Medicina generale (MMG) integrazione e continuità in Europa
1. FRANCO PESARESI
Medicina generale
(MMG), integrazione e
continuità in Europa
[Digitare il sottotitolo del documento]
Utente
2001
ESTRATTO DA “RAPPORTO SANITÀ 2001”
2. MEDICINA GENERALE , INTEGRAZIONE E CONTINUITA IN
EUROPA’1
Franco Pesaresi
L’Organizzazione Mondiale dei Collegi, delle Accademie e delle Associazioni Accademiche
Nazionali dei Medici di Medicina Generale/Medici di Famiglia (WONCA), in un documento del
1991 (Wonca, 1991) , definisce il medico di medicina generale come colui che fornisce assistenza
sanitaria globale a ogni singolo individuo che la richiede, e che organizza l’intervento di altre figure
professionali quando lo ritiene necessario. Dunque le funzioni principali della figura del Medico di
medicina generale sono due; innanzitutto l’assistenza globale intesa non solo come cura ma
comprendendo anche la prevenzione, la promozione della salute, la riabilitazione ad ognuno senza
limitarsi ad un singolo atto di cura ma dando continuità alla assistenza. L’altra grande funzione
riguarda l’impegno di mettere a disposizione dei singoli individui e dei diversi nuclei familiari le
diverse risorse della sanità assicurando l’integrazione dei servizi di medicina generale con il sistema
sanitario nel suo complesso. Il medico di medicina generale riveste dunque un ruolo centrale
nell’assistenza primaria; un ruolo che lo mette in condizione di poter utilizzare o dialogare con le
altre risorse della sanità e con i servizi sociali al fine di assistere in modo appropriato i propri
pazienti. Il compito di questo capitolo è quello di approfondire proprio questi ultimi aspetti, quelli
dell’integrazione e della continuità dell’assistenza nel lavoro del Medico di medicina generale
(MMG).
1. Il lavoro di gruppo.
Il compito e la funzione del medico di medicina generale è centrale nell’assistenza primaria ma
molto spesso l’assistenza ai pazienti richiede il coinvolgimento delle competenze specifiche di altri
professionisti. Il medico di medicina generale deve riconoscere l’importanza del lavoro di gruppo e
favorirlo riconoscendo la capacità e il ruolo dei colleghi e degli altri operatori sanitari. Il
funzionamento dell’équipe dipende soprattutto dalla qualità delle relazioni tra i diversi membri del
gruppo; da questo punto di vista è necessario che tutti i membri del gruppo sappiano riconoscere
quelle circostanze in cui il giudizio collegiale deve essere anteposto all’autonomia professionale di
ciascuno. I mutamenti nelle condizioni di salute della popolazione e la crescente specializzazione
medica rendono sempre più importante il lavoro di gruppo e il coordinamento del lavoro
assistenziale che dovrà essere svolto da operatori sanitari e sociali in misura e qualità indicata dalle
necessità specifiche della popolazione assistita.
Quando il lavoro di gruppo è possibile l’attività del Medico di medicina generale si può estendere e
diventa più efficace raggiungendo altri territori come quello della prevenzione. Da questo punto di
vista può essere interessante rammentare che cosa prevedeva il contratto del 1990 dei General
Practitioners inglesi:
la sorveglianza della salute dei bambini al di sotto dei 5 anni con un protocollo di visite
periodiche;
visita di controllo generale (con invito scritto a presentarsi) per tutti i nuovi iscritti del
medico entro un mese dall’iscrizione;
visita e analisi delle urine (con invito scritto a presentarsi) per i pazienti non visti da più di
tre anni;
1
Estratto da “Integrazione e continuità delle cure” di Franco Pesaresi, in Falcitelli N., Trabucchi M., Vanara F. (a cura
di) “Rapporto sanità 2001”, Il Mulino, Bologna, 2001.
2
3. visite periodiche domiciliari alle persone con più di 75 anni (eseguite anche da infermiere
esperte);
incentivi economici se si raggiungono determinati livelli di copertura vaccinale dei bambini
e di partecipazione degli adulti agli screening (come quello della citologia vaginale)
(Maciocco et al., 1995, Garattini L., 1993).
