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Sensazione e Percezione
Eleonora Bilotta
Sommario
 In questa lezione si affronteranno i
seguenti argomenti:
I processi sensoriali
Introduzione alla psicofisica
Il riconoscimento degli oggetti
Le leggi dell’organizzazione percettiva
La sensazione
 La funzione degli organi di senso è
registrare i cambiamenti che avvengono
nell’ambiente e trasmetterli al cervello.
 Per esempio il sistema visivo è sensibile
alla luce riflessa da un oggetto (energia
elettromagnetica) e, quindi i diversi sistemi
sensoriali devono tradurre in impulsi
nervosi.
La trasduzione sensoriale
 Ogni senso comporta la trasduzione, o
modificazione di stato, di un tipo di energia
presente nel mondo esterno (onde
luminose o sonore, ad esempio) in segnali
neuronali, un altro tipo di energia.
Accessory
structure
modifies energy
Receptor
transduces
energy into a
neural response
Sensory nerve
transfers the
coded activity
to the central
nervous system
Thalamus
processes and
relays the
neural response
Cerebral cortex
receives input
and produces
the sensation
and perception
1. 2.
3.
4.
5.
Energy contains
information
about the world
Il processo di trasduzione
 I sensi non devono rispondere solo alla stimolazione
di una particolare forma di energia, ma devono
anche rispondere in modo differenziato alle
variazioni di tale energia.
 Ogni forma di energia può variare secondo due
dimensioni: quantitativa e qualitativa.
 Per tutti i sensi il processo di trasduzione avviene in
modo tale che l’informazione relativa alla quantità e
alla qualità dell’energia si conserva nel pattern dei
potenziali d’azione inviati al cervello
(codificazione).
La relazione psicofisica
 Essa rappresenta la relazione tra lo
stimolo fisico esterno che questo provoca.
 Lo studio delle relazioni che si instaurano
fra l'intensità dell'energia che colpisce gli
organi di senso e l'intensità
dell'esperienza sensoriale del percipiente,
cioè "il rapporto fra il mondo degli stimoli
fisici e quello delle esperienze
psicologiche da essi prodotte" (Fechner,
1801-1887).
Limiti degli organi di senso
 Nella fase di registrazione i nostri organi di
senso vincolati da alcuni limiti.
 Il primo è legato al fatto che ogni sistema è
sensibile solo ad un particolare tipo di
energia.
 Ciò comporta che molti altri stimoli sono
presente nell’ambiente ma noi non possiamo
avvertirli, perché il nostro sistema sensoriale
non è capace di rilevarli.
Le soglie
 Un altro limite è l’intensità dello stimolo.
 Questo vuol dire che qualsiasi stimolo fisico
deve raggiungere un livello minimo per
suscitare una sensazione.
 Questo livello, chiamato soglia assoluta,
segna il confine fra gli stimoli che vengono
recepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari)
e gli stimoli che, pur essendo presenti, non
sono avvertiti dall’organismo (stimoli
infraliminari).
La soglia assoluta
La soglia differenziale
 La soglia differenziale è la minima
differenza tra due stimoli che possa
essere colta.
 La differenza minima di intensità che due
stimoli devono avere per essere avvertita
nel 50% dei casi.
Misurazione della soglia
differenziale
 Come per la soglia assoluta ma
presentando ogni volta due stimoli:
Stimolo standard – costante.
Stimolo di confronto – variabile.
 La risposta consiste nel segnalare quando
si “sente” la differenza.
 La soglia differenziale si ha quando il
soggetto capta la differenza nel 50% dei
casi.
Legge di Weber e di Fechner
 La differenza appena percepibile è una
costante, che ha un valore specifico per ogni
modalità sensoriale (Costante di Weber), e
che misura l'intensità di uno stimolo
dicendoci di quanto esso deve variare per
essere percepito come diverso da un altro.
 Ad esempio per la pesantezza è 0.02.
 Se il peso iniziale è gr.40 la differenza appena
percepibile sarà di 0.02X40, cioè 0.8 gr., se il
peso iniziale è gr.400, la differenza appena
percepibile sarà di 0.02X400, cioè 8gr.
Legge di Weber e di Fechner
 Fechner scoprì che tra l'intensità dello stimolo e
quella della sensazione vi è una relazione per cui
dall'una si può ricavare l'altra.
 “Perché l'intensità di una sensazione cresca in
progressione aritmetica, lo stimolo deve accrescersi
in progressione geometrica” (Fechner, 1801-1887).
 Relazione espressa dalla formula:
 S = k logI (S= sensazione; k costante specifica per
modalità sensoriale; log, logaritmo; I intensità dello
stimolo).
Legge di Weber e di Fechner
Introduzione alla percezione
 Gli organi di senso rappresentano la base
biologica della percezione.
 Nell’uomo concludono la loro maturazione
entro i primi 4-5 mesi di vita.
 Le informazioni registrate dagli organi di
senso, specie-specifiche, vengono integrate
attraverso il processo percettivo, che a sua
volta funziona in modo pre-programmato in
base alle sue caratteristiche biologiche.
Problema
 Quale fiducia dare agli organi di senso e alla
percezione, che si fonda sui dati da essi rilevati?
 Sappiamo che i dati sensoriali non sono sempre
veridici, ci sono infedeltà percettive, distorsioni,
mancate corrispondenze.
 Questa constatazione può condurre ad una
svalutazione dell'attività percettiva a causa di
una falsa impostazione del problema: ritenere
cioè che lo scopo della percezione sia la
registrazione accurata di ciò che è presente nel
mondo.
Risoluzione del problema
 Il problema si risolve a favore della fiducia
nella percezione (specie-specifica) se la
si considera come un complesso
meccanismo, preposto alla raccolta ed
elaborazione, in tempi molto brevi, di una
grande quantità di informazioni utili e/o
necessarie al sistema cognitivo e a quello
motorio per raggiungere i loro obiettivi,
prima di tutto quello della sopravvivenza.
La percezione
 La percezione visiva ha come oggetto di
studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò
che noi vediamo, così come lo vediamo.
 Ciò che noi vediamo, così come lo
vediamo, può essere chiamato fenomeno.
 Detto altrimenti, la percezione visiva
studia l'organizzazione dello spazio
percettivo, data una certa configurazione
di stimoli limitata nel tempo e nello spazio.
Realismo ingenuo e percezione
 Realismo ingenuo: la percezione è una fotocopia della realtà:
quello che percepiamo nel mondo fisico (percetto) corrisponde
alla realtà percepita (fenomenico).
 NON E’ PROPRIO COSI’
 Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto
fenomenico: quello che esiste nel mondo fisico non compare a
livello percettivo (figure mascherate o nascoste: mimetismo)
 Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fisico:
quello che percepiamo sul piano fenomenico non esiste sul
piano fisico (figure anomale).
 Si può verificare una discrepanza fra oggetto fisico e fenomenico
(illusioni ottiche).
Elaborazione dell’informazione che
si conclude con la percezione
 Input Ambientale (Stimolo Distale)
↓
 Registro Sensoriale (Stimolo Prossimale,
Organi di Senso)
↓
 Selezione Tramite Attenzione Selettiva
dell’input Interessante
↓
 Percezione-Riconoscimento
La catena psicofisica
 Perché abbia luogo una percezione si
devono dare 3 condizioni:
 un pezzo di mondo che emetta e/o rifletta
qualche tipo di energia (stimolo distale).
 un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica
ecc.) che sia in grado di modificare gli organi
sensoriali (questa stimolazione che ricevono gli
organi di senso viene detta stimolo prossimale).
 un sistema di elaborazione che sia in grado di
decodificare e interpretare le modificazioni che
l'energia ha prodotto negli organi di senso (dà
luogo al percetto).
La catena psicofisica
1
2, 3
4
5
6
7
1 - La luce che viene riflessa dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore,
2 - forma un’immagine sulla retina
3 - e genera impulsi elettrici nei recettori;
4 - gli impulsi nervosi viaggiano attraverso le fibre nervose,
5 - raggiungono il cervello
6 - dove vengono “elaborati”
7 - e il percettore vede l’oggetto
Catena psicofisica: l’esempio
della vista
 Trasmissione neurale: vie tra
la retina e il cervello.
 L’informazione visiva si dirige
verso la corteccia visiva (lobo
occipitale).
 Incrocio nel chiasma ottico: la
metà destra del campo visivo
si proietta sulla metà sinistra di
ogni retina.
 Occhi frontali, con buona
visione stereoscopica
(profondità).
Le aree della corteccia occipitale
Esperimento
Coprite l’occhio sinistro e, tenendo il foglio alla distanza di
30 cm circa dagli occhi, fissate la croce e
contemporaneamente avvicinate lentamente il foglio al viso
finché l’immagine del punto scomparirà.
Ripetete la prova con l’occhio destro coperto: fissando il
punto nero scomparirà la croce.
Esperimento
In questo caso la “x” viene sostituita dalla barra nera.
Elaborazione bottom-up e top-
down
 La prima prospettiva ipotizza una modalità
di elaborazione guidata dai dati sensoriali,
ossia dalle singole parti dello stimolo.
 La seconda ipotizza che la percezione sia
guidata dalla conoscenza o guidata dai
concetti cioè basata sulle rappresentazioni
contenute in memoria.
Es.: possiamo riconosciamo un’automobile a
partire dalla proprietà fisiche oppure partendo
dal concetto di automobile.
Elaborazione bottom-up e top-down
 Il problema “top-down o bottom-up o entrambi” nasce
quando si desidera assegnare una struttura a dei dati
secondo qualche principio
 top-down: si usano i principi per predire i dettagli dei dati
(struttura degli oggetti per predire le disparità retiniche)
 bottom-up: si usano i dati per predire le strutture a livello più alto
(disparità retiniche per struttura oggetti)
 Differenti modalità di predizione: qual è la migliore?
 le sole considerazioni computazionali non permettono di
decidere quale modalità adotta un sistema cognitivo
 necessità di prove empiriche
 bottom-up: il sistema funziona senza conoscenze di alto livello
 top-down: il sistema funziona quando i dati sono degradati
La teoria della percezione di
Gibson
 Rifiuto della teoria cognitivista dell’elaborazione
delle informazioni: le informazioni sono già
presenti nella stimolazione e possono essere
colte direttamente.
