5. Anno della Fede 2012-2013
L’itinerario diocesano annuale
Con il Motu proprio “Porta Fidei” dell’11 ottobre 2011, papa Benedetto
XVI ha indetto l’Anno della Fede per il nuovo anno pastorale 2012‐2013. La
nostra Arcidiocesi intende proporre a tutte le parrocchie e le realtà ecclesiali
un cammino comune per approfondire il dono della fede..
Il cammino annuale è un cammino comune e al tempo stesso elastico,
adattabile alle specifiche realtà ecclesiali, affinché venga rispettato il carisma
di ciascuno. L’intero anno è stato diviso in 6 tappe, che ricalcano i momenti
specifici dell’anno liturgico (ottobre‐novembre; tempo di Avvento e Natale;
gennaio‐febbraio; tempo di Quaresima; tempo di Pasqua; estate).
Ogni tappa dell’anno ha anche uno o più momenti celebrativi: occasioni di
incontro e comunione per tutta la diocesi. In questo modo abbiamo cercato
di ordinare e razionalizzare molti degli impegni diocesani dell’anno.
Il quadro d’insieme di tutto l’anno è affidato all’Icona Biblica della
moltiplicazione dei pani di Lc 9,10‐17.
Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto.
10a
10b
Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11aMa le
folle vennero a saperlo e lo seguirono. 11bEgli le accolse e prese a parlare loro del regno
di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12Il giorno cominciava a declinare e i
Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle
campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
13
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo
che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta
questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli:
«Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
16
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la
benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti
mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Questo brano è stato diviso anch’esso in 6 parti, ciascuna di esse
corrisponde ad una tappa del cammino annuale, come indicato nello schema
1
6. Anno della Fede 2012-2013
che segue: la prima tappa tra ottobre e novembre (Lc 9,10a.11a); la seconda
tappa nel tempo di Avvento e Natale (Lc 9,10b); la terza tappa nel periodo di
gennaio e febbraio (Lc 9,11b); la quarta tappa nel tempo di Quaresima (Lc
9,12‐13); la quinta tappa nel tempo di Pasqua (Lc 9,14‐16); infine, la sesta
tappa in estate (Lc 9,17).
Il cammino diocesano sulla fede e questo sussidio sono il frutto del lavoro
di tutti gli uffici della nostra diocesi. È possibile, per qualsiasi necessità,
contattare alcuni dei sacerdoti responsabili del progetto ai seguenti numeri:
‐ don Andrea (Pastorale Vocazionale) 329.68.14.898
‐ don Domenico (Pastorale Giovanile) 340.67.06.645
‐ don Maurizio (Pastorale Universitaria) 380.36.18.590
‐ don Nando (Pastorale Biblica) 327.88.56.338
I testi biblici che caratterizzano ogni tappa sono da intendersi come dei
“moduli”. Nel senso che ogni gruppo di parrocchia, movimento o
associazione potrà scegliere se e come utilizzarli: possono essere utilizzati
tutti consecutivamente (visto che hanno una loro continuità) o possono
anche essere presi singolarmente o parzialmente (avendo comunque ciascun
modulo un senso compiuto per se stesso). In questo modo, ognuno potrà
costruirsi un itinerario ad hoc in base alle necessità della realtà nella quale
opera, rispettando le proprie specificità e contemporaneamente non
perdendo il dono della comunione con il resto della diocesi.
Ogni modulo è corredato delle seguenti piste di approfondimento e
attualizzazione:
a. la spiegazione esegetica guida ad una maggior comprensione del testo
biblico;
b. il filo rosso, che offrendo elementi di crescita umana e spirituale
presenta la specificità di ciascun modulo in continuità con gli altri;
c. riflessione diretta ai giovani;
d. spunti per la vita di coppia;
e. indicazioni nella dimensione della carità e testimonianza ai poveri e ai
malati, alla realtà sociale e al mondo del lavoro;
f. spunti per attività di catechesi sul tema;
g. proposte celebrative.
2
7. Anno della Fede 2012-2013
LA QUARTA TAPPA
La fede provata
Moduli biblico‐catechetici di approfondimento
della Quarta Tappa (Quaresima)
Introduzione
a. La mappa del nostro cammino
Dall’Icona biblica (vv 12‐13):
12
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono
dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei
dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona
13
deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi
risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non
andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente».
Continuando a seguire la nostra icona biblica annuale di Lc 9,10‐17, ci
troviamo ora all’amara esperienza della pochezza di mezzi da parte dei
discepoli. Si trovano il problema di dover dare da mangiare a tanta gente e
non hanno di che sfamarli. È l’esperienza dell’inadeguatezza e dell’impo‐
tenza. Potrebbe essere persino l’esperienza del fallimento e della negazione
di ciò in cui si è sempre creduto. È lo smarrimento che tante volte anche noi
proviamo di fronte ai nostri insuccessi. È lo sconcerto per la percezione che
Dio si sia fatto assente, reso irreperibile, abbia abbandonato noi e tutto. È
questa la prova della fede!
La sperimentiamo in tanti momenti o periodi di apparente sconfitta.
Eppure, col senno di poi riconosciamo che proprio essi, contrariamente a
quanto sentivamo dentro, costituiscono la gestazione di un vita nuova, la
rinascita ad una vita più piena. Ritroviamo Dio in un rapporto più intimo e in
modo più consapevole. Facciamo esperienza dell’importanza di una comunità
che ci ha sorretto nei nostri barcollamenti, piccola porzione di quella Chiesa
che è fatta di gente come noi e che cammina con noi in Cristo.
3
8. Anno della Fede 2012-2013
Alla luce di tutto questo, la nostra vita può essere concepita come un
esodo: un uscire da noi stessi per aderire a un progetto che ci permetta di
auto‐trascenderci, ovvero squarciare il nostro orizzonte troppo umano e
aprirci all’amore infinito di Dio. Questo esodo richiede di essere disposti ad
abbandonare le nostre comodità e pigrizie, a lasciare ciò che a noi risulta ben
conosciuto e che ci rassicura. Solo così possiamo andare verso ciò che è
nuovo, anche se, essendo ancora ignoto, esso può essere fonte di ansia.
Questo passaggio che è una vera e propria pasqua spirituale. È passare un
deserto fatto di smarrimenti e incertezze, che però preludono ad un
ritrovarsi rinnovati. In questo deserto avvertiamo l’aridità che ci è procurata
dal non soddisfare più i nostri vecchi gusti e, allo stesso tempo, non trovare
ancora soddisfazione per le nuove gioie. Eppure percorrendo questo deserto
scopriamo tante cose importanti. Innanzitutto, nel silenzio, seppur arido,
delle nostre passioni troviamo la verità del nostro cuore. Nella molteplicità
delle dune sabbiose della nostra interiorità comincia a tratteggiarsi un
sentiero, … il nostro sentiero, …il cammino della nostra vita. Per di più,
scopriamo che all’appuntamento con quanto di più autentico abbiamo in noi,
non manca di farsi trovare anche il nostro Signore Gesù, nostro Salvatore. A
questo punto ci accorgiamo che non siamo soli, ma persino che siamo parte
di qualcosa di più grande, di un popolo in cammino. Fratelli che camminano
con noi percorrendo il nostro stesso sentiero. Il deserto si fa meno arido, lo
smarrimento lascia il posto ad un nuovo orientamento e la terra promessa si
fa più vicina. Persino il peregrinare si fa compimento di quella promessa
legata alla terra, che è la meta della nostra ricerca. Perché la terra promessa,
più che un luogo, è una nuova condizione di pienezza di vita!
b. L’itinerario della Quaresima di Carità
Ci accompagna in questo tratto di strada anche il messaggio di Benedetto
XVI indirizzato alla Chiesa tutta per la Quaresima 2013 dal titolo “Credere
nella carità suscita carità”. Vogliamo fare nostre le parole del Papa che ci
invita a «scoprire la fede come percorso per conoscere la verità e a vivere la
carità come cammino nella verità scoperta. Talvolta si tende, infatti, a
circoscrivere il termine “carità” alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario.
È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio
l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v’è azione più
4
9. Anno della Fede 2012-2013
benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della
Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo
nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione
della persona umana»1. Attraverso l’approfondimento dell’itinerario “Carità e
testimonianza”, desideriamo porre all’attenzione di tutti le proposte e le
riflessioni maturate nell’ambito del nostro gemellaggio con la Diocesi di Sapa
in Albania, perché la nostra quaresima di carità non sia solo una raccolta di
risorse materiali, ma un avvicinamento concreto del cuore ai nostri fratelli
d’oltre mare, che trovi concretezza non solo nella carità dell’elemosina ma
anche nella preghiera e nel digiuno che il Signore vorrà suggerirci per vivere il
suo amore più intensamente. Potremo vivere concretamente queste tappe
attraverso la Settimana di animazione missionaria, dal 17 al 24 febbraio, che
vedrà la presenza dei 4 missionari della nostra diocesi in Albania presenti a
Pescara. Inoltre venerdì 15 marzo ci sarà la veglia di preghiera in occasione
della Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri nella parrocchia
di S.Pietro Apostolo con la presenza del Vescovo della diocesi albanese di
Sapa Mons. Luciano Augustini.
c. Descrizione dei moduli
Dopo aver introdotto alcune categorie spirituali con le quali potremo
leggere questa quarta tappa quaresimale, eccone ora una descrizione dei
moduli.
