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1  sur  62
Pompei:
Una città romana
Mappa
Con i suoi 44 ettari di area scavata e con il notevole stato di conservazione dei suoi edifici, dovuto al
particolare seppellimento (sotto una coltre di lapilli e ceneri alta circa 6 metri) causato dall'eruzione del
79 d.C., Pompei può dirsi l'unico sito archeologico che ci restituisce l'immagine di una città romana nella
sua interezza. Immagine che non era dissimile da quella di altre città dello stesso periodo, che il tempo
non ha conservato.
Cenni storici
Pompei sorge su un pianoro (circa 30 m s.l.m.) formato da una colata di
lava vesuviana, a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce
sorgeva un attivo porto.

Incerte sono le notizie sulle origini della città. Le testimonianze più
antiche si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C.

Una civiltà 'mista', nella quale erano fusi elementi indigeni, etruschi e
greci, portò allo sviluppo della città. Verso la fine del V sec. a.C., le tribù
dei Sanniti, scesi dai monti dell'Irpinia e del Sannio, dilagarono nella
pianura dell'attuale Campania (che significa 'pianura fertile'),
conquistando e inserendo le città vesuviane e costiere in una lega con
capitale Nuceria. In epoca sannitica Pompei riceve un forte impulso
all'urbanizzazione.
Verso la fine del IV sec. a.C., in seguito ad una nuova pressione di
popolazioni sannitiche, Roma si affaccia nell'Italia meridionale: sistemi di
alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno (343-290 a.C.)
egemone in tutta la Campania.

Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell'organizzazione politica
della res publica romana, però nel 90-89 a.C. si ribellò assieme ad altre
popolazioni italiche, che reclamavano a Roma pari dignità socio-
politica. Presa d'assedio dalle truppe di P. Cornelius Sulla, la città
capitolò e diventò colonia romana col nome di Cornelia Veneria
Pompeianorum (80 a.C.).

Dopo la deduzione della colonia Pompei fu arricchita di edifici privati e
pubblici, e ulteriormente abbellita soprattutto nell'età degli imperatori
Ottaviano Augusto (27 a.C.-14 d.C.) e Tiberio (14-37 d.C.).
Nel 62 d.C. un violento terremoto colpì l'intera area vesuviana. A
Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio, ma, per l'entità dei danni, e
per lo sciame sismico che seguì, essa prese molto tempo: diciassette
anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.C. l'improvvisa eruzione del
Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava come un
cantiere ancora aperto.

La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo, ma solo nel 1748 cominciò
l'esplorazione, col re di Napoli Carlo III di Borbone, e continuò
sistematicamente nell'Ottocento, fino agli interventi più recenti di
scavo, restauro e valorizzazione della città antica e del suo eccezionale
patrimonio di architetture, sculture, pitture e mosaici. L'area
archeologica di Pompei si estende per circa sessantasei etari dei quali
circa quarantacinque sono stati scavati.
Vita quotidiana
L’alimentazione

All'alba, per colazione, si consumava pane e formaggio o verdure e ciò
che era avanzato dalla sera precedente. Seguiva uno spuntino a metà
giornata, spesso consumato nelle numerose taverne dell'epoca: il
pasto era a base di focacce, pesce fritto, salsicce e anche dolciumi e
frutta.
Dalle 4 del pomeriggio, nei triclìni, le sale da pranzo, si consumava la
cena: dagli antipasti a base di uova e olive si passava alle portate di
carne e pesce farcite, fino a dolci e frutta.
Ogni triclìnio comprendeva tre letti disposti ad 'U', su ciascuno dei
quali prendevano posto tre convitati, che mangiavano sdraiati
appoggiandosi sul gomito sinistro.

Le cene erano allietate da letture e recitazioni, cantanti, suonatori e
ballerini.
Thermopolium
di Vetutius Placidus
Macellum
                                           L'edificio, che era il principale mercato
                                           della città, risale al II sec. a.C., con
                                           successive ristrutturazioni: le basi
                                           dinanzi al portico d'ingresso reggevano
                                           statue onorarie di cittadini illustri.




