decidere “come” vogliamo scrivere, come volgiamo costruire le frasi, quale forma useremo, quella indiretta o quella diretta, quella interrogativa, quella negativa, quali tempi dei verbi, ecc. Per fare questo sono richieste le abilità di tipo sintattico; 3. In ultimo è necessario passare alla scrittura delle parole, trovando la forma corretta per rappresentare attraverso i segni del testo i suoni della lingua parlata. In questo caso vengono applicate le abilità ortografiche. Comprendiamo moto bene perciò il grado di efficienza richiesto alle facoltà mentali ogni qual volta che ci accingiamo a scrivere un testo: immancabilmente dobbiamo usare questi passaggi che saranno impiegati in modi diversi a seconda del tipo specifico di attività che andremo a svolgere. Così, quando dovremo scrivere un testo libero, andremo ad impegnare le capacità di ideazione e di pianificazione a differenza di quando dobbiamo riassumere un testo, il cui compito principale è quello di trovare una forma concisa per esporre i contenuti. Scrivere sotto dettatura, invece, impegna principalmente nell’ultimo gradino del processi di scrittura: la rappresentazione per iscritto dei suoni delle parole. Oltre alla memoria fonologica delle parole nell’atto della scrittura sono molto utili la memoria visiva, la memoria semantica e la conoscenza lessicale, al fine di non sovraccaricare la stessa memoria fonologica. Queste sono solo alcune delle operazioni attentive, mestiche, linguistiche, altrimenti definite, con un'unica parola, cognitive che si devono compiere durante la scrittura. Occorre distinguere tre tipi di disturbi specifici dell’apprendimento che spesso sono strettamente connessi tra loro e molto frequentemente contemporaneamente presenti nei bambini disgrafici: la disgrafia, la disortografia, la dislessia. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 29
  • 30. LA DISORTOGRAFIA E LA DISELSSIA. Per quanto concerne la disortografia è utile dire che riguarda le difficoltà a livello ortografico, semantico e lessicale. In questo disturbo, gli errori interferiscono con il contenuto e saranno visibili anche se scritti chiaramente al computer. Le cause degli errori disortografici possono essere molteplici; alla stessa stregua, come abbiamo già visto, anche le operazioni implicate nella scrittura delle parole sono molteplici. Gli errori disortografici sono stati classificati in grandi categorie complementari tra loro, condivise da diversi ricercatori: 1. Ortografici fonologici: (pezzo>pesso – guaio>quaio - conforto>comporto) In questi casi si evidenzia la difficoltà di identificazione dei suoni delle parole dettate. 2. Ortografici non fonologici: sono determinati da una inesatta rappresentazione ortografica delle parole. (esempi: acqua – scuola ecc. ove è necessario memorizzare e conoscere le regole ortografiche); 3. Semantico-lessicali: l’elemento necessario per decidere come scrivere la parola è senza dubbio la conoscenza del significato all’interno della frase. (l’ente non può essere esatto se si riferisce alla velocità delle tartarughe.); 4. Di sostituzione: • per somiglianza fonologica (d-t; v-f; c-g; r-l) • per somiglianza morfologica (a-o; n-u) • per entrambe (n-m; b-d) 5. Di omissione: osservabili in qualunque posizione nella parola ma più frequentemente • nei diagrammi (foglia-folia); • posizione preconsonantica ( piangere-piagere); • nei dittonghi o nei gruppi vocalici ( fuoco-fuco); 6. Di aggiunta: inserimento di una lettera nella parola (gelato-gealato); 7. Singoli: un solo errore nella parola (farfalla-farvalla); 8. Multipli: più errori nella stessa parola, come due sostituzioni (farfalla-varvalla) o tre omissioni (farfalla-frala); 9. Misti: più errori dello stesso tipo nella parola, ad esempio due sostituzioni e una omissione (farfalla-varvala): 10. Errori realtivi agli accenti e alle “h”: ( vado ha casa – l’acqua e fredda) fanno comunque parte degli errori non fonologici. Tutti questi criteri sono utili per costruire una sorta di bilancio ortografico della scrittura del bambino e di conoscere meglio la tipologia delle sue difficoltà al fine di trovare il modo migliore per aiutarlo a correggersi. La dislessia, invece, si riferisce nello specifico ad una difficoltà riferibile alla lettura. Questa è una patologia molto specifica che investe esclusivamente la capacità di lettura anche se possono esservi associate altre difficoltà più o meno specifiche. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 30
