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LICEO LINGUISTICO EUROPEO paritario
                                   “Beata Vergine”
                                   D.M. 28.02.2001
                          Via F. Cavallotti, 25 – CREMONA
                          Tel. 0372/21285 – fax 0372/37898
                       e-mail: segreteriabeatavergine@gmail.com
                                http://www.beatavergine.it


                    Moduli di letteratura comparata:
               Letteratura Italiana e Letteratura Francese




      Le chevalier:
       l’héro du
      Moyen Âge
a cura delle
 prof.sse:
                 Giusy Rosato e Francesca
                         Savoini
Il Medioevo
Da dove deriva la parola “Medioevo”?
          Perché “medio”?


Quest’idea compare nel corso dello
 stesso Medioevo, soprattutto verso
 la fine del periodo, dapprima tra gli
 studiosi e gli artisti.

                                       2
…
Essi avvertono i secoli appena trascorsi – che per noi
 rappresentano il cuore del Medioevo – come:
 una sorta di intermezzo
 una transizione
 anche come un periodo oscuro, un tempo
  di declino se confrontato con quell’Antichità
  di cui avevano un’immagine idealizzata.
Vorrebbero ritrovare quest’antica civiltà, che
  ritengono più raffinata.

                                                     3
…

A nutrire un simile stato d’animo, tra la fine del
 ‘400 e l’inizio del ‘500, sono soprattutto
 alcuni letterati italiani, chiamati “umanisti”.

Per loro, l’uomo aveva maggiori qualità di quelle
 attribuitegli dalla fede cristiana medievale,
 che insisteva sul peso dei suoi peccati di
 fronte a Dio (de contemptu mundi).

                                                 4
…
C’è una seconda ragione. Il Settecento, il
 secolo dei Lumi, ha alimentato un’ondata di
 disprezzo contro gli uomini e la civiltà del
 Medioevo. L’immagine dominante era quella
 di un periodo oscurantista, in cui la fede in
 Dio (teocentrismo) schiacciava la ragione
 degli uomini.
Al tempo degli umanisti, come all’epoca dei
 Lumi, non si riusciva più a comprendere la
 bellezza e la grandezza dei secoli antichi.
                                             5
…dunque…
L’età “media” è quella che
  intercorre tra due periodi
  ritenuti più importanti, ossia
     l’Antichità (greco-romana)
                  e
l’Età Moderna, che inizia con il
             Rinascimento.
                               6
Il Medioevo
            Quanto è durato?

A scuola impariamo che il Cinquecento è il
 secolo del Rinascimento. Per il Seicento si
 parla spesso di età barocca. Il Settecento è
 il secolo dei Lumi.

E il Medioevo? Quando inizia e quando
 finisce?
                                            7
Il Medioevo
Il Medioevo è durato molto a lungo: almeno
   mille anni.

È vero, quando si parla del Medioevo, si
 pensa spesso al periodo che va dall’anno
 1000 al 1500, ma esso inizia almeno cinque
 secoli prima, prima dell’anno 500, dunque, nel
 corso del V sec. d.C.

                                              8
• 476 d.C. : l’ultimo imperatore romano viene
  cacciato da Roma e sostituito da un re
  barbaro, Odoacre: è la fine dell’Impero
  romano, ma, al di là di questo grande
  avvenimento politico, è la fine dell’Antichità.




                                                    9
Medioevo “lungo”
• Discussione aperta su quando termini il
  Medioevo.

 • 1492 (anno della scoperta dell’America)?
- Si apre un nuovo periodo: il “Rinascimento”
           - Inizio dell’età moderna


                   MA…
                                                10
…
• Per alcuni storici il Medioevo è durato in
  realtà sino alla fine del ‘700. Perché?
• È soltanto in quest’epoca che tre
  avvenimenti          verranno     a    cambiare
  radicalmente       la    vita    della  società
  (occidentale, europea):
1.la scienza, grazie all’uso di strumenti e
  metodi di ricerca sempre più precisi, fa
  registrare progressi straordinari;
                                                11
…
2. quindi – e si tratta di una conseguenza dei
   progressi realizzati nelle diverse scienze -
   verso la fine del Seicento si costruiscono e
   utilizzano macchine sempre più
   efficienti , si inventano tecniche di
   produzione sempre più veloci. Nel 1698
   viene costruita in Inghilterra la prima
   macchina a vapore. Insomma, è l’inizio di ciò
   che verrà chiamata la “rivoluzione
   industriale”.
                                                   12
…
3. Infine, vi sono le rivoluzioni politiche, in
  particolare, la Rivoluzione francese, vista
  come la vera svolta di della storia di Francia,
  d’Europa e persino del mondo: essa mette
  fine all’antico sistema politico, l’Antico
  Regime e al sistema chiamato “feudale”, che
  diventa il simbolo del Medioevo “cattivo”.