 L'interno è una corte porticata, con
 botteghe: le 12 basi poste al centro
 servivano da appoggio a pali lignei,
 che reggevano un tetto conico; sul
 fondo, l'ambiente a destra era usato
 per la vendita di carne e pesce,
 quello a sinistra, forse, per banchetti
 in onore dell'imperatore, a cui era
 dedicato un sacello al centro della
 parete di fondo.
Granai del foro

                  Il mercatino della frutta e verdura ('foro olitorio') fu
                  realizzato dopo il 62 e forse non era terminato (o non
                  era in uso) al momento dell'eruzione: prendeva il posto
                  di ambienti porticati ed era affiancato da una grande
                  latrina.
Il panificio
L'attività lavorativa

    La giornata lavorativa sfruttava la luce del giorno, quindi per alcuni
    iniziava all'alba: ma le corporazioni di mestiere imponevano non più di
    otto ore lavorative.

    I negozi erano di solito a conduzione familiare, ma c'era sempre
    bisogno di commessi. T le attività più diffuse e redditizie c'erano i
                          ra
    fornai, gli orafi, gli argentieri ed i 'bronzieri'. Nell'artigianato erano
    impiegati gli schiavi che erano assunti in base alle loro specifiche
    competenze.
Presso le porte c'erano i trasportatori, muniti di calessi o di muli, che
provvedevano a trasportare nella città le merci. Non mancavano poi i
venditori ambulanti che disponevano di carretti o banconi di legno. Tra
i lavori improvvisati, c'erano i maghi che approfittavano dell'ingenuità
dei creduloni per vendere pozioni e amuleti.

Gli schiavi erano acquistati come oggetti al Foro: presentati in piedi su
un palco con una tessera in mano o un cartello appeso al collo, in cui
erano riportati dati anagrafici e capacità. In città gli schiavi si
occupavano dei lavori domestici. Quelli più istruiti si occupavano della
contabilità del padrone o ne curavano l'istruzione dei figli. In campagna
gli schiavi attendevano al duro lavoro dei campi.
Le terme

   I Pompeiani non possedevano tutti l'acqua in casa e quindi usufruire delle piscine termali era una
   necessità.

   Ma pure era un fenomeno di costume, espressione di una particolare concezione del tempo libero.
   Si andava alle terme non solo per fare il bagno, ma anche per incontrare amici, conversare, cercare
   appoggi politici. Le terme diventarono un'occasione di vita sociale.

   Gli stabilimenti offrivano bagni caldi, piscine, saune, palestre e spazi porticati, locali per il
   massaggio e la toeletta.

   All'ingresso si pagava una modesta tassa: i ragazzi entravano gratis; e poi vi erano diversi prezzi
   per i vari servizi: custodia dei vestiti, massaggi, fornitura di oli profumati.

   In genere uomini e donne avevano sezioni separate.

   L'entrata era prevista dopo le 13.30 e gli impianti rimanevano aperti fino al tardo pomeriggio.
Dopo aver lasciato gli abiti nell'apoditèrium (spogliatoio), i Pompeiani si recavano alla piscina
oppure in palestra a fare ginnastica. Al termine degli esercizi tornavano in piscina o andavano
nella sala dei bagni caldi (caldàrium ). In queste sale il flusso di aria calda veniva immesso dalle
caldaie sotto al pavimento rialzato e nelle intercapedini delle pareti. Seguiva una sosta nel
tepidàrium, un ambiente temperato, e infine passavano nelle vasche fredde del frigidàrium. Ci si
equipaggiava con asciugamani di lino o di lana. Erano usati la soda come sapone, oli profumati e
lo 'strigile', una paletta metallica arcuata per detergere il corpo unto d'olio e cosparso di sabbia
dopo gli esercizi ginnici.

Gli addetti vigilavano sulle condizioni igieniche, sul rispetto degli orari, sul corretto mantenimento
degli impianti.




                                 Terme Stabiane

                              È l'edificio termale più
                                 antico della città
                                    (II sec. a.C.)
Terme del Foro


                 Si costruiscono dopo l'80 a.C., secondo lo
                 schema delle più grandi Terme Stabiane
Lupanare
Lupa in latino significa prostituta: e questo è il
meglio organizzato dei numerosi bordelli di
Pompei, l'unico sorto con questa specifica
funzione: gli altri erano di una sola stanzetta
ovvero ricavati al piano superiore di una bottega.
L'edificio è degli ultimi periodi della città.


