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GUIA BONI-CAMILLA MIGLIO (Napoli), Parole della
nostalgia: Saudade, Sehnsucht.
Discussant: Domenico Ingenito (Napoli)

Introduzione
Perché la saudade è intraducibile? Perché non esiste un corrispondente italiano, ma come vedremo
non esiste un corrispondente in nessuna altra lingua. O per meglio dire è così che la interpretano e
l’hanno sempre interpretata i portoghesi. La saudade è il loro rifugio, è la parola che li distingue dagli
altri, è il loro sogno e il loro destino, una serie di sentimenti ambigui e contraddittori che neanche loro
sono in grado di tradurre.
La saudade è, come scrive Eduardo Lourenço, il “blasone della sensibilità portoghese”1. Oltre al
significato araldico di simbolo, in senso figurato il blasone è anche il concetto che riassume un
proposito di vita.
L’inafferrabilità del concetto fa sì che non si riesca a trovare un equivalente.
Le definizioni dei dizionari non sono esaurienti, l’etimologia è incerta, i tentativi di definizione che
verranno dati nel corso dei secoli si richiamano all’ambiguità, all’ossimoro, non offrendoci mai un
appiglio cui attaccarci per delimitare il campo. È tutto fluido come il mare che ha segnato la storia del
Portogallo.
Su questo concetto labile, ma identitario, di saudade, si innesta nei due grossi momenti di crisi, alla
fine del Cinquecento e dell’Ottocento, un senso di rivendicazione nazionale che, per chi non è
portoghese o non conosca la storia del paese, fa risultare questo sentimento ancora più
incomprensibile. È un sentimento in itinere.
Per questo tenterò in questo seminario non di fissare la saudade, ma di percorrere la storia del
concetto che corre su due binari paralleli – storia della parola e storia del Portogallo –, ma che quando
si incontrano, si modificano a vicenda. La parola acquista nuovo significato o altre sfumature, come
se si stratificasse, ma anche la storia, che si identifica nella saudade, ne viene condizionata.
La saudade è diventato anche fenomeno di esportazione nei paesi di lingua portoghese, ma con
diversa coloritura perché la malleabilità del termine consente di adattarlo ad altri soli e temperature.


Definizione
Partiamo dalla definizione moderna portoghese: “Sentimento più o meno malinconico di
incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di una presenza di qualcosa o qualcuno, di
allontanamento da un posto o da una cosa, o all’assenza di certe esperienze e determinati piaceri già
vissuti e considerati un bene desiderabile.”2
1
 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gradiva, 2001, p. 113.
2
 “Sentimento mais ou menos melancólico de incompletude, ligado pela memória a situação de privação da
presença de alguém ou de algo, de afastamento de um lugar ou de uma coisa, ou à ausência de certas
experiências e determinados prazeres já vividos e considerados pela pessoa em coisa como um bem
                                                                                                           1
Prima di passare ai dizionari italiani, volevo sgombrare il campo da eventuali sinonimie con parole
come malinconia o nostalgia. Mi rifaccio alle parole di Eduardo Lourenço che è stato il primo filosofo
e letterato a occuparsi del termine, interpretandolo anche in chiave psicanalitica:
“La malinconia guarda al passato come definitivamente passato […]. La nostalgia si stabilisce in un
passato determinato, in un luogo, in un momento, in un oggetto di desiderio al di fuori della nostra
portata […]. La saudade è partecipe dell’una e dell’altra, ma in modo così paradossale, così strano
[…] che, a ragione, è diventata un labirinto e un enigma per coloro che la provano come se fosse il
più misterioso e il più prezioso di tutti i sentimenti”3.
Passiamo ora ai dizionari italiani:
Il Grande Dizionario della lingua italiana di Battaglia della Utet non lo registra, mentre il
Vocabolario della lingua italiana della Treccani del 1998, dà questa definizione:
“Sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, che permea la
poesia lirica portoghese e brasiliana dell’Ottocento e che si è diffuso come stereotipo dell’animo
portoghese e, per estensione, brasiliano”.
Definizione errata e incompleta perché fa risalire la saudade all’Ottocento, mentre è presente sin dal
medioevo.
Il traduttore è già buttato nello sconforto perché se decide – e non può fare altrimenti – di lasciare la
parola in portoghese, sa che i dizionari italiani non saranno di nessun aiuto al lettore.


Etimologia
 “SAUDADE – Do lat. Solitate, solitudine, abbandono, che viene dall’arcaico soedade, soidade,
suidade e che ha subito l’influenza di saudar”4.
Cerchiamo di spiegare meglio: dal lat. Solitate:
lenizione romanza della dentale t in d ⇒ Solidade,
la caduta della l intervocalica, comune in portoghese ⇒ Soidade
con l’eventuale alternanza vocalica u/o ed e/i ⇒ Soidade / Suidade / Soedade
Ma poiché non si spiega come si sia passati dal dittongo ui / oi al dittongo au, la filologa tedesca
Carolina Michaëlis de Vasconcelos, che fu la prima all’inizio del Novecento a soffermarsi sul
termine, propone di ricorrere all’analogia, all’associazione d’idee o all’etimologia popolare,
innestando sull’originale soidade, saúde – cioè salute – da cui sarebbe scaturito saudade.5

desejável”. voce “saudade”, Dicionário Houaiss da língua portuguesa, Lisboa, Temas e Debates, 2003.
3
  Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, nel suo Mitologia della saudade, Napoli, Orient-Express, 2006, p.
33.
4
  Voce “saudade”, in Antenor Nascentes, Dicionário etimológico da língua portuguesa, t. I, Rio de Janeiro,
1955.
5
  Carolina Michaëlis de Vasconcelos, A saudade portuguesa, Porto/Lisboa, Renascença Portuguesa, 1922,
                                                                                                        2
Ma c’è anche un’altra proposta etimologica, proveniente dall’arabo: saudade dall’ar. Saudá. Ci sono
tre espressioni arabe suad, saudá e sauidá che hanno il senso morale di profonda tristezza e
letteralmente sangue pesto e nero dentro il cuore; in medicina as-saudá è una malattia del fegato che
si rivela con una tristezza amara e malinconica.6
Ma, per esempio, nel volume Influência arábica no vocabulário português, (vol. II, Lisboa, Revista
de Português, 1961) curato da José Pedro Machado la parola non è registrata.
Anche dal punto di vista etimologico non non c’è grande chiarezza. E se le definizioni dei dizionari
portoghesi, italiani ed etimologici sono poco nitide significa che è difficile condensare in poche
parole un concetto profondo che attraverso i secoli subisce modifiche, rispecchiando di volta in volta
realtà diverse. La saudade è una parola inafferrabile, difficile da definire e catalogare, da fissare in
una definizione.