                                                    13
Il Medioevo “buono” e quello
               “cattivo”
Il Medioevo “cattivo”:
  - i signori opprimevano i contadini
  - la Chiesa era intollerante e sottoponeva gli spiriti indipendenti (eretici)
  ai rigori dell’Inquisizione, che praticava la tortura e prevedeva la morte sul
  rogo per i ribelli
  - le carestie erano frequenti e i poveri numerosi
  - si aveva paura, una paura irrazionale (le calamità naturali o le epidemie
  venivano interpretate, ad esempio, come punizione divina)


Il “bel” Medioevo (cfr. “storicismo” dei Romantici)
   - cavalieri, castelli, dame
  - cattedrali
  - arte romanica e gotica
  - colore (delle vetrate istoriate, ad esempio)
                                                                              14
15
Castello e Cattedrale
I due tipi di edifici che si sono imposti all’immaginario e
   che fanno tuttora parte dei simboli più rilevanti del
   Medioevo:
   1. castello = dimora dei cavalieri
   2. cattedrale = dimora di Dio, o più precisamente
       dei rappresentanti di Dio, ossia i vescovi
   Il castello proclama la potenza e il prestigio dei
       cavalieri;
   la cattedrale accresce il prestigio di Dio per il
       tramite del suo rappresentante, il vescovo.

                                                         16
17
18
Per quale motivo il castello e la cattedrale
           vengono associati?
Questi due tipi di edifici indicano per le
 persone colte come per il popolo la
 dimensione o la direzione dell’altezza.
              (Teocentrismo)
Nel Medioevo, la contrapposizione tra l’alto e
 il basso viene “proiettata nello spazio”: ciò
 significa che si costruiscono torri e mura
 molto alte, ben visibili, per mostrare che si
 vuole sfuggire al “basso”.
                                    
                                                 19
Manicheismo
   Dicotomie (contrapposizioni, antinomie)

• Alto    vs    basso
• Cielo vs      terra
• Spirito vs    materia
• Quaresima     vs Carnevale



                                             20
21
La società feudale
      Tripartizione della società cristiana
  (schema ereditato dal pensiero trifunzionale indoeuropeo )

                             Tre categorie:
    1. oratores (coloro che pregano, ovvero i chierici), che
                  rappresentano la funzione del sacro;
   2. bellatores (coloro che combattono, ossia i guerrieri),
             espressione della funzione della forza fisica;
3. laboratores (coloro che lavorano, ovvero i contadini e, più
      tardi, gli artigiani), che incarnano la funzione economica.



                                                               22
Laboratores
I lavoratori sono soggetti ai chierici e ai
  guerrieri, ma la loro presenza in questo
  schema esprime l’innalzamento del lavoro al
  livello dei valori, assicurato d’altro canto
  dall’esempio monastico.

Malgrado i suoi limiti, questa valorizzazione del
 lavoro è una delle caratteristiche dell’identità
 europea.

                                               23
La cultura nel Medioevo
• La cultura, lo studio ed il sapere
  erano importanti nel Medioevo?
Per la religione cristiana, gli uomini del
  Medioevo dovevano onorare Dio attraverso
  il sapere e la bellezza.
Tuttavia, erano principalmente i chierici a farsi carico
 di questo ideale e soprattutto nei monasteri e nelle
 chiese vi era la possibilità di seguire un
 insegnamento e di realizzare opere d’arte.

                                                      24
La cultura nel Medioevo:
appannaggio di un’élite
Per tutto l’Alto Medioevo la lingua scritta continuò
  ad essere il latino, tuttavia conosciuto da una
  cerchia sempre più ristretta d’intellettuali, quasi
  esclusivamente organici alla Chiesa (chierici).
Monasteri ed abbazie furono i luoghi in cui i libri
  venivano prodotti        (grazie all’attività degli
  amanuensi) e conservati, cosicché, nella divisione
  dei privilegi tra nobiltà e clero all’interno della
  società feudale, a quest’ultimo restò il monopolio
  della cultura.
                                                   25
Dal latino … … ai volgari
L’originaria unità linguistica e culturale creata
  dall’Impero romano si smarrì quando questo entrò
  nella fase di decadenza, per cui il latino, che era la
  lingua di Roma, cominciò a modificarsi assumendo
  caratteristiche diverse nelle varie regioni
  dell’Impero.
Le invasioni dei popoli germanici , che
  frantumarono l’Impero romano in una serie di regni
  romano-barbarici, accentuarono questo fenomeno,
  in quanto le varie regioni dell’ex-Impero non erano
  più unite nemmeno politicamente.
                                                      26
Dal latino … … ai volgari
Nelle province dell’ex-Impero si svilupparono così
 delle parlate locali che andarono gradualmente
 differenziandosi, fino a configurarsi come veri e
 propri idiomi distinti.




                                                27
Le lingue neo-latine o
              romanze
Dal latino, la lingua madre, essi derivarono la maggior parte del
 lessico, con alterazioni fonetiche e morfologiche, e l’impianto
 sintattico, con modifiche ancora più profonde. Perciò,
 questi idiomi furono detti lingue neolatine: tra
 queste, i volgari del sì in Italia, il volgare d’oil nella Francia
 settentrionale, il volgare d’oc nella Provenza, il portoghese, il
 castigliano e il catalano nella Penisola Iberica.

Venivano dette volgari perché erano parlate dal
 volgo, cioè dal popolo, un po’ come gli attuali
 dialetti.

                                                                 28
Le origini della letteratura
           italiana
La letteratura in volgare in Italia si affermò più
 tardi: a parte sporadici documenti in volgare,
 perlopiù atti notarili (Indovinello veronese,
 Placito capuano), alcuni dei quali anche
 anteriori al Mille, una vera e propria
 letteratura volgare in Italia si produsse solo a
 partire dal XIII sec. (Letteratura religiosa),
 mentre Oltralpe le prime opere in volgare si
 erano avute già sul finire dell’XI sec.

