1. LICEO LINGUISTICO EUROPEO paritario
“Beata Vergine”
D.M. 28.02.2001
Via F. Cavallotti, 25 – CREMONA
Tel. 0372/21285 – fax 0372/37898
e-mail: segreteriabeatavergine@gmail.com
http://www.beatavergine.it
Moduli di letteratura comparata:
Letteratura Italiana e Letteratura Francese
Le chevalier:
l’héro du
Moyen Âge
a cura delle
prof.sse:
Giusy Rosato e Francesca
Savoini
2. Il Medioevo
Da dove deriva la parola “Medioevo”?
Perché “medio”?
Quest’idea compare nel corso dello
stesso Medioevo, soprattutto verso
la fine del periodo, dapprima tra gli
studiosi e gli artisti.
2
3. …
Essi avvertono i secoli appena trascorsi – che per noi
rappresentano il cuore del Medioevo – come:
una sorta di intermezzo
una transizione
anche come un periodo oscuro, un tempo
di declino se confrontato con quell’Antichità
di cui avevano un’immagine idealizzata.
Vorrebbero ritrovare quest’antica civiltà, che
ritengono più raffinata.
3
4. …
A nutrire un simile stato d’animo, tra la fine del
‘400 e l’inizio del ‘500, sono soprattutto
alcuni letterati italiani, chiamati “umanisti”.
Per loro, l’uomo aveva maggiori qualità di quelle
attribuitegli dalla fede cristiana medievale,
che insisteva sul peso dei suoi peccati di
fronte a Dio (de contemptu mundi).
4
5. …
C’è una seconda ragione. Il Settecento, il
secolo dei Lumi, ha alimentato un’ondata di
disprezzo contro gli uomini e la civiltà del
Medioevo. L’immagine dominante era quella
di un periodo oscurantista, in cui la fede in
Dio (teocentrismo) schiacciava la ragione
degli uomini.
Al tempo degli umanisti, come all’epoca dei
Lumi, non si riusciva più a comprendere la
bellezza e la grandezza dei secoli antichi.
5
6. …dunque…
L’età “media” è quella che
intercorre tra due periodi
ritenuti più importanti, ossia
l’Antichità (greco-romana)
e
l’Età Moderna, che inizia con il
Rinascimento.
6
7. Il Medioevo
Quanto è durato?
A scuola impariamo che il Cinquecento è il
secolo del Rinascimento. Per il Seicento si
parla spesso di età barocca. Il Settecento è
il secolo dei Lumi.
E il Medioevo? Quando inizia e quando
finisce?
7
8. Il Medioevo
Il Medioevo è durato molto a lungo: almeno
mille anni.
È vero, quando si parla del Medioevo, si
pensa spesso al periodo che va dall’anno
1000 al 1500, ma esso inizia almeno cinque
secoli prima, prima dell’anno 500, dunque, nel
corso del V sec. d.C.
8
9. • 476 d.C. : l’ultimo imperatore romano viene
cacciato da Roma e sostituito da un re
barbaro, Odoacre: è la fine dell’Impero
romano, ma, al di là di questo grande
avvenimento politico, è la fine dell’Antichità.
9
10. Medioevo “lungo”
• Discussione aperta su quando termini il
Medioevo.
• 1492 (anno della scoperta dell’America)?
- Si apre un nuovo periodo: il “Rinascimento”
- Inizio dell’età moderna
MA…
10
11. …
• Per alcuni storici il Medioevo è durato in
realtà sino alla fine del ‘700. Perché?
• È soltanto in quest’epoca che tre
avvenimenti verranno a cambiare
radicalmente la vita della società
(occidentale, europea):
1.la scienza, grazie all’uso di strumenti e
metodi di ricerca sempre più precisi, fa
registrare progressi straordinari;
11
12. …
2. quindi – e si tratta di una conseguenza dei
progressi realizzati nelle diverse scienze -
verso la fine del Seicento si costruiscono e
utilizzano macchine sempre più
efficienti , si inventano tecniche di
produzione sempre più veloci. Nel 1698
viene costruita in Inghilterra la prima
macchina a vapore. Insomma, è l’inizio di ciò
che verrà chiamata la “rivoluzione
industriale”.
