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Daniel Quinn
      Se ti danno carta rigata... scrivi di
                   traverso
             (If they give you lined paper... write sideways)


          Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal (e-mail).
          Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:
                   NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com



        “C'è sempre un mondo nuovo”, disse Poirot, “ma solo, sapete, per
    persone molto speciali. I fortunati. Quelli che portano dentro di loro la
                                                  creazione di quel mondo.”
                                                            Agatha Christie.



                                Prefazione
    Nell'ottobre del 2005, ricevetti una lettera da una lettrice che sarebbe
stata a Houston – dove vivo – il finesettimana del Ringraziamento; si
chiedeva se avrebbe potuto passare del tempo con me per esaminare le
idee che aveva esplorato nei miei libri. Accettai, precisando che avevo un
secondo fine: volevo usare la nostra conversazione, registrata e redatta,
come base per un nuovo libro che avevo in mente.
    Dietro sua richiesta, ho sostituito il suo nome con un altro di sua scelta.
Ciò che segue è una trascrizione leggermente editata del nostro dialogo.
    Per quanto vengano fatti riferimenti agli altri libri che ho scritto, non è
assolutamente necessario averli letti per capire questo. In altre parole,
scrivendo questo libro non ho dato per scontato che il lettore avrebbe già
avuto familiarità con le idee che ho espresso in lavori precedenti.
Giovedì: mattina

  Elaine: [dopo esserci scambiati i soliti convenevoli.] Come può
immaginare, sono molto curiosa riguardo il libro su cui sta lavorando.

   Daniel: Sarebbe più veritiero descriverlo come il libro con cui ho
combattuto per gli ultimi cinque anni – almeno. Proverò a spiegarmi
meglio... Quando finii “Ishmael”, immaginai di aver fatto quello che avevo
deciso di fare una dozzina di anni prima. Pensai che il mio lavoro fosse
concluso. Un'idea molto ingenua.

   Elaine: Perché ingenua?

    Daniel: Perché nessuno che avesse qualcosa di importante da dire è
mai riuscito a esprimerlo completamente in un solo libro. Ciò che imparai
da “Ishmael” è quanto ancora mi mancasse. Questo è ciò che le migliaia di
lettere che ricevetti mi dissero. I lettori avevano adorato il libro ma erano
rimasti vittime di seri fraintendimenti su ciò che stavo dicendo. Pensai di
poter correggere quei fraintendimenti con un secondo libro, “The Story of
B”. Dalla reazione a quel libro, vidi che ne serviva un terzo. Quello fu
“My Ishmael”. A quel punto vidi che ne serviva un quarto per cucire
insieme tutte le mie idee in un modo molto semplice e diretto, e quello è
stato “Oltre la Civiltà” (Beyond Civilization).

   Elaine: Uh-uh.

    Daniel: Quando “Oltre la civiltà” era ancora in forma di manoscritto,
accettai di incontrare un piccolo gruppo di lettori che, come te, avevano
chiesto un'opportunità per esaminare ciò che avevano capito di quello che
stavo dicendo. Accettai di dedicare loro un finesettimana lungo, a patto
che arrivassero dopo aver letto “Oltre la civiltà”. Quando arrivarono,
comunque, fu subito chiaro che “Oltre la civiltà” aveva risposto a quasi
tutte le domande che volevano farmi. Il seminario finì dopo appena due
ore, e passammo il resto del finesettimana socializzando... Quello che
voglio dire è che con quel libro ho risposto a quasi tutte le domande che i
lettori hanno continuato a farmi da quando “Ishmael” è stato pubblicato.

   Elaine: Sì, capisco. Anche se penso che il suo saggio “Il Nuovo
Rinascimento” (“The New Renaissance”) sia stato ciò che ha svolto la
stessa funzione per me. (vedi pagina 150.)

    Daniel: Sì, chiunque cerchi un'espressione concisa del mio messaggio
fondamentale, dovrebbe leggere “Il Nuovo Rinascimento”. Con quello,
sentii di aver detto tutto ciò che avevo da dire. Ma una domanda rimaneva.
Si trattava di una domanda che era stata lì fin dall'inizio, ma per molti anni
avevo continuato a ignorarla.

   Elaine: Che domanda era?

   Daniel: “Come fa ciò che fa?”

   Elaine: Ha detto che aveva continuato a ignorarla...?

   Daniel: La ignoravo perché pensavo che la risposta fosse ovvia:
chiunque avesse lavorato al problema tanto a lungo e con tanta
determinazione quanto avevo fatto io avrebbe potuto fare altrettanto.

   Elaine: Ma ha cambiato idea.

   Daniel: Sì, con riluttanza. Con riluttanza perché non avevo mai voluto
propormi come qualcuno speciale o straordinario.

   Elaine: Cosa le ha fatto cambiare idea?

    Daniel: L'esperienza. Ti farò un esempio. Nell'estate del 1998 condussi
un esperimento. Così tanta gente mi aveva chiesto l'opportunità di studiare
con me che decisi di indire un seminario serale della durata di tutta l'estate
che chiunque fosse disposto a viaggiare fino a Houston avrebbe potuto
frequentare per quanto tempo volesse. L'affluenza naturalmente oscillava.
Una settimana, mentre un gruppo partiva e un altro era atteso, un singolo
membro del seminario rimase da solo, a duemila miglia da casa, e mi sentii
obbligato a prendermene cura. Passammo molto tempo semplicemente a
conoscerci meglio.
    Allo stesso tempo, sentii che avrebbe dovuto trarre qualcosa di utile
dall'esperienza. Aveva letto tutti i miei libri molte volte, con grande cura e
attenzione, ma voleva accertarsi di aver capito ciò che stavo dicendo con la
completezza che pensava. Per scoprirlo, selezionai circa un centinaio delle
domande più interessanti che mi erano state fatte sul mio sito web negli
anni e lasciai che provasse a rispondere a tutte, una per una. Rimanemmo
entrambi sconcertati dal risultato di questo test. Alla vasta maggioranza
delle domande non riuscì proprio a rispondere. Aveva azzardato alcune
risposte, ma quando le confrontammo con le mie, fu ovvio che io e lui
eravamo su due lunghezze d'onda diverse. In altre parole, ciò che
l'esperimento rivelò fu che per quanto conoscesse le risposte a tutte le
domande sollevate nei miei libri, non poteva generarne di nuove – non
poteva rispondere a domande che non fossero presenti nei miei libri.

   Elaine: Come mai, secondo lei?

    Daniel: Ci arriveremo... Nel frattempo, ecco un altro esempio. Alcuni
anni fa, un certo gruppo no-profit, impressionato dal mio lavoro, mi invitò
a partecipare a una riunione di pianificazione per un'impresa in cui erano
coinvolti. Mi sedetti e ascoltai mentre il team di progettazione discuteva
delle sue idee per varie ore. Alla fine, esausto, uno di essi si girò verso di
me e disse: “Be', Daniel, è stato dannatamente silenzioso. Che cosa ne
pensa di tutto questo?”
    Io spiegai che non ero completamente sicuro della mia reazione, e che
volevo raccogliere le idee prima di parlare.
    “Ci dica solo la sua reazione istintiva”, insisterono.
    Sapendo di aver bisogno di tempo per formulare la mia reazione in
termini misurati e diplomatici, chiesi loro di non farmi pressioni per
spingermi a parlare immediatamente, ma alla fine liquidarono tutte le mie
scuse, assicurandomi che ogni contributo da parte mia sarebbe stato il
benvenuto.
    Dissi loro che cosa pensavo, e mi fissarono con qualcosa di molto
simile all'orrore.
    Invece di ripetere che avrebbero dovuto darmi il tempo che avevo
chiesto (e che mi sarebbe servito per esprimermi in modo da non
orripilarli), mi giustificai debolmente dicendo che se avevo un motivo per
essere presente a quella riunione, era per osservare il procedimento come
avrebbe potuto fare un completo estraneo – come avrebbe fatto un
antropologo marziano, in effetti. Con tanta cordialità quanta riuscirono a
mostrarne, concordarono che questo era esattamente ciò che volevano che
io facessi.
    Non esistono cose come i marziani, naturalmente, come la gente di
quella riunione sapeva perfettamente, ma capirono comunque che cosa
intendevo. In effetti, in seguito appresi che i membri di quel gruppo ora
vengono incoraggiati a “pensare come marziani”. Ma l'antropologo
marziano originale non è più stato invitato a un'altra riunione.

   Elaine: Qual è la sua teoria? Perché erano così orripilati da quello che
aveva da dire?

    Daniel: Un altro esempio risponderà a questa domanda. Alcuni mesi fa
ho partecipato a una conferenza telefonica con un gruppo di lettori di
Tulsa. Uno dei partecipanti fece un'osservazione che potrebbe sembrare
piuttosto comune, ma che a me sembrò rivelatrice. Disse, all'incirca: “Che
cosa dobbiamo fare? Quando parliamo con delle persone, ognuno di noi
parte da un quadro di riferimento convenzionale. Quello che non capiamo
o condividiamo è il suo quadro di riferimento. Il suo quadro di riferimento
a noi sembra completamente alieno e misterioso.”
    Improvvisamente sentii di aver afferrato il problema. Per quanto a
posteriori sembri ovvio, era il mio quadro di riferimento a essere diverso.
Il ragazzo di cui ho parlato un minuto fa non poteva rispondere alle
domande come facevo io perché non condivideva il mio quadro di
riferimento, e i membri della compagnia che ho descritto poco fa erano
orripilati perché stavano considerando la questione in discussione partendo
da un quadro di riferimento completamente diverso dal mio.

   Elaine: Allora, qual è il suo quadro di riferimento? Può descrivermelo?

    Daniel: Posso descriverlo in modo stenografico. Il mio quadro di
riferimento è quello di un antropologo marziano. Sono come qualcuno che
ha viaggiato per milioni di miglia per studiare una specie di creature che,
sebbene teoricamente razionali, stanno distruggendo il pianeta in cui
vivono.

   Elaine: Wow. Okay. E come descriverebbe il quadro di riferimento di
un antropologo marziano?

   Daniel: Non credo che una spiegazione ti aiuterebbe molto – se anche
sapessi come fornirtela. Per imparare a nuotare, devi nuotare. Non è
qualcosa che può essere descritto. Qualcuno deve buttarti in acqua.

   Elaine [sorridendo]: Suona divertente.

   Daniel: Potrebbe aiutarti ascoltare come sono diventato ciò che sono.
Di sicuro non è stato per via di un mio desiderio o di una mia scelta
deliberata. Non avevo la minima intenzione di isolarmi in alcun modo.

   Elaine: Penso di capire.

    Daniel: Mi ricordo com'è cominciata molto chiaramente. Era il 1962,
all'apice della Guerra Fredda, quando all'incirca una volta all'anno i
giornali mostravano su una mappa della città in cui vivevi la devastazione
che una bomba all'idrogeno avrebbe causato. L'idea che un olocausto
nucleare potesse avvenire in qualunque momento, con gli Stati Uniti e
l'Unione Sovietica che si facevano piovere addosso testate atomiche, non
era affatto implausibile, ed era uso comune dire che se fosse successa una
cosa simile saremmo stati scagliati indietro all'Età della Pietra. Ti suona
familiare?

   Elaine: Non sono sicura di capire cosa intende.

   Daniel: Non ti è mai capitato di sentir parlare di nuclearizzare
qualcuno all'Età della Pietra?

   Elaine: Sì, penso che qualche generale abbia detto che dovremmo
semplicemente nuclearizzare i nord-vietnamiti all'Età della Pietra.

   Daniel: E ha senso, secondo te?

   Elaine: Di nuovo, non sono sicura di cosa intende.

    Daniel: Se lanciassimo una dozzina di bombe all'idrogeno sulla Corea
del Nord, tornerebbe all'Età della Pietra?

   Elaine: Devo pensare di sì.

   Daniel: Immagina che dicessi che se lanciassimo una dozzina di
bombe all'idrogeno sulla Corea del Nord, la faremmo tornare al Medioevo.
Avrebbe senso questo?

   Elaine: No.

    Daniel: L'unica cosa che sembrava avere senso era l'Età della Pietra.
Aveva senso per tutti tranne che per me, perché io sapevo che non
saremmo stati in grado di funzionare neanche lontanamente come nell'Età
della Pietra. Capisci perché?
Elaine [dopo una lunga pausa]: Sarebbe inutile dire che lo capisco.

    Daniel: I popoli dell'Età della Pietra vivono molto bene, dove vengono
lasciati in pace. Stavano vivendo molto bene in tutto il Nuovo Mondo
quando gli Europei cominciarono ad arrivare nel quindicesimo secolo. Si
nutrivano, vestivano e trovavano rifugio quasi senza fatica. Devi saperlo.

   Elaine: Sì.

    Daniel: Se ti dessi un utensile affilato, un ago robusto, un po' di filo
resistente e un'ampia tela di cuoio, potresti fabbricarti una gonna di pelle?

   Elaine: Penso di sì.

    Daniel: Ma immagina di non avere nessuno di questi utensili e
materiali. Per esempio, potresti fabbricare uno strumento abbastanza
affilato da tagliare il cuoio?

   Elaine: No.

   Daniel: Potresti fabbricare un ago tanto robusto da perforare il cuoio?

   Elaine: Dal nulla? No.

   Daniel: Potresti fabbricare un filo tanto resistente da tenere insieme il
cuoio?

   Elaine: Di nuovo, non dal nulla. Non saprei nemmeno da dove
cominciare.

   Daniel: E naturalmente, la cosa più importante: potresti produrre il
cuoio?

   Elaine: No.

   Daniel: I popoli dell'Età della Pietra hanno tutti gli strumenti necessari
per sostentarsi in uno stile di vita confortevole – non uno che tu o io
potremmo trovare confortevole, ma uno che loro trovano confortevole.
Non hanno solo gli strumenti, ma la conoscenza di come fabbricarli.
Mentre tu e io, insieme al 99,99% della nostra popolazione, non abbiamo
nulla di simile. Io stesso non potrei fabbricare nemmeno una stringa dal
nulla.
Elaine: Giusto.

   Daniel: Quindi, cosa avverrebbe in caso di un olocausto nucleare?
Verremmo scagliati indietro all'Età della Pietra?

   Elaine: No.

   Daniel: Verremmo scagliati indietro in un'era che non ha nemmeno un
nome. L'Homo habilis, il nostro antenato più antico, aveva capacità
maggiori di quelle che avremmo noi, perché si era evoluto con quelle
capacità. Senza di esse, non avrebbero potuto evolversi affatto.

   Elaine: Sì, lo capisco.

    Daniel: Questo può sembrare un punto piuttosto triviale, ma è solo un
punto d'inizio – il mio personale punto d'inizio. Fare quest'osservazione fu
l'inizio della mia carriera come antropologo marziano. La domanda che mi
posi – ed è una domanda di antropologia – fu: “Che cosa stanno pensando
queste persone quando dicono che torneremmo all'Età della Pietra in caso
di olocausto nucleare?”

   Elaine: Cosa stanno pensando?

   Daniel: Qual è la mentalità dietro l'affermazione?

   Elaine scuote la testa.

   Daniel: Qual è la loro immagine mentale dell'Età della Pietra?

    Elaine: Okay, vedo dove vuole arrivare. Almeno credo. Quello che
vedono quando pensano all'Età della Pietra è: niente elettricità, niente
radio, niente televisione, niente riscaldamento, niente computer, niente
telefono.

    Daniel: Un'assenza. Un nulla. Non sto parlando di opinioni informate,
qui. Ma anche i ben informati rimasero shockati dieci anni dopo, quando
Marshall Sahlins scrisse un libro in cui definì i popoli dell'Età della Pietra
“l'originaria società affluente”. E non sto parlando nemmeno delle opinioni
di analfabeti. Persone istruite – lettori di riviste sofisticate come il The
New Yorker – si aspettavano di vedere vignette in cui i nostri antenati
vivevano in caverne, con i maschi armati di clava che trascinavano le
femmine a casa tirandole per i capelli. Questa era l'impressione culturale
generale.

   Elaine: Non penso che sia cambiata molto.

   Daniel: Probabilmente hai ragione. Non ho controllato.

    Elaine: Ha detto che era l'impressione culturale generale. Perché non
era la sua?

   Daniel: Non era la mia perché io mettevo in discussione l'idea che un
olocausto nucleare ci avrebbe riportati all'Età della Pietra. Io sapevo che
non saremmo stati tanto fortunati. Ci avrebbe riportati a un'era di completa
impotenza, dove nemmeno uno su dieci milioni di noi avrebbe saputo
nemmeno come fabbricare una stringa dal nulla.

   Elaine: Ma perché lei è stato in grado di capire tutto questo?

   Daniel: Questo non lo so. Non mi sembra che sia stato un colpo di
genio. Dubito perfino di averne mai parlato con qualcuno. Se l'avessi fatto,
probabilmente si sarebbe chiesto perché un individuo intelligente dovesse
sprecare energie mentali su una questione così triviale.

   Elaine: Vero.

    Daniel: Ma si potrebbe dire che scoprire questa piccola assurdità
risvegliò l'antropologo marziano in me. Era solo un filo pendente, ma
tirandolo cominciai a sfilacciare il tessuto della conoscenza trasmessa dalla
nostra cultura. Questa impressione di nulla associata alle persone da cui
discendiamo non era limitata al semplice olocausto nucleare. Faceva parte
della nostra generale comprensione della storia umana.
    Come chiunque altro, avevo frequentato un corso obbligatorio di storia
mondiale, e avevo conservato solo il ricordo di un unico, sconvolgente
avvenimento: la Rivoluzione Agricola. Se qualcosa era avvenuto prima di
essa, si trattava al massimo di un vago nulla. Ovviamente dovevano essere
esistite delle persone a quel tempo, ma non avevano avuto la minima
importanza. La cosa importante era la Rivoluzione Agricola. Era quello.
Era stato l'evento più importante della storia umana. L'inizio di qualunque
cosa di importante che fosse mai avvenuto... Cominciai a notare pillole di
storia umana nei libri, nei giornali e nelle riviste. Alcune erano scritte o
citate da veri storici. Dicevano qualcosa del genere: “Gli umani vissero
come cacciatori-raccoglitori per circa tre milioni di anni, poi, circa
diecimila anni fa, abbandonarono la caccia-e-raccolta per la vita agricola,
ponendo le fondamenta per la civiltà.”

   Elaine: A-ah.

   Daniel: E che vuol dire quel “a-ah”?

   Elaine: Vuol dire, vediamo... Vuol dire che riconosco la storia.

   Daniel: E riconosci cos'ha di sbagliato?

   Elaine: Implica che l'intera umanità abbia collettivamente abbandonato
la vita di caccia-e-raccolta e abbia adottato l'agricoltura circa diecimila
anni fa.

    Daniel: Il che è ovviamente falso. Novemilacinquecento anni dopo che
l'umanità aveva teoricamente abbandonato la caccia-e-raccolta, circa tre
quarti del territorio del pianeta erano ancora occupati da cacciatori-racco-
glitori che non avevano mai sentito parlare né avevano partecipato alla
Rivoluzione Agricola. Otto o dieci anni fa ho letto un articolo in Scientific
American che nel paragrafo introduttivo ripeteva quasi parola per parola la
descrizione convenzionale dell'abbandono della vita di caccia e raccolta da
parte dell'umanità, diecimila anni fa. Non mi venne in mente che in futuro
avrei potuto averne bisogno, quindi temo di non essermi appuntato il
numero della rivista. Scrissi una lettera agli editori sottolineando l'evidente
assurdità della descrizione, ma naturalmente non venne stampata. La
favola convenzionale era scienza abbastanza buona per loro.

   Elaine: Gli antropologi marziani non sono graditi.

    Daniel: Immagino di no. Ma a che punto siamo ora? Sappiamo che la
versione della storia dell'uomo comunemente accettata nella nostra cultura
è smentita dai fatti. Ogni storico che dovrebbe saperne di più la recita
senza esitare un attimo. Un rispettato giornale scientifico non vede motivo
di non includerla come introduzione a un articolo. Dove va un antropologo
marziano da qui? Qual è la sua prossima domanda?
Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Direi che la sua prossima
domanda è... No, devo ammettere che non lo so.

    Daniel: Rifletti su questo. A parte una piccola minoranza di fanatici
religiosi, la storia dell'universo come viene raccontata dalla scienza attuale
è generalmente accettata dalla gente della nostra cultura. L'universo è nato
in un “big bang” all'incirca tredici miliardi di anni fa, e il nostro pianeta si
è formato circa cinque miliardi di anni fa. Giusto?

   Elaine: Cosa è giusto?

    Daniel: Che la gente della nostra cultura generalmente accetta questa
storia dell'universo, che non è una storia mitologica o religiosa ma
scientifica.

    Elaine: Sì, direi di sì, a eccezione, come ha detto, di pochi fanatici
religiosi.

   Daniel: Questa storia, per quanto le menti più brillanti del nostro
tempo possono dirci, non è contraddetta dai fatti.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Ma la gente della nostra cultura accetta una storia mondiale –
una storia dell'uomo – che è contraddetta dai fatti. Cosa pensa un
antropologo marziano di questo?

   Elaine: Che è strano.

   Daniel: E la sua domanda è...?

   Elaine: Perché? Come è potuto avvenire che...

   Daniel: Prenditi il tuo tempo.

    Elaine: Come può essere che le stesse persone che accettano senza
domande una storia scientifica dell'universo ne accettano anche una falsa
sull'umanità?
Daniel: La vera versione della storia umana è che l'umanità non ha
abbandonato tutta insieme, diecimila anni fa, la vita di caccia e raccolta per
adottare la vita agricola. La vita di caccia e raccolta ha continuato a
esistere su tre quarti del globo fino a cinquecento anni fa – ed esiste tuttora
dove non è stata sradicata. Cosa c'è in questa vera versione degli eventi che
ci allarma?

   Elaine ci pensa su.

    Daniel: Cosa c'è in essa che disturba la visione che abbiamo di noi
stessi?

   Elaine sospira frustrata.

   Daniel: Non preoccuparti se le risposte a queste domande non ti
vengono in mente immediatamente. Mi ci sono voluti anni per trovarle...
Proviamo da un'angolazione diversa. Quando abbiamo cominciato a
mettere insieme la nostra versione della storia umana?

   Elaine: Direi non più di duemilacinquecento anni fa.

    Daniel: Quella è l'epoca in cui i pensatori fondamentali della nostra
cultura cominciarono ad apparire: Erodoto, Tucidide, Socrate, Aristotele, e
così via.

   Elaine: Sì, è quello a cui stavo pensando.

    Daniel: Ma naturalmente le basi essenziali della storia potrebbero
essere esistite per migliaia di anni prima di allora. Tutti nel mondo
civilizzato sapevano che era esistito un passato umano di qualche tipo. Le
città sumere del 3000 a.C. non erano state costruite nella generazione
precedente o in quella prima ancora. E potevano vedere che le città
stavano crescendo e sviluppandosi tecnologicamente. Da questo, potevano
logicamente tornare indietro a un tempo in cui le città erano solo villaggi e
la tecnologia era molto primitiva. Ma ciò che non potevano possibilmente
immaginare era che questi villaggi erano nati da una rivoluzione, quella
che chiamiamo la Rivoluzione Agricola. Non potevano immaginare che,
prima che gli umani diventassero agricoltori e abitanti di villaggi, avevano
vissuto per milioni di anni in un modo interamente diverso. Lo stile di vita
di caccia-e-raccolta era cinquemila anni nel passato, ormai totalmente
dimenticato. Nemmeno delle leggende su quello stile di vita avrebbero
potuto sopravvivere tanto a lungo.

   Elaine: Sì, lo capisco. L'ha chiamata “La Grande Amnesia” in The
Story of B.

    Daniel: Quindi deve essere sembrato loro che la storia umana dovesse
essere cominciata solo pochi millenni prima, dato che quello era il periodo
di tempo intercorso tra quei primi villaggi agricoli e se stessi. Su queste
basi, quale conclusione sarebbe stato per loro ragionevole trarre sulla
natura degli esseri umani come specie?

    Elaine: Ho paura di non avere la minima idea di dove vuole arrivare,
stavolta.

    Daniel: E' verosimile assumere che questi antichi individui fossero
altrettanto esperti sulle creature intorno a loro quanto lo siamo noi –
probabilmente anche di più. Per esempio, devono aver saputo che gli
uccelli cacciano gli insetti e costruiscono nidi. Quale conclusione sarebbe
stato per loro ragionevole trarre da questo sulla natura degli uccelli come
specie?

   Elaine: Sono tentata di dire che avrebbero concluso che è la natura
degli uccelli cacciare insetti e costruire nidi.

   Daniel: Naturalmente. Gli uccelli si comportavano così da sempre.
Dovevano anche sapere che le api raccolgono nettare e costruiscono
alveari. Che cosa concluderebbero da questo?

   Elaine: Che le api sono raccoglitrici di nettare e costruttrici di alveari.

   Daniel: Questo è ciò che le api hanno sempre fatto, per quanto
chiunque possa ricordare. E che cosa hanno sempre fatto invece gli umani,
per quanto chiunque possa ricordare?

   Elaine: Hanno piantato campi e costruito città.
Daniel: E che cosa sarebbe stato per loro ragionevole concludere da
questo riguardo la natura umana?

   Elaine: Che gli umani sono agricoltori e costruttori di civiltà.

    Daniel: A loro, piantare campi e costruire città doveva sembrare tanto
innato per gli umani quanto raccogliere nettare e costruire alveari lo è per
le api.

   Elaine: Sì.

   Daniel: L'idea che gli umani fossero nati cacciatori-raccoglitori tribali
– senza piantare alcun campo e costruire alcuna città per milioni di anni –
sarebbe sembrata loro assurda.

   Elaine: Credo di sì.