 Teoria della percezione diretta.
 Sensi = sistemi percettivi diretti con la funzione
di cogliere le invarianti strutturali disponibili
nell’ambiente.
 Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è
quella necessaria per la percezione visiva.
La teoria della percezione di
Gibson
 “Ask not what is inside the observers head, but what the
observers head is inside of.”
 È impossibile studiare processi percettivi e cognitivi
indipendentemente dal contesto e dal tipo di
implementazione.
 Nesso organismo-ambiente (= ciò che circonda
l’organismo). Ambiente non corrispondente all’ambiente
fisico.
 Nell’ambiente c’è:
 un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di
percepire le sostanze,
 delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, ecc.),
 delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma, una
tessitura, variano.
La teoria della percezione di
Gibson
 Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la
luce entra nell’occhio in movimento
dell’osservatore, subendo modificazioni continue
e sistematiche: il flusso ottico.
 Da assetto ottico, statico -> a flusso ottico,
dinamico.
 Nel mutamento aspetti che restano invarianti:
es. rigidità degli oggetti.
 Il movimento è essenziale per la visione. Il
movimento dell’osservatore nel flusso produce
trasformazioni nel flusso ottico.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances
 Per Gibson, le informazioni hanno senso
per l’organismo che le coglie direttamente
dalla stimolazione in quanto affordances
presentate dall’ambiente in relazione al
valore evolutivo che hanno per
l’organismo.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances
 L’ambiente si offre al soggetto. Es. mela.
 Le affordances riguardano SIAla percezione che l’azione.
 Le affordances sono SIA soggettive che oggettive
 Le affordances riguardano SIA l’ambiente che gli individui.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances
 Le affordances sono variabili.
 Variabilità e soggettività della affordances sono
rapportate alle dimensioni degli individui.
 Artefatti: abbiamo modificato l’ambiente per
modificare quello che ci offre.
La posizione di Neisser
 L’individuo possiede degli schemi cognitivi che
lo orientano e lo guidano nella esplorazione
percettiva (e selezione) degli stimoli, attraverso
un meccanismo di assimilazione.
 Nel caso in cui gli elementi ambientali siano
incongruenti (o nuovi e sconosciuti) rispetto agli
schemi posseduti dal soggetto, gli schemi stessi
verranno modificati (accomodati) in funzione dei
feedback ambientali.
Ciclo percezione-azione di Neisser
La teoria di Marr
 Marr (1982): "Vision is a process that
produces from images of the external
world a description that is useful to the
viewer".
 Elementari: distribuzione nello spazio
dell’intensità della luce che colpisce la
retina.
 Strutturali: legate alle relazioni tra le parti
consentono di riconoscere lo stimolo.
 Anche se variazioni delle proiezioni
retiniche, ricostruiamo la stessa struttura
La teoria di Marr
 Marr(1982) propone 4 livelli di
rappresentazione:
Immagine
Sketch primario
Sketch a 2 ½D
Sketch a 3D
 Ogni forma di rappresentazione ha un
insieme di primitivi-
La teoria di Marr
 Immagine – rappresenta
l’intensità della luce
 Abbozzo (sketch) Primario.
Rappresenta i cambiamenti di
intensità. Primitivi: linee,
contorni, angoli.
 Abbozzo a 2D Rappresenta le
superfici visibili.½. Primitivi:
superfici con diverso
orientamento.
La teoria di Marr
 Modello a 3D
rappresenta la struttura
3D – Primitivi: cilindri
con orientamento –
 Risolve il problema della
visione di livello alto:
riconoscimento degli
oggetti.
 Costanza dell’oggetto:
non cambia con il punto
di vista.
 Implica un quadro di
riferimento basato
sull’oggetto
Riconoscere gli oggetti
 Partiamo dalla seguente domanda: come
facciamo a riconoscere una lettera o una
parola nonostante le diverse forme nelle
può essere scritta?
 Riconoscere una configurazione visiva
significa fare un confronto tra gli stimoli in
arrivo e le informazioni presenti in
memoria.
Comparazione tra sagome
 Questa teoria parte dal presupposto che
nella nostra memoria sarebbe archiviato
un numero enorme di sagome, ossia tutte
quelle forme di oggetti che possiamo
riconoscere.
Oggetto = comparazione tra le sagome
presenti in memoria e quelle presenti
nell’ambiente.
 Il risultato di questo processo è il
riconoscimento dell’oggetto.
Comparazione tra sagome
 Mentre nella realtà esistono strumenti in
grado di utilizzare questi sistemi di
confronto (es. codici a barre). Ogni
oggetto è caratterizzato da un particolare
codice.
 La nostra memoria non può contenere un
archivio con un enorme numero di
configurazioni tali da permetterne il
riconoscimento.
Teoria dei prototipi
 Questa teoria prevede che il confronto
avvenga tra lo stimolo esterno ed un
prototipo interno che contiene le proprietà più
frequenti e più tipiche di un certo insieme di
oggetti.
 Un prototipo non ha le proprietà di una
sagoma, ma è una rappresentazione astratta
della configurazione.
 In sostanza non deve essere identico ma
occorre solo che condivida alcune delle
proprietà della configurazione.
Teoria dei prototipi
 Questo significa che saremo in grado di
conoscere il nostro amico anche se ha la
barba più lunga.
 Oltretutto noi siamo in grado di formarci dei
nuovi prototipi di oggetti pur non avendoli mai
visti prima, integrando le caratteristiche di
una determinata configurazione.
 Il problema è che questa teoria non spiega
come si formano nella nostra memoria i
prototipi e le modalità secondo le quali sono
archiviati.
Teoria delle caratteristiche
 Secondo questa teoria il confronto
avverrebbe tra alcune caratteristiche delle
stimolo esterno e le proprietà archiviate in
memoria.
 Il riconoscimento avverrebbe per stadi
successivi, ossia:
 Rilevata così come appare sulla retina.
 La configurazione sarebbe sezionata
analizzandone le proprietà che la costituiscono.
 L’assemblaggio delle proprietà dello stadio
precedente darebbe vita al riconoscimento
cognitivo.
Teoria delle caratteristiche
 Gli stimoli visivi sono riconosciuti
comparando le proprietà che contengono
con le caratteristiche presenti in memoria.
 Siamo in grado di riconoscere gli stimoli
che contengono il maggior numero di
caratteristiche contenute anche in
memoria.
 Rispetto alle altre teoria questa è
supportata da evidenze empiriche.
Il completamento amodale
 La percezione costruisce la realtà di cui abbiamo
esperienza. Nella figura la parte nascosta della
striscia nera è presente nella nostra coscienza
anche se non è fisicamente visibile.
L’articolazione figura-sfondo
(Rubin, 1915)
 È la prima segmentazione
del flusso delle stimolazioni:
 non c’è figura senza
sfondo e viceversa.
 Nella figura a lato riusciamo
a riconoscere uno sfondo
come figura all’interno della
configurazione in cui la
figura ha una sua forma
mentre lo sfondo ne è
privo?
Sagome incluse
Area minore
Assi cartesiani
L’articolazione figura-sfondo
 Nella comune osservazione visiva, gli
spazi vuoti tra gli oggetti non vengono
notati.
 Noi vediamo gli oggetti come entità dotate
di forma, mentre gli spazi intermedi ne
sono privi, salvo quando esercitiamo un
certo sforzo e riusciamo a vedere i vuoti
come figure.
L’articolazione figura-sfondo
L’area minore è
percepita come figura
Diventa figura la regione con
gli assi orientati secondo le
direzioni principali dello spazio
percettivo, verticale e
orizzontale
L’articolazione figura-sfondo
La regione inclusa-circoscritta è
percepita come figura
Diventa figura la regione
convessa (favorisce l’emergere
della figura), rispetto a quella
concava (tende a provocare la
percezione di sfondo)
Esempio di loghi che usano
l’organizzazione figura-sfondo
Dalla figura-sfondo alle figure
reversibili
 Non sempre, la relazione figura-sfondo risulta
completamente determinata dalle caratteristiche
dello stimolo visivo.
 Quando gli indizi presenti nella scena sono scarsi
oppure ambigui, incontriamo delle difficoltà nel
decidere a quale forma attribuire il significato di
figura e a quale il significato di sfondo.
 Questo fenomeno è detto figura reversibile, vale a
dire figure nelle quali si ha una inversione tra la
figura e lo sfondo.
Figure reversibili o instabili
 Quando nessuna di queste condizioni privilegia
una parte del campo visivo rispetto alle altre, si
ha una situazione di instabilità e una continua
reversibilità del rapporto figura/sfondo.
Figure bistabili
 Nel caso delle figure bistabili assume rilevanza
anche l’impostazione soggettiva
dell’osservatore, che determina la segregazione
figura/sfondo sulla base di uno spostamento
dell’attenzione (Kanizsa, 1975).
La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva
 L’informazione che noi percepiamo sta in
questa organizzazione.
 Di fatto, Gestalt in tedesco significa
“insieme organizzato”, “configurazione
armonica” e secondo i fautori di questo
approccio, la vera unità fondamentale per
lo studio della percezione sta nella Gestalt
dello stimolo sensoriale, non nei singoli
elementi che lo compongono.
La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva
 Questo processo di organizzazione intrinseca è
regolato da alcuni fattori o leggi gestaltiche.
 Grazie a questi fattori le parti di un campo
percettivo vengono a costituire delle totalità
coerenti e strutturate (Gestalten) come figure
sullo sfondo, come oggetti dotati di proprie
caratteristiche (colore, movimento, ecc.).
 In questa prospettiva la percezione costituisce
un processo primario che conduce alla
segmentazione del campo fenomenico in unità
distinte con le loro proprietà e relazioni
immediate ed evidenti (Kanizsa, 1980).