                                                29
…
Il motivo è da cercare nell’influenza esercitata
   sulla Penisola da entrambe le supreme
   istituzioni     universalistiche          del
   Medioevo:
             il Papato e l’Impero.
Di conseguenza, in Italia la letteratura in volgare fu
 molto   influenzata     dalla    letteratura     latina
 precedente, tanto che numerosi furono i rifacimenti e le
  volgarizzazioni di precedenti opere latine.
Ma, notevole fu anche l’influenza esercitata da
 alcune letterature romanze, soprattutto da quella
 provenzale e da quella in lingua d’oil .        30
La letteratura francese in
           Italia

Sia la lingua d’oc che quella d’oil
 vengono usate da poeti e
 letterati italiani, a testimonianza
 della loro ampia diffusione come
 modelli stilistici e tematici.

                                   31
…

L’esempio più celebre dell’ammirazione che gli
 scrittori medievali tributano alla letteratura
 francese di quel periodo è il canto XXVI del
 Purgatorio di Dante, in cui il poeta ritrae il
 trovatore provenzale Arnaut Daniel, definito
 “il miglior fabbro del parlar materno” (Purg.
 XXVI, v. 117).


                                             32
…
Il più noto dei poeti italiani che abbiano
   utilizzato la lingua d’oc per le loro opere è
   Sordello da Goito, anch’egli ricordato da
   Dante nel VI canto del Purgatorio.
Sordello è autore di poesie a tema amoroso e
   di un lungo componimento, il Pianto in morte
   di ser Blacatz (ca. 1237), elogio funebre di
   un signore protettore dei poeti, in cui a
   predominare è la tematica politico-morale.

                                              33
…
In lingua d’oil scrivono:
   - il poeta toscano Brunetto Latini (1220-1294), con il
   Trésor , una sorta di enciclopedia del sapere dell’epoca in
   tre libri, composta a partire da fonti classiche e medievali;
  - lo scrittore e viaggiatore Marco Polo (1254-1324), che
  nel Milione (1298) narra il suo lungo viaggio in Cina
  descrivendone usi, costumi, storia e geografia, in uno stile
  che oscilla tra il romanzesco e il trattatistico e che costituisce
  unas fonte di grande importanza per la conoscenza
  dell’Oriente medievale e della mentalità mercantile italiana
  del Duecento.



                                                                  34
La letteratura francese in lingua d’oil:
   Chansons de geste e romanzi cortese-
                   cavallereschi
Corrente della letteratura francese delle origini
 destinata a influenzare a fondo la cultura e la
 poesia in Italia, fino a Luigi Pulci, Matteo Maria
 Boiardo e Ludovico Ariosto.



È una letteratura scritta non in lingua d’oc (come la
 poesia provenzale), ma in lingua d’oil, perché nasce
 all’interno delle corti della Francia settentrionale,
 ed è legata agli schemi di una tipica istituzione
 feudale: la cavalleria.
                                                  35
…
Il cavaliere diventa figura primaria dell’esercito dei
   tempi di Carlo Magno. Costui promuove in modo
   strategico il cavaliere, concedendogli terre e
   privilegi, nonché lo statuto di nobiltà minore.

All’imperatore il cavaliere offre in cambio la propria
 lealtà, l’obbedienza, il coraggio e la capacità di
 sacrificio, in una sintesi della virtus classica
 e dei valori cristiani .



                                                    36
Il giullare
La letteratura in lingua d’oil è legata a un modo di diffusione
  più popolare rispetto alla poesia provenzale: non sono,
  infatti, i trovatori a declamare questi poemi nel chiuso delle
  corti, ma essi vengono piuttosto affidati a giullari e
  cantastorie che intrattengono il pubblico di città e paesi con
  le loro esibizioni in strade e piazze.




                                                              37
da La   Chanson de Roland


“Olivieri invita Rolando a suonare
               l’olifante”




                                     38
Sopra un poggio Olivier sale, assai erto:
in destra il viso affigge al fondo d’una
valle frondosa e vi affigura schiere
di Pagani avanzarzi, e Orlando chiama:
«D’inver la Spagna approssimarsi io veggo
moltitudin di armati. I nostri Franchi
atroce pugna avran. L’imperadore
a queste gole c’inviò per Grano
consigliator fellone. Ei ci ha traditi!»
E Orlando: «Taci. È mio padrigno. Io voglio
che non un motto qui di lui risuoni!»



                                              39
Oliviero è salito in cima a un poggio.
Il Reame di là scorge di Spagna
ben chiaramente, e l’adunazione
grande dei Saracin. Splendon gli elmetti
d’oro, gemmati, e l’opre del cesello
rifulgon su gli scudi e ne gli usberghi.
Tutto egli vede, ma non può le schiere
noverar: poi che sono innumerabili.
In sé stesso si accora a cotal vista;
ratto, come piú può, dismonta e ai Franchi
tosto si reca e tutto a lor racconta.



                                             40
Dice Olivier: «Tanti Pagani ho io visto
quanti nessun già mai su questa terra.
Que’ d’innanzi sono bene in cento mila;
portan lo scudo e l’elmo e il bianco usbergo.
Dritte son l’aste e lampeggianti al sole
i bruni spiedi. Avrem tale battaglia
quale già mai non fu. O voi, signori
di Francia, Dio vi dia forza ed ardire
per restar fermi in campo e aver vittoria!»
I Francesi rispondon: «Male detto
sia chi fugge. Signore, un sol de’ vostri
non fuggirà, gli costi anche la vita!»

