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delitti di omicidio (F. ramacci)
analisi articolo 575--->
1-l'enunciato "è punito con la reclusione" rinvia all'articolo 17 che tratta delle pene principali, infatti le pene stabilite per
i delitti sono l'ergastolo, reclusione e multa; invece le pene principali stabilite per Le contravvenzioni sono l'arresto e
l'ammenda.
L'articolo 23 spiega cos'è la reclusione: la pena della reclusione si estende da 15 giorni a 24 anni ed è scontata in uno
degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo di lavoro e con l'isolamento notturn;Il condannato alla reclusione già
scontato almeno un anno della pena può essere ammesso al lavoro all'aperto.

L'articolo 56 prevede il delitto tentato, infatti chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un
delitto, risponde di delitto tentato.
Ritornando alla reclusione la legge numero 354/1975 all'artico 6 ci dice che i locali nei quali si svolge la vita dei
detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati da luce naturale e artificiale in modo da
permettere il lavoro e la lettura, riscaldati, dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale.
I detti locali devono essere tenuti in buono stato di pulizia e la legge prevede anche il modo nel quale deve essere
scontato una pena detentiva, ovvero i locali appositi, che devono assicurare una permanenza dignitosa. per la legge
(articolo 27 comma 3) i diritti umani devono essere garantiti anche nell'ambito penitenziario.

L'articolo 20 della legge 354/1975 tratta del lavoro, infatti negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo
le destinazioni dei detenuti e degli internati al lavoro è la loro partecipazione a corsi di formazione professionali. Il
lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Questo lavoro carcerario vuole educare il re o alla solidarietà, alla collaborazione è inoltre bisogna dire che il lavoro
non è un diritto riconosciuto a tutti i detenuti infatti l'articolo 20 ci dice che nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si
deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione.

All'articolo 575 si parla del cosiddetto rischio penale "si applica la pena della reclusione, afflittiva potenzialmente per
un periodo non inferiore a 21 anni, nei confronti di chiunque sia accertato essere colpevole di aver cagionato la morte di
un uomo". Quest'articolo tutela la vita di ogni essere umano senza distinzioni di sesso.

2-dopo aver fatto l'analisi dell'articolo 575 c.p. e aver ricordato che il termine è un uomo è usato in senso generico ci si
chiede se la morfologia umana e cioè la conformazione fisica standard dell'essere umano abbia qualcosa a che vedere
con l'applicabilità della norma. Ci si chiede: è ugualmente punito chi cagiona la morte di un mostro e cioè di un essere
vivente che ha poco o nulla di umano come morfologia fisica rispetto alla conformazione standard? Ovvero ci si chiede
quanto un essere vivente è un uomo: quando appartiene biologicamente al genere umano, quale che sia la sua
morfologia fisica infatti uomo deve essere inteso nel senso di individuo appartenente biologicamente al genere umano.

Dunque l'articolo 575 non può essere applicato al caso dell'uccisione dell'animale umanoide e neanche al caso
dell'uccisione dell'evoluto essere alieno; l'uno o l'altro dei casi non è previsto dalla legge come reato di omicidio, perché
non è un caso considerato dalla vigente legge penale.

Cosa vuol dire fatto commesso? È fatto tutto ciò che appartiene all'esperienza del singolo soggetto, o è fatto ciò che
appartiene a tutti.
Il fatto deve essere entrato nell'esperienza comune per essere punito, deve essere entrato in un'esperienza comune
perché l'applicazione della legge penale è subordinata all'identificazione del fatto conforme al tipo legale è
l'identificazione è impraticabile se il pensiero rimane interno all'individuo. Bisogna quindi distinguere i fatti dalle
semplice e idee o intenzioni dell'articolo 575 descrive un fatto.
3-l'articolo 575 inizia con la parola chiunque che sta a significare qualsiasi persona che; è evidente che la legge penale
italiana debba applicarsi anche nel caso di un omicidio commesso in Italia da parte di uno straniero.
L'articolo 3 c.p. stabilisce che "la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini italiani o stranieri, si trovano
nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno internazionale".
L'articolo 3 c.p. enuncia il principio di territorialità in quanto dispone che la legge penale italiana obbliga chiunque,
cittadino straniero, a condizioni che si trovi sul territorio dello Stato.

Questa disciplina si legge nell'articolo 4 c.p. che precisa che "agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il
territorio della Repubblica, e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato"; l'articolo quattro specifica che anche
le navi e Vieri o mobili italiani sono considerati territorio dello Stato ovunque si trovino.
Può essere punito per l'omicidio dovunque commesso chiunque lo abbia commesso, sia esso cittadino italiano o apolide
residente o straniero, e si trovi sul territorio dello Stato o su navi o pari o mobili italiani ovunque si trovino, purché non
in luoghi soggetti alla sovranità di altro Stato.

L'enunciato cagionare la morte afferma la connessione necessaria tra due fenomeni, infatti la legge descrive la condotta
che cagiona la morte e descrive esclusivamente la condotta causale.
L'evento morte in forza dell'articolo 40 può essere ritenuto conseguente (causato) tanto rispetto a un'azione quanto a
un'omissione anche perché al secondo comma viene detto che non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di
impedire equivale a cagionarlo.
L'articolo 589: chiunque cagiona per colpa la morte di una persona; consente la previsione e quindi copre anche casi di
omesso impedimento dell'evento da parte del titolare della posizione di garanzia, in ragione della quale si costituisce
l'obbligo giuridico di attivarsi per impedirlo. La soluzione del problema di causalità, riguarda un fatto concreto come
l'omicidio, comporta l'accertamento del collegamento tra condotta è uccisione in modo da affermare con certezza che
l'evento-morte è conseguenza di una condotta omicida.
L'accertamento della causalità è intrinseco alla funzione di garanzia svolta dalla previsione legale del reato, infatti tanto
più la previsione è determinata, tanto meno c'è spazio per una arbitraria comprensione della libertà di iniziativa
individuale. È noto che l'omissione può essere considerata causale alla pari di un fatto fisico reale e inoltre si può
considerare causale l'omissione quando, sostituendo a destra l'azione che non è stata compiuta, l'evento non si sarebbe
potuto verificare.

4-la legge numero 578/1993 ha definito la morte (clinica) stabilendo che si identifica con la cessazione irreversibile di
tutte le funzioni dell'encefalo; agli effetti della legge è chiaro che la morte deve essere accertata in modo uniforme e che
deve consistere nella cessazione dell'attività cerebrale dell'individuo.
Sul piano oggettivo la diagnosi di morte si basa sui criteri indicati dalla legge e ciò che l'accertamento della morte
produce e l'esclusione del fatto che l'organismo sul quale avviene l'accertamento sia ancora un uomo.

Mentre dal punto di vista naturalistico il punto centrale è l'evento-morte consistente nella perdita irreversibile delle
funzioni vitali, dal punto di vista giuridico viene in primo piano la valutazione etico-sociale e insieme culturale della
vita. L'evento giuridico attiene alla funzione di tutela del bene.

Nel caso dell'omicidio, le norme degli articoli 575,5 179,584 e 589 presentano tutte lo stesso evento naturalistico
cagionato dall'altrui condotta e si sostanziano tutte le nell'offesa lo stesso bene giuridico, ovvero la vita umana.

-l'articolo 575 unisce l'omicidio doloso e dunque descrive una condotta volontariamente diretta a produrre l'evento-
morte, che si realizza come conseguenza voluta della condotta causale dell'autore; l'aggressione al bene protetto (vita
umana) e in questo caso volontaria e la volontarietà dell'offesa giustifica e spiega la minaccia di una pena
particolarmente elevata. Il dolo richiesto per la punibilità dell'omicidio ai sensi dell'articolo 575 è il dolo generico.
-l'articolo 584 punisce l'omicidio preterintenzionale, che descrive come una condotta volontariamente diretta a
percuotere o a ferire taluno, dalla quale deriva, come conseguenza non voluta dall'autore, la verificazione dell'evento
costituito dalla morte del medesimo soggetto passivo; in questa previsione la pena e di totale è ancora elevata anche se
notevolmente inferiore a quella sancita per l'omicidio doloso e la differenza trova spiegazione del fatto che la morte
cagionata dalla condotta causale dell'autore non è voluta, perché l'autore voleva solo percuotere o al più ferire la
persona che invece muore.
-l'articolo 589 punisce l'omicidio colposo che descrive come una condotta caratterizzata dall'inosservanza di cautele
doverose per l'altrui incolumità dalla quale deriva come conseguenza non voluta la morte di una persona; la pena e di
tale è molto lontana dai livelli delle altre due previsioni.
Omicidio del consenziente: l'articolo 579 punisce un caso di omicidio che descrive come condotta volontariamente
diretta a produrre la morte di un uomo, il quale vuole essere ucciso; in questa fattispecie la pena edittale è sensibilmente
inferiore a quella dell'omicidio volontario. Questo articolo descrive un fatto diverso da quello descritto dall'articolo 575
perché aggiunge l'elemento differenziale del concorso al nucleo comune a tutti delitti di omicidio, ovvero cagionare la
morte.
Istigazione o aiuto al suicidio: l'articolo 580 descrive un fatto di suicidio, realizzato o tentato, sicché è il suicidio la
conseguenza dell'altro istigazione o aiuto.

L'analisi dell'articolo 575 ha mostrato che, mentre l'evento naturalistico deve essere individuato nella morte, intesa
come perdita irreversibile delle funzioni vitali, l'oggetto della tutela penale è la vita umana o per il diritto individuale di
essere lasciato in vita.

L'articolo 579 punisce l'omicidio nel quale la vittima vuole rinunciare alla vita e dunque presta il proprio consenso, da
cui l'incongruenza di un diritto di essere lasciato in vita che da un lato sarebbe un diritto individuale invece dall'altro
non sarebbe dal singolo rinunciabile in quanto è un diritto disponibile.
L'articolo 575 invece privilegia l'aspetto del diritto di vivere come diritto di essere lasciato in vita; l'articolo 579
privilegia l'aspetto del dovere, correlato agli obblighi di solidarietà sociale e dunque alla concezione funzionale
dell'individuo nella collettività.
Il confronto tra l'articolo 575 e gli articoli 579 e 580 non è decisivo per stabilire se esiste il dovere giuridico di vivere:
questa constatazione induce a concludere nel senso che l'atto di disposizione della propria vita si situa in uno spazio
libero del diritto, quindi l'atto di disposizione e la condotta suicida hanno solo una rilevanza di fatto, ma sono fatti non
regolamentati e quindi non qualificabili né leciti e illeciti. Il fatto del suicidio o del consenso della vittima non può
essere ritenuto quindi irrilevante.

5-all'interno della tutela della vita è possibile distinguere un'ipotesi di reato doloso (articolo 575) da un'ipotesi di reato
colposo (articolo 589) e reato preterintenzionale (articolo 584), in tutti questi casi la legge descrive il lo essenziale del
fatto (cagionare la morte) e l'elemento materiale consistente nella cessazione irreversibile delle funzioni vitali. La
materialità di illecito, cagionare la morte di un uomo, e valutato dalla in modo diverso e tale diversità dipende
dall'atteggiamento psicologico dell'autore rispetto al fatto; questa constatazione è valida per l'omicidio doloso e colposo
perché dovrebbe essere esclusa la differenza tra la condotta colposa, è la corrispondente condotta dolosa.

Un fatto è prima considerato per il modo in cui appare, cioè se si presenta come volontario o involontario; la realtà di
fatto propone casi nei quali la materialità del cagionare la morte si connette una situazione particolare, come la legittima
difesa. Infatti il buon senso porta ad affermare che quando un omicidio commesso per legittima difesa ciò che è
avvenuto e una legittima difesa e non è un delitto di omicidio; così cagionare la morte di un uomo è fatto tipico di
omicidio in assenza del fatto descritto come difesa legittima dall'articolo 52.
Ma bisogna specificare in quanto l'articolo 52 non significa " hai commesso un delitto di omicidio ma non ti punisco",
ma invece significa "non hai commesso un delitto di omicidio" in quanto il fatto commesso non deve essere considerato
reato.
Qual è il precetto e quale il contro-precetto quando la morte di un uomo e cagionata per legittima difesa? Il fatto è
quello preveduto dalla legge nell'articolo 575 che presenta i connotati di fatto contenuti nell'articolo 52 e precisamente il
fatto che colui il quale ha cagionato la morte di un uomo è stato costretto a cagionare la morte dalla necessità di
difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata
all'offesa. Quindi non si deve parlare di contro-precetto perché la realtà di riferimento non è più la stessa.

