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N. 04462/2014REG.PROV.COLL. 
N. 09604/2013 REG.RIC. 
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
Il Consiglio di Stato 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) 
ha pronunciato la presente 
SENTENZA 
sul ricorso numero di registro generale 9604 del 2013, proposto da: Pandiva S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Franceso Paparella, Marco Palieri, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 
contro 
Comune di Gioia del Colle, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Urbani, Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso Paolo Urbani in Roma, via Giuseppe Marchi, 3; Coop Estense S.C.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Nitti, con domicilio eletto presso Marco Ravaioli in Roma, via Papiniano N. 29; Curatela Fallimentare della Distefano Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Nino Sebastiano Matassa, con domicilio eletto presso Studio Alfredo E Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria N. 2; Distefano Costruzioni Srl; Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Regione Puglia Delegazione in Roma, via Barberini 6; 
per l'ottemperanza 
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 02578/2012, resa tra le parti. 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Gioia del Colle e di Coop Estense S.C.R.L. e di Curatela Fallimentare della Distefano Costruzioni Srl e di Regione Puglia; 
Viste le memorie difensive; 
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.; 
Visti tutti gli atti della causa; 
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Palieri, Mastroviti, Nitti, Matassa e Bucci; 
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
FATTO 
1. Con ricorso iscritto al R.g. n. 2774 del 2004 la società Pandiva a r.l., unitamente ad altri operatori commerciali locali, impugnavano avanti al TAR Bari l’autorizzazione edilizia n. 115 del 2004, nonché l’autorizzazione commerciale n. 4 del 2004, per violazione degli artt. 22 e 23 delle NTA del vigente PRG del Comune di Gioia del Colle e degli artt. 4 ed 11 del regolamento comunale relativo l’insediamento delle attività commerciali. 
Il Tar Puglia Bari con sentenza n. 125 del 20 gennaio 2005 dichiarava il ricorso inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti per non aver fornito prova della vicinitas e dello svolgimento di analoga attività commerciale. 
Detta sentenza veniva successivamente appellata per mancata sottoscrizione del Presidente del Collegio giudicante. 
Medio tempore il giudice di prime cure rimessa la causa sul ruolo si pronunciava con sentenza n. 2066 del 9 maggio 2005, dichiarandone nuovamente l’inammissibilità.
Avverso detta decisione, i ricorrenti proponevano nuovamente appello, spiegando altresì motivi aggiunti. 
Questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 5742 del 2006, dichiarava nulla la prima sentenza per omessa sottoscrizione della stessa da parte del Presidente del Collegio giudicante ed inesistente la seconda, per intervenuta consumazione del potere/dovere di decisione, con conseguente rinvio della causa al Tar Puglia, Bari, che con sentenza n. 2393 del 2007 ne dichiarava nuovamente l’inammissibilità, rilevando la tardività del ricorso, tenuto conto che il primo atto lesivo era da individuarsi nella concessione edilizia del 2002, essendo il successivo permesso di costruire in variante, un atto conseguente privo di autonomia. 
Con ricorso r.g. n. 110 del 2008 i ricorrenti proponevano appello, riproponendo, oltre alle censure già spiegate, la questione della propria legittimazione ad agire, sostenendo che, comunque, già dalle visure depositate con il ricorso poteva evincersi sia la vicinitas, che la categoria merceologica delle attività commerciali svolte. 
In ordine poi alla tardività, sostenevano che il permesso di costruire in variante aveva portato profonde modifiche sostanziali e che l’originaria concessione edilizia era ormai priva di autonoma realizzabilità, sicché l’interesse si allaccerebbe al nuovo provvedimento, tempestivamente impugnato. 
In pendenza di giudizio di appello, il Comune di Gioia del Colle, all’esito della conferenza di servizi, autorizzava l’apertura di un “centro commerciale di interesse locale” con provvedimento n. 16 del 10 luglio 2009, così trasformando l’originaria autorizzazione del 2004, avente ad oggetto una media struttura di vendita (M3 alimentare e non) dalla superficie di mq 2.499, in due medie strutture M2, di cui una alimentare e non, di mq 1.500, e l’altra esclusivamente non alimentare di mq 999, oltre ad ulteriori esercizi di vicinato per complessivi ulteriori mq 900. 
Anche questa autorizzazione veniva impugnata dinanzi al Tar Puglia, sede di Bari, che con sentenza n. 1133 del 2010 respingeva il ricorso. 