La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva
 Nella teoria formulata dalla Gestalt il
sistema nervoso è predisposto a
rispondere ai pattern degli stimoli
sensoriali con meccanismi innati, che
agiscono in base ad alcune regole
fondamentali, definite principi
dell’organizzazione percettiva: (Koffka,
1935; Wertheimer, 1923):
Vicinanza, somiglianza, chiusura, continuità,
movimento comune, simmetria, esperienza
passata.
Vicinanza
 Tendiamo a vedere gli
elementi di uno stimolo
visivo tra loro vicini come
parti dello stesso oggetto,
e quelli distanti come
parti di oggetti differenti.
 Questo ci permette di
separare un vasto
insieme di elementi in
un insieme meno
numeroso di oggetti.
Somiglianza
 Tendiamo a vedere gli
elementi di uno stimolo
fisicamente simili come
parti dello stesso
oggetto, e gli elementi
diversi come parte di
oggetti differenti.
 Siamo in grado di
distinguere tra due
oggetti diversi in base
alle differenze visive.
Somiglianza dovute al colore
La similarità del colore fa sì che una serie di
punti neri e grigi venga percepita come una
serie di quadrati neri che si alternano a
quadrati grigi.
Chiusura
 Tendiamo a vedere le forme
come delimitate da un
contorno continuo e a
ignorare le eventuali
interruzioni di tale
continuità.
 Questo ci aiuta a percepire
le forme come complete
anche quando sono
parzialmente nascoste da
altri oggetti.
Continuità
 Quando varie linee si
intersecano, tendiamo a
riunire i segmenti in modo
da formare linee il più
possibile continue, col
minimo cambiamento di
direzione.
 Questo ci permette di
attribuire una certa linea a
un particolare oggetto
quando due o più oggetti si
sovrappongono.
Movimento comune
 Quando gli elementi di
uno stimolo si muovono
nella stessa direzione e
alla stessa velocità,
tendiamo a vederli
come parti di un unico
oggetto.
 Questo ci aiuta a
distinguere un oggetto
in movimento dallo
sfondo.
Simmetria
 Il sistema percettivo
cerca di produrre
percezioni il più
possibile eleganti:
semplici, ordinate,
simmetriche, regolari e
prevedibili.
 Il nostro sistema
percettivo organizza gli
stimoli nella forma più
semplice possibile.
Esperienza passata
 Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la
segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre
condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in
modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali
abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di
forme sconosciute o poco familiari.
 In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che
l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che
influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto ad
altre.
Le illusioni ottiche
 A volte i nostri processi percettivi, a causa
di condizioni visive inadeguate, possono
indurci in errore.
 La tendenza a percepire i pattern visivi e
gli oggetti come insiemi organizzati è così
forte che in alcuni casi il sistema
percettivo aggiunge elementi mancanti,
creando delle vere illusioni ottiche
(percezione falsa o distorta della realtà).
Le illusioni ottiche
 Nel campo delle illusioni, possiamo
distinguere quattro differenti tipi di illusioni
visive:
figure ambigue
figure paradossali
figure fittizie
distorsioni
Le illusioni ottiche: figure
paradossali
 Se osserviamo attentamente la figura notiamo che non può
esistere come oggetto tridimensionale.
 Il nostro sguardo ripercorre incessantemente la figura, come
se andasse alla ricerca di una chiave di soluzione, di un
indizio di stabilità, ma è uno sforzo vano perché è impossibile
trovare una soluzione.
Le illusioni ottiche: figure fittizie
 I contorni del triangolo non sono fisicamente presenti,
pur essendo percettivamente colti. Si tratta di contorni
anomali e illusori, generati dalla distribuzione e
dall’organizzazione degli elementi della stimolazione.
Le illusioni ottiche: distorsioni
Illusione di PonzoIllusione di Müller-Lyer
Le illusioni ottiche: distorsioni
 L’illusione di Müller-Lyer è stata spiegata nel
modo seguente: quando i segmenti che si
trovano alle estremità della linea convergono,
la linea viene percepita come più corta
rispetto a quando divergono.
 I segmenti convergenti ci dicono che la linea
è più vicina a noi, quelli divergenti che è più
lontana.
 Questa stessa spiegazione è stata applicata
per spiegare anche l’illusione di Ponzo.
Movimento apparente
 Grazie a Wertheimer si è saputo molto del
perché percepiamo immagini in movimento
quando guardiamo un film, ad esempio
 Egli scoprì che alternando il tempo di
illuminazione fra due fonti luminose vicine era
possibile dare la sensazione di movimento
 Con intervalli di 50/100 ms si produceva un
movimento apparente
 Con intervalli maggiori si aveva la sensazioni di
vedere due stimoli stazionari
beta
Movimento stroboscopico
(Wertheimer 1912)
phi puro
Movimento stroboscopico
(Wertheimer 1912)
I meccanismi percettivi
 I meccanismi delle illusioni percettive sono vari e vanno
esaminati caso per caso.
 Il più delle volte si tratta di errori o disfunzioni nei
meccanismi correttivi che il cervello mette in atto (come
ad esempio nelle costanze) e che di solito hanno l’effetto
di migliorare il processo percettivo.
 Nel caso del movimento apparente, invece, abbiamo a
che fare con situazioni esterne che vanno oltre i limiti
delle capacità percettive del sistema nervoso.
Percezione della lettura
 La lettura è una complessa attività in cui entra in gioco la
percezione, delle singole lettere, delle parole e delle
frasi, ma la parte principale spetta alle funzioni superiori,
in particolare al linguaggio.
 Il testo è esplorato a scatti, come l’immagine.
 In ogni fissazione si vede bene solo un piccolo tratto di riga (span
percettivo).
 La percezione del testo è discontinua (l’esplorazione è a salti), selettiva
(non tutto il materiale di una riga viene visto) e guidata dal cervello che
si basa soprattutto sull’esigenza di acquisire significati.
 Il cervello integra i dati frammentari raccolti nell’esplorazione del testo
basandosi essenzialmente sui significati.
Processamento umano
dell’informazione
 Nel processamento delle informazioni, possiamo
identificare almeno sei importanti unità che sono attive
mentre un individuo umano osserva un oggetto:
 recettori sensoriali, registri sensoriali, memoria permanente,
processi di riconoscimento di configurazioni, attenzione e
memoria di servizio.
 I recettori sensoriali nel processo visivo sono composti
da milioni di cellule specializzate che rispondono per
prime agli input ambientali. Essi rappresentano il primo
gradino nel processamento di tutte le immagini
provenienti dal mondo esterno.
I processi più importanti
 Sono molti i processi che devono essere condotti sugli
stimoli ambientali, per poterne derivare un significato.
 Ogni processo richiede del tempo.
 Poiché l’ambiente può cambiare rapidamente, e dato
che uno stimolo può terminare prima del completamento
del processo percettivo, potremmo attenderci che
l'analisi di molti stimoli termini a metà, prima che ne sia
determinato il significato.
I processi più importanti
 Nei fatti la cosa non è frequente, in quanto noi
siamo dotati di sistemi che trattengono per breve
tempo una rappresentazione abbastanza completa
degli stimoli, e così l’analisi percettiva può essere
condotta a termine.
 Sono questi sistemi che costituiscono i registri
sensoriali e sono la seconda componente
importante di processamento delle informazioni
(immagini).
Pattern recognition
 Dire che la percezione implica la determinazione
del significato degli stimoli implica che gli individui
abbiano un repertorio permanente di conoscenze
sul loro mondo. E’ questo deposito che va
consultato per determinare il senso di un dato
evento. Nel modello presentato tale componente ha
preso il nome di memoria permanente. E’
improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro
ambiente abbiano esattamente la stessa forma
della conoscenza che possediamo del mondo e che
abbiamo immagazzinato nella memoria
permanente.
 Entrano allora in gioco numerosi processi di
riconoscimento di configurazioni (pattern
recognition).
Pattern recognition
 Le ricerche su questo tema indagano su come l’individuo riesce a
determinare che un particolare insieme di linee e d’angoli è, per
esempio, la lettera A, o un particolare insieme di linee curve
rappresenti una certa immagine. In sostanza, il riconoscimento di
configurazioni si occupa di come gli stimoli ambientali sono
identificati con qualcosa già immagazzinato nella memoria
dell’individuo. Per capire in poche parole cosa accade bisogna
specificare cosa s’intende per concetto o schema. Questi termini si
riferiscono a strutture mentali, ad unità organizzate delle
conoscenze che l’individuo ha del mondo. Noi possediamo un
ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui
libri, fiori, gli alberi, ecc. Essi possono avere vari livelli di generalità,
e possono essere legati ad altri schemi.
La memoria di servizio
 Il numero di stimolazioni ambientali ai quali un individuo
potrebbe prestare attenzione è illimitato. Per esempio,
abbiamo visto che vi sono milioni di sfumature di colore,
d’effetti di contrasto, di forme che egli potrebbe
analizzare e percepire. Ma poiché l’individuo ha limitate
capacità di processamento allora egli deve decidere
come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire.
E’ questo il processo dell’attenzione.
 Un aspetto cruciale della capacità di processare
informazioni risiede nella capacità dell’individuo di porre
in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni
cognitive.
La memoria di servizio
 Questo tipo di memoria è legato a quel che
comunemente è detto consapevolezza. L’individuo
diventa così capace di controllare o modificare alcuni
processamenti che sta compiendo. Quest’aspetto
consente anche di pianificare o di generare delle
condizioni uniche d’informazioni in cui non si è mai
imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983).
 Le sei componenti costituiscono il fondamento in base al
quale si può spiegare come un individuo faccia a trarre
significati dalle immagini visive, a prestar loro attenzione
ed a ricordarle.
La Computer vision
 La vista è il più importante sistema sensoriale dell’uomo,
dal quale otteniamo il maggior numero d’informazioni
sull’ambiente che ci circonda. Lo studio di questo settore
rappresenta uno degli argomenti più importanti delle
Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale in quanto,
per poter costruire macchine artificiali capaci di eseguire
compiti adattivi complessi, in ambienti in continuo
mutamento, sicuramente devono essere dotate di
capacità visive. Il sistema visivo umano è molto
complesso dal punto di vista neurofisiologico (Oatley,
1982), anche se il comportamento visivo è attuato in
modo completamente automatico nei soggetti umani.