    Daniel: Ovviamente possiamo solo ipotizzare che i Sumeri credessero
che l'Uomo fosse nato solo poche migliaia di anni prima e che fosse
comparso agricoltore e costruttore di civiltà. Ma non è una congettura che
questa storia fosse ancora considerata valida quattromila anni dopo, e per
centinaia d'anni dopo di allora. E' stata convinzione comune fino al
diciottesimo secolo che l'uomo fosse nato solo poche migliaia di anni
prima e che fosse comparso agricoltore e costruttore di civiltà.

  Elaine: Magari non proprio dalla nascita, ma il primissimo umano,
Adamo, era diventato un agricoltore.

   Daniel: Garantito. Ma anche in questa versione biblica della storia, non
viene neanche suggerito che il primo agricoltore sia stato preceduto da
quindici o ventimila generazioni di cacciatori-raccoglitori.

   Elaine: Certo che no. Siamo stati agricoltori fin dalla primissima
generazione – secondo la storia biblica.

    Daniel: Ora finalmente siamo pronti a dare al nostro antropologo
marziano la risposta alla sua prima, fondamentale domanda. Nella nostra
cultura è prevalentemente accettata questa versione della storia umana:
l'umanità è nata circa tre milioni di anni fa, ma non è avvenuto nulla di
importante finché non abbiamo abbandonato la vita di caccia-e-raccolta e
non siamo diventati agricoltori e costruttori di civiltà. Come siamo arrivati
a questa storia, preceduta da tre milioni di anni in cui non è successo nulla
degno di nota?

   Elaine: Mi sta chiedendo di ricostruire il processo?

   Daniel: Fai un tentativo.

    Elaine: Caspita. Ok. Durante il diciannovesimo secolo, nuove scoperte
scientifiche resero impossibile continuare a pensare che la vita sulla Terra
risalisse solo a poche migliaia di anni prima.

    Daniel: Il famoso calcolo dell'arcivescovo Ussher, annunciato nel
1654, che la razza umana fosse nata nel 4004 a.C., divenne
scientificamente insostenibile. O piuttosto, possiamo dire che divenne
insostenibile per coloro che trovano le prove scientifiche più convincenti
della struttura di credenze su cui l'arcivescovo Ussher aveva basato i suoi
calcoli.

   Elaine: Sì.

    Daniel: Il risultato fu che, per coloro che generalmente accettavano le
prove di natura geologica e paleobiologica – e con esse l'emergente teoria
dell'evoluzione – la storia umana doveva essere rivista. Non poteva più
essere accettato che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà
solo pochi millenni prima.

   Elaine: No.

   Daniel: E come venne rivista?

   Elaine: Venne aggiornata alla versione attuale: gli umani sono esistiti
per tre milioni di anni come cacciatori-raccoglitori, ma non hanno avuto la
minima importanza finché non hanno abbandonato la vita di caccia-e-
raccolta per quella agricola, circa diecimila anni fa.

    Daniel: Perché era importante spazzare i primi tre milioni di anni della
storia umana sotto il tappeto? Importante per i membri della nostra cultura,
naturalmente.
Elaine: Ci dovrò riflettere, su questo... Immagino che nessuno trovasse
nulla di importante in essi.

   Daniel: Qualcuno aveva controllato?

   Elaine: Non che io sappia, ma questo non significa nulla.

   Daniel: Conosci Darwin e l'importanza che ha avuto nella storia del
pensiero umano.

   Elaine: Certamente.

   Daniel: Era imperativo che qualcuno capisse il significato delle
sconcertanti scoperte della giovane scienza della paleobiologia. Se non
fosse stato Darwin, sarebbe stato Alfred Russel Wallace. L'esistenza di
queste scoperte esigeva una spiegazione ragionevole, e questa spiegazione
avrebbe scosso molte gabbie. Non sarebbe passata inosservata.

   Elaine: Vero... Ma non sono sicura di dove vuole arrivare.

    Daniel: La paleobiologia rese chiaro che il 99% della storia umana si
era svolto prima della Rivoluzione Agricola, ma, che tu sappia, nessuno ha
provato a capire il significato di questo.

   Elaine: No.

   Daniel: Proviamo a fare un'ipotesi: nessuno sentiva il bisogno di
spiegarlo.

   Elaine: Direi che ha ragione.

   Daniel: Ma perché? Perché i membri della nostra cultura erano
soddisfatti dello spazzare i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il
tappeto e lasciarli lì?

   Elaine: Ok, ora vedo dove vuole arrivare.

   Daniel: Ma qual è la risposta? Pochi minuti fa ho detto che eravamo
finalmente in condizione di dare al nostro antropologo marziano la risposta
alla sua prima, essenziale domanda. Ora ci siamo: perché i membri della
nostra cultura – l'avanguardia e i beneficiari della Rivoluzione Agricola –
spazzarono i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il tappeto e li
lasciarono lì?

  Elaine [Dopo averci riflettuto un po']: Quei tre milioni di anni di storia
umana ci minacciavano.

   Daniel: In che modo? Ora devi cominciare a lavorare come
un'antropologa. I membri della nostra cultura non vogliono pensare al fatto
che per i primi tre milioni di anni di vita umana, la gente ha vissuto come
cacciatori-raccoglitori anziché come agricoltori e costruttori di civiltà.
Cosa c'è dietro questa riluttanza?

   Elaine: E' una minaccia all'immagine che abbiamo di noi stessi.

   Daniel: Continua.

   Elaine: La storia che ci raccontiamo è che essere completamente umani
significa coltivare campi e costruire civiltà. Questo ci rende gli unici veri
umani. Per mantenere il nostro status di unici veri umani, non vogliamo
considerare l'umanità composta dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori.
Vogliamo negare la loro umanità. Non erano affatto veri umani. Erano solo
bruti cavernicoli. Quindi non c'è bisogno che pensiamo a loro.

    Daniel: Concedere loro l'umanità significa negare che noi – e solo noi
– siamo l'umanità, il che è un importante elemento della nostra mitologia
culturale.

   Elaine: Sì, infatti.

    Daniel: Essere umani significa vivere come viviamo noi. Questo è
l'unico modo giusto di vivere per le persone, e tutti nel mondo devono
vivere come noi. Era nostro sacro dovere distruggere tutte le culture
aborigene che abbiamo trovato nel Nuovo Mondo, in Australia, in Africa,
e così via.

   Elaine: Esatto.
Daniel [dopo una pausa]: Ovviamente non abbiamo detto nulla di
nuovo, qui, ma non era quello il mio scopo. Volevo darti un'idea del mio
sviluppo come Antropologo Marziano, del percorso che ho seguito per
arrivare alle risposte contenute in Ishmael e negli altri miei libri. Ho
cominciato con un'osservazione piuttosto triviale, che un olocausto
nucleare ci riporterebbe molto più indietro dell'Età della Pietra, e da lì ho
continuato, punto dopo punto, fino a scoprire che secondo la nostra
mitologia culturale esiste un unico modo giusto di vivere per le persone –
il nostro – e che tutti nel mondo devono vivere come noi. La
globalizzazione non è una politica recente; esiste nella nostra cultura da
millenni.

   Elaine: Sì, lo vedo.

   Daniel: Penso che dovremmo fare una pausa, a questo punto. Mi
piacerebbe conoscere la tua reazione a questa prima sessione.

    Elaine: Be', sono venuta sperando di sviscerare alcune delle sue idee –
di inculcarmele in testa. E questo ha avuto quell'effetto, entro un certo
limite. Ovviamente abbiamo appena scalfito la superficie.

    Daniel: Mi fa piacere che abbia avuto questo effetto, ma il mio scopo è
di esplorare il mio metodo, se esiste. Questa è la domanda che è rimasta
senza risposta fin da quando Ishmael è stato pubblicato: come sono
arrivato ad avere queste idee? Per me sono solo il risultato di duro lavoro e
indagini, ma ad altri sembrano rivelazioni. Non puoi immaginare le
centinaia di lettere che ho ricevuto da persone che mi dicono che ho
rivoltato il loro mondo a testa in giù.

   Elaine: Quindi cosa mi sta chiedendo, esattamente?

   Daniel: Ti sto chiedendo se sono riuscito a farti capire qualcosa del
modo in cui lavora la mia mente – del modo in cui lavora la mente di un
Antropologo Marziano.

  Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Sì, qualcosa, immagino, ma il
modo in cui affronta i problemi...
Daniel [interrompendola]: Il mio “quadro di riferimento”.

   Elaine: Sì, quello rimane un mistero. Non potrei farlo, da sola.

     Daniel: Non mi aspetterei che tu ci riesca, a questo punto. Siamo solo
all'inizio del viaggio. Prima di fare una pausa pranzo, mi piacerebbe
lanciarti una sfida.

   Elaine: Ok.

    Daniel: Come ho detto poco fa, riconoscere che l'umanità è esistita per
tre milioni di anni prima della nostra comparsa è in conflitto con la nostra
mitologia culturale, la quale insiste che noi, i beneficiari e promotori della
Rivoluzione Agricola, siamo l'umanità stessa. Tu capisci che anche se la
Rivoluzione Agricola è cominciata diecimila anni fa, non è finita allora.
Sta venendo portata avanti ancora oggi, continuando a disboscare terreni
per convertirli in campi che producano cibo per noi.

   Elaine: Sì, lo capisco.

    Daniel: L'idea che gli umani siano esistiti per tre milioni di anni prima
di noi minaccia la nostra mitologia culturale, ma minaccia anche qualcosa
di molto più essenziale e importante. Voglio che tu esamini la nostra
cultura come un Antropologo Marziano e vedi se riesci a capire che cosa.
Per farlo, dovrai pensare a tutti i componenti essenziali della nostra
cultura, tutte le parti che la compongono.

   Elaine [dopo un'altra lunga pausa]: Ho paura di non averne idea.

   Daniel: Per pensare come un Antropologo Marziano, devi elevarti e
guardare a tutti noi – americani, cinesi, indiani, arabi, europei – e scoprire
perché affermare l'umanità dei nostri antenati ci pone una minaccia più
profonda e immediata di qualunque altra cosa abbiamo discusso finora.
Potrei facilmente fartici arrivare con degli indizi, ma non voglio farlo. A
prescindere da quanto ci vorrà, voglio che tu lo capisca da sola.

   Elaine [dopo una pausa]: Questo mi lascia in alto mare.

   Daniel: Sei venuta qui con una mentalità passiva, per prendere ciò che
ho da insegnarti. Ma io voglio che tu te ne vada con più di questo. Voglio
che tu te ne vada con l'abilità di fare quello che faccio io. Questo non
accadrà se mi limito a darti tutte le risposte – o se ti porto alla risposta
attraverso un'accurata serie di domande, come Ishmael ha fatto con Alan
[in Ishmael] e con Julie [in My Ishmael].

   Elaine: Sì, posso capirlo questo, ma comunque...

   Daniel: Sì?

   Elaine: E' scoraggiante.
Giovedì: pomeriggio

   Daniel: Qualche progresso?

   Elaine: Sulla domanda che mi ha fatto? No. Ho l'impressione di non
averla capita davvero.

   Daniel: Riconoscere che l'umanità è esistita per tre milioni di anni
prima di noi è in conflitto con la nostra mitologia culturale, come hai detto.
Ma rappresenta anche una minaccia più pericolosa di questa.

   Elaine: Per chi?

   Daniel: Se te lo dicessi, tanto varrebbe darti direttamente la risposta.
Questo probabilmente è un test troppo difficile, ora come ora. Non
preoccuparti. Hai bisogno di maggiore esperienza con compiti più
semplici.

   Elaine: Va bene.

    Daniel: Alcuni anni fa, un lettore mi scrisse per esprimermi la sua
sorpresa per tutte le – secondo lui stupide – domande che mi venivano
poste sul mio sito internet [www.ishmael.org]. Per lui, tutto ciò che dicevo
sembrava molto semplice: qualunque cosa noi umani facciamo che
disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro modo di
vivere.

   Elaine: Uh-uh.

   Daniel: Che intendi con “uh-uh”? Che sei d'accordo con lui?

   Elaine [sconcertata]: Be', sì, immagino di sì. In modo generale.

    Daniel: In modo generale. In altre parole, ciò che Daniel Quinn dice è
generalmente che qualunque cosa noi umani facciamo che disturbi
l'equilibrio della natura dev'essere eliminata dal nostro modo di vivere.

   Elaine: Mi sembra di capire che lei non concorda.
Daniel: Il punto non è concordare. Voi due condividete un quadro di
riferimento, e questo è ciò che dobbiamo esaminare. Per metterla in un
altro modo, l'Antropologo Marziano si chiede: “Cosa c'è dietro
quest'affermazione? Cosa c'è nelle loro menti che li ha portati a dirla? Cosa
stanno pensando?” O, per metterla in modo ancora migliore: “Che cosa
rivela quest'affermazione sulla loro visione di come funziona il mondo?”

   Elaine sospira.

   Daniel: Sei frustrata.

   Elaine: Sì, immagino di sì. Sono venuta qui pensando di avere un'idea
piuttosto buona della sua visione del modo in cui funziona il mondo.

    Daniel: Non è la mia visione. Voglio dire, non è una visione che
possiedo solo io. E' la visione generalmente accettata nel mondo della
scienza.

   Elaine: Mi ricorda qual è l'affermazione?

   Daniel: Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della
natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita.

    Elaine: Mi sembra un'affermazione con cui moltissime persone si
direbbero d'accordo.

    Daniel: Probabilmente hai ragione. Ecco cosa stiamo guardando: il
quadro di riferimento che moltissime persone – forse addirittura la
maggioranza delle persone – condivide. Questo è il compito
dell'antropologo... Per anni ho pensato di usare questa frase come titolo di
un libro: Se ti danno carta rigata, scrivi di traverso.

   Elaine ride.

    Daniel: Se facessi circolare un foglietto rigato con quest'affermazione
scritta sopra, la maggior parte delle persone probabilmente scriverebbe
sulla riga successiva: “Esatto!” Io giro il foglio di lato e ci scrivo
qualcos'altro.
Elaine: Che cosa ci scriverebbe?

   Daniel [scuotendo la testa]: Le righe sul foglio rappresentano delle
premesse, o, potresti dire, la saggezza ricevuta dalla nostra cultura. Qual è
la premessa alla base di quest'affermazione? “Tutto ciò che noi umani
facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal
nostro modo di vivere”?

   Elaine: Disturbare l'equilibrio della natura è... male.

   Daniel: Per cosa?

   Elaine: Per... la stabilità del mondo. Per la vita.

    Daniel: In altre parole, disturbare l'equilibrio della natura disturba
l'equilibrio della natura.

   Elaine [ridendo]: Sì, credo di sì.

   Daniel: Ma in ogni caso, è male.

   Elaine: Sì.

    Daniel: Va bene. Questa è l'attività dell'Antropologo Marziano – o
forse potresti chiamarlo il suo metodo – allontanarsi, indietreggiare e
guardare l'intera scacchiera.

   Elaine: Va bene.

  Daniel: Indietreggia di quattrocento milioni di anni e osserva la vita del
mondo com'era allora. Ne hai un'idea di qualche tipo?

   Elaine: Non una approfondita. Non sono nemmeno sicura... diciamo
che non sono sicura di come stessero le cose.

   Daniel: Be', in breve, le piante di terra cominciarono ad apparire circa
quattrocento milioni di anni fa, presumibilmente diffondendosi da paludi
pianeggianti. Esse vennero poi seguite dagli artropodi e da altri gruppi di
invertebrati, e i vertebrati di terra si evolsero da pesci d'acqua dolce circa
quaranta milioni di anni dopo.

   Elaine: Va bene.

   Daniel: Ora ripeti con me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della
natura è male.

   Elaine, perplessa, non dice niente.

    Daniel: La comparsa di vegetali sulla terraferma disturbò l'equilibrio
della natura.

   Elaine: Sì, credo di sì.

    Daniel: Credi di sì? Ovviamente lo fece. Se non l'avesse fatto, tutta la
vita sarebbe ancora negli oceani. Vero?

   Elaine: Sì.

    Daniel: I disturbi dell'”equilibrio della natura” sono ciò che alimenta
l'evoluzione stessa. Sono ciò che la fa avvenire. Se la natura, come viene
chiamata, avesse mai raggiunto un perfetto equilibrio, allora l'evoluzione si
sarebbe arrestata. I mammiferi erano una classe insignificante che viveva
nell'ombra, durante l'era dei dinosauri. La fine di quell'era aprì la strada
allo sviluppo dei mammiferi, inclusi i primati. Ora, di nuovo, ripeti con
me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della natura è male.

   Elaine: Non posso, ovviamente. Non più.

    Daniel: Quindi, quale sarà la tua risposta all'affermazione di quel
lettore? Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della
natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita.

   Elaine: Non ha senso.

    Daniel: Non ha senso perché è basata su una falsa premessa: che la
natura sia, o sia stata, in equilibrio, finché non siano arrivati noi a
disturbarla. Per attuare la politica proposta da questo lettore, dovremmo
negare la realtà e cominciare a dire assurdità.

   Elaine: Penso di cominciare a capire.

   Daniel: Cosa?

   Elaine: Cosa significa pensare come un Antropologo Marziano.

   Daniel: Bene. Spostiamoci in un'altra direzione... Ho già detto che
Marshall Sahlins ha descritto i popoli dell'Età della Pietra come la società
opulenta originaria. Vivevano una vita comoda, paragonata alla nostra.
Contrariamente al pregiudizio comune, non vivevano al limite della
sopravvivenza. Per dirla con termini tecnici, impiegavano molte meno
calorie per restare in vita dei loro discendenti agricoltori. In effetti, più un
popolo è dipendente dal cibo coltivato, più duramente deve lavorare.
Ovviamente raccogliere frutta che è cresciuta selvatica richiede meno
lavoro rispetto al piantare, coltivare e proteggere un frutteto; raccogliere
vegetali cresciuti spontaneamente richiede meno lavoro rispetto al
piantare, coltivare e proteggere dei campi.

   Elaine: Sì, questo lo so.

    Daniel: In Ishmael e altrove, ho precisato che oltre a questo, i popoli
tribali hanno una vita che gradiscono. Dato che la tribù non è
un'organizzazione gerarchica, non provano la frustrazione di dover avere a
che fare con organizzazioni sociali che sembrano agire da avversari –
polizia, tribunali, governi, esattori delle tasse, e così via. In concreto, dove
la loro cultura non è stata contaminata dalla nostra, non soffrono
costantemente di ansia, rabbia, depressione, dipendenza da stupefacenti e
crimine. Questo non significa che siano più dolci, più spirituali, più
elevati, più generosi o più altruisti di noi. Sono soggetti a egoismo, scatti
d'ira, cattive decisioni e violenza quanto noi, anche se hanno un modo
diverso dal nostro di gestire queste cose.

   Elaine annuisce.

   Daniel: Leggendo queste cose, moltissimi lettori mi scrivono
chiedendomi se sto dicendo che dovremmo tornare a vivere in caverne e
cacciarci la cena con una lancia.
Elaine: Davvero?

   Daniel: Che ne dici, tu?

   Elaine: Non ha mai detto niente di simile. In effetti, ha detto molto
esplicitamente che non è questo ciò che sta dicendo.

    Daniel: Ovviamente stanno anche reagendo a ciò che ho detto riguardo
le conseguenze della Rivoluzione Agricola. La popolazione di qualunque
specie cresce e diminuisce insieme alle sue risorse alimentari. La
Rivoluzione Agricola ci ha permesso di assicurarci che le nostre risorse
alimentari non diminuissero mai. Anzi, ci ha permesso di aumentarle
costantemente – ed è proprio ciò che abbiamo fatto dall'inizio della
rivoluzione fino a ora, cosicché anche la nostra popolazione non ha fatto
che aumentare. Ogni aumento della popolazione ha avuto come
conseguenza un aumento della produzione alimentare, il che ha causato un
ulteriore aumento della popolazione.

   Elaine: Sì...?

   Daniel: E allora la gente mi scrive per chiedermi: “Sta dicendo che
dovremmo tornare a vivere in caverne e cacciarci la cena con una lancia?”

   Elaine: Anche se ha detto chiaramente che non è ciò che sta dicendo.

   Daniel: Esatto. Cosa devo pensare di questo? Cosa ne pensi tu?

   Elaine: Immagino che... alcuni individui semplicemente non sono
buoni lettori. Vedono ciò che vogliono vedere.

    Daniel: C'è del vero in questo, di sicuro. Ma penso che ci sia qualcosa
di più profondo da trovare, qui.

   Elaine [dopo una pausa]: Non so dove cercare.

    Daniel: Allontanati. Cerca di vedere cosa c'è dietro la domanda. Cerca
di vedere cosa sta avvenendo nelle menti delle persone che la pongono.

   Elaine [dopo una pausa più lunga]: Non so se sono sulla strada giusta,
ma... quando un chirurgo dice che i fumatori hanno una maggiore
probabilità di ammalarsi di cancro ai polmoni, questo viene interpretato
come il consiglio di smettere di fumare.

   Daniel: La descrizione implica una prescrizione.

   Elaine: Sì, esatto.

   Daniel: Se io dico che i popoli tribali generalmente conducevano vite
più facili e meno stressanti, questa è solo una descrizione, ma alcune
persone danno per scontato che sia una prescrizione.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Se dico che la Rivoluzione Agricola ha causato un'esplosione
demografica che ci ha portato sull'orlo della catastrofe, anche questa è una
descrizione, ma alcune persone danno per scontato che sia una
prescrizione – di qualche tipo. Per esempio, alcuni pensano che stia
dicendo che dobbiamo tagliare la produzione alimentare e lasciare che la
gente muoia di fame.

   Elaine: Be', devo ammettere di essermelo chiesto anch'io.

   Daniel: Ti sei chiesta qual è la mia prescrizione.

   Elaine: Sì.

   Daniel: Questo è sempre stato un problema, per me – forse potresti
chiamarlo il dilemma dell'antropologo. Se descrivo qualcosa, facendo
semplicemente il mio lavoro di antropologo, spesso si crede che io stia
anche prescrivendo qualcosa.

   Elaine: Be', la gente vuole prescrizioni.

    Daniel: Questo è sicuramente vero... Ho descritto il problema come
una “corsa alimentare”, simile alla corsa agli armamenti tra gli Stati Uniti
e l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. In quella corsa agli
armamenti, ogni nostro avanzamento causava un loro avanzamento, il che
naturalmente provocava un ulteriore avanzamento da parte nostra, il che
causava un altro avanzamento da parte loro – un'escalation infinita. La
corsa alimentare è lo stesso. Ogni avanzamento nella produzione di cibo
causa un avanzamento nella crescita della popolazione, il che causa un
ulteriore aumento della produzione alimentare, il che provoca un altro
aumento della popolazione. Per questo ho effettivamente una prescrizione.
La corsa agli armamenti della Guerra Fredda è finita quando l'Unione
Sovietica l'ha semplicemente abbandonata – rifiutandosi di continuare a
gareggiare con noi. La corsa alimentare potrebbe finire nello stesso modo,
se noi semplicemente l'abbandonassimo, rifiutandoci di continuare la gara
tra produzione alimentare e crescita demografica.

   Elaine: Quali sarebbero le conseguenze di una cosa simile?

    Daniel: Se una quantità di cibo x ha nutrito sei miliardi di noi
quest'anno, allora una quantità di cibo x potrà nutrire sei miliardi di noi
l'anno prossimo. No? [NdT: Dal 2011, siamo sette miliardi.]

   Elaine: Penso di sì.

   Daniel: E se una quantità di cibo x nutrirà sei miliardi di noi l'anno
prossimo, potrà nutrire sei miliardi di noi anche l'anno successivo, no?

   Elaine: Sì.

   Daniel: Allora perché aumentare la produzione alimentare?

    Elaine [dopo averci pensato un po']: Ah! Per nutrire i milioni di
affamati!

   Daniel: Naturalmente. Quindi l'anno scorso hanno aumentato la
produzione alimentare per nutrire gli affamati.

   Elaine: Immagino di sì.

    Daniel: Puoi scommetterci. Quindi quest'anno i milioni di affamati
stanno venendo sfamati, giusto?

   Elaine: No.

    Daniel: Non so per quanto tempo siano esistiti questi milioni di
affamati, ma per esperienza personale posso dirti che sono almeno
settant'anni. E abbiamo aumentato la produzione alimentare per tutti questi
anni per sfamarli. Ma non vengono mai sfamati, vero?

   Elaine: Apparentemente no.

   Daniel: Perché no? Se stiamo costantemente aumentando la
produzione alimentare per sfamarli, perché stanno ancora morendo di
fame?

   Elaine: Non lo so.

    Daniel: Penso che tu lo sappia. O almeno, penso che tu sappia la
spiegazione comunemente accettata. Questo è il punto da cui
l'Antropologo Marziano deve cominciare: le spiegazioni comunemente
accettate che tutti danno per scontate senza metterle in discussione. Il cibo
è lì. Tutti concordano che abbiamo abbastanza cibo per sfamare tutti sul
pianeta. Ma i milioni di affamati continuano ad avere fame, e la domanda
è: perché?

   Elaine: Il cibo non gli sta arrivando.

    Daniel: Ovviamente. Ma perché? I treni e le strade non arrivano fino a
loro? Non ci sono porti, dove vivono?

   Elaine: Non lo so.

   Daniel: Sei bloccata nel tuo quadro di riferimento convenzionale,
Elaine. Devi indietreggiare e osservarlo a distanza. Rifiuta le risposte
convenzionali, con le loro implicazioni convenzionali. Pensa come
un'Antropologa Marziana.

   Elaine riflette per alcuni minuti e poi scuote la testa.

    Daniel: Ti ho detto di rifiutare le risposte convenzionali, con le loro
implicazioni convenzionali. Cosa dice la saggezza convenzionale, a questo
riguardo?

