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10/2012




              VINI BIOLOGICI E VINI SENZA SOLFOROSA, E'
CENTO
              ARRIVATA LA NORMATIVA. CENTO VIGNE ITALIA
VIGNE
ITALIA
              NE PARLA CON CLAUDIO CARNEMOLLA,
              PRESIDENTE DI FEDERBIO




         Intervista con il Presidente di FederBio | Vino Biologico
N
         el corso di un recente Convegno sui Vini Biologici (“Vini biologici e vini senza solforosa”, convegno
         conclusivo del progetto “Sviluppo e trasferimento di sistemi innovativi di produzione per la
         qualità e salubrità dei vini dei Castelli Romani” promosso dalla Federazione grazie al contributo
della Regione Lazio e all’apporto scientifico dell’Università della Tuscia) organizzato da FederBio che si e'
tenuto al SANA di Bologna nel mese di Settembre 2012, si e' parlato del nuovo Regolamento CEE 203/2012
che fa chiarezza definitiva sulla definizione di vino biologico anche in Italia. Nel nostro paese c'e' grande
attenzione al biologico ma per quanto riguarda il vino, i Consumatori sono restii all'acquisto. Lo ha
evidenziato Federico Fazzuoli nel corso del Convegno della FederBio e lo ha confermato una nostra recente
ricerca di mercato condotta su un campione demoscopico di circa 500 soggetti. Noi di Cento Vigne Italia
siamo venuti nella Sede nazionale di FederBio a parlare di vino biologico con il Presidente della Federazione
Paolo Carnemolla.

D:Presidente Carnemolla, quando e' nata FederBio e come si relaziona ai Produttori italiani di vino biologico
e biodinamico?

R:FederBio e' la Federazione settore più rappresentativa del settore biologico e biodinamico, nata nel 2005
quando abbiamo deciso di federare appunto tutte quelle che sono le associazioni del settore. Quindi
abbiamo le Associazioni dei Produttori (in UPBIO) che oggi sono circa 35 tra Organizzazioni dei Produttori e
Associazioni nazionali e regionali, Associazioni del settore trasformazione e distribuzione, Organismi di
certificazione, Settore servizi, quindi chi fa mezzi tecnici piuttosto che Fiere, Comunicazione, Associazioni di
Consumatori e, ultime arrivate, anche le Associazioni di Tecnici e Ispettori del biologico. Siamo quindi la
'casa comune' del biologico e biodinamico italiano.

D: Qual'e' stata la reazione dei Produttori italiani di biologico e biodinamico all'avvento della Federazione?

R: E' stata dura, sopratutto all'inizio, mettere insieme molti soggetti con capacità molto ridotte dal punto di
vista delle rappresentanze, delle risorse e dell'efficacia con operatività locale e abituati ad agire
individualmente. E’ stato impegnativo far comprendere che bisognava stare in un contenitore più ampio
dove ci sono anche quelli che legittimamente, nel quotidiano, sia per un fatto commerciale che per altri
motivi, magari sono dalla parte opposta. Un ultimo passo fatto in questo senso è stata la costituzione di
UpBio, Unione Nazionale dei Produttori biologici e biodinamici italiani, che sostanzialmente è la nostra
sezione Soci Produttori: si sono raggruppate tutte le Associazioni di Produttori nazionali e regionali.
L'Unione si e' data uno statuto e una sua autonomia come previsto dallo Statuto della Federazione e quindi
adesso siamo alla fase due; c’è un'assemblea la prossima settimana e stiamo cercando di far crescere
questa componente perché anche nel biologico come nell'agricoltura tradizionale, il punto debole del
settore sono sempre i Produttori agricoli

D: Parliamo del Consumatore. Noi abbiamo recentemente pubblicato su vari Social Network una ricerca di
mercato che ha dimostrato l'enorme disinformazione dei Consumatori tra vino biologico e vino biodinamico.
Ci può spiegare in due parole la differenza?