La Computer vision
 Infatti, l’azione del vedere non è soltanto una
trasduzione di segnale, ma include anche
l’interpretazione dell’immagine.
 Tale processo presuppone:
 l’estrazione d’informazioni parziali che riguardano
l’individuazione di tutti gli oggetti presenti nell’immagine;
 la determinazione delle posizioni spaziali degli oggetti e delle
loro dimensioni;
 la costruzione di una rappresentazione sintetica della scena a
partire dall’immagine stessa.
I sistemi di visione artificiale
 Il processo visivo, sia naturale sia artificiale, gestisce
una rilevante quantità d’informazioni. Tale
informazione sono codificate in una matrice
bidimensionale, l’immagine, che rappresenta le
misure della quantità di luce riflessa nell’occhio, o,
per il sistema artificiale nella telecamera, da ogni
punto della superficie degli oggetti tridimensionali
presenti nella scena. Questo lavoro di registrazione
dell’immagine nell’occhio umano è svolto da più di
100 milioni di recettori, presenti nelle due retine. Nel
caso del sistema di visione artificiale, nella
telecamera il numero d’elementi recettori è cento
volte inferiore rispetto all’occhio umano.
I sistemi di visione artificiale
 Tuttavia, poiché ogni punto dell’immagine è codificato con un
numero d’otto cifre, la quantità d’informazioni presenti in ogni
immagine è veramente imponente. Per imitare l’occhio umano è
necessario che il sistema visivo artificiale sia in grado di
processare almeno alcune immagini il secondo. Per cui, nella
progettazione di tali sistemi è necessario prevedere la
disponibilità di calcolatori con enorme capacità computazionale e
di dispositivi dedicati per compiere il calcolo ad altissima velocità
o in tempo reale. Nonostante tutta l’informazione che un
calcolatore può stivare e computare per un’immagine, essa
risulta insufficiente per il problema della proiezione del mondo
tridimensionale sulla superficie bidimensionale dell’immagine,
che determina una perdita d’informazione sulla profondità con la
comparsa d’ambiguità interpretative.
La tridimensionalità
 Come si passa dalla realtà tridimensionale della scena al
mondo bidimensionale dell’immagine è un argomento
che fu affrontato per la prima volta dagli artisti del
Rinascimento, che, per superare il problema della
realizzazione d’opere pittoriche realistiche, inventarono
un modello prospettico di formazione dell’immagine,
attualmente utilizzato anche per la visione artificiale
(Kruger, 1990). Secondo tale modello, l’immagine di una
scena tridimensionale, vista dall’angolazione
dell’osservatore, si ottiene come intersezione con un
piano dei raggi luminosi congiungenti i punti della scena
con il punto di vista scelto (Mangili e Musso, 1992)
La visione artificiale
 Analizzando invece alcuni processi della visione
artificiale, ci si rende conto che il compito che deve
svolgere la macchina è rovesciato, rispetto agli artisti
rinascimentali: mentre l’artista ha l’obiettivo di costruire
un’immagine, a partire dal mondo reale, il sistema di
visione artificiale deve invece, partendo dall’immagine,
ricostruire o interpretare il modello tridimensionale.
 Le metodologie studiate per affrontare questo problema
sono di due tipi: l’approccio monoculare e quello
binoculare.
La visione artificiale
 Il primo approccio analizza le scene basandosi su
immagini singole, mentre il secondo seguendo una
strategia di tipo umano, sfrutta la cooperazione e la
concatenazione di più immagini di una scena ripresa da
più punti di vista, per ricostruire la stessa scena.
 La differenza tra le due alternative si coglie se si fa il
paragone con la visione umana, quando si utilizza un
solo occhio e quando si utilizzano due occhi.
 Nel primo caso, visione con un solo occhio, sia la
profondità sia le proporzioni fra gli oggetti presenti in una
scena sono molto difficili da percepire.
Conclusioni
 Il nostro sistema visivo opera continuamente
confronti e mette in relazione gli stimoli percepiti in
modo da riconoscerli e semmai dargli un significato
 Ogni cosa quindi ha una funzione: il colore, il
movimento, gli indici propriocettivi, gli indici di
profondità, la relazione fra gli elementi, la
segmentazione figura sfondo, ecc.
 Queste informazioni (parallele) che vengono
continuamente integrate ci permettono di vivere in
un ambiente, anche a costo di interpretare
l’ambiente come in realtà non è.
Le informazioni vengono continuamente
integrate in base a quello che noi già
sappiamo del mondo (top-down) e a
quello che recepiamo (bottom-up), in
modo da rientrare comunque in uno
schema.
L’integrazione di questi elementi e delle
nostre conoscenze apprese e ri-elaborate
ci permettono di dare un senso ai pattern
visivi, come quello della figura.
c
Conclusioni
c
Percorso di autoverifica
 La sensazione
 La psicofisica
 Elaborazione delle informazioni e riconoscimento
degli oggetti
 Cosa si intende per percezione e le principali
teorie
 L’articolazione figura-sfondo
 La teoria della Gestalt
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 Le leggi o principi dell’organizzazione percettiva

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Percezione sensazione

  • 2. Sommario  In questa lezione si affronteranno i seguenti argomenti: I processi sensoriali Introduzione alla psicofisica Il riconoscimento degli oggetti Le leggi dell’organizzazione percettiva
  • 3. La sensazione  La funzione degli organi di senso è registrare i cambiamenti che avvengono nell’ambiente e trasmetterli al cervello.  Per esempio il sistema visivo è sensibile alla luce riflessa da un oggetto (energia elettromagnetica) e, quindi i diversi sistemi sensoriali devono tradurre in impulsi nervosi.
  • 4. La trasduzione sensoriale  Ogni senso comporta la trasduzione, o modificazione di stato, di un tipo di energia presente nel mondo esterno (onde luminose o sonore, ad esempio) in segnali neuronali, un altro tipo di energia.
  • 5. Accessory structure modifies energy Receptor transduces energy into a neural response Sensory nerve transfers the coded activity to the central nervous system Thalamus processes and relays the neural response Cerebral cortex receives input and produces the sensation and perception 1. 2. 3. 4. 5. Energy contains information about the world
  • 6. Il processo di trasduzione  I sensi non devono rispondere solo alla stimolazione di una particolare forma di energia, ma devono anche rispondere in modo differenziato alle variazioni di tale energia.  Ogni forma di energia può variare secondo due dimensioni: quantitativa e qualitativa.  Per tutti i sensi il processo di trasduzione avviene in modo tale che l’informazione relativa alla quantità e alla qualità dell’energia si conserva nel pattern dei potenziali d’azione inviati al cervello (codificazione).
  • 7. La relazione psicofisica  Essa rappresenta la relazione tra lo stimolo fisico esterno che questo provoca.  Lo studio delle relazioni che si instaurano fra l'intensità dell'energia che colpisce gli organi di senso e l'intensità dell'esperienza sensoriale del percipiente, cioè "il rapporto fra il mondo degli stimoli fisici e quello delle esperienze psicologiche da essi prodotte" (Fechner, 1801-1887).
  • 8. Limiti degli organi di senso  Nella fase di registrazione i nostri organi di senso vincolati da alcuni limiti.  Il primo è legato al fatto che ogni sistema è sensibile solo ad un particolare tipo di energia.  Ciò comporta che molti altri stimoli sono presente nell’ambiente ma noi non possiamo avvertirli, perché il nostro sistema sensoriale non è capace di rilevarli.
  • 9. Le soglie  Un altro limite è l’intensità dello stimolo.  Questo vuol dire che qualsiasi stimolo fisico deve raggiungere un livello minimo per suscitare una sensazione.  Questo livello, chiamato soglia assoluta, segna il confine fra gli stimoli che vengono recepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari) e gli stimoli che, pur essendo presenti, non sono avvertiti dall’organismo (stimoli infraliminari).
  • 11. La soglia differenziale  La soglia differenziale è la minima differenza tra due stimoli che possa essere colta.  La differenza minima di intensità che due stimoli devono avere per essere avvertita nel 50% dei casi.
  • 12. Misurazione della soglia differenziale  Come per la soglia assoluta ma presentando ogni volta due stimoli: Stimolo standard – costante. Stimolo di confronto – variabile.  La risposta consiste nel segnalare quando si “sente” la differenza.  La soglia differenziale si ha quando il soggetto capta la differenza nel 50% dei casi.
  • 13. Legge di Weber e di Fechner  La differenza appena percepibile è una costante, che ha un valore specifico per ogni modalità sensoriale (Costante di Weber), e che misura l'intensità di uno stimolo dicendoci di quanto esso deve variare per essere percepito come diverso da un altro.  Ad esempio per la pesantezza è 0.02.  Se il peso iniziale è gr.40 la differenza appena percepibile sarà di 0.02X40, cioè 0.8 gr., se il peso iniziale è gr.400, la differenza appena percepibile sarà di 0.02X400, cioè 8gr.
  • 14. Legge di Weber e di Fechner  Fechner scoprì che tra l'intensità dello stimolo e quella della sensazione vi è una relazione per cui dall'una si può ricavare l'altra.  “Perché l'intensità di una sensazione cresca in progressione aritmetica, lo stimolo deve accrescersi in progressione geometrica” (Fechner, 1801-1887).  Relazione espressa dalla formula:  S = k logI (S= sensazione; k costante specifica per modalità sensoriale; log, logaritmo; I intensità dello stimolo).
  • 15. Legge di Weber e di Fechner
  • 16. Introduzione alla percezione  Gli organi di senso rappresentano la base biologica della percezione.  Nell’uomo concludono la loro maturazione entro i primi 4-5 mesi di vita.  Le informazioni registrate dagli organi di senso, specie-specifiche, vengono integrate attraverso il processo percettivo, che a sua volta funziona in modo pre-programmato in base alle sue caratteristiche biologiche.