La storia
Medioevo – lirica galego portoghese
La prima testimonianza di saudade – o soidade, suidade, soedade – la ritroviamo agli albori
dell’Hispania medievale, nella lirica galego-portoghese, cioè quella lingua che veniva praticata in
letteratura in tutta la penisola iberica, senza distinzione di classe – dai re ai giullari – dal Duecento
alla metà del Trecento. Si è stabilito come termine ad quem, la morte del conte di Barcelos, avvenuta
nel 1354, che raccolse il cosiddetto Livro das Cantigas, oggi perduto, ma da cui sono derivati i tre
attuali canzonieri in nostro possesso.
Tre i generi in cui è suddivisa la lirica profana galego-portoghese: d’amor, di netta ispirazione
provenzale; le cantigas d’escarnho e maldizer (cioè di scherno e maldicenza), anch’esse di
ispirazione provenzale, ma ovviamente calate nel panorama della penisola iberica, altrimenti la satira
avrebbe perso mordente. E infine le cantigas d’amigo, genere che non ha corrispondenza altrove, che
mostra, però, analogie con le kharajak mozarabiche (strofa finale di una composizione araba o ebraica
più lunga). A determinarne l'originalità è l'io lirico femminile che lamenta l'assenza dell'amato in un
monologo o dialogo con altre figure femminili (madre, amiche). L’altra differenza rispetto alla
cantiga d’amor è la protagonista femminile che non è l’irraggiungibile senhor, ma una fanciulla, una

pp. 62-63.
6
  “João Ribeiro Curiosidades verbais, 197-201, entende que saudade pode provir do ár. Saudá. De acordo
com informações do prof. Ragy Basile, apresenta três expressões árabes suad, saudá e sauidá que têm o
sentido moral de profunda tristeza e literalmente do sangue pisado e preto dentro do coração; na medicina
as-saudá é uma doença do figado que se revela pela tristeza amarga e melancólica. Poderia objectar-se,
acrescenta este autor, que são raras as palavras que exprimem sentimento, tomadas do árabe. Convém
entretanto lembrar que a palava, como foi dito designa igualmente uma doença e muitas desse teor vieram do
árabe: achaque, enxaqueca…”, Antenor Nacentes, cit., p. 461
                                                                                                        3
dona virgo. Ed è in questo genere che troviamo la saudade perché la donna lamenta la partenza
dell’amico/amato e prova il rimpianto di un passato felice passato insieme a lui. Predomina il motivo
della separazione. E questo la distingue dalla cantiga d’amor in cui la donna cantata, la senhor, è
irraggiungibile, come nel dolce stil novo. Mentre l’amore travagliato nelle cantigas d’amigo si rifà a
un passato comune. Quindi è l’assenza, la lontananza spaziale a generare la saudade.
Alla metà del Trecento, il galego-portoghese come lingua colta della penisola iberica cade in disuso.
Il galego continuò a essere scritto fino al Cinquecento, poi confinato all’oralità dal castigliano, per poi
rinascere nell’Ottocento e – dopo la messa al bando da parte della dittatura franchista – risorgere dopo
il 1975.
Il portoghese, dal canto suo, si distanzia dal galego e diventa la lingua della monarchia portoghese (il
Portogallo si costituì stato nel 1249) e assume come norma la lingua parlata nella zona del centro sud
tra Lisbona, Coimbra ed Evora, dove si trovava la corte e il cuore economico del paese.
La divergenza linguistica che nasce, quindi, alla metà del Trecento coinvolgerà anche la parola
saudade. In castigliano solitatem latino darà origine a soledad, cioè solitudine, mentre in portoghese
dalla stessa parola latina avremo una biforcazione di significato: solidão, solitudine e saudade.
Da questo momento in poi la saudade diventa peculiare del portoghese e del Portogallo. E nasce
come parola della poesia, caratteristica che l’accompagnerà a lungo. Come scrive Eduardo Lourenço
“Antes de ser pensada, a saudade foi cantada”7. E, infatti, da moto spontaneo dell’anima, tutte le volte
che la saudade sarà “pensata”, subirà un cambiamento.
È l’antica e talvolta insuperata distinzione tra parola poetica e parola pensante, cioè tra poesia e
filosofia: “La scissione della parola è interpretata nel senso che la poesia possiede il suo oggetto senza
conoscerlo e la filosofia lo conosce senza possederlo.”8


D. Duarte e la prima riflessione
La prima riflessione sulla saudade risale al Quattrocento e la dobbiamo al re Dom Duarte e al suo
trattato intitolato Leal Conselheiro. D. Duarte che regna dal 1433 al 1438 è il secondo re della
dinastia Avis – dinastia sotto la quale i portoghesi vivono, nel corso di due secoli (1385-1580), la loro
parabola di splendore e miseria: la gloria delle scoperte e la decadenza con la perdita
dell’indipendenza. Negli ultimi anni del suo regno, D. Duarte scrive il Leal Conselheiro, una serie di
precetti didascalico-moraleggianti per educare la corte ancora relativamente recente. Nel capitolo
XXV si sofferma a parlare della saudade, tentando per la prima volta di darne una definizione: “La
saudade […] è un sentimento del cuore che viene dalla sensualità e non dalla ragione e, talvolta, fa