Al piano terra ci sono cinque stanze, come al
superiore, ed una latrina: i letti, in muratura,
erano coperti dal materasso. Quadretti dipinti,
raffiguranti le diverse posizioni da assumere nei
giochi d'accoppiamento, ornavano il lupanare.


Le prostitute erano schiave, di solito greche e
orientali. Il prezzo andava dai 2 agli 8 assi (la
porzione di vino ne costava 1): ma il ricavato,
trattandosi di donne senza personalità giuridica,
andava al padrone o al tenutario (lenone) del
bordello.
Il culto:
Il larario
                    Ai lati dei lari si
                    trovano Mercurio (dio
                    del commercio) e
                    Dioniso (dio del vino).

 I Lari erano i protettori del focolare domestico e della famiglia ed onorati davanti al larario,
 l'edicola posta di solito nell'atrio, dove ardeva il 'fuoco' sacro!

 I Lari erano raffigurati spesso come una coppia di giovani danzanti, con corta tunica e mantello.
 Associati ai Lari troviamo anche i Penàtes, divinità protettrici del pènus, cioè la dispensa dei
 viveri, e perciò del benessere generale della casa.

 Nel larario si venera anche il Gènius, rappresentato sotto forma di giovane con toga e capo
 velato, in atto di libare. Il Gènius è un demone legato alla persona, al capofamiglia. Ogni uomo ha
 il suo Gènius, mentre il corrispondente per la donna è la Iùno, che ne custodisce la forza
 generatrice e i valori trascendentali: il Gènius, o la Iùno, viene generato e muore allo stesso
 momento della persona, e vive strettamente connesso con essa.

 Al Gènius è consacrato il serpente agathòdemon, che spesso troviamo dipinto sotto il larario,
 mentre si dirige verso l'altare sul quale sono un uovo e qualche frutta.
Edifici di culto:
Il tempio di Apollo


  È il santuario più antico di
  Po m p e i , c o m e a t t e s t a l a
  decorazione architettonica
  superstite databile al 575-550
  a.C.

  Ai lati del portico sono le
  statue di Apollo e Diana
  raffigurati come arcieri
  (originali al Museo di Napoli).
Il culto dei morti
   Per i Romani la morte comportava contaminazione e obbligava i vivi a riti di purificazione ed
   espiazione. Inoltre lasciare un cadavere privo di sepoltura avrebbe causato negative
   ripercussioni sul destino dell'anima del defunto.

   Fino al I sec. d.C. era usuale cremare i defunti e raccogliere le ceneri entro vasi che venivano
   murati all'interno delle tombe o interrati nel recinto funerario.

   Il luogo della sepoltura nella terra era contrassegnato da un segnacolo. Nell'urna si depositava
   una moneta necessaria al defunto per essere traghettato da Carònte nell'aldilà. Un condotto
   collegava il terreno con il vaso, così che a questo potessero giungere le libagioni offerte in
   occasione delle cerimonie funebri.

   Dopo il funerale e il seppellimento si svolgevano riti di purificazione e un banchetto presso la
   tomba. Il lutto durava nove giorni. Al termine si portavano offerte al defunto e seguiva un altro
   banchetto funebre.

   Il periodo per la commemorazione dei defunti era quello dei Parentàlia, che durava dal 13 al 21
   febbraio, durante il quale ogni famiglia onorava genitori e altri congiunti. L'ultimo giorno era
   quello dei Feràlia, destinato a cerimonie pubbliche.
La legge romana prescriveva che i cimiteri sorgessero all'esterno delle mura, dove le tombe si
  sviluppavano ai lati delle strade che uscivano dalle porte urbiche.


  L'aspetto esteriore delle necropoli era in larga misura determinato dalle tombe delle persone
  ricche e mediamente benestanti. Queste acquistavano un pezzo di terreno sul quale costruire il
  monumento funerario, oppure compravano una tomba appartenente ad una serie già eretta da
  un costruttore.


  Due delle preoccupazioni maggiori dei proprietari di tombe erano l'appropriazione indebita e
  l'oltraggio.