  • 17. Problema  Quale fiducia dare agli organi di senso e alla percezione, che si fonda sui dati da essi rilevati?  Sappiamo che i dati sensoriali non sono sempre veridici, ci sono infedeltà percettive, distorsioni, mancate corrispondenze.  Questa constatazione può condurre ad una svalutazione dell'attività percettiva a causa di una falsa impostazione del problema: ritenere cioè che lo scopo della percezione sia la registrazione accurata di ciò che è presente nel mondo.
  • 18. Risoluzione del problema  Il problema si risolve a favore della fiducia nella percezione (specie-specifica) se la si considera come un complesso meccanismo, preposto alla raccolta ed elaborazione, in tempi molto brevi, di una grande quantità di informazioni utili e/o necessarie al sistema cognitivo e a quello motorio per raggiungere i loro obiettivi, prima di tutto quello della sopravvivenza.
  • 19. La percezione  La percezione visiva ha come oggetto di studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò che noi vediamo, così come lo vediamo.  Ciò che noi vediamo, così come lo vediamo, può essere chiamato fenomeno.  Detto altrimenti, la percezione visiva studia l'organizzazione dello spazio percettivo, data una certa configurazione di stimoli limitata nel tempo e nello spazio.
  • 20. Realismo ingenuo e percezione  Realismo ingenuo: la percezione è una fotocopia della realtà: quello che percepiamo nel mondo fisico (percetto) corrisponde alla realtà percepita (fenomenico).  NON E’ PROPRIO COSI’  Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fenomenico: quello che esiste nel mondo fisico non compare a livello percettivo (figure mascherate o nascoste: mimetismo)  Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fisico: quello che percepiamo sul piano fenomenico non esiste sul piano fisico (figure anomale).  Si può verificare una discrepanza fra oggetto fisico e fenomenico (illusioni ottiche).
  • 21. Elaborazione dell’informazione che si conclude con la percezione  Input Ambientale (Stimolo Distale) ↓  Registro Sensoriale (Stimolo Prossimale, Organi di Senso) ↓  Selezione Tramite Attenzione Selettiva dell’input Interessante ↓  Percezione-Riconoscimento
  • 22. La catena psicofisica  Perché abbia luogo una percezione si devono dare 3 condizioni:  un pezzo di mondo che emetta e/o rifletta qualche tipo di energia (stimolo distale).  un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica ecc.) che sia in grado di modificare gli organi sensoriali (questa stimolazione che ricevono gli organi di senso viene detta stimolo prossimale).  un sistema di elaborazione che sia in grado di decodificare e interpretare le modificazioni che l'energia ha prodotto negli organi di senso (dà luogo al percetto).
  • 23. La catena psicofisica 1 2, 3 4 5 6 7 1 - La luce che viene riflessa dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore, 2 - forma un’immagine sulla retina 3 - e genera impulsi elettrici nei recettori; 4 - gli impulsi nervosi viaggiano attraverso le fibre nervose, 5 - raggiungono il cervello 6 - dove vengono “elaborati” 7 - e il percettore vede l’oggetto
  • 24. Catena psicofisica: l’esempio della vista  Trasmissione neurale: vie tra la retina e il cervello.  L’informazione visiva si dirige verso la corteccia visiva (lobo occipitale).  Incrocio nel chiasma ottico: la metà destra del campo visivo si proietta sulla metà sinistra di ogni retina.  Occhi frontali, con buona visione stereoscopica (profondità).
  • 25. Le aree della corteccia occipitale
  • 26. Esperimento Coprite l’occhio sinistro e, tenendo il foglio alla distanza di 30 cm circa dagli occhi, fissate la croce e contemporaneamente avvicinate lentamente il foglio al viso finché l’immagine del punto scomparirà. Ripetete la prova con l’occhio destro coperto: fissando il punto nero scomparirà la croce.
  • 27. Esperimento In questo caso la “x” viene sostituita dalla barra nera.
  • 28. Elaborazione bottom-up e top- down  La prima prospettiva ipotizza una modalità di elaborazione guidata dai dati sensoriali, ossia dalle singole parti dello stimolo.  La seconda ipotizza che la percezione sia guidata dalla conoscenza o guidata dai concetti cioè basata sulle rappresentazioni contenute in memoria. Es.: possiamo riconosciamo un’automobile a partire dalla proprietà fisiche oppure partendo dal concetto di automobile.
  • 29. Elaborazione bottom-up e top-down  Il problema “top-down o bottom-up o entrambi” nasce quando si desidera assegnare una struttura a dei dati secondo qualche principio  top-down: si usano i principi per predire i dettagli dei dati (struttura degli oggetti per predire le disparità retiniche)  bottom-up: si usano i dati per predire le strutture a livello più alto (disparità retiniche per struttura oggetti)  Differenti modalità di predizione: qual è la migliore?  le sole considerazioni computazionali non permettono di decidere quale modalità adotta un sistema cognitivo  necessità di prove empiriche  bottom-up: il sistema funziona senza conoscenze di alto livello  top-down: il sistema funziona quando i dati sono degradati
  • 30. La teoria della percezione di Gibson  Rifiuto della teoria cognitivista dell’elaborazione delle informazioni: le informazioni sono già presenti nella stimolazione e possono essere colte direttamente.  Teoria della percezione diretta.  Sensi = sistemi percettivi diretti con la funzione di cogliere le invarianti strutturali disponibili nell’ambiente.  Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è quella necessaria per la percezione visiva.
  • 31. La teoria della percezione di Gibson  “Ask not what is inside the observers head, but what the observers head is inside of.”  È impossibile studiare processi percettivi e cognitivi indipendentemente dal contesto e dal tipo di implementazione.  Nesso organismo-ambiente (= ciò che circonda l’organismo). Ambiente non corrispondente all’ambiente fisico.  Nell’ambiente c’è:  un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di percepire le sostanze,  delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, ecc.),  delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma, una tessitura, variano.
  • 32. La teoria della percezione di Gibson  Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la luce entra nell’occhio in movimento dell’osservatore, subendo modificazioni continue e sistematiche: il flusso ottico.  Da assetto ottico, statico -> a flusso ottico, dinamico.  Nel mutamento aspetti che restano invarianti: es. rigidità degli oggetti.  Il movimento è essenziale per la visione. Il movimento dell’osservatore nel flusso produce trasformazioni nel flusso ottico.
  • 33. La teoria della percezione di Gibson: le affordances  Per Gibson, le informazioni hanno senso per l’organismo che le coglie direttamente dalla stimolazione in quanto affordances presentate dall’ambiente in relazione al valore evolutivo che hanno per l’organismo.
  • 34. La teoria della percezione di Gibson: le affordances  L’ambiente si offre al soggetto. Es. mela.  Le affordances riguardano SIAla percezione che l’azione.  Le affordances sono SIA soggettive che oggettive  Le affordances riguardano SIA l’ambiente che gli individui.
  • 35. La teoria della percezione di Gibson: le affordances  Le affordances sono variabili.  Variabilità e soggettività della affordances sono rapportate alle dimensioni degli individui.  Artefatti: abbiamo modificato l’ambiente per modificare quello che ci offre.
  • 36. La posizione di Neisser  L’individuo possiede degli schemi cognitivi che lo orientano e lo guidano nella esplorazione percettiva (e selezione) degli stimoli, attraverso un meccanismo di assimilazione.  Nel caso in cui gli elementi ambientali siano incongruenti (o nuovi e sconosciuti) rispetto agli schemi posseduti dal soggetto, gli schemi stessi verranno modificati (accomodati) in funzione dei feedback ambientali.
  • 38. La teoria di Marr  Marr (1982): "Vision is a process that produces from images of the external world a description that is useful to the viewer".  Elementari: distribuzione nello spazio dell’intensità della luce che colpisce la retina.  Strutturali: legate alle relazioni tra le parti consentono di riconoscere lo stimolo.  Anche se variazioni delle proiezioni retiniche, ricostruiamo la stessa struttura
  • 39. La teoria di Marr  Marr(1982) propone 4 livelli di rappresentazione: Immagine Sketch primario Sketch a 2 ½D Sketch a 3D  Ogni forma di rappresentazione ha un insieme di primitivi-
  • 40. La teoria di Marr  Immagine – rappresenta l’intensità della luce  Abbozzo (sketch) Primario. Rappresenta i cambiamenti di intensità. Primitivi: linee, contorni, angoli.  Abbozzo a 2D Rappresenta le superfici visibili.½. Primitivi: superfici con diverso orientamento.
  • 41. La teoria di Marr  Modello a 3D rappresenta la struttura 3D – Primitivi: cilindri con orientamento –  Risolve il problema della visione di livello alto: riconoscimento degli oggetti.  Costanza dell’oggetto: non cambia con il punto di vista.  Implica un quadro di riferimento basato sull’oggetto
  • 42. Riconoscere gli oggetti  Partiamo dalla seguente domanda: come facciamo a riconoscere una lettera o una parola nonostante le diverse forme nelle può essere scritta?  Riconoscere una configurazione visiva significa fare un confronto tra gli stimoli in arrivo e le informazioni presenti in memoria.
  • 43. Comparazione tra sagome  Questa teoria parte dal presupposto che nella nostra memoria sarebbe archiviato un numero enorme di sagome, ossia tutte quelle forme di oggetti che possiamo riconoscere. Oggetto = comparazione tra le sagome presenti in memoria e quelle presenti nell’ambiente.  Il risultato di questo processo è il riconoscimento dell’oggetto.
  • 44. Comparazione tra sagome  Mentre nella realtà esistono strumenti in grado di utilizzare questi sistemi di confronto (es. codici a barre). Ogni oggetto è caratterizzato da un particolare codice.  La nostra memoria non può contenere un archivio con un enorme numero di configurazioni tali da permetterne il riconoscimento.
  • 45. Teoria dei prototipi  Questa teoria prevede che il confronto avvenga tra lo stimolo esterno ed un prototipo interno che contiene le proprietà più frequenti e più tipiche di un certo insieme di oggetti.  Un prototipo non ha le proprietà di una sagoma, ma è una rappresentazione astratta della configurazione.  In sostanza non deve essere identico ma occorre solo che condivida alcune delle proprietà della configurazione.