7
    Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 93.
8
    Giorgio Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino, Einaudi, 2006, p. XIII.
                                                                                                              4
provare tristezza e angustia”9. E distingue due tipi di saudade: uno positivo legato a un ricordo che
rende piacevole il presente e uno negativo che, invece, amareggia il presente con il rimpianto. Ma
accanto a questa distinzione assai vaga, che, credo, volutamente, non faccia riferimento alla lirica
galego-portoghese – perché di dominio di tutta la Penisola iberica e quindi priva di carattere nazionale
–, l’elemento principale di questo capitolo – peraltro non interamente dedicato alla saudade – risiede
nel fatto che D. Duarte definisce la saudade una parola specificamente portoghese: “E mi sembra che
questo nome di saudade né in latino né in altra lingua, che io sappia, ha simile significato”10. A
neanche un secolo dalla nascita della lingua portoghese, D. Duarte connota la saudade come
tipicamente portoghese, elemento discriminante nei confronti delle altre lingue, latino compreso, e di
altri popoli.
In questo suo trattato anticipa di cinque secoli la distinzione tra saudade/malinconia/nostalgia che
abbiamo letto prima di Eduardo Lourenço. Infatti il re portoghese dedica il XIX capitolo all’umore
malinconico11, definendolo una malattia. Quindi nel Quattrocento, i due termini non possono essere
confusi.
Ma la situazione storica e politica in cui vive D. Duarte e la sua corte non si presta alla saudade.
Mentre D. Duarte scrive, il Portogallo è già proteso verso il mare. Il fratello, l’Infante Dom Henrique,
detto il Navigatore, ha dato l’avvio alle imprese, scoprendo Madeira, le Azzorre e spingendosi fino a
Capo Verde. Il Portogallo è in piena espansione, è al principio della sua gloria.


Storia e saudade: la fine della dinastia Avis e la perdita dell’Indipendenza
Bisognerà aspettare la disfatta di Alcácer-Quibir perché la saudade da sentimento individuale, diventi
sentimento nazionale, che pervade e identifica un popolo. Da sentimento peculiare dell’anima,
diventa sentimento di una nazione.
Nel 1578, il re D. Sebastião, a soli 24 anni, parte in crociata, accompagnato da tutta la corte, ad
Alcácer-Quibir in Marocco contro gli infedeli. I portoghesi vengono annientati. D. Sebastião muore
sul campo e non ne viene ritrovato il corpo. Due anni dopo, muore anche lo zio il cardinale D.
Henrique, ulitmo legittimo erede della dinastia Avis, la corona portoghese viene cinta, per questioni
dinastiche, dal re di Spagna, della casata degli Asburgo, D. Filipe II di Spagna, I di Portogallo. La
cosiddetta monarchia duale durerà fino al 1640, quando a seguito di una rivoluzione, la dinastia dei
Bragança salirà sul trono portoghese per rimanervi fino all’avvento della repubblica nel 1910.
9
  “E a saudade […] é um sentido do coração que vem da sensualidade, e não da razão, e faz sentir às vezes os
sentidos da tristeza e do nojo”, in Dom Duarte, Leal Conselheiro, a cura di João Morais Barbosa, Lisboa,
Imprensa Nacional-Casa da Moeda, 1982, pp. 128-129. Il capitolo XXV “Do nojo, pesar, desprazer,
aborrecimento e saudade”, pp. 127-133.
10
   “E porém me parece este nome de saudade tão próprio, que o latim nem outra linguagem que eu saiba não
é para tal sentido semelhante”, Dom Duarte, cit., p. 129.
11
   “Da maneira como fui doente do humor merencórico, e dele guareci”, cap. XIX, pp. 100-106.
                                                                                                          5
Da quel funesto 1580 i portoghesi cominceranno a elaborare il lutto di cui parlerà secoli dopo Freud
nel saggio “Lutto e malinconia” e a ritirarsi nell’“IO” narcisistico della nazione. Sul mito già
intimamente portoghese della saudade, sentimento legato alla solitudine e all’identità, si innesta il
movimento messianico del sebastianismo, cioè il desiderio di ritornare alla gloria passata, grazie al
ritorno di D. Sebastião. Quindi un’attesa dettata, come in tutti i movimenti messianici, da un’assenza
di dinamismo perché la soluzione arriverà da un deus ex machina. Lo sguardo dei portoghesi si volge
non più solo a una distanza spaziale (come nella lirica galego portoghese), ma anche a una distanza
temporale, ma non è l’ubi sunt, semmai uno spazio onirico e idealizzato che si nutre di speranze.


Altre definizioni
Il tempo stempera le asperità e anche la saudade e il sebastianismo, pur essendo elementi
consustanziali dell’essere portoghese, non sono onnipresenti, ma come un fiume carsico fuoriescono
in superficie e rientrano.
Vorrei soffermarmi sulle definizioni di due grandi letterati portoghesi: Francisco Manuel de Melo e
Almeida Garrett per sottolineare come nonostante i secoli che scorrono (Francisco Manuel de Melo è
barocco mentre Garrett è romantico), la definizione della saudade ricorre come topos dell’ambiguità,
con la scarsa leggibilità che la caratterizza sin dalle origini. Tra i due si inserisce il padre António
Vieira (1608-1697), gesuita, polemista, che con la sua História do Futuro e la Clavis prophetarum
farà passare il sebastianismo e, di rimando, la saudade, dall’ambito popolare in cui era germogliato
(per lo meno il sebastianismo) a un ambito colto. Egli Vaticina un Quinto Impero (dopo quello
babilonese, persiano, greco e romano): l’impero universale di Cristo in cui il re di Portogallo, ormai
sconfitti gli infedeli, dominerà il mondo in nome della fede cristiana. Di nuovo un’attesa, non più del
singolo e defunto Dom Sebastião, ma di un intero popolo che in un futuro (quando?) tornerà a essere
a capo del mondo.