Pure avverso la predetta sentenza gli interessati interponevano appello con ricorso rubricato al r.g. n. 6285/2010. 
Sugli appelli questa Sezione si pronunciava con sentenza n. 2578 del 2012, che così disponeva: “previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto, in riforma delle sentenze gravate, annulla il permesso di costruire n. 115 del 2004 e le autorizzazioni edilizie conseguenti, annulla l’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009. Dichiara improcedibile il ricorso in relazione all’autorizzazione commerciale n. 4 del 2004. Salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione”. 
Tale decisione si basa, anzitutto, sulla circostanza di aver riconosciuto a tutti i ricorrenti la legittimazione e l’interesse ad agire in ragione della loro qualità di operatori commerciali, potenzialmente danneggiati dall’apertura di nuove strutture commerciali; nel merito, l’accoglimento del ricorso si basa sulla incompatibilità dell’intervento con le destinazioni di zona F1 ed F2 e per l’avvenuto superamento dell’indice di copertura a causa del computo a tal fine di un suolo non di proprietà del costruttore, ma solo a questi promesso in vendita attraverso un preliminare, con conseguente annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 e, stante il rilievo dell’incompatibilità urbanistica dell’intervento, anche dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009. 
2. La società Distefano Costruzioni s.r.l., con ricorso r.g. n. 5859 del 2012, la Coop Estense e la Apulia Supermercati con ricorso iscritto al r.g. n. 5962 del 2012, hanno chiesto la revocazione della prefata decisione, n. 2758 del 2012 ai sensi e per gli effetti dell’art. 395, nn. 1 e 6 c.p.c. e 106 c.p.a.. 
Anche la Pandiva s.r.l., con ricorso iscritto r.g. n. 6984 del 2012, ha chiesto la parziale revocazione della medesima sentenza, limitatamente al capo relativo alla omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria “formulata con il ricorso r.g. 110/2008”, nella misura di euro 707.051,74, come indicata nella CTP del 23.03.2007 a firma dell’ing. Mauro Mastrovito, ovvero quella ritenuta di giustizia, anche previa CTU, ove occorra, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge. 
Con sentenza 28 ottobre 2013 n. 5187 della Sezione Quarta i tre ricorsi per revocazione sono stati dichiarati inammissibili.
Con specifico riguardo al ricorso della Pandiva s.r.l., la stessa aveva dedotto che la sentenza impugnata, “ineccepibile per l’accoglimento della domanda di annullamento…”, “ha tuttavia omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria formulata … con il ricorso R.G. n. 110/2008”. 
Sul punto, il giudice della revocazione ha così deciso:” Appare evidente, dunque, ad avviso del Collegio, che dalla lettura integrale della sentenza qui parzialmente impugnata per revocazione, si evince che essa: 
1) ha ritenuto, in maniera espressa, come integralmente satisfattiva (“completa soddisfazione”) della pretesa azionata dai ricorrenti la pronuncia di accoglimento di alcuni motivi, riguardanti gli aspetti urbanistici, con declaratoria di assorbimento degli altri, ivi compresi quelli di natura squisitamente commerciale; 
2) ha ritenuto con ciò, dunque, come integralmente satisfattiva la pronuncia di accoglimento della domanda di annullamento della (nuova) autorizzazione commerciale, evidentemente in tal modo ritenendo di dover accogliere (solamente) la domanda di risarcimento del danno in forma specifica (annullamento del provvedimento lesivo), in quanto ritenuta misura idonea a tutelare l’interesse azionato in giudizio, e, pertanto, sia pur implicitamente, di dover rigettare quella di risarcimento del danno per equivalente. E, invero, l’art. 34, comma 1 lett. c) del c.p.a., quanto al possibile contenuto delle sentenze (di merito) di condanna, stabilisce che questa può avere riguardo “al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 del codice civile”. 
Ad avviso del Collegio, dunque, quel tipo di omissione di motivazione, che ricorre quando - come nella specie - domande ed eccezioni siano state volutamente disattese dall’organo giudicante, fornendosi, però, un implicito ma chiaro ragionamento che giustifichi il mancato pronunciamento al riguardo, si pone al di fuori dell’errore di fatto revocatorio.”. 
3. Con il ricorso in epigrafe la Pandiva s.r.l. ha dedotto che, ai sensi delle sentenza del Consiglio di Stato n. 2758 del 2013 e n. 5187 del 2013, sopra citate, l’annullamento della concessione edilizia e dell’autorizzazione commerciale rilasciate dal Comune di Gioia del Colle in favore delle controparti private è sufficiente a dare completa soddisfazione alle pretese della Pandiva medesima, costituendo risarcimento del danno in forma specifica. 