  • 46. Teoria dei prototipi  Questo significa che saremo in grado di conoscere il nostro amico anche se ha la barba più lunga.  Oltretutto noi siamo in grado di formarci dei nuovi prototipi di oggetti pur non avendoli mai visti prima, integrando le caratteristiche di una determinata configurazione.  Il problema è che questa teoria non spiega come si formano nella nostra memoria i prototipi e le modalità secondo le quali sono archiviati.
  • 47. Teoria delle caratteristiche  Secondo questa teoria il confronto avverrebbe tra alcune caratteristiche delle stimolo esterno e le proprietà archiviate in memoria.  Il riconoscimento avverrebbe per stadi successivi, ossia:  Rilevata così come appare sulla retina.  La configurazione sarebbe sezionata analizzandone le proprietà che la costituiscono.  L’assemblaggio delle proprietà dello stadio precedente darebbe vita al riconoscimento cognitivo.
  • 48. Teoria delle caratteristiche  Gli stimoli visivi sono riconosciuti comparando le proprietà che contengono con le caratteristiche presenti in memoria.  Siamo in grado di riconoscere gli stimoli che contengono il maggior numero di caratteristiche contenute anche in memoria.  Rispetto alle altre teoria questa è supportata da evidenze empiriche.
  • 49. Il completamento amodale  La percezione costruisce la realtà di cui abbiamo esperienza. Nella figura la parte nascosta della striscia nera è presente nella nostra coscienza anche se non è fisicamente visibile.
  • 50. L’articolazione figura-sfondo (Rubin, 1915)  È la prima segmentazione del flusso delle stimolazioni:  non c’è figura senza sfondo e viceversa.  Nella figura a lato riusciamo a riconoscere uno sfondo come figura all’interno della configurazione in cui la figura ha una sua forma mentre lo sfondo ne è privo? Sagome incluse Area minore Assi cartesiani
  • 51. L’articolazione figura-sfondo  Nella comune osservazione visiva, gli spazi vuoti tra gli oggetti non vengono notati.  Noi vediamo gli oggetti come entità dotate di forma, mentre gli spazi intermedi ne sono privi, salvo quando esercitiamo un certo sforzo e riusciamo a vedere i vuoti come figure.
  • 52. L’articolazione figura-sfondo L’area minore è percepita come figura Diventa figura la regione con gli assi orientati secondo le direzioni principali dello spazio percettivo, verticale e orizzontale
  • 53. L’articolazione figura-sfondo La regione inclusa-circoscritta è percepita come figura Diventa figura la regione convessa (favorisce l’emergere della figura), rispetto a quella concava (tende a provocare la percezione di sfondo)
  • 54. Esempio di loghi che usano l’organizzazione figura-sfondo
  • 55. Dalla figura-sfondo alle figure reversibili  Non sempre, la relazione figura-sfondo risulta completamente determinata dalle caratteristiche dello stimolo visivo.  Quando gli indizi presenti nella scena sono scarsi oppure ambigui, incontriamo delle difficoltà nel decidere a quale forma attribuire il significato di figura e a quale il significato di sfondo.  Questo fenomeno è detto figura reversibile, vale a dire figure nelle quali si ha una inversione tra la figura e lo sfondo.
  • 56. Figure reversibili o instabili  Quando nessuna di queste condizioni privilegia una parte del campo visivo rispetto alle altre, si ha una situazione di instabilità e una continua reversibilità del rapporto figura/sfondo.
  • 57. Figure bistabili  Nel caso delle figure bistabili assume rilevanza anche l’impostazione soggettiva dell’osservatore, che determina la segregazione figura/sfondo sulla base di uno spostamento dell’attenzione (Kanizsa, 1975).
  • 58. La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva  L’informazione che noi percepiamo sta in questa organizzazione.  Di fatto, Gestalt in tedesco significa “insieme organizzato”, “configurazione armonica” e secondo i fautori di questo approccio, la vera unità fondamentale per lo studio della percezione sta nella Gestalt dello stimolo sensoriale, non nei singoli elementi che lo compongono.
  • 59. La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva  Questo processo di organizzazione intrinseca è regolato da alcuni fattori o leggi gestaltiche.  Grazie a questi fattori le parti di un campo percettivo vengono a costituire delle totalità coerenti e strutturate (Gestalten) come figure sullo sfondo, come oggetti dotati di proprie caratteristiche (colore, movimento, ecc.).  In questa prospettiva la percezione costituisce un processo primario che conduce alla segmentazione del campo fenomenico in unità distinte con le loro proprietà e relazioni immediate ed evidenti (Kanizsa, 1980).
  • 60. La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva  Nella teoria formulata dalla Gestalt il sistema nervoso è predisposto a rispondere ai pattern degli stimoli sensoriali con meccanismi innati, che agiscono in base ad alcune regole fondamentali, definite principi dell’organizzazione percettiva: (Koffka, 1935; Wertheimer, 1923): Vicinanza, somiglianza, chiusura, continuità, movimento comune, simmetria, esperienza passata.
  • 61. Vicinanza  Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo visivo tra loro vicini come parti dello stesso oggetto, e quelli distanti come parti di oggetti differenti.  Questo ci permette di separare un vasto insieme di elementi in un insieme meno numeroso di oggetti.
  • 62. Somiglianza  Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo fisicamente simili come parti dello stesso oggetto, e gli elementi diversi come parte di oggetti differenti.  Siamo in grado di distinguere tra due oggetti diversi in base alle differenze visive.
  • 63. Somiglianza dovute al colore La similarità del colore fa sì che una serie di punti neri e grigi venga percepita come una serie di quadrati neri che si alternano a quadrati grigi.
  • 64. Chiusura  Tendiamo a vedere le forme come delimitate da un contorno continuo e a ignorare le eventuali interruzioni di tale continuità.  Questo ci aiuta a percepire le forme come complete anche quando sono parzialmente nascoste da altri oggetti.
  • 65. Continuità  Quando varie linee si intersecano, tendiamo a riunire i segmenti in modo da formare linee il più possibile continue, col minimo cambiamento di direzione.  Questo ci permette di attribuire una certa linea a un particolare oggetto quando due o più oggetti si sovrappongono.
  • 66. Movimento comune  Quando gli elementi di uno stimolo si muovono nella stessa direzione e alla stessa velocità, tendiamo a vederli come parti di un unico oggetto.  Questo ci aiuta a distinguere un oggetto in movimento dallo sfondo.
  • 67. Simmetria  Il sistema percettivo cerca di produrre percezioni il più possibile eleganti: semplici, ordinate, simmetriche, regolari e prevedibili.  Il nostro sistema percettivo organizza gli stimoli nella forma più semplice possibile.
  • 68. Esperienza passata  Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di forme sconosciute o poco familiari.  In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto ad altre.
  • 69. Le illusioni ottiche  A volte i nostri processi percettivi, a causa di condizioni visive inadeguate, possono indurci in errore.  La tendenza a percepire i pattern visivi e gli oggetti come insiemi organizzati è così forte che in alcuni casi il sistema percettivo aggiunge elementi mancanti, creando delle vere illusioni ottiche (percezione falsa o distorta della realtà).
  • 70. Le illusioni ottiche  Nel campo delle illusioni, possiamo distinguere quattro differenti tipi di illusioni visive: figure ambigue figure paradossali figure fittizie distorsioni
  • 71. Le illusioni ottiche: figure paradossali  Se osserviamo attentamente la figura notiamo che non può esistere come oggetto tridimensionale.  Il nostro sguardo ripercorre incessantemente la figura, come se andasse alla ricerca di una chiave di soluzione, di un indizio di stabilità, ma è uno sforzo vano perché è impossibile trovare una soluzione.
  • 72. Le illusioni ottiche: figure fittizie  I contorni del triangolo non sono fisicamente presenti, pur essendo percettivamente colti. Si tratta di contorni anomali e illusori, generati dalla distribuzione e dall’organizzazione degli elementi della stimolazione.
  • 73. Le illusioni ottiche: distorsioni Illusione di PonzoIllusione di Müller-Lyer
  • 74. Le illusioni ottiche: distorsioni  L’illusione di Müller-Lyer è stata spiegata nel modo seguente: quando i segmenti che si trovano alle estremità della linea convergono, la linea viene percepita come più corta rispetto a quando divergono.  I segmenti convergenti ci dicono che la linea è più vicina a noi, quelli divergenti che è più lontana.  Questa stessa spiegazione è stata applicata per spiegare anche l’illusione di Ponzo.
  • 75. Movimento apparente  Grazie a Wertheimer si è saputo molto del perché percepiamo immagini in movimento quando guardiamo un film, ad esempio  Egli scoprì che alternando il tempo di illuminazione fra due fonti luminose vicine era possibile dare la sensazione di movimento  Con intervalli di 50/100 ms si produceva un movimento apparente  Con intervalli maggiori si aveva la sensazioni di vedere due stimoli stazionari
  • 78. I meccanismi percettivi  I meccanismi delle illusioni percettive sono vari e vanno esaminati caso per caso.  Il più delle volte si tratta di errori o disfunzioni nei meccanismi correttivi che il cervello mette in atto (come ad esempio nelle costanze) e che di solito hanno l’effetto di migliorare il processo percettivo.  Nel caso del movimento apparente, invece, abbiamo a che fare con situazioni esterne che vanno oltre i limiti delle capacità percettive del sistema nervoso.
  • 79. Percezione della lettura  La lettura è una complessa attività in cui entra in gioco la percezione, delle singole lettere, delle parole e delle frasi, ma la parte principale spetta alle funzioni superiori, in particolare al linguaggio.  Il testo è esplorato a scatti, come l’immagine.  In ogni fissazione si vede bene solo un piccolo tratto di riga (span percettivo).  La percezione del testo è discontinua (l’esplorazione è a salti), selettiva (non tutto il materiale di una riga viene visto) e guidata dal cervello che si basa soprattutto sull’esigenza di acquisire significati.  Il cervello integra i dati frammentari raccolti nell’esplorazione del testo basandosi essenzialmente sui significati.