  • 31. La dislessia dunque è una difficoltà di lettura che può essere più o meno grave a secondo del tipo di compromissione: • dalla semplice lentezza nel leggere anche con molto esercizio (data dalla mancata automatizzazione del processo stesso) • fino alla totale incapacità di decodificare i simboli scritti trasformarli in suoni (a volte non si riesce a leggere anche simboli numerici o di altro genere). Ovviamente nei casi più gravi questa difficoltà può essere anche fortemente invalidante, costringendo bambini cognitivamente adeguati ad abbandonare percorsi di studio scelti o inibendo le capacità di apprendimento e di conoscenza in modo significativo. Il disturbo colpisce in misura molto maggiore i maschi rispetto alle femmine (anche se non se ne sa il motivo) e spesso c'è una familiarità tanto da far pensare ad un deficit ereditario. Non se ne conoscono le cause ma si ipotizza un danno neurologico minimo, non riscontrabile con le indagini mediche tutt'ora a nostra disposizione. Viene individuato tra i 5 ed i 6 anni di età del bambino, anche se spesso le diagnosi sono tardive e ci si accorge di reali problemi anche in terza o quarta elementare. Le difficoltà che questi soggetti incontrano nella lettura sono abbastanza specifiche : • Omissioni di lettere; • Troncamenti di parole; • Difficoltà a riconoscere gruppi sillabici complessi gn, gh, gl, sc, ecc; • Difficoltà a leggere ed a pronunciare parole non familiari e poco utilizzate; • Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio: Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la p-b; d-q; u-n; a-e; b-d... Nel nostro alfabeto molte sono le coppie di fonemi che differiscono rispetto al loro orientamento nello spazio, per cui le incertezze e le difficoltà di discriminazione possono rappresentare un vero e proprio impedimento alla lettura; • Scarsa discriminazione di grafemi simili: Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi simili dal punto di vista articolatorio. Egli, ad esempio può confondere m-n; a-e; f-t; b-d..; • Scarsa discriminazione di grafemi omofoni: Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che corrispondono a fonemi simili. L’alfabeto è composto di due gruppi di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori che, tra loro risultano somiglianti, per cui, anche in questo caso l’incertezza percettiva può rappresentare un vero e proprio ostacolo alla lettura. Può confondere ad esempio: f-v; t-d; p-b; c-g; l-r; m-n; s-z...; • Difficoltà di decodifica sequenziale Leggere richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra - destra e dall’alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 31
  • 32. apprendimento della lettura, ma, con l’affinarsi della tecnica e con l’uso della componente intuitiva la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico ci troviamo di fronte, invece a un vero e proprio ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui si manifestano con elevata frequenza gli errori di seguito descritti: • Salti di parole e salti da un rigo all’altro Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura; • Inversioni di sillabe Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere li-il; la-al, ni-in; da-ad, per- pre, da-pa...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...). • Aggiunte e ripetizioni La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra - destra può dare origine anche ad errori di decodifica caratterizzati dall’aggiunta di un grafema o di una sillaba ( ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”...); • Prevalenza della componente intuitiva Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l’uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. Purtroppo l’intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento, ma, al tempo stesso, è fonte di errori. Questi bambini usano una strategia di lettura con aggancio prevalentemente semantico, vuol dire che per compensare le proprie difficoltà, la decodifica della prima parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba e dove non arrivano con la percezione e decodifica grafica fanno ipotesi e deduzioni logiche sulla parola che dovrebbe esserci scritta. La parola contenuta nel testo viene così ad essere spesso trasformata in un’altra di significato a volte affine, rimanendo così nel gruppo semantico corretto (es. leggono vestito al posto di gonna o poltrona al posto di divano), o addirittura completamente diverso. • Possibili ripercussioni sulla scrittura Difficoltà di copia dalla lavagna; Difficoltà di organizzazione spaziale sul foglio; Difficoltà grafo – motorie; Difficoltà ortografiche; • Possibili ripercussioni sull’apprendimento logico - matematico Difficoltà nella decodifica dei simboli numerici - Confusione di simboli numerici simili - Inversione di cifre; Difficoltà di decodifica del testo del problema; Difficoltà a gestire la sequenzialità nelle operazioni matematiche; Difficoltà ad organizzare lo spazio grafico; Difficoltà a memorizzare le tabelline. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 32