   Elaine: Che il cibo è lì, ma non gli arriva.

   Daniel: E l'implicazione è...

    Elaine: Il problema è la distribuzione. Il cibo non sta venendo
distribuito agli affamati.

   Daniel: Perché? Linee ferroviarie troppo corte, strade bloccate, porti
chiusi?

   Elaine: No.
Daniel: Allora perché? E' un qualche tipo di inefficienza burocratica?

   Elaine: Non lo so, forse.

    Daniel: Ora vado a controllare le mie email e ti lascio rifletterci per un
po', va bene?

   Elaine: Va bene.


   Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, qualche progresso?

   Elaine: Penso di sì.

   Daniel: Dimmi.

    Elaine: Ho indietreggiato, e quello che ho visto è che ai milioni di
affamati non manca solo il cibo, ma tutto – cibo, vestiti, riparo.

   Daniel: Non vivono in ville sulla spiaggia e guidano BMW ma per
qualche motivo muoiono di fame.

   Elaine: No. Sono i più poveri tra i poveri.

    Daniel: Quindi il problema non è che il cibo non li raggiunge. Il
problema è che non hanno soldi per comprarlo. Non ci sono affamati
ricchi.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: E in che modo aumentare la produzione di cibo li aiuta?

   Elaine: Non lo fa. Non importa quanto cibo produciamo, sono
comunque troppo poveri per comprarlo.

   Daniel: E' risaputo, naturalmente, che la parte della nostra popolazione
che cresce più lentamente e quella delle nazioni ricche e sviluppate.

   Elaine: Sì, l'ho sentito dire.

   Daniel: Quindi dov'è che avviene la crescita?

   Elaine: Nelle nazioni più povere e sottosviluppate.
Daniel: Dove vivono i milioni di affamati.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Quindi mentre aumentiamo la produzione alimentare e la
nostra popolazione cresce, anno dopo anno, dove si verifica la maggior
parte di questa crescita?

   Elaine: Nella nazioni più povere e sottosviluppate.

   Daniel: E nelle nazioni più povere e sottosviluppate, in quali classi
credi che la crescita demografica sia più lenta?

   Elaine: Suppongo nelle classi più benestanti.

   Daniel: E dove credi che sia più rapida?

   Elaine: Tra i poveri.

   Daniel: Tra i quali ci sono i milioni di affamati.

   Elaine: Sì, ma...

   Daniel: Sì?

   Elaine: Verrà obiettato che noi il cibo glielo mandiamo.

   Daniel: Quindi i milioni di affamati non sono davvero affamati.

   Elaine ci pensa su.

   Daniel: I milioni di affamati sono affamati o no?

   Elaine: Immagino che lo siano.

   Daniel: Se non lo fossero, perché dovremmo aumentare la produzione
alimentare ogni anno per sfamarli?

   Elaine [dopo averci riflettuto]: Non ha senso.

   Daniel: Cosa non ne ha?

   Elaine: La nostra razionalizzazione per il nostro costante aumento
della produzione alimentare.

   Daniel: Non stiamo creando un mondo senza fame?

   Elaine: No.

    Daniel: Proviamo a essere realistici per un momento. Pensi davvero
che le compagnie che spendono decine o centinaia di milioni all'anno per
sviluppare cibo geneticamente modificato lo facciano per altruismo,
motivate dal pensiero di eliminare la fame?

   Elaine: Sembra improbabile. Sono motivate dal pensiero di fare soldi.

    Daniel: Gli scienziati che svolgono il vero lavoro possono immaginare
di stare lavorando per eliminare la fame nel mondo, ma dubito che i
dirigenti abbiano un pensiero simile.

   Elaine: Sono sicuro che tu abbia ragione.

   Daniel: E che dire degli agricoltori che coltivano campi a maggior
rendimento? Lo stanno facendo per sfamare i milioni di affamati?

   Elaine: No. Realisticamente, maggior rendimento significa maggior
guadagno, e presumo che sia a questo che mirano.

   Daniel: Nel 1960 c'erano tre miliardi di noi. Nei successivi
quarant'anni, mentre aumentavamo continuamente la produzione
alimentare per sfamare gli affamati, essi hanno continuato ad avere fame.
Quindi, dove stava andando quel cibo in più?

   Elaine: Stava alimentando la nostra crescita demografica.

   Daniel: In quarant'anni, la nostra popolazione è raddoppiata a sei
miliardi. Quindi, abbiamo smentito l'idea che aumentiamo la produzione
alimentare ogni anno per sfamare i milioni di affamati?

   Elaine: Sì, per quanto mi riguarda. Quello che mi confonde è...

   Daniel: Sì?

   Elaine: Sembra quasi incredibile che quando si parla di aumentare la
produzione alimentare per nutrire gli affamati, tutti annuiscano come se
avesse perfettamente senso.
Daniel: Non aveva senso per te?

   Elaine: Sì, immagino che ce lo avesse.

   Daniel: Allora cos'è che ti confonde?

   Elaine: A essere onesta, non ne sono sicura.

   Daniel: O forse non sei pronta ad articolarlo.

   Elaine: Sì, potrebbe essere.

    Daniel: Passiamo a un argomento più semplice... In Ishmael ho distinto
i nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali da noi stessi...

   Elaine: Li ha chiamati “Lascia” e ha chiamato noi “Prendi”.

   Daniel: Sì... Se potessi tornare indietro, non utilizzerei di nuovo quei
termini.

   Elaine: Perché?

   Daniel: Perché troppe persone li hanno interpretati come “Buoni” e
“Cattivi”. Le persone tendono a credere che se fossero più buone,
sarebbero Lascia. Qualcuno una volta mi ha scritto che il governatore della
California Jerry Brown era un Lascia e il suo avversario era un Prendi.

   Elaine: Ho notato che non usa più questi termini ora.

   Daniel: No... In Ishmael era più semplice dire “Lascia” piuttosto che “i
nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali”, ma ora vorrei
averli chiamati semplicemente “i popoli tribali”.

   Elaine: Capisco... Comunque sia, è servito a qualcosa. Almeno per me.

   Daniel: Continua.

   Elaine: Distingueva “loro” da “noi” in una maniera davvero...
fondamentale. I Lascia sono quelli che lasciano le proprie vite nelle mani
degli dei, e i Prendi sono quelli che prendono le proprie vite nelle proprie
mani. I Lascia non si preoccupavano della provenienza del loro prossimo
pasto, perché sapevano che il cibo che gli dei avevano lasciato per loro non
sarebbe mai scomparso. Ma questo non era sufficiente per i Prendi.
Volevano prendere il controllo delle proprie riserve alimentari e smettere
di dipendere dalla generosità degli dei.

    Daniel: Sì, i nomi in sé erano abbastanza adeguati, ma molti lettori
tendevano a leggerli come descrizioni caratteriali. La differenza essenziale
tra “noi” e “loro” non è nei nostri cuori o nel nostro carattere, ma nel modo
in cui viviamo.

   Elaine: Sì, lo so.

    Daniel: Per come li ho descritti, i popoli tribali – i Lascia – vivono
nelle mani degli dei, il che significa che prendono ciò che gli dei mandano
loro. Quando le cose vanno bene, vivono bene e facilmente. Quando vanno
male, vivono meno bene e devono sforzarsi di più per sopravvivere. Ma
non c'era mai bisogno di sedersi in un punto e morire di fame. Se non c'era
abbastanza cibo dov'erano, si spostavano da qualche altra parte, dove ce
n'era di più ed era tutto liberamente consumabile. Le carestie avvengono
tra popoli stanziali e agricoli. Loro sono bloccati nella propria zona
inaridita e non possono cercare cibo nei territori dei loro vicini, perché il
cibo lì di sicuro non è liberamente consumabile.

   Elaine: Sì, capisco.

    Daniel: Ma stiamo cambiando discorso, qui. Non sto cercando di
riassumere quello che ho già scritto. Volevo solo gettare le fondamenta per
una domanda che ho ricevuto e a cui vorrei tu provassi a rispondere.

   Elaine: Va bene.

    Daniel: Una donna mi ha chiesto se, sulla base di ciò che avevo scritto
riguardo il vivere nelle mani degli dei, io giustificassi la pratica della
medicina, e se sì, in che modo.

   Elaine: Uh-uh.

    Daniel: Quindi, pensando come un'Antropologa Marziana, come
rispondi a questa domanda?

    Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Mi sembra uno di quei casi in
cui una descrizione viene scambiata per una prescrizione.
Daniel: In altre parole, dato che i Lascia vivevano nelle mani degli dei,
dovremmo farlo anche noi.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: E' una risposta valida entro un certo limite, ma suggerisce
anche che nessuna descrizione possa mai essere una prescrizione. Hai
familiarità con il Concetto del Continuum di Jean Liedloff?

   Elaine: No.

    Daniel: Jean Liedloff, una scrittrice americana, è vissuta con le tribù
sudamericane Yekuana e Sanema durante i primi anni '70, trovandoli i
popoli più felici che abbia mai conosciuto. Questo la portò a fare
particolare attenzione al modo in cui allevavano i loro bambini. Ciò che
osservò, tra le varie cose, è che i loro bambini beneficiavano di un costante
contatto fisico con le proprie madri fin dalla nascita, e dormivano nel letto
dei propri genitori finché non volevano allontanarsene di propria volontà,
di solito dopo circa due anni. Vide che venivano nutriti al seno
immediatamente ogni volta che avevano fame e che durante l'infanzia
erano in costante contatto con le proprie madri mentre esse svolgevano i
loro compiti. C'è molto di più da dire di questo, ma è sufficiente per
dartene un'idea generale. Come risultato – o almeno così sembrava a Jean
– i bambini crescevano sentendosi completamente sicuri, felici e non
nevrotici. Questa è una descrizione che decine di migliaia di persone – o
forse ormai centinaia di migliaia – hanno trovato essere una prescrizione
molto efficace per l'allevamento dei bambini. Ho conosciuto bambini
allevati in questo modo e posso dirti che la differenza tra loro e i bambini
cresciuti nel modo usuale è sconcertante. Quindi non si può
automaticamente escludere l'utilità del trasformare una descrizione in una
prescrizione.

   Elaine: Va bene, ma vivere nelle mani degli dei...

    Daniel: Tieni presente che questa è solo un'espressione. Se chiedessi ai
membri di una tribù aborigena se stiano vivendo nelle mani degli dei, non
capirebbero di che stai parlando, e se glielo spiegassi, probabilmente
direbbero: “Be', non l'abbiamo mai vista in questo modo, ma immagino
che si potrebbe dire così”.

   Elaine: Non penso di capire del tutto che intende.
Daniel: “Vivere nelle mani degli dei” è solo un'espressione. Potresti
dire “affidare il tuo destino al vento” o perfino “tentare la sorte”. Un
esempio ti potrà aiutare. Ogni anno, decine di migliaia di giovani sognano
di diventare attori di successo, ma solo pochi di loro vanno davvero a New
York o Hollywood per tentare la sorte. Mentre questi pochi prendono
lezioni di recitazione e vanno ad audizioni, svolgono anche ogni tipo di
lavoro che riescono a trovare. Io direi che stanno tentando la sorte, ma si
potrebbe anche dire che stanno vivendo nelle mani degli dei. O potresti
dire che ciò che accade loro dipende dal caso. Ovviamente non ce la fanno
tutti; solo pochissimi ci riescono. Ma se questi pochissimi non si fossero
messi nelle mani degli dei – se non avessero lasciato casa per accapigliarsi
per trovare lavoro e affrontare molte difficoltà e rifiuti – non ce l'avrebbero
fatta di sicuro. Nessuno che rimanga a casa e vada sul sicuro diventa una
stella del cinema.

   Elaine: Sì, capisco.

   Daniel: La maggior parte delle persone nella nostra cultura ambiscono
a ottenere più controllo possibile sul proprio destino – evitare a qualunque
costo qualunque cosa che assomigli al vivere nelle mani degli dei. Questo
spesso assicura un certo successo, ma quasi mai porta un abbagliante colpo
di fortuna. Vanno avanti secondo i piani, avanzano verso una buona
pensione, ma questo è tutto. I colpi di fortuna colpiscono solo quelli che
sono disposti a rischiare a vivere nelle mani degli dei.

    Elaine: E, se posso chiedere, in che modo questo ha riguardato la sua
vita?

    Daniel: Certo che puoi chiedere. Per i primi vent'anni della mia vita, ho
seguito il percorso convenzionale, il più possibile in controllo della
situazione a ogni passo. Avevo una carriera nell'editoria che in oltre
vent'anni continuò ad avanzare regolarmente. Al mio ultimo lavoro, avrei
solo dovuto tenere la testa bassa e la posizione di vicepresidente sarebbe
stata quasi sicuramente mia – e con il tempo probabilmente anche la
presidenza della compagnia per cui lavoravo. Invece lasciai perdere tutto.
Non dirò che non avevo piani in quel momento, ma erano piani terribili e
nel giro di un paio d'anni si può dire che non mi fosse rimasto più niente.
Non avendo nulla, cominciai a scrivere un libro, e con un po' d'aiuto degli
dei, del destino o dell'universo, fui in grado di continuare a lavorarci per
dodici anni, finché non divenne Ishmael. E a quel punto, con un po' più di
aiuto da parte degli dei, del destino o dell'universo, avvenne che Ted
Turner decise che voleva sponsorizzare una competizione per un romanzo
che fornisse “soluzioni creative e positive a problemi globali”. Vincere
quella competizione mi assicurò la pubblicazione di Ishmael – e quello fu
il mio colpo di fortuna. Ma se nel 1975 avessi tenuto la testa bassa e avessi
raggiunto la cima nell'editoria, non ci sarebbe stato alcun Ishmael – e
nessuno dei libri successivi. Ho dovuto lasciar andare la mia vita perché
potesse avvenire.

   Elaine: Una storia notevole. E un esempio notevole.

    Daniel: Dovrei precisare, comunque, che durante quel periodo non mi
sarebbe mai venuto in mente che stavo vivendo “nelle mani degli dei”. Lo
stavo facendo, ma non era qualcosa che avessi deciso di fare
coscientemente.

   Elaine: Capisco.

    Daniel: Quindi, finalmente arriviamo alla domanda della mia lettrice:
la pratica della medicina vìola in qualche modo il principio del vivere nelle
mani degli dei?

   Elaine [dopo averci riflettuto]: Sembrerebbe di sì.

    Daniel: Così era sembrato, almeno a questa lettrice. E' questa la
risposta che ti aspetteresti che le dia?

   Elaine: No.

   Daniel: Allora quale?

   Elaine [ridendo]: Non lo so.

    Daniel: Devi indietreggiare per ottenere una prospettiva della
situazione più ampia. Questo è il lavoro dell'Antropologo Marziano:
indietreggiare, senza mai farsi limitare dalle premesse di chi pone la
domanda.

   Elaine scuote la testa.

   Daniel: Questa lettrice si era fissata su un dettaglio e non stava
guardando all'intero.

   Elaine: L'intero cosa?

    Daniel: L'intero quadro della situazione. La differenza tra te e lei è che
io ti sto spingendo a guardarlo.

   Elaine [dopo un minuto]: I popoli aborigeni praticavano – e praticano
ancora – il proprio tipo di medicina.

   Daniel: Questo è sicuramente vero. Pensi che sia come il nostro?

   Elaine: Non posso dire di sapere di che si tratta, ma... suppongo di
avere l'impressione che sia più simile alla magia che a qualunque cosa noi
considereremmo medicina.

   Daniel: Quindi, questo come ci aiuta a rispondere alla domanda di
quella lettrice?

   Elaine: Non sono sicura che lo faccia.

   Daniel: Secondo te, che cos'è che questa donna trova inquietante o
preoccupante nella nostra medicina? Perché pensa che non possa
combaciare con il vivere nelle mani degli dei?

   Elaine [sospirando]: Credo che stia pensando... “Oh, be', ho la
polmonite. Per qualcuno che vive nelle mani degli dei, questa è la fine.”

   Daniel: O guarisci da sola o ci muori.

   Elaine: Se vivi nelle mani degli dei.

   Daniel [dopo averci pensato su]: Che cosa causa la polmonite?

   Elaine: Penso che possa essere causata sia da batteri che da virus.

   Daniel: E quale sarebbe la terapia di un moderno medico?

   Elaine: Immagino che consisterebbe nell'attaccare i batteri o i virus,
probabilmente con antibiotici.

   Daniel: E questo attacco – pensi che sia questo che disturba la lettrice?
Tutti gli attacchi che la medicina sferra contro organismi ostili alla vita
umana?

   Elaine: Sembra una buona ipotesi.

    Daniel: Dimmi che cosa sta pensando. Questo è parte del lavoro
dell'antropologo, capire che cosa succede nelle menti dei suoi soggetti.
Vedi se riesci a esprimere i suoi pensieri.

   Elaine: Caspita. Vediamo. Credo che sia una cosa del genere:
“Solitamente, i popoli Lascia vivono in pace con il mondo. Hanno molti
competitori nel mondo. Altri animali competono per la selvaggina, ma loro
non li sterminano. Hanno competitori per ogni cosa che mangiano, ma non
cercano di sterminarli.”

    Daniel: Mentre noi Prendi lo facciamo. Per quanto ci sia possibile,
spazziamo via i lupi, le volpi e i coyote che cacciano gli animali che
alleviamo. Per quanto ci sia possibile, cerchiamo di spazzare via tutte le
creature che si nutrono dei nostri campi.

   Elaine: Siamo in guerra con il mondo della vita intorno a noi.

   Daniel: Quindi forse la medicina è parte di quella stessa guerra.

   Elaine: Sì, esatto.

   Daniel: Questo è ciò che turba questa lettrice.

   Elaine: Penso di sì.

   Daniel: Turba anche te? Rifiuterai di farti curare, se ti verrà la
polmonite?

   Elaine: No, temo di no.

   Daniel: Pensi che forse dovresti, ma non lo farai.

   Elaine: Qualcosa del genere.

  Daniel: Sei ancora intrappolata nel modo di pensare di questa donna.
Devi indietreggiare di più e guardare alla situazione complessiva.

   Elaine scuote la testa, scoraggiata.
Daniel: Per oggi smettiamo. Vedi se riesci a usare il resto della giornata
per capire come indietreggiare abbastanza da vedere la risposta che stiamo
cercando.

   Elaine: Va bene.

    Daniel: Prova a saltar fuori dalle rotaie su cui la domanda di questa
donna ti ha messa. Ti ha presentato della carta rigata. Smettila di cercare di
scrivere sulla riga successiva. Gira il foglio di traverso.

   Elaine: Quali sono queste rotaie?

   Daniel: Pensaci su. Sono sicuro che puoi capirlo da sola.
   [Dopo averci riflettuto un po'] Mi è venuto in mente che questo
potrebbe aiutarti.
   [Cambiando argomento] Devi capire che questo è un viaggio di
scoperta anche per me. Sto cercando di capire ed esprimere cosa faccio
quando mi viene posta una domanda come questa – o di qualunque tipo.

   Elaine: Sì...?

    Daniel: Questa donna non riusciva a rispondere alla propria domanda
perché sta indossando dei paraocchi. Non sono sicuro che i cavalli per
strada indossino ancora i paraocchi, ma sai che cosa sono.

    Elaine: Sono... oggetti... credo quadrati di cuoio... sistemati ai lati della
testa del cavallo per tenere i suoi occhi sulla strada.

   Daniel: Per bloccare distrazioni che potrebbe vedere se avesse una
visuale più ampia di ciò che lo circonda.

   Elaine: Esatto.

    Daniel: Molte persone, cercando di rispondere alla domanda di questa
donna, indosseranno i suoi stessi paraocchi, terranno gli occhi fissi sul
percorso che lei vede e concorderanno di bloccare ogni visuale più ampia
della questione.

   Elaine: Sì, lo capisco.

   Daniel: Quindi il tuo lavoro stasera è di toglierti i paraocchi e vedere
cos'altro c'è su cui riflettere. Questo è un altro modo – probabilmente
migliore – di dirti di saltar fuori dalle rotaie su cui ti ha messa. Non
possiamo vedere altre rotaie su cui saltare finché non ci togliamo i
paraocchi che ci ha fatto indossare.

   Elaine: Ho capito.
Venerdì: mattina

   Daniel: Allora, qualche progresso?

   Elaine: Penso di sì.

   Daniel: Hai capito su che rotaie ci aveva messo questa lettrice,
indossando i suoi paraocchi?

   Elaine: Le rotaie erano la medicina.

    Daniel: In quanto possibilmente in conflitto con il concetto di vivere
nelle mani degli dei. E cos'è successo quando ti sei tolta i paraocchi che ti
aveva fornito?

   Elaine: Ho visto tutto il resto.

  Daniel: Sei stata in grado di allontanarti e guadagnare una visuale più
ampia della sua.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Continua.

   Elaine: Ciò che ho visto è che la malattia – o almeno molte malattie –
rappresentano un attacco di altre creature viventi. Ciò che ho visto è che
ogni creatura ha il diritto di difendersi da un attacco in ogni modo in suo
potere, e questo include noi.

   Daniel: Attaccati da un leone, useremo ogni arma a nostra disposizione
per difenderci.

    Elaine: Esatto. E la medicina ci fornisce armi con cui difenderci da
virus e batteri, tra le varie cose.

   Daniel: E vivere nelle mani degli dei?

   Elaine: Vivere nelle mani degli dei non ha nulla a che vedere con
questo. Vivere nelle mani degli dei non significa restare fermi e lasciare
che il leone ti strappi la testa.

    Daniel: Ben fatto. Che cosa ne pensi? E' stato difficile arrivare alla
risposta?

   Elaine [ci riflette un attimo]: Credo di dover rispondere di sì... Forse è
come imparare ad andare in bicicletta. All'inizio sembra completamente
impossibile, poi in qualche modo, all'improvviso, ci riesci.

   Daniel: Sì. Naturalmente, essere in grado di avanzare senza cadere è
solo la capacità più basilare, l'inizio della fiducia in sé stessi che porta a
capacità più avanzate.

  Elaine: Certo... Ho una domanda mia. Probabilmente le è stata fatta
molte volte.

   Daniel: Dì pure.

   Elaine: Abbiamo parlato di vivere nelle mani degli dei.

   Daniel: Sì?

   Elaine: Ma lei non dice mai chiaramente se crede in questi dei o in
qualunque dio.

    Daniel: Quando Ishmael parla degli dei... Lasciami cominciare in un
altro modo. L'argomento di Ishmael è la misconosciuta e inconfessata
mitologia della nostra cultura, che Ishmael esprime sotto forma di una
storia che spiega le relazioni tra l'Uomo, il mondo e gli dei. In questo
contesto, gli dei sono mitologici, il che non significa tanto che non
esistono ma che la loro esistenza è irrilevante. Il mondo è stato creato
perché l'Uomo lo conquistasse e lo dominasse, e l'Uomo è stato creato per
conquistarlo e dominarlo – secondo la nostra mitologia. Non c'è bisogno di
dire che questa è una missione divina. Gli europei che scacciarono gli
Indiani dalle loro terre e cominciarono a coltivarle credevano sinceramente
di stare facendo il lavoro di Dio.

   Elaine: Sì, capisco. Ma non vedo come questo risponda alla mia
domanda.

   Daniel: Ossia, se credo in Dio.

   Elaine: Sì, credo di sì.

   Daniel: Essendo un Antropologo Marziano, devo allontanarmi dalla
tua domanda e rifiutarmi di indossare i paraocchi che mi stai chiedendo di
mettermi. Credere in cose che potrebbero non esistere – o rifiutarsi di
credere in cose che potrebbero esistere – è una peculiarità della tua cultura,
non un'attività universale dell'umanità. Dato che è universale tra di voi,
date per scontato che sia universale tra gli umani in generale.

   Elaine: E' vero. Non mi era mai venuto in mente che potesse non
essere universale tra gli umani.

    Daniel: Credete in vari modi in Dio, anche se potrebbe non esistere,
oppure non ci credete anche se potrebbe esistere. Credete in vari modi
negli angeli, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche
se potrebbero esistere. Credete in vari modi in astronavi extraterrestri che
terrebbero il mondo sotto sorveglianza anche se potrebbero non esistere,
oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Credete in vari modi ai
fantasmi, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se
potrebbero esistere.

   Elaine: Sì, tutto vero.

   Daniel: Dimmi, credi nelle supermodelle?

   Elaine [ridendo]: Supermodelle? Non credo in loro. Non è la parola
che userei.

   Daniel: Per te, l'esistenza delle supermodelle non richiede l'uso della
facoltà di credere.

   Elaine: Esatto. Anche se non avevo mai pensato al credere come a una
facoltà.

   Daniel: Oh, lo è di sicuro. E' la facoltà che devi utilizzare di fronte
all'assurdo. Come disse William di Occam, Credo quia absurdum: “Ci
credo perché è assurdo”. Non c'è bisogno di credere a una cosa, se la sua
esistenza non ti sembra assurda.

   Elaine: Sì, immagino che sia vero. Ma l'esistenza di Dio non mi
sembra assurda.

   Daniel: E' assurda nel senso che nessuno può fornire neanche la
minima prova della Sua esistenza. Possono fornire dimostrazioni, ma esse
sono valide solo se si accettano le premesse su cui sono basate. Se non si
accettano queste premesse, allora sono solo inutili esercizi di logica.

   Elaine: Credo di essere vagamente consapevole della loro esistenza.

    Daniel: Esiste un'altra facoltà che è una sorta di cugina della facoltà di
credere. Si tratta della facoltà che entra in gioco quando si tratta delle
supermodelle. Voi popolate il mondo di supermodelle. Cinquant'anni fa
non c'erano supermodelle, ma negli ultimi decenni avete popolato il vostro
mondo di loro. Cent'anni fa non c'erano stelle del cinema, ma da allora
avete popolato il vostro mondo di centinaia di loro. L'Europa medievale
era popolata di santi.