Molto importante è anche il principio di materialità (articolo 25 della costituzione) che deve valere all'interno del
principio di legalità, in quanto il fatto che dev'essere punito è per definizione il fatto preveduto come reato che non è
presente nei fatti preveduti dalla legge come scriminanti.
Si distinguono elementi positivi che formano la materia dell'illecito, ed elementi negativi che formano la materia della
scriminante: la presenza dei 2 nega la rilevanza dei 1.
L'articolo cinquantanove definisce le scriminanti come circostanze che escludono la pena e l'uso del termine designato
sta ad indicare che esse sono elementi che si aggiungono al fatto costitutivo di reato come avviene per le circostanze
attenuanti o aggravanti.

L'articolo 25 della costituzione sancisce la garanzia di una distinzione certa tra lecito e illecito e di specifica nei principi
di materialità e di determinatezza;
il fatto scriminante in ragione del quale non si punisce deve essere determinato e a ciò servono le dettagliate descrizioni
legali contenute nelle norme che prevedono scriminanti.
La dottrina prevalente è favorevole all'estensione per analogia (bonam partem) delle fattispecie scriminanti, per la
ragione che le norme che le prevedono sono norme in forza delle quali non si punisce e dunque non sono norme penali
ma sono espressioni di principi generali dell'ordinamento.
6-l'articolo 584 c.p. si occupa dell'omicidio preterintenzionale ed aggiunge un elemento descrittivo mortale è quello per
cui la condotta causale deve essere costruita da atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 582.
Cosa significa atti diretti a commettere? una prima eccezione può essere quella di considerare che se l'atto diretto a
commettere un delitto, il diritto del realtà non è consumato; in questo senso la previsione dell'articolo 584 usa la stessa
formula dell'articolo 56 c.p. che prevede come tentativo il fatto di chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a
commettere un delitto.
Ma è ragionevole restringere la previsione al solo tentativo di percosse di lesioni, lasciando fuori il corrispondente
delitto consumato? La risposta è no in quanto occorre considerare che nella fattispecie dell'omicidio preterintenzionale e
indifferente che si verifichi l'evento voluto perché l'evento costitutivo della fattispecie è l'evento-morte, non voluto ma
causato.

Articolo 43 c.p. "omicidio preterintenzionale": quando dall'azione od omissione deriva un evento più grave di quello
voluto dall' agente; si deve concludere, che almeno il tentativo di percosse di lesioni e necessario affinché possa
sussistere il dolo relativo all'evento del reato di passaggio, quello attraverso il quale si cagiona la morte, e vento che
dev'essere voluto.
Da tale interpretazione deriva che la condotta dell'omicidio preterintenzionale non può essere costituito da semplici atti
preparatori del tentativo di percosse di lesioni; l'articolo 43 dice che il delitto è preterintenzionale quando dall'azione od
omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente.
La rilevanza dell'omissione può dunque essere ridotta a semplice modalità esecutiva della condotta, nel senso che il
omissione si converte in azioni di percosse in quanto si percuote indirettamente invece che direttamente, si compie
un'azione attraverso un'omissione; quindi l'articolo 584 descrive una condotta inizialmente dolosa, alla quale fa seguito
un evento non voluto.

Un caso particolare di omicidio preterintenzionale e previsto dall'articolo 18/4 della legge numero 194/1978: la morte
che costituisce l'evento dell'omicidio preterintenzionale deve essere causata da un aborto e dunque la vittima può essere
esclusivamente una donna in gravidanza; la condotta tipica è descritta come quella di chi cagiona l'interruzione della
gravidanza senza il consenso della donna (articolo 18 primo comma) o come quella di chi provochi l'interruzione della
gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna (articolo 18 secondo comma).
In entrambi i casi il reato di passaggio è quello di avere cagionato l'interruzione della gravidanza in assenza del
consenso della donna.

7-morte o lesioni come conseguenza di altro delitto-articolo 586 stabilisce che quando da un fatto preveduto come
delitto doloso dell'Iva, quale conseguenza non voluta del colpevole, la morto la lesioni di una persona, si applicano le
disposizioni dell'articolo 83 (aberratio delicti) ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.
La disciplina dell'articolo 586 a significare che l'evento morte deve essere aberrante rispetto e che per determinare la
responsabilità colposa per l'evento non voluto e aberrante deve sussistere almeno la prevedibilità; ciò significa che
l'evento-morte, che si realizza a causa di un errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del delitto doloso o per un'altra
causa, deve essere causata per colpa dell' agente.
Quando si avvera l'ipotesi dell'errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, esso è usualmente qualificato come
errore-in abilità o errore-imperizia.

L'articolo 83 prevede che, quando per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si cagiona un
evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde a titolo di colpa dell'evento non voluto quando il fatto è preveduto
dalla legge come delitto colposo.
L'articolo 83 prevede così che l'evento aberrante sia imputato a titolo di colpa, ma ciò a condizione che il fatto sia
preveduto come delitto colposo....ES: caso di chi volendo commettere il delitto di lesione personale, per errore nell'uso
dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, danneggi un oggetto di proprietà altrui, tale evento aberrante non è
preveduto dalla legge come delitto colposo e dunque, nonostante la vicenda corrisponda alla descrizione dell'articolo
83, non basta a far sorgere la responsabilità penale e il danneggiato ore sarà solo civilmente responsabile per il
danneggiamento corposo e così obbligato al risarcimento del danno.

L'articolo 586 è una norma doppiamente speciale rispetto all'articolo 83, sia perché presuppone la commissione di un
delitto doloso e non anche di una contravvenzione dolosa, a differenza dell'articolo 83 che presuppone genericamente
un reato; sia perché l'evento non voluto, è rilevante per l'articolo 586 è limitato alla morte o alla lesione personale,
mentre per l'articolo 83 può essere qualunque evento costitutivo di un delitto colposo.

Va detto che l'articolo 42 dopo aver denunciato la regola generale dell'imputazione al titolo di dolo, fatti salvi i casi di
delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge; questo articolo stabilisce che l'evento in
determinati casi è posto altrimenti a carico dell'agente pur che sia conseguenza della sua azione di omissione.

L'interpretazione dell'articolo 586 ha dato una spiegazione della diversità esistente tra l'articolo 586, che disciplina in
modo autonomo fatti che sono preveduti come reato da altre norme e l'articolo 584 che prevede e punisce fatti che
isolatamente considerati potrebbero integrare ciascuno un reato diverso.
8-l'articolo 589 c.p. descrive l'omicidio colposo come il fatto di chi cagiona per colpa, la morte di una persona; il fatto
previsto da quest'articolo è costituito da una condotta che cagiona la morte in un modo che denota la non volontarietà
dell'evento infatti il rapporto di causalità materiale si stabilisce tra l'avvenimento che costituito dalla condotta e il
successivo avvenimento che costituito dall'evento che che ne è la conseguenza.l'evento colposo non è voluto, esso si
realizza contro l'intenzione dell'agente.
Il grado della colpa è direttamente proporzionale alla prevedibilità dell'evento, quanto più l'evento di danno e privi di
dire, tanto più è il dovere di essere cauti e tanto più è grave l'inosservanza delle cautele doverose.

All'inosservanza di carattere doveroso si aggiunge l'errore di valutazione del potenziale di pericolosità della condotta.
ES: -incauto ottimista-un automobilista guida di notte in città velocità troppo elevata per riuscire ad evitare un passante
che risulta travolto e ucciso, l'omicidio colposo aggravato perché l'agente aveva preveduto l'evento;
-abile idiota-un motociclista ed esegue manovre spericolate in mezzo alla folla per dare risalto alla propria vita, se
questo non risulta tale da evitare un incidente mortale l'omicidio colposo è aggravato ex articolo 61 numero 3;

l'articolo 55 c.p. stabilisce che sussiste l'eccesso colposo quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli
51,52 e 53,54 si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità o imposti dalla necessità;
in tali casi si applicano le disposizioni concernenti i diritti colposi se il fatto è preveduto dalla legge come delitto
colposo.
La colpa può essere determinata (articolo 43) dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline-->
inosservanza di prendere ignoranza vale questo; se l'inosservanza e volontaria della violazione di regole fissate per
impedire un evento speci; se l'inosservanza avviene per errore sulla regola percepita in modo inadeguato, l'errore si
traduce in errore sul fatto che costituisce reato (articolo 47/3) e se si tratta di errore determinato da colpa, produce la
responsabilità a titolo di colpa.

La pena prevista per l'omicidio colposo è la reclusione da 6 mesi a 5 anni; l'articolo 589/3 prevede anche l'omicidio
colposo plurimo e l'omicidio colposo in concorso con la lesione colposa, in tale caso si applica la pena che dovrebbe
infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentato fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni 12.
L'articolo 589/2 stabilisce il minimo e vitale di un anno di reclusione se il fatto è commesso con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

L'aumento della misura minima della pena trova la sua spiegazione nel diffuso impatto sociale e nella loro rilevanza, in
questa previsione è ravvisata una circostanza aggravante speciale: infatti se più fatti di omicidio colposo possono essere
commessi con un'unica condotta, un solo fatto di omicidio colposo può essere commesso da più persone e quest'ipotesi
è prevista dall'articolo 113: cooperazione di più persone nel cagionare l'evento di un delitto colposo.

9-infanticidio in condizioni di abbandono-l'articolo 578, introdotto nel testo della legge numero 442/81, punisce con
la reclusione da 4 a 12 anni la madre che cagiona la morte del proprio neonato e immediatamente dopo il parto o del
feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. Il
testo originario prevedeva l'infanticidio o il feticidio per causa d'onore, e poteva essere commessa da chiunque allo
scopo di salvare l'onore proprio o di un prossimo congiunto, questo è stato eliminato dalla legge dell'81 e ha anche
abrogato la previsione del c.d. Matrimonio riparatore (articolo 544) che costituiva una causa speciale distinzione deve
contro la libertà sessuale.

L'articolo 578 stabilisce che a coloro che concorrono nel fatto si applica la reclusione non inferiore a 21 anni. Se si
hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da 1/3 a 2/3.
Per quanto riguarda questo articolo bisogna dire che le condizioni di abbandono sono l'elemento che specializza la
fattispecie dell'articolo 578 rispetto a quella dell'articolo 575. La rilevanza di questo elemento e tale da ridurre la pena
dell'omicidio, dalla pena dell'ergastolo per la madre a quella della reclusione da 4 a 12 anni.
Questa pena e la stessa sia nel caso in cui la madre uccide di mano proprio il figlio, sia nel caso in cui essa lo uccide
giovandosi dell'aiuto di concorrenti, ed è la stessa anche quando essa concorre con altri che uccidono di loro mano suo
figlio.
L'immediata connessione con il parto e le condizioni di abbandono sono gli elementi che specificano il fatto preveduto
dall'articolo 578/1 infatti l'abbandono deve essere materiale e anche morale.
Cosa avviene quando la rappresentazione della realtà e falsata? La norma di riferimento e l'articolo 47 c.p., si tratta di
un errore sull'elemento specializzante e che determina la falsa rappresentazione delle condizioni di abbandono materiale
e morale e determina la madre all'infanticidio.
Questo articolo stabilisce che, poiché in tal errore può derivare da colpa, il fatto commesso può essere punito se
preveduto dalla legge come delitto colposo.
Il fatto commesso per errore è l'omicidio del discendente, che se è commesso per errore mentre si ritiene di commettere
un infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale risulterebbe punibile solo ai sensi dell'articolo 589, che
consta nella reclusione da 6 mesi a 5 anni; tutto ciò è insostenibile perché è profondamente ingiusto che la madre che ha
voluto la morte del figlio possono essere punita come se non l'avesse voluta e con una pena largamente inferiore tanto a
quella del reato realizzato, quanto quella del reato.
Il quesito relativo all'errore può essere specificato introducendo la distinzione tra errore inescusabile, se l'errore è
determinato da colpa, e errore scusabile che si ha quando chiunque al posto dell'agente sarebbe caduto in errore, quindi
non è possibile fargliene colpa.

