2. Il 5 Maggio 1998 l’area del comprensorio di
Sarno fu colpita da movimenti franosi di vaste
dimensioni.
Cosa provocò il disastro?
• un territorio geologicamente fragile;
• uno sviluppo urbanistico assolutamente incauto e
incurante della natura;
• Piogge di lunga durata e di intensità medio-basse.
Ciò ha comportato danni ad infrastrutture e la
perdita di circa 160 persone di cui 137 nella
cittadina di Sarno.
4. Rilievi carbonatici (max 1200m):
• Profondi valloni a «V» sub-paralleli;
• Acclività dei versanti variabile tra 35° e 50°;
• Versanti interessati da costoni rocciosi.
5. Il territorio è caratterizzato da una coltre di materiale piroclastico non consolidato,
depositatosi a seguito delle eruzioni del Vesuvio. Il materiale è caratterizzato da:
• Elevato angolo di attrito Presenza del materiale anche sui versanti molto acclivi.
• Alta porosità
Capacità di contenere un gran volume d’acqua.
• Alta capacità di ritenzione idrica
• Bassa coesione. Scorrimento facilitato tra roccia e terreno.
Le rocce del substrato carbonatico sono, nella parte superficiale, degradate e
fratturate a causa di:
• Attività tettonica;
• Agenti atmosferici.
6. Le caratteristiche della
presente vegetazione non
hanno favorito:
Terrazzamenti abbandonati • La diminuzione
caratterizzati da una vegetazione dell’impatto dell’acqua
spontanea arbustiva piovana sul suolo,
• L’assorbimento di una
parte d’acqua;
• Il rallentamento della
velocità di caduta;
• La compattazione dello
Intensa attività urbanistica strato più superficiale del
suolo.
Da indagini svolte dalla competente Autorità di Bacino risulta che 180 km circa di alvei sono
stati trasformati in vie di comunicazione e 98 km circa sono stati tombati, mentre rimane allo
stato naturale circa il 70% dello sviluppo lineare dell’intero reticolo idrografico.
7. • Il fronte di aria fredda nordico si avvicina al Mediterraneo;
• Il fronte di aria particolarmente calda Africana si dirige verso l’Italia caricandosi
di umidità al passaggio sul Mediterraneo;
• La depressione mediterranea scarica la sua potenza sul meridione tirrenico
causando un evento di pioggia insolito in tale periodo dell’anno.
8. • 9 giorni ininterrotti di pioggia;
• Intensità di pioggia giornaliera significativa nei giorni 5 e 6 Maggio;
9. • Nei 9 giorni sono caduti circa 160 mm di pioggia;
• Nelle ultime 48 ore dal dissesto è caduta più del 60% della pioggia totale;
10. Precipitazioni massime
del 2° trimestre su 3
giorni consecutivi
(Stazione pluviometrica
di Sarno).
L’evento di pioggia ha
una cadenza media di
circa 100 anni se
confrontato con la serie
storica dei massimi
relativi al solo periodo
primaverile.
Analisi pubblicata dal CNR-GNDCI ‘’Le colate rapide di fango del Maggio 1998’’, pag. 32
11.
12. L’evento confrontato con la serie storica dei massimi annuali di precipitazione mostra un
periodo di ritorno medio di circa 5 anni per il massimo di precipitazione in 24 ore. L’evento
pertanto non mostra caratteri di eccezionalità.
13. 700 - 800 m s.l.m.
36 m s.l.m.
L’orografia del territorio induce un aumento della quantità di pioggia in corrispondenza degli
inneschi delle frane. L’aumento stimato è pari al doppio della pioggia registrata a valle ed il
periodo di ritorno corrispondente è compreso tra i 5 e 33 anni. Resta invariata pertanto la sua
caratteristica di evento non eccezionale.
14. Gli abitati di Sarno, Siano, Bracigliano e Quindici vennero inondati da ripetute
ondate di fango e detriti. Si contarono 157 morti, 5 dispersi e 70 feriti, in almeno 13
diverse località.
15. Le piogge non particolarmente intense ma di lunga durata hanno saturato la
coltre di materiale piroclastico;
I Regi Lagni e la rete di drenaggio superficiale, carenti di manutenzione
anche ordinaria, non hanno potuto espletare le loro funzioni di drenaggio
delle acque meteoriche;
L' urbanizzazione intensiva e l’inesistente pianificazione territoriale ha
fatto si che venissero realizzate abitazioni ed infrastrutture, anche di
notevole entità, in luoghi sicuramente non favorevoli dal punto di vista
geologico;
Il terrazzamento antropico anche sui versanti più acclivi, caratterizzato da
vegetazione di tipo arbustivo, ha aumentato l’instabilità ed il dissesto
idrogeologico di tutta l’area;
Incendi precedenti al dissesto hanno distrutto gran parte della vegetazione
spontanea e del sottobosco alle alte quote.