D. Francisco Manuel de Melo (1608-1666)
“E sembra spettare ai portoghesi più che alle altre nazioni del mondo rendere conto di questa generosa
passione, cui soltanto noi sappiamo dare un nome, chiamandola saudade […]. La saudade fiorisce tra
i portoghesi per due ragioni più stabili in noi che in altri popoli del mondo perché entrambe queste
cause in essa hanno il loro principio: Amore e Assenza sono i genitori della saudade […] La saudade
è una delicata passione dell’anima, tanto sottile che si prova in modo equivoco, lasciandoci indistinto
il dolore della soddisfazione. È un male che piace e un bene che si patisce”12.
12
  “E pois parece que lhes toca mais aos Portugueses que a outra nação do mundo o dar-lhe conta desta
generosa paixão, a quem sómente nós sabemos o nome, chamando-lhe Saudade, quero eu agora tomar sobre
mi esta notícia. Florece entre os Portugueses a saudade por duas causas mais certas em nós que em outra
gente do mundo, porque de ambas essas causas tem seu princípio: Amor e Ausência são os pais da saudade
                                                                                                      6
Di nuovo viene rivendicato il carattere autoctono della saudade, la quale è considerata tratto distintivo
rispetto al resto del mondo.
La definizione è concettuosa e ingegnosa com’era caratteristico della poesia barocca che si distingue
per la agudeza e gioca sull’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostamento di parole che
esprimono concetti contrari: “È un male che piace e un bene che si patisce”, ma anche
sull’ambiguità: “equivoco”, “indistinta”.
Dal punto di vista storico, FMdeM si inserisce nella scia di D. Duarte, rivendicando il carattere
nazionale del sentimento, dal punto di vista della definizione, i termini adoperati non solo giocano
sull’ambiguità, ma anche sul paradosso, rendendo inafferrabile il sentimento, incomprensibile a
coloro che non sono portoghesi. Anche questa è una rivendicazione, tanto più se pensiamo che
FMdeM vive sotto la monarchia duale e scrive in spagnolo e in portoghese. È quindi una
rivendicazione di nazionalità. L’oscurità di cui si ammanta la saudade diventa elemento criptico,
simbolico. È l’affermazione dell’identità nazionale.


Garrett (1799-1854)
Sono trascorsi due secoli, il Portogallo ha vissuto varie vicissitudini tra cui l’invasione napoleonica, la
corte portoghese che si rifugia a Rio de Janeiro, l’indipendenza del Brasile e la guerra intestina tra
costituzionalisti e anticostituzionalisti, cui prese parte anche Garrett.
Ecco l’incipit della pièce teatrale che Garrett dedica a Camões nel 1825:
“Saudade gosto amargo dos infelizes
Delicioso pungir do acerbo espinho”
Anche in epoca romantica si fa ricorso all’ossimoro, qui accentuato anche dal gioco di chiasmo. A
Camões, padre della patria cui si devono Os Lusíadas, il canto epico delle imprese portoghesi,
incarnazione della saudade perché ha passato parte della sua vita fuori dai confini nazionali (come
peraltro Garrett in esilio per motivi politici), Garrett dedica – nel suo progetto romantico di recupero
della nazionalità – quella che viene considerata la più bella definizione di saudade, perché lapidaria e
poeticamente ineccepibile. Ma al di là dell’indubbia bellezza, tale definizione non ci fornisce altri
elementi per capire l’animo portoghese. Anzi, accresce quella che Eduardo Lourenço ha definito:
“paradoxal ontologia”13. Essendo l’ontologia, in filosofia, lo studio dell’essere in quanto essere,
prescindendo dalle sue manifestazioni, il fatto che sia paradossale, cioè tutta giocata sull’ossimoro, ci
palesa quanto questo sentimento sia inafferrabile, incomprensibile a chi non sia portoghese e, forse, ai
portoghesi stessi che non lo percepiscono con la ragione – come diceva già D. Duarte –, ma col cuore.
[…] É a saudade uma mimosa paixão da alma, e por isto tão subtil, que equivocamente se experimenta,
deixando-nos indistinta a dor da satisfação. É um mal de que se gosta, e um bem que se padece”, Francisco
Manuel de Melo, Epanáfora amorosa.
13
   Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 115.
                                                                                                         7
Storia e saudade: l’Ultimatum inglese
Come dicevamo prima, il sentimento della saudade si modifica nel corso della storia del Portogallo, a
causa della storia del paese. Così come la tragedia di Alcácer-Quibir le conferisce una connotazione
nazionale, ammantandola di un’aura messianica, così un altro evento storico: il famoso ultimatum del
1890, che l’Inghilterra (alleato storico del Portogallo dai tempi del Medioevo, quando la principessa
Filippa di Lancaster va in sposa a D. João I, genitori di D. Duarte) lancia al Portogallo, umiliandolo a
livello internazionale. Dopo la conferenza di Berlino (1884-1885), i paesi europei che hanno colonie
in Africa devono fisicamente occuparle. Il Portogallo, sempre angustiato dalla scarsa popolazione,
tenta di aprirsi un corridoio tra Angola e Mozambico per agevolare i transiti tra le due colonie. Ma
l’inghilterra che, invece, vuole costruire una ferrovia da Città del Capo al Cairo, si oppone e costringe
il Portogallo a ritirare le proprie truppe. L’umiliazione sulla scena internazionale è cocente per un
paese che non si è ancora arreso all’idea di aver perduto la gloria tre secoli prima. Il movimento
saudosista recupera la saudade come connotazione della razza. Di nuovo questo sentimento diventa
scudo, protezione nei confronti dell’avversario, sia esso spagnolo o inglese. Di nuovo viene innalzato
il vessillo della saudade come simbolo di portoghesità, in attesa del riscatto, in attesa di tempi
migliori. La saudade è la parola-simbolo elemento coagulante di identità nazionale.


L’ultima parola a Fernando Pessoa:
Ma forse l’unico che sia riuscito a far confluire nella parola-sentimento saudade l’intero spirito di una
nazione è Fernando Pessoa che cede la parola all’eteronimo Álvaro de Campos:
“A saudade é um cais de pedra”
In “Ode Marítima” Fernando Pessoa/Álvaro de Campos dà forse la definizione meno criptica tra tutte
quelle che abbiamo visto finora. Innanzi tutto perché non fa uso dell’ossimoro che Giovan Battista
Vico nelle sue Institutiones oratoriae definiva come una figura di pensiero mirante ad “affermare di
una cosa che essa non è quello che è”, predicandola quindi mediante il suo contrario, ma adopera la
metafora che è sempre una figura retorica, basata sulla comparazione tacita, ma, per sua natura,
dinamica. È una anomalia semantica, è una percezione sincretica di due entità concettuali. E, infatti,
FP riesce a condensare tutta la storia della saudade in un unico verso, in un’unica immagine. In quel
“molo di pietra” c’è la sintesi di un paese: il mare medievale delle cantigas, gli oceani delle scoperte,
la tristezza dell’addio, il porto del naufrago, ma anche l’immobilismo di pietra di una nazione che per
secoli si è rispecchiata in un passato che non c’era più, in attesa di un futuro messianico.