Valore esaminate le ipotesi nelle quali la madre non è l'unica protagonista della vicenda criminosa, perché il feticidio o
infanticidio sono commessi nel concorso di più persone. Qui va distinto il caso in cui la madre uccide di mano propria e
altri concorrono nel delitto dalle commessa, dal caso in cui altri uccidono con il concorso morale e/o materiale della
madre; L'articolo 578 sembra restringere l'ambito della previsione al solo primo caso ; il secondo comma stabilisce che i
concorrenti non sono puniti con la pena prevista per il reato proprio della madre, ma con pena diversa (pena prevista per
l'omicidio comune).
L'estraneo concorrente e incriminato autonomamente, per la sua condotta distillazione di aiuto, ma la previsione
dell'articolo 578/2 riconosce efficacia attenuante all'aver agito al solo scopo di favorire la madre; tale circostanza
attenuante deve consistere nella manifestazione di solidarietà, sentimento di per sé apprezzabile.

10-omicidio del consenziente (articolo 579 c.p.)-l'articolo 579 c.p. punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chiunque
cagiona la morte di un uomo, con il consenso di lui; questa disposizione si rifà all'articolo cinque CC che vieta gli atti di
disposizione del proprio corpo, quando cagioni no una diminuzione permanente dell'integrità fisica o quando siano
contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume.
Tale diritto non è riconosciuto dal nostro ordinamento, ma si deve comunque tener conto dei casi limite come ES: quelli
di malattie irreversibili particolarmente dolorose e debilitanti, nei quali si pone il problema del c.d. Aiuto a morire--->
questo non è solo un caso di coscienza ma deve essere considerato come un problema giuridico, la cui soluzione
dipende dall'interpretazione della legge vigente.
Questo presuppone almeno il consenso, ma richiede anche un'attendibile capacità diagnostica.
È necessario e non c'è nelle varie acquisizioni del concetto di aiuto a morire:
-aiuto dato durante la fase terminale della vita, senza che la prestazione dell'aiuto dei termini un accorciamento della
vita stessa, cui l'aiutò a morire è costituito da azioni dirette ad alleviare le sofferenze del morente. Questo è l'aiutò a
morire puro in cui la rilevanza penale può tingersi se l'aiuto non è colpevolmente prestato;
-somministrazione di medicinali in dosi sufficienti a vincere il dolore o nel ricorso a terapie aventi lo stesso scopo,
quando le terapie comportano indirettamente l'accorciamento della vita. Questo è l'aiutò a morire indiretto, esso
comporta l'accorciamento della vita del malato;
-acceleramento della morte determinata dall'omissione di terapie dirette al prolungamento artificiale della vita o dalla
sospensione di terapie artificiali di sostegno in precedenza attivate. Questo è l'aiutò a morire passivo che per la legge
italiana è illecito anche in presenza del consenso del malato (articolo 579);
-acceleramento della morte prodotto in conformità della volontà del malato e irreversibile e quindi con il suo consenso.
Questo è l'aiutò a morire attivo. La condotta può assumere tanto la forma dell'azione che dell'omissione;
-aiuto all'altrui suicidio quando esso sia sollecitato dallo stesso suicida, perché il suicidio ed appare come mezzo per
finire di soffrire piuttosto che per finire di vivere;

la previsione dell'articolo 579 dimostra che il consenso prestato dalla vittima non ha efficacia scriminante preveduta
dall'articolo 50 c.p. per il consenso dello stesso avente diritto; ciò significa che il bene della vita non è disponibile e che
l'atto di volontà con il quale un soggetto rinuncia al bene della vita non ha rilevanza giuridica.

L'articolo 579/2 stabilisce che non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61, il che lascia intendere che la
situazione del primo comma descrive un reato autonomo.
All'omicidio del consenziente si applicano le disposizioni relative all'omicidio se quest'ultimo è appunto commesso:
-contro persona minore di 18 anni;
-contro persona inferma di mente o così trova in condizioni di deficienza psichica per altre infermità o per l'abuso di
sostanze alcoliche o stupefacenti;
-contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia, suggestione;
il consenso della vittima rileva come elemento di aggiuntivo che diminuisce la gravità del reato, ma non può essere
qualificato come un avere propria circostanza attenuante in quanto appartiene al fatto del reato autonomo descritto
dall'articolo 579 (elemento specializzante).
Nel caso dell'omicidio del consenziente, il concorso doloso dell'offeso sussiste tutte le volte in cui la vittima abbia
influito con il consenso prestato sulla determinazione ad agire dell'omicida.
La previsione dell'articolo 579 comprende, tutte le ipotesi nelle quali è cagionata la morte di persona che consente alla
propria uccisione; l'omicidio del consenziente, oltre che consumato, può essere tentato; tale ipotesi assorbe le lesioni
consumate conseguenti al tentativo.
Le lesioni cagionate a seguito del tentativo impossibile di omicidio del consenziente sono punite, ai sensi dell'articolo
49/3 come reato diverso da quello voluto e precisamente, si applica la pena prevista per il reato commesso, che è quello
di lesioni volontarie; per le lesioni non si può ritenere il consenso perché il consenso non è stato prestato per le lesioni,
ma per la morte (qui il consenso della vittima inesistente).

Una forma sui generis di consenso di fatto deve essere prese in considerazione riguarda le competizioni nelle quali, la
partecipazione alla gara deve essere interpretata come accettazione del rischio; infatti va detto che la non punibilità della
condotta sportiva che determina un esito mortale per uno dei contendenti, può essere ritenuta anche in forza del caso
fortuito (articolo 45 c.p. se c'è stato rispetto delle regole, l'evento fatale per essere spiegato con un caso piuttosto che
come fatto lecito a causa dell'esercizio di una facoltà legittima, se invece non c'è stato rispetto delle regole di gara, la
responsabilità penale dello sportivo sussiste quando l'evenienza letale deriva dalla volontaria inosservanza di regole
della disciplina sportiva miratee alla salvaguardia dell'incolumità fisica dei partecipanti).

Il fatto costitutivo del reato di omicidio del consenziente e l'omicidio di una persona che vuole morire. Ma, la volontà
della vittima deve essere stata manifestata all'omicida che dunque uccidere con quella consapevolezza, oppure è
irrilevante che l'omicida sia da quella volontà determinato, perché sufficiente che il consenso anche se non conosciuto
dall'omicida sia oggettivamente accertato? Risposte:
-se il consenso e oggettivamente accertato, il fatto commesso è un omicidio del consenziente, tanto se il consenso sia
conosciuto quanto stesso sia ignorato da chi uccide; infatti nell'ipotesi in cui si è ignorato l'agente dimostra una
incondizionata volontà di uccidere commettendo un omicidio comune; ma quest'ultimo non è il reato effettivamente
commesso perché esso è solo un reato putativo, quello che l'agente suppone erroneamente di commettere, dunque, non
può essere punito per il fatto di reato che effettivamente commette.
-se il consenso e oggettivamente inesistente, ma l'agente ritiene per errore che il consenso sussiste, tale errore verte sul
fatto costitutivo del reato effettivamente commesso cioè un omicidio comune; l'errore di rappresentazione e esclude il
dolo del reato che effettivamente si commette, omicidio comune, ma non esclude che il fatto possa essere punito come
reato diverso.

11-aiuto al suicidio (articolo 580 c.p.)-articolo 580/1, punisce chiunque determina altri al suicidio o rafforzano altrui
proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione; la pena prevista dalla riferita norma è la
reclusione da 5 a 12 anni e il suicidio avviene, se il suicidio non avviene la pena della reclusione da 1 a 5 anni sempre
che dal tentativo di suicidio dei righi una lesione personale grave o gravissima.
Il secondo comma stabilisce che le pene sono aumentate della persona istigata o aiutata si trova in una delle condizioni
indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente: le condizioni personali sono quelle della persona minore degli anni 18
è della persona inferma di mente o che si trovi in condizioni di efficienza psichica per un'altra infermità o per l'abuso di
sostanze alcoliche o stupefacenti.L'articolo 580 prevede una circostanza aggravante in quanto disciplina l'aiuto al
suicidio e nonno un omicidio; inoltre dispone che all'aiuto al suicidio sono applicabili circostanze aggravanti comuni,
come quella precedentemente detta.

Sappiamo che il suicidio non è preveduto dalla legge come reato quindi la condotta di istigazione o aiuto e punita
dall'articolo 580 perché è una condotta con la quale si vuole determinare la morte di una persona attraverso il suo
suicidio; così il fatto costitutivo del reato e una condotta che causa indirettamente l'evento-morte.

L'articolo 115 stabilisce che l'istigazione non seguite dalla commissione del reato di per sé non è punibile, ma questa
disposizione attiene al concorso di persone in un reato e nonno a un reato molto soggettivo di istigazione.
L'ammissibilità del tentativo e contrastata anche dall'argomento fondato sulla previsione espressa di conseguenze lesive
gravi gravissime; questa sta significare che la volontaria condotta dell'aspirante suicida il fonte di autoresponsabilità.

Il nucleo centrale dell'articolo 580 consiste nell'esclusione dell'ipotesi in virtù della quale nel suicidio potrebbe essere
ravvisato l'esercizio di un diritto individuale sulla propria vita; tale ipotesi deve essere esclusa in forza dell'articolo 580
(partecipazione al altrui suicidio), infatti se il suicidio potesse essere considerato come esercizio di una facoltà legittima,
dovrebbe ritenersi lecita in forza dell'articolo 119/2 anche la condotta di partecipazione consistente nell'aiuto prestato
all'esercizio di un diritto.La nostra costituzione non stabilisce quale carattere, individuale o sociale, debba essere
riconosciuto il diritto alla vita è un ulteriore motivo di perplessità deriva dall'inesistenza nel nostro ordinamento di una
norma che in crimini suicidio e il tentato suicidio, è la spiegazione sta nel fatto che una volta consumato non ci potrebbe
essere in qualche reato sarebbe estinto per la morte del reo.
L'aiuto al suicidio e criminoso in sé stesso in quanto è causa dell'autolesionistico; non è invece criminoso l'atto
autolesionistico.
Quindi l'inesistenza della fattispecie incriminatrice del suicidio o del tentato suicidio impedisce di costruire l'ipotesi
dell'aiuto al suicidio come condotta di concorso con persona non punibile in quanto sarebbe assurdo qualificare punibile
la partecipazione ad un fatto non preveduto dalla legge come reato nei confronti del suo autore;
così l'aiuto al suicidio costituisce un'ipotesi di reato che deve essere costruita su una condotta autonoma e dunque non
accessoria a quella principale del suicidio o del tentato suicidio.
L'applicazione dell'articolo 579 e limitata all'ipotesi in cui la condotta del colpevole determina direttamente la morte
della vittima, mentre l'applicazione dell'articolo 580 e ristretta i casi in cui la condotta del colpevole non è causa diretta,
perché la morte causata immediatamente dalla condotta della stessa vittima.

Colui che determina l'incapace al suicidio deve rispondere di qualunque conseguenza dell'atto suicida ed anche del
tentato suicidio privo di conseguenze lesive, ma pur sempre pericoloso per la vita del incapace.

Nell'ipotesi in cui l'aiutò suicidio si è integrato per mezzo di un'omissione, c'è la configurabilità del tentativo sia
speciale che comune; il concorso apparente di norme tra l'articolo 580 e l'omissione di soccorso di una persona che sta
tentando o abbia tentato di uccidersi per essere risolto con l'assorbimento dell'omissione di soccorso nel aiutò suicidio
quando questa sia solo il mezzo per aiutare l'altra persona a morire suicida, perché il fatto integrale una delle forme di
condotte previste dall'articolo 580 e cioè l'aiutò suicidio;
deve essere applicata la disposizione dell'articolo 593 (omissione di soccorso) quando il colpevole ommette il soccorso,
senza che la sua volontà si proietti verso le conseguenze.

12-responsabilità civile-la persona che consente alla propria morte e persona offesa dal reato? È noto l'orientamento
che sostiene il suicidio è una malattia diagnosticabile e che l'esito di questa malattia è prevedibile ed evitabile; l'uso di
questo orientamento porta ad un avvicinamento tra fattispecie del 579 e del 580.