R: Per il biologico, fino all'uscita del regolamento, esisteva un limite di norma che consentiva di etichettare
'vino prodotto con uve biologiche', con difficoltà nella valorizzazione del prodotto, per la provenienza delle
uve da vigneto bio senza poter dir nulla sul lavoro fatto in cantina. Per la produzione biodinamica,è stato
fatto sin da subito un percorso intero di valorizzazione del prodotto. Adesso possiamo finalmente
cominciare a dire che il vino e' biologico non solo perche' le uve sono bio ma perche' c'e' anche il lavoro in
cantina certificato.

D: E' questo lo prevede il Regolamento 203/2012. Parliamo di una norma comunitaria?

R: Assolutamente sì. Tenete presente che c'e' un equivoco sul quale il nostro Ministero sta purtroppo
inciampando da mesi perché in realtà il vino è sempre stato nel campo dell'applicazione della normativa
comunitaria fin dal 1991 tant'è che si è sempre certificato e etichettato vino prodotto da uve biologiche, ma
l'unica cosa che ci ha impedito di etichettare con la dicitura “biologico” il prodotto finito era che l'allegato
tecnico che riguardava la fase di cantina, quindi i prodotti da impiegare nella trasformazione, non si
applicava a vini da uve . Si applicava quindi paradossalmente ai vini da frutta che vanno di moda in Nord
Europa ma non ai vini da uve. Con il regolamento 2030/2012 si è finalmente fatta chiarezza per cui il vino,
che è sempre stato un prodotto certificabile, adesso è certificabile in tutta filiera. Quindi la differenza vera
è che dallo scorso agosto il Produttore può usare il marchio europeo con la fogliolina verde e soprattutto lo
può etichettare vino biologico

D: Quindi la 203/2012 non fa più differenza tra vino biologico e biodinamico

R: La differenza sul regolamento non esiste nel senso che la normativa europea riguarda il prodotto
biologico, quindi un prodotto biodinamico se vuole essere venduto nel circuito bio europeo deve chiamarsi
comunque biologico. Dopodiché il Produttore può farlo certificare come biodinamico, per entrare nel
circuito commerciale Demeter. Il termine che viene protetto dal regolamento 203 e' 'biologico' e non
biodinamico.

D: Nel corso del Convegno FederBio al Sana di Bologna sui vini biologi abbiamo sentito che già ci sono
malumori tra i Produttori italiani perché molti di loro ritengono la norma troppo permissiva. Lei cosa ne
pensa?

R: Sicuramente è vero per ciò che riguarda il versante dell'anidride solforosa. L'Italia ha portato avanti una
battaglia molto lunga e, secondo me, eccessivamente dispendiosa ed onerosa perché avere portato casa
una piccola riduzione sulle percentuali di solforosa da utilizzare, ci ha poi precluso di portare a casa alcune
sostanze come l'isozima che avrebbero consentito di lavorare per ridurre realmente i solfiti e sicuramente il
risultato finale scontenta tutti quelli che fino ad oggi sono sotto quei limiti o che addirittura stanno
cercando di produrre un vino completamente privo di solfiti. Dobbiamo però sempre considerare che
questa è una norma europea dentro la quale possono perfettamente convivere scelte commerciali o etiche
di posizionamento di mercato che si collocano su ambiti diversi di qualità.

D: Quindi una sorta di sottoregolamentazione

R: SI. L’obiezione è che un vino , prodotto senza solfiti o comunque modo ottenuto in maniera più coerente
con i principi del biologico può essere etichettato allo stesso modo di quello che semplicemente rispetta i
limiti del regolamento. Io rispondo che questo è vero ma non ci sono alternative se stiamo nell’ambito di
una normative europea, è il Produttore che deve fare la differenza e deve comunicare i valori e i plus del
suo vino. il consumatore che sceglie bio non lo fa solo per la presenza del logo europeo, è guidato da altre
motivazioni ed è abituato a leggere le etichette e a informarsi.
D: La nostre ricerca di mercato sui vini bio ha messo il luce che il Consumatore e' sensibile all'eliminazione
dei pesticidi per la coltivazione della vite ma ha le idee poco chiare sull'utilizzo dell'anidride solforosa ed i
suoi effetti sull'organismo