2. La collaborazione con l’infermiere di distretto e con gli operatori sociali
Il rapporto fra il medico di medicina generale e l’infermiere di distretto è molto più sviluppato che
non quello con i medici ospedalieri; circa i due terzi dei medici di famiglia europei dichiarano di
avere incontri almeno mensili con l’infermiere di distretto. In alcune nazioni come la Croazia, la
Finlandia, l’Islanda, la Lituania, la Polonia, il Portogallo, il Regno Unito e la Svezia tali contatti
coinvolgono quasi tutti i medici di medicina generale. Decisamente episodici invece risultano essere
in Danimarca, in Italia e in Spagna (cfr. tab.1).
Tab. 1 – Attività del medico di medicina generale in Europa. Alcuni indicatori di integrazione
e continuità assistenziale.
Paese Gatekeeper Percentuale di medici di medicina generale che si
incontrano almeno una volta al mese con
Specialisti Infermiere di Operatori sociali
ospedalieri distretto
Austria No 54 58 14
Belgio No 49 38 12
Bulgaria No 42 57 4
Croazia Si 12 86 21
Danimarca Si 6 26 7
Estonia No 32 48 22
Finlandia No 31 98 47
Francia No 45 60 12
Germania No 65 78 18
Grecia No 52 42 35
Irlanda Si 13 52 9
Islanda Si 31 84 17
Italia Si 47 30 12
Lettonia No 39 54 7
Lituania No 46 90 13
Lussemburgo No 46 43 46
Norvegia Si 6 58 16
Olanda Si 29 43 25
Polonia No 50 87 47
Portogallo Si 35 83 25
Regno Unito Si 32 89 24
Rep. Ceca No 30 58 24
Romania No 25 79 49
Slovenia Si 4 59 9
Spagna Si 9 18 31
Svezia No 16 93 10
Svizzera No 72 66 19
Ungheria No 43 65 51
Fonte: nostra elaborazione su dati Boerma (1998).
3
4. Per la presa in carico globale del paziente il rapporto con i servizi sociali e la integrazione con essi
costituiscono elementi di qualità dell’assistenza ed un passaggio indispensabile per garantire la
continuità e la completezza della stessa. Purtroppo i contatti tra gli operatori sociali e i medici di
famiglia sono i più diluiti rispetto a qualunque altra figura trattata: mediamente meno di un quarto
dei medici europei ha costantemente questo tipo di contatti, ancora più rari sono quelli
interdisciplinari dove partecipano oltre agli operatori sociali anche gli infermieri di distretto
(presenti significativamente in Finlandia, Svezia, Islanda, Regno Unito e Croazia). I rapporti fra
medici di famiglia ed operatori sociali coinvolgono circa la metà dei medici in Finlandia,
Lussemburgo, Polonia, Romania e Ungheria; negli altri casi sono assai più modesti fino ad essere
sostanzialmente assenti in Bulgaria, Danimarca, Irlanda, Lettonia e Slovenia (cfr. tab.1).
3. I rapporti con gli specialisti e il ruolo di “gatekeeper”
La mancanza di coordinamento e di collaborazione tra gli operatori sanitari che operano in aree
delimitate può portare ad interrompere la continuità e a ridurre l’efficacia dell’assistenza attraverso
la duplicazione degli sforzi. Questo può accadere per l’esistenza di una struttura organizzativa
assistenziale frammentata, per le rivalità professionali, per il peso assegnato alle differenze relative
allo status professionale e per la mancanza o l’inadeguatezza di canali informativi fra i vari
professionisti e le varie strutture.
Il coordinamento dell’attività degli operatori sanitari invece significa:
un’adeguata collaborazione tra i professionisti che erogano i servizi;
la multidisciplinarietà del lavoro di gruppo nell’assistenza primaria con il pieno
coinvolgimento di figure professionali quali le infermiere, gli operatori sociali, i
fisioterapisti, gli operatori psichiatrici e le ostetriche. Anche il personale ausiliario dovrebbe
essere coinvolto in aree dell’attività clinica;
circolazione delle informazioni tra operatori per la continuità e l’integrazione delle cure e tra
gli utenti sui servizi disponibili, sia nell’ambito della sanità che in quello sociale e delle
organizzazioni di volontariato (come i gruppi di autoassistenza).