   Elaine: Sì, capisco cosa intende.

    Daniel: I Gebusi della Nuova Guinea conversano con gli spiriti
quotidianamente. Il loro mondo è popolato di spiriti, e se chiedessi loro se
credono negli spiriti, reagirebbero come hai fatto tu quando ti ho chiesto se
credessi nelle supermodelle... Ma per tornare alla tua domanda originaria,
devo dire che la facoltà di credere è completamente atrofizzata in me. Mi
sembra stupido credere in cose che potrebbero non esistere – o negare
l'esistenza di cose che potrebbero esistere. Tuttavia, ho popolato il mio
universo personale con dei che si prendono cura di tutte le forme di vita.
Non prego questi dei, non costruisco templi per loro, non mi aspetto che
mi facciano favori, né pratico rituali per loro. E nemmeno mi aspetto che
altre persone “credano” in questi dei o popolino il loro universo con loro.

    Elaine: Capisco. Questo risponde a una domanda che avevo in mente
da tempo – come probabilmente molti dei suoi lettori.
Daniel: Quale domanda?

   Elaine: Immagino che molti lettori la considerino un non credente.

   Daniel: Presumo tu intenda un non credente nel Dio Giudeo-Cristiano.

   Elaine: In ogni tipo di divinità.

    Daniel: Ho paura di non sapere se sia vero o no. Ma non sono sicuro
del perché sia rilevante. O a quale domanda ho risposto per te.

   Elaine: Mi ha spiegato come è stato possibile per lei scrivere un libro
come Tales of Adam, in cui gli dei hanno un ruolo così importante.

   Daniel: Sì...?

   Elaine: Alcuni lettori si chiederanno se lei stesse scrivendo dal cuore o
se fosse solo una sorta di... poetica rappresentazione della visione del
mondo animista.

   Daniel: Qualcuno potrebbe immaginare che io abbia solo adottato una
personalità animista – una personalità falsa o estranea – a scopo letterario,
come fece James Hogg per scrivere “Confessioni di un peccatore
impeccabile”.

   Elaine: Ho paura di non avere familiarità con quel libro.

    Daniel: E' un classico che gode di una sorta di status culturale. Per
scriverlo, Hogg dovette adottare una personalità diametralmente opposta
alla propria, quella di un fanatico della predestinazione, convinto che la
salvazione o la dannazione di chiunque fossero inalterabilmente stabilite
da Dio fin dall'inizio dei tempi. Credendo di essere uno degli eletti, a
prescindere da qualunque peccato potesse commettere, il narratore si
considera giustificato perfino mentre uccide suo fratello, sua madre e altre
persone, e permette ad altri di venire impiccati per i suoi crimini. Il libro,
scritto negli anni Venti del milleottocento, decenni prima del suo tempo,
venne accolto con disprezzo e cadde nell'oblio finché non venne riscoperto
da autori come Robert Louis Stevenson e André Gide... In ogni caso, puoi
stare sicura che ho scritto Tales of Adam “dal cuore”, per dirla con parole
tue.

   Elaine: Non ne dubitavo.

  Daniel: Quindi... Dove eravamo? Presumo di aver risposto alla
domanda riguardo le mie credenze personali.

   Elaine: Sì.

    Daniel: Vediamo... All'incirca riguardo lo stesso argomento, come
risponderesti a questa domanda, che ho ricevuto in molte forme diverse:
“Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il mondo e
quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi naturali per
tenere sotto controllo la nostra popolazione?”

   Elaine [dopo averci riflettuto]: Mi sembra una domanda piuttosto
stupida.

   Daniel: Sì, forse lo è. Ma quando un antropologo vede gente fare o dire
qualcosa di apparentemente stupido, si pone due domande: “Perché mi
sembra stupido?” e “Perché non sembra stupido a loro?”

   Elaine: Sì. Naturalmente ha ragione.

   Daniel: Quindi, perché la domanda ti sembra stupida?

   Elaine: Forse sembrerebbe meno stupida se non fosse una domanda su
Dio.

   Daniel: Dovrai spiegarlo meglio, questo. E' fare domande su Dio che è
stupido, oppure lo è il concetto stesso di Dio?

   Elaine: No, nessuno dei due... Potrebbe ripetere la domanda?

   Daniel: “Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il
mondo e quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi
naturali per tenere sotto controllo la nostra popolazione?”

   Elaine [dopo averci riflettuto per diversi minuti]: Chi fa questa
domanda non sembra riconoscere alcuna causalità al lavoro nel mondo
eccetto quella divina. Usa il termine “catastrofi naturali” ma non accetta
davvero il fatto che siano naturali. Non collega lo tsunami che ha devastato
il Sud-Asia con un terremoto sottomarino, pensa che Dio l'abbia
“mandato”.

   Daniel: O abbia “mandato” il terremoto.

   Elaine: AIDS, cancro, epidemie... tutte queste cose hanno cause
naturali.

    Daniel: Sì, questo è ciò che tu, io e probabilmente la maggior parte
delle persone pensa, ma devi entrare nella testa di questa persona e capire
la sua idea di Dio.

   Elaine: La sua idea di Dio... Non sono sicura di come rispondere.

   Daniel: Parla del suo Dio.

   Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Il suo Dio è, devo credere,
onnisciente e onnipotente.

   Daniel: Sono sicuro che tu abbia ragione. Continua.

   Elaine: Non vedo come continuare.

   Daniel: Sto cercando di non guidarti troppo accuratamente. Devi
andare dietro i processi mentali che hanno creato questa domanda. Hai un
Dio onnisciente e onnipotente, e...

   Elaine: Vede che stiamo sovrappopolando il mondo.

   Daniel: E...

   Elaine: Ed è in suo potere mandarci malattie e catastrofi per ridurre la
nostra popolazione.

   Daniel: Perché ha bisogno di farlo?
Elaine: Ah. Perché il mondo non si regola da solo. O si potrebbe dire
che Dio non può confidare che il mondo si regoli da solo.

   Daniel: E dato che il mondo non si regola da solo – o non ci si può
aspettare che si regoli da solo...

   Elaine: Deve      farlo   Dio   stesso.   Deve   governare   il   mondo
personalmente.

   Daniel: Altrimenti non funziona come si deve. Almeno, non
automaticamente.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Quindi Lui manda malattie e catastrofi per ridurre la
popolazione umana. O almeno, ha la possibilità e il potere di farlo.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: Ma...

   Elaine: Ma?

  Daniel: Ha il potere di ridurre la popolazione umana in ogni sorta di
modo, ma...

   Elaine: Non riesce a farlo.

   Daniel: Quindi ha creato un mondo che non può regolarsi da solo e che
nemmeno Lui sembra in grado di regolare. Che tipo di Dio è questo?

   Elaine: Che tipo? Secondo chi?

   Daniel: Secondo la persona che ha fatto questa domanda.

    Elaine: Non lo so, a parte l'ovvio – a parte le cose che abbiamo già
discusso... Voglio dire, è onnisciente e onnipotente. Immagino che potrei
aggiungere che è benevolo. Che agisce per il nostro bene – o potrebbe
farlo.
Daniel: Come al solito, sto cercando di andare dietro le parole, di
raggiungere le tacite premesse e credenze.

   Elaine sospira.

    Daniel [dopo averle dato un paio di minuti per riflettere]: Proviamo a
dare una valutazione al lavoro di Dio, a cominciare dal Giardino dell'Eden,
dove ha piantato un albero i cui frutti Adamo ed Eva non potevano
assaggiare. Mettiti al Suo posto in una situazione simile. Sei la madre di
due bambini, un maschio e una femmina. Dici loro: “Potete giocare con
tutto ciò che volete in casa, eccetto la pistola carica che ora metterò qui sul
tavolo della cucina.” Poi, andandotene, permetti consapevolmente a
qualcuno di entrare in casa, sapendo che li incoraggerà a giocare con la
pistola.

   Elaine: Uh-uh. Ma un credente direbbe che Dio ha messo l'albero
proibito nel giardino per metterli alla prova.

   Daniel: Ed essendo onnisciente...

   Elaine: Sapeva che avrebbero fallito.

   Daniel: Perfino una madre umana si guarderebbe bene dal lasciare i
propri bambini insieme a una pistola carica in bella vista, non è vero?

   Elaine: Sì.

   Daniel: Non so che tipo di educazione religiosa tu abbia ricevuto.

    Elaine: Oh, sono stata cresciuta cattolica. Sono andata in una scuola
elementare cattolica, sentito le storie della Bibbia, imparato il catechismo,
tutto quanto.

   Daniel: Allora sei in una posizione piuttosto buona per valutare la
prestazione di Dio. Le Sue prime esperienze con la razza umana furono
piuttosto deludenti.

   Elaine: Sì. Alla fine ne divenne così disgustato che la spazzò via,
eccetto che per Noè e la sua famiglia. E perfino il risultato di questo
provvedimento non fu troppo soddisfacente.

   Daniel: Alla fine, decise di adottare un popolo eletto perché fosse
solamente Suo. Cosa stava pensando nel far ciò?

    Elaine: Mmm... Sono piuttosto indecisa su questo punto. Voglio dire,
sui Suoi piani a lungo termine per l'intera razza umana. Ma l'idea nel breve
periodo era di prendere questo popolo e di aiutarlo a sorpassare tutti i suoi
vicini, finché fosse rimasto fedele a Lui.

   Daniel: E come ha funzionato?

  Elaine: Non troppo bene. Alla fine, erano così infedeli che si lavò le
mani di loro, permettendo che prima i loro vicini e poi i Romani li
dominassero. Almeno, questo è come la ricordo io.

   Daniel: Ma tuttavia, promise loro un Messia.

   Elaine: Esatto.

   Daniel: E questo Messia cos'avrebbe fatto?

   Elaine: Non sono sicurissima di ciò che Dio promise, ma gli ebrei
credettero che il Messia avrebbe restituito loro l'indipendenza e li avrebbe
rimessi al vertice della razza umana.

   Daniel: E mandò loro il Suo Messia?

   Elaine: Be', ci sono varie opinioni a questo riguardo. Gli ebrei non
pensarono che Gesù fosse il Messia, e non lo pensano tutt'ora. Di sicuro
non fece ciò che loro si sarebbero aspettati da un Messia.

   Daniel: Ma Gesù era il Messia, no?

   Elaine: Secondo i cristiani, sì.

    Daniel: Secondo i cristiani, era il Messia non solo degli ebrei, ma
dell'intera razza umana.
Elaine: Esatto. Presumibilmente.

    Daniel: Ma solo i cristiani ricevettero questo messaggio. Gli ebrei
stanno ancora aspettando, e i musulmani considerano Gesù solamente un
profeta tra i tanti.

   Elaine: Sì, è vero.

   Daniel: Se Gesù è stato mandato per salvare l'intera razza umana,
perché solo i cristiani hanno recepito il suo messaggio?

   Elaine: Non lo so.

    Daniel: Se fossi un Dio onnipotente, pensi che saresti riuscita a
comunicare questo messaggio a tutta la razza umana? In un modo o
nell'altro – che Gesù era o non era il Messia promesso?

   Elaine: Penso di sì.

    Daniel: Naturalmente, i cristiani sono convinti di aver recepito il
messaggio che Dio voleva mandare loro. Ma cos'è successo alla fine alla
cristianità?

   Elaine: Alla fine? Non sono sicura di cosa intende, è ancora lì.

   Daniel: Ma è molto diversa rispetto a com'era mille anni fa.

   Elaine: E' vero. Si è divisa in mille sette diverse, ognuna con una
propria versione del messaggio.

   Daniel: Discordano su ogni sorta di questione fondamentale: divorzio,
controllo delle nascite, aborto, omosessualità. Per non parlare del ruolo del
Papa e persino del significato della salvazione.

   Elaine: Vero.

   Daniel: Se tu fossi un Dio onnipotente, non pensi che avresti potuto
rendere assolutamente chiaro il tuo pensiero su tali questioni?
Elaine: Sì, penso che avrei potuto.

   Daniel: Quindi, te lo chiedo di nuovo: che tipo di Dio è questo?

    Elaine [dopo averci pensato su]: Stranamente, devo rispondere che si
tratta di un Dio incompetente.

   Daniel: Sì?

   Elaine: Immagino gli sia stato attribuito ogni spregiativo possibile per
un sovrano – tirannico, vendicativo, spietato, indifferente alle nostre
sofferenze, ossessionato con regole e regolamenti, una spia che si insinua
in ogni camera da letto – ma non penso di averlo mai sentito definire
“incompetente”.

    Daniel: Questo è il mio lavoro, scoprire le credenze e le premesse
inespresse della nostra cultura. Per esempio, è convinzione inespressa
della nostra cultura che il mondo sia un possedimento dell'uomo, che
conquistarlo e dominarlo sia il nostro destino divinamente assegnatoci, che
il nostro sia l'unico modo giusto di vivere per gli esseri umani, e che
dobbiamo aggrapparci a questo stile di vita anche se ci ucciderà. Ed è
convinzione inespressa di chi ha fatto questa domanda che Dio sia
incompetente.

   Elaine: Dovrà spiegarmela meglio, questa.

   Daniel: Considera i metodi inadeguati che questa persona suggerisce
che Dio stia usando per ridurre la nostra popolazione: AIDS, epidemie,
disastri naturali e così via. La nostra popolazione continua a crescere
costantemente a dispetto di queste cose, e l'ha fatto per gli ultimi diecimila
anni. Se fosse competente – e davvero interessato alla questione – un Dio
onnipotente sarebbe in grado di fare qualcosa di veramente efficace, no?

   Elaine: Devo pensare di sì. Anche se sarebbe... dovrebbe essere...

   Daniel [dopo alcuni istanti]: A che tipo di cosa stai pensando?

   Elaine: Un'enorme carestia... un'epidemia come non ne abbiamo mai
viste.

   Daniel: Puoi trovare qualcosa di più fantasioso, anche se hai avuto solo
pochi momenti per pensarci. Pensa a qualcosa che non causerebbe neanche
una morte, né di malattia né di fame.

   Elaine [dopo averci pensato un po']: Potrebbe rendere sterili
novantanove donne su cento.

   Daniel: Naturalmente. Questo risolverebbe il problema molto in fretta,
non è vero? In una sola generazione, la nostra popolazione calerebbe da sei
miliardi a sessanta milioni, e nessuno dovrebbe morire di malattia o di
fame.

   Elaine: Sì.

    Daniel: Se tu sei abbastanza intelligente da ideare una soluzione simile
in sessanta secondi, non dovrebbe saperlo fare anche un Dio onnisciente e
onnipotente?

   Elaine: Dovrebbe, sì. Anche se non so cosa risponderebbe un credente
a una cosa simile.

    Daniel: I credenti hanno generalmente accettato l'idea che Dio non
intervenga più nelle faccende umane come faceva un tempo. Ora
dobbiamo cavarcela da soli. Ha mandato Gesù ad aprire i cancelli del
Paradiso all'umanità corrotta, e questo ci deve bastare.

   Elaine: Sì, a quanto pare.

    Daniel: Per quanto il nostro interrogatore non concordi con questa
credenza. Egli pensa che Dio potrebbe star facendo degli sforzi per
salvarci da noi stessi, anche se questi sforzi sono inefficaci... Ma ora
capisci perché questa persona non pensa che la sua domanda sia stupida.

    Elaine: Sì. Ha accettato l'idea che il suo Dio è incompetente. Dio vuole
intervenire e forse lo sta facendo, ma chi fa questa domanda non è sorpreso
dall'ovvia inefficacia dei Suoi tentativi.
Daniel: In realtà, i veri dei del mondo – se ce ne sono – sono
competenti. Hanno creato un mondo che funziona perfettamente, senza
bisogno di sorveglianza o di interventi divini. Se non freneremo la nostra
crescita demografica, i meccanismi intrinseci del mondo se ne
occuperanno. Se continueremo ad attaccarli vigorosamente come stiamo
facendo ora, i sistemi ecologici che ci mantengono in vita collasseranno,
creando un mondo incapace di sostenere la vita umana. Scompariremo –
probabilmente insieme alla maggior parte o a tutte le forme di vita animali
di grandi o medie dimensioni – ma la vita continuerà e ricomincerà
immediatamente a ricostruire, come ha fatto dopo ogni passata estinzione
di massa.

   Elaine: Non un lieto fine. Almeno dal nostro punto di vista.

    Daniel: Ma anche non un risultato inevitabile. Dobbiamo solo
affrontare il fatto che l'estinzione di massa che si concluderà con la nostra
scomparsa è già cominciata, e che non è qualcosa che possiamo continuare
a ignorare.

   Elaine: Sì.

   Daniel: Quindi, che cosa ti ha insegnato l'esplorazione di questa
stupida domanda?

   Elaine: Molto più di quanto mi aspettassi, ovviamente.

   Daniel: Voglio dire riguardo... Ciò che sto cercando di comunicarti è il
modo in cui arrivo a risposte che confondono le aspettative della gente.
Ciò che sto cercando di sviluppare qui è la risposta all'ultima grande
domanda che le persone hanno per me: come faccio ciò che faccio?

   Elaine: Dovrò pensarci su.

   Daniel: Va bene. Facciamo una pausa.



  Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, hai riflettuto sulla mia ultima
domanda?
Elaine: Ci ho pensato, ma tutto ciò che posso dire è che non sono
neanche vagamente in grado di fare ciò che fa lei.

   Daniel: Con l'ultima domanda che abbiamo affrontato, ho dovuto darti
una mano solo una volta, quando ti ho chiesto a che tipo di Dio stava
pensando questa persona.

   Elaine: Vero. [Dopo averci pensato un po' su.] Ma quello era il punto
fondamentale. Se non fosse intervenuto per aiutarmi, non penso che ci
sarei arrivata da sola.

   Daniel: Siamo ancora all'inizio. Hai detto che è come imparare ad
andare in bicicletta. Sapere come rimanere in equilibrio è solo l'inizio. Ci
vuole tempo per arrivare al punto in cui puoi pedalare senza mani.

   Elaine: Vero.

    Daniel: Ecco una domanda a cui uno dei miei lettori non riusciva a
rispondere, ma scommetto che ormai non sarà una grossa sfida, per te. Mi
scrisse che quando arrivammo a sei miliardi, nel 1999, uno scrittore del
National Review aveva cercato di mettere la cosa in prospettiva precisando
che se quei sei miliardi fossero vissuti tutti in Texas, ognuno di loro
avrebbe avuto un ottavo di acro per sé. Il mio lettore disse: “Non mi
sembra un grosso problema, e a lei?”

   Elaine: Uh-uh.

   Daniel: Solo “uh-uh”?

   Elaine: Be', do per scontato che i calcoli siano corretti.

   Daniel: Anch'io. Anche se sospetto che l'autore dell'articolo stesse
considerando l'area totale del Texas, e non solo l'area abitabile, che non
comprende fiumi, laghi, strade e autostrade.

   Elaine: Non so esattamente quanto sia grande un acro.

   Daniel: Mi aspettavo questa domanda. Un acro corrisponde a circa
43.560 piedi quadrati (4.047 metri quadrati). Un ottavo di acro è pari a
circa 5.445 piedi quadrati (506 metri quadrati), più o meno le dimensioni
medie di un lotto edificabile in città. Una famiglia di quattro persone
avrebbe mezzo acro, una dimensione comune per un lotto edificabile in
periferia.

   Elaine: Va bene.

   Daniel: Spazio in abbondanza.

   Elaine: Sì.

   Daniel: Quindi ora hai la nostra situazione demografica in prospettiva.

   Elaine non dice niente.

   Daniel: Andiamo, Elaine. Qual è la premessa inespressa dietro questa
prospettiva?

   Elaine: Ovviamente riguarda lo spazio.

   Daniel: Lavoraci su. Questa è una domanda facile.

   Elaine [dopo averci pensato su]: Una famiglia di quattro persone non
ha problemi nel vivere in mezzo acro. Milioni di americani lo fanno.

   Daniel: Non ti aiuterò con questa. Pensa a ciò che stai dicendo, parola
per parola.

  Elaine [dopo averci pensato ancora]: Va bene. Stanno vivendo in
mezzo acro, ma non stanno vivendo di mezzo acro.

  Daniel: Certo che no. Cosa succederebbe se provassero a vivere di
mezzo acro?

   Elaine: Credo che non potrebbero.

   Daniel: Certo che non potrebbero. Quindi ora prova a mettere in
prospettiva l'idea di sei miliardi di persone che vivono in Texas.
Elaine: Dovrebbero importare enormi quantitativi di cibo.

   Daniel non dice niente.

   Elaine [dopo averci pensato un po' su]: Non ci sarebbe nessuno da cui
importare cibo. Tutte le fattorie nel resto del mondo sarebbero
abbandonate. Nessuno fuori dal Texas starebbe coltivando, raccogliendo,
processando, impacchettando e trasportando il cibo.

    Daniel: Brava... Ho fatto qualche ricerca durante la nostra pausa. Un
miglio quadrato (2.589.988 metri quadrati) di terreno coltivato sfamerà
circa mille persone. Se tutto il territorio del Texas venisse disboscato e
coltivato, sfamerebbe circa 262 milioni di persone. Quindi...?

    Elaine: Quindi quei sei miliardi di individui in Texas non vivrebbero lì,
ci morirebbero di fame.

   Daniel: Ma avrebbero un sacco di spazio per case, patii, altalene e
piscine.

  Elaine: Sì, questo è ciò che lo scrittore del National Review aveva in
mente.

   Daniel: A essere onesti, sono rimasto sorpreso da come inizialmente tu
fossi pronta ad accettare la plausibilità di questa visione delle cose.

   Elaine: Perché? Dev'essere sembrata plausibile a tutti al National
Review – e ai suoi lettori.

    Daniel: Vero, ma considera la domanda originaria che ti ho posto. Il
lettore diceva: “Questo mi sembra sensato, e a lei?” Avresti dovuto capire
che la mia risposta sarebbe stata: “No, non mi pare proprio.”

   Elaine: Immagino che lo sapessi. [Ci pensa su per un po'] Ma questo
non cambia il fatto che per me aveva senso. In quel momento.

   Daniel: Se vuoi imparare a pensare come un'Antropologa Marziana,
devi diventare molto più sospettosa delle asserzioni apparentemente
ragionevoli che ci vengono costantemente presentate. Come questa,
secondo cui in Texas c'è abbastanza territorio da ospitare l'intera
popolazione globale senza problemi. Sono sicuro che decine di migliaia di
persone hanno accettato quest'affermazione senza esitare un attimo, e che
altri milioni l'accetterebbero nello stesso modo se venisse presentata loro.

   Elaine: Sono sicura che ha ragione.

   Daniel: In effetti, sto cercando di farti perdere l'abitudine di rispondere
automaticamente: “Sì, ha senso. Lo accetterò.” Sto cercando di allenarti a
fermarti e dire: “Sì, sembra che abbia senso. Ma ce l'ha davvero?”

    Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Potrei dire che capisco cosa
intende, ma non ne sono sicura. Voglio dire... siamo abituati a fermarci
quando qualcosa non ha senso. Ma quando qualcosa ce l'ha...? Di sicuro lei
non si ferma a riflettere ogni volta che qualcosa ha senso.

   Daniel: Hai ragione, naturalmente.

   Elaine: Quindi è questione di sapere quando fermarsi, no? Lei come sa
quando fermarsi?

   Daniel: E' una domanda molto legittima. Molto utile, in effetti.

   Elaine: Perché utile?

    Daniel: Mi indica una direzione a cui non avevo pensato, che non mi
ero preparato a esplorare con te. Vediamo se riesco a spiegarmi... Se
seguissi un cacciatore aborigeno nella foresta, lui vedrebbe cose che per te
sarebbero letteralmente invisibili. Vedrebbe e riconoscerebbe segni nel
terreno che tu dovresti concentrarti anche solo per distinguere. Noterebbe
perturbazioni nell'erba che per te sarebbero impercettibili.

   Elaine: Ne sono sicura.

   Daniel: Lo stesso varrebbe per il cacciatore se seguisse te nella sezione
femminile di un negozio d'abbigliamento. Tu distingueresti
immediatamente i vestiti di buona qualità da quelli scadenti, cosa che lui
non sarebbe certamente in grado di fare. Noteresti un commesso avere una
conversazione personale al telefono. Senza nemmeno doverci pensare,
saresti consapevole delle sottili differenze tra una conversazione personale
e una di lavoro, e il cacciatore no.

   Elaine: Vero.

    Daniel: Ciò che vediamo sono le cose che la nostra vita ci ha abituati a
notare. La tua vita non richiede che tu sia in grado di notare leggeri segni
nella polvere. La vita del cacciatore non richiede che sia in grado di notare
la differenza tra abiti ben fatti e abiti scadenti.

   Elaine: Vero.

    Daniel: Io mi sono addestrato a riconoscere la voce di Madre Cultura
nelle cose che leggo e ascolto. Sai che cosa intendo per Madre Cultura.

    Elaine: Sì. Madre Cultura è... la personificazione di tutte le conoscenze
che ci arrivano dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dai nostri libri di
testo, dai nostri film, dai nostri commentatori televisivi...

   Daniel: E dalle nostre riviste, comprese Scientific American e il
National Review.

   Elaine: Giusto.

    Daniel: Ho immediatamente riconosciuto la voce di Madre Cultura
nell'osservazione del National Review che la nostra intera popolazione
globale avrebbe potuto vivere comodamente in Texas. Capisci perché?

   Elaine: Non ne sono sicura.

   Daniel: Fai un tentativo.

    Elaine [dopo una breve riflessione]: Madre Cultura vuole rassicurarci
che tutto ciò che stiamo facendo va bene. Raggiungere una popolazione di
sei miliardi non è nulla di cui preoccuparsi.

