1. 1
Stefano Vicari
Motor Development and Neuropsychological
Patterns in Persons with Down Syndrome.
Behavior Genetics, 2006
Gruppo di lavoro:
Stefania Molinaro
Elisa Montanaro
Paola Palmisano
2. 2
• Numerosi studi neuropsicologici hanno evidenziato che il profilo
cognitivo degli individui con Sindrome di Down è caratterizzata da
un deficit delle abilità linguistiche, che spesso supera il deficit
nelle abilità visuospaziali.
• Ma da ulteriori studi è emerso un profilo neuropsicologico molto più
complesso: il ritardo mentale non può essere visto solo come uno
sviluppo cognitivo più lento di quello normale, ma è un profilo
individuale ben distinto.
• Quindi sarebbe necessario definire meglio non solo le abilità
cognitive deficitarie, ma anche le abilità preservate e i punti di
forza di ciascun bambino affetto da Sindrome di Down.
• Lo scopo di questo articolo è di supportare i dati a favore della
seguente ipotesi: gli individui con Sindrome di Down mostrano uno
sviluppo motorio deficitario e un profilo neuropsicologico in cui
alcune abilità sono preservate e altre danneggiate.
3. 3
SVILUPPO MOTORIO
• Numerosi studi (e.g. Carr, 1970; Melyn and White, 1973) hanno
fatto notare che i bambini con Sindrome di Down, di solito, non
acquisiscono le abilità motorie con la stessa velocità con cui le
acquisiscono i bambini con sviluppo tipico della loro stessa età.
• Sembra che i bambini con Sindrome di Down seguano lo stesso
processo di apprendimento delle abilità motorie dei bambini con
sviluppo tipico, sebbene ci siano delle differenze qualitative o dei
pattern di movimento atipici che vengono messi in atto per
mantenere la stabilità posturale.
• La presenza di posture inusuali può, ad esempio, essere connessa
con la presenza di ipotonia, anche se resta ancora da chiarire quale
ruolo giochi la mancanza del tono muscolare sullo sviluppo delle
abilità motorie.
4. 4
SVILUPPO COGNITIVO GLOBALE
1) LIVELLO QI
QI = 25-55 (range compreso tra mediamente
e gravemente ritardato)
EM = raramente sopra gli 8 anni
Pochi soggetti con SD e con QI nella norma
5. 5
A differenza dei bambini con ST, nella SD il
QI non è costante nel corso della vita, ma
diminuisce con l’età.
Studio di Vicari e collab. (2004°) su soggetti con SD:
- bambini con età cronologica tra 6 ed 8 anni: QI varia tra 45
e 71
- adolescenti e giovani adulti: QI più basso (tra 27 e 47)
Studio di Bush e Beail (2004) su soggetti con SD:
- adulti: QI può essere influenzato dalla comparsa precoce di
demenza di Alzheimer (spesso presente nella SD)
6. 6
2) ABILITA’ LINGUISTICHE
Generalmente, scarse capacità linguistiche in
adolescenti e giovani adulti con SD.
Non vi sono evidenze definitive secondo cui il
deficit di linguaggio sia dovuto
semplicemente a problemi uditivi
(frequenti otiti).
7. 7
Confronto tra bambini con SD e:
a) bambini con ST e medesima EM
⇒ SD: maggior uso di gesti comunicativi
(Iverson e collab., 2003)
b) bambini con RM (SW)
⇒ SD: maggiori difficoltà (Chapman, 1995)
8. 8
SD: difficoltà nella PRODUZIONE LINGUISTICA
⇒ enunciati telegrafici, uso molto ridotto di parole
funtori (articoli, preposizioni, pronomi,…) (Vicari e
collab., 2000a)
Studio di Fabbretti e collab. (1997):
confronto tra adolescenti con SD e controlli con ST in
un compito di descrizione di storie (valutato tramite
MLU).
Risultati: nonostante aspetti lessicali simili, nella SD ⇒
maggiore omissione di morfemi, uso di forme
sintattiche e pragmatiche inusuali.
9. 9
Aspetti morfologici: meno sviluppati di altre
misure linguistiche, come MLU nei morfemi
(Chapman, 1995)
Studio di Harris e collab. (1997):
confronto tra SD e SW rispetto allo sviluppo
comunicativo e linguistico.