  • 80. Processamento umano dell’informazione  Nel processamento delle informazioni, possiamo identificare almeno sei importanti unità che sono attive mentre un individuo umano osserva un oggetto:  recettori sensoriali, registri sensoriali, memoria permanente, processi di riconoscimento di configurazioni, attenzione e memoria di servizio.  I recettori sensoriali nel processo visivo sono composti da milioni di cellule specializzate che rispondono per prime agli input ambientali. Essi rappresentano il primo gradino nel processamento di tutte le immagini provenienti dal mondo esterno.
  • 81. I processi più importanti  Sono molti i processi che devono essere condotti sugli stimoli ambientali, per poterne derivare un significato.  Ogni processo richiede del tempo.  Poiché l’ambiente può cambiare rapidamente, e dato che uno stimolo può terminare prima del completamento del processo percettivo, potremmo attenderci che l'analisi di molti stimoli termini a metà, prima che ne sia determinato il significato.
  • 82. I processi più importanti  Nei fatti la cosa non è frequente, in quanto noi siamo dotati di sistemi che trattengono per breve tempo una rappresentazione abbastanza completa degli stimoli, e così l’analisi percettiva può essere condotta a termine.  Sono questi sistemi che costituiscono i registri sensoriali e sono la seconda componente importante di processamento delle informazioni (immagini).
  • 83. Pattern recognition  Dire che la percezione implica la determinazione del significato degli stimoli implica che gli individui abbiano un repertorio permanente di conoscenze sul loro mondo. E’ questo deposito che va consultato per determinare il senso di un dato evento. Nel modello presentato tale componente ha preso il nome di memoria permanente. E’ improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro ambiente abbiano esattamente la stessa forma della conoscenza che possediamo del mondo e che abbiamo immagazzinato nella memoria permanente.  Entrano allora in gioco numerosi processi di riconoscimento di configurazioni (pattern recognition).
  • 84. Pattern recognition  Le ricerche su questo tema indagano su come l’individuo riesce a determinare che un particolare insieme di linee e d’angoli è, per esempio, la lettera A, o un particolare insieme di linee curve rappresenti una certa immagine. In sostanza, il riconoscimento di configurazioni si occupa di come gli stimoli ambientali sono identificati con qualcosa già immagazzinato nella memoria dell’individuo. Per capire in poche parole cosa accade bisogna specificare cosa s’intende per concetto o schema. Questi termini si riferiscono a strutture mentali, ad unità organizzate delle conoscenze che l’individuo ha del mondo. Noi possediamo un ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui libri, fiori, gli alberi, ecc. Essi possono avere vari livelli di generalità, e possono essere legati ad altri schemi.
  • 85. La memoria di servizio  Il numero di stimolazioni ambientali ai quali un individuo potrebbe prestare attenzione è illimitato. Per esempio, abbiamo visto che vi sono milioni di sfumature di colore, d’effetti di contrasto, di forme che egli potrebbe analizzare e percepire. Ma poiché l’individuo ha limitate capacità di processamento allora egli deve decidere come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire. E’ questo il processo dell’attenzione.  Un aspetto cruciale della capacità di processare informazioni risiede nella capacità dell’individuo di porre in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni cognitive.
  • 86. La memoria di servizio  Questo tipo di memoria è legato a quel che comunemente è detto consapevolezza. L’individuo diventa così capace di controllare o modificare alcuni processamenti che sta compiendo. Quest’aspetto consente anche di pianificare o di generare delle condizioni uniche d’informazioni in cui non si è mai imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983).  Le sei componenti costituiscono il fondamento in base al quale si può spiegare come un individuo faccia a trarre significati dalle immagini visive, a prestar loro attenzione ed a ricordarle.
  • 87. La Computer vision  La vista è il più importante sistema sensoriale dell’uomo, dal quale otteniamo il maggior numero d’informazioni sull’ambiente che ci circonda. Lo studio di questo settore rappresenta uno degli argomenti più importanti delle Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale in quanto, per poter costruire macchine artificiali capaci di eseguire compiti adattivi complessi, in ambienti in continuo mutamento, sicuramente devono essere dotate di capacità visive. Il sistema visivo umano è molto complesso dal punto di vista neurofisiologico (Oatley, 1982), anche se il comportamento visivo è attuato in modo completamente automatico nei soggetti umani.
  • 88. La Computer vision  Infatti, l’azione del vedere non è soltanto una trasduzione di segnale, ma include anche l’interpretazione dell’immagine.  Tale processo presuppone:  l’estrazione d’informazioni parziali che riguardano l’individuazione di tutti gli oggetti presenti nell’immagine;  la determinazione delle posizioni spaziali degli oggetti e delle loro dimensioni;  la costruzione di una rappresentazione sintetica della scena a partire dall’immagine stessa.
  • 89. I sistemi di visione artificiale  Il processo visivo, sia naturale sia artificiale, gestisce una rilevante quantità d’informazioni. Tale informazione sono codificate in una matrice bidimensionale, l’immagine, che rappresenta le misure della quantità di luce riflessa nell’occhio, o, per il sistema artificiale nella telecamera, da ogni punto della superficie degli oggetti tridimensionali presenti nella scena. Questo lavoro di registrazione dell’immagine nell’occhio umano è svolto da più di 100 milioni di recettori, presenti nelle due retine. Nel caso del sistema di visione artificiale, nella telecamera il numero d’elementi recettori è cento volte inferiore rispetto all’occhio umano.
  • 90. I sistemi di visione artificiale  Tuttavia, poiché ogni punto dell’immagine è codificato con un numero d’otto cifre, la quantità d’informazioni presenti in ogni immagine è veramente imponente. Per imitare l’occhio umano è necessario che il sistema visivo artificiale sia in grado di processare almeno alcune immagini il secondo. Per cui, nella progettazione di tali sistemi è necessario prevedere la disponibilità di calcolatori con enorme capacità computazionale e di dispositivi dedicati per compiere il calcolo ad altissima velocità o in tempo reale. Nonostante tutta l’informazione che un calcolatore può stivare e computare per un’immagine, essa risulta insufficiente per il problema della proiezione del mondo tridimensionale sulla superficie bidimensionale dell’immagine, che determina una perdita d’informazione sulla profondità con la comparsa d’ambiguità interpretative.
  • 91. La tridimensionalità  Come si passa dalla realtà tridimensionale della scena al mondo bidimensionale dell’immagine è un argomento che fu affrontato per la prima volta dagli artisti del Rinascimento, che, per superare il problema della realizzazione d’opere pittoriche realistiche, inventarono un modello prospettico di formazione dell’immagine, attualmente utilizzato anche per la visione artificiale (Kruger, 1990). Secondo tale modello, l’immagine di una scena tridimensionale, vista dall’angolazione dell’osservatore, si ottiene come intersezione con un piano dei raggi luminosi congiungenti i punti della scena con il punto di vista scelto (Mangili e Musso, 1992)
  • 92. La visione artificiale  Analizzando invece alcuni processi della visione artificiale, ci si rende conto che il compito che deve svolgere la macchina è rovesciato, rispetto agli artisti rinascimentali: mentre l’artista ha l’obiettivo di costruire un’immagine, a partire dal mondo reale, il sistema di visione artificiale deve invece, partendo dall’immagine, ricostruire o interpretare il modello tridimensionale.  Le metodologie studiate per affrontare questo problema sono di due tipi: l’approccio monoculare e quello binoculare.
  • 93. La visione artificiale  Il primo approccio analizza le scene basandosi su immagini singole, mentre il secondo seguendo una strategia di tipo umano, sfrutta la cooperazione e la concatenazione di più immagini di una scena ripresa da più punti di vista, per ricostruire la stessa scena.  La differenza tra le due alternative si coglie se si fa il paragone con la visione umana, quando si utilizza un solo occhio e quando si utilizzano due occhi.  Nel primo caso, visione con un solo occhio, sia la profondità sia le proporzioni fra gli oggetti presenti in una scena sono molto difficili da percepire.
  • 94. Conclusioni  Il nostro sistema visivo opera continuamente confronti e mette in relazione gli stimoli percepiti in modo da riconoscerli e semmai dargli un significato  Ogni cosa quindi ha una funzione: il colore, il movimento, gli indici propriocettivi, gli indici di profondità, la relazione fra gli elementi, la segmentazione figura sfondo, ecc.  Queste informazioni (parallele) che vengono continuamente integrate ci permettono di vivere in un ambiente, anche a costo di interpretare l’ambiente come in realtà non è.
  • 95. Le informazioni vengono continuamente integrate in base a quello che noi già sappiamo del mondo (top-down) e a quello che recepiamo (bottom-up), in modo da rientrare comunque in uno schema. L’integrazione di questi elementi e delle nostre conoscenze apprese e ri-elaborate ci permettono di dare un senso ai pattern visivi, come quello della figura. c Conclusioni c
  • 96. Percorso di autoverifica  La sensazione  La psicofisica  Elaborazione delle informazioni e riconoscimento degli oggetti  Cosa si intende per percezione e le principali teorie  L’articolazione figura-sfondo  La teoria della Gestalt  Figure reversibili e bistabili  Le leggi o principi dell’organizzazione percettiva

Notes de l'éditeur

  1. Ogni organo di senso è in grado di registrare solo una determinata forma di energia fisica.
  2. Gli impulsi nervosi è l’unico linguaggio che il cervello è in grado di compredere.
  3. Il talamo è la stazione di scambio per i percorsi che portano dalla e alla corteccia. In quest’area giungono i fasci nervosi che trasportano la sensibilità generale e le sensibilità specifiche (acustica, visiva, gustativa), dalla periferia alla corteccia cerebrale. Il talamo contiene la maggior parte dei corpi cellulari che inviano informazioni alla corteccia Adattamento sensoriale.
  4. Dimensione quantitativa: quantità o intensità dell’energia convogliata dallo stimolo. Un suono o una luce può essere forte o debole. Dimensione qualitativa: riguarda il tipo di energia che costituisce lo stimolo. Luci di lunghezza d’onda differenti, come i suoni di frequenza diversa, sono considerati qualitativamente differenti.