R: Sul tema dei pesticidi il Consumatore non si rende conto che al di là della bassa presenza del singolo
principio attivo, il vino è uno di quei prodotti dove più si trova maggiore presenza di più principi attivi e
nessuno ha mai studiato fino ad oggi quale può essere l'effetto combinato di queste sostanze. Quindi in
realtà, uno dei principali elemento qualificanti del vino biologico l’assenza di residui mentre in certi vini
convenzionali troviamo dei cocktail abbastanza preoccupanti di residui di pesticidi. La solforosa: Premetto
che non si usa esclusivamente nei vini. Il Consumatore lo associa al vino perché l'anidride solforosa è un
prodotto tipicamente legato all'enologia ma probabilmente se sapesse in quanti altri alimenti viene
impiegata come conservante o anche solo per motivi estetici se ne preoccuperebbe assai di più. Esiste
infatti una dose massima giornaliera raccomandata e quindi siamo nel classico caso in cui il Consumatore
non è nemmeno messo nelle condizioni di sapere se il suo consumo complessivo è sopra o sotto la soglia,
perché non è in grado di fare la somma e non basta conteggiare quella solo quella nel vino per dire al
Consumatore: stai tranquillo. Invece è impiegata in moltissimi altri prodotti e quindi ci vorrebbe molta più
informazione verso il Consumatore senza penalizzare il solo consumo di vino.

D: Una domanda più da enologo: Si può eliminare completamente la solforosa dal vino e se sì, come si può
garantirne l'invecchiamento?

R: Io sono Agronomo, non sono un enologo, Dal nostro progetto abbiamo potuto vedere all’opera piccole
Aziende a volte familiari, a volte poco strutturate dal punto di vista tecnologico, produrre un vino buono
che si conserva senza solforosa. Per fare questo ci vuole un'ottima gestione del prodotto dalla campagna,
della raccolta, di tutte le fasi di vinificazione con delle tecnologie di buon livello e con l’assistenza di un
enologo esperto e formato. certamente non si tratta di un percorso facile, non e' sicuramente un percorso
per tutti e c'e' ancora molto da lavorare. Con questa prima esperienza di due anni di lavoro grazie
all’apporto scientifico dell’Università della Tuscia e alla disponibilità di alcuni produttori della zona dei
Castelli Romani, direi abbiamo raggiunto risultati buoni ma sicuramente non definitivi.

L'alternativa esistente sono tecnologie estremamente costose che garantiscono la quasi assenza di
ossigeno con costi però elevatissimi. Paradossalmente è' più facile ottenere un vino senza solforosa
totalmente industriale e lo è molto meno se questo vino viene prodotto da aziende bio locali. E' una
contraddizione che abbiamo dovuto gestire perché c’era il rischio che una normativa eccessivamente
limitante sull’impiego dei solfiti mettesse fuori mercato proprio i piccoli produttori bio.

D: Passiamo alla domanda forse piu' pregnante e quella che riguarda l'atteggiamanto del Consumatore che
appare interessato e sensibile al mondo del vino biologico ma non acquista questi vini con frequenza.
Federico Fazzuoli nel corso del Convegno Sana della FederBio sui vini biologici ha affermato che il
Consumatore esprime dubbi sulle caratteristiche organolettiche di molti vini biologici. Questo
atteggiamento e' sto confermato dalla nostra ricerca. Che consiglio si sente di dare ai Produttori di vino bio?

R: Innanzi tutto di stare sempre molto attenti anche alla qualita'. Per molto tempo chi produceva vino
biologico si e' accontentato di garantire il metodo di produzione indipendentemente , per certi versi, dal
risultato finale del prodotto e certe volte il vino era ai limiti della bevibilita' e questo puo' andare bene forse
per un consumatore molto determinato e molto convinto ma non per chi vuole bere un vino buono se non
eccellente, oltre che bio. Non si puo' pensare di conquistare un mercato 'normale' con un prodotto che non
e' accettabile dal punto di vista del gusto, oltetutto in un Paese come l'Italia dove di vini eccellenti ne
abbiamo moltissimi. Quindi e' totalmente illusorio pensare che un vino biologico si venda solo perche' e'
biologico. Questa e' purtroppo una abitudine mentale che molti Produttori hanno avuto e che va
sgombrata assolutamente. Ci vuole non solo la passione e la certificazione ma anche l'enologo in cantina, ci
vogliono gli investimenti e tutta l'attenzione per poter produrre un buon vino. E' quindi il Produttore che si
deve avvicinare al Consumatore e non viceversa sopratutto se pensiamo che oggi anche il mondo del vino
convenzionale sia sulla sostenibilita' del vigneto, sia che sull'uso della So2 sta facendo dei progressi e quindi
si trovano vini 'convenzionali' senza solforosa, con la differenza che questi sono vini che hanno
un'attenzione verso la qualita' che a volte i Produttori biologici e biodinamici non hanno.

