6. Con i suoi 44 ettari di area scavata e con il notevole stato di conservazione dei suoi edifici, dovuto al
particolare seppellimento (sotto una coltre di lapilli e ceneri alta circa 6 metri) causato dall'eruzione del
79 d.C., Pompei può dirsi l'unico sito archeologico che ci restituisce l'immagine di una città romana nella
sua interezza. Immagine che non era dissimile da quella di altre città dello stesso periodo, che il tempo
non ha conservato.
12. Pompei sorge su un pianoro (circa 30 m s.l.m.) formato da una colata di
lava vesuviana, a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce
sorgeva un attivo porto.
Incerte sono le notizie sulle origini della città. Le testimonianze più
antiche si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C.
Una civiltà 'mista', nella quale erano fusi elementi indigeni, etruschi e
greci, portò allo sviluppo della città. Verso la fine del V sec. a.C., le tribù
dei Sanniti, scesi dai monti dell'Irpinia e del Sannio, dilagarono nella
pianura dell'attuale Campania (che significa 'pianura fertile'),
conquistando e inserendo le città vesuviane e costiere in una lega con
capitale Nuceria. In epoca sannitica Pompei riceve un forte impulso
all'urbanizzazione.
13.
14. Verso la fine del IV sec. a.C., in seguito ad una nuova pressione di
popolazioni sannitiche, Roma si affaccia nell'Italia meridionale: sistemi di
alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno (343-290 a.C.)
egemone in tutta la Campania.
Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell'organizzazione politica
della res publica romana, però nel 90-89 a.C. si ribellò assieme ad altre
popolazioni italiche, che reclamavano a Roma pari dignità socio-
politica. Presa d'assedio dalle truppe di P. Cornelius Sulla, la città
capitolò e diventò colonia romana col nome di Cornelia Veneria
Pompeianorum (80 a.C.).
Dopo la deduzione della colonia Pompei fu arricchita di edifici privati e
pubblici, e ulteriormente abbellita soprattutto nell'età degli imperatori
Ottaviano Augusto (27 a.C.-14 d.C.) e Tiberio (14-37 d.C.).
15.
16. Nel 62 d.C. un violento terremoto colpì l'intera area vesuviana. A
Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio, ma, per l'entità dei danni, e
per lo sciame sismico che seguì, essa prese molto tempo: diciassette
anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.C. l'improvvisa eruzione del
Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava come un
cantiere ancora aperto.
La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo, ma solo nel 1748 cominciò
l'esplorazione, col re di Napoli Carlo III di Borbone, e continuò
sistematicamente nell'Ottocento, fino agli interventi più recenti di
scavo, restauro e valorizzazione della città antica e del suo eccezionale
patrimonio di architetture, sculture, pitture e mosaici. L'area
archeologica di Pompei si estende per circa sessantasei etari dei quali
circa quarantacinque sono stati scavati.
20. L’alimentazione
All'alba, per colazione, si consumava pane e formaggio o verdure e ciò
che era avanzato dalla sera precedente. Seguiva uno spuntino a metà
giornata, spesso consumato nelle numerose taverne dell'epoca: il
pasto era a base di focacce, pesce fritto, salsicce e anche dolciumi e
frutta.
Dalle 4 del pomeriggio, nei triclìni, le sale da pranzo, si consumava la
cena: dagli antipasti a base di uova e olive si passava alle portate di
carne e pesce farcite, fino a dolci e frutta.
Ogni triclìnio comprendeva tre letti disposti ad 'U', su ciascuno dei
quali prendevano posto tre convitati, che mangiavano sdraiati
appoggiandosi sul gomito sinistro.
Le cene erano allietate da letture e recitazioni, cantanti, suonatori e
ballerini.
24. Macellum
L'edificio, che era il principale mercato
della città, risale al II sec. a.C., con
successive ristrutturazioni: le basi
dinanzi al portico d'ingresso reggevano
statue onorarie di cittadini illustri.
L'interno è una corte porticata, con
botteghe: le 12 basi poste al centro
servivano da appoggio a pali lignei,
che reggevano un tetto conico; sul
fondo, l'ambiente a destra era usato
per la vendita di carne e pesce,
quello a sinistra, forse, per banchetti
in onore dell'imperatore, a cui era
dedicato un sacello al centro della
parete di fondo.
25.
26. Granai del foro
Il mercatino della frutta e verdura ('foro olitorio') fu
realizzato dopo il 62 e forse non era terminato (o non
era in uso) al momento dell'eruzione: prendeva il posto
di ambienti porticati ed era affiancato da una grande
latrina.
30. L'attività lavorativa
La giornata lavorativa sfruttava la luce del giorno, quindi per alcuni
iniziava all'alba: ma le corporazioni di mestiere imponevano non più di
otto ore lavorative.