12
13. …
3. Infine, vi sono le rivoluzioni politiche, in
particolare, la Rivoluzione francese, vista
come la vera svolta di della storia di Francia,
d’Europa e persino del mondo: essa mette
fine all’antico sistema politico, l’Antico
Regime e al sistema chiamato “feudale”, che
diventa il simbolo del Medioevo “cattivo”.
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14. Il Medioevo “buono” e quello
“cattivo”
Il Medioevo “cattivo”:
- i signori opprimevano i contadini
- la Chiesa era intollerante e sottoponeva gli spiriti indipendenti (eretici)
ai rigori dell’Inquisizione, che praticava la tortura e prevedeva la morte sul
rogo per i ribelli
- le carestie erano frequenti e i poveri numerosi
- si aveva paura, una paura irrazionale (le calamità naturali o le epidemie
venivano interpretate, ad esempio, come punizione divina)
Il “bel” Medioevo (cfr. “storicismo” dei Romantici)
- cavalieri, castelli, dame
- cattedrali
- arte romanica e gotica
- colore (delle vetrate istoriate, ad esempio)
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16. Castello e Cattedrale
I due tipi di edifici che si sono imposti all’immaginario e
che fanno tuttora parte dei simboli più rilevanti del
Medioevo:
1. castello = dimora dei cavalieri
2. cattedrale = dimora di Dio, o più precisamente
dei rappresentanti di Dio, ossia i vescovi
Il castello proclama la potenza e il prestigio dei
cavalieri;
la cattedrale accresce il prestigio di Dio per il
tramite del suo rappresentante, il vescovo.
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19. Per quale motivo il castello e la cattedrale
vengono associati?
Questi due tipi di edifici indicano per le
persone colte come per il popolo la
dimensione o la direzione dell’altezza.
(Teocentrismo)
Nel Medioevo, la contrapposizione tra l’alto e
il basso viene “proiettata nello spazio”: ciò
significa che si costruiscono torri e mura
molto alte, ben visibili, per mostrare che si
vuole sfuggire al “basso”.
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20. Manicheismo
Dicotomie (contrapposizioni, antinomie)
• Alto vs basso
• Cielo vs terra
• Spirito vs materia
• Quaresima vs Carnevale
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22. La società feudale
Tripartizione della società cristiana
(schema ereditato dal pensiero trifunzionale indoeuropeo )
Tre categorie:
1. oratores (coloro che pregano, ovvero i chierici), che
rappresentano la funzione del sacro;
2. bellatores (coloro che combattono, ossia i guerrieri),
espressione della funzione della forza fisica;
3. laboratores (coloro che lavorano, ovvero i contadini e, più
tardi, gli artigiani), che incarnano la funzione economica.
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23. Laboratores
I lavoratori sono soggetti ai chierici e ai
guerrieri, ma la loro presenza in questo
schema esprime l’innalzamento del lavoro al
livello dei valori, assicurato d’altro canto
dall’esempio monastico.
Malgrado i suoi limiti, questa valorizzazione del
lavoro è una delle caratteristiche dell’identità
europea.
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24. La cultura nel Medioevo
• La cultura, lo studio ed il sapere
erano importanti nel Medioevo?
Per la religione cristiana, gli uomini del
Medioevo dovevano onorare Dio attraverso
il sapere e la bellezza.
Tuttavia, erano principalmente i chierici a farsi carico
di questo ideale e soprattutto nei monasteri e nelle
chiese vi era la possibilità di seguire un
insegnamento e di realizzare opere d’arte.
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25. La cultura nel Medioevo:
appannaggio di un’élite
Per tutto l’Alto Medioevo la lingua scritta continuò
ad essere il latino, tuttavia conosciuto da una
cerchia sempre più ristretta d’intellettuali, quasi
esclusivamente organici alla Chiesa (chierici).
Monasteri ed abbazie furono i luoghi in cui i libri
venivano prodotti (grazie all’attività degli
amanuensi) e conservati, cosicché, nella divisione
dei privilegi tra nobiltà e clero all’interno della
società feudale, a quest’ultimo restò il monopolio
della cultura.
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26. Dal latino … … ai volgari
L’originaria unità linguistica e culturale creata
dall’Impero romano si smarrì quando questo entrò
nella fase di decadenza, per cui il latino, che era la
lingua di Roma, cominciò a modificarsi assumendo
caratteristiche diverse nelle varie regioni
dell’Impero.