D: L'ultima domanda riguarda la distribuzione: Cosa si puo' consigliare ai Produttori di vino biologico per
cio' che riguarda la strategia di comunicazione che noi vediamo 'comune' perche' i piccoli Produttori non
possono arrivare all'obiettivo da soli e quali sono i consigli in materia di distribuzione?

R: Sul tema della comunicazione sono assolutamente d'accordo, tante' che sui progetti su cui abbiamo
discusso al Sana e che vorrebbe portare avanti FederBio abbiamo tentato di presentare un primo progetto
di promozione il bando nazionale dell' OCM vino scaduto lo scorso settembre di mettere insieme numeri
adeguati senza però riuscirci. Forse era troppo presto, tuttavia il messaggio che vogliamo dare è che
bisogna fare rete, bisogna condividere strategie, stumenti e risorse a dimensione nazionale, eventualmente
istituendo a livello nazionale un Consorzio o comunque una rete di imprese che si dedica alla tutela ed alla
promozione del vino bio anche a livello internazionale. Su questo FederBio e' assolutamente disponibile a
fare da collettore e catalizzatore per l’avvio di questa iniziativa anche perchè parliamo di Aziende che
hanno una specificità produttiva e di mercato che le vede bene in un contenitore dedicato. La seconda
indicazione è quella di lavorare sull'estero e questo aspetto è, a maggior ragione, da affrontare insieme
piuttosto che singolarmente. In questo momento il mercato più interessante per il vino biologico è quello
estero, non solo i mercati tradizionali come la Germania e gli Stati Uniti ma penso alla Cina ed altri paesi che
si stanno aprendo molto al consumo del vino in generale e che vedono il biologico come un’eccellenza.



L'intervista e' stata realizzata presso la Sede Nazionale della FederBio a Bologna nel mese di Settembre
2012

Per informazioni: Cento Vigne Italia, Gian Piero Staffa gpstaffa@centovigneitalia.it