                                                41
Dice Olivier: «Le forze dei Pagani
formidabili son, s’io ben m’avvidi:
scarse le nostre assai. Compagno Orlando,
date fiato nel corno. Udrà re Carlo
e verso noi ritornerà con l’oste.
Risponde Orlando: «Tal consiglio è folle:
s’io suonassi per cotal gente il corno
ne perderei per Francia il mio buon nome.
Con la mia Durendal acerbi colpi
io menerò, sin che di sangue rossa
non sia la lama infino a l’or de l’elsa.
I Pagani fellon si pentiranno
d’esser venuti a queste gole. Tutti
quivi morran, ven faccio sacramento».
                                            42
«Compagno Orlando, deh! suonate il corno.
Udrà re Carlo, e verso noi con l’oste
ritornerà. Ci porterà soccorso
co’ suoi baroni». E Orlando: «Iddio non voglia
che per me infamia sul mio sangue caggia
e su la dolce mia terra di Francia!
Vo’ prima assai con Durendal oprare,
la buona spada che nel fianco ho cinta.
La vedrete di sangue invermigliata
in sino a l’elsa. La lor mala sorte
qui i fellon Pagan sospinse. Tutti
quivi morran. Ven faccio sacramento».

                                                 43
«Compagno Orlando, date fiato al corno!
L’udrà re Carlo nel passar le gole,
e i Franchi, per mia fe’, ritorneranno.»
«Non voglia Iddio», risponde il conte Orlando,
«che un solo uom possa dir che per Pagani
trassi a le labbra mie l’eburneo corno.
Per mia colpa già mai sul parentado
cadrà simile oltraggio. A la gran pugna
ferirò mille colpi e settecento;
grondar sangue vedrete il ferro mio.
Han saldo petto i Franchi, e con prodezza
combatteran. De i Saracin di Spagna
non uno solo camperà da morte».

                                                 44
Dice Olivier: «Non tengo il mio consiglio
meritevol di biasimo. Ben vidi
i Saracin di Spagna empir le valli,
coprire i monti, le pianure, i colli,
però che innumerabili le schiere
son di quelli stranier, poche le nostre.
Suonate il corno perché Carlo l’oda!»
E Orlando: «Cotal disuguaglianza
cresce appunto il mio ardir. Non piaccia a Dio
e a’ suoi angeli, e a’ santi, che per colpa
d’Orlando perda Francia il suo gran nome.
Prima la morte che l’infamia. Siamo
per bei colpi fedir da Carlo eletti».

                                                 45
È prode Orlando ed Olivier è saggio,
l’uno e l’altro valenti a maraviglia.
Ritti a cavallo, in arme, a l’inimico
non dan, per téma di morir, le spalle.
E saldo han braccio i Conti, e fieri spirti.
Con grande ira cavalcano i Pagani.
Dice Olivier, quei fellon additando
a Orlando: «Guardateli! Son presso
essi e di lungi è Carlo assai. L’eburneo
vostro corno suonare ahi! non degnaste,
e se qui fosse il Re salvi saremmo.
[…]


                                               46
[…]
Alzate il viso al monte in ver le foci
d’Aspra e mirate le dolenti schiere
del retroguardo. Esse non han salvezza
certo». Ed Orlando: «Basta con siffatte
indegne querimonie; ogni viltade
convien che qui sia morta. In campo fermi
e saldi, colpirem colpi tremendi»




                                            47
Quando imminente vede esser la pugna
raddoppia Orlando il grande ardir; più fiero
di lione o lionpardo, i suoi francesi
spinge ed accende, e grida ad Oliviero
«Sire compagno, amico mio, non dite
questo già mai! L’Imperador che a noi
concesse queste schiere, vénti mila
guerrieri scelse, a suo consiglio, prodi
fra tutti i prodi suoi. Pel signor suo
ogni vassallo debbe esser disposto
a forti pene tollerar. Non dee
per gran freddo che soffra o gran calura
dolersi, o perchè sangue e carne perda.
[…]
                                               48
[…]
Opra tu con la lancia, io con la spada,
la buona Durendal imperial dono:
s’io cadrò, chi sul campo la raccolga
potrà ben dire che impugnolla un prode».




                                           49
Ed ecco l’arcivescovo Turpino.
Col suo caval spronando, un’erta sale
e da l’alto così parla a le turbe:
«Pari di Carlo, qui l’Imperadore
ci ha lasciati: per lui morir dobbiamo,
e per la fe’ di Cristo. Or lo vedete,
battaglia avremo ed aspra. Innanzi a voi
son i Pagani. Le peccata vostre
confessate contriti, a Dio pregando
mercé. Nel nome suo io ve ne assolvo
per la salvezza de le anime vostre.
[…]


                                           50
[…]
Se voi morrete, dal martirio assunti
sarete a l’alta pace». — I Franchi a quelle
parole del Pastor scendon le selle
e inginocchiàti quei li benedice,
e comanda di bei colpi fedire.