In esso vengono presentati quattro moduli corrispondenti ai vangeli
domenicali dell’anno liturgico in corso (anno C): dalla seconda alla quinta
domenica di quaresima2. Questa volta più che mai i moduli sono parte di un
cammino dalle caratteristiche specifiche. Vogliamo riscoprirci popolo di Dio
che compie il suo esodo, attraversando il deserto delle prove della vita, per
giungere alla resurrezione della Pasqua.
Per iniziare il nostro cammino, qualsiasi esso sia, abbiamo bisogno di
sapere quale sia la nostra meta. Non è possibile infatti studiare un percorso e
quindi iniziare a compierlo, se non se ne conosce prima la destinazione. Ecco
allora il primo modulo, la trasfigurazione, anticipazione della nuova condizio‐
1
Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la quaresima 2013.
2
Il vangelo della prima domenica di quaresima, infatti, è già stato proposto all’inizio del
nostro cammino annuale ed è possibile trovarlo nel primo sussidio.
5
10. Anno della Fede 2012-2013
ne di salvezza inaugurata dalla resurrezione di Cristo. Come dire che accoglia‐
mo l’esperienza del deserto nella nostra vita, ma in vista della terra
promessa.
Non sempre le nostre vie vanno nella giusta direzione, non sempre
procedono nella stessa direzione delle vie di Dio. Sarà necessario verificarsi
ed essere disposti ad accogliere l’invito di Gesù a convertirci, cioè a
“invertire” il nostro cammino di marcia verso i sentieri di Dio. È quanto viene
proposto con il secondo modulo, vangelo della terza domenica di quaresima.
Così cercheremo di tornare sulla via di Dio per evitare di lasciarci smarrire dal
peccato.
Nel terzo modulo, vangelo della quarta domenica di quaresima, abbiamo
la possibilità di scoprire che nel nostro cammino non siamo soli! Noi siamo
figli di Dio. Lui ci cerca con lo sguardo mentre noi siamo ancora lontani, si
“com‐muove” verso di noi: Dio si “muove‐con” noi! Nel nostro cammino di
vita, questo è già una salvezza per noi, pur non essendo ancora arrivati alla
meta.
Infine, con la peccatrice perdonata presentata al quarto modulo –
vangelo della quinta domenica di quaresima – facciamo nostro il monito
rivolto da Gesù all’adultera di non peccare più. Infatti, non vogliamo
“mancare il nostro bersaglio” (questo significa letteralmente in greco
“peccare”) e se dovessimo cadere, sappiamo che possiamo sempre rialzarci e
riprendere il passo verso Cristo.
Ma accogliamo altresì il monito che Gesù rivolge implicitamente ma
efficacemente agli uomini pronti a lapidare l’adultera: chi è senza peccato
scagli la prima pietra. Non è possibile, infatti, creare un nuovo ordine di
relazioni attraverso il giudizio e la condanna. Se vogliamo essere popolo di
Dio in cammino, non orientiamo il nostro sguardo morbosamente sul male
altrui, ma – come Gesù che si chinò e si mise a scrivere con il dito per terra –
edifichiamo le nostre relazioni sulla discrezione amorevole, che è propria di
chi ha il senso del suo errore e sa usare la giusta misericordia verso se stesso
e gli altri. Dimenticare tutto ciò sarebbe davvero un peccato, sarebbe
davvero un mancare la nostra meta!
6
11. Anno della Fede 2012-2013
1. Primo modulo. La meta del nostro cammino
Lc 9,28‐36
28
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni
e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò
d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini
conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano
del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi
compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua
gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui,
Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre
capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che
diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra.
All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva:
«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò
Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che
avevano visto.
a. Approfondimento esegetico
In tutti e tre i sinottici il racconto della trasfigurazione comincia con
un’indicazione temporale: «sei giorni dopo» dicono Matteo e Marco, «otto
giorni dopo» afferma Luca. In questo modo gli evangelisti collegano la
trasfigurazione alla confessione di Pietro. In entrambi i brani il tema è la
divinità di Gesù, il Figlio, e in entrambi i casi la gloria del Figlio è legata alla
sua passione.
Il testo afferma che Gesù prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e sale
sul monte a pregare. Secondo il Vangelo di Marco (14,33; cfr. anche Mt
26,37) questi tre discepoli saranno di nuovo con Gesù sul monte degli Ulivi
nel momento dell’estrema angoscia di Gesù, una specie di contraltare
all’episodio della trasfigurazione. C’è un chiaro riferimento a Esodo 24, in cui
viene descritta la stipulazione dell’Alleanza di Dio con Israele. Lì si dice che
Mosè porta con sé, nella sua salita sul monte Sinai, Aronne, Nadab e Abiu.
Che cosa rappresenta il monte? Salire sul monte significa allontanarsi
dalla confusione e dal peso della vita quotidiana; significa anche avere uno
sguardo più ampio sulla realtà, aprirsi a una visione più grande della vita e
7
12. Anno della Fede 2012-2013
delle cose. Si capisce allora perché il monte nell’Antico Testamento è il luogo
dell’incontro e della rivelazione di Dio: ci sono le condizioni per ascoltare Dio
che parla. Il Papa fa notare che il Sinai, l’Oreb (è il Sinai nella tradizione
deuteronomistica) e il Moria sono al tempo stesso monti della rivelazione e
monti della passione, e rimandano al monte del tempio dove la rivelazione
diventa liturgia (Gesù di Nazaret, pag. 356). Anche nella vita e nella missione
di Gesù il monte è fondamentale: il monte della tentazione, il monte della
predicazione (il Discorso della montagna), il monte della preghiera, il monte
della trasfigurazione, il monte dell’angoscia, il monte della croce e il monte
dell’ascensione.
L’evangelista Luca è l’unico a dirci che la trasfigurazione è un
avvenimento di preghiera (v. 29). In precedenza aveva anche indicato lo
scopo della salita: «salì sul monte a pregare» (v. 28). Il volto di Gesù, dice il
testo, cambia d’aspetto e la sua veste diventa candida e sfolgorante. La
descrizione di ciò che avviene non è molto precisa: in che senso il volto di
Gesù cambia d’aspetto? Si percepisce la difficoltà dell’evangelista nel
descrivere quello che è successo: la rivelazione dell’identità di Gesù, il suo
essere Figlio di Dio. L’umanità di Gesù celava la sua divinità, ora, davanti a
Pietro, Giacomo e Giovanni, questa diventa visibile; ciò che Pietro aveva
dichiarato nella sua confessione, in questo momento si rende disponibile
3
anche ai sensi .
Allo stesso tempo la trasformazione (anche se Luca, a differenza di Marco
e Matteo, non usa il verbo della “metamorfosi”) è un annuncio di
risurrezione: i tre discepoli possono vedere quale sarà lo stato (eterno) di
Gesù dopo la sua morte e risurrezione. In Lc 24 due uomini in abito
sfolgorante fanno sapere alle donne che Gesù è risorto. In At 1 all’ascensione
di Gesù sono presenti due uomini in bianche vesti. Nel nostro brano la veste
di Gesù diventa candida e sfolgorante.
Egli non è solo: appaiono due uomini che conversano con lui. Sono Mosè
ed Elia. Entrambi hanno sperimentato la presenza di Dio sul monte. Ora, sul
monte parlano con Gesù. Solo Luca ci dice l’argomento della loro
3
Il Simbolo Niceno‐Costantinopolitano, così chiamato perché frutto dei primi due Concili
Ecumenici (Nicea, 325, e Costantinopoli, 381) e tuttora comune a tutte le grandi Chiese
dell’Oriente e dell’Occidente (è quello che usiamo abitualmente nella Messa, cfr. CCC 195 ),
esprime questo nella parte riguardante il Figlio con le parole: «Dio da Dio, Luce da Luce».
8
13. Anno della Fede 2012-2013
conversazione: «l’esodo che stava per compiersi a Gerusalemme» (v. 31).