Queste indicazioni potranno sembrare delle ovvietà ma, in realtà, nella maggior parte dei paesi
manca questa collaborazione e questi canali di informazione permanentemente aperti. Pochi hanno
un sistema integrato. Così può accadere, in un paese molto apprezzato dal punto di vista sanitario
come la Francia, che un paziente vada direttamente da uno specialista senza passare dal medico di
medicina generale o che ci vada dopo il suggerimento del medico di famiglia, senza che poi
avvenga alcuna comunicazione fra i due professionisti.
“Questo significa che non esiste né una richiesta di parere da parte del medico di medicina generale,
né collaborazione per la gestione a lungo termine del paziente, che potrebbe riguardare sia il medico
che lo specialista. L’autonomia professionale rappresenta un notevole ostacolo al razionale sviluppo
di un servizio sanitario integrato, quando si tratta dell’autonomia di singoli sottogruppi “(Boerma, 1998).
Anche per questo molti paesi sono alla ricerca di un sistema assistenziale integrato con una forte
organizzazione di assistenza primaria con al centro il medico di medicina generale che abbia reali
poteri di coordinamento e quindi dell’autorità necessaria per svolgere la funzione di “gatekeeper”
nei confronti dell’assistenza secondaria.
Il Medico di Medicina Generale “gatekeeper” è dunque quello che, in un sistema sanitario,
autorizza l’accesso agli specialisti e alle altre cure, filtrandone l’accesso che diversamente sarebbe
indiscriminato. Mancando questa azione di selezione che viene operata dal MMG i pazienti che
vanno dagli specialisti sarebbero più indefiniti e con esigenze diversissime mentre con l’azione di
selezione verrebbero indirizzate solo le persone che presumibilmente hanno davvero bisogno di
prestazioni specialistiche effettuate dal professionista con le competenze giuste.
4
5. Il primo aspetto è dunque quello di rafforzare il ruolo di coordinatore dell’assistenza del medico di
medicina generale. Naturalmente questo ruolo deve essere esclusivo per essere efficace nel senso
che non si può assegnarlo ai MMG e nello stesso tempo permettere ai pazienti la possibilità di un
accesso diretto all’assistenza secondaria. “Questo ruolo può essere definito in diversi modi. Il primo
riguarda l’osservanza dell’obbligo di richiesta di consulto per il passaggio dall’assistenza primaria a
quella secondaria; questa clausola è presente ed efficace sia nel Regno Unito che nei Paesi Bassi,
dove è rispettata in modo totale nell’ambito dei servizi sanitari pubblici, e in modo sostanzioso
nell’ambito privato. Spagna e Danimarca presentano una situazione analoga, anche se alcuni servizi
specialistici sono direttamente accessibili da parte dei pazienti. In Belgio e Francia il sistema è
totalmente diverso, e i pazienti possono sempre rivolgersi direttamente ad uno specialista“ (Boerma,
1998) . Anzi, in Francia, i pazienti tendono sempre a farsi visitare da uno specialista piuttosto che da
un medico generico. E’ l’organizzazione dei servizi a favorire questa tendenza. Ciò che conta per
l’utente è la sua percezione del servizio, la disponibilità di tecnologia e il costo delle prestazioni.
Questo ultimo aspetto conta poco nelle scelte dei pazienti francesi perché le tariffe sono determinate
dalla contrattazione nazionale fra le parti e non dal libero mercato. Contano gli altri due elementi
che favoriscono gli specialisti perché possono fornire prestazioni a più alto contenuto tecnologico
per la maggiore dotazione di apparecchiature. Inoltre, i pazienti percepiscono la prestazione dello
specialista come di maggiore qualità. Uno degli elementi maggiormente sentiti dai pazienti è il
tempo che viene dedicato loro in occasione delle visite. Gli specialisti beneficiando di tariffe più
elevate rispetto ai medici generici, possono dedicare maggiore attenzione ai loro assistiti e
conquistare così anche il loro maggior apprezzamento (Garattini L., 1998) .