I negozi erano di solito a conduzione familiare, ma c'era sempre
bisogno di commessi. T le attività più diffuse e redditizie c'erano i
ra
fornai, gli orafi, gli argentieri ed i 'bronzieri'. Nell'artigianato erano
impiegati gli schiavi che erano assunti in base alle loro specifiche
competenze.
31.
32. Presso le porte c'erano i trasportatori, muniti di calessi o di muli, che
provvedevano a trasportare nella città le merci. Non mancavano poi i
venditori ambulanti che disponevano di carretti o banconi di legno. Tra
i lavori improvvisati, c'erano i maghi che approfittavano dell'ingenuità
dei creduloni per vendere pozioni e amuleti.
Gli schiavi erano acquistati come oggetti al Foro: presentati in piedi su
un palco con una tessera in mano o un cartello appeso al collo, in cui
erano riportati dati anagrafici e capacità. In città gli schiavi si
occupavano dei lavori domestici. Quelli più istruiti si occupavano della
contabilità del padrone o ne curavano l'istruzione dei figli. In campagna
gli schiavi attendevano al duro lavoro dei campi.
33.
34. Le terme
I Pompeiani non possedevano tutti l'acqua in casa e quindi usufruire delle piscine termali era una
necessità.
Ma pure era un fenomeno di costume, espressione di una particolare concezione del tempo libero.
Si andava alle terme non solo per fare il bagno, ma anche per incontrare amici, conversare, cercare
appoggi politici. Le terme diventarono un'occasione di vita sociale.
Gli stabilimenti offrivano bagni caldi, piscine, saune, palestre e spazi porticati, locali per il
massaggio e la toeletta.
All'ingresso si pagava una modesta tassa: i ragazzi entravano gratis; e poi vi erano diversi prezzi
per i vari servizi: custodia dei vestiti, massaggi, fornitura di oli profumati.
In genere uomini e donne avevano sezioni separate.
L'entrata era prevista dopo le 13.30 e gli impianti rimanevano aperti fino al tardo pomeriggio.
35.
36. Dopo aver lasciato gli abiti nell'apoditèrium (spogliatoio), i Pompeiani si recavano alla piscina
oppure in palestra a fare ginnastica. Al termine degli esercizi tornavano in piscina o andavano
nella sala dei bagni caldi (caldàrium ). In queste sale il flusso di aria calda veniva immesso dalle
caldaie sotto al pavimento rialzato e nelle intercapedini delle pareti. Seguiva una sosta nel
tepidàrium, un ambiente temperato, e infine passavano nelle vasche fredde del frigidàrium. Ci si
equipaggiava con asciugamani di lino o di lana. Erano usati la soda come sapone, oli profumati e
lo 'strigile', una paletta metallica arcuata per detergere il corpo unto d'olio e cosparso di sabbia
dopo gli esercizi ginnici.
Gli addetti vigilavano sulle condizioni igieniche, sul rispetto degli orari, sul corretto mantenimento
degli impianti.
Terme Stabiane
È l'edificio termale più
antico della città
(II sec. a.C.)
37.
38. Terme del Foro
Si costruiscono dopo l'80 a.C., secondo lo
schema delle più grandi Terme Stabiane
39.
40. Lupanare
Lupa in latino significa prostituta: e questo è il
meglio organizzato dei numerosi bordelli di
Pompei, l'unico sorto con questa specifica
funzione: gli altri erano di una sola stanzetta
ovvero ricavati al piano superiore di una bottega.
L'edificio è degli ultimi periodi della città.
Al piano terra ci sono cinque stanze, come al
superiore, ed una latrina: i letti, in muratura,
erano coperti dal materasso. Quadretti dipinti,
raffiguranti le diverse posizioni da assumere nei
giochi d'accoppiamento, ornavano il lupanare.
Le prostitute erano schiave, di solito greche e
orientali. Il prezzo andava dai 2 agli 8 assi (la
porzione di vino ne costava 1): ma il ricavato,
trattandosi di donne senza personalità giuridica,
andava al padrone o al tenutario (lenone) del
bordello.
41.
42.
43.
44. Il culto:
Il larario
Ai lati dei lari si
trovano Mercurio (dio
del commercio) e
Dioniso (dio del vino).
I Lari erano i protettori del focolare domestico e della famiglia ed onorati davanti al larario,
l'edicola posta di solito nell'atrio, dove ardeva il 'fuoco' sacro!
I Lari erano raffigurati spesso come una coppia di giovani danzanti, con corta tunica e mantello.
Associati ai Lari troviamo anche i Penàtes, divinità protettrici del pènus, cioè la dispensa dei
viveri, e perciò del benessere generale della casa.
Nel larario si venera anche il Gènius, rappresentato sotto forma di giovane con toga e capo
velato, in atto di libare. Il Gènius è un demone legato alla persona, al capofamiglia. Ogni uomo ha
il suo Gènius, mentre il corrispondente per la donna è la Iùno, che ne custodisce la forza
generatrice e i valori trascendentali: il Gènius, o la Iùno, viene generato e muore allo stesso
momento della persona, e vive strettamente connesso con essa.