16. Innesco dello scorrimento tra
la roccia carbonatica e lo
strato di materiale piroclastico
saturo d’acqua;
la colata aumenta di volume incorporando
vegetazione ed altri depositi superficiali; possono
verificarsi più “ondate” con sovrapposizioni di un
evento sull’altro verso valle;
la riduzione dell’acclività alla base
del versante causa l’inizio della
deposizione del detrito, al di sopra di
un preesistente conoide.
17. Si è effettuata la stabilizzazione dei versanti mediante l’infissione nel terreno di pali di legno
del diametro di 25-30 cm in direzione sub-verticale e sub-orizzontale. L’opera è completata
con la posa di biostuoie e la piantumazione di talee.
Inoltre è stato redatto una regolamentazione sull’uso del suolo sui versanti in modo da prevenire
i fenomeni di instabilità e di dissesto mitigando i rischi da essi derivanti.
L’impossibilità di stabilizzare tutte le zone di potenziale
distacco sia per motivi economici dovuti all’estensione
delle superfici, sia per motivi tecnici legati alla
difficoltà di effettuare interventi intensivi senza
compromettere la stabilità dei versanti a causa della
necessaria costruzione delle vie di accesso, ha reso
indispensabile anche la realizzazione di interventi
passivi allo scopo di mitigare o annullare le eventuali
colate che potrebbero comunque verificarsi.
Gli interventi passivi sono oltretutto indispensabili in quanto eventuali incendi potrebbero
rendere vani gli interventi di protezione attiva effettuati.
18. Briglie;
Vasche di accumulo e vasche di espansione;
Opere di drenaggio, valli trasversali e canalizzazioni;
19. rallentamento e frangimento della colata;
stabilizzazione del fondo alveo;
consolidamento dei versanti, trattenuta e accumulo di materiale solido di grosse
dimensioni;
indirizzare i flussi fangosi verso il tratto canalizzato di valle ed evitare che
prendano direzioni non desiderate.
20. Assicurano la sconnessione idraulica tra i versanti e le zone abitate;
Laminano le colate di fango;
La capienza è tale da contenere comunque tutto il volume di fluido stimato a causa di
eventuali ostruzioni delle sezioni di uscita. Il dimensionamento non ha tenuto conto dei
fenomeni di laminazione dovuti alla presenza delle briglie e valloni a monte di esse.
21. Assicurano la sconnessione idraulica tra le zone abitate ed i versanti;
Ostacolano il flusso di fango e lo deviano in zone più sicure oppure lo trattengono
parzialmente filtrando verso valle la quantità compatibile con il sistema di drenaggio
esistente;
Vincolano il deflusso delle colate verso punti desiderati o verso gli organi ricettori.
22. Sono stati realizzate o ripristinate, fino a tutto il 2011:
35 vasche di accumulo o di laminazione, per un volume di oltre due milione di metri cubi;
circa 26 Km di canalizzazioni;
oltre 120 briglie di varia tipologia.
L’importo complessivo delle opere è di circa 310 milioni di euro.
Il modello di intervento sperimentato in termini di strategia adottata, di opere che
appaiono più rappresentative e degli effetti attesi dagli interventi previsti, ha preso il
nome di modello Sarno.
23. A seguito dell’evento del 1998 è stato redatto il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico
del bacino di Sarno. Esso è un documento dinamico in continuo aggiornamento e fornisce
la ‘’Carta della suscettività a frana’’ e la ‘’Carta delle aree di possibile invasione’’.
Il documento permette di riconoscere le condizioni di maggior rischio, sulle quali dovranno
essere concentrate le azioni prioritarie di messa in sicurezza e di riduzione e prevenzione
del rischio. Gli interventi mirano al controllo dell’evoluzione dei fattori responsabili
dell’instabilità dei versanti e quindi alla pianificazione di bacino in termini di prevenzione.
Per i fattori modificabili dall’azione antropica, il piano prevede l’individuazione di
interventi pubblici e forme di disciplina delle attività private idonei ad ottenere le
modificazioni utili alla prevenzione dei fenomeni e a scongiurare quelle dannose.
Per i fattori non modificabili la finalità del piano è la messa a punto di sistemi di allerta che
possano consentire per tempo la messa in sicurezza o l’allontanamento delle persone
esposte al rischio.
24. L’analisi effettuata mostra che anche eventi di modesta entità
possono provocare ingenti danni quando l’uomo non è
rispettoso della natura.
Le gravi catastrofi naturali reclamano un cambio di mentalità che
obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a
promuovere il rispetto della creazione
Albert Einstein