Il consenziente che abbia riportato lesioni o chiedere il risarcimento del danno patrimoniale a colui al quale chiese di
essere ucciso? Leggendo agli articoli 56-579, il fatto illecito e costituisce reato e dunque produce la responsabilità civile
a favore della persona alla quale il reato arrecato danno. Leggendo l'articolo 580, l'istigazione o aiuto al tentativo di
suicidio sono puniti solo se da esso derivi una lesione personale grave o gravissima.
La legge penale non prevede come reato l'aiutò al suicidio, quando dal tentativo di suicidio non derivano lesioni gravi o
gravissime; ciò comporta che non sussiste la responsabilità civile per il danno non patrimoniale, perché l'obbligo
risarcimento del danno non patrimoniale sussiste quando il fatto dannoso costituisce anche reato.
Ai fini della responsabilità civile non è necessario che l'aiuto sia volontariamente prestato in quanto sarebbe fonte di
responsabilità anche un'agevolazione colposa (articolo 2043 CC, è fonte di responsabilità civile qualunque fatto
dannoso, doloso o colposo.

Così come fatto del consenso determina una minore gravità del reato, altrettanto avviene quando il manifesto l'apporto
della vittima nella produzione del danno.
Articolo 2056 c.c., il risarcimento dovuto al danneggiamento si deve determinare secondo le disposizioni dell'articolo
1227 c.c., si deve tener conto del dato che il fatto volontario della vittima ha concorso a cagionare il danno e da ciò
discende che il risarcimento deve essere diminuito a seconda dell'entità delle conseguenze che sono derivate dal
consenso o dalla condotta del danneggiato.

13-l'articolo 276 c.p. o la modifica della legge numero 1317/1947, punisce con l'ergastolo chiunque attenta alla vita....
del presidente della Repubblica;
la previsione di questo articolo riguardo un delitto politico (articolo otto c.p.) il cui oggetto è l'eliminazione della
auctoritas del capo dello Stato attraverso l'eliminazione della sua persona fisica.
L'attentato è un danno e la consumazione del reato e anticipata al momento dell'attentato; l'attentato (senza esito) è di
per sé un tentativo ma viene trattato dalla legge come se fosse un delitto consumato.
Inoltre bisogna dire che l'applicazione dell'articolo 276 è differente da quella dei delitti comuni di tentato omicidio e di
omicidio infatti se questi ultimi non hanno movente politico, ma comune allora non ha senso applicare l'articolo 276 che
in un primo luogo tutela le funzioni di capo dello Stato.
L'articolo 295 prevede la fattispecie di attentato alla vita dei capi di Stato esteri e tra questi deve essere compreso, dopo
il nuovo concordato del 1984 anche il sommo pontefice; quest'articolo non prevede solo l'attentato alla vita, ma anche la
realizzazione dell'evento-morte derivante dallo stesso attentato, infatti la pena è la reclusione non inferiore a vent'anni
nell'ipotesi di attentato senza esito e dell'ergastolo quando ne derivi la morte.
Per quanto riguarda dei delitti di attentato previsti dagli articoli 276 e 295 a confronto con l'istituto del tentativo, la
dottrina propende in parte per una distinzione radicale tra attentato e tentativo: l'attentato può riuscire e ciononostante
restare delitto di attentato mentre il tentativo è tale solo se non è riuscito perché altrimenti il delitto è consumato. Altra
parte della dottrina sostiene il riconoscimento di un ambito di punibilità più ristretto nel tentativo e più ampio per
l'attentato; altra dottrina si orienta invece verso l'identificazione dell'attentato con il tentativo e quindi verso
l'utilizzazione dei criteri dell'idoneità, perché le ipotesi di attentato non sarebbero altro che tentativi elevati a previsione
autonoma. L'ultimo orientamento sembra preferibile perché esclude la rilevanza di atti inidonei, quali atti preparatori,
oppure non univoci.

L'articolo 295 distingue l'ipotesi dell'attentato alla vita, punito con la reclusione non inferiore a vent'anni, da quello
degli attentati all'incolumità o alla libertà personale, puniti entrambi con la pena della reclusione non inferiore a 15 anni;
questo stesso articolo aggiunge una specifica previsione, in forza della quale se dal fatto derivante la morte del capo
dello Stato estero il colpevole è punito con l'ergastolo.
L'articolo 276 invece dice che chiunque attenta alla vita, all'incolumità o alla libertà personale del presidente della
Repubblica è punito con l'ergastolo.

La morte del capo dello Stato è una circostanza dell'attentato e l'ultima disposizione dell'articolo 295 e stabilisce la pena
dell'ergastolo nel caso di morte derivata dal fatto di attentato può essere ritenuta una circostanza aggravante di tutti
delitti di attentato previsti dall'articolo 295.
Il problema sta nel fatto che è difficile individuare con certezza quando la morte costituisce un elemento circostanziare e
quando invece un elemento costitutivo del fatto di reato; tale problema è risolto da un altro delitto di attentato, ovvero
l'attentato per finalità terroristiche o di eversione, alla vita o all'incolumità di una persona preveduta dall'articolo 280
della legge numero 15/1980.
Mentre il quarto comma dispone che se dei fatti di attentato alla vita o di attentato all'incolumità derivi la morte della
persona, si applica l'ergastolo nel caso di attentato alla vita la reclusione di anni 30 nel caso di attentato all'incolumità; il
quinto comma stabilisce che le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste nel quarto
comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questo: la morte è qualificata come circostanza
aggravante dell'attentato alla vita o all'incolumità fisica, per finalità terroristiche o di eversione.

Nei delitti (articoli 571 572 588 591 593 c.p.) non c'è previsione della conseguenza voluta e la valutazione come
circostanza aggravante attiene all'ipotesi della morte come conseguenza non voluta dal colpevole, perché nel caso in cui
la morte fosse voluta troverebbe applicazione l'articolo 575 (omicidio volontario) in concorso con il reato connesso alla
consumazione dell'omicidio. Questa constatazione porta dire che:
-è ragionevole unificare il trattamento della morte che sia conseguenza non voluta che deriva comunque dal sequestro;
tale ipotesi deve sempre essere valutata come circostanza aggravante del sequestro di persona ai fini di terrorismo o di
estorsione e deve essere posta a carico del colpevole sempre che sussista la relazione soggettiva della rappresentatività
della circostanza aggravante ai sensi dell'articolo 59/2 c.p.
-è tassativo interpretare l'ipotesi in cui il colpevole cagiona volontariamente la morte del sequestrato come una enorme
incriminatrice autonome speciale rispetto all'articolo 575.
L'uccisione di una persona che il colpevole stia tentando di sequestrare costituisce un'ipotesi di concorso di reati tra il
tentativo di sequestro a scopo di terrorismo o estorsione(articoli 56-289 bis) e l'omicidio (575); ciò avviene anche nel
caso di tentato omicidio (articoli 56-575) e di persona sequestrata (289 bis/1 e 630/1).
Nel primo caso, manca la previsione di legge che possa unificare due reati in quanto l'ucciso non ancora sequestrato;
nel secondo caso il tentato omicidio non può essere costruito innestando l'articolo 56 come degli articoli 289 bis e 630
perché ne deriverebbe l'effetto assurdo per cui il tentato omicidio del sequestrato sarebbe punito in misura inferiore al
semplice sequestro al fine di terrorismo o di estorsione.
Anche l'articolo 285 l'articolo 422 c.p. possono annoverarsi tra le fattispecie di attentato, infatti l'articolo 285 punisce
con l'ergastolo chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto portare la strage nel
territorio dello Stato o in una parte di esso; il bene tutelato dalla prima norma è semplicemente la sicurezza dello Stato
dunque l'attentato sulla pubblica incolumità costituisce solo il modo dell'offesa ovvero l'evento strumentale rispetto a
quello che costituisce reale obiettivo.
Anche l'articolo 422 costituisce una fattispecie di attentato infatti punisce a titolo di strage con l'ergastolo chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità,
se dal fatto deriva la morte di più persone; se è cagionata la morte di una sola persona si applica l'ergastolo e conclude
stabilendo che in ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a 15 anni.
È esistente un rapporto di specialità tra le due norme: in primo luogo l'articolo 285 specializza l'ipotesi dell'attentato
contro la pubblica incolumità (strage) perché lei ne sta, come mezzo usato per il fine, nell'attentato alla sicurezza dello
Stato;la norma dell'articolo 285 contiene l'intera figura base della strage, quelle punite con la reclusione non inferiore a
15 anni; le ulteriori figure di strage, quelle punite con l'ergastolo in quanto ipotesi aggravate, sono proprie dell'articolo
422 e quindi non implicitamente assorbite dall'articolo 285.
In secondo luogo si può anche constatare l'evidenza della strage e nella figura base un diritto consumazione anticipata e
più precisamente un attentato.
In terzo luogo, la lettura rovesciata, permette di accertare che l'uccisione di una o più persone rappresenta un elemento
ulteriore aggiuntivo rispetto alla consumazione del delitto di strage; l'interpretazione parallela dell'articolo 285 e articolo
422 ha dimostrato che il primo prevede la stessa materia del secondo il quale contiene una clausola di riserva a favore
dell'applicazione del primo.

14-circostanze aggravanti-le circostanze aggravanti relative alle omicidio doloso (articolo 575) sono prevedute negli
articoli 576 e 577, queste sono circostanze speciali che determinano un aumento di pena in misura diversa da quello
comune, e devono essere valutate prima delle circostanze l'effetto comune. Dato che sia l'articolo 576 che l'articolo 577
stabiliscono che l'effetto speciale delle aggravanti in esse previste consistono nell'introduzione della pena dell'ergastolo,
quando è applicata una circostanza autonoma ad effetto speciale, l'inflizione della pena massima non lascia spazio per
l'applicazione delle altre aggravanti.
Come mai il codice contiene due disposizioni relative ad elementi circostanziali aggravanti speciali relativi
all'omicidio, quando ambedue prevedono l'ergastolo?
La spiegazione è che in origine il codice Rocco prevedeva la pena di morte la previsione dell'articolo 576 concerneva
circostanze aggravanti in presenza delle quali doveva essere applicata la pena di morte; dato che la pena di morte è stata
completamente tolta dall'ordinamento giuridico abbiamo così due disposizioni di legge che concernono entrambe le
circostanze aggravanti e tutte due producono la modifica della bella specie della pena nel senso di prevedere l'ergastolo
il luogo della pena detentiva temporanea.

Va ricordata la previsione del numero 5 articolo 576 in forza della quale deve essere punito con l'ergastolo l'omicidio
perpetrato nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519,525 521. L'aggravante prevista dal
numero 5 articolo 576 e mirata contro l'uccisione che è conseguenza diretta della stessa violenza, o contro la violenza
omicida diretta a infrangere la resistenza della vittima. Riguardo alla connessione con la violenza sessuale, un problema
applicativo riguarda la violenza sessuale di gruppo in quanto questa una fattispecie autonoma, punita con pena diversa
da quella ordinaria per il reato e per la quale è prevista la procedibilità d'ufficio e non a seguito di querele per la persona
offesa.

L'articolo 576 numero 2 prevede un'unica circostanza cumulativa, ognuna delle quali è prevista da solo nell'articolo 577
a i numeri 1,2,3 e 4.
L'articolo 576 numero 3 prevede l'aggravante della latitanza, quando l'omicidio sia commesso per evitare la cattura o
per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza (circostanza speciale propria).
l'articolo 576 numero 4 prevede che si applichi la pena dell'ergastolo all'associato per delinquere che abbia commesso
un omicidio per sottrarsi all'arresto, la cattura o alla carcerazione; è una circostanza speciale propria del condannato per
associazione per delinquere comune (articolo 416) di tipo mafioso (articolo 416 bis) o a scopo di terrorismo (articolo
270 bis).

L'articolo 577 numero 1 prevede la circostanza aggravante di aver commesso l'omicidio volontario contro l'ascendente o
il discendente; un problema applicativo di questa circostanza riguarda l'errore sulla circostanza, che si verifica quando
l'omicidio commesso nei confronti dell'ascendente o discendente per errore di persona (articolo 60 c.p.) o per errore di
esecuzione (articolo 82 c.p.): nel primo caso l'articolo 60 dispone che nel caso di errore sulla persona offesa da un reato,
non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti. In entrambi i casi l'errore può essere determinato da colpa.
Questa circostanza si applica l'omicidio dell'ascendente naturale o del discendente naturale; l'ultima parte dell'articolo
577 prevede l'omicidio del padre della madre adottivi e del figlio adottivo; anche questo omicidio è aggravato ed è
previsto l'aumento della pena della reclusione da 24 a 30 anni.
L'articolo 577 numero 2 prevede come circostanza aggravante l'aver commesso l'omicidio col mezzo di sostanze
venifiche, o con un altro mezzo insidioso.
L'articolo 577 numero 3 prevede l'aggravante della premeditazione che consta di 2 elementi:
-cronologico-intervallo temporale tra la risoluzione criminosa di uccidere uno o più persone determinate l'attuazione del
proprio omicidio;
-ideologico-continuità della medesima decisione iniziale;
l'articolo 577 numero 4 prevede la pena dell'ergastolo per omicidio commesso nel concorso di talune delle circostanze
indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61, e consistono nell'aver agito per motivi abietti e futili e nell'avere adoperato
servizio o nell'aver agito con crudeltà verso le persone.