Anche in Germania gli specialisti ambulatoriali vengono contattati direttamente dal paziente senza
necessità di invio da parte del medico di medicina generale. Ma non solo; tra medico specialista e
medico di medicina generale sono presenti steccati nettissimi. Il che è un po’ la caratteristica della
Germania. Il medico generico non può fare attività specialistica e lo specialista non può fare attività
ambulatoriale generica. Il sistema che è permeato da forti caratteristiche di corporativismo limita la
concorrenza ed assicura a ciascun gruppo la possibilità di sfruttare le rendite di posizione. Questa
impostazione pervade un po’ tutta la normativa di settore tanto che è vietata la costituzione di studi
associati fra medici specialisti e medici generici; il medico può esercitare solo individualmente o
con medici specializzati nella medesima branca, il che rende assai difficile la costituzione di studi
associati. Si comprende bene come questa organizzazione ostacoli la crescita della qualità delle
prestazioni e della produttività che potrebbero generarsi dalla collaborazione fra le differenti
discipline specialistiche (Onetti A., 1995) .
Questo richiede processi politici e culturali molto complessi; in diversi paesi la posizione dei medici
di famiglia è più debole di quella degli specialisti quando non è addirittura screditata da bassa stima
e modesta preparazione come accade in molti paesi dell’Europa Orientale. Non va neanche
sottovalutata la difficoltà di comunicazione di due diverse professionalità che sono a volte tentate
dalla competizione mentre dovrebbero sentirsi complementari ed integrate ed avere dunque canali
di comunicazione sempre attivati.
La funzione di “gatekeeper” per l’accesso alla assistenza specialistica viene esercitata in Europa
solo da una dozzina di paesi, come viene evidenziato nella tab.1. La funzione di “gatekeeper” non
viene prevista in nessun paese dell’Europa orientale più interna dove, inoltre, non viene ancora
prevista l’integrazione fra i servizi che continuano ad essere separati per settori non comunicanti
(assistenza ai bambini, alle donne e agli adulti); inoltre la formazione dei medici sembra rendere
ancora lontano il momento della realizzazione di questo passaggio.
Ciò che è importante nell’invio di un paziente allo specialista da parte del medico di medicina
generale è anche il passaggio di ritorno dall’assistenza secondaria a quella primaria. Questa
possibilità che lo specialista dia indicazioni al medico di medicina generale così da garantire la
continuità della cura è assai improbabile se la scelta di rivolgersi a uno specialista non è stata
suggerita da un medico di primo livello.
5
6. Non bisogna dimenticare che i rapporti professionali fra il medico di medicina generale e lo
specialista non dipendono dal caso o dalla simpatia di ognuno ma dalle regole che governano il
settore, dalle modalità di pagamento del medico di medicina generale e dalle modalità di accesso
agli specialisti. Il passaggio dall’assistenza primaria a quella specialistica o secondaria può avvenire
nelle seguenti quattro modalità, tutte influenzate o meno dalla presenza del “gatekeeper”:
1. il medico di medicina generale è l’unico “gatekeeper”; questo modello è applicato in
Danimarca, Italia, Olanda e Regno Unito;
2. l’accesso alla assistenza secondaria può essere disposto non solo dal medico di medicina
generale ma anche da altri operatori come i pediatri, i ginecologi, le ostetriche ecc.; questo
modello è applicato in Spagna;
3. il controllo è esercitato dai funzionari che regolano il flusso dei pazienti a un determinato
specialista nell’ambito dell’ospedale. Con questo sistema il cittadino, di fatto, ha libertà di
accesso agli specialisti che operano a livello ambulatoriale ; questo modello è applicato in
Germania;
4. non esiste alcun tipo di controllo.
“Per motivi pratici, il ruolo di “gatekeeper” funziona solo nel primo e nel secondo modello, e
solamente in queste realtà il medico di medicina generale può esercitare funzioni di coordinamento
e assicurare la continuità dell’assistenza. I diversi metodi di accesso hanno ripercussioni sia sul
carico di lavoro che sulla prevalenza delle diverse patologie trattate sia dai medici di medicina
generale che dagli specialisti. Questi aspetti a loro volta condizionano i costi dell’assistenza, le
regole amministrative del servizio sanitario e la comunicazione tra i diversi medici che assistono i
singoli pazienti “(Boerma, 1998) .