                                              51
Leggiamo il testo
• la concezione dell’onore


• i personaggi: Rolando e Olivieri a confronto
  – l’ardore e la saggezza
  – il coraggio e la prudenza


                           …
                                             52
… Il mondo dei valori
       nella Chanson de Roland
Nella Canzone troviamo espressi i valori-
 cardine del mondo feudale:

 la fedeltà al sovrano e la lealtà verso il
  proprio superiore quale trasposizione dei
  legami di dipendenza personale del sistema
  vassallatico;


                                           53
… Il mondo dei valori
        nella Chanson de Roland
 l’onore, il coraggio, l’eroismo guerriero,
  fondamentali in un’epoca in cui la classe
  dominante è formata da una grande e piccola
  nobiltà il cui unico mestiere è quello delle
  armi;
 la fede e la difesa della religione di
  Cristo       in    un’Europa        che nella
  contrapposizione al mondo degli “infedeli”
  ritrova la propria identità culturale.
                                             54

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L'epica medievale

  • 1. LICEO LINGUISTICO EUROPEO paritario “Beata Vergine” D.M. 28.02.2001 Via F. Cavallotti, 25 – CREMONA Tel. 0372/21285 – fax 0372/37898 e-mail: segreteriabeatavergine@gmail.com http://www.beatavergine.it Moduli di letteratura comparata: Letteratura Italiana e Letteratura Francese Le chevalier: l’héro du Moyen Âge a cura delle prof.sse: Giusy Rosato e Francesca Savoini
  • 2. Il Medioevo Da dove deriva la parola “Medioevo”? Perché “medio”? Quest’idea compare nel corso dello stesso Medioevo, soprattutto verso la fine del periodo, dapprima tra gli studiosi e gli artisti. 2
  • 3. … Essi avvertono i secoli appena trascorsi – che per noi rappresentano il cuore del Medioevo – come:  una sorta di intermezzo  una transizione  anche come un periodo oscuro, un tempo di declino se confrontato con quell’Antichità di cui avevano un’immagine idealizzata. Vorrebbero ritrovare quest’antica civiltà, che ritengono più raffinata. 3
  • 4. … A nutrire un simile stato d’animo, tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, sono soprattutto alcuni letterati italiani, chiamati “umanisti”. Per loro, l’uomo aveva maggiori qualità di quelle attribuitegli dalla fede cristiana medievale, che insisteva sul peso dei suoi peccati di fronte a Dio (de contemptu mundi). 4
  • 5. … C’è una seconda ragione. Il Settecento, il secolo dei Lumi, ha alimentato un’ondata di disprezzo contro gli uomini e la civiltà del Medioevo. L’immagine dominante era quella di un periodo oscurantista, in cui la fede in Dio (teocentrismo) schiacciava la ragione degli uomini. Al tempo degli umanisti, come all’epoca dei Lumi, non si riusciva più a comprendere la bellezza e la grandezza dei secoli antichi. 5
  • 6. …dunque… L’età “media” è quella che intercorre tra due periodi ritenuti più importanti, ossia l’Antichità (greco-romana) e l’Età Moderna, che inizia con il Rinascimento. 6
  • 7. Il Medioevo Quanto è durato? A scuola impariamo che il Cinquecento è il secolo del Rinascimento. Per il Seicento si parla spesso di età barocca. Il Settecento è il secolo dei Lumi. E il Medioevo? Quando inizia e quando finisce? 7
  • 8. Il Medioevo Il Medioevo è durato molto a lungo: almeno mille anni. È vero, quando si parla del Medioevo, si pensa spesso al periodo che va dall’anno 1000 al 1500, ma esso inizia almeno cinque secoli prima, prima dell’anno 500, dunque, nel corso del V sec. d.C. 8
  • 9. • 476 d.C. : l’ultimo imperatore romano viene cacciato da Roma e sostituito da un re barbaro, Odoacre: è la fine dell’Impero romano, ma, al di là di questo grande avvenimento politico, è la fine dell’Antichità. 9
  • 10. Medioevo “lungo” • Discussione aperta su quando termini il Medioevo. • 1492 (anno della scoperta dell’America)? - Si apre un nuovo periodo: il “Rinascimento” - Inizio dell’età moderna MA… 10
  • 11. … • Per alcuni storici il Medioevo è durato in realtà sino alla fine del ‘700. Perché? • È soltanto in quest’epoca che tre avvenimenti verranno a cambiare radicalmente la vita della società (occidentale, europea): 1.la scienza, grazie all’uso di strumenti e metodi di ricerca sempre più precisi, fa registrare progressi straordinari; 11
  • 12. … 2. quindi – e si tratta di una conseguenza dei progressi realizzati nelle diverse scienze - verso la fine del Seicento si costruiscono e utilizzano macchine sempre più efficienti , si inventano tecniche di produzione sempre più veloci. Nel 1698 viene costruita in Inghilterra la prima macchina a vapore. Insomma, è l’inizio di ciò che verrà chiamata la “rivoluzione industriale”. 12
  • 13. … 3. Infine, vi sono le rivoluzioni politiche, in particolare, la Rivoluzione francese, vista come la vera svolta di della storia di Francia, d’Europa e persino del mondo: essa mette fine all’antico sistema politico, l’Antico Regime e al sistema chiamato “feudale”, che diventa il simbolo del Medioevo “cattivo”. 13