Necropoli di Porta Nocera


                                                        Subito fuori la porta Nocera si estende la
                                                        necropoli, di notevole importanza.
                                                        Imponenza architettonica caratterizza
                                                        l'edificio funerario d'età tiberiana (14-37
                                                        d.C.) costruito per sé e per i suoi
                                                        familiari da Eumachia, sacerdotessa di
                                                        Venere.
I mosaici




            Questi sono una mostra dei bellissimi
            mosaici pompeiani. Gli originali si trovano
            al museo archeologico di Napoli.
L’eruzione del Vesuvio:
Carta de Plinio il giovane

     Una nube nera e terribile, squarciata da guizzi serpeggianti di fuoco, si apriva in vasti bagliori
     di incendio: erano essi simili a folgori, ma ancora più estesi [....]
     Dopo non molto quella nube si abbassò verso terra e coprì il mare[...]. Allora mia madre si mise
     a pregarmi [...] che in qualsiasi modo cercassi scampo [...].

     Cadeva già della cenere, ma ancora non fitta. [...] Scese la notte, non come quando non v'è
     luna o il cielo è nuvoloso, ma come quando ci si trova in un locale chiuso a lumi spenti. Udivi i
     gemiti delle donne, i gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini: gli uni cercavano a gran voce i
     genitori, altri i figli, altri i consorti, li riconoscevan dalle voci; chi commiserava la propria sorte,
     chi quella dei propri cari: ve n'erano che per timore della morte invocavano la morte [...].

     Riapparve un debole chiarore, che non ci sembrava il giorno, ma l'inizio dell'approssimarsi del
     fuoco. Ma questo si fermò a distanza e di nuovo furon le tenebre, di nuovo cenere in gran
     copia e spessa. Noi ci alzavamo a tratti per scrollarla di dosso, altrimenti ne saremmo stati
     ricoperti e anche oppressi dal suo peso. [...]
Alfine quella caligine si attenuò e svanì in una specie di fumo o di nebbia: quindi fece proprio giorno,
anche il sole ap- parve, ma livido, come quando è in eclisse. Agli sguardi ancor trepidanti il paesaggio
appariva mutato e ricoperto da una spes- sa coltre di cenere, come fosse nevicato. [...]


Prevaleva il timore; giacché le scosse di terremoto continuavano e molti fuor di senno con delle
previsioni terrificanti crescevan quasi a gioco i propri e gli altrui malanni. Noi però, benché scampati
ai pericoli e in attesa di nuovi, neppure allora pensavamo a partire, finché non ci giungesse notizia
dello zio".




                                                                      Calchi
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CHIẾN THẮNG KÌ THI TUYỂN SINH VÀO LỚP 10 THPT MÔN NGỮ VĂN - PHAN THẾ HOÀI (36...
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Una breve introduzione ad Elsa Morante, vita e opere
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Pompei