L'articolo 585 stabilisce che se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576 la pena per
l'omicidio preterintenzionale e aumentata da 1/3 alla meta; lo stesso articolo prevede che, se con l'omicidio
preterintenzionale concorre alcune delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577 la pena aumentata fino a 1/3.

Le circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 576 e 577 non si applicano al delitto di infanticidio (articolo 578) e ne
ha l'omicidio del consenziente (articolo 579) e all'istigazione aiuto al suicidio (articolo 580) oltre che all'omicidio
colposo in quanto riguardo a questa fattispecie non esiste alcuna norma che faccia riferimento a quelle circostanze.

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Ramacci (penale II)

  • 1. ________________________________________________________________________________ delitti di omicidio (F. ramacci) analisi articolo 575---> 1-l'enunciato "è punito con la reclusione" rinvia all'articolo 17 che tratta delle pene principali, infatti le pene stabilite per i delitti sono l'ergastolo, reclusione e multa; invece le pene principali stabilite per Le contravvenzioni sono l'arresto e l'ammenda. L'articolo 23 spiega cos'è la reclusione: la pena della reclusione si estende da 15 giorni a 24 anni ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo di lavoro e con l'isolamento notturn;Il condannato alla reclusione già scontato almeno un anno della pena può essere ammesso al lavoro all'aperto. L'articolo 56 prevede il delitto tentato, infatti chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato. Ritornando alla reclusione la legge numero 354/1975 all'artico 6 ci dice che i locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati da luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura, riscaldati, dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di pulizia e la legge prevede anche il modo nel quale deve essere scontato una pena detentiva, ovvero i locali appositi, che devono assicurare una permanenza dignitosa. per la legge (articolo 27 comma 3) i diritti umani devono essere garantiti anche nell'ambito penitenziario. L'articolo 20 della legge 354/1975 tratta del lavoro, infatti negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo le destinazioni dei detenuti e degli internati al lavoro è la loro partecipazione a corsi di formazione professionali. Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato. Questo lavoro carcerario vuole educare il re o alla solidarietà, alla collaborazione è inoltre bisogna dire che il lavoro non è un diritto riconosciuto a tutti i detenuti infatti l'articolo 20 ci dice che nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione. All'articolo 575 si parla del cosiddetto rischio penale "si applica la pena della reclusione, afflittiva potenzialmente per un periodo non inferiore a 21 anni, nei confronti di chiunque sia accertato essere colpevole di aver cagionato la morte di un uomo". Quest'articolo tutela la vita di ogni essere umano senza distinzioni di sesso. 2-dopo aver fatto l'analisi dell'articolo 575 c.p. e aver ricordato che il termine è un uomo è usato in senso generico ci si chiede se la morfologia umana e cioè la conformazione fisica standard dell'essere umano abbia qualcosa a che vedere con l'applicabilità della norma. Ci si chiede: è ugualmente punito chi cagiona la morte di un mostro e cioè di un essere vivente che ha poco o nulla di umano come morfologia fisica rispetto alla conformazione standard? Ovvero ci si chiede quanto un essere vivente è un uomo: quando appartiene biologicamente al genere umano, quale che sia la sua morfologia fisica infatti uomo deve essere inteso nel senso di individuo appartenente biologicamente al genere umano. Dunque l'articolo 575 non può essere applicato al caso dell'uccisione dell'animale umanoide e neanche al caso dell'uccisione dell'evoluto essere alieno; l'uno o l'altro dei casi non è previsto dalla legge come reato di omicidio, perché non è un caso considerato dalla vigente legge penale. Cosa vuol dire fatto commesso? È fatto tutto ciò che appartiene all'esperienza del singolo soggetto, o è fatto ciò che appartiene a tutti. Il fatto deve essere entrato nell'esperienza comune per essere punito, deve essere entrato in un'esperienza comune perché l'applicazione della legge penale è subordinata all'identificazione del fatto conforme al tipo legale è l'identificazione è impraticabile se il pensiero rimane interno all'individuo. Bisogna quindi distinguere i fatti dalle semplice e idee o intenzioni dell'articolo 575 descrive un fatto.
  • 2. 3-l'articolo 575 inizia con la parola chiunque che sta a significare qualsiasi persona che; è evidente che la legge penale italiana debba applicarsi anche nel caso di un omicidio commesso in Italia da parte di uno straniero. L'articolo 3 c.p. stabilisce che "la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini italiani o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno internazionale". L'articolo 3 c.p. enuncia il principio di territorialità in quanto dispone che la legge penale italiana obbliga chiunque, cittadino straniero, a condizioni che si trovi sul territorio dello Stato. Questa disciplina si legge nell'articolo 4 c.p. che precisa che "agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica, e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato"; l'articolo quattro specifica che anche le navi e Vieri o mobili italiani sono considerati territorio dello Stato ovunque si trovino. Può essere punito per l'omicidio dovunque commesso chiunque lo abbia commesso, sia esso cittadino italiano o apolide residente o straniero, e si trovi sul territorio dello Stato o su navi o pari o mobili italiani ovunque si trovino, purché non in luoghi soggetti alla sovranità di altro Stato. L'enunciato cagionare la morte afferma la connessione necessaria tra due fenomeni, infatti la legge descrive la condotta che cagiona la morte e descrive esclusivamente la condotta causale. L'evento morte in forza dell'articolo 40 può essere ritenuto conseguente (causato) tanto rispetto a un'azione quanto a un'omissione anche perché al secondo comma viene detto che non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. L'articolo 589: chiunque cagiona per colpa la morte di una persona; consente la previsione e quindi copre anche casi di omesso impedimento dell'evento da parte del titolare della posizione di garanzia, in ragione della quale si costituisce l'obbligo giuridico di attivarsi per impedirlo. La soluzione del problema di causalità, riguarda un fatto concreto come l'omicidio, comporta l'accertamento del collegamento tra condotta è uccisione in modo da affermare con certezza che l'evento-morte è conseguenza di una condotta omicida. L'accertamento della causalità è intrinseco alla funzione di garanzia svolta dalla previsione legale del reato, infatti tanto più la previsione è determinata, tanto meno c'è spazio per una arbitraria comprensione della libertà di iniziativa individuale. È noto che l'omissione può essere considerata causale alla pari di un fatto fisico reale e inoltre si può considerare causale l'omissione quando, sostituendo a destra l'azione che non è stata compiuta, l'evento non si sarebbe potuto verificare. 4-la legge numero 578/1993 ha definito la morte (clinica) stabilendo che si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo; agli effetti della legge è chiaro che la morte deve essere accertata in modo uniforme e che deve consistere nella cessazione dell'attività cerebrale dell'individuo. Sul piano oggettivo la diagnosi di morte si basa sui criteri indicati dalla legge e ciò che l'accertamento della morte produce e l'esclusione del fatto che l'organismo sul quale avviene l'accertamento sia ancora un uomo. Mentre dal punto di vista naturalistico il punto centrale è l'evento-morte consistente nella perdita irreversibile delle funzioni vitali, dal punto di vista giuridico viene in primo piano la valutazione etico-sociale e insieme culturale della vita. L'evento giuridico attiene alla funzione di tutela del bene. Nel caso dell'omicidio, le norme degli articoli 575,5 179,584 e 589 presentano tutte lo stesso evento naturalistico cagionato dall'altrui condotta e si sostanziano tutte le nell'offesa lo stesso bene giuridico, ovvero la vita umana. -l'articolo 575 unisce l'omicidio doloso e dunque descrive una condotta volontariamente diretta a produrre l'evento- morte, che si realizza come conseguenza voluta della condotta causale dell'autore; l'aggressione al bene protetto (vita umana) e in questo caso volontaria e la volontarietà dell'offesa giustifica e spiega la minaccia di una pena particolarmente elevata. Il dolo richiesto per la punibilità dell'omicidio ai sensi dell'articolo 575 è il dolo generico. -l'articolo 584 punisce l'omicidio preterintenzionale, che descrive come una condotta volontariamente diretta a percuotere o a ferire taluno, dalla quale deriva, come conseguenza non voluta dall'autore, la verificazione dell'evento costituito dalla morte del medesimo soggetto passivo; in questa previsione la pena e di totale è ancora elevata anche se notevolmente inferiore a quella sancita per l'omicidio doloso e la differenza trova spiegazione del fatto che la morte cagionata dalla condotta causale dell'autore non è voluta, perché l'autore voleva solo percuotere o al più ferire la persona che invece muore. -l'articolo 589 punisce l'omicidio colposo che descrive come una condotta caratterizzata dall'inosservanza di cautele doverose per l'altrui incolumità dalla quale deriva come conseguenza non voluta la morte di una persona; la pena e di tale è molto lontana dai livelli delle altre due previsioni.
  • 3. Omicidio del consenziente: l'articolo 579 punisce un caso di omicidio che descrive come condotta volontariamente diretta a produrre la morte di un uomo, il quale vuole essere ucciso; in questa fattispecie la pena edittale è sensibilmente inferiore a quella dell'omicidio volontario. Questo articolo descrive un fatto diverso da quello descritto dall'articolo 575 perché aggiunge l'elemento differenziale del concorso al nucleo comune a tutti delitti di omicidio, ovvero cagionare la morte. Istigazione o aiuto al suicidio: l'articolo 580 descrive un fatto di suicidio, realizzato o tentato, sicché è il suicidio la conseguenza dell'altro istigazione o aiuto. L'analisi dell'articolo 575 ha mostrato che, mentre l'evento naturalistico deve essere individuato nella morte, intesa come perdita irreversibile delle funzioni vitali, l'oggetto della tutela penale è la vita umana o per il diritto individuale di essere lasciato in vita. L'articolo 579 punisce l'omicidio nel quale la vittima vuole rinunciare alla vita e dunque presta il proprio consenso, da cui l'incongruenza di un diritto di essere lasciato in vita che da un lato sarebbe un diritto individuale invece dall'altro non sarebbe dal singolo rinunciabile in quanto è un diritto disponibile. L'articolo 575 invece privilegia l'aspetto del diritto di vivere come diritto di essere lasciato in vita; l'articolo 579 privilegia l'aspetto del dovere, correlato agli obblighi di solidarietà sociale e dunque alla concezione funzionale dell'individuo nella collettività. Il confronto tra l'articolo 575 e gli articoli 579 e 580 non è decisivo per stabilire se esiste il dovere giuridico di vivere: questa constatazione induce a concludere nel senso che l'atto di disposizione della propria vita si situa in uno spazio libero del diritto, quindi l'atto di disposizione e la condotta suicida hanno solo una rilevanza di fatto, ma sono fatti non regolamentati e quindi non qualificabili né leciti e illeciti. Il fatto del suicidio o del consenso della vittima non può essere ritenuto quindi irrilevante. 5-all'interno della tutela della vita è possibile distinguere un'ipotesi di reato doloso (articolo 575) da un'ipotesi di reato colposo (articolo 589) e reato preterintenzionale (articolo 584), in tutti questi casi la legge descrive il lo essenziale del fatto (cagionare la morte) e l'elemento materiale consistente nella cessazione irreversibile delle funzioni vitali. La materialità di illecito, cagionare la morte di un uomo, e valutato dalla in modo diverso e tale diversità dipende dall'atteggiamento psicologico dell'autore rispetto al fatto; questa constatazione è valida per l'omicidio doloso e colposo perché dovrebbe essere esclusa la differenza tra la condotta colposa, è la corrispondente condotta dolosa. Un fatto è prima considerato per il modo in cui appare, cioè se si presenta come volontario o involontario; la realtà di fatto propone casi nei quali la materialità del cagionare la morte si connette una situazione particolare, come la legittima difesa. Infatti il buon senso porta ad affermare che quando un omicidio commesso per legittima difesa ciò che è avvenuto e una legittima difesa e non è un delitto di omicidio; così cagionare la morte di un uomo è fatto tipico di omicidio in assenza del fatto descritto come difesa legittima dall'articolo 52. Ma bisogna specificare in quanto l'articolo 52 non significa " hai commesso un delitto di omicidio ma non ti punisco", ma invece significa "non hai commesso un delitto di omicidio" in quanto il fatto commesso non deve essere considerato reato. Qual è il precetto e quale il contro-precetto quando la morte di un uomo e cagionata per legittima difesa? Il fatto è quello preveduto dalla legge nell'articolo 575 che presenta i connotati di fatto contenuti nell'articolo 52 e precisamente il fatto che colui il quale ha cagionato la morte di un uomo è stato costretto a cagionare la morte dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa. Quindi non si deve parlare di contro-precetto perché la realtà di riferimento non è più la stessa. Molto importante è anche il principio di materialità (articolo 25 della costituzione) che deve valere all'interno del principio di legalità, in quanto il fatto che dev'essere punito è per definizione il fatto preveduto come reato che non è presente nei fatti preveduti dalla legge come scriminanti. Si distinguono elementi positivi che formano la materia dell'illecito, ed elementi negativi che formano la materia della scriminante: la presenza dei 2 nega la rilevanza dei 1. L'articolo cinquantanove definisce le scriminanti come circostanze che escludono la pena e l'uso del termine designato sta ad indicare che esse sono elementi che si aggiungono al fatto costitutivo di reato come avviene per le circostanze attenuanti o aggravanti. L'articolo 25 della costituzione sancisce la garanzia di una distinzione certa tra lecito e illecito e di specifica nei principi di materialità e di determinatezza; il fatto scriminante in ragione del quale non si punisce deve essere determinato e a ciò servono le dettagliate descrizioni legali contenute nelle norme che prevedono scriminanti. La dottrina prevalente è favorevole all'estensione per analogia (bonam partem) delle fattispecie scriminanti, per la ragione che le norme che le prevedono sono norme in forza delle quali non si punisce e dunque non sono norme penali ma sono espressioni di principi generali dell'ordinamento.