  • 33. Naturalmente chi è affetto da questa patologia può spesso avere delle grandi difficoltà nella comprensione del testo letto. La lentezza, gli errori che spesso alterano il senso del discorso, i salti di rigo o le ripetizioni nonché la tensione, lo sforzo e la concentrazione, poste solo sulle singole lettere e parole per riuscire a fare una decodifica mai automatizzata, fa sì che una volta finito il brano il bambino non sappia cosa ha letto. In associazione a tale patologia possono esserci problemi psicomotori che si esprimono in difficoltà nella definizione della lateralità corporea (la dominanza di un emilato del corpo rispetto ad un altro) o in una lateralità mista (ad esempio dominanza dell'occhio dx, della mano sin e del piede dx) goffagine, maldestrezza, problemi spaziali, o spazio-temporali. Tra gli altri disturbi di apprendimento quello che maggiormente si può riscontrare in concomitanza alla dislessia è la disgrafia. Inevitabilmente questa difficoltà nel riconoscimento della giusta sequenza dei suoni e dei grafemi si riversa direttamente anche sull’andamento grafico della scrittura. L'intervento tempestivo di uno specialista è fondamentale per ridurre se non risolvere completamente il disturbo e per non creare un divario troppo grande tra comprensione e capacità di apprendimento che come si è già detto crea grandi disagi emotivi . Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 33
  • 34. LA DISGRAFIA. E’ possibile asserire che la scrittura è la risultanza dell’ espressione di svariate attività cerebrali, quali quelle del linguaggio, visive, uditive e motorie, inoltre, essa è in grado di rendere manifeste eventuali anomalie delle aree del sistema nervoso interessate a tali attività. La disgrafia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che si manifesta con la difficoltà nella riproduzione sia di segni alfabetici che di quelli numerici. Riguarda esclusivamente il grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche. Ovviamente influisce negativamente anche su quest’ultime acquisizioni in quanto il soggetto disgrafico spesso non è in grado di rileggere e di autocorreggere il testo da lui stesso scritto. Il termine disgrafia si riferisce a una scrittura che presenta caratteristiche particolari che esprimono la difficoltà di apprendimento, che riguardano, secondo J. De Ajuriaguerra, ogni bambino che presenta una scrittura carente da un punto di vista qualitativo, senza che alcun deficit neurologico o intellettivo giustifichi tale anomalia. Secondo J. Peugeot la disgrafia è un’anomalia del movimento corsivo, della condotta del tratto che si ritraduce soprattutto in difficoltà di coordinamento, irregolarità nelle spaziature, malformazioni e discordanze di ogni tipo unite spesso a tratto di pessima qualità. In aggiunta a questi assunti di base S. Borel Maisonny afferma inoltre che la disgrafia rappresenta una incapacità di percepire le forme e le dimensioni reali delle lettere da riprodurre, nonché una mancanza di orientamento spaziale. Qui di seguito vengono riportate le caratteristiche maggiormente riscontrabili in un soggetto disgrafico: • una cattiva disposizione dei segni nello spazio grafico; • un andamento lento e faticoso; • improvvisi cambiamenti di direzione; • collegamenti fra lettere troppo lunghi; • lettere malformate; • lettere di dimensione diversa, cioè troppo piccole o troppo grandi con andamento irregolare, disarmonico; • la scrittura presenta maldestrezza varie ed è difficilmente leggibile; • notevoli difficoltà di copiatura: il bambino disgrafico presenta infatti notevole difficoltà nello spostare lo sguardo dalla lavagna al foglio e riprodurre dunque le lettere sul quaderno; • disuguaglianza ritmica che si manifesta con tratti scritti con eccessiva velocità ed altri con estrema lentezza. ecc.. La disgrafia compromette la forma del messaggio scritto e rende quasi impossibile l’interpretazione dei segni, è un problema prevalentemente di forma. I criteri per riconoscere una scrittura di tipo disgrafici si basano su alcuni specifici parametri: • velocità di scrittura; Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 34
