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Comune di Lumezzane Assessorato alla Culura Gabriella Goffi L’argillea  bambina o viaggio nei quattro elementi 4 settembre - 26 settembre 1999 Torre Avogadro Lumezzane (BS)
L'austera architettura della torre Avogadro, insolito gioiello d'arte antica nel contesto industriale esasperato della Val Gobbia, è divenuto ricettacolo di bellezza. Sotto le sue volte quattrocentesche, dove lo scabro ritmo dei mattoni si denuda nelle tonalità bruciate della terra, hanno preso dimora, ed è come se ci abitassero da sempre, le originali sculture di Gabriella Goffi. Opere non impreziosite dal marmo, non nobilitate dal bronzo, non arricchite dall'oro e dall'argento, ma rese uniche e magiche da legno, ferro, corde, sassi, reti e stoffe. Questi umili elementi si rapportano in un controcanto materico di straordinaria bellezza. L'uso di materiali diversi ne canalizza l'energia e sembra sprigionare, come si crede presso le civiltà primitive, un intenso potere terapeutico. La vecchia "torre-fortezza", e mai luogo fu più appropriato, funge da proscenio e da palcoscenico per questi insoliti personaggi in cerca di copione.
Alcune sagome lignee stagliano la loro silhouette nel chiaro delle finestre (Vogliono fuggire?) Altre si rannicchiano nei vani d'ombra delle scale (Hanno paura?) Le più coraggiose sono a colloquio al centro della stanza (Di cosa parlano?) Sussurrano le storie della difficile storia delle donne. Raccontano di segreti, di solitudini, di piccoli e grandi amori di ferite e di come, pur imprigionate dalla vita, anelino ad un possibile riscatto. La sinuosa scala a chiocciola gira su se stessa nella sequenza dei consunti gradini di pietra, viaggio metaforico nei meandri dell'inconscio. Ed è proprio un viaggio, che l'artista di Gavardo ci propone, attraverso i tre piani dove sono in scena i principali elementi naturali. Un itinerario che partendo dalla fragilità umana (Terra e Fuoco) passa attraverso la fecondità (Acqua) per giungere alla spiritualità (Aria). All'ingresso viene rappresentata la nostra natura con l'effimero delle sue passioni.
I personaggi volutamente incompleti, hanno il corpo formato da un pezzo di asse. Nell'essenzialità del legno, affiorano venature prive di linfa ma memori dell'albero che le ha generate. Una testa di pietra, levigata dall'acqua, tramuta queste sculture in archetipi primordiali di una stupefacente modernità.  Sotto le sapienti mani della scultrice che tagliano, scavano, levigano, inchiodano, il più umile dei legni si trasforma in carne. Una carne sofferta, talvolta coperta dal pudore di uno straccio di rete, talora bruciata e consunta dalla passione. Le coppie divenute una cosa sola si nutrono di sguardi.  Al primo piano, un'installazione di ciotole (Ricordo del cavo delle mani) ci introduce nel fluido mondo dell'acqua da sempre simbolo dell'inizio della vita. Tenera si dipana una serie di madri ascetiche e scarne come grandi ossi di seppia.
Madri dal corpo asessuato e donato, dotate di smisurate e filiformi braccia di ferro, madri che vorrebbero trattenere in un cerchio i piccoli indifesi. Madri bambine dalla faccia di luna.  Madri e solo madri, per sempre. Una sola mostra l'incavo di un ventre vuoto, tronco senza germogli. Un'altra rampa di scale ci conduce dove i desideri si fanno sogno e musica. Tutto è più evanescente e rarefatto, due steli dimentiche del legno si sono dipinte d'azzurro. Un'asse colpita da uno strano arco si frantuma in un universo di sassi sospesi nel vuoto. Irrompe con il suo fascino la lievità delle stoffe: reti lacerate, brandelli di seta, mosaici di pezze diverse, stendardi raffinati. Su alcune di queste superfici, fili di perline si rincorrono argentei fra trama ed ordito, mentre ricami insoliti tracciano scritture arcane. La pazienza scordata delle nostre ave, riaffiora con ago e filo e si tramuta in arte.