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  • 2. N el corso di un recente Convegno sui Vini Biologici (“Vini biologici e vini senza solforosa”, convegno conclusivo del progetto “Sviluppo e trasferimento di sistemi innovativi di produzione per la qualità e salubrità dei vini dei Castelli Romani” promosso dalla Federazione grazie al contributo della Regione Lazio e all’apporto scientifico dell’Università della Tuscia) organizzato da FederBio che si e' tenuto al SANA di Bologna nel mese di Settembre 2012, si e' parlato del nuovo Regolamento CEE 203/2012 che fa chiarezza definitiva sulla definizione di vino biologico anche in Italia. Nel nostro paese c'e' grande attenzione al biologico ma per quanto riguarda il vino, i Consumatori sono restii all'acquisto. Lo ha evidenziato Federico Fazzuoli nel corso del Convegno della FederBio e lo ha confermato una nostra recente ricerca di mercato condotta su un campione demoscopico di circa 500 soggetti. Noi di Cento Vigne Italia siamo venuti nella Sede nazionale di FederBio a parlare di vino biologico con il Presidente della Federazione Paolo Carnemolla. D:Presidente Carnemolla, quando e' nata FederBio e come si relaziona ai Produttori italiani di vino biologico e biodinamico? R:FederBio e' la Federazione settore più rappresentativa del settore biologico e biodinamico, nata nel 2005 quando abbiamo deciso di federare appunto tutte quelle che sono le associazioni del settore. Quindi abbiamo le Associazioni dei Produttori (in UPBIO) che oggi sono circa 35 tra Organizzazioni dei Produttori e Associazioni nazionali e regionali, Associazioni del settore trasformazione e distribuzione, Organismi di certificazione, Settore servizi, quindi chi fa mezzi tecnici piuttosto che Fiere, Comunicazione, Associazioni di Consumatori e, ultime arrivate, anche le Associazioni di Tecnici e Ispettori del biologico. Siamo quindi la 'casa comune' del biologico e biodinamico italiano. D: Qual'e' stata la reazione dei Produttori italiani di biologico e biodinamico all'avvento della Federazione? R: E' stata dura, sopratutto all'inizio, mettere insieme molti soggetti con capacità molto ridotte dal punto di vista delle rappresentanze, delle risorse e dell'efficacia con operatività locale e abituati ad agire individualmente. E’ stato impegnativo far comprendere che bisognava stare in un contenitore più ampio dove ci sono anche quelli che legittimamente, nel quotidiano, sia per un fatto commerciale che per altri motivi, magari sono dalla parte opposta. Un ultimo passo fatto in questo senso è stata la costituzione di UpBio, Unione Nazionale dei Produttori biologici e biodinamici italiani, che sostanzialmente è la nostra sezione Soci Produttori: si sono raggruppate tutte le Associazioni di Produttori nazionali e regionali. L'Unione si e' data uno statuto e una sua autonomia come previsto dallo Statuto della Federazione e quindi adesso siamo alla fase due; c’è un'assemblea la prossima settimana e stiamo cercando di far crescere questa componente perché anche nel biologico come nell'agricoltura tradizionale, il punto debole del settore sono sempre i Produttori agricoli D: Parliamo del Consumatore. Noi abbiamo recentemente pubblicato su vari Social Network una ricerca di mercato che ha dimostrato l'enorme disinformazione dei Consumatori tra vino biologico e vino biodinamico. Ci può spiegare in due parole la differenza? R: Per il biologico, fino all'uscita del regolamento, esisteva un limite di norma che consentiva di etichettare 'vino prodotto con uve biologiche', con difficoltà nella valorizzazione del prodotto, per la provenienza delle uve da vigneto bio senza poter dir nulla sul lavoro fatto in cantina. Per la produzione biodinamica,è stato fatto sin da subito un percorso intero di valorizzazione del prodotto. Adesso possiamo finalmente
  • 3. cominciare a dire che il vino e' biologico non solo perche' le uve sono bio ma perche' c'e' anche il lavoro in cantina certificato. D: E' questo lo prevede il Regolamento 203/2012. Parliamo di una norma comunitaria? R: Assolutamente sì. Tenete presente che c'e' un equivoco sul quale il nostro Ministero sta purtroppo inciampando da mesi perché in realtà il vino è sempre stato nel campo dell'applicazione della normativa comunitaria fin dal 1991 tant'è che si è sempre certificato e etichettato vino prodotto da uve biologiche, ma l'unica cosa che ci ha impedito di etichettare con la dicitura “biologico” il prodotto finito era che l'allegato tecnico che riguardava la fase di cantina, quindi i prodotti da impiegare nella trasformazione, non si applicava a vini da uve . Si applicava quindi paradossalmente ai vini da frutta che vanno di moda in Nord Europa ma non ai vini da uve. Con