  • 35. pressione (debole, eccessiva) esercitata sul foglio; • tendenza alla macro o micrografia; • discontinuità nel gesto (presenza di interruzioni); • ritocchi dei segni già vergati; • direzione della scrittura; • andamento della scrittura: in senso orario anziché antiorario, occupazione dello spazio nel foglio: • collegamenti inesatti; • eccessiva o insufficiente distanza tra le parole. Esempi di scritture marcatamente disgrafiche. Tratte da A. Biancardi e G. Milano, “Quando un bambino non sa leggere”. Ragazzo di 12 anni. Testo mal organizzato ed in alcune parti illeggibile. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 35
  • 36. Non sempre è facile stabilire quando un bambino con una brutta scrittura abbia una difficoltà specifica. Da un certo punto di vista la disgrafia è difficile da rilevare. Diversi sono i bambini che scrivono con una brutta calligrafia, eppure spesso si ritiene che a determinarla siano fattori estranei ai disturbi specifici di apprendimento. A questo si aggiunge il fatto che molto frequentemente il bambino disgrafico non solo scrive male ma soffre di disortografia e dislessia, perciò il rilevamento della disgrafia risulta essere ancora più complesso. Pertanto, se il corpo docente adottasse una modalità diversa di insegnamento della scrittura certamente si potrebbe assistere ad una diminuzione della probabilità di riscontro di disgrafia nella scrittura del bambino. Resta il fatto che il problema è determinare e distinguere le cause dagli effetti della disgrafia. Questo ci suggerisce che è indispensabile fare attenzione se il bambino in condizioni diverse riscontra le stesse difficoltà, oppure se in altre situazioni il testo risulta essere chiaro. In questo caso è probabile che la sua scrittura disgrafica sia da attribuire a variabili di contesto non collegabili ad una vera patologia. Le variabili di contesto da considerare sono di tre tipi: • soggettive: il suo stato emotivo, resistenza alla fatica, esercizio e abitudine allo scrivere; • relative al materiale: è necessario considerare la superficie su cui scrive (foglio bianco, a righe, a quadretti, ecc.) e lo strumento utilizzato; • relative alle situazioni: è molto importante sapere se il testo è stato scritto un situazioni anomale come ad esempio sotto dettatura troppo veloce rispetto alle proprie capacità, (può esserci notevole differenza tra testi dettati e quelli con scrittura spontanea). Solitamente di fronte a ragazzi che presentino tali caratteristiche, si prende coscienza del problema, ma si tende a considerare il tutto come una difficoltà transitoria che si risolverà spontaneamente. Lasciato in questa situazione, il bambino continuerà a ripetere gli stessi errori e, accorgendosi di non migliorare, si sentirà sempre più sfiduciato ed incapace. Oggigiorno la disgrafia è un disturbo in continuo aumento, da un'indagine effettuata, sembra che il 15% dei ragazzi dai sette ai dieci anni risulti affetto da disturbo. Non tutti sanno, invece, che questo disturbo può essere superato con un programma di recupero specifico messo in essere da operatori qualificati che lavorano in collaborazione con la scuola; A tale proposito è molto utile sapere che nel caso in cui si sospetti che il bambino possa soffrire di difficoltà specifiche di scrittura è fondamentale rivolgersi al consulente grafologo, al fine di appurare se tale problema sia dovuto ad un semplice disturbo disgrafico o le problematiche siano più profonde e gravi. Attivandoci per tempo diamo al bambino la possibilità di non perdere la fiducia nelle proprie capacità scolastiche, e qualora sia necessario, iniziare prima dell’aggravarsi del disturbo una rieducazione della scrittura, o grafoterapia, che è di più di una semplice rieducazione motoria. Infatti, la grafoterapia prevede la rieducazione fisico-muscolare, la rieducazione del gesto grafico ed esercizi di prescrittura. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 36