L’esodo è evidentemente la Pasqua di Gesù, la sua morte e risurrezione che
avviene a Gerusalemme. L’uso del verbo plērōo (compiersi) suggerisce che
nell’evento della morte e risurrezione di Gesù si compiono le Scritture, la
Legge e i Profeti parlano della sua Pasqua. Mosè (la Legge) ed Elia (i Profeti)
testimoniano che l’attesa di Israele è finita. È Gesù, il Figlio di Dio, la speranza
di Israele; è lui il liberatore, nel suo esodo verso Dio si compirà l’esodo verso
la salvezza dell’umanità. La Legge e i Profeti che parlano di lui adesso parlano
con lui.
Nella teologia di Luca Gerusalemme ha un ruolo centrale. È in essa che si
compie la redenzione (ricordiamo che Salvatore è un titolo caro a Luca), è lì
che gli apostoli ricevono lo Spirito Santo e da lì partono per portare
l’annuncio di salvezza fino ai confini della terra.
I discepoli, oppressi dal sonno, non hanno ascoltato la conversazione dei
tre personaggi, hanno però fatto in tempo a vedere la gloria di Gesù e gli altri
due con lui, e li hanno anche riconosciuti, come risulta dalle parole di Pietro:
«Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». La
menzione delle capanne ha fatto pensare alla festa ebraica di Sukkot
(Capanne) che dura una settimana. Questo spiegherebbe anche l’indicazione
temporale con cui si apre il brano: «otto giorni dopo questi discorsi». La
confessione di Pietro avrebbe avuto luogo il primo giorno della festa, la
trasfigurazione l’ultimo. Al tempo di Gesù questa festa aveva assunto anche
un significato escatologico: uno dei caratteri dei tempi messianici era il
soggiorno dei giusti nelle tende di cui quelle della festa delle Capanne erano
figura. La trasfigurazione di Gesù è interpretata da Pietro come il segno che i
tempi messianici sono arrivati. Ma egli dovrà imparare che il tempo
messianico è il tempo della croce e che non c’è trasfigurazione senza
passione. Seguendo Gesù fino a Gerusalemme scoprirà che l’«esaltazione»
(Vangelo di Giovanni) del Maestro si compie sulla croce.
I discepoli, dunque, devono ancora imparare. Devono ascoltare Gesù.
Questo dice la voce che esce dalla nube che li ha avvolti (vv. 34‐35). La nube
nell’Esodo è il segno della presenza di Dio, la Shekinah (cfr. ad es. Es 24,15‐
18). La voce, dunque, è di Dio. Le parole ricalcano quelle udite dopo il
battesimo di Gesù con un’aggiunta: «Ascoltatelo!». La visione scompare e il
suo significato più profondo è riassunto da questo imperativo:
9
14. Anno della Fede 2012-2013
«Ascoltatelo!». I discepoli, ascoltando Gesù, la Parola di Dio fatta carne, ne
sperimenteranno la potenza e parteciperanno alla suo mistero di morte e
risurrezione, saranno anche loro trasfigurati.
b. Il filo rosso
Nella trasfigurazione Gesù ha mostrato il suo volto glorioso, che è meta
del suo esodo, ovvero della sua pasqua di morte e resurrezione. È un anticipo
dell’ottavo giorno (otto giorni dopo…), giorno senza fine, fuori del tempo. È la
vita eterna, l’abitare nella casa del Padre.
Anche per noi meditare la trasfigurazione di Gesù, significa guardare alla
meta del nostro peregrinare su questa terra. Saper guardare oltre la nostra
morte corporale, ma anche oltre il nostro dolore e le nostre sconfitte morali e
interiori, che rappresentano la nostra possibile morte spirituale di ogni
giorno. Il punto è che solo se si ha ben chiara la meta, è possibile tracciare il
giusto percorso per arrivarci.
A questo proposito, significativo è che Gesù viva la sua trasfigurazione,
proprio mentre sta pregando. Così può essere anche per noi! La preghiera è
la nostra possibilità di guardare oltre il nostro momento attuale, per
proiettarci verso ciò al quale siamo chiamati. La preghiera ci ricolloca
all’interno del nostro “habitat originario”: il nostro rapporto con Dio. Ci
ridona la consapevolezza che veniamo dalla terra sì, ma siamo destinati al
cielo. Per esso siamo stati creati. Ci aiuta a cercarci nel cuore di Dio, nel
disegno che Lui ha per noi.
Non ci stupisce che tutto questo possa risultarci difficile. In questa nostra
società, abbiamo bisogno di rieducarci a guardare alto! Il nostro volare basso
si rende evidente se pensiamo alla difficoltà che abbiamo oggi a credere in
alti ideali e a fondare le nostre scelte concrete su quei valori nei quali
crediamo.
I nostri ideali ci stanno sopra e ci indicano come possiamo essere. Ma
oggi si fa molta difficoltà a parlarne. L’ideale spesse volte è troppo alto o
frainteso. La realtà è troppo diversa da come dovrebbe essere e l’eccessiva
distanza tra la realtà e l’ideale finisce col generare frustrazioni e ansie. I
valori, invece, più che starci sopra, ci stanno davanti e ci indicano il cammino.
Una volta scoperto, il valore ci attrae e quindi ci muove a compiere il nostro
progetto. Ci indica ciò che vale e, in quanto tale, dà “valore” alla nostra stessa
10
15. Anno della Fede 2012-2013
vita. La rende degna di essere vissuta. La colora di sfumature e prospettive,
senza le quali sarebbe grigia e depressa.
Molto del malessere del nostro tempo nasce dalla mancanza di fiducia in
qualcosa che possa dare valore ai nostri giorni. In questo contesto,
soprattutto noi cristiani siamo chiamati a non abbassare lo sguardo. A non
accontentarci di fare scelte al ribasso, comode, ma prive di amore e passione.
La Pasqua ci ricorda l’importanza di guardare avanti, …di guardare Cristo, luce
al nostro cammino! Ancor più per il fatto che Cristo è molto più di un ideale o
di un valore, è una persona …che ci salva!
Sappiamo che non è facile innalzarci. Anche i discepoli di fronte a tanto
erano oppressi dal sonno: hanno dovuto superare delle resistenze interiori
molto forti. Lasciarci attrarre da qualsiasi vero valore per la nostra vita e, in
particolare, dal Valore per eccellenza, che è Dio, significa sperimentare la
nube. Il valore ti supera. Lo intuisci e lo desideri, ma è tutto da scoprire nel
suo senso più profondo ed è tutto da conquistare nella sua realizzazione
pratica. Lo cogli ma mai appieno, ti sfugge eppure ti avvolge. È una presenza,
al modo di un’ombra. Avere paura è la cosa più naturale. Non spaventiamoci
della paura! La fiducia che il Signore non ci farà mancare la sua rivelazione, la
sua voce, ci sosterrà e ci indicherà la strada.
• Qual è la mia meta? L’obiettivo della mia vita?
• Posso dire nella mia vita di saper guardare spesso in alto? Quali sono
i miei valori? Cosa ha valore concretamente per me?
• Come vivo la mia preghiera? Mi rimanda a ciò che vale nella mia vita
o si tratta di una semplice pratica da compiere perché il Signore me
lo chiede? È mettere Dio al centro della mia vita o è solo una pratica
che Dio mi chiede, un compito da svolgere?
c. Giovani
La Quaresima è un tempo particolare legato alla riflessione sulla nostra
vita, sui nostri ideali, e su qual è la strada che vogliamo percorrere, verso
quale direzione vogliamo andare. Gesù invita noi come Pietro, Giacomo e
Giovanni ad uscire dalla massa e dalla quotidianità, a salire con lui sul monte
per pregare. Gesù era già salito da solo sul monte, quello delle tentazioni, e
aveva guardato, con la suggestione offertagli dal demonio, gli ideali degli
11
16. Anno della Fede 2012-2013
uomini confrontandoli con il progetto di Dio: in quell’occasione aveva deciso
e scelto di fidarsi del Padre.
Ora è sul monte con gli apostoli, di notte, a pregare per insegnare loro
che con la preghiera e nella preghiera s’incontra il Padre. Ed è proprio in
questa atmosfera particolare che avviene la Trasfigurazione di Gesù che
illumina di luce la notte, fa svegliare gli apostoli e li riempie di ammirazione.
Hanno potuto contemplare almeno per una volta, e sarà l’unica, la gloria
della divinità nascosta dalla normalità dell’umanità. Hanno visto quello che
era oltre il visibile umano e quella che sarebbe stata la fine, oltre la morte,
oltre la croce. A questo punto è importante chiederci che valore diamo noi
alla preghiera, quanto tempo le dedichiamo, e quale esperienza traiamo da
essa; questo tempo, infatti, ci chiede in particolare di dedicare tempi di
solitudine, tempi di preghiera per poter incontrare e sperimentare la
presenza del Signore.
