Recensione del libro Donnarumma all'assalto di Ottiero Ottieri a cura di Luca Mazzacurati, partecipante del Master in Risorse Umane e Organizzazione di ISTUD nell'ambito del Project Work in cui i partecipanti hanno recensito alcuni libri di management, organizzazione e narrativa.
1. Master in Risorse Umane e Organizzazione 2011-2012
Project Work: “Biblioteca dell’HR, tutto ciò che un professionista
HR deve conoscere”
Abbiamo chiesto ai partecipanti al Master, su base volontaria, di recensire alcuni libri di management,
organizzazione e narrativa.
OTTIERO OTTIERI: DONNARUMMA ALL’ASSALTO
A cura di Luca Mazzacurati
“Donnarumma all’assalto” è il romanzo più famoso di Ottiero Ottieri, e venne pubblicato nel 1959. Si
tratta di un reportage, un diario esposto in forma narrativa dal protagonista dell’opera. Siamo nel sud-
Italia, alla fine degli anni ’50: una grande azienda del nord operante nel settore della meccanica ha
deciso di stabilire un impianto nel paese di Santa Maria, nei pressi di Napoli, per cercare di portare
l’industrializzazione nel Mezzogiorno. Non si tratta di un capannone grigio e freddo come le fabbriche
del nord-Italia, bensì di una delle fabbriche più belle d’Europa in un insieme di edifici modernissimi e
razionali. In questo contesto, cui fanno da sfondo la bellezza del cielo e del mare meridionali, l’io-
narratore del romanzo, un intellettuale anche lui di provenienza settentrionale, deve selezionare
scrupolosamente e scientificamente il personale che verrà mandato a lavorare nella catena produttiva
della fabbrica. Per fare questo si avvale di una serie di test attitudinali e psicometrici di provenienza
americana, in modo da valutarne l’idoneità ad essere assunti.
1.1. La fabbrica nel Mezzogiorno
Il tema riprende le vicende autobiografiche dell’autore. Ottiero Ottieri infatti lavorò veramente come
consulente alla direzione del personale nello stabilimento che Adriano Olivetti decise di aprire nel 1955
a Pozzuoli (NA) per produrre calcolatrici (la fabbrica “olivettiana” è infatti il modello a cui si ispira
quella in cui opera il protagonista del romanzo). Era un modo per andare incontro alle esigenze
occupazionali di un territorio depresso e abbandonato, ma anche per sottrarre intere famiglie del
mezzogiorno alla necessità di farsi una vita e soddisfare le proprie esigenze emigrando nel nord
industriale e sviluppato. Ottieri si era sempre interessato a tematiche come la sociologia e la psicologia
2. applicate all’industria, e in Donnarumma narra le vicende umane e professionali di un addetto alle
assunzioni che cerca di coniugare le esigenze occupazionali della fabbrica e del territorio in cui lavora
con le modalità scientifiche della selezione che si andavano affermando in Italia in quegli anni. Il
contatto con la realtà lavorativa e sociale dell’Italia meridionale lo porta a scoprire una realtà diversa
e sconosciuta, da osservare e valutare con occhi diversi, facendo anche delle eccezioni al proprio modo
consolidato di giudicare gli altri.
1.2. Psicotecnica vs. disoccupazione
Sin dall’inizio si può vedere come la professionalità e la precisione con cui il protagonista seleziona gli
operai si scontri con un mondo totalmente differente, che gli fa paragonare l’attività da lui svolta e il
ruolo esercitato dalla fabbrica in quel territorio a “una goccia nel mare”. Alla razionalità scientifica
con cui egli intervista i candidati e somministra loro i test, si contrappone un mondo fatto di persone
che non possono comprendere questi meccanismi e le metodologie che regolano la psicologia
industriale. Il selezionatore dimostra fedeltà nei confronti della fabbrica per cui lavora e nell’efficacia
dei metodi che utilizza per valutare i selezionati. Il suo ruolo gli impone di avere una corazza e una
freddezza tali da dover resistere ai loro continui lamenti, alle loro pretese di essere scelti:
“Le querimonie, le profferte di devozione, le insistenze di certi candidati irritano. Fanno scoprire
fatali trucchi dovunque, un paese dove fiorisce la menzogna, un paese che bisogna abbandonare.”