  • 37. Spesso la disgrafia può essere individuata attraverso l'esame della scrittura molto tempo prima che si renda drasticamente manifesta, con l’immancabile rischio di compromettere l’andamento scolastico e psicologico del soggetto. Vediamo ora nei dettagli come si manifesta la disgrafia e quali sono i principali elementi di riconoscimento: • Posizione e prensione: il bambino disgrafico oltre ad avere una scrittura irregolare è palesemente evidente che la mano scorre con fatica sul piano di scrittura e l’impugnature del mezzo scrittorio è spesso scorretta. Stessa stregua è per la posizione del corpo assunta durante l’attività grafica, la maggior parte delle volte è inadeguata: il gomito non poggia sul tavolo, il busto è eccessivamente inclinato e frequentemente la mano non scrivente non viene utilizzata o viene utilizzata in modo errato. Essa, infatti, anziché essere utilizzata nella sua funzione vicariante al fine di tener fermo il quaderno viene utilizzata per giocherellare con i vari oggetti presenti sul banco; • Orientamento nello spazio grafico: si evidenzia un’incapacità di utilizzo dello spazio grafico, il bambino non possiede adeguati riferimenti per orientarsi questo gli impedisce di rispettare i margini del foglio, ha la tendenza a lasciare spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole, non segue il rigo di base scrivendo con modalità ascendente e discendente rispetto alla linea di scrittura. • Pressione sul foglio: si riscontra una pressione decisamente variabile e non adeguatamente regolata. Essa a volte è talvolta troppo forte, il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno e, talvolta è troppo debole. In questi casi spesso siamo di fronte ad una paratonia, ossia un’alterazione in eccesso o in difetto del tono muscolare. Sono frequenti, inoltre, anche le sincinesie, cioè atti motori in eccesso o non adeguatamente implicati nell’attività grafica; • Direzione del gesto grafico: spesso si notano delle inversioni nella direzione del gesto grafico, sia per quel che riguarda i singoli grafemi che nella scrittura autonoma la quale a volte procede da destra verso sinistra; • Caratteristiche delle produzioni e riproduzioni grafiche:si evidenziano notevoli difficoltà di riproduzione grafica di figure geometriche che spesso sono disegnate con gli angoli “stondati” o con forme non del tutto chiuse. Il livello di sviluppo del disegno risulta inadeguato all’età e la riproduzione di oggetti o la copia di immagini risulta essere molto approssimativa con particolari scarsamente differenziati; • Caratteristiche dell’esecuzione di copie: la copia delle parole o delle frasi è spesso scorretta. Frequenti sono le inversioni del gesto e gli errori dovuti a scarsa coordinazione oculomanuale ossia l’incapacità o la difficoltà di seguire con lo sguardo il proprio gesto grafico. La copia dalla lavagna risulta essere ancor più difficoltosa poiché il bambino deve compiere diversi compiti contemporaneamente: distinzione della parola, spostamento dello sguardo e riproduzione dei grafemi; Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 37
  • 38. Dimensioni dei grafemi: è presente uno scarso rispetto delle dimensioni delle lettere che vengono riprodotte o troppo piccole o troppo grandi spesso in modo alternato; • Unione dei grafemi: il collegamento tra le lettere risulta essere palesemente inadeguato a causa sia della scarsa coordinazione oculomanuale che della inadeguata posizione assunta dal bambino. • Ritmo grafico: risulta molto evidente un’alterazione del ritmo di scrittura: troppo veloce o troppo lenta, mentre la mano del bambino esegue movimenti a “scatti”, senza armonia e con frequenti interruzioni del gesto grafico. Abilità di base particolarmente compromesse: • Difficoltà grafo-motorie; • Difficoltà di orientamento e integrazione spazio-temporale: • Difficoltà di coordinazione oculomanuale e di coordinazione dinamica generale; • Dominanza laterale non adeguatamente acquisita; • Difficoltà nella discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale. Tutto ciò rende spesso la scrittura incomprensibile al soggetto stesso, il quale non può quindi neanche individuare e correggere eventuali errori ortografici. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 38