Le invasioni dei popoli germanici , che
frantumarono l’Impero romano in una serie di regni
romano-barbarici, accentuarono questo fenomeno,
in quanto le varie regioni dell’ex-Impero non erano
più unite nemmeno politicamente.
26
27. Dal latino … … ai volgari
Nelle province dell’ex-Impero si svilupparono così
delle parlate locali che andarono gradualmente
differenziandosi, fino a configurarsi come veri e
propri idiomi distinti.
27
28. Le lingue neo-latine o
romanze
Dal latino, la lingua madre, essi derivarono la maggior parte del
lessico, con alterazioni fonetiche e morfologiche, e l’impianto
sintattico, con modifiche ancora più profonde. Perciò,
questi idiomi furono detti lingue neolatine: tra
queste, i volgari del sì in Italia, il volgare d’oil nella Francia
settentrionale, il volgare d’oc nella Provenza, il portoghese, il
castigliano e il catalano nella Penisola Iberica.
Venivano dette volgari perché erano parlate dal
volgo, cioè dal popolo, un po’ come gli attuali
dialetti.
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29. Le origini della letteratura
italiana
La letteratura in volgare in Italia si affermò più
tardi: a parte sporadici documenti in volgare,
perlopiù atti notarili (Indovinello veronese,
Placito capuano), alcuni dei quali anche
anteriori al Mille, una vera e propria
letteratura volgare in Italia si produsse solo a
partire dal XIII sec. (Letteratura religiosa),
mentre Oltralpe le prime opere in volgare si
erano avute già sul finire dell’XI sec.
29
30. …
Il motivo è da cercare nell’influenza esercitata
sulla Penisola da entrambe le supreme
istituzioni universalistiche del
Medioevo:
il Papato e l’Impero.
Di conseguenza, in Italia la letteratura in volgare fu
molto influenzata dalla letteratura latina
precedente, tanto che numerosi furono i rifacimenti e le
volgarizzazioni di precedenti opere latine.
Ma, notevole fu anche l’influenza esercitata da
alcune letterature romanze, soprattutto da quella
provenzale e da quella in lingua d’oil . 30
31. La letteratura francese in
Italia
Sia la lingua d’oc che quella d’oil
vengono usate da poeti e
letterati italiani, a testimonianza
della loro ampia diffusione come
modelli stilistici e tematici.
31
32. …
L’esempio più celebre dell’ammirazione che gli
scrittori medievali tributano alla letteratura
francese di quel periodo è il canto XXVI del
Purgatorio di Dante, in cui il poeta ritrae il
trovatore provenzale Arnaut Daniel, definito
“il miglior fabbro del parlar materno” (Purg.
XXVI, v. 117).
32
33. …
Il più noto dei poeti italiani che abbiano
utilizzato la lingua d’oc per le loro opere è
Sordello da Goito, anch’egli ricordato da
Dante nel VI canto del Purgatorio.
Sordello è autore di poesie a tema amoroso e
di un lungo componimento, il Pianto in morte
di ser Blacatz (ca. 1237), elogio funebre di
un signore protettore dei poeti, in cui a
predominare è la tematica politico-morale.
33
34. …
In lingua d’oil scrivono:
- il poeta toscano Brunetto Latini (1220-1294), con il
Trésor , una sorta di enciclopedia del sapere dell’epoca in
tre libri, composta a partire da fonti classiche e medievali;
- lo scrittore e viaggiatore Marco Polo (1254-1324), che
nel Milione (1298) narra il suo lungo viaggio in Cina
descrivendone usi, costumi, storia e geografia, in uno stile
che oscilla tra il romanzesco e il trattatistico e che costituisce
unas fonte di grande importanza per la conoscenza
dell’Oriente medievale e della mentalità mercantile italiana
del Duecento.
34
35. La letteratura francese in lingua d’oil:
Chansons de geste e romanzi cortese-
cavallereschi
Corrente della letteratura francese delle origini
destinata a influenzare a fondo la cultura e la
poesia in Italia, fino a Luigi Pulci, Matteo Maria
Boiardo e Ludovico Ariosto.