Conclusione


                                                                                                       8
La saudade è il serbatoio, la memoria e l’immaginario di un popolo e questo non è traducibile. Vorrei
concludere, riprendendo le parole di Eduardo Lourenço: “La saudade è […] diventata un labirinto e
un enigma per quelli che la provano come se fosse il più misterioso e il più prezioso di tutti i
sentimenti”14.
E come si fanno a tradurre un labirinto e un enigma?




14
     Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, cit., p. 33.
                                                                                                   9

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  • 1. GUIA BONI-CAMILLA MIGLIO (Napoli), Parole della nostalgia: Saudade, Sehnsucht. Discussant: Domenico Ingenito (Napoli) Introduzione Perché la saudade è intraducibile? Perché non esiste un corrispondente italiano, ma come vedremo non esiste un corrispondente in nessuna altra lingua. O per meglio dire è così che la interpretano e l’hanno sempre interpretata i portoghesi. La saudade è il loro rifugio, è la parola che li distingue dagli altri, è il loro sogno e il loro destino, una serie di sentimenti ambigui e contraddittori che neanche loro sono in grado di tradurre. La saudade è, come scrive Eduardo Lourenço, il “blasone della sensibilità portoghese”1. Oltre al significato araldico di simbolo, in senso figurato il blasone è anche il concetto che riassume un proposito di vita. L’inafferrabilità del concetto fa sì che non si riesca a trovare un equivalente. Le definizioni dei dizionari non sono esaurienti, l’etimologia è incerta, i tentativi di definizione che verranno dati nel corso dei secoli si richiamano all’ambiguità, all’ossimoro, non offrendoci mai un appiglio cui attaccarci per delimitare il campo. È tutto fluido come il mare che ha segnato la storia del Portogallo. Su questo concetto labile, ma identitario, di saudade, si innesta nei due grossi momenti di crisi, alla fine del Cinquecento e dell’Ottocento, un senso di rivendicazione nazionale che, per chi non è portoghese o non conosca la storia del paese, fa risultare questo sentimento ancora più incomprensibile. È un sentimento in itinere. Per questo tenterò in questo seminario non di fissare la saudade, ma di percorrere la storia del concetto che corre su due binari paralleli – storia della parola e storia del Portogallo –, ma che quando si incontrano, si modificano a vicenda. La parola acquista nuovo significato o altre sfumature, come se si stratificasse, ma anche la storia, che si identifica nella saudade, ne viene condizionata. La saudade è diventato anche fenomeno di esportazione nei paesi di lingua portoghese, ma con diversa coloritura perché la malleabilità del termine consente di adattarlo ad altri soli e temperature. Definizione Partiamo dalla definizione moderna portoghese: “Sentimento più o meno malinconico di incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di una presenza di qualcosa o qualcuno, di allontanamento da un posto o da una cosa, o all’assenza di certe esperienze e determinati piaceri già vissuti e considerati un bene desiderabile.”2 1 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gradiva, 2001, p. 113. 2 “Sentimento mais ou menos melancólico de incompletude, ligado pela memória a situação de privação da presença de alguém ou de algo, de afastamento de um lugar ou de uma coisa, ou à ausência de certas experiências e determinados prazeres já vividos e considerados pela pessoa em coisa como um bem 1
  • 2. Prima di passare ai dizionari italiani, volevo sgombrare il campo da eventuali sinonimie con parole come malinconia o nostalgia. Mi rifaccio alle parole di Eduardo Lourenço che è stato il primo filosofo e letterato a occuparsi del termine, interpretandolo anche in chiave psicanalitica: “La malinconia guarda al passato come definitivamente passato […]. La nostalgia si stabilisce in un passato determinato, in un luogo, in un momento, in un oggetto di desiderio al di fuori della nostra portata […]. La saudade è partecipe dell’una e dell’altra, ma in modo così paradossale, così strano […] che, a ragione, è diventata un labirinto e un enigma per coloro che la provano come se fosse il più misterioso e il più prezioso di tutti i sentimenti”3. Passiamo ora ai dizionari italiani: Il Grande Dizionario della lingua italiana di Battaglia della Utet non lo registra, mentre il Vocabolario della lingua italiana della Treccani del 1998, dà questa definizione: “Sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, che permea la poesia lirica portoghese e brasiliana dell’Ottocento e che si è diffuso come stereotipo dell’animo portoghese e, per estensione, brasiliano”. Definizione errata e incompleta perché fa risalire la saudade all’Ottocento, mentre è presente sin dal medioevo. Il traduttore è già buttato nello sconforto perché se decide – e non può fare altrimenti – di lasciare la parola in portoghese, sa che i dizionari italiani non saranno di nessun aiuto al lettore. Etimologia “SAUDADE – Do lat. Solitate, solitudine, abbandono, che viene dall’arcaico soedade, soidade, suidade e che ha subito l’influenza di saudar”4. Cerchiamo di spiegare meglio: dal lat. Solitate: lenizione romanza della dentale t in d ⇒ Solidade, la caduta della l intervocalica, comune in portoghese ⇒ Soidade con l’eventuale alternanza vocalica u/o ed e/i ⇒ Soidade / Suidade / Soedade Ma poiché non si spiega come si sia passati dal dittongo ui / oi al dittongo au, la filologa tedesca Carolina Michaëlis de Vasconcelos, che fu la prima all’inizio del Novecento a soffermarsi sul termine, propone di ricorrere all’analogia, all’associazione d’idee o all’etimologia popolare, innestando sull’originale soidade, saúde – cioè salute – da cui sarebbe scaturito saudade.5 desejável”. voce “saudade”, Dicionário Houaiss da língua portuguesa, Lisboa, Temas e Debates, 2003. 3 Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, nel suo Mitologia della saudade, Napoli, Orient-Express, 2006, p. 33. 4 Voce “saudade”, in Antenor Nascentes, Dicionário etimológico da língua portuguesa, t. I, Rio de Janeiro, 1955. 5 Carolina Michaëlis de Vasconcelos, A saudade portuguesa, Porto/Lisboa, Renascença Portuguesa, 1922, 2