  • 4. 6-l'articolo 584 c.p. si occupa dell'omicidio preterintenzionale ed aggiunge un elemento descrittivo mortale è quello per cui la condotta causale deve essere costruita da atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 582. Cosa significa atti diretti a commettere? una prima eccezione può essere quella di considerare che se l'atto diretto a commettere un delitto, il diritto del realtà non è consumato; in questo senso la previsione dell'articolo 584 usa la stessa formula dell'articolo 56 c.p. che prevede come tentativo il fatto di chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto. Ma è ragionevole restringere la previsione al solo tentativo di percosse di lesioni, lasciando fuori il corrispondente delitto consumato? La risposta è no in quanto occorre considerare che nella fattispecie dell'omicidio preterintenzionale e indifferente che si verifichi l'evento voluto perché l'evento costitutivo della fattispecie è l'evento-morte, non voluto ma causato. Articolo 43 c.p. "omicidio preterintenzionale": quando dall'azione od omissione deriva un evento più grave di quello voluto dall' agente; si deve concludere, che almeno il tentativo di percosse di lesioni e necessario affinché possa sussistere il dolo relativo all'evento del reato di passaggio, quello attraverso il quale si cagiona la morte, e vento che dev'essere voluto. Da tale interpretazione deriva che la condotta dell'omicidio preterintenzionale non può essere costituito da semplici atti preparatori del tentativo di percosse di lesioni; l'articolo 43 dice che il delitto è preterintenzionale quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente. La rilevanza dell'omissione può dunque essere ridotta a semplice modalità esecutiva della condotta, nel senso che il omissione si converte in azioni di percosse in quanto si percuote indirettamente invece che direttamente, si compie un'azione attraverso un'omissione; quindi l'articolo 584 descrive una condotta inizialmente dolosa, alla quale fa seguito un evento non voluto. Un caso particolare di omicidio preterintenzionale e previsto dall'articolo 18/4 della legge numero 194/1978: la morte che costituisce l'evento dell'omicidio preterintenzionale deve essere causata da un aborto e dunque la vittima può essere esclusivamente una donna in gravidanza; la condotta tipica è descritta come quella di chi cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna (articolo 18 primo comma) o come quella di chi provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna (articolo 18 secondo comma). In entrambi i casi il reato di passaggio è quello di avere cagionato l'interruzione della gravidanza in assenza del consenso della donna. 7-morte o lesioni come conseguenza di altro delitto-articolo 586 stabilisce che quando da un fatto preveduto come delitto doloso dell'Iva, quale conseguenza non voluta del colpevole, la morto la lesioni di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83 (aberratio delicti) ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate. La disciplina dell'articolo 586 a significare che l'evento morte deve essere aberrante rispetto e che per determinare la responsabilità colposa per l'evento non voluto e aberrante deve sussistere almeno la prevedibilità; ciò significa che l'evento-morte, che si realizza a causa di un errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del delitto doloso o per un'altra causa, deve essere causata per colpa dell' agente. Quando si avvera l'ipotesi dell'errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, esso è usualmente qualificato come errore-in abilità o errore-imperizia. L'articolo 83 prevede che, quando per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde a titolo di colpa dell'evento non voluto quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. L'articolo 83 prevede così che l'evento aberrante sia imputato a titolo di colpa, ma ciò a condizione che il fatto sia preveduto come delitto colposo....ES: caso di chi volendo commettere il delitto di lesione personale, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, danneggi un oggetto di proprietà altrui, tale evento aberrante non è preveduto dalla legge come delitto colposo e dunque, nonostante la vicenda corrisponda alla descrizione dell'articolo 83, non basta a far sorgere la responsabilità penale e il danneggiato ore sarà solo civilmente responsabile per il danneggiamento corposo e così obbligato al risarcimento del danno. L'articolo 586 è una norma doppiamente speciale rispetto all'articolo 83, sia perché presuppone la commissione di un delitto doloso e non anche di una contravvenzione dolosa, a differenza dell'articolo 83 che presuppone genericamente un reato; sia perché l'evento non voluto, è rilevante per l'articolo 586 è limitato alla morte o alla lesione personale, mentre per l'articolo 83 può essere qualunque evento costitutivo di un delitto colposo. Va detto che l'articolo 42 dopo aver denunciato la regola generale dell'imputazione al titolo di dolo, fatti salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge; questo articolo stabilisce che l'evento in determinati casi è posto altrimenti a carico dell'agente pur che sia conseguenza della sua azione di omissione. L'interpretazione dell'articolo 586 ha dato una spiegazione della diversità esistente tra l'articolo 586, che disciplina in modo autonomo fatti che sono preveduti come reato da altre norme e l'articolo 584 che prevede e punisce fatti che isolatamente considerati potrebbero integrare ciascuno un reato diverso.
  • 5. 8-l'articolo 589 c.p. descrive l'omicidio colposo come il fatto di chi cagiona per colpa, la morte di una persona; il fatto previsto da quest'articolo è costituito da una condotta che cagiona la morte in un modo che denota la non volontarietà dell'evento infatti il rapporto di causalità materiale si stabilisce tra l'avvenimento che costituito dalla condotta e il successivo avvenimento che costituito dall'evento che che ne è la conseguenza.l'evento colposo non è voluto, esso si realizza contro l'intenzione dell'agente. Il grado della colpa è direttamente proporzionale alla prevedibilità dell'evento, quanto più l'evento di danno e privi di dire, tanto più è il dovere di essere cauti e tanto più è grave l'inosservanza delle cautele doverose. All'inosservanza di carattere doveroso si aggiunge l'errore di valutazione del potenziale di pericolosità della condotta. ES: -incauto ottimista-un automobilista guida di notte in città velocità troppo elevata per riuscire ad evitare un passante che risulta travolto e ucciso, l'omicidio colposo aggravato perché l'agente aveva preveduto l'evento; -abile idiota-un motociclista ed esegue manovre spericolate in mezzo alla folla per dare risalto alla propria vita, se questo non risulta tale da evitare un incidente mortale l'omicidio colposo è aggravato ex articolo 61 numero 3; l'articolo 55 c.p. stabilisce che sussiste l'eccesso colposo quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51,52 e 53,54 si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità o imposti dalla necessità; in tali casi si applicano le disposizioni concernenti i diritti colposi se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. La colpa può essere determinata (articolo 43) dall'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline--> inosservanza di prendere ignoranza vale questo; se l'inosservanza e volontaria della violazione di regole fissate per impedire un evento speci; se l'inosservanza avviene per errore sulla regola percepita in modo inadeguato, l'errore si traduce in errore sul fatto che costituisce reato (articolo 47/3) e se si tratta di errore determinato da colpa, produce la responsabilità a titolo di colpa. La pena prevista per l'omicidio colposo è la reclusione da 6 mesi a 5 anni; l'articolo 589/3 prevede anche l'omicidio colposo plurimo e l'omicidio colposo in concorso con la lesione colposa, in tale caso si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentato fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni 12. L'articolo 589/2 stabilisce il minimo e vitale di un anno di reclusione se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. L'aumento della misura minima della pena trova la sua spiegazione nel diffuso impatto sociale e nella loro rilevanza, in questa previsione è ravvisata una circostanza aggravante speciale: infatti se più fatti di omicidio colposo possono essere commessi con un'unica condotta, un solo fatto di omicidio colposo può essere commesso da più persone e quest'ipotesi è prevista dall'articolo 113: cooperazione di più persone nel cagionare l'evento di un delitto colposo. 9-infanticidio in condizioni di abbandono-l'articolo 578, introdotto nel testo della legge numero 442/81, punisce con la reclusione da 4 a 12 anni la madre che cagiona la morte del proprio neonato e immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto. Il testo originario prevedeva l'infanticidio o il feticidio per causa d'onore, e poteva essere commessa da chiunque allo scopo di salvare l'onore proprio o di un prossimo congiunto, questo è stato eliminato dalla legge dell'81 e ha anche abrogato la previsione del c.d. Matrimonio riparatore (articolo 544) che costituiva una causa speciale distinzione deve contro la libertà sessuale. L'articolo 578 stabilisce che a coloro che concorrono nel fatto si applica la reclusione non inferiore a 21 anni. Se si hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da 1/3 a 2/3. Per quanto riguarda questo articolo bisogna dire che le condizioni di abbandono sono l'elemento che specializza la fattispecie dell'articolo 578 rispetto a quella dell'articolo 575. La rilevanza di questo elemento e tale da ridurre la pena dell'omicidio, dalla pena dell'ergastolo per la madre a quella della reclusione da 4 a 12 anni. Questa pena e la stessa sia nel caso in cui la madre uccide di mano proprio il figlio, sia nel caso in cui essa lo uccide giovandosi dell'aiuto di concorrenti, ed è la stessa anche quando essa concorre con altri che uccidono di loro mano suo figlio. L'immediata connessione con il parto e le condizioni di abbandono sono gli elementi che specificano il fatto preveduto dall'articolo 578/1 infatti l'abbandono deve essere materiale e anche morale.