Per fare degli esempi concreti, quando è il medico di medicina generale ad inviare il paziente dallo
specialista, questo lo farà dopo aver selezionato i pazienti per cui arriveranno allo specialista solo
alcuni e presumibilmente quelli più complessi. Ma questo può accadere se ci sono delle regole che
lo prevedono e se i medici di medicina generale sono incentivati a seguire questo percorso perché
viceversa potrebbero subire le pressioni di tutti i pazienti ed inviarli tutti allo specialista. Occorre
quindi competenza, che serve a selezionare i pazienti, ma anche un sistema di remunerazione che
favorisca questo sistema. La logica ci dice che se il medico viene pagato a prestazione (come in
Belgio, in Francia, in Germania, in Svizzera) sarà poco interessato ad inviare i casi allo specialista;
viceversa, in un sistema che paga il medico di medicina generale per quota capitaria (come in Italia
e per buona parte in Danimarca, in Irlanda e in Olanda), ci può essere la tentazione a rinviare un
numero ingiustificato ed eccessivo di pazienti dallo specialista. Quando invece i costi
dell’assistenza specialistica gravano sulle risorse dell’assistenza primaria e quindi sulle risorse da
destinare ai medici di medicina generale, come nel caso del Regno Unito, l’accesso all’assistenza
specialistica può avvenire tendenzialmente in condizioni di effettiva necessità.
La funzione del “gatekeeper” è molto importante anche dal punto di vista del controllo della spesa
economica in quanto crea le condizioni affinché vengano erogate al paziente le cure e le procedure
diagnostiche proporzionate ed appropriate rispetto alle necessità e al livello assistenziale più
opportuno compresa l’erogazione diretta della cura da parte del MMG.
Queste argomentazioni stanno portando, a livello europeo, ad un aumento delle nazioni che
prevedono la funzione di “gatekeeper”.
Nel rapporto con gli specialisti occorre inoltre rammentare che cambiano, nei vari paesi, le funzioni
del MMG proprio in relazione ad alcune attività specialistiche. Nei paesi mediterranei, per
esempio, l’ostetricia e ginecologia, la pediatria e l’oculistica sono normalmente delegati ad altri
specialisti mentre in Gran Bretagna, Olanda e nei paesi scandinavi i Medici di medicina generale
seguono interamente le gravidanze sia nei loro aspetti ostetrici che internistici e, spesso, sono
responsabili anche del parto, in collaborazione con le ostetriche. Lo sviluppo massimo di questa
attività si registra in Olanda dove un terzo dei parti avviene in casa ed un quinto in clinica ma con
l’ausilio della ostetrica e del medico di medicina generale. Ma le difformità non si registrano solo in
questi settori; ci sono paesi in cui il MMG esegue normalmente piccoli interventi di chirurgia (in
6
7. Inghilterra possono farlo i MMG che sono iscritti nella lista per la chirurgia minore), appronta un
apparecchio gessato per fratture o distorsioni oppure gestisce direttamente la maggior parte dei casi
di ictus cerebrale, di ipertiroidismo, di cardiopatia ad alta prevalenza o di ipertensione mentre è
noto che in altri paesi questo non si registra quasi mai (Maciocco et al., 1995, Garattini L., 1993).
4. I contatti con l’ospedale
E’ molto raro in Europa che i Medici di medicina generale abbiano la possibilità di accesso negli
ospedali anche perché solitamente viene richiesta una formazione specifica per poter utilizzare
direttamente le strutture ospedaliere.