  • 3. Ma c’è anche un’altra proposta etimologica, proveniente dall’arabo: saudade dall’ar. Saudá. Ci sono tre espressioni arabe suad, saudá e sauidá che hanno il senso morale di profonda tristezza e letteralmente sangue pesto e nero dentro il cuore; in medicina as-saudá è una malattia del fegato che si rivela con una tristezza amara e malinconica.6 Ma, per esempio, nel volume Influência arábica no vocabulário português, (vol. II, Lisboa, Revista de Português, 1961) curato da José Pedro Machado la parola non è registrata. Anche dal punto di vista etimologico non non c’è grande chiarezza. E se le definizioni dei dizionari portoghesi, italiani ed etimologici sono poco nitide significa che è difficile condensare in poche parole un concetto profondo che attraverso i secoli subisce modifiche, rispecchiando di volta in volta realtà diverse. La saudade è una parola inafferrabile, difficile da definire e catalogare, da fissare in una definizione. La storia Medioevo – lirica galego portoghese La prima testimonianza di saudade – o soidade, suidade, soedade – la ritroviamo agli albori dell’Hispania medievale, nella lirica galego-portoghese, cioè quella lingua che veniva praticata in letteratura in tutta la penisola iberica, senza distinzione di classe – dai re ai giullari – dal Duecento alla metà del Trecento. Si è stabilito come termine ad quem, la morte del conte di Barcelos, avvenuta nel 1354, che raccolse il cosiddetto Livro das Cantigas, oggi perduto, ma da cui sono derivati i tre attuali canzonieri in nostro possesso. Tre i generi in cui è suddivisa la lirica profana galego-portoghese: d’amor, di netta ispirazione provenzale; le cantigas d’escarnho e maldizer (cioè di scherno e maldicenza), anch’esse di ispirazione provenzale, ma ovviamente calate nel panorama della penisola iberica, altrimenti la satira avrebbe perso mordente. E infine le cantigas d’amigo, genere che non ha corrispondenza altrove, che mostra, però, analogie con le kharajak mozarabiche (strofa finale di una composizione araba o ebraica più lunga). A determinarne l'originalità è l'io lirico femminile che lamenta l'assenza dell'amato in un monologo o dialogo con altre figure femminili (madre, amiche). L’altra differenza rispetto alla cantiga d’amor è la protagonista femminile che non è l’irraggiungibile senhor, ma una fanciulla, una pp. 62-63. 6 “João Ribeiro Curiosidades verbais, 197-201, entende que saudade pode provir do ár. Saudá. De acordo com informações do prof. Ragy Basile, apresenta três expressões árabes suad, saudá e sauidá que têm o sentido moral de profunda tristeza e literalmente do sangue pisado e preto dentro do coração; na medicina as-saudá é uma doença do figado que se revela pela tristeza amarga e melancólica. Poderia objectar-se, acrescenta este autor, que são raras as palavras que exprimem sentimento, tomadas do árabe. Convém entretanto lembrar que a palava, como foi dito designa igualmente uma doença e muitas desse teor vieram do árabe: achaque, enxaqueca…”, Antenor Nacentes, cit., p. 461 3
  • 4. dona virgo. Ed è in questo genere che troviamo la saudade perché la donna lamenta la partenza dell’amico/amato e prova il rimpianto di un passato felice passato insieme a lui. Predomina il motivo della separazione. E questo la distingue dalla cantiga d’amor in cui la donna cantata, la senhor, è irraggiungibile, come nel dolce stil novo. Mentre l’amore travagliato nelle cantigas d’amigo si rifà a un passato comune. Quindi è l’assenza, la lontananza spaziale a generare la saudade. Alla metà del Trecento, il galego-portoghese come lingua colta della penisola iberica cade in disuso. Il galego continuò a essere scritto fino al Cinquecento, poi confinato all’oralità dal castigliano, per poi rinascere nell’Ottocento e – dopo la messa al bando da parte della dittatura franchista – risorgere dopo il 1975. Il portoghese, dal canto suo, si distanzia dal galego e diventa la lingua della monarchia portoghese (il Portogallo si costituì stato nel 1249) e assume come norma la lingua parlata nella zona del centro sud tra Lisbona, Coimbra ed Evora, dove si trovava la corte e il cuore economico del paese. La divergenza linguistica che nasce, quindi, alla metà del Trecento coinvolgerà anche la parola saudade. In castigliano solitatem latino darà origine a soledad, cioè solitudine, mentre in portoghese dalla stessa parola latina avremo una biforcazione di significato: solidão, solitudine e saudade. Da questo momento in poi la saudade diventa peculiare del portoghese e del Portogallo. E nasce come parola della poesia, caratteristica che l’accompagnerà a lungo. Come scrive Eduardo Lourenço “Antes de ser pensada, a saudade foi cantada”7. E, infatti, da moto spontaneo dell’anima, tutte le volte che la saudade sarà “pensata”, subirà un cambiamento. È l’antica e talvolta insuperata distinzione tra parola poetica e parola pensante, cioè tra poesia e filosofia: “La scissione della parola è interpretata nel senso che la poesia possiede il suo oggetto senza conoscerlo e la filosofia lo conosce senza possederlo.”8 D. Duarte e la prima riflessione La prima riflessione sulla saudade risale al Quattrocento e la dobbiamo al re Dom Duarte e al suo trattato intitolato Leal Conselheiro. D. Duarte che regna dal 1433 al 1438 è il secondo re della dinastia Avis – dinastia sotto la quale i portoghesi vivono, nel corso di due secoli (1385-1580), la loro parabola di splendore e miseria: la gloria delle scoperte e la decadenza con la perdita dell’indipendenza. Negli ultimi anni del suo regno, D. Duarte scrive il Leal Conselheiro, una serie di precetti didascalico-moraleggianti per educare la corte ancora relativamente recente. Nel capitolo XXV si sofferma a parlare della saudade, tentando per la prima volta di darne una definizione: “La saudade […] è un sentimento del cuore che viene dalla sensualità e non dalla ragione e, talvolta, fa 7 Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 93. 8 Giorgio Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino, Einaudi, 2006, p. XIII. 4