Risultati:
SD ⇒ problemi nella conoscenza ed uso di
aspetti grammaticali
SW ⇒ adeguatezza grammaticale
10. 10
Rispetto alla produzione, la
COMPRENSIONE risulta meno
deficitaria
Nelle fasi precoci dello sviluppo: produzione e
comprensione sembrano comparabili a quelle di
bambini con ST e medesima EM (Fowler, 1990)
Studio di Vicari e collab. (2000a):
confronto tra bambini con SD e bambini con ST e
medesima EM
Risultato: SD ⇒ performance inferiore, difficoltà
morfosintattiche sia in comprensione che in
produzione
11. 11
In sintesi: con l’aumentare dell’età, aumenta la
discrepanza tra abilità lessicali e morfosintattiche
ed emerge un quadro generalizzato di difficoltà
linguistiche.
Nella SD possono svilupparsi caratteristiche
linguistiche differenti. Non è quindi possibile
effettuare previsioni a partire dai pattern
esibiti precocemente (Paterson e collab.,
1999).
12. 12
3) CAPACITA’ VISUO-SPAZIALI
SD ⇒ performances coerenti con EM e migliori
rispetto alla SW
Studio di Vicari e collab. (2005):
descrivono mantenimento di capacità spaziali, ma
compromissione di quelle visive.
Performance paragonabile ai controlli
nell’elaborazione di dati spaziali, ma peggiore per
materiale visivo.
13. 13
4) MEMORIA
Baddeley e Hitch, 1974
A cosa serve la memoria a breve termine?
Modello di Atkinson e Shiffrin (1968):
• non si capisce a cosa serva la MBT
• non rende conto delle dissociazioni tra MBT e
MLT e tra le diverse sottocomponenti della MBT
15. 15
MODELLO DELLA WM
Come memoria di lavoro (working memory):
• è lo spazio del pensiero, serve cioè per pensare e ragionare
• non è un sistema unitario
Quindi:
la WM può essere definita come un magazzino temporaneo, a
capacità limitata, che mantiene in memoria delle
informazioni il tempo necessario per essere manipolate.
17. 17
MODELLO DELLA WM
Esecutivo centrale
sistema simile all’attenzione (vedi SAS Norman e Shallice,
1982)
modalità indipendente
ha capacità limitata e controlla i diversi sottosistemi
Loop articolatorio
due sottosistemi: magazzino fonologico, per il mantenimento
passivo di informazioni verbali; ripasso articolatorio,
previene il decadimento delle tracce attraverso un ripasso
sub-vocale attivo es. numero di telefono
Codifica dell’informazione in forma fonologica
18. 18
MODELLO DELLA WM
Taccuino visuo-spaziale
codifica dell’informazione in forma visiva e/o spaziale
implicato in compiti di rotazione di immagini mentali
Es. le due immagini sono sovrapponibili?
19. 19
LOOP ARTICOLATORIO
Il modello del L.A. spiega i fenomeni:
1. la somiglianza fonologica
2. la lunghezza delle parole
La somiglianza fonologica: ricordare peggio gli stimoli con suono
simile rispetto a suoni fonologicamente diversi
Hp Baddeley: dovuto al mantenimento delle informazioni in
forma fonologica nel L.A.
La lunghezza delle parole: peggior ricordo, a parità di frequenza
d’uso, di serie di parole lunghe rispetto a quelle più corte
Hp: relazione tra ampiezza dello span di memoria e velocità di
articolazione linguistica (ripasso articolatorio)
20. 20
LOOP ARTICOLATORIO
Hulme e Mackenzie (1992)
Analisi qualitativa del disturbo di MBT nel RM
Gruppo: soggetti con sindrome di Down, con RM di varia
eziologia e con sviluppo tipico di età mentale paragonabile
Test: prove di span per sequenze verbali fonologicamente simili
e dissimili e per parole di lunghezza crescente. Anche prove
per la velocità articolatoria (compiti di vocalizzazione di
sequenze di sillabe)
Risultati: span ridotto nei soggetti con RM rispetto a quelli con
ST e assenza nei primi di effetti di somiglianza fonologica e
lunghezza di parole. No correlazione tra velocità
articolatoria e ampiezza dello span
21. 21
LOOP ARTICOLATORIO
Interpretazione: espressione del ridotto contributo del loop
articolatorio allo span verbale nei soggetti con RM che non
effettuano reiterazione subvocale delle sequenze verbali e
quindi le tracce decadono molto rapidamente dal magazzino
fonologico
Studi più recenti (Jarrold e coll., 2000; Kanno e Ikeda, 2002),
invece hanno mostrato un significativo effetto della
lunghezza delle parole in soggetto con SD e ST. No
correlazione tra velocità articolatoria e ampiezza dello span
22. 22
LOOP ARTICOLATORIO
Quindi:
il possibile coinvolgimento del magazzino fonologico nel deficit
della MBT verbale in bambini con SD può essere ipotizzato
alla base delle loro difficoltà nell’analisi fonologica uditiva
(Chapman, 1995; Fowler, 1995). Relazione tra sviluppo del
linguaggio e memoria fonologica in soggetti con SD e con ST.