  • 14. Il Medioevo “buono” e quello “cattivo” Il Medioevo “cattivo”: - i signori opprimevano i contadini - la Chiesa era intollerante e sottoponeva gli spiriti indipendenti (eretici) ai rigori dell’Inquisizione, che praticava la tortura e prevedeva la morte sul rogo per i ribelli - le carestie erano frequenti e i poveri numerosi - si aveva paura, una paura irrazionale (le calamità naturali o le epidemie venivano interpretate, ad esempio, come punizione divina) Il “bel” Medioevo (cfr. “storicismo” dei Romantici) - cavalieri, castelli, dame - cattedrali - arte romanica e gotica - colore (delle vetrate istoriate, ad esempio) 14
  • 15. 15
  • 16. Castello e Cattedrale I due tipi di edifici che si sono imposti all’immaginario e che fanno tuttora parte dei simboli più rilevanti del Medioevo: 1. castello = dimora dei cavalieri 2. cattedrale = dimora di Dio, o più precisamente dei rappresentanti di Dio, ossia i vescovi Il castello proclama la potenza e il prestigio dei cavalieri; la cattedrale accresce il prestigio di Dio per il tramite del suo rappresentante, il vescovo. 16
  • 17. 17
  • 18. 18
  • 19. Per quale motivo il castello e la cattedrale vengono associati? Questi due tipi di edifici indicano per le persone colte come per il popolo la dimensione o la direzione dell’altezza. (Teocentrismo) Nel Medioevo, la contrapposizione tra l’alto e il basso viene “proiettata nello spazio”: ciò significa che si costruiscono torri e mura molto alte, ben visibili, per mostrare che si vuole sfuggire al “basso”.    19
  • 20. Manicheismo Dicotomie (contrapposizioni, antinomie) • Alto vs basso • Cielo vs terra • Spirito vs materia • Quaresima vs Carnevale 20
  • 21. 21
  • 22. La società feudale Tripartizione della società cristiana (schema ereditato dal pensiero trifunzionale indoeuropeo ) Tre categorie: 1. oratores (coloro che pregano, ovvero i chierici), che rappresentano la funzione del sacro; 2. bellatores (coloro che combattono, ossia i guerrieri), espressione della funzione della forza fisica; 3. laboratores (coloro che lavorano, ovvero i contadini e, più tardi, gli artigiani), che incarnano la funzione economica. 22
  • 23. Laboratores I lavoratori sono soggetti ai chierici e ai guerrieri, ma la loro presenza in questo schema esprime l’innalzamento del lavoro al livello dei valori, assicurato d’altro canto dall’esempio monastico. Malgrado i suoi limiti, questa valorizzazione del lavoro è una delle caratteristiche dell’identità europea. 23
  • 24. La cultura nel Medioevo • La cultura, lo studio ed il sapere erano importanti nel Medioevo? Per la religione cristiana, gli uomini del Medioevo dovevano onorare Dio attraverso il sapere e la bellezza. Tuttavia, erano principalmente i chierici a farsi carico di questo ideale e soprattutto nei monasteri e nelle chiese vi era la possibilità di seguire un insegnamento e di realizzare opere d’arte. 24
  • 25. La cultura nel Medioevo: appannaggio di un’élite Per tutto l’Alto Medioevo la lingua scritta continuò ad essere il latino, tuttavia conosciuto da una cerchia sempre più ristretta d’intellettuali, quasi esclusivamente organici alla Chiesa (chierici). Monasteri ed abbazie furono i luoghi in cui i libri venivano prodotti (grazie all’attività degli amanuensi) e conservati, cosicché, nella divisione dei privilegi tra nobiltà e clero all’interno della società feudale, a quest’ultimo restò il monopolio della cultura. 25
  • 26. Dal latino … … ai volgari L’originaria unità linguistica e culturale creata dall’Impero romano si smarrì quando questo entrò nella fase di decadenza, per cui il latino, che era la lingua di Roma, cominciò a modificarsi assumendo caratteristiche diverse nelle varie regioni dell’Impero. Le invasioni dei popoli germanici , che frantumarono l’Impero romano in una serie di regni romano-barbarici, accentuarono questo fenomeno, in quanto le varie regioni dell’ex-Impero non erano più unite nemmeno politicamente. 26
  • 27. Dal latino … … ai volgari Nelle province dell’ex-Impero si svilupparono così delle parlate locali che andarono gradualmente differenziandosi, fino a configurarsi come veri e propri idiomi distinti. 27
  • 28. Le lingue neo-latine o romanze Dal latino, la lingua madre, essi derivarono la maggior parte del lessico, con alterazioni fonetiche e morfologiche, e l’impianto sintattico, con modifiche ancora più profonde. Perciò, questi idiomi furono detti lingue neolatine: tra queste, i volgari del sì in Italia, il volgare d’oil nella Francia settentrionale, il volgare d’oc nella Provenza, il portoghese, il castigliano e il catalano nella Penisola Iberica. Venivano dette volgari perché erano parlate dal volgo, cioè dal popolo, un po’ come gli attuali dialetti. 28