Interviene Pietro con la sua proposta, rivelatrice di quello che è il suo
carattere. La nuvola, segno della presenza di Dio, avvolge lui e i compagni e
avviene la proclamazione del Padre che Gesù è il suo Figlio. La piena
rivelazione del Figlio comporta l’invito ad ascoltarlo perché è lui la completa
manifestazione del Padre, e in lui, sintesi della storia della salvezza e centro
della storia dell’umanità, troviamo l’amore del Padre per noi e anche la
possibilità di vivere da fratelli tra noi.
Ascolto vuol dire fidarsi, lasciarsi condurre da lui, camminare dietro a lui
con la certezza che lui è l’unico Salvatore.
Riguardo all’ascolto ci dobbiamo interrogare:
• Quale abitudine ho all’ascolto della Scrittura e, in modo
particolare, del Vangelo?
• Faccio riferimento al Signore, che mi parla dal Vangelo, nelle
scelte della mia vita?
• Come mi aiutano il contatto con la Parola e l’esercizio della
preghiera a sentire il Signore presente nella mia vita, a vedere
oltre le cose immediate e, per il futuro, a vivere la speranza della
vittoria sulle paure, sui fallimenti, e su annunci di sempre nuove
catastrofi?
12
17. Anno della Fede 2012-2013
d. Coppie
Nell’episodio della Trasfigurazione Gesù si manifesta ai suoi discepoli
nella gloria, dona loro la possibilità di vedere la meta del cammino intrapreso.
Gesù dà anche a noi oggi la possibilità di guardare la meta per aiutarci a
tracciare il percorso più giusto da fare. Come sposi cristiani abbiamo dalla
nostra parte la Grazia del Sacramento: “Sacramentum” in latino è la
traduzione della parola greca “Mysterion”, che è la Gloria nascosta e rivelata
sotto i segni della storia, l’opera di Dio nel tempo dell’uomo. In virtù della
Grazia del Sacramento del matrimonio la coppia sponsale si muove su tre
grandi orizzonti:
• L’origine divina, essa non nasce solo dalla convergenza di
interessi umani, ma è la risposta ad una chiamata che viene
dall’Eterno, è una vocazione che pesca dal mistero stesso
dell’Amore eterno di Dio;
• È immagine e somiglianza di Dio: nella Trinità, c’è una relazione
d’Amore tra i Tre che sono uno, “distinti nell’unità”; così nella
coppia i due e la loro fecondità sono segno di un’ unità che va
costruita ogni giorno ma è anche donata dall’alto, ed è immagine
di quella trinitaria;
• Il destino della famiglia è preciso: è in cammino verso un
orizzonte grande di senso, i due non solo si promettono fedeltà e
amore reciproco ma scommettono insieme verso un orizzonte
grande di senso, di speranza , di bellezza e di pace. 4
Abbiamo così, grazie al nostro amore sponsale, il privilegio non solo di
vedere la meta ma anche di iniziare a viverla e sperimentarla ogni giorno
nella nostra quotidianità nella consapevolezza e nella certezza che
nonostante le nostre fragilità, le nostre debolezze, i nostri fallimenti, le
nostre paure, le nostre fatiche, l’orizzonte è Lui e lo abbiamo davanti agli
occhi ogni giorno: ci si manifesta nell’altro sposo/sposa, nei figli, nel mondo e
noi stessi siamo la manifestazione della sua Gloria per chi abbiamo accanto e
per chi incontriamo lungo la nostra strada.
4
Liberamente tratto dall’intervista rilasciata da Mons. Bruno Forte in occasione della
Visita ad limina dei Vescovi della CEAM al Pontificio Consiglio della Famiglia.
13
18. Anno della Fede 2012-2013
Gesù si trasfigura mentre è in preghiera, cioè mentre entra in relazione
intima e profonda col Padre. Anche a noi sposi la preghiera dovrebbe servire
come il carburante che alimenta l’energia e la potenza della grazia ricevuta; le
modalità sono diverse, ad esempio la riflessione sulla Parola del giorno, una
preghiera profonda di condivisione in coppia, una preghiera individuale, un
momento di silenzio contemplativo. E quando tutto questo è difficile perché
siamo troppo impegnati e non riusciamo a ritagliarci un momento per stare
con Gesù, preghiera è anche donare a Lui il nostro fare quotidiano
ripetendoci nella giornata: “PER TE GESU”‘, così la nostra meta sarà sempre
chiara anche se il cammino è faticoso.
e. Carità e testimonianza
«Il mio sogno è avere un’attività per conto mio, come un ristorante» dice
Cézanne, immigrato di ventuno anni. «Sono ambizioso e ho forza di volontà.
So di potercela fare e alla fine farò in modo che i miei sogni si avverino».
Questo giovane esprime così il suo sogno concreto e la forza che mette in
moto tutta la sua vita nel realizzarlo.
Ognuno di noi nutre nel proprio cuore ideali alti, spesso molto più
importanti del sogno concreto di un lavoro. Essi dicono i nostri valori, ciò che
ci spinge a muovere tutta la nostra vita, verso un orizzonte “altro”. “Altro” dai
valori contrabbandati come tali da questo mondo, che ci appiattiscono verso
una mediocrità che non ci appassiona, in cui ci sentiamo assopire.
Eppure se ci lasciamo opprimere dal sonno rispetto ai nostri ideali,
rischiamo di negarli anche a chi è più in difficoltà, perché oppresso dal
bisogno o dalla sofferenza o, ancora, perché, in carcere o straniero,
allontanato da una rete di relazioni amicali e familiari che possano
sostenerlo.
Il loro “grido” che ci richiama ad una vita “alta”, perché desiderosa di
essere una vita “altra”, ci infastidisce e vorremmo che tacesse.
Il loro “grido” ci richiama anche al desiderio dell’amore di Dio “la luce – in
fondo l’unica – che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e che ci dà il
coraggio di vivere e di agire”5.
5
Cf. Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la quaresima 2013.
14
19. Anno della Fede 2012-2013
• Sono capace di riconoscere e promuovere la dignità delle persone
più bisognose, guardando a loro secondo l’ideale alto di Dio?
Quale esperienza potrei raccontare?
• So aiutare coloro che si accontentano di sogni a basso “prezzo”
ad alzare lo sguardo, mostrandogli la via della resurrezione per
una vita piena?
• Accompagno con la preghiera chi è nel bisogno, perché nel
dialogo con Dio possiamo insieme trovare le strade per superare
le situazioni di morte, il dolore e le sconfitte morali e interiori e
rinascere a vita nuova?
• Come sostengo l’evangelizzazione e la promozione umana degli
abitanti della diocesi di Sapa (in Albania) con cui la nostra diocesi
è gemellata?
f. Spunti per attività
Prima proposta
1. Ascolto di due brani musicali: “Un senso” di Vasco Rossi e “Tensione
evolutiva” di L. Jovanotti (oppure “Chiamami ancora amore” di R.
Vecchioni)
2. Conversazione guidata attraverso domande‐stimolo per la condivi‐
sione:
a. In quale di questi testi ti ritrovi di più?
b. Jovanotti parla di “una ragione per vivere”, qual è la tua?
c. Vasco Rossi parla di una vita «che un senso non ce l’ha, ma che
domani arriverà». Tu come ti poni di fronte a queste parole?
Seconda proposta
1. Il gruppo si siede in cerchio e al centro si pongono delle riviste.
2. Si invita ciascuno a prendere le riviste e a ritagliare tutte quelle
immagini che esprimono i propri valori.
3. Ognuno incolla le immagini su un foglio come se volesse creare un
collage.
4. A gruppi di due si condivide il proprio lavoro esprimendo i vissuti ad
esso legati (Cosa mi ricorda? A quale situazione mi riporta? Quali
emozioni provo ritornando a quelle vicende?).
15
20. Anno della Fede 2012-2013
5. A conclusione del percorso ci si riunisce nel grande gruppo e tutti
dicono con una parola il valore che più degli altri guida la sua vita,
soprattutto nei momenti di difficoltà.
g. Momento celebrativo
ADORAZIONE EUCARISTICA
Canto iniziale e saluto del presidente
Canto di esposizione
Se è possibile “Oh oh oh adoramus te Domine”
Salmo 145 (144),1‐14
Durante questo salmo si espone il Santissimo e lo si incensa e si canta ad ogni
strofa il ritornello proposto o un altro adatto
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.
Una generazione narra all’altra le tue opere,
annuncia le tue imprese.
Il glorioso splendore della tua maestà
e le tue meraviglie voglio meditare.
Parlino della tua terribile potenza:
anch’io voglio raccontare la tua grandezza.
Diffondano il ricordo della tua bontà immensa,
acclamino la tua giustizia.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
16
21. Anno della Fede 2012-2013
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.
Pausa di silenzio …
Vangelo (Lc 9,28‐36)
Letto il vangelo della trasfigurazione ognuno porta all’altare le candele
consegnate precedentemente e si compie un momento di adorazione
silenziosa e personale davanti all’eucarestia esposta.