È una letteratura scritta non in lingua d’oc (come la
poesia provenzale), ma in lingua d’oil, perché nasce
all’interno delle corti della Francia settentrionale,
ed è legata agli schemi di una tipica istituzione
feudale: la cavalleria.
35
36. …
Il cavaliere diventa figura primaria dell’esercito dei
tempi di Carlo Magno. Costui promuove in modo
strategico il cavaliere, concedendogli terre e
privilegi, nonché lo statuto di nobiltà minore.
All’imperatore il cavaliere offre in cambio la propria
lealtà, l’obbedienza, il coraggio e la capacità di
sacrificio, in una sintesi della virtus classica
e dei valori cristiani .
36
37. Il giullare
La letteratura in lingua d’oil è legata a un modo di diffusione
più popolare rispetto alla poesia provenzale: non sono,
infatti, i trovatori a declamare questi poemi nel chiuso delle
corti, ma essi vengono piuttosto affidati a giullari e
cantastorie che intrattengono il pubblico di città e paesi con
le loro esibizioni in strade e piazze.
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38. da La Chanson de Roland
“Olivieri invita Rolando a suonare
l’olifante”
38
39. Sopra un poggio Olivier sale, assai erto:
in destra il viso affigge al fondo d’una
valle frondosa e vi affigura schiere
di Pagani avanzarzi, e Orlando chiama:
«D’inver la Spagna approssimarsi io veggo
moltitudin di armati. I nostri Franchi
atroce pugna avran. L’imperadore
a queste gole c’inviò per Grano
consigliator fellone. Ei ci ha traditi!»
E Orlando: «Taci. È mio padrigno. Io voglio
che non un motto qui di lui risuoni!»
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40. Oliviero è salito in cima a un poggio.
Il Reame di là scorge di Spagna
ben chiaramente, e l’adunazione
grande dei Saracin. Splendon gli elmetti
d’oro, gemmati, e l’opre del cesello
rifulgon su gli scudi e ne gli usberghi.
Tutto egli vede, ma non può le schiere
noverar: poi che sono innumerabili.
In sé stesso si accora a cotal vista;
ratto, come piú può, dismonta e ai Franchi
tosto si reca e tutto a lor racconta.
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41. Dice Olivier: «Tanti Pagani ho io visto
quanti nessun già mai su questa terra.
Que’ d’innanzi sono bene in cento mila;
portan lo scudo e l’elmo e il bianco usbergo.
Dritte son l’aste e lampeggianti al sole
i bruni spiedi. Avrem tale battaglia
quale già mai non fu. O voi, signori
di Francia, Dio vi dia forza ed ardire
per restar fermi in campo e aver vittoria!»
I Francesi rispondon: «Male detto
sia chi fugge. Signore, un sol de’ vostri
non fuggirà, gli costi anche la vita!»
41
42. Dice Olivier: «Le forze dei Pagani
formidabili son, s’io ben m’avvidi:
scarse le nostre assai. Compagno Orlando,
date fiato nel corno. Udrà re Carlo
e verso noi ritornerà con l’oste.
Risponde Orlando: «Tal consiglio è folle:
s’io suonassi per cotal gente il corno
ne perderei per Francia il mio buon nome.
Con la mia Durendal acerbi colpi
io menerò, sin che di sangue rossa
non sia la lama infino a l’or de l’elsa.
I Pagani fellon si pentiranno
d’esser venuti a queste gole. Tutti
quivi morran, ven faccio sacramento».
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43. «Compagno Orlando, deh! suonate il corno.
Udrà re Carlo, e verso noi con l’oste
ritornerà. Ci porterà soccorso
co’ suoi baroni». E Orlando: «Iddio non voglia
che per me infamia sul mio sangue caggia
e su la dolce mia terra di Francia!
Vo’ prima assai con Durendal oprare,
la buona spada che nel fianco ho cinta.
La vedrete di sangue invermigliata
in sino a l’elsa. La lor mala sorte
qui i fellon Pagan sospinse. Tutti
quivi morran. Ven faccio sacramento».
43
44. «Compagno Orlando, date fiato al corno!
L’udrà re Carlo nel passar le gole,
e i Franchi, per mia fe’, ritorneranno.»
«Non voglia Iddio», risponde il conte Orlando,
«che un solo uom possa dir che per Pagani
trassi a le labbra mie l’eburneo corno.