   Daniel: Perché, vedi, potresti metterci tutti e sei miliardi in Texas e ci
sarebbe spazio in abbondanza. L'ho subito riconosciuta come il tipo di
rassicurazione che Madre Cultura vuole che abbiamo. Questo è ciò che mi
ha fatto fermare per rifletterci. E una volta che ho cominciato a esaminarla,
mi sono bastati pochi secondi per capirne l'assurdità.

   Elaine: Va bene, ma non posso dire che questo mi aiuti molto. Dice di
essersi allenato a riconoscere la voce di Madre Cultura nelle cose che
legge o ascolta, ma in che modo questo aiuta me?

   Daniel [dopo averci pensato per un minuto]: Si potrebbe dire che ciò
che il cacciatore cerca mentre si muove nella foresta sono indizi, cose che
segnalano che cosa sta succedendo intorno a lui. Quando esamini una
maglietta o un vestito, probabilmente ci sono cose che ti fanno capire la
sua qualità.

   Elaine: Sì, immagino di sì.

   Daniel: Anch'io cerco indizi. O, come ho detto, mi sono allenato a
notarli. Non devo nemmeno cercarli, mi saltano addosso.

   Elaine: Ma che cosa sono?

    Daniel: Non posso darti una lista – non mi è mai venuto in mente di
farne una. Forse potremo stilarne una mentre procederemo.

   Elaine: Qual è stato l'indizio in questo caso?

    Daniel [dopo averci pensato su]: La sua ovvia tendenziosità. Con
questo intendo che quest'affermazione contiene un'argomentazione
implicita. Se qualcuno dicesse che se allineassimo tutte le nostre
automobili in una singola strada farebbero due volte il giro del mondo, non
c'è nessuna argomentazione implicita. Ti sta solo presentando un fatto
interessante. Non sta dicendo che è qualcosa che potrebbe davvero essere
fatto. Non sta traendo conclusioni particolari sulle automobili, sulle strade
o sulla circonferenza della Terra. Sta solo usando le sue capacità di calcolo
per darci un'idea di quante automobili abbiamo. Lo scrittore che dice che il
Texas potrebbe comodamente ospitare sei miliardi di persone invece vuole
arrivare da qualche parte, e sta dicendo che potrebbe essere fatto.

   Elaine: Va bene. Ma non sono sicura che riconoscerei un'affermazione
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Daniel Quinn - The Story of B (libro in italiano)
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Daniel Quinn - The Story of B (libro in italiano)
 
Incenso mirra-e-oro-olga-danelone
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Daniel Quinn - Se ti danno carta rigata... scrivi di traverso (libro in italiano)