Però:
lo studio di Vicari e altri (2004b) mostra che il deficitario
funzionamento del magazzino fonologico (componente del
loop articolatorio) sia responsabile della scarsa ampiezza
dello span verbale nei soggetti con SD. Analoga
suscettibilità alla somiglianza fonologica tra SD e ST.
23. 23
ESECUTIVO CENTRALE
Malfunzionamento dell’esecutivo centrale alla base
della scarsa MBT verbale in soggetti con SD
Vicari e colleghi (1995)
Test: span di cifre in avanti e all’indietro e compiti di
span spaziale (Corsi)
Gruppo: soggetti con SD, con RM di varia eziologia e
soggetti con ST di pari età mentale
Risultati: specifico deficit dei soggetti con SD nelle
prove di span all’indietro sia rispetto ai bambini
con ST, sia con RM
24. 24
ESECUTIVO CENTRALE
Conclusioni: le ridotte risorse dell’EC responsabili
della scarsa MBT verbale in SD e questo deficit
sembra indipendente dalle difficoltà articolatorie
di questi soggetti, mentre il deficit sembra essere
indotto dai processi di analisi fonologica e dalla
capacità deficitaria del sistema esecutivo
centrale.
25. 25
TACCUINO VISUO-SPAZIALE
Wang e Bellugi (1994)
Studio con 9 soggetti con SD e 10 con SW
Test: digit span e Corsi
Risultati: i bambini con SW, al contrario di quelli con SD,
mostrano performance migliori nella MBT verbale, ma
punteggi inferiori nei compiti di MBT visuo-spaziale
Vicari e colleghi (2005)
Gruppo: soggetti con SD, SW e soggetti con ST comparati
per età mentale
Test: test di span visivi e spaziali. In un test veniva richiesto
di indicare la posizione della figura su uno schermo,
nell’altro di descrivere le caratteristiche fisiche delle
figure presentate
26. 26
TACCUINO VISUO-SPAZIALE
Risultati: in soggetti Down deficit in entrambi i test, in
soggetti con SW, invece, difficoltà specifiche in compiti
visuo-spaziali, ma non nel rilevare gli aspetti visivi degli
oggetti
Quindi:
La WM non è compromessa in modo uniforme in soggetti con
SD, ma solo alcune sottocomponenti. Infatti hanno deficit di
MBT verbale, ma per quanto riguarda il dominio visuo-
spaziale, sembra esserci un deficit nell’analisi percettiva, più
che un vero e proprio deficit di memoria
27. 27
MEMORIA A LUNGO TERMINE
Memoria esplicita: si manifesta quando è richiesto un
ricordo consapevole di esperienze passate e di
informazioni immagazzinate
Memoria implicita: si manifesta come una
facilitazione in compiti cognitivi, percettivi e
motori, senza alcun ricordo consapevole
es. andare in bicicletta
28. 28
MEMORIA A LUNGO TERMINE
I soggetti con RM mostrano una memoria implicita
relativamente preservata
Carlesimo e collaboratori (1997)
Descrissero le abilità di MLT in soggetti con SD, RM di
eziologia sconosciuta e bambini con ST.
Risultati: performance dei soggetti con ST nella memoria
esplicita erano superiori rispetto a quelle dei soggetti con
RM e quest’ultime superiori a quelle dei soggetti con SD. No
differenza nei 3 gruppi nelle performance di memoria
implicita (priming di ripetizione)
29. 29
MEMORIA A LUNGO TERMINE
Vicari e collaboratori (2000b, 2001)
Descritto differenza tra abilità di apprendimento procedurale
in soggetti con SD e con SW.
In un primo studio i soggetti down mostravano miglioramento
nella prestazione passando dalla prima alla seconda
somministrazione del test della Torre di Londra (come nei
soggetti normali). Somministrati anche test dei tempi di
reazione seriale di Nissen e Bullemer, 1987 (versione
semplificata).
Anche in un secondo lavoro i soggetti con SW mostravano
procedure di apprendimento inferiori rispetto ai soggetti
normali in entrambi i test
30. 30
LA MEMORIA
In sintesi:
I soggetti con SD, rispetto a quelli con ST, hanno nei
compiti di MBT performance inferiori sia con materiale
verbale sia visuo-spaziale, però nel dominio visuo-spaziale le
scarse performance sono dovute più ai deficit nell’analisi
percettiva che a processi di memoria.