  • 1.
  • 3.
  • 5.
  • 6. Con i suoi 44 ettari di area scavata e con il notevole stato di conservazione dei suoi edifici, dovuto al particolare seppellimento (sotto una coltre di lapilli e ceneri alta circa 6 metri) causato dall'eruzione del 79 d.C., Pompei può dirsi l'unico sito archeologico che ci restituisce l'immagine di una città romana nella sua interezza. Immagine che non era dissimile da quella di altre città dello stesso periodo, che il tempo non ha conservato.
  • 7.
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  • 9.
  • 11.
  • 12. Pompei sorge su un pianoro (circa 30 m s.l.m.) formato da una colata di lava vesuviana, a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce sorgeva un attivo porto. Incerte sono le notizie sulle origini della città. Le testimonianze più antiche si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C. Una civiltà 'mista', nella quale erano fusi elementi indigeni, etruschi e greci, portò allo sviluppo della città. Verso la fine del V sec. a.C., le tribù dei Sanniti, scesi dai monti dell'Irpinia e del Sannio, dilagarono nella pianura dell'attuale Campania (che significa 'pianura fertile'), conquistando e inserendo le città vesuviane e costiere in una lega con capitale Nuceria. In epoca sannitica Pompei riceve un forte impulso all'urbanizzazione.
  • 13.
  • 14. Verso la fine del IV sec. a.C., in seguito ad una nuova pressione di popolazioni sannitiche, Roma si affaccia nell'Italia meridionale: sistemi di alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno (343-290 a.C.) egemone in tutta la Campania. Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell'organizzazione politica della res publica romana, però nel 90-89 a.C. si ribellò assieme ad altre popolazioni italiche, che reclamavano a Roma pari dignità socio- politica. Presa d'assedio dalle truppe di P. Cornelius Sulla, la città capitolò e diventò colonia romana col nome di Cornelia Veneria Pompeianorum (80 a.C.). Dopo la deduzione della colonia Pompei fu arricchita di edifici privati e pubblici, e ulteriormente abbellita soprattutto nell'età degli imperatori Ottaviano Augusto (27 a.C.-14 d.C.) e Tiberio (14-37 d.C.).
  • 15.
  • 16. Nel 62 d.C. un violento terremoto colpì l'intera area vesuviana. A Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio, ma, per l'entità dei danni, e per lo sciame sismico che seguì, essa prese molto tempo: diciassette anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.C. l'improvvisa eruzione del Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava come un cantiere ancora aperto. La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo, ma solo nel 1748 cominciò l'esplorazione, col re di Napoli Carlo III di Borbone, e continuò sistematicamente nell'Ottocento, fino agli interventi più recenti di scavo, restauro e valorizzazione della città antica e del suo eccezionale patrimonio di architetture, sculture, pitture e mosaici. L'area archeologica di Pompei si estende per circa sessantasei etari dei quali circa quarantacinque sono stati scavati.
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  • 19.
  • 20. L’alimentazione All'alba, per colazione, si consumava pane e formaggio o verdure e ciò che era avanzato dalla sera precedente. Seguiva uno spuntino a metà giornata, spesso consumato nelle numerose taverne dell'epoca: il pasto era a base di focacce, pesce fritto, salsicce e anche dolciumi e frutta. Dalle 4 del pomeriggio, nei triclìni, le sale da pranzo, si consumava la cena: dagli antipasti a base di uova e olive si passava alle portate di carne e pesce farcite, fino a dolci e frutta. Ogni triclìnio comprendeva tre letti disposti ad 'U', su ciascuno dei quali prendevano posto tre convitati, che mangiavano sdraiati appoggiandosi sul gomito sinistro. Le cene erano allietate da letture e recitazioni, cantanti, suonatori e ballerini.
  • 21.
  • 23.
  • 24. Macellum L'edificio, che era il principale mercato della città, risale al II sec. a.C., con successive ristrutturazioni: le basi dinanzi al portico d'ingresso reggevano statue onorarie di cittadini illustri. L'interno è una corte porticata, con botteghe: le 12 basi poste al centro servivano da appoggio a pali lignei, che reggevano un tetto conico; sul fondo, l'ambiente a destra era usato per la vendita di carne e pesce, quello a sinistra, forse, per banchetti in onore dell'imperatore, a cui era dedicato un sacello al centro della parete di fondo.
  • 25.
  • 26. Granai del foro Il mercatino della frutta e verdura ('foro olitorio') fu realizzato dopo il 62 e forse non era terminato (o non era in uso) al momento dell'eruzione: prendeva il posto di ambienti porticati ed era affiancato da una grande latrina.
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  • 29.