  • 1. Daniel Quinn Se ti danno carta rigata... scrivi di traverso (If they give you lined paper... write sideways) Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal (e-mail). Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito: NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com “C'è sempre un mondo nuovo”, disse Poirot, “ma solo, sapete, per persone molto speciali. I fortunati. Quelli che portano dentro di loro la creazione di quel mondo.” Agatha Christie. Prefazione Nell'ottobre del 2005, ricevetti una lettera da una lettrice che sarebbe stata a Houston – dove vivo – il finesettimana del Ringraziamento; si chiedeva se avrebbe potuto passare del tempo con me per esaminare le idee che aveva esplorato nei miei libri. Accettai, precisando che avevo un secondo fine: volevo usare la nostra conversazione, registrata e redatta, come base per un nuovo libro che avevo in mente. Dietro sua richiesta, ho sostituito il suo nome con un altro di sua scelta. Ciò che segue è una trascrizione leggermente editata del nostro dialogo. Per quanto vengano fatti riferimenti agli altri libri che ho scritto, non è assolutamente necessario averli letti per capire questo. In altre parole, scrivendo questo libro non ho dato per scontato che il lettore avrebbe già avuto familiarità con le idee che ho espresso in lavori precedenti.
  • 2. Giovedì: mattina Elaine: [dopo esserci scambiati i soliti convenevoli.] Come può immaginare, sono molto curiosa riguardo il libro su cui sta lavorando. Daniel: Sarebbe più veritiero descriverlo come il libro con cui ho combattuto per gli ultimi cinque anni – almeno. Proverò a spiegarmi meglio... Quando finii “Ishmael”, immaginai di aver fatto quello che avevo deciso di fare una dozzina di anni prima. Pensai che il mio lavoro fosse concluso. Un'idea molto ingenua. Elaine: Perché ingenua? Daniel: Perché nessuno che avesse qualcosa di importante da dire è mai riuscito a esprimerlo completamente in un solo libro. Ciò che imparai da “Ishmael” è quanto ancora mi mancasse. Questo è ciò che le migliaia di lettere che ricevetti mi dissero. I lettori avevano adorato il libro ma erano rimasti vittime di seri fraintendimenti su ciò che stavo dicendo. Pensai di poter correggere quei fraintendimenti con un secondo libro, “The Story of B”. Dalla reazione a quel libro, vidi che ne serviva un terzo. Quello fu “My Ishmael”. A quel punto vidi che ne serviva un quarto per cucire insieme tutte le mie idee in un modo molto semplice e diretto, e quello è stato “Oltre la Civiltà” (Beyond Civilization). Elaine: Uh-uh. Daniel: Quando “Oltre la civiltà” era ancora in forma di manoscritto, accettai di incontrare un piccolo gruppo di lettori che, come te, avevano chiesto un'opportunità per esaminare ciò che avevano capito di quello che stavo dicendo. Accettai di dedicare loro un finesettimana lungo, a patto che arrivassero dopo aver letto “Oltre la civiltà”. Quando arrivarono, comunque, fu subito chiaro che “Oltre la civiltà” aveva risposto a quasi tutte le domande che volevano farmi. Il seminario finì dopo appena due ore, e passammo il resto del finesettimana socializzando... Quello che voglio dire è che con quel libro ho risposto a quasi tutte le domande che i lettori hanno continuato a farmi da quando “Ishmael” è stato pubblicato. Elaine: Sì, capisco. Anche se penso che il suo saggio “Il Nuovo
  • 3. Rinascimento” (“The New Renaissance”) sia stato ciò che ha svolto la stessa funzione per me. (vedi pagina 150.) Daniel: Sì, chiunque cerchi un'espressione concisa del mio messaggio fondamentale, dovrebbe leggere “Il Nuovo Rinascimento”. Con quello, sentii di aver detto tutto ciò che avevo da dire. Ma una domanda rimaneva. Si trattava di una domanda che era stata lì fin dall'inizio, ma per molti anni avevo continuato a ignorarla. Elaine: Che domanda era? Daniel: “Come fa ciò che fa?” Elaine: Ha detto che aveva continuato a ignorarla...? Daniel: La ignoravo perché pensavo che la risposta fosse ovvia: chiunque avesse lavorato al problema tanto a lungo e con tanta determinazione quanto avevo fatto io avrebbe potuto fare altrettanto. Elaine: Ma ha cambiato idea. Daniel: Sì, con riluttanza. Con riluttanza perché non avevo mai voluto propormi come qualcuno speciale o straordinario. Elaine: Cosa le ha fatto cambiare idea? Daniel: L'esperienza. Ti farò un esempio. Nell'estate del 1998 condussi un esperimento. Così tanta gente mi aveva chiesto l'opportunità di studiare con me che decisi di indire un seminario serale della durata di tutta l'estate che chiunque fosse disposto a viaggiare fino a Houston avrebbe potuto frequentare per quanto tempo volesse. L'affluenza naturalmente oscillava. Una settimana, mentre un gruppo partiva e un altro era atteso, un singolo membro del seminario rimase da solo, a duemila miglia da casa, e mi sentii obbligato a prendermene cura. Passammo molto tempo semplicemente a conoscerci meglio. Allo stesso tempo, sentii che avrebbe dovuto trarre qualcosa di utile dall'esperienza. Aveva letto tutti i miei libri molte volte, con grande cura e attenzione, ma voleva accertarsi di aver capito ciò che stavo dicendo con la completezza che pensava. Per scoprirlo, selezionai circa un centinaio delle
  • 4. domande più interessanti che mi erano state fatte sul mio sito web negli anni e lasciai che provasse a rispondere a tutte, una per una. Rimanemmo entrambi sconcertati dal risultato di questo test. Alla vasta maggioranza delle domande non riuscì proprio a rispondere. Aveva azzardato alcune risposte, ma quando le confrontammo con le mie, fu ovvio che io e lui eravamo su due lunghezze d'onda diverse. In altre parole, ciò che l'esperimento rivelò fu che per quanto conoscesse le risposte a tutte le domande sollevate nei miei libri, non poteva generarne di nuove – non poteva rispondere a domande che non fossero presenti nei miei libri. Elaine: Come mai, secondo lei? Daniel: Ci arriveremo... Nel frattempo, ecco un altro esempio. Alcuni anni fa, un certo gruppo no-profit, impressionato dal mio lavoro, mi invitò a partecipare a una riunione di pianificazione per un'impresa in cui erano coinvolti. Mi sedetti e ascoltai mentre il team di progettazione discuteva delle sue idee per varie ore. Alla fine, esausto, uno di essi si girò verso di me e disse: “Be', Daniel, è stato dannatamente silenzioso. Che cosa ne pensa di tutto questo?” Io spiegai che non ero completamente sicuro della mia reazione, e che volevo raccogliere le idee prima di parlare. “Ci dica solo la sua reazione istintiva”, insisterono. Sapendo di aver bisogno di tempo per formulare la mia reazione in termini misurati e diplomatici, chiesi loro di non farmi pressioni per spingermi a parlare immediatamente, ma alla fine liquidarono tutte le mie scuse, assicurandomi che ogni contributo da parte mia sarebbe stato il benvenuto. Dissi loro che cosa pensavo, e mi fissarono con qualcosa di molto simile all'orrore. Invece di ripetere che avrebbero dovuto darmi il tempo che avevo chiesto (e che mi sarebbe servito per esprimermi in modo da non orripilarli), mi giustificai debolmente dicendo che se avevo un motivo per essere presente a quella riunione, era per osservare il procedimento come avrebbe potuto fare un completo estraneo – come avrebbe fatto un antropologo marziano, in effetti. Con tanta cordialità quanta riuscirono a mostrarne, concordarono che questo era esattamente ciò che volevano che io facessi. Non esistono cose come i marziani, naturalmente, come la gente di quella riunione sapeva perfettamente, ma capirono comunque che cosa
  • 5. intendevo. In effetti, in seguito appresi che i membri di quel gruppo ora vengono incoraggiati a “pensare come marziani”. Ma l'antropologo marziano originale non è più stato invitato a un'altra riunione. Elaine: Qual è la sua teoria? Perché erano così orripilati da quello che aveva da dire? Daniel: Un altro esempio risponderà a questa domanda. Alcuni mesi fa ho partecipato a una conferenza telefonica con un gruppo di lettori di Tulsa. Uno dei partecipanti fece un'osservazione che potrebbe sembrare piuttosto comune, ma che a me sembrò rivelatrice. Disse, all'incirca: “Che cosa dobbiamo fare? Quando parliamo con delle persone, ognuno di noi parte da un quadro di riferimento convenzionale. Quello che non capiamo o condividiamo è il suo quadro di riferimento. Il suo quadro di riferimento a noi sembra completamente alieno e misterioso.” Improvvisamente sentii di aver afferrato il problema. Per quanto a posteriori sembri ovvio, era il mio quadro di riferimento a essere diverso. Il ragazzo di cui ho parlato un minuto fa non poteva rispondere alle domande come facevo io perché non condivideva il mio quadro di riferimento, e i membri della compagnia che ho descritto poco fa erano orripilati perché stavano considerando la questione in discussione partendo da un quadro di riferimento completamente diverso dal mio. Elaine: Allora, qual è il suo quadro di riferimento? Può descrivermelo? Daniel: Posso descriverlo in modo stenografico. Il mio quadro di riferimento è quello di un antropologo marziano. Sono come qualcuno che ha viaggiato per milioni di miglia per studiare una specie di creature che, sebbene teoricamente razionali, stanno distruggendo il pianeta in cui vivono. Elaine: Wow. Okay. E come descriverebbe il quadro di riferimento di un antropologo marziano? Daniel: Non credo che una spiegazione ti aiuterebbe molto – se anche sapessi come fornirtela. Per imparare a nuotare, devi nuotare. Non è qualcosa che può essere descritto. Qualcuno deve buttarti in acqua. Elaine [sorridendo]: Suona divertente. Daniel: Potrebbe aiutarti ascoltare come sono diventato ciò che sono.
  • 6. Di sicuro non è stato per via di un mio desiderio o di una mia scelta deliberata. Non avevo la minima intenzione di isolarmi in alcun modo. Elaine: Penso di capire. Daniel: Mi ricordo com'è cominciata molto chiaramente. Era il 1962, all'apice della Guerra Fredda, quando all'incirca una volta all'anno i giornali mostravano su una mappa della città in cui vivevi la devastazione che una bomba all'idrogeno avrebbe causato. L'idea che un olocausto nucleare potesse avvenire in qualunque momento, con gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica che si facevano piovere addosso testate atomiche, non era affatto implausibile, ed era uso comune dire che se fosse successa una cosa simile saremmo stati scagliati indietro all'Età della Pietra. Ti suona familiare? Elaine: Non sono sicura di capire cosa intende. Daniel: Non ti è mai capitato di sentir parlare di nuclearizzare qualcuno all'Età della Pietra? Elaine: Sì, penso che qualche generale abbia detto che dovremmo semplicemente nuclearizzare i nord-vietnamiti all'Età della Pietra. Daniel: E ha senso, secondo te? Elaine: Di nuovo, non sono sicura di cosa intende. Daniel: Se lanciassimo una dozzina di bombe all'idrogeno sulla Corea del Nord, tornerebbe all'Età della Pietra? Elaine: Devo pensare di sì. Daniel: Immagina che dicessi che se lanciassimo una dozzina di bombe all'idrogeno sulla Corea del Nord, la faremmo tornare al Medioevo. Avrebbe senso questo? Elaine: No. Daniel: L'unica cosa che sembrava avere senso era l'Età della Pietra. Aveva senso per tutti tranne che per me, perché io sapevo che non saremmo stati in grado di funzionare neanche lontanamente come nell'Età della Pietra. Capisci perché?
  • 7. Elaine [dopo una lunga pausa]: Sarebbe inutile dire che lo capisco. Daniel: I popoli dell'Età della Pietra vivono molto bene, dove vengono lasciati in pace. Stavano vivendo molto bene in tutto il Nuovo Mondo quando gli Europei cominciarono ad arrivare nel quindicesimo secolo. Si nutrivano, vestivano e trovavano rifugio quasi senza fatica. Devi saperlo. Elaine: Sì. Daniel: Se ti dessi un utensile affilato, un ago robusto, un po' di filo resistente e un'ampia tela di cuoio, potresti fabbricarti una gonna di pelle? Elaine: Penso di sì. Daniel: Ma immagina di non avere nessuno di questi utensili e materiali. Per esempio, potresti fabbricare uno strumento abbastanza affilato da tagliare il cuoio? Elaine: No. Daniel: Potresti fabbricare un ago tanto robusto da perforare il cuoio? Elaine: Dal nulla? No. Daniel: Potresti fabbricare un filo tanto resistente da tenere insieme il cuoio? Elaine: Di nuovo, non dal nulla. Non saprei nemmeno da dove cominciare. Daniel: E naturalmente, la cosa più importante: potresti produrre il cuoio? Elaine: No. Daniel: I popoli dell'Età della Pietra hanno tutti gli strumenti necessari per sostentarsi in uno stile di vita confortevole – non uno che tu o io potremmo trovare confortevole, ma uno che loro trovano confortevole. Non hanno solo gli strumenti, ma la conoscenza di come fabbricarli. Mentre tu e io, insieme al 99,99% della nostra popolazione, non abbiamo nulla di simile. Io stesso non potrei fabbricare nemmeno una stringa dal nulla.
  • 8. Elaine: Giusto. Daniel: Quindi, cosa avverrebbe in caso di un olocausto nucleare? Verremmo scagliati indietro all'Età della Pietra? Elaine: No. Daniel: Verremmo scagliati indietro in un'era che non ha nemmeno un nome. L'Homo habilis, il nostro antenato più antico, aveva capacità maggiori di quelle che avremmo noi, perché si era evoluto con quelle capacità. Senza di esse, non avrebbero potuto evolversi affatto. Elaine: Sì, lo capisco. Daniel: Questo può sembrare un punto piuttosto triviale, ma è solo un punto d'inizio – il mio personale punto d'inizio. Fare quest'osservazione fu l'inizio della mia carriera come antropologo marziano. La domanda che mi posi – ed è una domanda di antropologia – fu: “Che cosa stanno pensando queste persone quando dicono che torneremmo all'Età della Pietra in caso di olocausto nucleare?” Elaine: Cosa stanno pensando? Daniel: Qual è la mentalità dietro l'affermazione? Elaine scuote la testa. Daniel: Qual è la loro immagine mentale dell'Età della Pietra? Elaine: Okay, vedo dove vuole arrivare. Almeno credo. Quello che vedono quando pensano all'Età della Pietra è: niente elettricità, niente radio, niente televisione, niente riscaldamento, niente computer, niente telefono. Daniel: Un'assenza. Un nulla. Non sto parlando di opinioni informate, qui. Ma anche i ben informati rimasero shockati dieci anni dopo, quando Marshall Sahlins scrisse un libro in cui definì i popoli dell'Età della Pietra “l'originaria società affluente”. E non sto parlando nemmeno delle opinioni di analfabeti. Persone istruite – lettori di riviste sofisticate come il The New Yorker – si aspettavano di vedere vignette in cui i nostri antenati vivevano in caverne, con i maschi armati di clava che trascinavano le
  • 9. femmine a casa tirandole per i capelli. Questa era l'impressione culturale generale. Elaine: Non penso che sia cambiata molto. Daniel: Probabilmente hai ragione. Non ho controllato. Elaine: Ha detto che era l'impressione culturale generale. Perché non era la sua? Daniel: Non era la mia perché io mettevo in discussione l'idea che un olocausto nucleare ci avrebbe riportati all'Età della Pietra. Io sapevo che non saremmo stati tanto fortunati. Ci avrebbe riportati a un'era di completa impotenza, dove nemmeno uno su dieci milioni di noi avrebbe saputo nemmeno come fabbricare una stringa dal nulla. Elaine: Ma perché lei è stato in grado di capire tutto questo? Daniel: Questo non lo so. Non mi sembra che sia stato un colpo di genio. Dubito perfino di averne mai parlato con qualcuno. Se l'avessi fatto, probabilmente si sarebbe chiesto perché un individuo intelligente dovesse sprecare energie mentali su una questione così triviale. Elaine: Vero. Daniel: Ma si potrebbe dire che scoprire questa piccola assurdità risvegliò l'antropologo marziano in me. Era solo un filo pendente, ma tirandolo cominciai a sfilacciare il tessuto della conoscenza trasmessa dalla nostra cultura. Questa impressione di nulla associata alle persone da cui discendiamo non era limitata al semplice olocausto nucleare. Faceva parte della nostra generale comprensione della storia umana. Come chiunque altro, avevo frequentato un corso obbligatorio di storia mondiale, e avevo conservato solo il ricordo di un unico, sconvolgente avvenimento: la Rivoluzione Agricola. Se qualcosa era avvenuto prima di essa, si trattava al massimo di un vago nulla. Ovviamente dovevano essere esistite delle persone a quel tempo, ma non avevano avuto la minima importanza. La cosa importante era la Rivoluzione Agricola. Era quello. Era stato l'evento più importante della storia umana. L'inizio di qualunque cosa di importante che fosse mai avvenuto... Cominciai a notare pillole di
  • 10. storia umana nei libri, nei giornali e nelle riviste. Alcune erano scritte o citate da veri storici. Dicevano qualcosa del genere: “Gli umani vissero come cacciatori-raccoglitori per circa tre milioni di anni, poi, circa diecimila anni fa, abbandonarono la caccia-e-raccolta per la vita agricola, ponendo le fondamenta per la civiltà.” Elaine: A-ah. Daniel: E che vuol dire quel “a-ah”? Elaine: Vuol dire, vediamo... Vuol dire che riconosco la storia. Daniel: E riconosci cos'ha di sbagliato? Elaine: Implica che l'intera umanità abbia collettivamente abbandonato la vita di caccia-e-raccolta e abbia adottato l'agricoltura circa diecimila anni fa. Daniel: Il che è ovviamente falso. Novemilacinquecento anni dopo che l'umanità aveva teoricamente abbandonato la caccia-e-raccolta, circa tre quarti del territorio del pianeta erano ancora occupati da cacciatori-racco- glitori che non avevano mai sentito parlare né avevano partecipato alla Rivoluzione Agricola. Otto o dieci anni fa ho letto un articolo in Scientific American che nel paragrafo introduttivo ripeteva quasi parola per parola la descrizione convenzionale dell'abbandono della vita di caccia e raccolta da parte dell'umanità, diecimila anni fa. Non mi venne in mente che in futuro avrei potuto averne bisogno, quindi temo di non essermi appuntato il numero della rivista. Scrissi una lettera agli editori sottolineando l'evidente assurdità della descrizione, ma naturalmente non venne stampata. La favola convenzionale era scienza abbastanza buona per loro. Elaine: Gli antropologi marziani non sono graditi. Daniel: Immagino di no. Ma a che punto siamo ora? Sappiamo che la versione della storia dell'uomo comunemente accettata nella nostra cultura è smentita dai fatti. Ogni storico che dovrebbe saperne di più la recita senza esitare un attimo. Un rispettato giornale scientifico non vede motivo di non includerla come introduzione a un articolo. Dove va un antropologo marziano da qui? Qual è la sua prossima domanda?
  • 11. Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Direi che la sua prossima domanda è... No, devo ammettere che non lo so. Daniel: Rifletti su questo. A parte una piccola minoranza di fanatici religiosi, la storia dell'universo come viene raccontata dalla scienza attuale è generalmente accettata dalla gente della nostra cultura. L'universo è nato in un “big bang” all'incirca tredici miliardi di anni fa, e il nostro pianeta si è formato circa cinque miliardi di anni fa. Giusto? Elaine: Cosa è giusto? Daniel: Che la gente della nostra cultura generalmente accetta questa storia dell'universo, che non è una storia mitologica o religiosa ma scientifica. Elaine: Sì, direi di sì, a eccezione, come ha detto, di pochi fanatici religiosi. Daniel: Questa storia, per quanto le menti più brillanti del nostro tempo possono dirci, non è contraddetta dai fatti. Elaine: Esatto. Daniel: Ma la gente della nostra cultura accetta una storia mondiale – una storia dell'uomo – che è contraddetta dai fatti. Cosa pensa un antropologo marziano di questo? Elaine: Che è strano. Daniel: E la sua domanda è...? Elaine: Perché? Come è potuto avvenire che... Daniel: Prenditi il tuo tempo. Elaine: Come può essere che le stesse persone che accettano senza domande una storia scientifica dell'universo ne accettano anche una falsa sull'umanità?
  • 12. Daniel: La vera versione della storia umana è che l'umanità non ha abbandonato tutta insieme, diecimila anni fa, la vita di caccia e raccolta per adottare la vita agricola. La vita di caccia e raccolta ha continuato a esistere su tre quarti del globo fino a cinquecento anni fa – ed esiste tuttora dove non è stata sradicata. Cosa c'è in questa vera versione degli eventi che ci allarma? Elaine ci pensa su. Daniel: Cosa c'è in essa che disturba la visione che abbiamo di noi stessi? Elaine sospira frustrata. Daniel: Non preoccuparti se le risposte a queste domande non ti vengono in mente immediatamente. Mi ci sono voluti anni per trovarle... Proviamo da un'angolazione diversa. Quando abbiamo cominciato a mettere insieme la nostra versione della storia umana? Elaine: Direi non più di duemilacinquecento anni fa. Daniel: Quella è l'epoca in cui i pensatori fondamentali della nostra cultura cominciarono ad apparire: Erodoto, Tucidide, Socrate, Aristotele, e così via. Elaine: Sì, è quello a cui stavo pensando. Daniel: Ma naturalmente le basi essenziali della storia potrebbero essere esistite per migliaia di anni prima di allora. Tutti nel mondo civilizzato sapevano che era esistito un passato umano di qualche tipo. Le città sumere del 3000 a.C. non erano state costruite nella generazione precedente o in quella prima ancora. E potevano vedere che le città stavano crescendo e sviluppandosi tecnologicamente. Da questo, potevano logicamente tornare indietro a un tempo in cui le città erano solo villaggi e la tecnologia era molto primitiva. Ma ciò che non potevano possibilmente immaginare era che questi villaggi erano nati da una rivoluzione, quella che chiamiamo la Rivoluzione Agricola. Non potevano immaginare che, prima che gli umani diventassero agricoltori e abitanti di villaggi, avevano
  • 13. vissuto per milioni di anni in un modo interamente diverso. Lo stile di vita di caccia-e-raccolta era cinquemila anni nel passato, ormai totalmente dimenticato. Nemmeno delle leggende su quello stile di vita avrebbero potuto sopravvivere tanto a lungo. Elaine: Sì, lo capisco. L'ha chiamata “La Grande Amnesia” in The Story of B. Daniel: Quindi deve essere sembrato loro che la storia umana dovesse essere cominciata solo pochi millenni prima, dato che quello era il periodo di tempo intercorso tra quei primi villaggi agricoli e se stessi. Su queste basi, quale conclusione sarebbe stato per loro ragionevole trarre sulla natura degli esseri umani come specie? Elaine: Ho paura di non avere la minima idea di dove vuole arrivare, stavolta. Daniel: E' verosimile assumere che questi antichi individui fossero altrettanto esperti sulle creature intorno a loro quanto lo siamo noi – probabilmente anche di più. Per esempio, devono aver saputo che gli uccelli cacciano gli insetti e costruiscono nidi. Quale conclusione sarebbe stato per loro ragionevole trarre da questo sulla natura degli uccelli come specie? Elaine: Sono tentata di dire che avrebbero concluso che è la natura degli uccelli cacciare insetti e costruire nidi. Daniel: Naturalmente. Gli uccelli si comportavano così da sempre. Dovevano anche sapere che le api raccolgono nettare e costruiscono alveari. Che cosa concluderebbero da questo? Elaine: Che le api sono raccoglitrici di nettare e costruttrici di alveari. Daniel: Questo è ciò che le api hanno sempre fatto, per quanto chiunque possa ricordare. E che cosa hanno sempre fatto invece gli umani, per quanto chiunque possa ricordare? Elaine: Hanno piantato campi e costruito città.
  • 14. Daniel: E che cosa sarebbe stato per loro ragionevole concludere da questo riguardo la natura umana? Elaine: Che gli umani sono agricoltori e costruttori di civiltà. Daniel: A loro, piantare campi e costruire città doveva sembrare tanto innato per gli umani quanto raccogliere nettare e costruire alveari lo è per le api. Elaine: Sì. Daniel: L'idea che gli umani fossero nati cacciatori-raccoglitori tribali – senza piantare alcun campo e costruire alcuna città per milioni di anni – sarebbe sembrata loro assurda. Elaine: Credo di sì. Daniel: Ovviamente possiamo solo ipotizzare che i Sumeri credessero che l'Uomo fosse nato solo poche migliaia di anni prima e che fosse comparso agricoltore e costruttore di civiltà. Ma non è una congettura che questa storia fosse ancora considerata valida quattromila anni dopo, e per centinaia d'anni dopo di allora. E' stata convinzione comune fino al diciottesimo secolo che l'uomo fosse nato solo poche migliaia di anni prima e che fosse comparso agricoltore e costruttore di civiltà. Elaine: Magari non proprio dalla nascita, ma il primissimo umano, Adamo, era diventato un agricoltore. Daniel: Garantito. Ma anche in questa versione biblica della storia, non viene neanche suggerito che il primo agricoltore sia stato preceduto da quindici o ventimila generazioni di cacciatori-raccoglitori. Elaine: Certo che no. Siamo stati agricoltori fin dalla primissima generazione – secondo la storia biblica. Daniel: Ora finalmente siamo pronti a dare al nostro antropologo marziano la risposta alla sua prima, fondamentale domanda. Nella nostra cultura è prevalentemente accettata questa versione della storia umana: l'umanità è nata circa tre milioni di anni fa, ma non è avvenuto nulla di
  • 15. importante finché non abbiamo abbandonato la vita di caccia-e-raccolta e non siamo diventati agricoltori e costruttori di civiltà. Come siamo arrivati a questa storia, preceduta da tre milioni di anni in cui non è successo nulla degno di nota? Elaine: Mi sta chiedendo di ricostruire il processo? Daniel: Fai un tentativo. Elaine: Caspita. Ok. Durante il diciannovesimo secolo, nuove scoperte scientifiche resero impossibile continuare a pensare che la vita sulla Terra risalisse solo a poche migliaia di anni prima. Daniel: Il famoso calcolo dell'arcivescovo Ussher, annunciato nel 1654, che la razza umana fosse nata nel 4004 a.C., divenne scientificamente insostenibile. O piuttosto, possiamo dire che divenne insostenibile per coloro che trovano le prove scientifiche più convincenti della struttura di credenze su cui l'arcivescovo Ussher aveva basato i suoi calcoli. Elaine: Sì. Daniel: Il risultato fu che, per coloro che generalmente accettavano le prove di natura geologica e paleobiologica – e con esse l'emergente teoria dell'evoluzione – la storia umana doveva essere rivista. Non poteva più essere accettato che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà solo pochi millenni prima. Elaine: No. Daniel: E come venne rivista? Elaine: Venne aggiornata alla versione attuale: gli umani sono esistiti per tre milioni di anni come cacciatori-raccoglitori, ma non hanno avuto la minima importanza finché non hanno abbandonato la vita di caccia-e- raccolta per quella agricola, circa diecimila anni fa. Daniel: Perché era importante spazzare i primi tre milioni di anni della storia umana sotto il tappeto? Importante per i membri della nostra cultura, naturalmente.
  • 16. Elaine: Ci dovrò riflettere, su questo... Immagino che nessuno trovasse nulla di importante in essi. Daniel: Qualcuno aveva controllato? Elaine: Non che io sappia, ma questo non significa nulla. Daniel: Conosci Darwin e l'importanza che ha avuto nella storia del pensiero umano. Elaine: Certamente. Daniel: Era imperativo che qualcuno capisse il significato delle sconcertanti scoperte della giovane scienza della paleobiologia. Se non fosse stato Darwin, sarebbe stato Alfred Russel Wallace. L'esistenza di queste scoperte esigeva una spiegazione ragionevole, e questa spiegazione avrebbe scosso molte gabbie. Non sarebbe passata inosservata. Elaine: Vero... Ma non sono sicura di dove vuole arrivare. Daniel: La paleobiologia rese chiaro che il 99% della storia umana si era svolto prima della Rivoluzione Agricola, ma, che tu sappia, nessuno ha provato a capire il significato di questo. Elaine: No. Daniel: Proviamo a fare un'ipotesi: nessuno sentiva il bisogno di spiegarlo. Elaine: Direi che ha ragione. Daniel: Ma perché? Perché i membri della nostra cultura erano soddisfatti dello spazzare i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il tappeto e lasciarli lì? Elaine: Ok, ora vedo dove vuole arrivare. Daniel: Ma qual è la risposta? Pochi minuti fa ho detto che eravamo
  • 17. finalmente in condizione di dare al nostro antropologo marziano la risposta alla sua prima, essenziale domanda. Ora ci siamo: perché i membri della nostra cultura – l'avanguardia e i beneficiari della Rivoluzione Agricola – spazzarono i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il tappeto e li lasciarono lì? Elaine [Dopo averci riflettuto un po']: Quei tre milioni di anni di storia umana ci minacciavano. Daniel: In che modo? Ora devi cominciare a lavorare come un'antropologa. I membri della nostra cultura non vogliono pensare al fatto che per i primi tre milioni di anni di vita umana, la gente ha vissuto come cacciatori-raccoglitori anziché come agricoltori e costruttori di civiltà. Cosa c'è dietro questa riluttanza? Elaine: E' una minaccia all'immagine che abbiamo di noi stessi. Daniel: Continua. Elaine: La storia che ci raccontiamo è che essere completamente umani significa coltivare campi e costruire civiltà. Questo ci rende gli unici veri umani. Per mantenere il nostro status di unici veri umani, non vogliamo considerare l'umanità composta dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori. Vogliamo negare la loro umanità. Non erano affatto veri umani. Erano solo bruti cavernicoli. Quindi non c'è bisogno che pensiamo a loro. Daniel: Concedere loro l'umanità significa negare che noi – e solo noi – siamo l'umanità, il che è un importante elemento della nostra mitologia culturale. Elaine: Sì, infatti. Daniel: Essere umani significa vivere come viviamo noi. Questo è l'unico modo giusto di vivere per le persone, e tutti nel mondo devono vivere come noi. Era nostro sacro dovere distruggere tutte le culture aborigene che abbiamo trovato nel Nuovo Mondo, in Australia, in Africa, e così via. Elaine: Esatto.
  • 18. Daniel [dopo una pausa]: Ovviamente non abbiamo detto nulla di nuovo, qui, ma non era quello il mio scopo. Volevo darti un'idea del mio sviluppo come Antropologo Marziano, del percorso che ho seguito per arrivare alle risposte contenute in Ishmael e negli altri miei libri. Ho cominciato con un'osservazione piuttosto triviale, che un olocausto nucleare ci riporterebbe molto più indietro dell'Età della Pietra, e da lì ho continuato, punto dopo punto, fino a scoprire che secondo la nostra mitologia culturale esiste un unico modo giusto di vivere per le persone – il nostro – e che tutti nel mondo devono vivere come noi. La globalizzazione non è una politica recente; esiste nella nostra cultura da millenni. Elaine: Sì, lo vedo. Daniel: Penso che dovremmo fare una pausa, a questo punto. Mi piacerebbe conoscere la tua reazione a questa prima sessione. Elaine: Be', sono venuta sperando di sviscerare alcune delle sue idee – di inculcarmele in testa. E questo ha avuto quell'effetto, entro un certo limite. Ovviamente abbiamo appena scalfito la superficie. Daniel: Mi fa piacere che abbia avuto questo effetto, ma il mio scopo è di esplorare il mio metodo, se esiste. Questa è la domanda che è rimasta senza risposta fin da quando Ishmael è stato pubblicato: come sono arrivato ad avere queste idee? Per me sono solo il risultato di duro lavoro e indagini, ma ad altri sembrano rivelazioni. Non puoi immaginare le centinaia di lettere che ho ricevuto da persone che mi dicono che ho rivoltato il loro mondo a testa in giù. Elaine: Quindi cosa mi sta chiedendo, esattamente? Daniel: Ti sto chiedendo se sono riuscito a farti capire qualcosa del modo in cui lavora la mia mente – del modo in cui lavora la mente di un Antropologo Marziano. Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Sì, qualcosa, immagino, ma il modo in cui affronta i problemi...