  • 5. provare tristezza e angustia”9. E distingue due tipi di saudade: uno positivo legato a un ricordo che rende piacevole il presente e uno negativo che, invece, amareggia il presente con il rimpianto. Ma accanto a questa distinzione assai vaga, che, credo, volutamente, non faccia riferimento alla lirica galego-portoghese – perché di dominio di tutta la Penisola iberica e quindi priva di carattere nazionale –, l’elemento principale di questo capitolo – peraltro non interamente dedicato alla saudade – risiede nel fatto che D. Duarte definisce la saudade una parola specificamente portoghese: “E mi sembra che questo nome di saudade né in latino né in altra lingua, che io sappia, ha simile significato”10. A neanche un secolo dalla nascita della lingua portoghese, D. Duarte connota la saudade come tipicamente portoghese, elemento discriminante nei confronti delle altre lingue, latino compreso, e di altri popoli. In questo suo trattato anticipa di cinque secoli la distinzione tra saudade/malinconia/nostalgia che abbiamo letto prima di Eduardo Lourenço. Infatti il re portoghese dedica il XIX capitolo all’umore malinconico11, definendolo una malattia. Quindi nel Quattrocento, i due termini non possono essere confusi. Ma la situazione storica e politica in cui vive D. Duarte e la sua corte non si presta alla saudade. Mentre D. Duarte scrive, il Portogallo è già proteso verso il mare. Il fratello, l’Infante Dom Henrique, detto il Navigatore, ha dato l’avvio alle imprese, scoprendo Madeira, le Azzorre e spingendosi fino a Capo Verde. Il Portogallo è in piena espansione, è al principio della sua gloria. Storia e saudade: la fine della dinastia Avis e la perdita dell’Indipendenza Bisognerà aspettare la disfatta di Alcácer-Quibir perché la saudade da sentimento individuale, diventi sentimento nazionale, che pervade e identifica un popolo. Da sentimento peculiare dell’anima, diventa sentimento di una nazione. Nel 1578, il re D. Sebastião, a soli 24 anni, parte in crociata, accompagnato da tutta la corte, ad Alcácer-Quibir in Marocco contro gli infedeli. I portoghesi vengono annientati. D. Sebastião muore sul campo e non ne viene ritrovato il corpo. Due anni dopo, muore anche lo zio il cardinale D. Henrique, ulitmo legittimo erede della dinastia Avis, la corona portoghese viene cinta, per questioni dinastiche, dal re di Spagna, della casata degli Asburgo, D. Filipe II di Spagna, I di Portogallo. La cosiddetta monarchia duale durerà fino al 1640, quando a seguito di una rivoluzione, la dinastia dei Bragança salirà sul trono portoghese per rimanervi fino all’avvento della repubblica nel 1910. 9 “E a saudade […] é um sentido do coração que vem da sensualidade, e não da razão, e faz sentir às vezes os sentidos da tristeza e do nojo”, in Dom Duarte, Leal Conselheiro, a cura di João Morais Barbosa, Lisboa, Imprensa Nacional-Casa da Moeda, 1982, pp. 128-129. Il capitolo XXV “Do nojo, pesar, desprazer, aborrecimento e saudade”, pp. 127-133. 10 “E porém me parece este nome de saudade tão próprio, que o latim nem outra linguagem que eu saiba não é para tal sentido semelhante”, Dom Duarte, cit., p. 129. 11 “Da maneira como fui doente do humor merencórico, e dele guareci”, cap. XIX, pp. 100-106. 5
  • 6. Da quel funesto 1580 i portoghesi cominceranno a elaborare il lutto di cui parlerà secoli dopo Freud nel saggio “Lutto e malinconia” e a ritirarsi nell’“IO” narcisistico della nazione. Sul mito già intimamente portoghese della saudade, sentimento legato alla solitudine e all’identità, si innesta il movimento messianico del sebastianismo, cioè il desiderio di ritornare alla gloria passata, grazie al ritorno di D. Sebastião. Quindi un’attesa dettata, come in tutti i movimenti messianici, da un’assenza di dinamismo perché la soluzione arriverà da un deus ex machina. Lo sguardo dei portoghesi si volge non più solo a una distanza spaziale (come nella lirica galego portoghese), ma anche a una distanza temporale, ma non è l’ubi sunt, semmai uno spazio onirico e idealizzato che si nutre di speranze. Altre definizioni Il tempo stempera le asperità e anche la saudade e il sebastianismo, pur essendo elementi consustanziali dell’essere portoghese, non sono onnipresenti, ma come un fiume carsico fuoriescono in superficie e rientrano. Vorrei soffermarmi sulle definizioni di due grandi letterati portoghesi: Francisco Manuel de Melo e Almeida Garrett per sottolineare come nonostante i secoli che scorrono (Francisco Manuel de Melo è barocco mentre Garrett è romantico), la definizione della saudade ricorre come topos dell’ambiguità, con la scarsa leggibilità che la caratterizza sin dalle origini. Tra i due si inserisce il padre António Vieira (1608-1697), gesuita, polemista, che con la sua História do Futuro e la Clavis prophetarum farà passare il sebastianismo e, di rimando, la saudade, dall’ambito popolare in cui era germogliato (per lo meno il sebastianismo) a un ambito colto. Egli Vaticina un Quinto Impero (dopo quello babilonese, persiano, greco e romano): l’impero universale di Cristo in cui il re di Portogallo, ormai sconfitti gli infedeli, dominerà il mondo in nome della fede cristiana. Di nuovo un’attesa, non più del singolo e defunto Dom Sebastião, ma di un intero popolo che in un futuro (quando?) tornerà a essere a capo del mondo. D. Francisco Manuel de Melo (1608-1666) “E sembra spettare ai portoghesi più che alle altre nazioni del mondo rendere conto di questa generosa passione, cui soltanto noi sappiamo dare un nome, chiamandola saudade […]. La saudade fiorisce tra i portoghesi per due ragioni più stabili in noi che in altri popoli del mondo perché entrambe queste cause in essa hanno il loro principio: Amore e Assenza sono i genitori della saudade […] La saudade è una delicata passione dell’anima, tanto sottile che si prova in modo equivoco, lasciandoci indistinto il dolore della soddisfazione. È un male che piace e un bene che si patisce”12. 12 “E pois parece que lhes toca mais aos Portugueses que a outra nação do mundo o dar-lhe conta desta generosa paixão, a quem sómente nós sabemos o nome, chamando-lhe Saudade, quero eu agora tomar sobre mi esta notícia. Florece entre os Portugueses a saudade por duas causas mais certas em nós que em outra gente do mundo, porque de ambas essas causas tem seu princípio: Amor e Ausência são os pais da saudade 6