  • 30. L'attività lavorativa La giornata lavorativa sfruttava la luce del giorno, quindi per alcuni iniziava all'alba: ma le corporazioni di mestiere imponevano non più di otto ore lavorative. I negozi erano di solito a conduzione familiare, ma c'era sempre bisogno di commessi. T le attività più diffuse e redditizie c'erano i ra fornai, gli orafi, gli argentieri ed i 'bronzieri'. Nell'artigianato erano impiegati gli schiavi che erano assunti in base alle loro specifiche competenze.
  • 31.
  • 32. Presso le porte c'erano i trasportatori, muniti di calessi o di muli, che provvedevano a trasportare nella città le merci. Non mancavano poi i venditori ambulanti che disponevano di carretti o banconi di legno. Tra i lavori improvvisati, c'erano i maghi che approfittavano dell'ingenuità dei creduloni per vendere pozioni e amuleti. Gli schiavi erano acquistati come oggetti al Foro: presentati in piedi su un palco con una tessera in mano o un cartello appeso al collo, in cui erano riportati dati anagrafici e capacità. In città gli schiavi si occupavano dei lavori domestici. Quelli più istruiti si occupavano della contabilità del padrone o ne curavano l'istruzione dei figli. In campagna gli schiavi attendevano al duro lavoro dei campi.
  • 33.
  • 34. Le terme I Pompeiani non possedevano tutti l'acqua in casa e quindi usufruire delle piscine termali era una necessità. Ma pure era un fenomeno di costume, espressione di una particolare concezione del tempo libero. Si andava alle terme non solo per fare il bagno, ma anche per incontrare amici, conversare, cercare appoggi politici. Le terme diventarono un'occasione di vita sociale. Gli stabilimenti offrivano bagni caldi, piscine, saune, palestre e spazi porticati, locali per il massaggio e la toeletta. All'ingresso si pagava una modesta tassa: i ragazzi entravano gratis; e poi vi erano diversi prezzi per i vari servizi: custodia dei vestiti, massaggi, fornitura di oli profumati. In genere uomini e donne avevano sezioni separate. L'entrata era prevista dopo le 13.30 e gli impianti rimanevano aperti fino al tardo pomeriggio.
  • 35.
  • 36. Dopo aver lasciato gli abiti nell'apoditèrium (spogliatoio), i Pompeiani si recavano alla piscina oppure in palestra a fare ginnastica. Al termine degli esercizi tornavano in piscina o andavano nella sala dei bagni caldi (caldàrium ). In queste sale il flusso di aria calda veniva immesso dalle caldaie sotto al pavimento rialzato e nelle intercapedini delle pareti. Seguiva una sosta nel tepidàrium, un ambiente temperato, e infine passavano nelle vasche fredde del frigidàrium. Ci si equipaggiava con asciugamani di lino o di lana. Erano usati la soda come sapone, oli profumati e lo 'strigile', una paletta metallica arcuata per detergere il corpo unto d'olio e cosparso di sabbia dopo gli esercizi ginnici. Gli addetti vigilavano sulle condizioni igieniche, sul rispetto degli orari, sul corretto mantenimento degli impianti. Terme Stabiane È l'edificio termale più antico della città (II sec. a.C.)
  • 37.
  • 38. Terme del Foro Si costruiscono dopo l'80 a.C., secondo lo schema delle più grandi Terme Stabiane
  • 39.
  • 40. Lupanare Lupa in latino significa prostituta: e questo è il meglio organizzato dei numerosi bordelli di Pompei, l'unico sorto con questa specifica funzione: gli altri erano di una sola stanzetta ovvero ricavati al piano superiore di una bottega. L'edificio è degli ultimi periodi della città. Al piano terra ci sono cinque stanze, come al superiore, ed una latrina: i letti, in muratura, erano coperti dal materasso. Quadretti dipinti, raffiguranti le diverse posizioni da assumere nei giochi d'accoppiamento, ornavano il lupanare. Le prostitute erano schiave, di solito greche e orientali. Il prezzo andava dai 2 agli 8 assi (la porzione di vino ne costava 1): ma il ricavato, trattandosi di donne senza personalità giuridica, andava al padrone o al tenutario (lenone) del bordello.
  • 41.
  • 42.
  • 43.
  • 44. Il culto: Il larario Ai lati dei lari si trovano Mercurio (dio del commercio) e Dioniso (dio del vino). I Lari erano i protettori del focolare domestico e della famiglia ed onorati davanti al larario, l'edicola posta di solito nell'atrio, dove ardeva il 'fuoco' sacro! I Lari erano raffigurati spesso come una coppia di giovani danzanti, con corta tunica e mantello. Associati ai Lari troviamo anche i Penàtes, divinità protettrici del pènus, cioè la dispensa dei viveri, e perciò del benessere generale della casa. Nel larario si venera anche il Gènius, rappresentato sotto forma di giovane con toga e capo velato, in atto di libare. Il Gènius è un demone legato alla persona, al capofamiglia. Ogni uomo ha il suo Gènius, mentre il corrispondente per la donna è la Iùno, che ne custodisce la forza generatrice e i valori trascendentali: il Gènius, o la Iùno, viene generato e muore allo stesso momento della persona, e vive strettamente connesso con essa. Al Gènius è consacrato il serpente agathòdemon, che spesso troviamo dipinto sotto il larario, mentre si dirige verso l'altare sul quale sono un uovo e qualche frutta.