  • 19. Daniel [interrompendola]: Il mio “quadro di riferimento”. Elaine: Sì, quello rimane un mistero. Non potrei farlo, da sola. Daniel: Non mi aspetterei che tu ci riesca, a questo punto. Siamo solo all'inizio del viaggio. Prima di fare una pausa pranzo, mi piacerebbe lanciarti una sfida. Elaine: Ok. Daniel: Come ho detto poco fa, riconoscere che l'umanità è esistita per tre milioni di anni prima della nostra comparsa è in conflitto con la nostra mitologia culturale, la quale insiste che noi, i beneficiari e promotori della Rivoluzione Agricola, siamo l'umanità stessa. Tu capisci che anche se la Rivoluzione Agricola è cominciata diecimila anni fa, non è finita allora. Sta venendo portata avanti ancora oggi, continuando a disboscare terreni per convertirli in campi che producano cibo per noi. Elaine: Sì, lo capisco. Daniel: L'idea che gli umani siano esistiti per tre milioni di anni prima di noi minaccia la nostra mitologia culturale, ma minaccia anche qualcosa di molto più essenziale e importante. Voglio che tu esamini la nostra cultura come un Antropologo Marziano e vedi se riesci a capire che cosa. Per farlo, dovrai pensare a tutti i componenti essenziali della nostra cultura, tutte le parti che la compongono. Elaine [dopo un'altra lunga pausa]: Ho paura di non averne idea. Daniel: Per pensare come un Antropologo Marziano, devi elevarti e guardare a tutti noi – americani, cinesi, indiani, arabi, europei – e scoprire perché affermare l'umanità dei nostri antenati ci pone una minaccia più profonda e immediata di qualunque altra cosa abbiamo discusso finora. Potrei facilmente fartici arrivare con degli indizi, ma non voglio farlo. A prescindere da quanto ci vorrà, voglio che tu lo capisca da sola. Elaine [dopo una pausa]: Questo mi lascia in alto mare. Daniel: Sei venuta qui con una mentalità passiva, per prendere ciò che
  • 20. ho da insegnarti. Ma io voglio che tu te ne vada con più di questo. Voglio che tu te ne vada con l'abilità di fare quello che faccio io. Questo non accadrà se mi limito a darti tutte le risposte – o se ti porto alla risposta attraverso un'accurata serie di domande, come Ishmael ha fatto con Alan [in Ishmael] e con Julie [in My Ishmael]. Elaine: Sì, posso capirlo questo, ma comunque... Daniel: Sì? Elaine: E' scoraggiante.
  • 21. Giovedì: pomeriggio Daniel: Qualche progresso? Elaine: Sulla domanda che mi ha fatto? No. Ho l'impressione di non averla capita davvero. Daniel: Riconoscere che l'umanità è esistita per tre milioni di anni prima di noi è in conflitto con la nostra mitologia culturale, come hai detto. Ma rappresenta anche una minaccia più pericolosa di questa. Elaine: Per chi? Daniel: Se te lo dicessi, tanto varrebbe darti direttamente la risposta. Questo probabilmente è un test troppo difficile, ora come ora. Non preoccuparti. Hai bisogno di maggiore esperienza con compiti più semplici. Elaine: Va bene. Daniel: Alcuni anni fa, un lettore mi scrisse per esprimermi la sua sorpresa per tutte le – secondo lui stupide – domande che mi venivano poste sul mio sito internet [www.ishmael.org]. Per lui, tutto ciò che dicevo sembrava molto semplice: qualunque cosa noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro modo di vivere. Elaine: Uh-uh. Daniel: Che intendi con “uh-uh”? Che sei d'accordo con lui? Elaine [sconcertata]: Be', sì, immagino di sì. In modo generale. Daniel: In modo generale. In altre parole, ciò che Daniel Quinn dice è generalmente che qualunque cosa noi umani facciamo che disturbi l'equilibrio della natura dev'essere eliminata dal nostro modo di vivere. Elaine: Mi sembra di capire che lei non concorda.
  • 22. Daniel: Il punto non è concordare. Voi due condividete un quadro di riferimento, e questo è ciò che dobbiamo esaminare. Per metterla in un altro modo, l'Antropologo Marziano si chiede: “Cosa c'è dietro quest'affermazione? Cosa c'è nelle loro menti che li ha portati a dirla? Cosa stanno pensando?” O, per metterla in modo ancora migliore: “Che cosa rivela quest'affermazione sulla loro visione di come funziona il mondo?” Elaine sospira. Daniel: Sei frustrata. Elaine: Sì, immagino di sì. Sono venuta qui pensando di avere un'idea piuttosto buona della sua visione del modo in cui funziona il mondo. Daniel: Non è la mia visione. Voglio dire, non è una visione che possiedo solo io. E' la visione generalmente accettata nel mondo della scienza. Elaine: Mi ricorda qual è l'affermazione? Daniel: Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita. Elaine: Mi sembra un'affermazione con cui moltissime persone si direbbero d'accordo. Daniel: Probabilmente hai ragione. Ecco cosa stiamo guardando: il quadro di riferimento che moltissime persone – forse addirittura la maggioranza delle persone – condivide. Questo è il compito dell'antropologo... Per anni ho pensato di usare questa frase come titolo di un libro: Se ti danno carta rigata, scrivi di traverso. Elaine ride. Daniel: Se facessi circolare un foglietto rigato con quest'affermazione scritta sopra, la maggior parte delle persone probabilmente scriverebbe sulla riga successiva: “Esatto!” Io giro il foglio di lato e ci scrivo qualcos'altro.
  • 23. Elaine: Che cosa ci scriverebbe? Daniel [scuotendo la testa]: Le righe sul foglio rappresentano delle premesse, o, potresti dire, la saggezza ricevuta dalla nostra cultura. Qual è la premessa alla base di quest'affermazione? “Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro modo di vivere”? Elaine: Disturbare l'equilibrio della natura è... male. Daniel: Per cosa? Elaine: Per... la stabilità del mondo. Per la vita. Daniel: In altre parole, disturbare l'equilibrio della natura disturba l'equilibrio della natura. Elaine [ridendo]: Sì, credo di sì. Daniel: Ma in ogni caso, è male. Elaine: Sì. Daniel: Va bene. Questa è l'attività dell'Antropologo Marziano – o forse potresti chiamarlo il suo metodo – allontanarsi, indietreggiare e guardare l'intera scacchiera. Elaine: Va bene. Daniel: Indietreggia di quattrocento milioni di anni e osserva la vita del mondo com'era allora. Ne hai un'idea di qualche tipo? Elaine: Non una approfondita. Non sono nemmeno sicura... diciamo che non sono sicura di come stessero le cose. Daniel: Be', in breve, le piante di terra cominciarono ad apparire circa quattrocento milioni di anni fa, presumibilmente diffondendosi da paludi pianeggianti. Esse vennero poi seguite dagli artropodi e da altri gruppi di
  • 24. invertebrati, e i vertebrati di terra si evolsero da pesci d'acqua dolce circa quaranta milioni di anni dopo. Elaine: Va bene. Daniel: Ora ripeti con me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della natura è male. Elaine, perplessa, non dice niente. Daniel: La comparsa di vegetali sulla terraferma disturbò l'equilibrio della natura. Elaine: Sì, credo di sì. Daniel: Credi di sì? Ovviamente lo fece. Se non l'avesse fatto, tutta la vita sarebbe ancora negli oceani. Vero? Elaine: Sì. Daniel: I disturbi dell'”equilibrio della natura” sono ciò che alimenta l'evoluzione stessa. Sono ciò che la fa avvenire. Se la natura, come viene chiamata, avesse mai raggiunto un perfetto equilibrio, allora l'evoluzione si sarebbe arrestata. I mammiferi erano una classe insignificante che viveva nell'ombra, durante l'era dei dinosauri. La fine di quell'era aprì la strada allo sviluppo dei mammiferi, inclusi i primati. Ora, di nuovo, ripeti con me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della natura è male. Elaine: Non posso, ovviamente. Non più. Daniel: Quindi, quale sarà la tua risposta all'affermazione di quel lettore? Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita. Elaine: Non ha senso. Daniel: Non ha senso perché è basata su una falsa premessa: che la natura sia, o sia stata, in equilibrio, finché non siano arrivati noi a disturbarla. Per attuare la politica proposta da questo lettore, dovremmo
  • 25. negare la realtà e cominciare a dire assurdità. Elaine: Penso di cominciare a capire. Daniel: Cosa? Elaine: Cosa significa pensare come un Antropologo Marziano. Daniel: Bene. Spostiamoci in un'altra direzione... Ho già detto che Marshall Sahlins ha descritto i popoli dell'Età della Pietra come la società opulenta originaria. Vivevano una vita comoda, paragonata alla nostra. Contrariamente al pregiudizio comune, non vivevano al limite della sopravvivenza. Per dirla con termini tecnici, impiegavano molte meno calorie per restare in vita dei loro discendenti agricoltori. In effetti, più un popolo è dipendente dal cibo coltivato, più duramente deve lavorare. Ovviamente raccogliere frutta che è cresciuta selvatica richiede meno lavoro rispetto al piantare, coltivare e proteggere un frutteto; raccogliere vegetali cresciuti spontaneamente richiede meno lavoro rispetto al piantare, coltivare e proteggere dei campi. Elaine: Sì, questo lo so. Daniel: In Ishmael e altrove, ho precisato che oltre a questo, i popoli tribali hanno una vita che gradiscono. Dato che la tribù non è un'organizzazione gerarchica, non provano la frustrazione di dover avere a che fare con organizzazioni sociali che sembrano agire da avversari – polizia, tribunali, governi, esattori delle tasse, e così via. In concreto, dove la loro cultura non è stata contaminata dalla nostra, non soffrono costantemente di ansia, rabbia, depressione, dipendenza da stupefacenti e crimine. Questo non significa che siano più dolci, più spirituali, più elevati, più generosi o più altruisti di noi. Sono soggetti a egoismo, scatti d'ira, cattive decisioni e violenza quanto noi, anche se hanno un modo diverso dal nostro di gestire queste cose. Elaine annuisce. Daniel: Leggendo queste cose, moltissimi lettori mi scrivono chiedendomi se sto dicendo che dovremmo tornare a vivere in caverne e cacciarci la cena con una lancia.
  • 26. Elaine: Davvero? Daniel: Che ne dici, tu? Elaine: Non ha mai detto niente di simile. In effetti, ha detto molto esplicitamente che non è questo ciò che sta dicendo. Daniel: Ovviamente stanno anche reagendo a ciò che ho detto riguardo le conseguenze della Rivoluzione Agricola. La popolazione di qualunque specie cresce e diminuisce insieme alle sue risorse alimentari. La Rivoluzione Agricola ci ha permesso di assicurarci che le nostre risorse alimentari non diminuissero mai. Anzi, ci ha permesso di aumentarle costantemente – ed è proprio ciò che abbiamo fatto dall'inizio della rivoluzione fino a ora, cosicché anche la nostra popolazione non ha fatto che aumentare. Ogni aumento della popolazione ha avuto come conseguenza un aumento della produzione alimentare, il che ha causato un ulteriore aumento della popolazione. Elaine: Sì...? Daniel: E allora la gente mi scrive per chiedermi: “Sta dicendo che dovremmo tornare a vivere in caverne e cacciarci la cena con una lancia?” Elaine: Anche se ha detto chiaramente che non è ciò che sta dicendo. Daniel: Esatto. Cosa devo pensare di questo? Cosa ne pensi tu? Elaine: Immagino che... alcuni individui semplicemente non sono buoni lettori. Vedono ciò che vogliono vedere. Daniel: C'è del vero in questo, di sicuro. Ma penso che ci sia qualcosa di più profondo da trovare, qui. Elaine [dopo una pausa]: Non so dove cercare. Daniel: Allontanati. Cerca di vedere cosa c'è dietro la domanda. Cerca di vedere cosa sta avvenendo nelle menti delle persone che la pongono. Elaine [dopo una pausa più lunga]: Non so se sono sulla strada giusta, ma... quando un chirurgo dice che i fumatori hanno una maggiore
  • 27. probabilità di ammalarsi di cancro ai polmoni, questo viene interpretato come il consiglio di smettere di fumare. Daniel: La descrizione implica una prescrizione. Elaine: Sì, esatto. Daniel: Se io dico che i popoli tribali generalmente conducevano vite più facili e meno stressanti, questa è solo una descrizione, ma alcune persone danno per scontato che sia una prescrizione. Elaine: Esatto. Daniel: Se dico che la Rivoluzione Agricola ha causato un'esplosione demografica che ci ha portato sull'orlo della catastrofe, anche questa è una descrizione, ma alcune persone danno per scontato che sia una prescrizione – di qualche tipo. Per esempio, alcuni pensano che stia dicendo che dobbiamo tagliare la produzione alimentare e lasciare che la gente muoia di fame. Elaine: Be', devo ammettere di essermelo chiesto anch'io. Daniel: Ti sei chiesta qual è la mia prescrizione. Elaine: Sì. Daniel: Questo è sempre stato un problema, per me – forse potresti chiamarlo il dilemma dell'antropologo. Se descrivo qualcosa, facendo semplicemente il mio lavoro di antropologo, spesso si crede che io stia anche prescrivendo qualcosa. Elaine: Be', la gente vuole prescrizioni. Daniel: Questo è sicuramente vero... Ho descritto il problema come una “corsa alimentare”, simile alla corsa agli armamenti tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. In quella corsa agli armamenti, ogni nostro avanzamento causava un loro avanzamento, il che naturalmente provocava un ulteriore avanzamento da parte nostra, il che causava un altro avanzamento da parte loro – un'escalation infinita. La corsa alimentare è lo stesso. Ogni avanzamento nella produzione di cibo causa un avanzamento nella crescita della popolazione, il che causa un ulteriore aumento della produzione alimentare, il che provoca un altro
  • 28. aumento della popolazione. Per questo ho effettivamente una prescrizione. La corsa agli armamenti della Guerra Fredda è finita quando l'Unione Sovietica l'ha semplicemente abbandonata – rifiutandosi di continuare a gareggiare con noi. La corsa alimentare potrebbe finire nello stesso modo, se noi semplicemente l'abbandonassimo, rifiutandoci di continuare la gara tra produzione alimentare e crescita demografica. Elaine: Quali sarebbero le conseguenze di una cosa simile? Daniel: Se una quantità di cibo x ha nutrito sei miliardi di noi quest'anno, allora una quantità di cibo x potrà nutrire sei miliardi di noi l'anno prossimo. No? [NdT: Dal 2011, siamo sette miliardi.] Elaine: Penso di sì. Daniel: E se una quantità di cibo x nutrirà sei miliardi di noi l'anno prossimo, potrà nutrire sei miliardi di noi anche l'anno successivo, no? Elaine: Sì. Daniel: Allora perché aumentare la produzione alimentare? Elaine [dopo averci pensato un po']: Ah! Per nutrire i milioni di affamati! Daniel: Naturalmente. Quindi l'anno scorso hanno aumentato la produzione alimentare per nutrire gli affamati. Elaine: Immagino di sì. Daniel: Puoi scommetterci. Quindi quest'anno i milioni di affamati stanno venendo sfamati, giusto? Elaine: No. Daniel: Non so per quanto tempo siano esistiti questi milioni di affamati, ma per esperienza personale posso dirti che sono almeno settant'anni. E abbiamo aumentato la produzione alimentare per tutti questi anni per sfamarli. Ma non vengono mai sfamati, vero? Elaine: Apparentemente no. Daniel: Perché no? Se stiamo costantemente aumentando la
  • 29. produzione alimentare per sfamarli, perché stanno ancora morendo di fame? Elaine: Non lo so. Daniel: Penso che tu lo sappia. O almeno, penso che tu sappia la spiegazione comunemente accettata. Questo è il punto da cui l'Antropologo Marziano deve cominciare: le spiegazioni comunemente accettate che tutti danno per scontate senza metterle in discussione. Il cibo è lì. Tutti concordano che abbiamo abbastanza cibo per sfamare tutti sul pianeta. Ma i milioni di affamati continuano ad avere fame, e la domanda è: perché? Elaine: Il cibo non gli sta arrivando. Daniel: Ovviamente. Ma perché? I treni e le strade non arrivano fino a loro? Non ci sono porti, dove vivono? Elaine: Non lo so. Daniel: Sei bloccata nel tuo quadro di riferimento convenzionale, Elaine. Devi indietreggiare e osservarlo a distanza. Rifiuta le risposte convenzionali, con le loro implicazioni convenzionali. Pensa come un'Antropologa Marziana. Elaine riflette per alcuni minuti e poi scuote la testa. Daniel: Ti ho detto di rifiutare le risposte convenzionali, con le loro implicazioni convenzionali. Cosa dice la saggezza convenzionale, a questo riguardo? Elaine: Che il cibo è lì, ma non gli arriva. Daniel: E l'implicazione è... Elaine: Il problema è la distribuzione. Il cibo non sta venendo distribuito agli affamati. Daniel: Perché? Linee ferroviarie troppo corte, strade bloccate, porti chiusi? Elaine: No.
  • 30. Daniel: Allora perché? E' un qualche tipo di inefficienza burocratica? Elaine: Non lo so, forse. Daniel: Ora vado a controllare le mie email e ti lascio rifletterci per un po', va bene? Elaine: Va bene. Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, qualche progresso? Elaine: Penso di sì. Daniel: Dimmi. Elaine: Ho indietreggiato, e quello che ho visto è che ai milioni di affamati non manca solo il cibo, ma tutto – cibo, vestiti, riparo. Daniel: Non vivono in ville sulla spiaggia e guidano BMW ma per qualche motivo muoiono di fame. Elaine: No. Sono i più poveri tra i poveri. Daniel: Quindi il problema non è che il cibo non li raggiunge. Il problema è che non hanno soldi per comprarlo. Non ci sono affamati ricchi. Elaine: Esatto. Daniel: E in che modo aumentare la produzione di cibo li aiuta? Elaine: Non lo fa. Non importa quanto cibo produciamo, sono comunque troppo poveri per comprarlo. Daniel: E' risaputo, naturalmente, che la parte della nostra popolazione che cresce più lentamente e quella delle nazioni ricche e sviluppate. Elaine: Sì, l'ho sentito dire. Daniel: Quindi dov'è che avviene la crescita? Elaine: Nelle nazioni più povere e sottosviluppate.
  • 31. Daniel: Dove vivono i milioni di affamati. Elaine: Esatto. Daniel: Quindi mentre aumentiamo la produzione alimentare e la nostra popolazione cresce, anno dopo anno, dove si verifica la maggior parte di questa crescita? Elaine: Nella nazioni più povere e sottosviluppate. Daniel: E nelle nazioni più povere e sottosviluppate, in quali classi credi che la crescita demografica sia più lenta? Elaine: Suppongo nelle classi più benestanti. Daniel: E dove credi che sia più rapida? Elaine: Tra i poveri. Daniel: Tra i quali ci sono i milioni di affamati. Elaine: Sì, ma... Daniel: Sì? Elaine: Verrà obiettato che noi il cibo glielo mandiamo. Daniel: Quindi i milioni di affamati non sono davvero affamati. Elaine ci pensa su. Daniel: I milioni di affamati sono affamati o no? Elaine: Immagino che lo siano. Daniel: Se non lo fossero, perché dovremmo aumentare la produzione alimentare ogni anno per sfamarli? Elaine [dopo averci riflettuto]: Non ha senso. Daniel: Cosa non ne ha? Elaine: La nostra razionalizzazione per il nostro costante aumento
  • 32. della produzione alimentare. Daniel: Non stiamo creando un mondo senza fame? Elaine: No. Daniel: Proviamo a essere realistici per un momento. Pensi davvero che le compagnie che spendono decine o centinaia di milioni all'anno per sviluppare cibo geneticamente modificato lo facciano per altruismo, motivate dal pensiero di eliminare la fame? Elaine: Sembra improbabile. Sono motivate dal pensiero di fare soldi. Daniel: Gli scienziati che svolgono il vero lavoro possono immaginare di stare lavorando per eliminare la fame nel mondo, ma dubito che i dirigenti abbiano un pensiero simile. Elaine: Sono sicuro che tu abbia ragione. Daniel: E che dire degli agricoltori che coltivano campi a maggior rendimento? Lo stanno facendo per sfamare i milioni di affamati? Elaine: No. Realisticamente, maggior rendimento significa maggior guadagno, e presumo che sia a questo che mirano. Daniel: Nel 1960 c'erano tre miliardi di noi. Nei successivi quarant'anni, mentre aumentavamo continuamente la produzione alimentare per sfamare gli affamati, essi hanno continuato ad avere fame. Quindi, dove stava andando quel cibo in più? Elaine: Stava alimentando la nostra crescita demografica. Daniel: In quarant'anni, la nostra popolazione è raddoppiata a sei miliardi. Quindi, abbiamo smentito l'idea che aumentiamo la produzione alimentare ogni anno per sfamare i milioni di affamati? Elaine: Sì, per quanto mi riguarda. Quello che mi confonde è... Daniel: Sì? Elaine: Sembra quasi incredibile che quando si parla di aumentare la produzione alimentare per nutrire gli affamati, tutti annuiscano come se avesse perfettamente senso.
  • 33. Daniel: Non aveva senso per te? Elaine: Sì, immagino che ce lo avesse. Daniel: Allora cos'è che ti confonde? Elaine: A essere onesta, non ne sono sicura. Daniel: O forse non sei pronta ad articolarlo. Elaine: Sì, potrebbe essere. Daniel: Passiamo a un argomento più semplice... In Ishmael ho distinto i nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali da noi stessi... Elaine: Li ha chiamati “Lascia” e ha chiamato noi “Prendi”. Daniel: Sì... Se potessi tornare indietro, non utilizzerei di nuovo quei termini. Elaine: Perché? Daniel: Perché troppe persone li hanno interpretati come “Buoni” e “Cattivi”. Le persone tendono a credere che se fossero più buone, sarebbero Lascia. Qualcuno una volta mi ha scritto che il governatore della California Jerry Brown era un Lascia e il suo avversario era un Prendi. Elaine: Ho notato che non usa più questi termini ora. Daniel: No... In Ishmael era più semplice dire “Lascia” piuttosto che “i nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali”, ma ora vorrei averli chiamati semplicemente “i popoli tribali”. Elaine: Capisco... Comunque sia, è servito a qualcosa. Almeno per me. Daniel: Continua. Elaine: Distingueva “loro” da “noi” in una maniera davvero... fondamentale. I Lascia sono quelli che lasciano le proprie vite nelle mani degli dei, e i Prendi sono quelli che prendono le proprie vite nelle proprie mani. I Lascia non si preoccupavano della provenienza del loro prossimo pasto, perché sapevano che il cibo che gli dei avevano lasciato per loro non
  • 34. sarebbe mai scomparso. Ma questo non era sufficiente per i Prendi. Volevano prendere il controllo delle proprie riserve alimentari e smettere di dipendere dalla generosità degli dei. Daniel: Sì, i nomi in sé erano abbastanza adeguati, ma molti lettori tendevano a leggerli come descrizioni caratteriali. La differenza essenziale tra “noi” e “loro” non è nei nostri cuori o nel nostro carattere, ma nel modo in cui viviamo. Elaine: Sì, lo so. Daniel: Per come li ho descritti, i popoli tribali – i Lascia – vivono nelle mani degli dei, il che significa che prendono ciò che gli dei mandano loro. Quando le cose vanno bene, vivono bene e facilmente. Quando vanno male, vivono meno bene e devono sforzarsi di più per sopravvivere. Ma non c'era mai bisogno di sedersi in un punto e morire di fame. Se non c'era abbastanza cibo dov'erano, si spostavano da qualche altra parte, dove ce n'era di più ed era tutto liberamente consumabile. Le carestie avvengono tra popoli stanziali e agricoli. Loro sono bloccati nella propria zona inaridita e non possono cercare cibo nei territori dei loro vicini, perché il cibo lì di sicuro non è liberamente consumabile. Elaine: Sì, capisco. Daniel: Ma stiamo cambiando discorso, qui. Non sto cercando di riassumere quello che ho già scritto. Volevo solo gettare le fondamenta per una domanda che ho ricevuto e a cui vorrei tu provassi a rispondere. Elaine: Va bene. Daniel: Una donna mi ha chiesto se, sulla base di ciò che avevo scritto riguardo il vivere nelle mani degli dei, io giustificassi la pratica della medicina, e se sì, in che modo. Elaine: Uh-uh. Daniel: Quindi, pensando come un'Antropologa Marziana, come rispondi a questa domanda? Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Mi sembra uno di quei casi in cui una descrizione viene scambiata per una prescrizione.
  • 35. Daniel: In altre parole, dato che i Lascia vivevano nelle mani degli dei, dovremmo farlo anche noi. Elaine: Esatto. Daniel: E' una risposta valida entro un certo limite, ma suggerisce anche che nessuna descrizione possa mai essere una prescrizione. Hai familiarità con il Concetto del Continuum di Jean Liedloff? Elaine: No. Daniel: Jean Liedloff, una scrittrice americana, è vissuta con le tribù sudamericane Yekuana e Sanema durante i primi anni '70, trovandoli i popoli più felici che abbia mai conosciuto. Questo la portò a fare particolare attenzione al modo in cui allevavano i loro bambini. Ciò che osservò, tra le varie cose, è che i loro bambini beneficiavano di un costante contatto fisico con le proprie madri fin dalla nascita, e dormivano nel letto dei propri genitori finché non volevano allontanarsene di propria volontà, di solito dopo circa due anni. Vide che venivano nutriti al seno immediatamente ogni volta che avevano fame e che durante l'infanzia erano in costante contatto con le proprie madri mentre esse svolgevano i loro compiti. C'è molto di più da dire di questo, ma è sufficiente per dartene un'idea generale. Come risultato – o almeno così sembrava a Jean – i bambini crescevano sentendosi completamente sicuri, felici e non nevrotici. Questa è una descrizione che decine di migliaia di persone – o forse ormai centinaia di migliaia – hanno trovato essere una prescrizione molto efficace per l'allevamento dei bambini. Ho conosciuto bambini allevati in questo modo e posso dirti che la differenza tra loro e i bambini cresciuti nel modo usuale è sconcertante. Quindi non si può automaticamente escludere l'utilità del trasformare una descrizione in una prescrizione. Elaine: Va bene, ma vivere nelle mani degli dei... Daniel: Tieni presente che questa è solo un'espressione. Se chiedessi ai membri di una tribù aborigena se stiano vivendo nelle mani degli dei, non capirebbero di che stai parlando, e se glielo spiegassi, probabilmente direbbero: “Be', non l'abbiamo mai vista in questo modo, ma immagino che si potrebbe dire così”. Elaine: Non penso di capire del tutto che intende.
  • 36. Daniel: “Vivere nelle mani degli dei” è solo un'espressione. Potresti dire “affidare il tuo destino al vento” o perfino “tentare la sorte”. Un esempio ti potrà aiutare. Ogni anno, decine di migliaia di giovani sognano di diventare attori di successo, ma solo pochi di loro vanno davvero a New York o Hollywood per tentare la sorte. Mentre questi pochi prendono lezioni di recitazione e vanno ad audizioni, svolgono anche ogni tipo di lavoro che riescono a trovare. Io direi che stanno tentando la sorte, ma si potrebbe anche dire che stanno vivendo nelle mani degli dei. O potresti dire che ciò che accade loro dipende dal caso. Ovviamente non ce la fanno tutti; solo pochissimi ci riescono. Ma se questi pochissimi non si fossero messi nelle mani degli dei – se non avessero lasciato casa per accapigliarsi per trovare lavoro e affrontare molte difficoltà e rifiuti – non ce l'avrebbero fatta di sicuro. Nessuno che rimanga a casa e vada sul sicuro diventa una stella del cinema. Elaine: Sì, capisco. Daniel: La maggior parte delle persone nella nostra cultura ambiscono a ottenere più controllo possibile sul proprio destino – evitare a qualunque costo qualunque cosa che assomigli al vivere nelle mani degli dei. Questo spesso assicura un certo successo, ma quasi mai porta un abbagliante colpo di fortuna. Vanno avanti secondo i piani, avanzano verso una buona pensione, ma questo è tutto. I colpi di fortuna colpiscono solo quelli che sono disposti a rischiare a vivere nelle mani degli dei. Elaine: E, se posso chiedere, in che modo questo ha riguardato la sua vita? Daniel: Certo che puoi chiedere. Per i primi vent'anni della mia vita, ho seguito il percorso convenzionale, il più possibile in controllo della situazione a ogni passo. Avevo una carriera nell'editoria che in oltre vent'anni continuò ad avanzare regolarmente. Al mio ultimo lavoro, avrei solo dovuto tenere la testa bassa e la posizione di vicepresidente sarebbe stata quasi sicuramente mia – e con il tempo probabilmente anche la presidenza della compagnia per cui lavoravo. Invece lasciai perdere tutto. Non dirò che non avevo piani in quel momento, ma erano piani terribili e nel giro di un paio d'anni si può dire che non mi fosse rimasto più niente. Non avendo nulla, cominciai a scrivere un libro, e con un po' d'aiuto degli dei, del destino o dell'universo, fui in grado di continuare a lavorarci per
  • 37. dodici anni, finché non divenne Ishmael. E a quel punto, con un po' più di aiuto da parte degli dei, del destino o dell'universo, avvenne che Ted Turner decise che voleva sponsorizzare una competizione per un romanzo che fornisse “soluzioni creative e positive a problemi globali”. Vincere quella competizione mi assicurò la pubblicazione di Ishmael – e quello fu il mio colpo di fortuna. Ma se nel 1975 avessi tenuto la testa bassa e avessi raggiunto la cima nell'editoria, non ci sarebbe stato alcun Ishmael – e nessuno dei libri successivi. Ho dovuto lasciar andare la mia vita perché potesse avvenire. Elaine: Una storia notevole. E un esempio notevole. Daniel: Dovrei precisare, comunque, che durante quel periodo non mi sarebbe mai venuto in mente che stavo vivendo “nelle mani degli dei”. Lo stavo facendo, ma non era qualcosa che avessi deciso di fare coscientemente. Elaine: Capisco. Daniel: Quindi, finalmente arriviamo alla domanda della mia lettrice: la pratica della medicina vìola in qualche modo il principio del vivere nelle mani degli dei? Elaine [dopo averci riflettuto]: Sembrerebbe di sì. Daniel: Così era sembrato, almeno a questa lettrice. E' questa la risposta che ti aspetteresti che le dia? Elaine: No. Daniel: Allora quale? Elaine [ridendo]: Non lo so. Daniel: Devi indietreggiare per ottenere una prospettiva della situazione più ampia. Questo è il lavoro dell'Antropologo Marziano: indietreggiare, senza mai farsi limitare dalle premesse di chi pone la domanda. Elaine scuote la testa. Daniel: Questa lettrice si era fissata su un dettaglio e non stava
  • 38. guardando all'intero. Elaine: L'intero cosa? Daniel: L'intero quadro della situazione. La differenza tra te e lei è che io ti sto spingendo a guardarlo. Elaine [dopo un minuto]: I popoli aborigeni praticavano – e praticano ancora – il proprio tipo di medicina. Daniel: Questo è sicuramente vero. Pensi che sia come il nostro? Elaine: Non posso dire di sapere di che si tratta, ma... suppongo di avere l'impressione che sia più simile alla magia che a qualunque cosa noi considereremmo medicina. Daniel: Quindi, questo come ci aiuta a rispondere alla domanda di quella lettrice? Elaine: Non sono sicura che lo faccia. Daniel: Secondo te, che cos'è che questa donna trova inquietante o preoccupante nella nostra medicina? Perché pensa che non possa combaciare con il vivere nelle mani degli dei? Elaine [sospirando]: Credo che stia pensando... “Oh, be', ho la polmonite. Per qualcuno che vive nelle mani degli dei, questa è la fine.” Daniel: O guarisci da sola o ci muori. Elaine: Se vivi nelle mani degli dei. Daniel [dopo averci pensato su]: Che cosa causa la polmonite? Elaine: Penso che possa essere causata sia da batteri che da virus. Daniel: E quale sarebbe la terapia di un moderno medico? Elaine: Immagino che consisterebbe nell'attaccare i batteri o i virus, probabilmente con antibiotici. Daniel: E questo attacco – pensi che sia questo che disturba la lettrice? Tutti gli attacchi che la medicina sferra contro organismi ostili alla vita
  • 39. umana? Elaine: Sembra una buona ipotesi. Daniel: Dimmi che cosa sta pensando. Questo è parte del lavoro dell'antropologo, capire che cosa succede nelle menti dei suoi soggetti. Vedi se riesci a esprimere i suoi pensieri. Elaine: Caspita. Vediamo. Credo che sia una cosa del genere: “Solitamente, i popoli Lascia vivono in pace con il mondo. Hanno molti competitori nel mondo. Altri animali competono per la selvaggina, ma loro non li sterminano. Hanno competitori per ogni cosa che mangiano, ma non cercano di sterminarli.” Daniel: Mentre noi Prendi lo facciamo. Per quanto ci sia possibile, spazziamo via i lupi, le volpi e i coyote che cacciano gli animali che alleviamo. Per quanto ci sia possibile, cerchiamo di spazzare via tutte le creature che si nutrono dei nostri campi. Elaine: Siamo in guerra con il mondo della vita intorno a noi. Daniel: Quindi forse la medicina è parte di quella stessa guerra. Elaine: Sì, esatto. Daniel: Questo è ciò che turba questa lettrice. Elaine: Penso di sì. Daniel: Turba anche te? Rifiuterai di farti curare, se ti verrà la polmonite? Elaine: No, temo di no. Daniel: Pensi che forse dovresti, ma non lo farai. Elaine: Qualcosa del genere. Daniel: Sei ancora intrappolata nel modo di pensare di questa donna. Devi indietreggiare di più e guardare alla situazione complessiva. Elaine scuote la testa, scoraggiata.