Al Gènius è consacrato il serpente agathòdemon, che spesso troviamo dipinto sotto il larario,
mentre si dirige verso l'altare sul quale sono un uovo e qualche frutta.
45.
46. Edifici di culto:
Il tempio di Apollo
È il santuario più antico di
Po m p e i , c o m e a t t e s t a l a
decorazione architettonica
superstite databile al 575-550
a.C.
Ai lati del portico sono le
statue di Apollo e Diana
raffigurati come arcieri
(originali al Museo di Napoli).
47.
48. Il culto dei morti
Per i Romani la morte comportava contaminazione e obbligava i vivi a riti di purificazione ed
espiazione. Inoltre lasciare un cadavere privo di sepoltura avrebbe causato negative
ripercussioni sul destino dell'anima del defunto.
Fino al I sec. d.C. era usuale cremare i defunti e raccogliere le ceneri entro vasi che venivano
murati all'interno delle tombe o interrati nel recinto funerario.
Il luogo della sepoltura nella terra era contrassegnato da un segnacolo. Nell'urna si depositava
una moneta necessaria al defunto per essere traghettato da Carònte nell'aldilà. Un condotto
collegava il terreno con il vaso, così che a questo potessero giungere le libagioni offerte in
occasione delle cerimonie funebri.
Dopo il funerale e il seppellimento si svolgevano riti di purificazione e un banchetto presso la
tomba. Il lutto durava nove giorni. Al termine si portavano offerte al defunto e seguiva un altro
banchetto funebre.
Il periodo per la commemorazione dei defunti era quello dei Parentàlia, che durava dal 13 al 21
febbraio, durante il quale ogni famiglia onorava genitori e altri congiunti. L'ultimo giorno era
quello dei Feràlia, destinato a cerimonie pubbliche.
49.
50. La legge romana prescriveva che i cimiteri sorgessero all'esterno delle mura, dove le tombe si
sviluppavano ai lati delle strade che uscivano dalle porte urbiche.
L'aspetto esteriore delle necropoli era in larga misura determinato dalle tombe delle persone
ricche e mediamente benestanti. Queste acquistavano un pezzo di terreno sul quale costruire il
monumento funerario, oppure compravano una tomba appartenente ad una serie già eretta da
un costruttore.
Due delle preoccupazioni maggiori dei proprietari di tombe erano l'appropriazione indebita e
l'oltraggio.
Necropoli di Porta Nocera
Subito fuori la porta Nocera si estende la
necropoli, di notevole importanza.
Imponenza architettonica caratterizza
l'edificio funerario d'età tiberiana (14-37
d.C.) costruito per sé e per i suoi
familiari da Eumachia, sacerdotessa di
Venere.
51.
52. I mosaici
Questi sono una mostra dei bellissimi
mosaici pompeiani. Gli originali si trovano
al museo archeologico di Napoli.
53.
54.
55.
56.
57.
58. L’eruzione del Vesuvio:
Carta de Plinio il giovane
Una nube nera e terribile, squarciata da guizzi serpeggianti di fuoco, si apriva in vasti bagliori
di incendio: erano essi simili a folgori, ma ancora più estesi [....]
Dopo non molto quella nube si abbassò verso terra e coprì il mare[...]. Allora mia madre si mise
a pregarmi [...] che in qualsiasi modo cercassi scampo [...].
Cadeva già della cenere, ma ancora non fitta. [...] Scese la notte, non come quando non v'è
luna o il cielo è nuvoloso, ma come quando ci si trova in un locale chiuso a lumi spenti. Udivi i
gemiti delle donne, i gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini: gli uni cercavano a gran voce i
genitori, altri i figli, altri i consorti, li riconoscevan dalle voci; chi commiserava la propria sorte,
chi quella dei propri cari: ve n'erano che per timore della morte invocavano la morte [...].
Riapparve un debole chiarore, che non ci sembrava il giorno, ma l'inizio dell'approssimarsi del
fuoco. Ma questo si fermò a distanza e di nuovo furon le tenebre, di nuovo cenere in gran
copia e spessa. Noi ci alzavamo a tratti per scrollarla di dosso, altrimenti ne saremmo stati
ricoperti e anche oppressi dal suo peso. [...]
59.
60. Alfine quella caligine si attenuò e svanì in una specie di fumo o di nebbia: quindi fece proprio giorno,
anche il sole ap- parve, ma livido, come quando è in eclisse. Agli sguardi ancor trepidanti il paesaggio
appariva mutato e ricoperto da una spes- sa coltre di cenere, come fosse nevicato. [...]
Prevaleva il timore; giacché le scosse di terremoto continuavano e molti fuor di senno con delle
previsioni terrificanti crescevan quasi a gioco i propri e gli altrui malanni. Noi però, benché scampati
ai pericoli e in attesa di nuovi, neppure allora pensavamo a partire, finché non ci giungesse notizia
dello zio".
Calchi