Rilevato che il Comune di Gioia del Colle, al momento della proposizione del ricorso, non ha dato alcuna esecuzione alla sentenza di annullamento degli atti impugnati, la Pandiva s.r.l. ha rappresentato la necessità che la tutela giurisdizionale ottenuta dalla ricorrente acquisisca pienezza ed effettività attraverso l’adozione di una decisione di ottemperanza, che disponga la demolizione delle opere abusive e la cessazione dell’attività commerciale. 
In via subordinata la ricorrente chiede che, in mancanza dell’esecuzione in forma specifica, sia disposto il risarcimento per equivalente, secondo i valori indicati nella perizia di parte depositata in giudizio. 
Si sono costituiti in giudizio per resistere alla domanda il Comune di Gioia del Colle, la Coop Estense, incorporante Apulia Supermercati s.r.l., già a sua volta incorporante Tintoretto s.r.l., la curatela del fallimento della Distefano Costruzioni, e la Regione Puglia 
Alla camera di consiglio del 6 maggio 2014 la causa veniva trattenuta in decisione. 
DIRITTO 
1. Va esaminata in primo luogo l’eccezione di inammissibilità del ricorso in ottemperanza, sollevata dal Comune di Gioia del Colle e dalla Curatela del fallimento della Distefano Costruzioni s.r.l., in relazione alla circostanza che la ricorrente Pandiva s.r.l. non potrebbe vantare lo svolgimento in atto di una qualsiasi attività commerciale, avendo chiuso i propri esercizi e licenziato i dipendenti, nel periodo intercorrente tra il 2006 e il 2010. 
Si assume che la ricorrente sarebbe ormai priva di ogni interesse alla esecuzione della sentenza che ha annullato la concessione edilizia n.115 del 2004 e l’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009, in quanto, essendo uscita dal mercato, non potrebbe ricavare alcun vantaggio concreto dalla demolizione dell’immobile abusivo, e così pure dalla cessazione della attività commerciale altrui.
In altri termini sarebbe venuta meno quella posizione legittimante che la sentenza ottemperanda (n. 2578 del 2012) aveva posto alla base dell’accoglimento dell’appello. 
L’eccezione va disattesa. 
Va rilevato, preliminarmente, come sia da considerare inconferente nella fattispecie il richiamo a quella giurisprudenza che ha negato l’ottemperanza allorché la pretesa all’esecuzione del giudicato in forma specifica si sia dimostrata materialmente impossibile, vuoi perché il contratto sia stato già integralmente eseguito, vuoi perché il dipendente sia stato medio tempore collocato in quiescenza. 
Nella presente vicenda non pare possa riconoscersi la dedotta “inutilità” dell’ottemperanza. 
La fattispecie in esame è caratterizzata dal fatto che il soggetto vincitore in sede cognitoria è una impresa regolarmente iscritta alla Camera di commercio per l’attività di vendita al dettaglio di alimentari ed altro, che ha operato fino al 2010, e che è stata riconosciuta legittimata ad impugnare i provvedimenti amministrativi suscettibili di comprimere illegittimamente il proprio interesse legittimo al proficuo svolgimento del commercio. 
Appare quindi pienamente conforme al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale ritenere assistita da interesse giuridicamente rilevante in questa sede, la pretesa a che la rimozione degli atti lesivi dell’interesse dedotto in giudizio, disposta dal giudicato, sia condotta ad esecuzione, in modo che sia ripristinata la situazione che aveva consentito in passato lo svolgimento del commercio con risultati economicamente soddisfacenti, al fine di tornare a svolgere la detta attività. 
2. Nel merito, la domanda della ricorrente ha per oggetto l’adozione di misure discendenti: a) dall’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 mediante demolizione delle opere realizzate; b) dall’annullamento dell’autorizzazione commerciale mediante ordine di cessazione dell’attività. 
In via subordinata, in mancanza dell’esecuzione in forma specifica, si chiede il risarcimento per equivalente secondo l’ammontare del danno stimato dalla perizia di parte. 