Si può notare da queste ultime righe come lo psicologo sia ossessionato dal timore della “recita”. Dalla
sua prospettiva puramente razionale gli sembra che i meridionali recitino continuamente e in maniera
melodrammatica la loro condizione di disoccupati. Tuttavia, questi timori e la corazza di cui sembra
che sia rivestito non gli impediscono di impressionarsi e di provare una profonda tristezza nel vedere
davanti a sè un’umanità profondamente arretrata dal punto di vista culturale, a cui viene offerta
un’ancora di salvezza attraverso la possibilità di assunzione in questo stabilimento, ma dove nello
stesso tempo risulta drammatico il divario fra la domanda di lavoro dell’azienda e l’enorme offerta che
gli si pone davanti:
“Il colloquio e gli esami psicotecnici alzano una rete protettiva, un vaglio fra noi e loro, tra la
fabbrica e il paese; sono anche la nostra difesa dalla disoccupazione. Questa rende immorale la
psicotecnica che potrebbe essere neutra, e invece si colora del luogo dove si svolge. Selezione
scientifica e disoccupazione si negano. La selezione potrebbe anche avere un valore umano, se la
domanda e l’offerta di lavoro stessero in equilibrio.
Man mano che la storia procede, questa contraddizione emerge in maniera sempre più forte nell’animo
del selezionatore: alla sua fiducia nel progresso e nella razionalità dei processi produttivi
3. rappresentata dalla fabbrica si contrappone la partecipazione morale nei confronti del dramma della
disoccupazione del mezzogiorno. Il concetto di “alienazione” della classe operaia viene rivisitato:
secondo la prospettiva puramente marxiana, infatti, essa sarebbe causata dal non possesso degli
strumenti produttivi, dall’organizzazione scientifica e dalla divisione del lavoro, isolando il lavoratore
“in una responsabilità così frazionata e lontana dagli ultimi scopi, da violare l’istinto, la volontà,
l’intelligenza”. Questa prospettiva viene assolutamente rovesciata: la vera alienazione, secondo Ottieri
e il suo protagonista psicologo, è rappresentata dalla disoccupazione, “che precede ogni problema
industriale, pur essendo contemporanea di una civiltà industriale.” La fabbrica, pur con le sue regole
dure, inflessibili, diventa quindi una vera e propria occasione di riscatto (“in fabbrica miglioriamo, loro
e noi. Ci comprendiamo e ci assomigliamo, uniti dalla stessa sorte”).
1.3. L’ingresso di Donnarumma
Ad alimentare questi dubbi e contraddizioni è un avvenimento preciso che accade nella seconda parte
del romanzo: il responsabile del personale deve scontrarsi con Antonio Donnarumma, un disoccupato
che non vuole nemmeno fare la domanda d’assunzione ma pretende di essere assunto ugualmente,
perchè lui deve faticare, non scrivere. Si tratta di un personaggio minaccioso, totalmente dominato
dall’istinto e dallo slancio quasi animalesco, estraneo al sistema che regola le assunzioni e le logiche di
funzionamento generali della fabbrica. Tutto questo spaventa e turba il protagonista sin dall’ingresso
del disoccupato sulla scena, come si evince dalla descrizione che ne viene fatta:
“Scrivevo ancora gli appunti sul precedente e Donnarumma era già con lo stomaco contro il tavolo.
Aveva il petto quadrato in un maglione, i capelli grigi a spazzola, gli occhi duri; non guardava niente,
nè l’interlocutore, nè la stanza.”
Donnarumma non appare spesso nel racconto, e quando compare lo fa solo in maniera marginale, ma
da quel momento diventa una specie di ossessione che rende sempre più problematico il lavoro di
ricerca e selezione. E’ numerosa la galleria rappresentata dai personaggi che si presentano a chiedere
lavoro con ostinazione e le cui candidature non vengono considerate (Accettura, Papaleo, Dattilo,
Dongiovanni, Chiodo, Conte, Barca, Gallina); diversi atti di “terrore” vengono messi in pratica (viene
lanciata una bomba-carta davanti alla macchina dell’ingegner Ferrera mentre se ne sta andando,
vengono rivolte minacce al direttore e alla signorina S., l’assistente del protagonista) ma Donnarumma
è la vera antitesi rispetto all’ordine che la fabbrica si impone di portare, il simbolo di un dramma che
non è individuale bensì collettivo, e che fa aprire definitivamente gli occhi di chi sta dall’altra parte. Si
contrappongono due mondi opposti fra loro, e il rapporto che si stabilisce fra queste due realtà assume
inevitabilmente un carattere disumano, profondamente cinico, tra uomini che stanno su sponde divise
e lontane, e il cui non-incontro genera un’oscura e profonda solitudine. Da una parte c’è la realtà del
4. sud, caotica, sofferente, afflitta e disperata; dall’altra la fabbrica, dove tutto corre scandito da un
tempo e da un ordine freddamente programmati e immutabili, al punto che nemmeno ci si accorge
delle agitazioni operaie che si svolgono a pochi chilometri di distanza in un cementificio.
Lo stesso Ottieri smise successivamente di lavorare nell’azienda di Olivetti (nonostante l’imprenditore
gli offrì un posto da dirigente pur di farlo rimanere) temendo di non avere abbastanza tempo per
scrivere. In realtà questa scelta fu dovuta soprattutto alle contraddizioni che l’autore vedeva nel suo
ruolo aziendale e con cui fu costretto a scontrarsi.