Nella MLT i soggetti con SD mostravano dissociazioni tra
memoria implicita ed esplicita, sebbene abbiano
performance inferiori dei soggetti normali nei compiti di
memoria esplicita verbale e visuo- spaziale; invece in
quella implicita hanno risultati simili (vedi priming
di ripetizione e procedure di apprendimento)
31. 31
PROSPETTIVE
NEUROBIOLOGICHE
Il profilo cognitivo delle persone affette da Sindrome di
Down è legata ad alcune anomalie riscontrate nel corso
dello sviluppo cerebrale.
• Dati emersi in seguito ad autopsie eseguite su persone con
Sindrome di Down hanno rivelato che il cervelletto, il lobo
frontale e quello temporale hanno un peso inferiore alla
norma (Wisniewki, 1990)
• Studi condotti con l’utilizzo di MRI hanno mostrato che gli
individui con Sindrome di Down hanno un volume cerebrale
ridotto in particolare nelle regioni frontali, temporali e
cerebellare, mentre le aree sottocorticali e le regioni
parietali e occipitali sono relativamente preservate (Pinter
et al., 2001).
32. 32
Il profilo neuropsicologico di questi soggetti è legato ai dati
emersi dallo studio delle strutture corticali e
sottocorticali. Infatti:
• performance linguistiche deficitarie possono essere
parzialmente spiegate dai danni riscontrati nelle
strutture fronto-cerebellari coinvolte nell’articolazione e
nella working memory verbale (Fabbro et al., 2002);
• ridotte capacità di memoria a lungo termine possono
essere legate a disfunzioni a livello temporale e in
particolare a livello ippocampale (Pennington et al., 2003);
• performance deficitarie nei test che valutano la memoria
visuospaziale rispetto a quelle nettamente migliori nei
test che riguardano la visualizzazione di oggetti possono
essere legate a uno sviluppo prossimo alla normalità delle
componenti dorsali del sistema visivo, in opposizione allo
sviluppo deficitario delle componenti ventrali.
33. 33
Gli individui con Sindrome di Williams presentano:
• una marcata atrofia delle regioni posteriori del cervello,
come i gangli della base (Jernigan et al., 1993; Bellugi et al.,
1999);
• inoltre, sebbene, il volume del cervelletto sia relativamente
preservato, è invece, presente sempre a livello del
cervelletto, un’alterazione neurochimica (Rae et al., 1998);
• una riduzione del volume delle regioni posteriori del corpo
calloso, che può determinare un deficit nel trasferimento di
informazioni e quindi nell’integrazione e nella coordinazione
delle attività dei due emisferi (Tomaiuolo et al., 2002).
Questo può anche spiegare le difficoltà presentate dai
soggetti con questa patologia nella gestione di materiale
visuospaziale.
34. 34
Studi di questo tipo, che cercano un legame tra i
profili neuropsicologici delle sindromi genetiche e
le caratteristiche specifiche delle strutture
cerebrali sono solo all’inizio, ma ulteriori
approfondimenti potrebbero spiegare meglio la
natura biologica del comportamento e le
differenze cognitive e linguistiche riscontrate
tra le persone affette da ritardo mentale.
35. 35
CONCLUSIONI
• Tutte le teorie che si basano sui substrati neurali delle
persone con Sindrome di Down devono tenere conto del
fatto che il profilo neuropsicologico di questi soggetti
cambia dall’infanzia all’adolescenza. Questo perché:
- le differenze neurali si hanno già dalla nascita, ma i
substrati che si
attivano per rispondere ai compiti più semplici rivolti ai
bambini sono diversi da quelli che si attivano per risolvere
i compiti più complessi rivolti agli adolescenti;
- il comportamento e il cervello possono cambiare
insieme in modo dinamico nel corso dello sviluppo e ciò può
portare a un miglioramento in alcuni domini e a un
peggioramento in altri.
36. 36
• Da un punto di vista teorico questi studi possono essere
utili:
- per coloro che si occupano dello sviluppo cognitivo normale
perché possono compararlo con quello delle persone con
Sindrome di Down nel tentativo di dissociare componenti
funzionali distinte del sistema cognitivo e del sistema
linguistico sulla base delle differenze riscontrate nel corso
dello sviluppo.
- per coloro che si occupano di deficit neuropsicologici
causati da danni cerebrali perché possono provare ad
applicare gli stessi approcci teorici e sperimentali già usati
negli studi sui disturbi neuropsicologici negli adulti, alle
persone con Sindrome di Down per cercare di individuare
meglio il substrato neurale e i meccanismi di base dello
sviluppo cognitivo normale e patologico.
37. 37
• Da un punto di vista pratico questi dati possono
fornire preziose informazioni per psicologi e
insegnanti per pianificare interventi tesi a
diminuire le difficoltà di apprendimento e i
problemi di adattamento sociale di questi
individui.