il regolamento 2030/2012 si è finalmente fatta chiarezza per cui il vino, che è sempre stato un prodotto certificabile, adesso è certificabile in tutta filiera. Quindi la differenza vera è che dallo scorso agosto il Produttore può usare il marchio europeo con la fogliolina verde e soprattutto lo può etichettare vino biologico D: Quindi la 203/2012 non fa più differenza tra vino biologico e biodinamico R: La differenza sul regolamento non esiste nel senso che la normativa europea riguarda il prodotto biologico, quindi un prodotto biodinamico se vuole essere venduto nel circuito bio europeo deve chiamarsi comunque biologico. Dopodiché il Produttore può farlo certificare come biodinamico, per entrare nel circuito commerciale Demeter. Il termine che viene protetto dal regolamento 203 e' 'biologico' e non biodinamico. D: Nel corso del Convegno FederBio al Sana di Bologna sui vini biologi abbiamo sentito che già ci sono malumori tra i Produttori italiani perché molti di loro ritengono la norma troppo permissiva. Lei cosa ne pensa? R: Sicuramente è vero per ciò che riguarda il versante dell'anidride solforosa. L'Italia ha portato avanti una battaglia molto lunga e, secondo me, eccessivamente dispendiosa ed onerosa perché avere portato casa una piccola riduzione sulle percentuali di solforosa da utilizzare, ci ha poi precluso di portare a casa alcune sostanze come l'isozima che avrebbero consentito di lavorare per ridurre realmente i solfiti e sicuramente il risultato finale scontenta tutti quelli che fino ad oggi sono sotto quei limiti o che addirittura stanno cercando di produrre un vino completamente privo di solfiti. Dobbiamo però sempre considerare che questa è una norma europea dentro la quale possono perfettamente convivere scelte commerciali o etiche di posizionamento di mercato che si collocano su ambiti diversi di qualità. D: Quindi una sorta di sottoregolamentazione R: SI. L’obiezione è che un vino , prodotto senza solfiti o comunque modo ottenuto in maniera più coerente con i principi del biologico può essere etichettato allo stesso modo di quello che semplicemente rispetta i limiti del regolamento. Io rispondo che questo è vero ma non ci sono alternative se stiamo nell’ambito di una normative europea, è il Produttore che deve fare la differenza e deve comunicare i valori e i plus del suo vino. il consumatore che sceglie bio non lo fa solo per la presenza del logo europeo, è guidato da altre motivazioni ed è abituato a leggere le etichette e a informarsi.
  • 4. D: La nostre ricerca di mercato sui vini bio ha messo il luce che il Consumatore e' sensibile all'eliminazione dei pesticidi per la coltivazione della vite ma ha le idee poco chiare sull'utilizzo dell'anidride solforosa ed i suoi effetti sull'organismo R: Sul tema dei pesticidi il Consumatore non si rende conto che al di là della bassa presenza del singolo principio attivo, il vino è uno di quei prodotti dove più si trova maggiore presenza di più principi attivi e nessuno ha mai studiato fino ad oggi quale può essere l'effetto combinato di queste sostanze. Quindi in realtà, uno dei principali elemento qualificanti del vino biologico l’assenza di residui mentre in certi vini convenzionali troviamo dei cocktail abbastanza preoccupanti di residui di pesticidi. La solforosa: Premetto che non si usa esclusivamente nei vini. Il Consumatore lo associa al vino perché l'anidride solforosa è un prodotto tipicamente legato all'enologia ma probabilmente se sapesse in quanti altri alimenti viene impiegata come conservante o anche solo per motivi estetici se ne preoccuperebbe assai di più. Esiste infatti una dose massima giornaliera raccomandata e quindi siamo nel classico caso in cui il Consumatore non è nemmeno messo nelle condizioni di sapere se il suo consumo complessivo è sopra o sotto la soglia, perché non è in grado di fare la somma e non basta conteggiare quella solo quella nel vino per dire al Consumatore: stai tranquillo. Invece è impiegata in moltissimi altri prodotti e quindi ci vorrebbe molta più informazione verso il Consumatore senza penalizzare il solo consumo di vino. D: Una domanda più da enologo: Si può eliminare completamente la solforosa dal vino e se sì, come si può garantirne l'invecchiamento? R: Io sono Agronomo, non sono un enologo, Dal nostro progetto abbiamo potuto vedere all’opera piccole Aziende a volte familiari, a volte poco strutturate dal punto di vista tecnologico, produrre un vino buono che si conserva senza solforosa. Per fare questo ci vuole un'ottima gestione del prodotto dalla campagna, della raccolta, di tutte le fasi di vinificazione con delle tecnologie di buon livello e con l’assistenza di un enologo esperto e formato. certamente