Per mia colpa già mai sul parentado
cadrà simile oltraggio. A la gran pugna
ferirò mille colpi e settecento;
grondar sangue vedrete il ferro mio.
Han saldo petto i Franchi, e con prodezza
combatteran. De i Saracin di Spagna
non uno solo camperà da morte».
44
45. Dice Olivier: «Non tengo il mio consiglio
meritevol di biasimo. Ben vidi
i Saracin di Spagna empir le valli,
coprire i monti, le pianure, i colli,
però che innumerabili le schiere
son di quelli stranier, poche le nostre.
Suonate il corno perché Carlo l’oda!»
E Orlando: «Cotal disuguaglianza
cresce appunto il mio ardir. Non piaccia a Dio
e a’ suoi angeli, e a’ santi, che per colpa
d’Orlando perda Francia il suo gran nome.
Prima la morte che l’infamia. Siamo
per bei colpi fedir da Carlo eletti».
45
46. È prode Orlando ed Olivier è saggio,
l’uno e l’altro valenti a maraviglia.
Ritti a cavallo, in arme, a l’inimico
non dan, per téma di morir, le spalle.
E saldo han braccio i Conti, e fieri spirti.
Con grande ira cavalcano i Pagani.
Dice Olivier, quei fellon additando
a Orlando: «Guardateli! Son presso
essi e di lungi è Carlo assai. L’eburneo
vostro corno suonare ahi! non degnaste,
e se qui fosse il Re salvi saremmo.
[…]
46
47. […]
Alzate il viso al monte in ver le foci
d’Aspra e mirate le dolenti schiere
del retroguardo. Esse non han salvezza
certo». Ed Orlando: «Basta con siffatte
indegne querimonie; ogni viltade
convien che qui sia morta. In campo fermi
e saldi, colpirem colpi tremendi»
47
48. Quando imminente vede esser la pugna
raddoppia Orlando il grande ardir; più fiero
di lione o lionpardo, i suoi francesi
spinge ed accende, e grida ad Oliviero
«Sire compagno, amico mio, non dite
questo già mai! L’Imperador che a noi
concesse queste schiere, vénti mila
guerrieri scelse, a suo consiglio, prodi
fra tutti i prodi suoi. Pel signor suo
ogni vassallo debbe esser disposto
a forti pene tollerar. Non dee
per gran freddo che soffra o gran calura
dolersi, o perchè sangue e carne perda.
[…]
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49. […]
Opra tu con la lancia, io con la spada,
la buona Durendal imperial dono:
s’io cadrò, chi sul campo la raccolga
potrà ben dire che impugnolla un prode».
49
50. Ed ecco l’arcivescovo Turpino.
Col suo caval spronando, un’erta sale
e da l’alto così parla a le turbe:
«Pari di Carlo, qui l’Imperadore
ci ha lasciati: per lui morir dobbiamo,
e per la fe’ di Cristo. Or lo vedete,
battaglia avremo ed aspra. Innanzi a voi
son i Pagani. Le peccata vostre
confessate contriti, a Dio pregando
mercé. Nel nome suo io ve ne assolvo
per la salvezza de le anime vostre.
[…]
50
51. […]
Se voi morrete, dal martirio assunti
sarete a l’alta pace». — I Franchi a quelle
parole del Pastor scendon le selle
e inginocchiàti quei li benedice,
e comanda di bei colpi fedire.
51
52. Leggiamo il testo
• la concezione dell’onore
• i personaggi: Rolando e Olivieri a confronto
– l’ardore e la saggezza
– il coraggio e la prudenza
…
52
53. … Il mondo dei valori
nella Chanson de Roland
Nella Canzone troviamo espressi i valori-
cardine del mondo feudale:
la fedeltà al sovrano e la lealtà verso il
proprio superiore quale trasposizione dei
legami di dipendenza personale del sistema
vassallatico;
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54. … Il mondo dei valori
nella Chanson de Roland
l’onore, il coraggio, l’eroismo guerriero,
fondamentali in un’epoca in cui la classe
dominante è formata da una grande e piccola
nobiltà il cui unico mestiere è quello delle
armi;
la fede e la difesa della religione di
Cristo in un’Europa che nella
contrapposizione al mondo degli “infedeli”
ritrova la propria identità culturale.
54