  • 45.
  • 46. Edifici di culto: Il tempio di Apollo È il santuario più antico di Po m p e i , c o m e a t t e s t a l a decorazione architettonica superstite databile al 575-550 a.C. Ai lati del portico sono le statue di Apollo e Diana raffigurati come arcieri (originali al Museo di Napoli).
  • 47.
  • 48. Il culto dei morti Per i Romani la morte comportava contaminazione e obbligava i vivi a riti di purificazione ed espiazione. Inoltre lasciare un cadavere privo di sepoltura avrebbe causato negative ripercussioni sul destino dell'anima del defunto. Fino al I sec. d.C. era usuale cremare i defunti e raccogliere le ceneri entro vasi che venivano murati all'interno delle tombe o interrati nel recinto funerario. Il luogo della sepoltura nella terra era contrassegnato da un segnacolo. Nell'urna si depositava una moneta necessaria al defunto per essere traghettato da Carònte nell'aldilà. Un condotto collegava il terreno con il vaso, così che a questo potessero giungere le libagioni offerte in occasione delle cerimonie funebri. Dopo il funerale e il seppellimento si svolgevano riti di purificazione e un banchetto presso la tomba. Il lutto durava nove giorni. Al termine si portavano offerte al defunto e seguiva un altro banchetto funebre. Il periodo per la commemorazione dei defunti era quello dei Parentàlia, che durava dal 13 al 21 febbraio, durante il quale ogni famiglia onorava genitori e altri congiunti. L'ultimo giorno era quello dei Feràlia, destinato a cerimonie pubbliche.
  • 49.
  • 50. La legge romana prescriveva che i cimiteri sorgessero all'esterno delle mura, dove le tombe si sviluppavano ai lati delle strade che uscivano dalle porte urbiche. L'aspetto esteriore delle necropoli era in larga misura determinato dalle tombe delle persone ricche e mediamente benestanti. Queste acquistavano un pezzo di terreno sul quale costruire il monumento funerario, oppure compravano una tomba appartenente ad una serie già eretta da un costruttore. Due delle preoccupazioni maggiori dei proprietari di tombe erano l'appropriazione indebita e l'oltraggio. Necropoli di Porta Nocera Subito fuori la porta Nocera si estende la necropoli, di notevole importanza. Imponenza architettonica caratterizza l'edificio funerario d'età tiberiana (14-37 d.C.) costruito per sé e per i suoi familiari da Eumachia, sacerdotessa di Venere.
  • 51.
  • 52. I mosaici Questi sono una mostra dei bellissimi mosaici pompeiani. Gli originali si trovano al museo archeologico di Napoli.
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  • 55.
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  • 58. L’eruzione del Vesuvio: Carta de Plinio il giovane Una nube nera e terribile, squarciata da guizzi serpeggianti di fuoco, si apriva in vasti bagliori di incendio: erano essi simili a folgori, ma ancora più estesi [....] Dopo non molto quella nube si abbassò verso terra e coprì il mare[...]. Allora mia madre si mise a pregarmi [...] che in qualsiasi modo cercassi scampo [...]. Cadeva già della cenere, ma ancora non fitta. [...] Scese la notte, non come quando non v'è luna o il cielo è nuvoloso, ma come quando ci si trova in un locale chiuso a lumi spenti. Udivi i gemiti delle donne, i gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini: gli uni cercavano a gran voce i genitori, altri i figli, altri i consorti, li riconoscevan dalle voci; chi commiserava la propria sorte, chi quella dei propri cari: ve n'erano che per timore della morte invocavano la morte [...]. Riapparve un debole chiarore, che non ci sembrava il giorno, ma l'inizio dell'approssimarsi del fuoco. Ma questo si fermò a distanza e di nuovo furon le tenebre, di nuovo cenere in gran copia e spessa. Noi ci alzavamo a tratti per scrollarla di dosso, altrimenti ne saremmo stati ricoperti e anche oppressi dal suo peso. [...]
  • 59.
  • 60. Alfine quella caligine si attenuò e svanì in una specie di fumo o di nebbia: quindi fece proprio giorno, anche il sole ap- parve, ma livido, come quando è in eclisse. Agli sguardi ancor trepidanti il paesaggio appariva mutato e ricoperto da una spes- sa coltre di cenere, come fosse nevicato. [...] Prevaleva il timore; giacché le scosse di terremoto continuavano e molti fuor di senno con delle previsioni terrificanti crescevan quasi a gioco i propri e gli altrui malanni. Noi però, benché scampati ai pericoli e in attesa di nuovi, neppure allora pensavamo a partire, finché non ci giungesse notizia dello zio". Calchi
  • 61.
  • 62. Webgrafia: www.pomeiisites.org

Notes de l'éditeur

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