  • 39. CAUSE DELLA DISGRAFIA. Numerose sono le cause della disgrafia e possono essere individuate attraverso l’osservazione clinica e una serie di esami e test specifici. L’elenco sotto riportato è stato indicato da diversi studiosi quali J de Ajuriaguerra (1971), R. Olivaux (1988), S. Borel Maisonny (1966), M. Pratelli (1995), D. Placidi (1997). E’ necessario ricordare, quando abbiamo di fronte una scrittura disgrafica, che spesso le cause sono la conseguenza di altri problemi, in quanto esiste una stretta correlazione tra motricità e affettività e che, inoltre, l’essere umano è un mondo unico di interazioni dinamiche ed in continuo cambiamento. Di seguito vengono brevemente elencate alcune delle cause principali: • Carenze nelle abilità di base: Questa tipologia di cause si manifestano quando il bambino presenta carenze nei prerequisiti necessari per l’apprendimento della scrittura, come ad esempio: • Nella percezione; • Nell’organizzazione spaziale e temporale; • Nella conoscenza dello schema corporeo; • Nella coordinazione motoria. • Assenza di motivazione: Uno dei prerequisiti di base per apprendere con facilità è la motivazione. Il bambino infatti quanto più è motivato a scrivere, a comunicare ad esprimersi per mezzo del linguaggio e della scrittura tanto più riesce ad assimilare con efficacia le regole e le conoscenze necessarie. • Condizioni socio-ambientali: L’ambiente deve stimolare l’interesse nei confronti delle attività scolastiche e offrire una motivazione adeguata nei confronti della scuola e della scrittura. • Motricità, rapporto corpo-spazio: Una scarsa conoscenza dello schema corporeo si ripercuote in una carenza del senso dello spazio e del tempo ed in una cattiva organizzazione spaziale. Le difficoltà motorie per quanto riguarda sia della posizione che dei movimenti degli arti particolarmente delle dita o del polso rendono difficoltoso l’atto grafico, producendo tensioni, spasmi, crampi, che possono essere accompagnati da dolori nell’aumento della velocità. Anche i difetti di vista e udito creano difficoltà di scrittura. La stessa cattiva gestione della pressione incide negativamente sul risultato dello scritto, se troppo forte causa difficoltà nella progressione del gesto diversamente se troppo debole impedisce il controllo del gesto. Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 39
  • 40. Lateralità non ben definita o contrariata: Può accadere che quando il bambino accede alle scuole elementari non si sia ancora ben definita la dominanza laterale. Questo può determinare delle conseguenze negative sullo sviluppo della motricità fine e sull’apprendimento. Diagnosticare una lateralità contrariata sembra facile anche se spesso non rappresenta la sola causa della disgrafia, non di rado ci possono essere delle cause molto più profonde perciò meno palesi. • Problemi relazionali e nella comunicazione: Difficoltà relazionali, inserimento poco sereno nell’ambiente scolastico possono influire negativamente nella comunicazione sia verbale che scritta, creando nel bambino una vera e propria avversione ed in alcuni casi addirittura la grafofobia. La disgrafia di tipo reattivo potrebbe rappresentare una modalità di comunicazione di disagio nei confronti di quegli insegnanti che spesso muovono involontariamente critiche nei confronti della scrittura e del comportamento del bambino. • Disturbi nel linguaggio: Questo disturbo può essere causato da ritardo nell’apprendimento del linguaggio, difficoltà nella simbolizzazione e nella comprensione del lessico. Difficoltà grafomotorie possono essere collegate ad afasia (disturbo del linguaggio), disartria (disturbo delle componenti motorie), disfonia (difficoltà dei processi fonetici). • Problematiche affettive: Carenze affettive, situazioni ansiogene e di forte tensione, scarsa autostima di sé, senso di abbandono o impotenza sono tutti fattori che possono incidere negativamente sulla motricità fine e quindi sulla scrittura. A volte la disgrafia permette ai genitori di spostare la propria attenzione ed azione verso ciò che spesso rappresenta solo una conseguenza ai reali conflitti e disagi affettivi, adottando così il meccanismo di difesa definito spostamento. • Problemi di ordine intellettivo: Ovviamente qualora ci siano capacità intellettive anche lievemente compromesse l’acquisizione della scrittura ne risentirebbe, ma anche lo sviluppo motorio inadeguato, nei ragazzi intelligenti, dovuto a situazioni di disagio, problemi affettivi o relazionali può incidere nell’apprendimento. • Cause legate al temperamento: Diverse sono le cause legate al temperamento che impediscono sul buon ed efficace apprendimento della scrittura fino a compromettere definitivamente l’andamento scolastico e Cristina Sabbadini – Consulente Grafologa. Specialista in orientamento scolastico professionale. Rieducatrice della scrittura. 40