non si tratta di un percorso facile, non e' sicuramente un percorso per tutti e c'e' ancora molto da lavorare. Con questa prima esperienza di due anni di lavoro grazie all’apporto scientifico dell’Università della Tuscia e alla disponibilità di alcuni produttori della zona dei Castelli Romani, direi abbiamo raggiunto risultati buoni ma sicuramente non definitivi. L'alternativa esistente sono tecnologie estremamente costose che garantiscono la quasi assenza di ossigeno con costi però elevatissimi. Paradossalmente è' più facile ottenere un vino senza solforosa totalmente industriale e lo è molto meno se questo vino viene prodotto da aziende bio locali. E' una contraddizione che abbiamo dovuto gestire perché c’era il rischio che una normativa eccessivamente limitante sull’impiego dei solfiti mettesse fuori mercato proprio i piccoli produttori bio. D: Passiamo alla domanda forse piu' pregnante e quella che riguarda l'atteggiamanto del Consumatore che appare interessato e sensibile al mondo del vino biologico ma non acquista questi vini con frequenza. Federico Fazzuoli nel corso del Convegno Sana della FederBio sui vini biologici ha affermato che il Consumatore esprime dubbi sulle caratteristiche organolettiche di molti vini biologici. Questo atteggiamento e' sto confermato dalla nostra ricerca. Che consiglio si sente di dare ai Produttori di vino bio? R: Innanzi tutto di stare sempre molto attenti anche alla qualita'. Per molto tempo chi produceva vino biologico si e' accontentato di garantire il metodo di produzione indipendentemente , per certi versi, dal risultato finale del prodotto e certe volte il vino era ai limiti della bevibilita' e questo puo' andare bene forse per un consumatore molto determinato e molto convinto ma non per chi vuole bere un vino buono se non
  • 5. eccellente, oltre che bio. Non si puo' pensare di conquistare un mercato 'normale' con un prodotto che non e' accettabile dal punto di vista del gusto, oltetutto in un Paese come l'Italia dove di vini eccellenti ne abbiamo moltissimi. Quindi e' totalmente illusorio pensare che un vino biologico si venda solo perche' e' biologico. Questa e' purtroppo una abitudine mentale che molti Produttori hanno avuto e che va sgombrata assolutamente. Ci vuole non solo la passione e la certificazione ma anche l'enologo in cantina, ci vogliono gli investimenti e tutta l'attenzione per poter produrre un buon vino. E' quindi il Produttore che si deve avvicinare al Consumatore e non viceversa sopratutto se pensiamo che oggi anche il mondo del vino convenzionale sia sulla sostenibilita' del vigneto, sia che sull'uso della So2 sta facendo dei progressi e quindi si trovano vini 'convenzionali' senza solforosa, con la differenza che questi sono vini che hanno un'attenzione verso la qualita' che a volte i Produttori biologici e biodinamici non hanno. D: L'ultima domanda riguarda la distribuzione: Cosa si puo' consigliare ai Produttori di vino biologico per cio' che riguarda la strategia di comunicazione che noi vediamo 'comune' perche' i piccoli Produttori non possono arrivare all'obiettivo da soli e quali sono i consigli in materia di distribuzione? R: Sul tema della comunicazione sono assolutamente d'accordo, tante' che sui progetti su cui abbiamo discusso al Sana e che vorrebbe portare avanti FederBio abbiamo tentato di presentare un primo progetto di promozione il bando nazionale dell' OCM vino scaduto lo scorso settembre di mettere insieme numeri adeguati senza però riuscirci. Forse era troppo presto, tuttavia il messaggio che vogliamo dare è che bisogna fare rete, bisogna condividere strategie, stumenti e risorse a dimensione nazionale, eventualmente istituendo a livello nazionale un Consorzio o comunque una rete di imprese che si dedica alla tutela ed alla promozione del vino bio anche a livello internazionale. Su questo FederBio e' assolutamente disponibile a fare da collettore e catalizzatore per l’avvio di questa iniziativa anche perchè parliamo di Aziende che hanno una specificità produttiva e di mercato che le vede bene in un contenitore dedicato. La seconda indicazione è quella di lavorare sull'estero e questo aspetto è, a maggior ragione, da affrontare insieme piuttosto che singolarmente. In questo momento il mercato più interessante per il vino biologico è quello estero, non solo i mercati tradizionali come la Germania e gli Stati Uniti ma penso alla Cina ed altri paesi che si stanno aprendo molto al consumo del vino in generale e che vedono il biologico come un’eccellenza. L'intervista e' stata realizzata presso la Sede Nazionale della FederBio a Bologna nel mese di Settembre 2012 Per informazioni: Cento Vigne Italia, Gian Piero Staffa gpstaffa@centovigneitalia.it