3. Con riguardo alla domanda sub b) il ricorso va dichiarato improcedibile. 
Con provvedimento in data 7 aprile 2014, versato in giudizio, il Comune di Gioia del Colle, in dichiarata esecuzione della sentenza ottemperanda, ha ribadito l’annullamento dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009, e ha ordinato alla Coop Estense la chiusura dell’attività di vendita del centro commerciale di interesse locale sito in via Giulio Pastore, Gioia del Colle, entro trenta giorni dalla data di notifica del provvedimento. 
Deve dunque affermarsi che per questa parte la sentenza n. 2578 del 2012 sia stata eseguita. 
4.1. La domanda di ottemperanza di cui al punto a) di cui sopra è fondata nei sensi e nei limiti che seguono. 
Va precisato, infatti, che la sentenza di appello n. 2578 del 2012 ha disposto l’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004, e, pertanto, l’invocata sanzione demolitoria non può che riferirsi alle opere realizzate in esecuzione della predetta concessione. 
Le considerazioni della ricorrente, secondo cui la sentenza ottemperanda, respingendo l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione della concessione n.115/2004, avrebbe coinvolto nell’annullamento anche la originaria concessione n. 21 del 2002, non tempestivamente impugnata, non possono essere condivise. 
Il giudice dell’appello infatti si è limitato a riconoscere che la nuova concessione presentava i caratteri di un provvedimento nuovo, autonomamente lesivo dell’interesse delle ricorrenti, senza affermare, come vorrebbe la ricorrente, che il nuovo permesso si sovrapponeva e sostituiva le precedenti autorizzazioni edilizie. 
4.2. Tanto premesso, tuttavia, il Comune di Gioia del Colle, afferma di non essere obbligato alla demolizione, invocando il disposto di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001, a norma del quale: “In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale.”. 
Il Comune, in sostanza, si richiama a quell’orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, secondo cui la misura demolitoria non deve necessariamente conseguire
all’annullamento del permesso di costruire, essendo riconosciuto all’Amministrazione una sorta di spatium deliberandi, al fine di valutare quale sia la misura conformativa, eventualmente alternativa alla demolizione, da adottare in sede di ottemperanza. 
Il Comune, osservato che l’interesse prevalente ed essenziale riconosciuto alla parte ricorrente ha natura eminentemente commerciale, e che tale interesse ha trovato soddisfazione nell’ordinanza inibitoria di cui sub b), di cui sopra, rappresenta di aver avviato una procedura di variante al PRG con deliberazione del consiglio comunale n. 2 dell’11 febbraio 2014, intesa a rendere le prescrizioni relative alle zone “F” più compatibili con i principi introdotti dalla legislazione urbanistica regionale. Sembra di capire che – quando la nuova normativa fosse approvata nella competente sede regionale – nell’area interessata dall’abuso in questione diverrebbe legittimo l’insediamento di attività commerciali. 
Le considerazioni del Comune tendono nella sostanza ad escludere la attuale sussistenza di un obbligo di ottemperanza alla decisione, e pertanto non possono essere condivise. Non va trascurato, infatti, che l’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 ha trovato fondamento anche nell’accoglimento del quinto motivo di appello, relativo all’illegittimo assenso ai progettati incrementi volumetrici di quanto già edificato. 
Ne consegue che, salva, come ricordato, l’applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere impartito al Comune di Gioia del Colle l’ordine di dare esecuzione al giudicato, entro il termine indicato in dispositivo, con contestuale nomina di un commissario, che agisca in sostituzione dell’Amministrazione in caso di inosservanza del termine suddetto. 
Consegue da quanto sopra l’improcedibilità della domanda risarcitoria per equivalente proposta in via subordinata dalla ricorrente. 
Sussistono ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente procedimento. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), dichiara l’improcedibilità del ricorso con riguardo alla domanda di ottemperanza relativa all’annullamento dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009; 
ordina al Comune di Gioia del Colle di assumere le determinazioni definitive in ordine all’ottemperanza alla sentenza n. 2578 del 2012 quanto all’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004, nel termine di giorni 30 (trenta) dalla pubblicazione o notificazione della presente sentenza; 
nomina il Prefetto di Bari, con facoltà di delega a funzionario dirigente, commissario ad acta, affinché, in caso di inosservanza del termine suddetto, provveda, previa istanza della Pandiva s.r.l., all’ottemperanza alla sentenza come in motivazione; 
stabilisce il compenso da corrispondere al commissario ad acta, ponendone l’onere a carico del Comune di Gioia del Colle, nella misura di euro 2.000,00 (due mila). 