  • 7. Di nuovo viene rivendicato il carattere autoctono della saudade, la quale è considerata tratto distintivo rispetto al resto del mondo. La definizione è concettuosa e ingegnosa com’era caratteristico della poesia barocca che si distingue per la agudeza e gioca sull’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostamento di parole che esprimono concetti contrari: “È un male che piace e un bene che si patisce”, ma anche sull’ambiguità: “equivoco”, “indistinta”. Dal punto di vista storico, FMdeM si inserisce nella scia di D. Duarte, rivendicando il carattere nazionale del sentimento, dal punto di vista della definizione, i termini adoperati non solo giocano sull’ambiguità, ma anche sul paradosso, rendendo inafferrabile il sentimento, incomprensibile a coloro che non sono portoghesi. Anche questa è una rivendicazione, tanto più se pensiamo che FMdeM vive sotto la monarchia duale e scrive in spagnolo e in portoghese. È quindi una rivendicazione di nazionalità. L’oscurità di cui si ammanta la saudade diventa elemento criptico, simbolico. È l’affermazione dell’identità nazionale. Garrett (1799-1854) Sono trascorsi due secoli, il Portogallo ha vissuto varie vicissitudini tra cui l’invasione napoleonica, la corte portoghese che si rifugia a Rio de Janeiro, l’indipendenza del Brasile e la guerra intestina tra costituzionalisti e anticostituzionalisti, cui prese parte anche Garrett. Ecco l’incipit della pièce teatrale che Garrett dedica a Camões nel 1825: “Saudade gosto amargo dos infelizes Delicioso pungir do acerbo espinho” Anche in epoca romantica si fa ricorso all’ossimoro, qui accentuato anche dal gioco di chiasmo. A Camões, padre della patria cui si devono Os Lusíadas, il canto epico delle imprese portoghesi, incarnazione della saudade perché ha passato parte della sua vita fuori dai confini nazionali (come peraltro Garrett in esilio per motivi politici), Garrett dedica – nel suo progetto romantico di recupero della nazionalità – quella che viene considerata la più bella definizione di saudade, perché lapidaria e poeticamente ineccepibile. Ma al di là dell’indubbia bellezza, tale definizione non ci fornisce altri elementi per capire l’animo portoghese. Anzi, accresce quella che Eduardo Lourenço ha definito: “paradoxal ontologia”13. Essendo l’ontologia, in filosofia, lo studio dell’essere in quanto essere, prescindendo dalle sue manifestazioni, il fatto che sia paradossale, cioè tutta giocata sull’ossimoro, ci palesa quanto questo sentimento sia inafferrabile, incomprensibile a chi non sia portoghese e, forse, ai portoghesi stessi che non lo percepiscono con la ragione – come diceva già D. Duarte –, ma col cuore. […] É a saudade uma mimosa paixão da alma, e por isto tão subtil, que equivocamente se experimenta, deixando-nos indistinta a dor da satisfação. É um mal de que se gosta, e um bem que se padece”, Francisco Manuel de Melo, Epanáfora amorosa. 13 Eduardo Lourenço, Portugal como destino, cit., p. 115. 7
  • 8. Storia e saudade: l’Ultimatum inglese Come dicevamo prima, il sentimento della saudade si modifica nel corso della storia del Portogallo, a causa della storia del paese. Così come la tragedia di Alcácer-Quibir le conferisce una connotazione nazionale, ammantandola di un’aura messianica, così un altro evento storico: il famoso ultimatum del 1890, che l’Inghilterra (alleato storico del Portogallo dai tempi del Medioevo, quando la principessa Filippa di Lancaster va in sposa a D. João I, genitori di D. Duarte) lancia al Portogallo, umiliandolo a livello internazionale. Dopo la conferenza di Berlino (1884-1885), i paesi europei che hanno colonie in Africa devono fisicamente occuparle. Il Portogallo, sempre angustiato dalla scarsa popolazione, tenta di aprirsi un corridoio tra Angola e Mozambico per agevolare i transiti tra le due colonie. Ma l’inghilterra che, invece, vuole costruire una ferrovia da Città del Capo al Cairo, si oppone e costringe il Portogallo a ritirare le proprie truppe. L’umiliazione sulla scena internazionale è cocente per un paese che non si è ancora arreso all’idea di aver perduto la gloria tre secoli prima. Il movimento saudosista recupera la saudade come connotazione della razza. Di nuovo questo sentimento diventa scudo, protezione nei confronti dell’avversario, sia esso spagnolo o inglese. Di nuovo viene innalzato il vessillo della saudade come simbolo di portoghesità, in attesa del riscatto, in attesa di tempi migliori. La saudade è la parola-simbolo elemento coagulante di identità nazionale. L’ultima parola a Fernando Pessoa: Ma forse l’unico che sia riuscito a far confluire nella parola-sentimento saudade l’intero spirito di una nazione è Fernando Pessoa che cede la parola all’eteronimo Álvaro de Campos: “A saudade é um cais de pedra” In “Ode Marítima” Fernando Pessoa/Álvaro de Campos dà forse la definizione meno criptica tra tutte quelle che abbiamo visto finora. Innanzi tutto perché non fa uso dell’ossimoro che Giovan Battista Vico nelle sue Institutiones oratoriae definiva come una figura di pensiero mirante ad “affermare di una cosa che essa non è quello che è”, predicandola quindi mediante il suo contrario, ma adopera la metafora che è sempre una figura retorica, basata sulla comparazione tacita, ma, per sua natura, dinamica. È una anomalia semantica, è una percezione sincretica di due entità concettuali. E, infatti, FP riesce a condensare tutta la storia della saudade in un unico verso, in un’unica immagine. In quel “molo di pietra” c’è la sintesi di un paese: il mare medievale delle cantigas, gli oceani delle scoperte, la tristezza dell’addio, il porto del naufrago, ma anche l’immobilismo di pietra di una nazione che per secoli si è rispecchiata in un passato che non c’era più, in attesa di un futuro messianico. Conclusione 8
  • 9. La saudade è il serbatoio, la memoria e l’immaginario di un popolo e questo non è traducibile. Vorrei concludere, riprendendo le parole di Eduardo Lourenço: “La saudade è […] diventata un labirinto e un enigma per quelli che la provano come se fosse il più misterioso e il più prezioso di tutti i sentimenti”14. E come si fanno a tradurre un labirinto e un enigma? 14 Eduardo Lourenço, “Tempo portoghese”, cit., p. 33. 9