  • 29. Le origini della letteratura italiana La letteratura in volgare in Italia si affermò più tardi: a parte sporadici documenti in volgare, perlopiù atti notarili (Indovinello veronese, Placito capuano), alcuni dei quali anche anteriori al Mille, una vera e propria letteratura volgare in Italia si produsse solo a partire dal XIII sec. (Letteratura religiosa), mentre Oltralpe le prime opere in volgare si erano avute già sul finire dell’XI sec. 29
  • 30. … Il motivo è da cercare nell’influenza esercitata sulla Penisola da entrambe le supreme istituzioni universalistiche del Medioevo: il Papato e l’Impero. Di conseguenza, in Italia la letteratura in volgare fu molto influenzata dalla letteratura latina precedente, tanto che numerosi furono i rifacimenti e le volgarizzazioni di precedenti opere latine. Ma, notevole fu anche l’influenza esercitata da alcune letterature romanze, soprattutto da quella provenzale e da quella in lingua d’oil . 30
  • 31. La letteratura francese in Italia Sia la lingua d’oc che quella d’oil vengono usate da poeti e letterati italiani, a testimonianza della loro ampia diffusione come modelli stilistici e tematici. 31
  • 32. … L’esempio più celebre dell’ammirazione che gli scrittori medievali tributano alla letteratura francese di quel periodo è il canto XXVI del Purgatorio di Dante, in cui il poeta ritrae il trovatore provenzale Arnaut Daniel, definito “il miglior fabbro del parlar materno” (Purg. XXVI, v. 117). 32
  • 33. … Il più noto dei poeti italiani che abbiano utilizzato la lingua d’oc per le loro opere è Sordello da Goito, anch’egli ricordato da Dante nel VI canto del Purgatorio. Sordello è autore di poesie a tema amoroso e di un lungo componimento, il Pianto in morte di ser Blacatz (ca. 1237), elogio funebre di un signore protettore dei poeti, in cui a predominare è la tematica politico-morale. 33
  • 34. … In lingua d’oil scrivono: - il poeta toscano Brunetto Latini (1220-1294), con il Trésor , una sorta di enciclopedia del sapere dell’epoca in tre libri, composta a partire da fonti classiche e medievali; - lo scrittore e viaggiatore Marco Polo (1254-1324), che nel Milione (1298) narra il suo lungo viaggio in Cina descrivendone usi, costumi, storia e geografia, in uno stile che oscilla tra il romanzesco e il trattatistico e che costituisce unas fonte di grande importanza per la conoscenza dell’Oriente medievale e della mentalità mercantile italiana del Duecento. 34
  • 35. La letteratura francese in lingua d’oil: Chansons de geste e romanzi cortese- cavallereschi Corrente della letteratura francese delle origini destinata a influenzare a fondo la cultura e la poesia in Italia, fino a Luigi Pulci, Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto. È una letteratura scritta non in lingua d’oc (come la poesia provenzale), ma in lingua d’oil, perché nasce all’interno delle corti della Francia settentrionale, ed è legata agli schemi di una tipica istituzione feudale: la cavalleria.  35
  • 36. … Il cavaliere diventa figura primaria dell’esercito dei tempi di Carlo Magno. Costui promuove in modo strategico il cavaliere, concedendogli terre e privilegi, nonché lo statuto di nobiltà minore. All’imperatore il cavaliere offre in cambio la propria lealtà, l’obbedienza, il coraggio e la capacità di sacrificio, in una sintesi della virtus classica e dei valori cristiani . 36
  • 37. Il giullare La letteratura in lingua d’oil è legata a un modo di diffusione più popolare rispetto alla poesia provenzale: non sono, infatti, i trovatori a declamare questi poemi nel chiuso delle corti, ma essi vengono piuttosto affidati a giullari e cantastorie che intrattengono il pubblico di città e paesi con le loro esibizioni in strade e piazze. 37
  • 38. da La Chanson de Roland “Olivieri invita Rolando a suonare l’olifante” 38
  • 39. Sopra un poggio Olivier sale, assai erto: in destra il viso affigge al fondo d’una valle frondosa e vi affigura schiere di Pagani avanzarzi, e Orlando chiama: «D’inver la Spagna approssimarsi io veggo moltitudin di armati. I nostri Franchi atroce pugna avran. L’imperadore a queste gole c’inviò per Grano consigliator fellone. Ei ci ha traditi!» E Orlando: «Taci. È mio padrigno. Io voglio che non un motto qui di lui risuoni!» 39
  • 40. Oliviero è salito in cima a un poggio. Il Reame di là scorge di Spagna ben chiaramente, e l’adunazione grande dei Saracin. Splendon gli elmetti d’oro, gemmati, e l’opre del cesello rifulgon su gli scudi e ne gli usberghi. Tutto egli vede, ma non può le schiere noverar: poi che sono innumerabili. In sé stesso si accora a cotal vista; ratto, come piú può, dismonta e ai Franchi tosto si reca e tutto a lor racconta. 40
  • 41. Dice Olivier: «Tanti Pagani ho io visto quanti nessun già mai su questa terra. Que’ d’innanzi sono bene in cento mila; portan lo scudo e l’elmo e il bianco usbergo. Dritte son l’aste e lampeggianti al sole i bruni spiedi. Avrem tale battaglia quale già mai non fu. O voi, signori di Francia, Dio vi dia forza ed ardire per restar fermi in campo e aver vittoria!» I Francesi rispondon: «Male detto sia chi fugge. Signore, un sol de’ vostri non fuggirà, gli costi anche la vita!» 41