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati: 
Goffredo Zaccardi, Presidente 
Marzio Branca, Consigliere, Estensore 
Nicola Russo, Consigliere 
Michele Corradino, Consigliere 
Fabio Taormina, Consigliere 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
Il 03/09/2014 
IL SEGRETARIO 
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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  • 1. N. 04462/2014REG.PROV.COLL. N. 09604/2013 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9604 del 2013, proposto da: Pandiva S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Franceso Paparella, Marco Palieri, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2; contro Comune di Gioia del Colle, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Urbani, Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso Paolo Urbani in Roma, via Giuseppe Marchi, 3; Coop Estense S.C.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Nitti, con domicilio eletto presso Marco Ravaioli in Roma, via Papiniano N. 29; Curatela Fallimentare della Distefano Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Nino Sebastiano Matassa, con domicilio eletto presso Studio Alfredo E Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria N. 2; Distefano Costruzioni Srl; Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Regione Puglia Delegazione in Roma, via Barberini 6; per l'ottemperanza della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 02578/2012, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Gioia del Colle e di Coop Estense S.C.R.L. e di Curatela Fallimentare della Distefano Costruzioni Srl e di Regione Puglia; Viste le memorie difensive; Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Palieri, Mastroviti, Nitti, Matassa e Bucci; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso iscritto al R.g. n. 2774 del 2004 la società Pandiva a r.l., unitamente ad altri operatori commerciali locali, impugnavano avanti al TAR Bari l’autorizzazione edilizia n. 115 del 2004, nonché l’autorizzazione commerciale n. 4 del 2004, per violazione degli artt. 22 e 23 delle NTA del vigente PRG del Comune di Gioia del Colle e degli artt. 4 ed 11 del regolamento comunale relativo l’insediamento delle attività commerciali. Il Tar Puglia Bari con sentenza n. 125 del 20 gennaio 2005 dichiarava il ricorso inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti per non aver fornito prova della vicinitas e dello svolgimento di analoga attività commerciale. Detta sentenza veniva successivamente appellata per mancata sottoscrizione del Presidente del Collegio giudicante. Medio tempore il giudice di prime cure rimessa la causa sul ruolo si pronunciava con sentenza n. 2066 del 9 maggio 2005, dichiarandone nuovamente l’inammissibilità.
  • 2. Avverso detta decisione, i ricorrenti proponevano nuovamente appello, spiegando altresì motivi aggiunti. Questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 5742 del 2006, dichiarava nulla la prima sentenza per omessa sottoscrizione della stessa da parte del Presidente del Collegio giudicante ed inesistente la seconda, per intervenuta consumazione del potere/dovere di decisione, con conseguente rinvio della causa al Tar Puglia, Bari, che con sentenza n. 2393 del 2007 ne dichiarava nuovamente l’inammissibilità, rilevando la tardività del ricorso, tenuto conto che il primo atto lesivo era da individuarsi nella concessione edilizia del 2002, essendo il successivo permesso di costruire in variante, un atto conseguente privo di autonomia. Con ricorso r.g. n. 110 del 2008 i ricorrenti proponevano appello, riproponendo, oltre alle censure già spiegate, la questione della propria legittimazione ad agire, sostenendo che, comunque, già dalle visure depositate con il ricorso poteva evincersi sia la vicinitas, che la categoria merceologica delle attività commerciali svolte. In ordine poi alla tardività, sostenevano che il permesso di costruire in variante aveva portato profonde modifiche sostanziali e che l’originaria concessione edilizia era ormai priva di autonoma realizzabilità, sicché l’interesse si allaccerebbe al nuovo provvedimento, tempestivamente impugnato. In pendenza di giudizio di appello, il Comune di Gioia del Colle, all’esito della conferenza di servizi, autorizzava l’apertura di un “centro commerciale di interesse locale” con provvedimento n. 16 del 10 luglio 2009, così trasformando l’originaria autorizzazione del 2004, avente ad oggetto una media struttura di vendita (M3 alimentare e non) dalla superficie di mq 2.499, in due medie strutture M2, di cui una alimentare e non, di mq 1.500, e l’altra esclusivamente non alimentare di mq 999, oltre ad ulteriori esercizi di vicinato per complessivi ulteriori mq 900. Anche