Infine, inquietanti nella loro metafisicità, gli "Abiti da sposa" ondeggiano ad ogni sbuffo di vento nel loro inamidato biancore lunare. Cosa raffigurano? Sono totem e feticci dell'universo maschile e femminile? (Ma la sposa dov'è? Non è ancora arrivata o è fuggita?) Sono forse invece simulacri di angeli che caduti fra noi hanno perso le ali? Il problema è aperto a più interpretazioni.  "Arte povera" quella di Gabriella Goffi, ma ricca di rigore estetico, di sentimenti, di emozioni.  Un'arte essenziale e raffinata che sommessa parla alla nostra mente e al nostro cuore. Candida Gottardi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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L'Argillea Bambina

  • 1. Comune di Lumezzane Assessorato alla Culura Gabriella Goffi L’argillea bambina o viaggio nei quattro elementi 4 settembre - 26 settembre 1999 Torre Avogadro Lumezzane (BS)
  • 2. L'austera architettura della torre Avogadro, insolito gioiello d'arte antica nel contesto industriale esasperato della Val Gobbia, è divenuto ricettacolo di bellezza. Sotto le sue volte quattrocentesche, dove lo scabro ritmo dei mattoni si denuda nelle tonalità bruciate della terra, hanno preso dimora, ed è come se ci abitassero da sempre, le originali sculture di Gabriella Goffi. Opere non impreziosite dal marmo, non nobilitate dal bronzo, non arricchite dall'oro e dall'argento, ma rese uniche e magiche da legno, ferro, corde, sassi, reti e stoffe. Questi umili elementi si rapportano in un controcanto materico di straordinaria bellezza. L'uso di materiali diversi ne canalizza l'energia e sembra sprigionare, come si crede presso le civiltà primitive, un intenso potere terapeutico. La vecchia "torre-fortezza", e mai luogo fu più appropriato, funge da proscenio e da palcoscenico per questi insoliti personaggi in cerca di copione.
  • 3. Alcune sagome lignee stagliano la loro silhouette nel chiaro delle finestre (Vogliono fuggire?) Altre si rannicchiano nei vani d'ombra delle scale (Hanno paura?) Le più coraggiose sono a colloquio al centro della stanza (Di cosa parlano?) Sussurrano le storie della difficile storia delle donne. Raccontano di segreti, di solitudini, di piccoli e grandi amori di ferite e di come, pur imprigionate dalla vita, anelino ad un possibile riscatto. La sinuosa scala a chiocciola gira su se stessa nella sequenza dei consunti gradini di pietra, viaggio metaforico nei meandri dell'inconscio. Ed è proprio un viaggio, che l'artista di Gavardo ci propone, attraverso i tre piani dove sono in scena i principali elementi naturali. Un itinerario che partendo dalla fragilità umana (Terra e Fuoco) passa attraverso la fecondità (Acqua) per giungere alla spiritualità (Aria). All'ingresso viene rappresentata la nostra natura con l'effimero delle sue passioni.
  • 4. I personaggi volutamente incompleti, hanno il corpo formato da un pezzo di asse. Nell'essenzialità del legno, affiorano venature prive di linfa ma memori dell'albero che le ha generate. Una testa di pietra, levigata dall'acqua, tramuta queste sculture in archetipi primordiali di una stupefacente modernità. Sotto le sapienti mani della scultrice che tagliano, scavano, levigano, inchiodano, il più umile dei legni si trasforma in carne. Una carne sofferta, talvolta coperta dal pudore di uno straccio di rete, talora bruciata e consunta dalla passione. Le coppie divenute una cosa sola si nutrono di sguardi. Al primo piano, un'installazione di ciotole (Ricordo del cavo delle mani) ci introduce nel fluido mondo dell'acqua da sempre simbolo dell'inizio della vita. Tenera si dipana una serie di madri ascetiche e scarne come grandi ossi di seppia.
  • 5. Madri dal corpo asessuato e donato, dotate di smisurate e filiformi braccia di ferro, madri che vorrebbero trattenere in un cerchio i piccoli indifesi. Madri bambine dalla faccia di luna. Madri e solo madri, per sempre. Una sola mostra l'incavo di un ventre vuoto, tronco senza germogli. Un'altra rampa di scale ci conduce dove i desideri si fanno sogno e musica. Tutto è più evanescente e rarefatto, due steli dimentiche del legno si sono dipinte d'azzurro. Un'asse colpita da uno strano arco si frantuma in un universo di sassi sospesi nel vuoto. Irrompe con il suo fascino la lievità delle stoffe: reti lacerate, brandelli di seta, mosaici di pezze diverse, stendardi raffinati. Su alcune di queste superfici, fili di perline si rincorrono argentei fra trama ed ordito, mentre ricami insoliti tracciano scritture arcane. La pazienza scordata delle nostre ave, riaffiora con ago e filo e si tramuta in arte.
  • 6. Infine, inquietanti nella loro metafisicità, gli "Abiti da sposa" ondeggiano ad ogni sbuffo di vento nel loro inamidato biancore lunare. Cosa raffigurano? Sono totem e feticci dell'universo maschile e femminile? (Ma la sposa dov'è? Non è ancora arrivata o è fuggita?) Sono forse invece simulacri di angeli che caduti fra noi hanno perso le ali? Il problema è aperto a più interpretazioni. "Arte povera" quella di Gabriella Goffi, ma ricca di rigore estetico, di sentimenti, di emozioni. Un'arte essenziale e raffinata che sommessa parla alla nostra mente e al nostro cuore. Candida Gottardi
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