“Negli Stati Uniti, ad esempio, è normale che i medici di medicina generale gestiscano i propri
pazienti nelle unità di terapia intensiva coronarica ed effettuino interventi chirurgici come ad
esempio le appendicectomie. Nel Regno Unito, alcuni medici di medicina generale avevano la
possibilità di accedere agli ospedali, soprattutto in quelli precedentemente denominati “cottage
hospital”. Si trattava di piccoli ospedali generali dislocati soprattutto in aree rurali, dedicati
fondamentalmente all’assistenza geriatria e non intensiva. In Finlandia e Croazia, alcuni tra i
poliambulatori più grandi hanno la possibilità di ricoverare i pazienti in piccoli reparti” (Boerma,
1998). In Germania esiste una separazione molto netta fra cure mediche ambulatoriali e cure
ospedaliere. Addirittura la legge impedisce agli ospedali di organizzare dei poliambulatori al loro
interno e agli stessi medici ospedalieri di esercitare al di fuori dei presidi di appartenenza. I medici
ospedalieri possono erogare assistenza di tipo ambulatoriale solo in casi di emergenza o quando
l’associazione dei medici ambulatoriali giudichi insufficiente l’assistenza ambulatoriale in una certa
area e solo in quella. L’attività specialistica ambulatoriale e i servizi medici di base sono dunque
prerogativa esclusiva dei medici ambulatoriali generici e specialisti. Come si può ben comprendere
questa separazione molto netta, figlia del forte corporativismo presente, è causa di grandi
inefficienze del sistema e si scarica sulla qualità dell’assistenza al paziente che ne esce
estremamente frammentata. Il primo effetto che questo produce è il prolungamento della degenza
media ospedaliera. Infatti ad ogni nuovo ricovero si effettuano nuovamente sul paziente gli esami
radiologici e di laboratorio già realizzati ambulatorialmente. La diffidenza ospedale/territorio si
protrae anche per il follow-up post-degenza; il medico ospedaliero scollegato dal medico
territoriale e diffidando di esso preferisce seguire direttamente la fase del controllo medico
preferendo proseguire o riconvocare il paziente in regime di degenza presso l’ospedale per gli
approfondimenti clinici; degenza che si potrebbe tranquillamente evitare in un sistema di relazioni
funzionanti e più flessibile (Onetti A., 1995) .
In altri casi il medico di medicina generale, per mantenere la continuità della cura e per fornire
sostegno ai propri pazienti, li visita anche nel corso delle degenze ospedaliere, anche se non ha
alcuna possibilità di gestire clinicamente il malato ospedalizzato. I tre quarti circa dei medici in
Olanda e in Belgio e la maggioranza in Portogallo e Romania sono soliti visitare i propri pazienti
in ospedale. Questa modalità appare poco frequente negli altri paesi (Boerma, 1998) .
I contatti con i medici ospedalieri invece sono senz’altro superiori rispetto alle possibilità di
intervenire all’interno dell’ospedale ma ancora decisamente troppo episodici e insufficienti. Si
segnala però come un fatto positivo che la maggioranza dei medici di medicina generale della
Svizzera, della Germania, dell’Austria, della Grecia e della Polonia hanno dichiarato, in una
indagine europea sul profilo professionale del medico di medicina generale (Boerma, 1998) di
effettuare incontri almeno mensili con gli specialisti ospedalieri (cfr. tab. 1). Ma nel complesso, in
Europa, solo un terzo dei medici di famiglia ha questa possibilità peraltro non certo esaustiva di un
corretto rapporto finalizzato alla continuità assistenziale. Si segnala peraltro che in grandi nazioni
come la Croazia, la Danimarca, l’Irlanda, la Norvegia, la Slovenia, la Spagna e la Svezia tali
contatti sono sostanzialmente assenti.
7
8. BIBLIOGRAFIA
Boerma W.G.W., Fleming D.M., The role of general practice in primary health care, London ,
Stationery Office, 1998.
WONCA, The role of the general practitioner/family physician in health care systems, A
statement from the World Organization of National Colleges, Academies and Academic
Associations of General Practitioner/Family Physicians. Victoria, WONCA, 1991.
Maciocco G., Passerini G., Stefanini A., La medicina generale in Europa, in « Rapporto sulla
salute in Europa” a cura di M. Geddes, Roma, Ediesse, 1995.
Garattini L., a cura di, Il sistema sanitario francese, Milano, Kailash editore, 1998.
Onetti A., Il sistema sanitario tedesco, Pavia, Tipografia PIME editrice, 1995.
Garattini L., a cura di, Il servizio sanitario inglese: organizzazione, servizi, finanziamento,
Milano, Kailash editore, 1993.
8