questa autorizzazione veniva impugnata dinanzi al Tar Puglia, sede di Bari, che con sentenza n. 1133 del 2010 respingeva il ricorso. Pure avverso la predetta sentenza gli interessati interponevano appello con ricorso rubricato al r.g. n. 6285/2010. Sugli appelli questa Sezione si pronunciava con sentenza n. 2578 del 2012, che così disponeva: “previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto, in riforma delle sentenze gravate, annulla il permesso di costruire n. 115 del 2004 e le autorizzazioni edilizie conseguenti, annulla l’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009. Dichiara improcedibile il ricorso in relazione all’autorizzazione commerciale n. 4 del 2004. Salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione”. Tale decisione si basa, anzitutto, sulla circostanza di aver riconosciuto a tutti i ricorrenti la legittimazione e l’interesse ad agire in ragione della loro qualità di operatori commerciali, potenzialmente danneggiati dall’apertura di nuove strutture commerciali; nel merito, l’accoglimento del ricorso si basa sulla incompatibilità dell’intervento con le destinazioni di zona F1 ed F2 e per l’avvenuto superamento dell’indice di copertura a causa del computo a tal fine di un suolo non di proprietà del costruttore, ma solo a questi promesso in vendita attraverso un preliminare, con conseguente annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 e, stante il rilievo dell’incompatibilità urbanistica dell’intervento, anche dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009. 2. La società Distefano Costruzioni s.r.l., con ricorso r.g. n. 5859 del 2012, la Coop Estense e la Apulia Supermercati con ricorso iscritto al r.g. n. 5962 del 2012, hanno chiesto la revocazione della prefata decisione, n. 2758 del 2012 ai sensi e per gli effetti dell’art. 395, nn. 1 e 6 c.p.c. e 106 c.p.a.. Anche la Pandiva s.r.l., con ricorso iscritto r.g. n. 6984 del 2012, ha chiesto la parziale revocazione della medesima sentenza, limitatamente al capo relativo alla omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria “formulata con il ricorso r.g. 110/2008”, nella misura di euro 707.051,74, come indicata nella CTP del 23.03.2007 a firma dell’ing. Mauro Mastrovito, ovvero quella ritenuta di giustizia, anche previa CTU, ove occorra, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge. Con sentenza 28 ottobre 2013 n. 5187 della Sezione Quarta i tre ricorsi per revocazione sono stati dichiarati inammissibili.
  • 3. Con specifico riguardo al ricorso della Pandiva s.r.l., la stessa aveva dedotto che la sentenza impugnata, “ineccepibile per l’accoglimento della domanda di annullamento…”, “ha tuttavia omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria formulata … con il ricorso R.G. n. 110/2008”. Sul punto, il giudice della revocazione ha così deciso:” Appare evidente, dunque, ad avviso del Collegio, che dalla lettura integrale della sentenza qui parzialmente impugnata per revocazione, si evince che essa: 1) ha ritenuto, in maniera espressa, come integralmente satisfattiva (“completa soddisfazione”) della pretesa azionata dai ricorrenti la pronuncia di accoglimento di alcuni motivi, riguardanti gli aspetti urbanistici, con declaratoria di assorbimento degli altri, ivi compresi quelli di natura squisitamente commerciale; 2) ha ritenuto con ciò, dunque, come integralmente satisfattiva la pronuncia di accoglimento della domanda di annullamento della (nuova) autorizzazione commerciale, evidentemente in tal modo ritenendo di dover accogliere (solamente) la domanda di risarcimento del danno in forma specifica (annullamento del provvedimento lesivo), in quanto ritenuta misura idonea a tutelare l’interesse azionato in giudizio, e, pertanto, sia pur implicitamente, di dover rigettare quella di risarcimento del danno per equivalente. E, invero, l’art. 34, comma 1 lett. c) del c.p.a., quanto al possibile contenuto delle sentenze (di merito) di condanna, stabilisce che questa può avere riguardo “al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 del codice civile”. Ad avviso del Collegio, dunque, quel tipo di omissione di motivazione, che ricorre quando - come nella specie - domande ed eccezioni siano state volutamente disattese dall’organo giudicante, fornendosi, però, un implicito ma chiaro ragionamento che giustifichi il mancato pronunciamento al riguardo, si pone al di fuori dell’errore di fatto revocatorio.”. 