Quindi un lettore espone il commento “filo rosso” con le domande
corrispondenti che possono essere consegnate in un foglietto da dare
singolarmente. Per comodità mettiamo di nuovo le domande di seguito alle
quali ne abbiamo aggiunte altre.
Canto di adorazione e silenzio
Per riflettere
Cosa posso dire al Signore presente qui davanti a me? … È la mia meta? …
Qual è l’obiettivo della mia vita? … Posso dire nella mia vita di saper
guardare spesso a Lui? … Come vivo la mia preghiera? … Mi rimanda a Chi
vale nella mia vita o la riduco ad una semplice pratica da compiere perché il
Signore me lo chiede? … È mettere Dio al centro della mia vita o è solo una
pratica che Dio mi chiede, un compito da svolgere?
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22. Anno della Fede 2012-2013
Benedizione o reposizione semplice
Se possibile, sarebbe il caso di ascoltare una testimonianza di qualcuno che
ha fatto una bella esperienza di preghiera, sia un consacrato opp. una
famiglia.
Preghiere
Padre nostro
Benedizione e canto finale
Quanto segue potrebbe essere preparato su un foglio da lasciare a coloro
che sono venuti all’adorazione come momento di preghiera personale o
come catechesi sulla preghiera.
Ci sono quattro condizioni “di fondo” per la preghiera:
1. il silenzio: Dio è presente in me in quanto creatura – mi dona ogni
momento vita e respiro – ed è presente in modo “soprannaturale” in me
che amo Gesù e osservo la sua parola (Gv 14,23)… So sostare, stare solo,
restare fermo e semplicemente fare spazio in me?... «Tu sei in me… Tu mi
ami… Mi fido di Te...»;
2. l’accettazione di se stessi: tutto è grazia (Mt 10,29‐31): la mia storia
passata (famiglia, vicende, sbagli e colpe,...), la situazione presente
(ambiente di vita, persone che mi circondano, lavoro, occupazioni,…), me
stesso (doti e talenti, malesseri del corpo, lacune nella formazione, difetti
da cui non riesco a liberarmi) … Cosa fatico di più ad accettare? Cosa mi dice
di me, questo? ... «Ti ringrazio di tutto… Accetto tutto dalle Tue mani… Ti
offro tutto…»;
3. l’accettazione degli altri: si tratta del comandamento dell’amore (Mt
22,29; Gv 15,12), con attenzione a quanto accetto tutti gli altri; due aspetti
particolari: il perdono dei nemici e il superamento della gelosia… Chi fatico
ad amare? Perché? ... «Aiutami a comprenderlo… a perdonarlo… ad
amarlo… Ti ringrazio dei doni che mi hai dato… che
gli hai dato… per la stima di cui gode…»;
4. la libertà del cuore: è la condizione più importante e riassuntiva,
indispensabile per trovare Dio nella preghiera e per ascoltare la sua voce.
18
23. Anno della Fede 2012-2013
Libertà dalle cose (Lc 14,33), dalle persone (Mt 10,37), da me stesso (Lc
9,23) cioè dal desiderio di riuscire ad ogni costo e di essere stimato dagli
altri, dalla paura di fare brutta figura o subire critiche… Quanto sono libero?
... «Liberami da questa cosa… da questa persona… da me stesso… dalla
paura…».
Due i frutti da ricavare:
1. l’impegno nel proprio dovere: (Mt 7,21) «Signore, aiutami ad amare la
tua volontà… a scegliere il bene… a scoprire le necessità degli altri… Fammi
capire che cosa posso fare per loro… dammi tanta generosità…»;
2. l’abbandono fiducioso: (Lc 22,42) «Signore, sono nelle tue mani… Mi fido
di te… Non la mia, ma la tua volontà sia fatta...».
I contenuti della preghiera sono sei:
1. la preghiera di lode: universale, gratuita, eterna (Mt 11,25)… «Ti lodo,
Signore mio Dio… Ti lodo per le tue creature… Per l’intelligenza umana… Tu
sei infinitamente più bello di ogni opera…»;
2. la preghiera di ringraziamento: completa la lode, mi aiuta a sentirmi
immerso nell’amore di Dio (Gv 11,41)… «Grazie, Signore, per le tue
creature… Grazie, Gesù, di avermi salvato… Grazie perché esisto… Grazie
anche per questa cosa…»;
3. la richiesta di perdono: nasce da tre sentimenti (Sal 50): il dispiacere
delle mancanze commesse, la gioia di essere perdonato, il desiderio sincero
di ricominciare… «Signore, abbi pietà di me… Grazie, Signore, del tuo
perdono… Aiutami, Signore, a ricominciare…»;
4. la preghiera di offerta: ci unisce ai sentimenti di Cristo, che ha offerto e
offre totalmente se stesso (Eb 10,7), ci unisce al suo sacrificio, anche
eucaristico, e a quello di Maria… «Ti offro, Signore, tutto il mio lavoro…
Tutte le mie croci… Tutta la mia vita passata, presente e futura…»;
5. la preghiera di domanda: Dio sa già di cosa ho bisogno, ma domandare
educa il mio cuore a tre sentimenti: umiltà di aver bisogno di tante cose,
19
24. Anno della Fede 2012-2013
dipendenza da Dio, fiducia nel Signore (Mt 6,11; Gv 17,11; Lc 11,9‐10)…
«Padre Nostro…» (preghiera maestra)…
6. la preghiera di ascolto: se la vita è risposta all’amore di Dio, ascoltare è
l’esercizio determinante (Rm 12,2)… «Aiutami a conoscere la tua volontà…
Dammi la libertà del cuore… Parla, che il tuo servo ti ascolta…».
2. Secondo modulo. La direzione giusta
Lc 13,1‐9
1
In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei
Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro
sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei
fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi
dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle
diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che
fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma
se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di
fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse
al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero,
ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». 8Ma
quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò
zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per
l’avvenire; se no, lo taglierai»».
a. Approfondimento esegetico
Questo brano è specifico di Luca. Si può dividere in due parti. Nella
prima (vv. 1‐5) due fatti di cronaca danno a Gesù la possibilità di rivolgere
un invito urgente alla conversione; nella seconda (vv. 6‐9) abbiamo la
parabola del fico, anch’essa legata al tema della conversione.
Il testo si apre con un’annotazione di carattere temporale: «in quello
stesso tempo», secondo la traduzione della CEI, «in quello stesso
momento» si potrebbe tradurre anche. Gesù aveva appena detto alle folle:
«Come mai questo tempo non sapete valutarlo?» (12,56). Non stanno
20
25. Anno della Fede 2012-2013
valutando correttamente il tempo che stanno vivendo, “l’oggi”; non stanno
interpretando correttamente l’agire di Gesù. E questo non perché non
abbiano i mezzi intellettuali per farlo, ma per mancanza di volontà. Per
questo Gesù dice loro: «Ipocriti!». Il nostro brano, dunque, si collega a
quello precedente non solo per l’annotazione temporale ma anche per il
tema: decidersi in fretta per Gesù.
Torniamo al nostro testo. Si presentano alcuni e riferiscono a Gesù un
fatto tragico: Pilato ha ucciso alcuni pellegrini provenienti dalla Galilea
facendo scorrere il loro sangue «insieme a quello dei loro sacrifici» (v. 1).
L’uccisione è avvenuta all’interno del tempio di Gerusalemme, dove i
pagani non potevano assolutamente entrare (pena la morte). Si tratta,
quindi, di un fatto doppiamente grave: è stata usata violenza ed è stato
commesso un sacrilegio. Questo episodio non è attestato altrove ma è
coerente con quanto dicono le fonti extrabibliche sulla crudeltà di Pilato.
Gesù reagisce alla notizia con una domanda (v. 2) e un invito pressante
(v. 3). Nella religiosità popolare (anche a causa della teologia
deuteronomistica) le sciagure erano interpretate come una punizione per i
peccati commessi. Questo emerge anche dal brano del cieco nato di Gv 9
(cfr. in particolare 9,2‐3 ). Gesù respinge questa concezione e ne approfitta
per rivolgere un invito molto forte: «se non vi convertirete, perirete tutti
allo stesso modo». Notiamo che Gesù ripete la stessa domanda e lo stesso
invito dopo aver riferito lui stesso un altro fatto di cronaca, che, a differenza
del primo, è una disgrazia: diciotto persone sono morte a causa del crollo di
una delle torri delle mura di Gerusalemme, nei pressi della piscina di Siloe
(vv. 4‐5).
Che significano queste parole? L’espressione “allo stesso modo” ci
permette di cogliere il messaggio di Gesù. I Galilei uccisi da Pilato e quelli
travolti e uccisi dalla torre sono morti improvvisamente, inaspettatamente.