  • 40. Daniel: Per oggi smettiamo. Vedi se riesci a usare il resto della giornata per capire come indietreggiare abbastanza da vedere la risposta che stiamo cercando. Elaine: Va bene. Daniel: Prova a saltar fuori dalle rotaie su cui la domanda di questa donna ti ha messa. Ti ha presentato della carta rigata. Smettila di cercare di scrivere sulla riga successiva. Gira il foglio di traverso. Elaine: Quali sono queste rotaie? Daniel: Pensaci su. Sono sicuro che puoi capirlo da sola. [Dopo averci riflettuto un po'] Mi è venuto in mente che questo potrebbe aiutarti. [Cambiando argomento] Devi capire che questo è un viaggio di scoperta anche per me. Sto cercando di capire ed esprimere cosa faccio quando mi viene posta una domanda come questa – o di qualunque tipo. Elaine: Sì...? Daniel: Questa donna non riusciva a rispondere alla propria domanda perché sta indossando dei paraocchi. Non sono sicuro che i cavalli per strada indossino ancora i paraocchi, ma sai che cosa sono. Elaine: Sono... oggetti... credo quadrati di cuoio... sistemati ai lati della testa del cavallo per tenere i suoi occhi sulla strada. Daniel: Per bloccare distrazioni che potrebbe vedere se avesse una visuale più ampia di ciò che lo circonda. Elaine: Esatto. Daniel: Molte persone, cercando di rispondere alla domanda di questa donna, indosseranno i suoi stessi paraocchi, terranno gli occhi fissi sul percorso che lei vede e concorderanno di bloccare ogni visuale più ampia della questione. Elaine: Sì, lo capisco. Daniel: Quindi il tuo lavoro stasera è di toglierti i paraocchi e vedere cos'altro c'è su cui riflettere. Questo è un altro modo – probabilmente
  • 41. migliore – di dirti di saltar fuori dalle rotaie su cui ti ha messa. Non possiamo vedere altre rotaie su cui saltare finché non ci togliamo i paraocchi che ci ha fatto indossare. Elaine: Ho capito.
  • 42. Venerdì: mattina Daniel: Allora, qualche progresso? Elaine: Penso di sì. Daniel: Hai capito su che rotaie ci aveva messo questa lettrice, indossando i suoi paraocchi? Elaine: Le rotaie erano la medicina. Daniel: In quanto possibilmente in conflitto con il concetto di vivere nelle mani degli dei. E cos'è successo quando ti sei tolta i paraocchi che ti aveva fornito? Elaine: Ho visto tutto il resto. Daniel: Sei stata in grado di allontanarti e guadagnare una visuale più ampia della sua. Elaine: Esatto. Daniel: Continua. Elaine: Ciò che ho visto è che la malattia – o almeno molte malattie – rappresentano un attacco di altre creature viventi. Ciò che ho visto è che ogni creatura ha il diritto di difendersi da un attacco in ogni modo in suo potere, e questo include noi. Daniel: Attaccati da un leone, useremo ogni arma a nostra disposizione per difenderci. Elaine: Esatto. E la medicina ci fornisce armi con cui difenderci da virus e batteri, tra le varie cose. Daniel: E vivere nelle mani degli dei? Elaine: Vivere nelle mani degli dei non ha nulla a che vedere con
  • 43. questo. Vivere nelle mani degli dei non significa restare fermi e lasciare che il leone ti strappi la testa. Daniel: Ben fatto. Che cosa ne pensi? E' stato difficile arrivare alla risposta? Elaine [ci riflette un attimo]: Credo di dover rispondere di sì... Forse è come imparare ad andare in bicicletta. All'inizio sembra completamente impossibile, poi in qualche modo, all'improvviso, ci riesci. Daniel: Sì. Naturalmente, essere in grado di avanzare senza cadere è solo la capacità più basilare, l'inizio della fiducia in sé stessi che porta a capacità più avanzate. Elaine: Certo... Ho una domanda mia. Probabilmente le è stata fatta molte volte. Daniel: Dì pure. Elaine: Abbiamo parlato di vivere nelle mani degli dei. Daniel: Sì? Elaine: Ma lei non dice mai chiaramente se crede in questi dei o in qualunque dio. Daniel: Quando Ishmael parla degli dei... Lasciami cominciare in un altro modo. L'argomento di Ishmael è la misconosciuta e inconfessata mitologia della nostra cultura, che Ishmael esprime sotto forma di una storia che spiega le relazioni tra l'Uomo, il mondo e gli dei. In questo contesto, gli dei sono mitologici, il che non significa tanto che non esistono ma che la loro esistenza è irrilevante. Il mondo è stato creato perché l'Uomo lo conquistasse e lo dominasse, e l'Uomo è stato creato per conquistarlo e dominarlo – secondo la nostra mitologia. Non c'è bisogno di dire che questa è una missione divina. Gli europei che scacciarono gli Indiani dalle loro terre e cominciarono a coltivarle credevano sinceramente di stare facendo il lavoro di Dio. Elaine: Sì, capisco. Ma non vedo come questo risponda alla mia
  • 44. domanda. Daniel: Ossia, se credo in Dio. Elaine: Sì, credo di sì. Daniel: Essendo un Antropologo Marziano, devo allontanarmi dalla tua domanda e rifiutarmi di indossare i paraocchi che mi stai chiedendo di mettermi. Credere in cose che potrebbero non esistere – o rifiutarsi di credere in cose che potrebbero esistere – è una peculiarità della tua cultura, non un'attività universale dell'umanità. Dato che è universale tra di voi, date per scontato che sia universale tra gli umani in generale. Elaine: E' vero. Non mi era mai venuto in mente che potesse non essere universale tra gli umani. Daniel: Credete in vari modi in Dio, anche se potrebbe non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbe esistere. Credete in vari modi negli angeli, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Credete in vari modi in astronavi extraterrestri che terrebbero il mondo sotto sorveglianza anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Credete in vari modi ai fantasmi, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Elaine: Sì, tutto vero. Daniel: Dimmi, credi nelle supermodelle? Elaine [ridendo]: Supermodelle? Non credo in loro. Non è la parola che userei. Daniel: Per te, l'esistenza delle supermodelle non richiede l'uso della facoltà di credere. Elaine: Esatto. Anche se non avevo mai pensato al credere come a una facoltà. Daniel: Oh, lo è di sicuro. E' la facoltà che devi utilizzare di fronte
  • 45. all'assurdo. Come disse William di Occam, Credo quia absurdum: “Ci credo perché è assurdo”. Non c'è bisogno di credere a una cosa, se la sua esistenza non ti sembra assurda. Elaine: Sì, immagino che sia vero. Ma l'esistenza di Dio non mi sembra assurda. Daniel: E' assurda nel senso che nessuno può fornire neanche la minima prova della Sua esistenza. Possono fornire dimostrazioni, ma esse sono valide solo se si accettano le premesse su cui sono basate. Se non si accettano queste premesse, allora sono solo inutili esercizi di logica. Elaine: Credo di essere vagamente consapevole della loro esistenza. Daniel: Esiste un'altra facoltà che è una sorta di cugina della facoltà di credere. Si tratta della facoltà che entra in gioco quando si tratta delle supermodelle. Voi popolate il mondo di supermodelle. Cinquant'anni fa non c'erano supermodelle, ma negli ultimi decenni avete popolato il vostro mondo di loro. Cent'anni fa non c'erano stelle del cinema, ma da allora avete popolato il vostro mondo di centinaia di loro. L'Europa medievale era popolata di santi. Elaine: Sì, capisco cosa intende. Daniel: I Gebusi della Nuova Guinea conversano con gli spiriti quotidianamente. Il loro mondo è popolato di spiriti, e se chiedessi loro se credono negli spiriti, reagirebbero come hai fatto tu quando ti ho chiesto se credessi nelle supermodelle... Ma per tornare alla tua domanda originaria, devo dire che la facoltà di credere è completamente atrofizzata in me. Mi sembra stupido credere in cose che potrebbero non esistere – o negare l'esistenza di cose che potrebbero esistere. Tuttavia, ho popolato il mio universo personale con dei che si prendono cura di tutte le forme di vita. Non prego questi dei, non costruisco templi per loro, non mi aspetto che mi facciano favori, né pratico rituali per loro. E nemmeno mi aspetto che altre persone “credano” in questi dei o popolino il loro universo con loro. Elaine: Capisco. Questo risponde a una domanda che avevo in mente da tempo – come probabilmente molti dei suoi lettori.
  • 46. Daniel: Quale domanda? Elaine: Immagino che molti lettori la considerino un non credente. Daniel: Presumo tu intenda un non credente nel Dio Giudeo-Cristiano. Elaine: In ogni tipo di divinità. Daniel: Ho paura di non sapere se sia vero o no. Ma non sono sicuro del perché sia rilevante. O a quale domanda ho risposto per te. Elaine: Mi ha spiegato come è stato possibile per lei scrivere un libro come Tales of Adam, in cui gli dei hanno un ruolo così importante. Daniel: Sì...? Elaine: Alcuni lettori si chiederanno se lei stesse scrivendo dal cuore o se fosse solo una sorta di... poetica rappresentazione della visione del mondo animista. Daniel: Qualcuno potrebbe immaginare che io abbia solo adottato una personalità animista – una personalità falsa o estranea – a scopo letterario, come fece James Hogg per scrivere “Confessioni di un peccatore impeccabile”. Elaine: Ho paura di non avere familiarità con quel libro. Daniel: E' un classico che gode di una sorta di status culturale. Per scriverlo, Hogg dovette adottare una personalità diametralmente opposta alla propria, quella di un fanatico della predestinazione, convinto che la salvazione o la dannazione di chiunque fossero inalterabilmente stabilite da Dio fin dall'inizio dei tempi. Credendo di essere uno degli eletti, a prescindere da qualunque peccato potesse commettere, il narratore si considera giustificato perfino mentre uccide suo fratello, sua madre e altre persone, e permette ad altri di venire impiccati per i suoi crimini. Il libro, scritto negli anni Venti del milleottocento, decenni prima del suo tempo, venne accolto con disprezzo e cadde nell'oblio finché non venne riscoperto da autori come Robert Louis Stevenson e André Gide... In ogni caso, puoi stare sicura che ho scritto Tales of Adam “dal cuore”, per dirla con parole
  • 47. tue. Elaine: Non ne dubitavo. Daniel: Quindi... Dove eravamo? Presumo di aver risposto alla domanda riguardo le mie credenze personali. Elaine: Sì. Daniel: Vediamo... All'incirca riguardo lo stesso argomento, come risponderesti a questa domanda, che ho ricevuto in molte forme diverse: “Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il mondo e quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi naturali per tenere sotto controllo la nostra popolazione?” Elaine [dopo averci riflettuto]: Mi sembra una domanda piuttosto stupida. Daniel: Sì, forse lo è. Ma quando un antropologo vede gente fare o dire qualcosa di apparentemente stupido, si pone due domande: “Perché mi sembra stupido?” e “Perché non sembra stupido a loro?” Elaine: Sì. Naturalmente ha ragione. Daniel: Quindi, perché la domanda ti sembra stupida? Elaine: Forse sembrerebbe meno stupida se non fosse una domanda su Dio. Daniel: Dovrai spiegarlo meglio, questo. E' fare domande su Dio che è stupido, oppure lo è il concetto stesso di Dio? Elaine: No, nessuno dei due... Potrebbe ripetere la domanda? Daniel: “Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il mondo e quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi naturali per tenere sotto controllo la nostra popolazione?” Elaine [dopo averci riflettuto per diversi minuti]: Chi fa questa
  • 48. domanda non sembra riconoscere alcuna causalità al lavoro nel mondo eccetto quella divina. Usa il termine “catastrofi naturali” ma non accetta davvero il fatto che siano naturali. Non collega lo tsunami che ha devastato il Sud-Asia con un terremoto sottomarino, pensa che Dio l'abbia “mandato”. Daniel: O abbia “mandato” il terremoto. Elaine: AIDS, cancro, epidemie... tutte queste cose hanno cause naturali. Daniel: Sì, questo è ciò che tu, io e probabilmente la maggior parte delle persone pensa, ma devi entrare nella testa di questa persona e capire la sua idea di Dio. Elaine: La sua idea di Dio... Non sono sicura di come rispondere. Daniel: Parla del suo Dio. Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Il suo Dio è, devo credere, onnisciente e onnipotente. Daniel: Sono sicuro che tu abbia ragione. Continua. Elaine: Non vedo come continuare. Daniel: Sto cercando di non guidarti troppo accuratamente. Devi andare dietro i processi mentali che hanno creato questa domanda. Hai un Dio onnisciente e onnipotente, e... Elaine: Vede che stiamo sovrappopolando il mondo. Daniel: E... Elaine: Ed è in suo potere mandarci malattie e catastrofi per ridurre la nostra popolazione. Daniel: Perché ha bisogno di farlo?
  • 49. Elaine: Ah. Perché il mondo non si regola da solo. O si potrebbe dire che Dio non può confidare che il mondo si regoli da solo. Daniel: E dato che il mondo non si regola da solo – o non ci si può aspettare che si regoli da solo... Elaine: Deve farlo Dio stesso. Deve governare il mondo personalmente. Daniel: Altrimenti non funziona come si deve. Almeno, non automaticamente. Elaine: Esatto. Daniel: Quindi Lui manda malattie e catastrofi per ridurre la popolazione umana. O almeno, ha la possibilità e il potere di farlo. Elaine: Esatto. Daniel: Ma... Elaine: Ma? Daniel: Ha il potere di ridurre la popolazione umana in ogni sorta di modo, ma... Elaine: Non riesce a farlo. Daniel: Quindi ha creato un mondo che non può regolarsi da solo e che nemmeno Lui sembra in grado di regolare. Che tipo di Dio è questo? Elaine: Che tipo? Secondo chi? Daniel: Secondo la persona che ha fatto questa domanda. Elaine: Non lo so, a parte l'ovvio – a parte le cose che abbiamo già discusso... Voglio dire, è onnisciente e onnipotente. Immagino che potrei aggiungere che è benevolo. Che agisce per il nostro bene – o potrebbe farlo.
  • 50. Daniel: Come al solito, sto cercando di andare dietro le parole, di raggiungere le tacite premesse e credenze. Elaine sospira. Daniel [dopo averle dato un paio di minuti per riflettere]: Proviamo a dare una valutazione al lavoro di Dio, a cominciare dal Giardino dell'Eden, dove ha piantato un albero i cui frutti Adamo ed Eva non potevano assaggiare. Mettiti al Suo posto in una situazione simile. Sei la madre di due bambini, un maschio e una femmina. Dici loro: “Potete giocare con tutto ciò che volete in casa, eccetto la pistola carica che ora metterò qui sul tavolo della cucina.” Poi, andandotene, permetti consapevolmente a qualcuno di entrare in casa, sapendo che li incoraggerà a giocare con la pistola. Elaine: Uh-uh. Ma un credente direbbe che Dio ha messo l'albero proibito nel giardino per metterli alla prova. Daniel: Ed essendo onnisciente... Elaine: Sapeva che avrebbero fallito. Daniel: Perfino una madre umana si guarderebbe bene dal lasciare i propri bambini insieme a una pistola carica in bella vista, non è vero? Elaine: Sì. Daniel: Non so che tipo di educazione religiosa tu abbia ricevuto. Elaine: Oh, sono stata cresciuta cattolica. Sono andata in una scuola elementare cattolica, sentito le storie della Bibbia, imparato il catechismo, tutto quanto. Daniel: Allora sei in una posizione piuttosto buona per valutare la prestazione di Dio. Le Sue prime esperienze con la razza umana furono piuttosto deludenti. Elaine: Sì. Alla fine ne divenne così disgustato che la spazzò via,
  • 51. eccetto che per Noè e la sua famiglia. E perfino il risultato di questo provvedimento non fu troppo soddisfacente. Daniel: Alla fine, decise di adottare un popolo eletto perché fosse solamente Suo. Cosa stava pensando nel far ciò? Elaine: Mmm... Sono piuttosto indecisa su questo punto. Voglio dire, sui Suoi piani a lungo termine per l'intera razza umana. Ma l'idea nel breve periodo era di prendere questo popolo e di aiutarlo a sorpassare tutti i suoi vicini, finché fosse rimasto fedele a Lui. Daniel: E come ha funzionato? Elaine: Non troppo bene. Alla fine, erano così infedeli che si lavò le mani di loro, permettendo che prima i loro vicini e poi i Romani li dominassero. Almeno, questo è come la ricordo io. Daniel: Ma tuttavia, promise loro un Messia. Elaine: Esatto. Daniel: E questo Messia cos'avrebbe fatto? Elaine: Non sono sicurissima di ciò che Dio promise, ma gli ebrei credettero che il Messia avrebbe restituito loro l'indipendenza e li avrebbe rimessi al vertice della razza umana. Daniel: E mandò loro il Suo Messia? Elaine: Be', ci sono varie opinioni a questo riguardo. Gli ebrei non pensarono che Gesù fosse il Messia, e non lo pensano tutt'ora. Di sicuro non fece ciò che loro si sarebbero aspettati da un Messia. Daniel: Ma Gesù era il Messia, no? Elaine: Secondo i cristiani, sì. Daniel: Secondo i cristiani, era il Messia non solo degli ebrei, ma dell'intera razza umana.
  • 52. Elaine: Esatto. Presumibilmente. Daniel: Ma solo i cristiani ricevettero questo messaggio. Gli ebrei stanno ancora aspettando, e i musulmani considerano Gesù solamente un profeta tra i tanti. Elaine: Sì, è vero. Daniel: Se Gesù è stato mandato per salvare l'intera razza umana, perché solo i cristiani hanno recepito il suo messaggio? Elaine: Non lo so. Daniel: Se fossi un Dio onnipotente, pensi che saresti riuscita a comunicare questo messaggio a tutta la razza umana? In un modo o nell'altro – che Gesù era o non era il Messia promesso? Elaine: Penso di sì. Daniel: Naturalmente, i cristiani sono convinti di aver recepito il messaggio che Dio voleva mandare loro. Ma cos'è successo alla fine alla cristianità? Elaine: Alla fine? Non sono sicura di cosa intende, è ancora lì. Daniel: Ma è molto diversa rispetto a com'era mille anni fa. Elaine: E' vero. Si è divisa in mille sette diverse, ognuna con una propria versione del messaggio. Daniel: Discordano su ogni sorta di questione fondamentale: divorzio, controllo delle nascite, aborto, omosessualità. Per non parlare del ruolo del Papa e persino del significato della salvazione. Elaine: Vero. Daniel: Se tu fossi un Dio onnipotente, non pensi che avresti potuto rendere assolutamente chiaro il tuo pensiero su tali questioni?
  • 53. Elaine: Sì, penso che avrei potuto. Daniel: Quindi, te lo chiedo di nuovo: che tipo di Dio è questo? Elaine [dopo averci pensato su]: Stranamente, devo rispondere che si tratta di un Dio incompetente. Daniel: Sì? Elaine: Immagino gli sia stato attribuito ogni spregiativo possibile per un sovrano – tirannico, vendicativo, spietato, indifferente alle nostre sofferenze, ossessionato con regole e regolamenti, una spia che si insinua in ogni camera da letto – ma non penso di averlo mai sentito definire “incompetente”. Daniel: Questo è il mio lavoro, scoprire le credenze e le premesse inespresse della nostra cultura. Per esempio, è convinzione inespressa della nostra cultura che il mondo sia un possedimento dell'uomo, che conquistarlo e dominarlo sia il nostro destino divinamente assegnatoci, che il nostro sia l'unico modo giusto di vivere per gli esseri umani, e che dobbiamo aggrapparci a questo stile di vita anche se ci ucciderà. Ed è convinzione inespressa di chi ha fatto questa domanda che Dio sia incompetente. Elaine: Dovrà spiegarmela meglio, questa. Daniel: Considera i metodi inadeguati che questa persona suggerisce che Dio stia usando per ridurre la nostra popolazione: AIDS, epidemie, disastri naturali e così via. La nostra popolazione continua a crescere costantemente a dispetto di queste cose, e l'ha fatto per gli ultimi diecimila anni. Se fosse competente – e davvero interessato alla questione – un Dio onnipotente sarebbe in grado di fare qualcosa di veramente efficace, no? Elaine: Devo pensare di sì. Anche se sarebbe... dovrebbe essere... Daniel [dopo alcuni istanti]: A che tipo di cosa stai pensando? Elaine: Un'enorme carestia... un'epidemia come non ne abbiamo mai
  • 54. viste. Daniel: Puoi trovare qualcosa di più fantasioso, anche se hai avuto solo pochi momenti per pensarci. Pensa a qualcosa che non causerebbe neanche una morte, né di malattia né di fame. Elaine [dopo averci pensato un po']: Potrebbe rendere sterili novantanove donne su cento. Daniel: Naturalmente. Questo risolverebbe il problema molto in fretta, non è vero? In una sola generazione, la nostra popolazione calerebbe da sei miliardi a sessanta milioni, e nessuno dovrebbe morire di malattia o di fame. Elaine: Sì. Daniel: Se tu sei abbastanza intelligente da ideare una soluzione simile in sessanta secondi, non dovrebbe saperlo fare anche un Dio onnisciente e onnipotente? Elaine: Dovrebbe, sì. Anche se non so cosa risponderebbe un credente a una cosa simile. Daniel: I credenti hanno generalmente accettato l'idea che Dio non intervenga più nelle faccende umane come faceva un tempo. Ora dobbiamo cavarcela da soli. Ha mandato Gesù ad aprire i cancelli del Paradiso all'umanità corrotta, e questo ci deve bastare. Elaine: Sì, a quanto pare. Daniel: Per quanto il nostro interrogatore non concordi con questa credenza. Egli pensa che Dio potrebbe star facendo degli sforzi per salvarci da noi stessi, anche se questi sforzi sono inefficaci... Ma ora capisci perché questa persona non pensa che la sua domanda sia stupida. Elaine: Sì. Ha accettato l'idea che il suo Dio è incompetente. Dio vuole intervenire e forse lo sta facendo, ma chi fa questa domanda non è sorpreso dall'ovvia inefficacia dei Suoi tentativi.
  • 55. Daniel: In realtà, i veri dei del mondo – se ce ne sono – sono competenti. Hanno creato un mondo che funziona perfettamente, senza bisogno di sorveglianza o di interventi divini. Se non freneremo la nostra crescita demografica, i meccanismi intrinseci del mondo se ne occuperanno. Se continueremo ad attaccarli vigorosamente come stiamo facendo ora, i sistemi ecologici che ci mantengono in vita collasseranno, creando un mondo incapace di sostenere la vita umana. Scompariremo – probabilmente insieme alla maggior parte o a tutte le forme di vita animali di grandi o medie dimensioni – ma la vita continuerà e ricomincerà immediatamente a ricostruire, come ha fatto dopo ogni passata estinzione di massa. Elaine: Non un lieto fine. Almeno dal nostro punto di vista. Daniel: Ma anche non un risultato inevitabile. Dobbiamo solo affrontare il fatto che l'estinzione di massa che si concluderà con la nostra scomparsa è già cominciata, e che non è qualcosa che possiamo continuare a ignorare. Elaine: Sì. Daniel: Quindi, che cosa ti ha insegnato l'esplorazione di questa stupida domanda? Elaine: Molto più di quanto mi aspettassi, ovviamente. Daniel: Voglio dire riguardo... Ciò che sto cercando di comunicarti è il modo in cui arrivo a risposte che confondono le aspettative della gente. Ciò che sto cercando di sviluppare qui è la risposta all'ultima grande domanda che le persone hanno per me: come faccio ciò che faccio? Elaine: Dovrò pensarci su. Daniel: Va bene. Facciamo una pausa. Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, hai riflettuto sulla mia ultima domanda?
  • 56. Elaine: Ci ho pensato, ma tutto ciò che posso dire è che non sono neanche vagamente in grado di fare ciò che fa lei. Daniel: Con l'ultima domanda che abbiamo affrontato, ho dovuto darti una mano solo una volta, quando ti ho chiesto a che tipo di Dio stava pensando questa persona. Elaine: Vero. [Dopo averci pensato un po' su.] Ma quello era il punto fondamentale. Se non fosse intervenuto per aiutarmi, non penso che ci sarei arrivata da sola. Daniel: Siamo ancora all'inizio. Hai detto che è come imparare ad andare in bicicletta. Sapere come rimanere in equilibrio è solo l'inizio. Ci vuole tempo per arrivare al punto in cui puoi pedalare senza mani. Elaine: Vero. Daniel: Ecco una domanda a cui uno dei miei lettori non riusciva a rispondere, ma scommetto che ormai non sarà una grossa sfida, per te. Mi scrisse che quando arrivammo a sei miliardi, nel 1999, uno scrittore del National Review aveva cercato di mettere la cosa in prospettiva precisando che se quei sei miliardi fossero vissuti tutti in Texas, ognuno di loro avrebbe avuto un ottavo di acro per sé. Il mio lettore disse: “Non mi sembra un grosso problema, e a lei?” Elaine: Uh-uh. Daniel: Solo “uh-uh”? Elaine: Be', do per scontato che i calcoli siano corretti. Daniel: Anch'io. Anche se sospetto che l'autore dell'articolo stesse considerando l'area totale del Texas, e non solo l'area abitabile, che non comprende fiumi, laghi, strade e autostrade. Elaine: Non so esattamente quanto sia grande un acro. Daniel: Mi aspettavo questa domanda. Un acro corrisponde a circa
  • 57. 43.560 piedi quadrati (4.047 metri quadrati). Un ottavo di acro è pari a circa 5.445 piedi quadrati (506 metri quadrati), più o meno le dimensioni medie di un lotto edificabile in città. Una famiglia di quattro persone avrebbe mezzo acro, una dimensione comune per un lotto edificabile in periferia. Elaine: Va bene. Daniel: Spazio in abbondanza. Elaine: Sì. Daniel: Quindi ora hai la nostra situazione demografica in prospettiva. Elaine non dice niente. Daniel: Andiamo, Elaine. Qual è la premessa inespressa dietro questa prospettiva? Elaine: Ovviamente riguarda lo spazio. Daniel: Lavoraci su. Questa è una domanda facile. Elaine [dopo averci pensato su]: Una famiglia di quattro persone non ha problemi nel vivere in mezzo acro. Milioni di americani lo fanno. Daniel: Non ti aiuterò con questa. Pensa a ciò che stai dicendo, parola per parola. Elaine [dopo averci pensato ancora]: Va bene. Stanno vivendo in mezzo acro, ma non stanno vivendo di mezzo acro. Daniel: Certo che no. Cosa succederebbe se provassero a vivere di mezzo acro? Elaine: Credo che non potrebbero. Daniel: Certo che non potrebbero. Quindi ora prova a mettere in prospettiva l'idea di sei miliardi di persone che vivono in Texas.
  • 58. Elaine: Dovrebbero importare enormi quantitativi di cibo. Daniel non dice niente. Elaine [dopo averci pensato un po' su]: Non ci sarebbe nessuno da cui importare cibo. Tutte le fattorie nel resto del mondo sarebbero abbandonate. Nessuno fuori dal Texas starebbe coltivando, raccogliendo, processando, impacchettando e trasportando il cibo. Daniel: Brava... Ho fatto qualche ricerca durante la nostra pausa. Un miglio quadrato (2.589.988 metri quadrati) di terreno coltivato sfamerà circa mille persone. Se tutto il territorio del Texas venisse disboscato e coltivato, sfamerebbe circa 262 milioni di persone. Quindi...? Elaine: Quindi quei sei miliardi di individui in Texas non vivrebbero lì, ci morirebbero di fame. Daniel: Ma avrebbero un sacco di spazio per case, patii, altalene e piscine. Elaine: Sì, questo è ciò che lo scrittore del National Review aveva in mente. Daniel: A essere onesti, sono rimasto sorpreso da come inizialmente tu fossi pronta ad accettare la plausibilità di questa visione delle cose. Elaine: Perché? Dev'essere sembrata plausibile a tutti al National Review – e ai suoi lettori. Daniel: Vero, ma considera la domanda originaria che ti ho posto. Il lettore diceva: “Questo mi sembra sensato, e a lei?” Avresti dovuto capire che la mia risposta sarebbe stata: “No, non mi pare proprio.” Elaine: Immagino che lo sapessi. [Ci pensa su per un po'] Ma questo non cambia il fatto che per me aveva senso. In quel momento. Daniel: Se vuoi imparare a pensare come un'Antropologa Marziana, devi diventare molto più sospettosa delle asserzioni apparentemente
  • 59. ragionevoli che ci vengono costantemente presentate. Come questa, secondo cui in Texas c'è abbastanza territorio da ospitare l'intera popolazione globale senza problemi. Sono sicuro che decine di migliaia di persone hanno accettato quest'affermazione senza esitare un attimo, e che altri milioni l'accetterebbero nello stesso modo se venisse presentata loro. Elaine: Sono sicura che ha ragione. Daniel: In effetti, sto cercando di farti perdere l'abitudine di rispondere automaticamente: “Sì, ha senso. Lo accetterò.” Sto cercando di allenarti a fermarti e dire: “Sì, sembra che abbia senso. Ma ce l'ha davvero?” Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Potrei dire che capisco cosa intende, ma non ne sono sicura. Voglio dire... siamo abituati a fermarci quando qualcosa non ha senso. Ma quando qualcosa ce l'ha...? Di sicuro lei non si ferma a riflettere ogni volta che qualcosa ha senso. Daniel: Hai ragione, naturalmente. Elaine: Quindi è questione di sapere quando fermarsi, no? Lei come sa quando fermarsi? Daniel: E' una domanda molto legittima. Molto utile, in effetti. Elaine: Perché utile? Daniel: Mi indica una direzione a cui non avevo pensato, che non mi ero preparato a esplorare con te. Vediamo se riesco a spiegarmi... Se seguissi un cacciatore aborigeno nella foresta, lui vedrebbe cose che per te sarebbero letteralmente invisibili. Vedrebbe e riconoscerebbe segni nel terreno che tu dovresti concentrarti anche solo per distinguere. Noterebbe perturbazioni nell'erba che per te sarebbero impercettibili. Elaine: Ne sono sicura. Daniel: Lo stesso varrebbe per il cacciatore se seguisse te nella sezione femminile di un negozio d'abbigliamento. Tu distingueresti immediatamente i vestiti di buona qualità da quelli scadenti, cosa che lui non sarebbe certamente in grado di fare. Noteresti un commesso avere una
  • 60. conversazione personale al telefono. Senza nemmeno doverci pensare, saresti consapevole delle sottili differenze tra una conversazione personale e una di lavoro, e il cacciatore no. Elaine: Vero. Daniel: Ciò che vediamo sono le cose che la nostra vita ci ha abituati a notare. La tua vita non richiede che tu sia in grado di notare leggeri segni nella polvere. La vita del cacciatore non richiede che sia in grado di notare la differenza tra abiti ben fatti e abiti scadenti. Elaine: Vero. Daniel: Io mi sono addestrato a riconoscere la voce di Madre Cultura nelle cose che leggo e ascolto. Sai che cosa intendo per Madre Cultura. Elaine: Sì. Madre Cultura è... la personificazione di tutte le conoscenze che ci arrivano dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dai nostri libri di testo, dai nostri film, dai nostri commentatori televisivi... Daniel: E dalle nostre riviste, comprese Scientific American e il National Review. Elaine: Giusto. Daniel: Ho immediatamente riconosciuto la voce di Madre Cultura nell'osservazione del National Review che la nostra intera popolazione globale avrebbe potuto vivere comodamente in Texas. Capisci perché? Elaine: Non ne sono sicura. Daniel: Fai un tentativo. Elaine [dopo una breve riflessione]: Madre Cultura vuole rassicurarci che tutto ciò che stiamo facendo va bene. Raggiungere una popolazione di sei miliardi non è nulla di cui preoccuparsi. Daniel: Perché, vedi, potresti metterci tutti e sei miliardi in Texas e ci sarebbe spazio in abbondanza. L'ho subito riconosciuta come il tipo di
  • 61. rassicurazione che Madre Cultura vuole che abbiamo. Questo è ciò che mi ha fatto fermare per rifletterci. E una volta che ho cominciato a esaminarla, mi sono bastati pochi secondi per capirne l'assurdità. Elaine: Va bene, ma non posso dire che questo mi aiuti molto. Dice di essersi allenato a riconoscere la voce di Madre Cultura nelle cose che legge o ascolta, ma in che modo questo aiuta me? Daniel [dopo averci pensato per un minuto]: Si potrebbe dire che ciò che il cacciatore cerca mentre si muove nella foresta sono indizi, cose che segnalano che cosa sta succedendo intorno a lui. Quando esamini una maglietta o un vestito, probabilmente ci sono cose che ti fanno capire la sua qualità. Elaine: Sì, immagino di sì. Daniel: Anch'io cerco indizi. O, come ho detto, mi sono allenato a notarli. Non devo nemmeno cercarli, mi saltano addosso. Elaine: Ma che cosa sono? Daniel: Non posso darti una lista – non mi è mai venuto in mente di farne una. Forse potremo stilarne una mentre procederemo. Elaine: Qual è stato l'indizio in questo caso? Daniel [dopo averci pensato su]: La sua ovvia tendenziosità. Con questo intendo che quest'affermazione contiene un'argomentazione implicita. Se qualcuno dicesse che se allineassimo tutte le nostre automobili in una singola strada farebbero due volte il giro del mondo, non c'è nessuna argomentazione implicita. Ti sta solo presentando un fatto interessante. Non sta dicendo che è qualcosa che potrebbe davvero essere fatto. Non sta traendo conclusioni particolari sulle automobili, sulle strade o sulla circonferenza della Terra. Sta solo usando le sue capacità di calcolo per darci un'idea di quante automobili abbiamo. Lo scrittore che dice che il Texas potrebbe comodamente ospitare sei miliardi di persone invece vuole arrivare da qualche parte, e sta dicendo che potrebbe essere fatto. Elaine: Va bene. Ma non sono sicura che riconoscerei un'affermazione