3. Con il ricorso in epigrafe la Pandiva s.r.l. ha dedotto che, ai sensi delle sentenza del Consiglio di Stato n. 2758 del 2013 e n. 5187 del 2013, sopra citate, l’annullamento della concessione edilizia e dell’autorizzazione commerciale rilasciate dal Comune di Gioia del Colle in favore delle controparti private è sufficiente a dare completa soddisfazione alle pretese della Pandiva medesima, costituendo risarcimento del danno in forma specifica. Rilevato che il Comune di Gioia del Colle, al momento della proposizione del ricorso, non ha dato alcuna esecuzione alla sentenza di annullamento degli atti impugnati, la Pandiva s.r.l. ha rappresentato la necessità che la tutela giurisdizionale ottenuta dalla ricorrente acquisisca pienezza ed effettività attraverso l’adozione di una decisione di ottemperanza, che disponga la demolizione delle opere abusive e la cessazione dell’attività commerciale. In via subordinata la ricorrente chiede che, in mancanza dell’esecuzione in forma specifica, sia disposto il risarcimento per equivalente, secondo i valori indicati nella perizia di parte depositata in giudizio. Si sono costituiti in giudizio per resistere alla domanda il Comune di Gioia del Colle, la Coop Estense, incorporante Apulia Supermercati s.r.l., già a sua volta incorporante Tintoretto s.r.l., la curatela del fallimento della Distefano Costruzioni, e la Regione Puglia Alla camera di consiglio del 6 maggio 2014 la causa veniva trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Va esaminata in primo luogo l’eccezione di inammissibilità del ricorso in ottemperanza, sollevata dal Comune di Gioia del Colle e dalla Curatela del fallimento della Distefano Costruzioni s.r.l., in relazione alla circostanza che la ricorrente Pandiva s.r.l. non potrebbe vantare lo svolgimento in atto di una qualsiasi attività commerciale, avendo chiuso i propri esercizi e licenziato i dipendenti, nel periodo intercorrente tra il 2006 e il 2010. Si assume che la ricorrente sarebbe ormai priva di ogni interesse alla esecuzione della sentenza che ha annullato la concessione edilizia n.115 del 2004 e l’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009, in quanto, essendo uscita dal mercato, non potrebbe ricavare alcun vantaggio concreto dalla demolizione dell’immobile abusivo, e così pure dalla cessazione della attività commerciale altrui.
  • 4. In altri termini sarebbe venuta meno quella posizione legittimante che la sentenza ottemperanda (n. 2578 del 2012) aveva posto alla base dell’accoglimento dell’appello. L’eccezione va disattesa. Va rilevato, preliminarmente, come sia da considerare inconferente nella fattispecie il richiamo a quella giurisprudenza che ha negato l’ottemperanza allorché la pretesa all’esecuzione del giudicato in forma specifica si sia dimostrata materialmente impossibile, vuoi perché il contratto sia stato già integralmente eseguito, vuoi perché il dipendente sia stato medio tempore collocato in quiescenza. Nella presente vicenda non pare possa riconoscersi la dedotta “inutilità” dell’ottemperanza. La fattispecie in esame è caratterizzata dal fatto che il soggetto vincitore in sede cognitoria è una impresa regolarmente iscritta alla Camera di commercio per l’attività di vendita al dettaglio di alimentari ed altro, che ha operato fino al 2010, e che è stata riconosciuta legittimata ad impugnare i provvedimenti amministrativi suscettibili di comprimere illegittimamente il proprio interesse legittimo al proficuo svolgimento del commercio. Appare quindi pienamente conforme al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale ritenere assistita da interesse giuridicamente rilevante in questa sede, la pretesa a che la rimozione degli atti lesivi dell’interesse dedotto in giudizio, disposta dal giudicato, sia condotta ad esecuzione, in modo che sia ripristinata la situazione che aveva consentito in passato lo svolgimento del commercio con risultati economicamente soddisfacenti, al fine di tornare a svolgere la detta attività. 2. Nel merito, la domanda della ricorrente ha per oggetto l’adozione di misure discendenti: a) dall’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 mediante demolizione delle opere realizzate; b) dall’annullamento dell’autorizzazione commerciale mediante ordine di cessazione dell’attività. In via subordinata, in mancanza dell’esecuzione in forma specifica, si chiede il risarcimento per equivalente secondo l’ammontare del danno stimato dalla perizia di parte. 3. Con riguardo alla domanda sub b) il ricorso va dichiarato improcedibile. Con provvedimento in data 7 aprile 2014, versato in giudizio, il Comune di Gioia del Colle, in dichiarata esecuzione della sentenza ottemperanda, ha ribadito l’annullamento dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009, e ha ordinato alla Coop Estense la chiusura dell’attività di vendita del centro commerciale di interesse locale sito in via Giulio Pastore, Gioia del Colle, entro trenta giorni dalla data di notifica del provvedimento. Deve dunque affermarsi che per questa parte la sentenza n. 2578 del 2012 sia stata eseguita. 