Gesù dice: il tempo stringe; di fronte all’annuncio del Regno non si può
continuare a tergiversare. Bisogna decidersi, avere il coraggio di cambiare
6
(convertirsi ). Gesù aveva detto in 5,39: «Nessuno che beve il vino vecchio
6
Il Catechismo degli Adulti, al numero 142, afferma: «Convertirsi significa assumere un
diverso modo di pensare e di agire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti
all’occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere.
Significa liberarsi degli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio
sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi».
21
26. Anno della Fede 2012-2013
desidera il nuovo perché dice “il vecchio è gradevole”». Bisogna avere il
coraggio di seguire Gesù con convinzione, lasciando, se necessario,
abitudini vecchie che danno un senso di sicurezza ma che non ci mettono al
riparo dal pericolo della morte eterna. Il rischio di trovarsi improvvisamente
fuori della salvezza è reale.
Questo viene confermato dalla parabola del fico. In fondo sia il padrone
che il vignaiolo pensano che se un albero non porta frutto, deve essere
tagliato. La differenza sta nel fatto che il primo vorrebbe tagliarlo subito,
dopo aver cercato invano frutti per tre anni, il secondo chiede di aspettare
ancora un anno. Nel frattempo egli si prenderà cura del fico, farà tutto il
possibile perché porti frutto. Se questo non accadrà il padrone dovrà
tagliarlo. Se la parabola mette in mostra da un lato la pazienza di Dio,
dall’altro dice anche che il tempo concesso non è infinito. L’albero non è
stato tagliato ma non si è deciso di lasciarlo lì per sempre: gli è solo stato
dato un anno in più.
b. Il filo rosso
Abbiamo individuato nel primo modulo la meta del nostro peregrinare,
ora volgiamo l’attenzione alla direzione giusta per raggiungerla.
“Conversione” proprio questo significa: una sorta di inversione ad “U” per
cui si cambia radicalmente senso. Ovviamente il significato del termine non
è solo fisico. Applicato alla nostra interiorità indica un “cambiare
mentalità”, passando dalla logica umana a quella di Dio. I figli si nutrono
della mentalità dei loro genitori, così noi, figli di Dio, ci nutriamo della
mentalità del nostro padre celeste perché diventi la nostra. Spesso noi
cristiani diamo un’accezione moralistica alla conversione, ponendo
immediatamente l’accento sul comportamento. Ma esso cambia davvero
solo quando cambia il modo di vedere le cose. Alla luce di questa novità di
prospettiva, per cui le cose vengono viste in modo diverso, ecco radicarsi
una solida novità di comportamento.
Le stesse immagini proposte da Gesù ci suggeriscono in cosa è urgente
per noi la conversione e quali siano le sue modalità. L’immagine della torre
ci parla di noi. Dal punto di vista antropologico, «la torre è immagine del
divenire umano. La sua forma circolare richiama la totalità dell’uomo. Come
essa ha le fondamenta nel terreno e s’innalza verso il cielo, così l’essere
umano ha bisogno di radicasi nella terra, nella storia della sua vita, per
22
27. Anno della Fede 2012-2013
potersi elevare e divenire anche un essere del cielo»7. La torre che rovina
addosso agli uomini rappresenta allora un modello di umanità che noi
uomini del duemila continuiamo a seguire, ma che non funziona più. Le
cronache parlano di stragi della follia, stupri e femminicidi sempre più
frequenti. Da studi statistici e sociologici emerge che è in crescita
l’aggressività nelle relazioni e la litigiosità nei tribunali. Nuovi dati allarmanti
si hanno anche riguardo all’aumento di disturbi psicologici e psichiatrici,
come depressione e quant’altro. Tutto questo fa pensare che il modello di
vita e di uomo che ci ostiniamo ad realizzare attraverso le nostre scelte è
così fallimentare che ci sta crollando addosso.
Ma in tutto questo non dobbiamo cedere alla tentazione di affidare la
nostra speranza di salvezza a improbabili superstizioni8 o a rigidi moralismi.
Quegli uomini che pensavano di salvarsi con i loro sacrifici, si sono ritrovati
uccisi e – significativamente – il loro sangue scorreva insieme a quello dei
loro sacrifici. Come a dire che non possiamo pensare di conquistarci la
salvezza attraverso l’osservanza cieca di una pratica, per quanto sacra essa
sia. Se la salvezza fosse un automatismo per cui “se vado a messa mi
garantisco un posto in paradiso”, allora questa presunta religiosità poco
sarebbe diversa dalle pratiche superstiziose9. La strada è “sacrificarsi”, che
significa assumersi la responsabilità di “rendersi cosa sacra”, donandosi ai
fratelli in scelte di amore concrete nel nome di Cristo.
Perché questo cambiamento avvenga è necessaria la misericordia di Dio
che ci apre sempre nuove possibilità, ma anche la nostra disciplina che ci
permette di coglierle. Infatti duplice è l’azione risanante del contadino della
parabola posta a conclusione del nostro brano: «rivoltare il terreno per
favorire la fioritura è la prima e basilare condizione perché l’albero possa a
suo tempo fruttificare»10: ecco lo zappettare doloroso ma necessario ed
efficace, affinché la terra lasci passare l’acqua e il concime! Una terra arida
7
A. GRÜN, Gesù il terapeuta. La forza risanante delle parabole, San Paolo 2012, 33.
8
Si pensi all’idea della fine del mondo che si è così diffusa in tutto il globo terrestre lo
scorso dicembre, causando in alcune persone più suggestionabili (tra cui molti bambini e
giovani) scoramento e pensieri di morte!
9
La superstizione «può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al
vero Dio, per esempio, quando si attribuisce una importanza in qualche modo magica a certe
pratiche, peraltro legittime o necessarie»: CCC 2111.
10
Ibidem, 36.
23
28. Anno della Fede 2012-2013
e secca, infatti, è compatta e impenetrabile sia all’acqua che al concime, le
quali restano in superficie e non fertilizzano il terreno. Ma se viene usata su
di essa la zappa, tanto dolorosamente quanto efficacemente l’acqua può
scendere in profondità e l’albero torna capace di portare frutto. Allo stesso
modo, sembra che alcune esperienze della nostra vita, dolorose come se
qualcuno ci stesse zappando l’anima, possono renderci permeabili alla
grazia di Dio e nuovamente capaci di aprirci alla vita.
«La seconda operazione consiste nella concimazione, che per analogia
sta a significare la cura e l’amorevole sollecitudine»11 con cui Dio ci lavora.
L’accompagnamento spirituale personale è il contesto privilegiato per fare
un attento e generoso lavoro su di sé, al fine di discernere la volontà di Dio
e disporre il nostro cuore ad accoglierla.
• Sono disposto a “convertire” il mio modo di pensare o sono
rigidamente fermo sulle mie opinioni? Abbandono mai le mie
convinzioni per adottare la logica di Gesù?
• Il mio comportamento buono è coerente espressione del mio
modo di vedere le cose? O faccio le cose buone più per un
senso del dovere che perché ho interiorizzato il senso?
• Mi faccio accompagnare spiritualmente per discernere la
volontà di Dio per la mia vita con l’aiuto di una persona più
esperta di me?
• Nelle prove della mia vita permetto a Dio di zappettarmi al fine
di rendere più penetrabile il mio cuore alla grazia di Dio? Cosa
significa concretamente questo? Come posso farlo?
• Quanto la superstizione ha posto nelle mie scelte?
c. Giovani
Gesù viene messo dinanzi al grande problema della morte, delle
disgrazie e delle violenze, realtà che incutono paura all’uomo e che fanno
dubitare della presenza di Dio. Gesù chiede ai suoi interlocutori di non
collegare direttamente le violenze con il peccato personale, ma di vedere
nei mali del mondo il frutto del peccato. Lui non è venuto a classificare gli
uomini in buoni e cattivi, né a togliere le disgrazie che ci affliggono, ma ad
insegnarci a guardare ai mali del mondo come invito ad interrogarsi su
11
Ibidem, 36.
24
29. Anno della Fede 2012-2013
come viviamo. Con la sua vita, ha affrontato questo enorme problema
dell’umanità, diventando vittima della violenza per salvarci dalla violenza
stessa. Noi giovani, di fronte ai mali del mondo, spesso pensiamo che non
riguardino noi e viviamo come se essi non ci fossero, oppure ci
organizziamo a ribellarci e a trovare a tutti i costi i colpevoli.
Il Signore ci presenta un’altra strada, dicendoci che questo male
interpella ciascuno di noi personalmente, e non possiamo fare né gli
indifferente né i ribelli, ma abbiamo bisogno di diventare veri, autentici, e di
vincere il male nel nostro cuore, cioè convertirci.