  • 6. Cosa avviene quando la rappresentazione della realtà e falsata? La norma di riferimento e l'articolo 47 c.p., si tratta di un errore sull'elemento specializzante e che determina la falsa rappresentazione delle condizioni di abbandono materiale e morale e determina la madre all'infanticidio. Questo articolo stabilisce che, poiché in tal errore può derivare da colpa, il fatto commesso può essere punito se preveduto dalla legge come delitto colposo. Il fatto commesso per errore è l'omicidio del discendente, che se è commesso per errore mentre si ritiene di commettere un infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale risulterebbe punibile solo ai sensi dell'articolo 589, che consta nella reclusione da 6 mesi a 5 anni; tutto ciò è insostenibile perché è profondamente ingiusto che la madre che ha voluto la morte del figlio possono essere punita come se non l'avesse voluta e con una pena largamente inferiore tanto a quella del reato realizzato, quanto quella del reato. Il quesito relativo all'errore può essere specificato introducendo la distinzione tra errore inescusabile, se l'errore è determinato da colpa, e errore scusabile che si ha quando chiunque al posto dell'agente sarebbe caduto in errore, quindi non è possibile fargliene colpa. Valore esaminate le ipotesi nelle quali la madre non è l'unica protagonista della vicenda criminosa, perché il feticidio o infanticidio sono commessi nel concorso di più persone. Qui va distinto il caso in cui la madre uccide di mano propria e altri concorrono nel delitto dalle commessa, dal caso in cui altri uccidono con il concorso morale e/o materiale della madre; L'articolo 578 sembra restringere l'ambito della previsione al solo primo caso ; il secondo comma stabilisce che i concorrenti non sono puniti con la pena prevista per il reato proprio della madre, ma con pena diversa (pena prevista per l'omicidio comune). L'estraneo concorrente e incriminato autonomamente, per la sua condotta distillazione di aiuto, ma la previsione dell'articolo 578/2 riconosce efficacia attenuante all'aver agito al solo scopo di favorire la madre; tale circostanza attenuante deve consistere nella manifestazione di solidarietà, sentimento di per sé apprezzabile. 10-omicidio del consenziente (articolo 579 c.p.)-l'articolo 579 c.p. punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chiunque cagiona la morte di un uomo, con il consenso di lui; questa disposizione si rifà all'articolo cinque CC che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo, quando cagioni no una diminuzione permanente dell'integrità fisica o quando siano contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. Tale diritto non è riconosciuto dal nostro ordinamento, ma si deve comunque tener conto dei casi limite come ES: quelli di malattie irreversibili particolarmente dolorose e debilitanti, nei quali si pone il problema del c.d. Aiuto a morire---> questo non è solo un caso di coscienza ma deve essere considerato come un problema giuridico, la cui soluzione dipende dall'interpretazione della legge vigente. Questo presuppone almeno il consenso, ma richiede anche un'attendibile capacità diagnostica. È necessario e non c'è nelle varie acquisizioni del concetto di aiuto a morire: -aiuto dato durante la fase terminale della vita, senza che la prestazione dell'aiuto dei termini un accorciamento della vita stessa, cui l'aiutò a morire è costituito da azioni dirette ad alleviare le sofferenze del morente. Questo è l'aiutò a morire puro in cui la rilevanza penale può tingersi se l'aiuto non è colpevolmente prestato; -somministrazione di medicinali in dosi sufficienti a vincere il dolore o nel ricorso a terapie aventi lo stesso scopo, quando le terapie comportano indirettamente l'accorciamento della vita. Questo è l'aiutò a morire indiretto, esso comporta l'accorciamento della vita del malato; -acceleramento della morte determinata dall'omissione di terapie dirette al prolungamento artificiale della vita o dalla sospensione di terapie artificiali di sostegno in precedenza attivate. Questo è l'aiutò a morire passivo che per la legge italiana è illecito anche in presenza del consenso del malato (articolo 579); -acceleramento della morte prodotto in conformità della volontà del malato e irreversibile e quindi con il suo consenso. Questo è l'aiutò a morire attivo. La condotta può assumere tanto la forma dell'azione che dell'omissione; -aiuto all'altrui suicidio quando esso sia sollecitato dallo stesso suicida, perché il suicidio ed appare come mezzo per finire di soffrire piuttosto che per finire di vivere; la previsione dell'articolo 579 dimostra che il consenso prestato dalla vittima non ha efficacia scriminante preveduta dall'articolo 50 c.p. per il consenso dello stesso avente diritto; ciò significa che il bene della vita non è disponibile e che l'atto di volontà con il quale un soggetto rinuncia al bene della vita non ha rilevanza giuridica. L'articolo 579/2 stabilisce che non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61, il che lascia intendere che la situazione del primo comma descrive un reato autonomo. All'omicidio del consenziente si applicano le disposizioni relative all'omicidio se quest'ultimo è appunto commesso: -contro persona minore di 18 anni; -contro persona inferma di mente o così trova in condizioni di deficienza psichica per altre infermità o per l'abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti; -contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia, suggestione;
  • 7. il consenso della vittima rileva come elemento di aggiuntivo che diminuisce la gravità del reato, ma non può essere qualificato come un avere propria circostanza attenuante in quanto appartiene al fatto del reato autonomo descritto dall'articolo 579 (elemento specializzante). Nel caso dell'omicidio del consenziente, il concorso doloso dell'offeso sussiste tutte le volte in cui la vittima abbia influito con il consenso prestato sulla determinazione ad agire dell'omicida. La previsione dell'articolo 579 comprende, tutte le ipotesi nelle quali è cagionata la morte di persona che consente alla propria uccisione; l'omicidio del consenziente, oltre che consumato, può essere tentato; tale ipotesi assorbe le lesioni consumate conseguenti al tentativo. Le lesioni cagionate a seguito del tentativo impossibile di omicidio del consenziente sono punite, ai sensi dell'articolo 49/3 come reato diverso da quello voluto e precisamente, si applica la pena prevista per il reato commesso, che è quello di lesioni volontarie; per le lesioni non si può ritenere il consenso perché il consenso non è stato prestato per le lesioni, ma per la morte (qui il consenso della vittima inesistente). Una forma sui generis di consenso di fatto deve essere prese in considerazione riguarda le competizioni nelle quali, la partecipazione alla gara deve essere interpretata come accettazione del rischio; infatti va detto che la non punibilità della condotta sportiva che determina un esito mortale per uno dei contendenti, può essere ritenuta anche in forza del caso fortuito (articolo 45 c.p. se c'è stato rispetto delle regole, l'evento fatale per essere spiegato con un caso piuttosto che come fatto lecito a causa dell'esercizio di una facoltà legittima, se invece non c'è stato rispetto delle regole di gara, la responsabilità penale dello sportivo sussiste quando l'evenienza letale deriva dalla volontaria inosservanza di regole della disciplina sportiva miratee alla salvaguardia dell'incolumità fisica dei partecipanti). Il fatto costitutivo del reato di omicidio del consenziente e l'omicidio di una persona che vuole morire. Ma, la volontà della vittima deve essere stata manifestata all'omicida che dunque uccidere con quella consapevolezza, oppure è irrilevante che l'omicida sia da quella volontà determinato, perché sufficiente che il consenso anche se non conosciuto dall'omicida sia oggettivamente accertato? Risposte: -se il consenso e oggettivamente accertato, il fatto commesso è un omicidio del consenziente, tanto se il consenso sia conosciuto quanto stesso sia ignorato da chi uccide; infatti nell'ipotesi in cui si è ignorato l'agente dimostra una incondizionata volontà di uccidere commettendo un omicidio comune; ma quest'ultimo non è il reato effettivamente commesso perché esso è solo un reato putativo, quello che l'agente suppone erroneamente di commettere, dunque, non può essere punito per il fatto di reato che effettivamente commette. -se il consenso e oggettivamente inesistente, ma l'agente ritiene per errore che il consenso sussiste, tale errore verte sul fatto costitutivo del reato effettivamente commesso cioè un omicidio comune; l'errore di rappresentazione e esclude il dolo del reato che effettivamente si commette, omicidio comune, ma non esclude che il fatto possa essere punito come reato diverso. 11-aiuto al suicidio (articolo 580 c.p.)-articolo 580/1, punisce chiunque determina altri al suicidio o rafforzano altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione; la pena prevista dalla riferita norma è la reclusione da 5 a 12 anni e il suicidio avviene, se il suicidio non avviene la pena della reclusione da 1 a 5 anni sempre che dal tentativo di suicidio dei righi una lesione personale grave o gravissima. Il secondo comma stabilisce che le pene sono aumentate della persona istigata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente: le condizioni personali sono quelle della persona minore degli anni 18 è della persona inferma di mente o che si trovi in condizioni di efficienza psichica per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti.L'articolo 580 prevede una circostanza aggravante in quanto disciplina l'aiuto al suicidio e nonno un omicidio; inoltre dispone che all'aiuto al suicidio sono applicabili circostanze aggravanti comuni, come quella precedentemente detta. Sappiamo che il suicidio non è preveduto dalla legge come reato quindi la condotta di istigazione o aiuto e punita dall'articolo 580 perché è una condotta con la quale si vuole determinare la morte di una persona attraverso il suo suicidio; così il fatto costitutivo del reato e una condotta che causa indirettamente l'evento-morte. L'articolo 115 stabilisce che l'istigazione non seguite dalla commissione del reato di per sé non è punibile, ma questa disposizione attiene al concorso di persone in un reato e nonno a un reato molto soggettivo di istigazione. L'ammissibilità del tentativo e contrastata anche dall'argomento fondato sulla previsione espressa di conseguenze lesive gravi gravissime; questa sta significare che la volontaria condotta dell'aspirante suicida il fonte di autoresponsabilità. Il nucleo centrale dell'articolo 580 consiste nell'esclusione dell'ipotesi in virtù della quale nel suicidio potrebbe essere ravvisato l'esercizio di un diritto individuale sulla propria vita; tale ipotesi deve essere esclusa in forza dell'articolo 580 (partecipazione al altrui suicidio), infatti se il suicidio potesse essere considerato come esercizio di una facoltà legittima, dovrebbe ritenersi lecita in forza dell'articolo 119/2 anche la condotta di partecipazione consistente nell'aiuto prestato all'esercizio di un diritto.La nostra costituzione non stabilisce quale carattere, individuale o sociale, debba essere riconosciuto il diritto alla vita è un ulteriore motivo di perplessità deriva dall'inesistenza nel nostro ordinamento di una norma che in crimini suicidio e il tentato suicidio, è la spiegazione sta nel fatto che una volta consumato non ci potrebbe essere in qualche reato sarebbe estinto per la morte del reo.
  • 8. L'aiuto al suicidio e criminoso in sé stesso in quanto è causa dell'autolesionistico; non è invece criminoso l'atto autolesionistico. Quindi l'inesistenza della fattispecie incriminatrice del suicidio o del tentato suicidio impedisce di costruire l'ipotesi dell'aiuto al suicidio come condotta di concorso con persona non punibile in quanto sarebbe assurdo qualificare punibile la partecipazione ad un fatto non preveduto dalla legge come reato nei confronti del suo autore; così l'aiuto al suicidio costituisce un'ipotesi di reato che deve essere costruita su una condotta autonoma e dunque non accessoria a quella principale del suicidio o del tentato suicidio. L'applicazione dell'articolo 579 e limitata all'ipotesi in cui la condotta del colpevole determina direttamente la morte della vittima, mentre l'applicazione dell'articolo 580 e ristretta i casi in cui la condotta del colpevole non è causa diretta, perché la morte causata immediatamente dalla condotta della stessa vittima. Colui che determina l'incapace al suicidio deve rispondere di qualunque conseguenza dell'atto suicida ed anche del tentato suicidio privo di conseguenze lesive, ma pur sempre pericoloso per la vita del incapace. Nell'ipotesi in cui l'aiutò suicidio si è integrato per mezzo di un'omissione, c'è la configurabilità del tentativo sia speciale che comune; il concorso apparente di norme tra l'articolo 580 e l'omissione di soccorso di una persona che sta tentando o abbia tentato di uccidersi per essere risolto con l'assorbimento dell'omissione di soccorso nel aiutò suicidio quando questa sia solo il mezzo per aiutare l'altra persona a morire suicida, perché il fatto integrale una delle forme di condotte previste dall'articolo 580 e cioè l'aiutò suicidio; deve essere applicata la disposizione dell'articolo 593 (omissione di soccorso) quando il colpevole ommette il soccorso, senza che la sua volontà si proietti verso le conseguenze. 12-responsabilità civile-la persona che consente alla propria morte e persona offesa dal reato? È noto l'orientamento che sostiene il suicidio è una malattia diagnosticabile e che l'esito di questa malattia è prevedibile ed evitabile; l'uso di questo orientamento porta ad un avvicinamento tra fattispecie del 579 e del 580. Il consenziente che abbia riportato lesioni o chiedere il risarcimento del danno patrimoniale a colui al quale chiese di essere ucciso? Leggendo agli articoli 56-579, il fatto illecito e costituisce reato e dunque produce la responsabilità civile a favore della persona alla quale il reato arrecato danno. Leggendo l'articolo 580, l'istigazione o aiuto al tentativo di suicidio sono puniti solo se da esso derivi una lesione personale grave o gravissima. La legge penale non prevede come reato l'aiutò al suicidio, quando dal tentativo di suicidio non derivano lesioni gravi o gravissime; ciò comporta che non sussiste la responsabilità civile per il danno non patrimoniale, perché l'obbligo risarcimento del danno non patrimoniale sussiste quando il fatto dannoso costituisce anche reato. Ai fini della responsabilità civile non è necessario che l'aiuto sia volontariamente prestato in quanto sarebbe fonte di responsabilità anche un'agevolazione colposa (articolo 2043 CC, è fonte di responsabilità civile qualunque fatto dannoso, doloso o colposo. Così come fatto del consenso determina una minore gravità del reato, altrettanto avviene quando il manifesto l'apporto della vittima nella produzione del danno. Articolo 2056 c.c., il risarcimento dovuto al danneggiamento si deve determinare secondo le disposizioni dell'articolo 1227 c.c., si deve tener conto del dato che il fatto volontario della vittima ha concorso a cagionare il danno e da ciò discende che il risarcimento deve essere diminuito a seconda dell'entità delle conseguenze che sono derivate dal consenso o dalla condotta del danneggiato. 13-l'articolo 276 c.p. o la modifica della legge numero 1317/1947, punisce con l'ergastolo chiunque attenta alla vita.... del presidente della Repubblica; la previsione di questo articolo riguardo un delitto politico (articolo otto c.p.) il cui oggetto è l'eliminazione della auctoritas del capo dello Stato attraverso l'eliminazione della sua persona fisica. L'attentato è un danno e la consumazione del reato e anticipata al momento dell'attentato; l'attentato (senza esito) è di per sé un tentativo ma viene trattato dalla legge come se fosse un delitto consumato. Inoltre bisogna dire che l'applicazione dell'articolo 276 è differente da quella dei delitti comuni di tentato omicidio e di omicidio infatti se questi ultimi non hanno movente politico, ma comune allora non ha senso applicare l'articolo 276 che in un primo luogo tutela le funzioni di capo dello Stato.