4.1. La domanda di ottemperanza di cui al punto a) di cui sopra è fondata nei sensi e nei limiti che seguono. Va precisato, infatti, che la sentenza di appello n. 2578 del 2012 ha disposto l’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004, e, pertanto, l’invocata sanzione demolitoria non può che riferirsi alle opere realizzate in esecuzione della predetta concessione. Le considerazioni della ricorrente, secondo cui la sentenza ottemperanda, respingendo l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione della concessione n.115/2004, avrebbe coinvolto nell’annullamento anche la originaria concessione n. 21 del 2002, non tempestivamente impugnata, non possono essere condivise. Il giudice dell’appello infatti si è limitato a riconoscere che la nuova concessione presentava i caratteri di un provvedimento nuovo, autonomamente lesivo dell’interesse delle ricorrenti, senza affermare, come vorrebbe la ricorrente, che il nuovo permesso si sovrapponeva e sostituiva le precedenti autorizzazioni edilizie. 4.2. Tanto premesso, tuttavia, il Comune di Gioia del Colle, afferma di non essere obbligato alla demolizione, invocando il disposto di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001, a norma del quale: “In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale.”. Il Comune, in sostanza, si richiama a quell’orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, secondo cui la misura demolitoria non deve necessariamente conseguire
  • 5. all’annullamento del permesso di costruire, essendo riconosciuto all’Amministrazione una sorta di spatium deliberandi, al fine di valutare quale sia la misura conformativa, eventualmente alternativa alla demolizione, da adottare in sede di ottemperanza. Il Comune, osservato che l’interesse prevalente ed essenziale riconosciuto alla parte ricorrente ha natura eminentemente commerciale, e che tale interesse ha trovato soddisfazione nell’ordinanza inibitoria di cui sub b), di cui sopra, rappresenta di aver avviato una procedura di variante al PRG con deliberazione del consiglio comunale n. 2 dell’11 febbraio 2014, intesa a rendere le prescrizioni relative alle zone “F” più compatibili con i principi introdotti dalla legislazione urbanistica regionale. Sembra di capire che – quando la nuova normativa fosse approvata nella competente sede regionale – nell’area interessata dall’abuso in questione diverrebbe legittimo l’insediamento di attività commerciali. Le considerazioni del Comune tendono nella sostanza ad escludere la attuale sussistenza di un obbligo di ottemperanza alla decisione, e pertanto non possono essere condivise. Non va trascurato, infatti, che l’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004 ha trovato fondamento anche nell’accoglimento del quinto motivo di appello, relativo all’illegittimo assenso ai progettati incrementi volumetrici di quanto già edificato. Ne consegue che, salva, come ricordato, l’applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere impartito al Comune di Gioia del Colle l’ordine di dare esecuzione al giudicato, entro il termine indicato in dispositivo, con contestuale nomina di un commissario, che agisca in sostituzione dell’Amministrazione in caso di inosservanza del termine suddetto. Consegue da quanto sopra l’improcedibilità della domanda risarcitoria per equivalente proposta in via subordinata dalla ricorrente. Sussistono ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente procedimento. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), dichiara l’improcedibilità del ricorso con riguardo alla domanda di ottemperanza relativa all’annullamento dell’autorizzazione commerciale n. 16 del 2009; ordina al Comune di Gioia del Colle di assumere le determinazioni definitive in ordine all’ottemperanza alla sentenza n. 2578 del 2012 quanto all’annullamento del permesso di costruire n. 115 del 2004, nel termine di giorni 30 (trenta) dalla pubblicazione o notificazione della presente sentenza; nomina il Prefetto di Bari, con facoltà di delega a funzionario dirigente, commissario ad acta, affinché, in caso di inosservanza del termine suddetto, provveda, previa istanza della Pandiva s.r.l., all’ottemperanza alla sentenza come in motivazione; stabilisce il compenso da corrispondere al commissario ad acta, ponendone l’onere a carico del Comune di Gioia del Colle, nella misura di euro 2.000,00 (due mila). Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati: Goffredo Zaccardi, Presidente Marzio Branca, Consigliere, Estensore Nicola Russo, Consigliere Michele Corradino, Consigliere Fabio Taormina, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 03/09/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)