La conversione è passare dai falsi ideali, personali e della logica del
mondo, che producono paura e violenza ad un atteggiamento di fiducia che
viene dal fatto di essere figli nel Figlio e quindi amati da un Padre che ha
cura di noi e che sa trarre il bene dal male, la vita dalla morte. E con lui, nel
suo amore, nella presenza del Cristo e nella potenza dello Spirito, noi
possiamo farci carico dei mali del mondo, impegnando così la nostra vita a
servizio dei fratelli.
Ci viene in aiuto la parabola del fico che, di fronte alle nostre lentezze e
alle nostre ricadute, ci comunica con forza la premura che il Padre ha per
ciascuno di noi e la sua pazienza nei nostri riguardi.
• Qual è la mia reazione di fronte alle disgrazie e alle violenze di
cui ogni giorno sono spettatore?
• Quale conversione penso che Dio mi voglia proporre di fronte a
questi fatti?
• Riesco a capire il valore del tempo come occasione offertami
dall’amore del Padre per la mia conversione?
d. Coppie
Gesù con le parole “No, io vi dico, ma se non vi convertirete, perirete
tutti allo stesso modo” (Lc 13,3) ci fa un invito forte e deciso alla
conversione, pena la morte, ma non la morte fisica, bensì quella interiore,
rappresentata da un’esistenza vuota, una vita senza senso, priva di Amore:
in definitiva un esistere senza VIVERE.
Quante volte nella coppia rischiamo di dimenticare, presi dalle
incombenze del quotidiano, che l’altro è dono di Dio per me ed io per lui/lei
e che il nostro vivere insieme è un cammino di conversione che passa
25
30. Anno della Fede 2012-2013
attraverso le gioie, le gratificazioni, i fallimenti e le sofferenze del
quotidiano e ha come filo conduttore il volgere i nostri sguardi verso Lui.
Allora, trovare un tempo nel quotidiano per pregare in coppia, per
avere un incontro in cui porsi reciprocamente la domanda: “Come stai?
Come sta il tuo cuore?” è linfa vitale per il nostro rapporto perché ci da
l’opportunità di sollevare lo sguardo dal quotidiano, non per distaccarcene,
ma per guardarlo da una prospettiva diversa, con occhi diversi, facendo
memoria che l’altro mi è stato donato per la mia conversione.
Un tempo di preghiera di coppia che è un tempo di profonda intimità
tra noi e con Gesù, radicati con la storia delle nostre vite nella realtà del
quotidiano, come le fondamenta della torre, ma capaci di volgere lo
sguardo verso l’alto, a Dio, per dare senso e significato proprio al nostro
vivere quotidiano perché sia sempre più Vita e non solo esistenza.
Il mantenere aperto questo canale di dialogo tra noi tre, io tu e Dio, è
anche per ricordare ogni giorno che l’altro per portare frutto, come ci
chiede Gesù, ha bisogno del nostro amore, che l’altro va “concimato”,
ovvero che ogni giorno dobbiamo prenderci cura di lui/lei con amorevole
sollecitudine.
Se il nostro amore di coppia guarda a Lui, allora non potrà rimanere
infecondo e saremo segno del Suo Amore per l’uomo, la nostra coppia sarà
“eucarestia” per coloro che incontreremo nel cammino quotidiano.
e. Carità e testimonianza
«Tutta l’iniziativa salvifica viene da Dio, dalla sua Grazia, dal suo
perdono accolto nella fede; ma questa iniziativa, lungi dal limitare la nostra
libertà e la nostra responsabilità, piuttosto le rende autentiche e le orienta
verso le opere della carità. Queste non sono frutto principalmente dello
sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla stessa fede, sgorgano
dalla Grazia che Dio offre in abbondanza. Una fede senza opere è come un
albero senza frutti: queste due virtù si implicano reciprocamente» (dal
messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la quaresima 2013).
Offerta, dono, abnegazione, accettazione, rinuncia, penitenza,
mortificazione, ascesi, lotta, croce sono tutte sfumature dell’unica realtà del
sacrificio, del modo concreto con cui rispondiamo all’amore di Dio
“rendendoci cosa sacra”.
26
31. Anno della Fede 2012-2013
Per ognuna di esse, però, ci vengono anche in mente i volti di persone
vicine alla nostra vita, qualcuno a cui abbiamo detto “offri questa malattia a
Dio”, oppure “accetta la tua croce”, o ancora “quell’uomo in carcere sta
scontando la sua pena, sta facendo penitenza”.
• Guardando ad ognuno di loro, possiamo dire di aver indicato
una strada di santificazione, di consacrazione o piuttosto
abbiamo offerto solo frasi consolatorie per dirci vicini a chi è nel
bisogno?
• La nostra esperienza di fede riesce a testimoniare a chi è nella
sofferenza la presenza di un Dio che non è lontano, che non si
dimentica di noi, ma che anche nella difficoltà è capace di
rigenerarci? Quali parole riusciamo a donare?
• Cosa sto sacrificando, cosa sto offrendo, in questa Quaresima,
per rispondere all’amore di Dio che ha offerto tutto se stesso in
Gesù? Il mio dono è opera di carità per il prossimo, per chi è
affamato, senza lavoro, malato, o in carcere, o nella solitudine,
o nell’ignoranza di Cristo? Come sto contribuendo alla missione
della nostra Chiesa diocesana in Albania?
f. Spunti per attività
Prima proposta
Descrizione dell’attività
1. Dopo aver letto il brano si dà a ciascuno un foglio in cui si chiede di:
a. Elencare qui di seguito le azioni del padrone delle vigna
…………………………………………………………………………………………….
b. Elencare qui di seguito le azioni del vignaiolo
…………………………………………………………………………………………….
c. Raccontare se ci si “sente” più nel ruolo del padrone o del
vignaiolo quando si pensa a se stessi e al proprio rapporto con
il Signore ……………………………………………………………………………..
2. Si invita il gruppo a condividere quanto si è scritto nella riflessione
personale in piccoli sottogruppi che, in seguito, metteranno in
scena la parabola con un finale sceneggiato da loro.
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32. Anno della Fede 2012-2013
Seconda proposta
Descrizione dell’attività
1. Si divide il gruppo in due sottogruppi che chiameremo gruppi A e B
2. Si fanno sedere le persone e si dividono in due gruppi gli alberi
(gruppo A) e i pellegrini (gruppo B). Al suono di una musica di
sottofondo i gruppi sono condotti per una visualizzazione guidata.
Ecco di seguito il possibile testo della voce guida con e indicazioni
per la musica di accompagnamento.
Si usa come sottofondo una musica suggestiva, rilassante almeno in
questo primo momento di riscaldamento
a. Introduzione
Mi metto seduto in una posizione comoda. Metto i piedi in modo
che la pianta sia completamente poggiata a terra ... La schiena è
poggiata comodamente sullo schienale della sedia e la testa è dritta
sulla schiena ... Le spalle riposano sul tronco non stando né troppo
curve in avanti né troppo aperte all’indietro ... Le mie braccia sono
comodamente poggiate sulle ginocchia con i palmi rivolti in basso.
Quando me la sento, chiudo gli occhi.
Ora mi concentro sul mio respiro, che compio a bocca chiusa …
Compio respirazioni lente e prolungate … Ad ogni inspirazione sento
espandersi il mio torace. Passo a respirare con il diaframma e sento
il mio addome espandersi fino alla parte alta sotto il torace ... Ad
ogni espirazione sento l’addome e il torace svuotarsi e l’aria uscire
dalle mie narici … ad ogni espirazione, insieme all’aria sento uscire
anche le mie preoccupazioni e le mie tensioni … ad ogni
inspirazione, incamero anche benessere ed energia.
La musica si fa un poco più intensa
b. Creazione del contesto immaginario
Sono in un bosco … Mi guardo intorno … È misterioso e animato! …
Mi alzo dalla sedia restando con gli occhi chiusi e cammino in
questo enorme spazio verde … Mi muovo lentamente …
Se sono un albero, al battito di mani della guida un incantesimo mi
trasformerà in un albero ben radicato a terra, immobile. Una volta
fermatomi nella mia posizione fissa, apro gli occhi.
Se sono un pellegrino, invece, al battito di mani mi fermerò e mi
lascerò bendare ...
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33. Anno della Fede 2012-2013
La musica continua nel sottofondo. La voce guida spiega che…
c. Realizzazione dell’esperienza specifica
Se sono un pellegrino, riprendo il mio cammino … Cammino nel
bosco incantato ... Mi sono avventurato in questo bosco e mi sono
smarrito …
Se sono un albero, al passaggio dei pellegrini smarriti, …
magicamente mi muovo e con i miei rami prendo per mano i
viandanti e li conduco, collaborando con gli altri alberi, senza
proferire alcuna parola o alcun suono, verso una meta immaginaria.
La musica continua nel sottofondo ancora per circa un minuto.