  5. Mette in contatto variabili fisiche (stimoli) e variabili psicologiche (sensazioni interne). Uno stimolo è costituito da ogni tipo di energia o evento fisico che sia in grado di suscitare una risposta a livello dei recettori. Il modificarsi della quantità di energia che colpisce gli organi di senso non produce una modificazione equivalente della sensazione . (Es. lampadina da 10W+ una seconda da10W, non produce una sensazione di luminosità raddoppiata).
  6. (ad es. non vediamo il movimento troppo veloce della luce, o quello troppo lento della terra…) Per esempio noi sappiamo che esistono le onde elettromagnatiche perché permettono il funzionamento del cellulare.
  7. Sono criteri di misura delle sensazioni.
  8. La soglia assoluta di uno stimolo è il valore dello stimolo in corrispondenza del quale può essere evocata una sensazione nel 50% dei casi. Uno stimolo di intensità pari a 6 è capace di evocare la risposta “si” nel 50% dei casi. Gli stimoli di intensità superiore saranno percepiti sempre, quelli con valori inferiori non saranno avvertito, mentre quelli con i valori soglia saranno avverti una volta su 2.
  9. Se uno stimolo soprasoglia ci genera una sensazione e subito dopo lo stesso stimolo (suono) viene aumentato di un decibel saremo oppure non in grado di differenziare i due suono riconoscendoli come diversi? Questo è l’oggetto di studio della soglia differenziale.
  10. Se ci viene posto un oggetto di 40gr sulla mano e subito dopo un altro identico ma di diverso peso e ci viene chiesto di giudicare se i due oggetti sono di peso uguale o diverso, per poter rilevare una diversità il secondo oggetto deve essere di almeno 8gr. La legge di W dimostra che più grande è uno stimolo maggiore la differenza necessaria rispetto ad un altro stimolo affinché possa essere rilevata.
  11. Quando siamo fermi ad un semaforo per aspettare il verde e ad un tratto sentiamo il suono di un clacson lo avvertiamo in maniera molto netta (ci provocherà una sensazione molto intensa). Se a questo primo si aggiunge un secondo clacson non ci provocherà una sensazione di intensità doppia rispetto alla precedente. Questa sensazione è data dal fatto che mentre l’intensità dello stimolo aumenta in modo geometrico (equivale alla stimolazione), la sensazione corrispondente a quello stimolo aumenta in progressione aritmetica (successione di numeri). Pertanto la sensazione S si accresce con il logaritmo dell'intensità dello stimolo.
  12. Come si può vedere, aumenti graduali e costanti del peso fisico si accompagnano ad aumenti via via sempre più deboli della sensazione di pesantezza Detto diversamente, aumenti costanti della sensazione di pesantezza si ottengono con valori sempre maggiori del peso fisico sollevato.
  13. Nelle slide precedenti abbiamo visto che esistono dei limiti.
  14. Non sarebbe "economico" che la percezione fosse un passivo meccanismo di registrazione fedele di dati. Dal punto di vista cognitivista, attenzione e percezione sono i primi processi cognitivi che fanno da interfaccia tra ambiente e individuo:
  15. Wertheimer parla di come noi viviamo direttamente l’esperienza percettiva nel mondo esterno, come noi percepiamo gli oggetti che si presentano alla nostra esperienza; non voleva capire come avviene l’esperienza percettiva utilizzando l’arbitrarietà delle nostre facoltà percettive.
  16. La Gestalt si è occupata di descrivere i processi visivi primari che svolgono il compito di individuare e descrivere le proprietà fisiche dello stimolo visivo. La psicologia cognitiva si occupa invece di descrivere i processi di elaborazione cognitiva riguardanti come le conoscenze presenti in memoria permettono di arrivare a riconoscere un determinato oggetto.
  17. Nell’occhio troviamo due tipi di fotorecettori: i coni (si trovano nella fovea ), che consentono la visione nitida e a colori degli oggetti in condizioni di luce vivida; i bastoncelli (distribuiti su tutta la retina ) che consentono la visione quando la luce è debole.
  18. L'area V1 invia informazioni a molte aree visive secondarie a cui sono stati attribuiti svariati nomi ( V2, V3, V4, V5...).
  19. Il test visivo che dimostra l’esistenza del punto cieco. Il cervello cerca di riempire lo spazio vuoto con lo sfondo più probabile, prendendolo in prestito dai contorni dell’area che non può essere osservabile. Osservate infatti l’immagine seguente per rendervi conto di questo fenomeno
  20. Il sistema nervoso visivo compensa in qualche modo questo punto cieco e lo fa corrispondere a quello che lo circonda.
  21. Poi alla fine siamo in grado di assemblare le varie parti e arrivare a riconoscere l’automobile. Oppure possiamo partire dal concetto di automobile presente in memoria e poi analizzare se le varie parti che la compongono confermano questa prima percezione. Le modalità con le quali avviene il confronto è un tema molto dibattuto e per ora non ci sono prove convincenti che permettano di optare per una o per l’altra delle due ipotesi proposte (bottom-up e top-down) che vedremo più avanti.
  22. È la teoria più decisamente a favore del processo bottom-up rispetto a quello top-down.
  23. Non bisogna chiedere ciò che è nella testa di un osservatore, piuttosto cosa ciò che sta intorno a me stimola il pensiero. L’ambiente varia: vita e morte degli organismi.
  24. Nasce l’importanza del rapporto tra percezione-azione.
  25. Applicazioni della nozione di affordance: ergonomia cognitiva. Es. elettrodomestici e vari artefatti Progettazione che faciliti l’uso.
  26. La posizione di Neisser (1976) media tra i due estremi.
  27. Caratteristiche ELEMENTARI e STRUTTURALI di una stimolazione. Sistema visivo: struttura a strati, che opera per stadi.
  28. Primal sketch estrae dal pattern delle primitive (chiazze, terminazioni, discontinuità di linee ecc.) che vengono raggruppate a formare un abbozzo primitivo. Si costituisce un abbozzo a due dimensioni e mezzo ( 2 1/2D ), che costituisce una descrizione degli orientamenti delle superfici dell’oggetto rispetto all’osservatore (alla camera)
  29. La fase ultima è quella della rappresentazione del modello a 3D , con la costruzione di un nuovo sistema di coordinate, questa volta centrato sull’oggetto.
  30. Poi occorre tenere conto che lo stesso stimolo esterno, per il es. ilo volto di un ns amico, può variare “sagoma” a seconda della luce, della lunghezza dei capelli, della barba, ecc. Non è cognitivamente economico stivare un così alto numero di sagome. In definitiva questa teoria può essere valida solo per il riconoscimento di configurazioni semplici ma non di configurazioni complesse.
  31. Nello stadio cognitivo possiamo riconoscere le proprietà di un oggetto in base alla sua configurazione. Quindi riusciamo a distinguere un 13 dalla lettera B
  32. Eppure lo sfondo è presente, anche se la sua forma è priva di significato i confini sono ben delineati dalle due sagome che vediamo e che percepiamo come figura. La difficoltà deriva dal fatto che è più semplice riconoscere la con configurazione che viene inclusa-circoscritta, nel ns caso le due sagome, ecc. La segmentazione figura-sfondo non avviene in modo casuale ma è guidata da una serie di fattori che di solito appartengono alla figura e non allo sfondo.
  33. Proprietà Orientamento
  34. Fu Rubin (1921) ad individuare le condizioni che favoriscono l’articolazione di certe zone del campo visivo come figure e di altre come sfondo.
  35. Il fenomeno delle figure reversibili mette in luce: Instabilità percettiva Impossibilità di percepire i due stimoli contemporaneamente
  36. Anatra o coniglio
  37. L’esperienza passata non può modificare le leggi di organizzazione strutturale, ma può imporre dei vincoli che fanno emergere alcune organizzazioni invece che altre.
  38. Raggruppamento percettivo : cogliamo la realtà non come insieme di sensazioni slegate ma come unità significative
  39. Vediamo tre insiemi anziché singoli punti
  40. Poiché raggruppiamo insieme gli elementi simili, in questa figura distinguiamo forme separate
  41. Vediamo un rettangolo sopra un cerchio. Nessuno ci dice con certezza che la sagoma è quella di un cerchio, ma è la ns percezione che la completa fino a farla diventare un cerchio parzialmente nascosto. Si parla in questo caso di completamento amodale, ossia la presenza di parti nascoste si realizza comunque: esse sono presenti percettivamente anche se non esiste un corrispettivo fisico.
  42. In questa figura vediamo due linee continue ab e cd piuttosto che quattro segmenti o due linee spezzate. Fili del computer
  43. Se le frecce si spostassero in gruppo nella stessa direzione, li vedremmo come un unico oggetto
  44. Grazie alla sua simmetria la figura di sinistra ha più probabilità di quella al centro di essere vista come un unico oggetto. È più probabile che quest’ultima venga interpretata come due oggetti separati, come mostra più chiaramente il disegno a destra.
  45. L’esperienza passata non può modificare le leggi di organizzazione strutturale, ma può imporre dei vincoli che fanno emergere alcune organizzazioni invece che altre.
  46. Nello studio della percezione, un posto speciale occupano le illusioni ottiche, la cui spiegazione teorica è ancora dibattuta, benché siano note fin dall’antichità (p.e. Gregory, 1998). In questa sede, ne riportiamo alcune, allo scopo di favorire il superamento del realismo ingenuo , basato sull’assunto che la percezione, così come l’osservazione, sia una registrazione semplice e fedele della realtà.
  47. Lo sguardo vagherà senza scopo, cercando di trovare una qualche configurazione a ciò che non ne possiede, dato che i lineamenti dell’immagine non possono esistere in natura.
  48. Nel caso di queste figure non si tratta di un errore percettivo dovuto a un’osservazione superficiale, poiché più a lungo fisserete l’intero stimolo e più vi convincerete che un margine netto separa davvero il triangolo dallo sfondo, cioè il triangolo apparirà più bianco dello sfondo.
  49. I segmenti convergenti ci dicono che la linea è più vicina a noi (a), quelli divergenti che è più lontana (b).