  • 42. Dice Olivier: «Le forze dei Pagani formidabili son, s’io ben m’avvidi: scarse le nostre assai. Compagno Orlando, date fiato nel corno. Udrà re Carlo e verso noi ritornerà con l’oste. Risponde Orlando: «Tal consiglio è folle: s’io suonassi per cotal gente il corno ne perderei per Francia il mio buon nome. Con la mia Durendal acerbi colpi io menerò, sin che di sangue rossa non sia la lama infino a l’or de l’elsa. I Pagani fellon si pentiranno d’esser venuti a queste gole. Tutti quivi morran, ven faccio sacramento». 42
  • 43. «Compagno Orlando, deh! suonate il corno. Udrà re Carlo, e verso noi con l’oste ritornerà. Ci porterà soccorso co’ suoi baroni». E Orlando: «Iddio non voglia che per me infamia sul mio sangue caggia e su la dolce mia terra di Francia! Vo’ prima assai con Durendal oprare, la buona spada che nel fianco ho cinta. La vedrete di sangue invermigliata in sino a l’elsa. La lor mala sorte qui i fellon Pagan sospinse. Tutti quivi morran. Ven faccio sacramento». 43
  • 44. «Compagno Orlando, date fiato al corno! L’udrà re Carlo nel passar le gole, e i Franchi, per mia fe’, ritorneranno.» «Non voglia Iddio», risponde il conte Orlando, «che un solo uom possa dir che per Pagani trassi a le labbra mie l’eburneo corno. Per mia colpa già mai sul parentado cadrà simile oltraggio. A la gran pugna ferirò mille colpi e settecento; grondar sangue vedrete il ferro mio. Han saldo petto i Franchi, e con prodezza combatteran. De i Saracin di Spagna non uno solo camperà da morte». 44
  • 45. Dice Olivier: «Non tengo il mio consiglio meritevol di biasimo. Ben vidi i Saracin di Spagna empir le valli, coprire i monti, le pianure, i colli, però che innumerabili le schiere son di quelli stranier, poche le nostre. Suonate il corno perché Carlo l’oda!» E Orlando: «Cotal disuguaglianza cresce appunto il mio ardir. Non piaccia a Dio e a’ suoi angeli, e a’ santi, che per colpa d’Orlando perda Francia il suo gran nome. Prima la morte che l’infamia. Siamo per bei colpi fedir da Carlo eletti». 45
  • 46. È prode Orlando ed Olivier è saggio, l’uno e l’altro valenti a maraviglia. Ritti a cavallo, in arme, a l’inimico non dan, per téma di morir, le spalle. E saldo han braccio i Conti, e fieri spirti. Con grande ira cavalcano i Pagani. Dice Olivier, quei fellon additando a Orlando: «Guardateli! Son presso essi e di lungi è Carlo assai. L’eburneo vostro corno suonare ahi! non degnaste, e se qui fosse il Re salvi saremmo. […] 46
  • 47. […] Alzate il viso al monte in ver le foci d’Aspra e mirate le dolenti schiere del retroguardo. Esse non han salvezza certo». Ed Orlando: «Basta con siffatte indegne querimonie; ogni viltade convien che qui sia morta. In campo fermi e saldi, colpirem colpi tremendi» 47
  • 48. Quando imminente vede esser la pugna raddoppia Orlando il grande ardir; più fiero di lione o lionpardo, i suoi francesi spinge ed accende, e grida ad Oliviero «Sire compagno, amico mio, non dite questo già mai! L’Imperador che a noi concesse queste schiere, vénti mila guerrieri scelse, a suo consiglio, prodi fra tutti i prodi suoi. Pel signor suo ogni vassallo debbe esser disposto a forti pene tollerar. Non dee per gran freddo che soffra o gran calura dolersi, o perchè sangue e carne perda. […] 48
  • 49. […] Opra tu con la lancia, io con la spada, la buona Durendal imperial dono: s’io cadrò, chi sul campo la raccolga potrà ben dire che impugnolla un prode». 49
  • 50. Ed ecco l’arcivescovo Turpino. Col suo caval spronando, un’erta sale e da l’alto così parla a le turbe: «Pari di Carlo, qui l’Imperadore ci ha lasciati: per lui morir dobbiamo, e per la fe’ di Cristo. Or lo vedete, battaglia avremo ed aspra. Innanzi a voi son i Pagani. Le peccata vostre confessate contriti, a Dio pregando mercé. Nel nome suo io ve ne assolvo per la salvezza de le anime vostre. […] 50
  • 51. […] Se voi morrete, dal martirio assunti sarete a l’alta pace». — I Franchi a quelle parole del Pastor scendon le selle e inginocchiàti quei li benedice, e comanda di bei colpi fedire. 51
  • 52. Leggiamo il testo • la concezione dell’onore • i personaggi: Rolando e Olivieri a confronto – l’ardore e la saggezza – il coraggio e la prudenza … 52
  • 53. … Il mondo dei valori nella Chanson de Roland Nella Canzone troviamo espressi i valori- cardine del mondo feudale:  la fedeltà al sovrano e la lealtà verso il proprio superiore quale trasposizione dei legami di dipendenza personale del sistema vassallatico; 53
  • 54. … Il mondo dei valori nella Chanson de Roland  l’onore, il coraggio, l’eroismo guerriero, fondamentali in un’epoca in cui la classe dominante è formata da una grande e piccola nobiltà il cui unico mestiere è quello delle armi;  la fede e la difesa della religione di Cristo in un’Europa che nella contrapposizione al mondo degli “infedeli” ritrova la propria identità culturale. 54