Dando il tempo ai partecipanti di vivere a fondo l’esperienza e di
ascoltare le proprie sensazioni.
d. Chiusura dell’esperienza
Ora mi fermo. Sento i miei piedi sul pavimento. Riascolto il mio
respiro … Quando sono pronto, riapro gli occhi … Mi guardo intorno
e vado lentamente a sedermi.
Stop della musica.
3. Alla fine dell’esperienza i due gruppi si scambiano i ruoli ripetendo
l’esperienza.
4. Al termine dell’esperienza si chiede al gruppo di rispondere a
queste domande‐stimolo per la condivisione del vissuto:
a. In quale ruolo ti sei sentito più a tuo agio? Perché?
b. Cosa hai provato a muoverti bendato in uno spazio
oscuro guidato da mani sconosciute?
c. È facile per te fidarti degli altri e/o di Dio nel cammino
della tua vita?
d. Cosa hai provato quando sei stato costretto
all’immobilità?
e. Ti è mai capitato di vivere questa sensazione anche
nella tua esperienza di fede?
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34. Anno della Fede 2012-2013
g. Momento celebrativo
LA VIA CRUCIS
Qui sotto una breve spiegazione dell’origine della Via Crucis, può essere
comodamente letta come introduzione al momento di preghiera:
Origine della Via Crucis
Simbolo di un’esperienza universale di dolore e di morte, di fede e di speranza, la Via
Crucis commemora l’ultimo tratto del cammino percorso da Gesù durante la sua vita
terrena: da quando Egli e i suoi discepoli, “dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte
degli ulivi” fino a quando il Signore, reggendo il patibulum, fu condotto al “luogo del
Golgota” dove fu crocifisso e inumato in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un
giardino vicino. Reperti archeologici attestano, già nel II secolo, l’esistenza di espressioni di
culto cristiano nell’area cimiteriale dove era stato scavato il sepolcro di Cristo. Forme
embrionali della futura Via Crucis possono essere ravvisate nella processione che si snodava
fra i tre edifici sacri eretti sulla cima del Golgota ‐ l’Anastasis, la chiesetta ad Crucem e la
grande chiesa del Martyrium ‐ e nella via sacra, un cammino attraverso i santuari di
Gerusalemme che si desume dalle varie “cronache di viaggio” dei pellegrini dei secoli V e VI
sec.. La Via Crucis, nella sua forma attuale, risale al Medio Evo inoltrato. Nel corso del Medio
Evo, infatti, l’entusiasmo sollevato dalle Crociate, il rifiorire dei pellegrinaggi a partire dal
secolo XII e la presenza stabile, dal 1233, dei frati minori francescani nei “luoghi santi”
suscitarono nei pellegrini il desiderio di riprodurli nella propria terra: un esempio in tal senso
è il complesso delle sette chiese di Santo Stefano a Bologna. Verso la fine del secolo XIII la
Via Crucis è già menzionata, non ancora come pio esercizio, ma come cammino percorso da
Gesù nella salita al Monte Calvario e segnato da una successione di “stazioni”.La pratica della
Via Crucis nasce dalla fusione di tre devozioni che si diffusero, a partire dal secolo XV,
soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi: la devozione alle “cadute di Cristo” sotto la croce;
la devozione ai “cammini dolorosi di Cristo”, che consiste nell’incedere processionale da una
chiesa all’altra in memoria dei percorsi di dolore compiuti da Cristo durante la sua passione;
la devozione alle “stazioni di Cristo”, ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso
il Calvario o perché costretto dai carnefici, o perché stremato dalla fatica, o perché, mosso
dall’amore, cerca ancora di stabilire un dialogo con gli uomini e le donne che partecipano
alla sua passione. Nella sua forma attuale, attestata già nella prima metà del secolo XVII, la
Via Crucis, diffusa soprattutto da san Leonardo da Porto Maurizio († 1751), approvata dalla
Sede Apostolica ed arricchita da indulgenze, consta di quattordici stazioni.
Vangelo (Lc 13,1‐9)
Il testo del Vangelo di Lc 13,1‐9 espone alcuni aspetti fondamentali per
la vita cristiana: l’urgenza di cambiarsi, l’impossibilità di fondare la propria
conversione e salvezza semplicemente su un cammino ascetico,
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35. Anno della Fede 2012-2013
l’importanza dei sacrifici non come offerte al Signore di cose o altro ma
come rendersi sacri davanti a Dio amando il prossimo ed infine l’aiuto che
ognuno di noi deve cercare negli altri per scoprire la volontà di Dio. Lo
“strumento” che il Signore usa per aiutarci in questa nostra “via” è Gesù
stesso. Riflettere sulla sua vita, sul suo amore, contemplare la sua capacità
di donarsi per noi genera dentro di noi un desiderio forte di rispondere a
questo amore, non con pratiche e riti, ma con la nostra vita.
Per ogni uomo, e quindi anche per Gesù, gli ultimi momenti della vita
sono sicuramente i più significativi. I gesti, le parole, gli sguardi sono tutti
gravidi, cioè pieni, della sua presenza e della sua missione. Meditando sulle
stazioni della Via Crucis sforziamoci di usare tutti i sensi per penetrare
all’interno di esse. Non sia una pratica distratta da sguardi, o da altri
pensieri. Sforziamoci di immedesimarci in questi episodi conclusivi della vita
di Gesù. Lasciamoci interpellare da questo amore sconfinato:
Cosa ha portato il Signore Gesù ad amarmi in questo modo così folle?
Ho qualche merito? Riesco ad accettare un amore totalmente gratuito?
Come posso rispondere? Cosa stride nella mia vita con questo Amore?
Struttura incontro
Per la guida. (1) Leggere l’introduzione messa in nota, quindi, dopo (2) il
segno di Croce iniziale e prima di iniziare la meditazione della stazioni, si
può (3) leggere il Vangelo di Lc 13,1‐9 e (4) il commento “il filo rosso”.
Oppure leggere il testo riportato appena sopra. A questo punto, si può
iniziare con (5) la Via Crucis tradizionale, lasciando dopo ogni stazione
almeno un breve momento di silenzio, senza molti canti, né troppe
spiegazioni per ogni stazione. Lasciamo che siano esse a suscitare in noi
delle domande.
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36. Anno della Fede 2012-2013
3. Terzo modulo. Dio si com‐muove, si muove con noi
Lc 15,1‐3.11‐32.
1
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I
farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e
mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
11
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse
al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise
tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte
tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio
vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel
paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora
andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo
mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le
carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò
in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io
qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere
chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò
da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli
corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello
e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi.
23
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
24
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è
stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
25
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che
cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre
ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”.
28
Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo.
29
Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai
disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far
32
37. Anno della Fede 2012-2013
festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha
divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello
grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è
mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello
era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
a. Approfondimento esegetico
È una delle pagine più famose di tutti e quattro i Vangeli. Solo dal cuore
di Gesù, che, in quanto Figlio, conosceva Dio come nessun altro, poteva
venire un racconto così bello e coinvolgente. La parabola del figliol prodigo
o del padre misericordioso, come si preferisce dire oggi, è l’ultima di tre
parabole che abbracciano l’intero capitolo 15 del Vangelo di Luca, e che
sono note come le parabole della misericordia. In esse si ripete il seguente
schema: qualcosa/qualcuno che si è perso viene ritrovato, per questo si fa
festa. Gesù le racconta perché i farisei e gli scribi non accettano il suo
comportamento nei confronti dei peccatori. Gesù «accoglie i peccatori e
mangia con loro», per questo «i farisei e gli scribi mormoravano» (v. 2 ).
La parabola che la Chiesa ci propone nella liturgia della Quarta
domenica di Quaresima comincia così: «Un uomo aveva due figli». Il testo
non ci presenta mai i due figli insieme, ma prima il minore (vv. 12‐24), poi il
maggiore (vv. 25‐32), entrambi a confronto con il padre.
In pochi versetti viene raccontata la discesa del figlio più giovane verso
il baratro: chiede al padre la parte di eredità che gli spetta, raccoglie le
sostanze, va in un paese lontano dove vive da dissoluto. Dopo aver speso
tutto, sopraggiunge anche una carestia che lo costringe a pascolare i porci:
un lavoro particolarmente umiliante per un ebreo, dato che il maiale era
considerato un animale impuro e per questo era allevato solo dai pagani; e
umiliante perché non garantiva al figlio giovane un salario sufficiente:
«Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma
nessuno gli dava nulla» (v. 16). Affamato e senza un aiuto: ha toccato il
fondo.
Luca è stato velocissimo nel descrivere il precipitare del figlio minore
verso il baratro. Ma a questo punto il ritmo rallenta. Il figlio «ritornò in se
stesso» (v. 17). Non dobbiamo interpretarlo come un segnale di con‐
versione. Significa semplicemente che si è accorto dell’errore. Sta morendo
di fame mentre a casa di suo padre gli operai hanno cibo in abbondanza. Sta
33