  • 9. L'articolo 295 prevede la fattispecie di attentato alla vita dei capi di Stato esteri e tra questi deve essere compreso, dopo il nuovo concordato del 1984 anche il sommo pontefice; quest'articolo non prevede solo l'attentato alla vita, ma anche la realizzazione dell'evento-morte derivante dallo stesso attentato, infatti la pena è la reclusione non inferiore a vent'anni nell'ipotesi di attentato senza esito e dell'ergastolo quando ne derivi la morte. Per quanto riguarda dei delitti di attentato previsti dagli articoli 276 e 295 a confronto con l'istituto del tentativo, la dottrina propende in parte per una distinzione radicale tra attentato e tentativo: l'attentato può riuscire e ciononostante restare delitto di attentato mentre il tentativo è tale solo se non è riuscito perché altrimenti il delitto è consumato. Altra parte della dottrina sostiene il riconoscimento di un ambito di punibilità più ristretto nel tentativo e più ampio per l'attentato; altra dottrina si orienta invece verso l'identificazione dell'attentato con il tentativo e quindi verso l'utilizzazione dei criteri dell'idoneità, perché le ipotesi di attentato non sarebbero altro che tentativi elevati a previsione autonoma. L'ultimo orientamento sembra preferibile perché esclude la rilevanza di atti inidonei, quali atti preparatori, oppure non univoci. L'articolo 295 distingue l'ipotesi dell'attentato alla vita, punito con la reclusione non inferiore a vent'anni, da quello degli attentati all'incolumità o alla libertà personale, puniti entrambi con la pena della reclusione non inferiore a 15 anni; questo stesso articolo aggiunge una specifica previsione, in forza della quale se dal fatto derivante la morte del capo dello Stato estero il colpevole è punito con l'ergastolo. L'articolo 276 invece dice che chiunque attenta alla vita, all'incolumità o alla libertà personale del presidente della Repubblica è punito con l'ergastolo. La morte del capo dello Stato è una circostanza dell'attentato e l'ultima disposizione dell'articolo 295 e stabilisce la pena dell'ergastolo nel caso di morte derivata dal fatto di attentato può essere ritenuta una circostanza aggravante di tutti delitti di attentato previsti dall'articolo 295. Il problema sta nel fatto che è difficile individuare con certezza quando la morte costituisce un elemento circostanziare e quando invece un elemento costitutivo del fatto di reato; tale problema è risolto da un altro delitto di attentato, ovvero l'attentato per finalità terroristiche o di eversione, alla vita o all'incolumità di una persona preveduta dall'articolo 280 della legge numero 15/1980. Mentre il quarto comma dispone che se dei fatti di attentato alla vita o di attentato all'incolumità derivi la morte della persona, si applica l'ergastolo nel caso di attentato alla vita la reclusione di anni 30 nel caso di attentato all'incolumità; il quinto comma stabilisce che le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste nel quarto comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questo: la morte è qualificata come circostanza aggravante dell'attentato alla vita o all'incolumità fisica, per finalità terroristiche o di eversione. Nei delitti (articoli 571 572 588 591 593 c.p.) non c'è previsione della conseguenza voluta e la valutazione come circostanza aggravante attiene all'ipotesi della morte come conseguenza non voluta dal colpevole, perché nel caso in cui la morte fosse voluta troverebbe applicazione l'articolo 575 (omicidio volontario) in concorso con il reato connesso alla consumazione dell'omicidio. Questa constatazione porta dire che: -è ragionevole unificare il trattamento della morte che sia conseguenza non voluta che deriva comunque dal sequestro; tale ipotesi deve sempre essere valutata come circostanza aggravante del sequestro di persona ai fini di terrorismo o di estorsione e deve essere posta a carico del colpevole sempre che sussista la relazione soggettiva della rappresentatività della circostanza aggravante ai sensi dell'articolo 59/2 c.p. -è tassativo interpretare l'ipotesi in cui il colpevole cagiona volontariamente la morte del sequestrato come una enorme incriminatrice autonome speciale rispetto all'articolo 575. L'uccisione di una persona che il colpevole stia tentando di sequestrare costituisce un'ipotesi di concorso di reati tra il tentativo di sequestro a scopo di terrorismo o estorsione(articoli 56-289 bis) e l'omicidio (575); ciò avviene anche nel caso di tentato omicidio (articoli 56-575) e di persona sequestrata (289 bis/1 e 630/1). Nel primo caso, manca la previsione di legge che possa unificare due reati in quanto l'ucciso non ancora sequestrato; nel secondo caso il tentato omicidio non può essere costruito innestando l'articolo 56 come degli articoli 289 bis e 630 perché ne deriverebbe l'effetto assurdo per cui il tentato omicidio del sequestrato sarebbe punito in misura inferiore al semplice sequestro al fine di terrorismo o di estorsione.
  • 10. Anche l'articolo 285 l'articolo 422 c.p. possono annoverarsi tra le fattispecie di attentato, infatti l'articolo 285 punisce con l'ergastolo chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto portare la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso; il bene tutelato dalla prima norma è semplicemente la sicurezza dello Stato dunque l'attentato sulla pubblica incolumità costituisce solo il modo dell'offesa ovvero l'evento strumentale rispetto a quello che costituisce reale obiettivo. Anche l'articolo 422 costituisce una fattispecie di attentato infatti punisce a titolo di strage con l'ergastolo chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità, se dal fatto deriva la morte di più persone; se è cagionata la morte di una sola persona si applica l'ergastolo e conclude stabilendo che in ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a 15 anni. È esistente un rapporto di specialità tra le due norme: in primo luogo l'articolo 285 specializza l'ipotesi dell'attentato contro la pubblica incolumità (strage) perché lei ne sta, come mezzo usato per il fine, nell'attentato alla sicurezza dello Stato;la norma dell'articolo 285 contiene l'intera figura base della strage, quelle punite con la reclusione non inferiore a 15 anni; le ulteriori figure di strage, quelle punite con l'ergastolo in quanto ipotesi aggravate, sono proprie dell'articolo 422 e quindi non implicitamente assorbite dall'articolo 285. In secondo luogo si può anche constatare l'evidenza della strage e nella figura base un diritto consumazione anticipata e più precisamente un attentato. In terzo luogo, la lettura rovesciata, permette di accertare che l'uccisione di una o più persone rappresenta un elemento ulteriore aggiuntivo rispetto alla consumazione del delitto di strage; l'interpretazione parallela dell'articolo 285 e articolo 422 ha dimostrato che il primo prevede la stessa materia del secondo il quale contiene una clausola di riserva a favore dell'applicazione del primo. 14-circostanze aggravanti-le circostanze aggravanti relative alle omicidio doloso (articolo 575) sono prevedute negli articoli 576 e 577, queste sono circostanze speciali che determinano un aumento di pena in misura diversa da quello comune, e devono essere valutate prima delle circostanze l'effetto comune. Dato che sia l'articolo 576 che l'articolo 577 stabiliscono che l'effetto speciale delle aggravanti in esse previste consistono nell'introduzione della pena dell'ergastolo, quando è applicata una circostanza autonoma ad effetto speciale, l'inflizione della pena massima non lascia spazio per l'applicazione delle altre aggravanti. Come mai il codice contiene due disposizioni relative ad elementi circostanziali aggravanti speciali relativi all'omicidio, quando ambedue prevedono l'ergastolo? La spiegazione è che in origine il codice Rocco prevedeva la pena di morte la previsione dell'articolo 576 concerneva circostanze aggravanti in presenza delle quali doveva essere applicata la pena di morte; dato che la pena di morte è stata completamente tolta dall'ordinamento giuridico abbiamo così due disposizioni di legge che concernono entrambe le circostanze aggravanti e tutte due producono la modifica della bella specie della pena nel senso di prevedere l'ergastolo il luogo della pena detentiva temporanea. Va ricordata la previsione del numero 5 articolo 576 in forza della quale deve essere punito con l'ergastolo l'omicidio perpetrato nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519,525 521. L'aggravante prevista dal numero 5 articolo 576 e mirata contro l'uccisione che è conseguenza diretta della stessa violenza, o contro la violenza omicida diretta a infrangere la resistenza della vittima. Riguardo alla connessione con la violenza sessuale, un problema applicativo riguarda la violenza sessuale di gruppo in quanto questa una fattispecie autonoma, punita con pena diversa da quella ordinaria per il reato e per la quale è prevista la procedibilità d'ufficio e non a seguito di querele per la persona offesa. L'articolo 576 numero 2 prevede un'unica circostanza cumulativa, ognuna delle quali è prevista da solo nell'articolo 577 a i numeri 1,2,3 e 4. L'articolo 576 numero 3 prevede l'aggravante della latitanza, quando l'omicidio sia commesso per evitare la cattura o per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza (circostanza speciale propria). l'articolo 576 numero 4 prevede che si applichi la pena dell'ergastolo all'associato per delinquere che abbia commesso un omicidio per sottrarsi all'arresto, la cattura o alla carcerazione; è una circostanza speciale propria del condannato per associazione per delinquere comune (articolo 416) di tipo mafioso (articolo 416 bis) o a scopo di terrorismo (articolo 270 bis). L'articolo 577 numero 1 prevede la circostanza aggravante di aver commesso l'omicidio volontario contro l'ascendente o il discendente; un problema applicativo di questa circostanza riguarda l'errore sulla circostanza, che si verifica quando l'omicidio commesso nei confronti dell'ascendente o discendente per errore di persona (articolo 60 c.p.) o per errore di esecuzione (articolo 82 c.p.): nel primo caso l'articolo 60 dispone che nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti. In entrambi i casi l'errore può essere determinato da colpa. Questa circostanza si applica l'omicidio dell'ascendente naturale o del discendente naturale; l'ultima parte dell'articolo 577 prevede l'omicidio del padre della madre adottivi e del figlio adottivo; anche questo omicidio è aggravato ed è previsto l'aumento della pena della reclusione da 24 a 30 anni. L'articolo 577 numero 2 prevede come circostanza aggravante l'aver commesso l'omicidio col mezzo di sostanze venifiche, o con un altro mezzo insidioso.
  • 11. L'articolo 577 numero 3 prevede l'aggravante della premeditazione che consta di 2 elementi: -cronologico-intervallo temporale tra la risoluzione criminosa di uccidere uno o più persone determinate l'attuazione del proprio omicidio; -ideologico-continuità della medesima decisione iniziale; l'articolo 577 numero 4 prevede la pena dell'ergastolo per omicidio commesso nel concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61, e consistono nell'aver agito per motivi abietti e futili e nell'avere adoperato servizio o nell'aver agito con crudeltà verso le persone. L'articolo 585 stabilisce che se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576 la pena per l'omicidio preterintenzionale e aumentata da 1/3 alla meta; lo stesso articolo prevede che, se con l'omicidio preterintenzionale concorre alcune delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577 la pena aumentata fino a 1/3. Le circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 576 e 577 non si applicano al delitto di infanticidio (articolo 578) e ne ha l'omicidio del consenziente (articolo 579) e all'istigazione aiuto al suicidio (articolo 580) oltre che all'omicidio colposo in quanto riguardo a questa fattispecie non esiste alcuna norma che faccia riferimento a quelle circostanze. ________________________________________________________________________________