Nel contesto omnicanale, il punto vendita è ormai solo uno dei molti touch point attraverso i quali coinvolgere i consumatori. Nasce pertanto l’esigenza di ridefinire i confini della customer journey.
2. 58
CONSUMATORI
omnicanalità ha rivoluzionato il percorso di coinvol-
gimento del consumatore. Sempre di più, nell’attua-
le scenario, il punto di vendita rappresenta solamen-
te uno dei molteplici touch point attraverso i quali
avvengono la scelta e, sempre più spesso, anche l’acquisto.
Ne consegue che una delle complessità oggi cui si trova a fa-
re fronte il mondo della distribuzione è la sempre maggiore
difficoltà di definire con certezza i confini della customer
journey e per riuscire, di conseguenza, a individuare le moda-
lità con cui attivare la relazione con il proprio consumatore.
Nell’attuale fase di intensa sperimentazione, una certezza è il
vantaggio offerto dal presidio fisico, come dimostra il molti-
L’
plicarsi dei pure player che decidono di sbarcare nel canale fi-
sico, sia creando una propria rete di pick up point sia strin-
gendo accordi con altre insegne per attivare un servizio di
click & collect. Altro punto su cui tutti appaiono concordi è
che l’odierno modello di punto di vendita fisico – e verrebbe
da aggiungere anche quello finora consueto di centro com-
merciale – appare inadeguato a gestire con successo sia l’e-
commerce, sia un consumatore sempre più volubile e indeci-
frabile. Ma se è chiaro che il negozio fisico deve cambiare,
quando si tratta di stabilire in che modo l’incertezza regna so-
vrana. Alcuni privilegiano il negozio esperienziale, che mira
a costruire l’esperienza dell’insegna; altri valutano invece
l’ipotesi del negozio leggero che, per esempio nel campo del-
l’abbigliamento, presenta i diversi capi della collezione in un
unico esemplare e per quanto riguarda la vendita rimanda poi
all’on line. Inutile dire, che ogni oscillazione tra queste mo-
dalità ha un impatto significativo, oltre che sull’assorti-
mento, anche sul lay out e sulle metrature del negozio.
La tavola rotonda “La customer activation nel retail”, or-
ganizzata da Largo Consumo e moderata dal nostro gior-
nalista Armando Garosci, ha avuto proprio l’obiettivo
di fare il punto su come i player del canale fisico stanno
strutturando il loro business per costruire su nuove e più
promettenti basi la relazione con il cliente.
IULM: NUOVE MOTIVAZIONI DA PROPORRE
Luca Pellegrini, ordinario di Marketing e Retail pres-
so l’Università Iulm e presidente di TradeLab ha intro-
Attivare la relazione con il cliente
RETAIL
Nel contesto omnicanale, il punto vendita è ormai solo uno dei molti touch point attraverso i quali
coinvolgere i consumatori. Nasce pertanto l’esigenza di ridefinire i confini della customer journey.
di Marilena Del Fatti e Armando Garosci
IFORUM
DILARGOCONSUMO
Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/MarketingMulticanale
Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla
tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo
• Come si stanno modificando le modalità di consumo nell’attuale sce-
nario di omnicanalità?
• I modelli di clusterizzazione del consumatore basati sull’analisi di
tipo socio-demografica appaiono inadeguati: quali allora gli strumen-
ti con cui oggi si possono misurare i comportamenti di acquisto?
• In che modo il retail fisico riformula assortimenti, layout e store for-
mat per riuscire ad attivare la relazione con il proprio consumatore?
• Quale tipo di contributo è offerto dalle tecnologie digitali e dal
mobile per quanto riguarda la costruzione della relazione con il
cliente?
• Il retail fisico sta realmente valorizzando al meglio il potenziale mes-
so a disposizione da strumenti come CRM e fidelity card?
• Personalizzazione ed engagement one-to-one: come si gestiscono
questi aspetti senza trovarsi ad affrontare costi e complessità
eccessive?
I temi della tavola rotonda
LARGO CONSUMO n. 12/2016
58a62 DELFAT12Forum_Ret B.qxp:Articolo 14-12-2016 13:11 Pagina 58
3. CONSUMATORI
dotto il tema. Internet e e-commerce hanno rivoluzionato gli
assetti del settore e la trasformazione è ancora in divenire.
«L’e-commerce ha ancora un peso relativo - ha osservato -
ma in prospettiva, e in alcuni Paesi è già così, è destinato a
diventare un’opzione di default pronta e disponibile per tut-
ti». Altro forte cambiamento è la sovrapposizione tra offerta
fisica e in rete da cui è nato il fenomeno dello showrooming,
che in alcuni settori come l’elettronica di consumo, rappre-
senta già una grossa criticità, «perché al cliente bastano
smartphone e Ean per verificare, davanti allo scaffale, a che
prezzo quel prodotto è reperibile on line». In un contesto in
cui «trovare il prodotto non è più un problema», la sfida per
il punto di vendita fisico è offrire al consumatore nuove
motivazioni per convincerlo a visitarlo. «Dico subito -tran-
quillizza Pellegrini - che è perfettamente possibile. Siamo
esseri fisici e interagiamo nel fisico. Ne consegue che il con-
sumatore non vuole comprare on line a tutti i costi. Però,
bisogna pensare a come rendere ancora più facile l’acquisto,
anche valorizzando la componente di entertainment e la
dimensione di socialità propria del negozio fisico».
Pellegrini crede nel potenziale offerto dal recupero di «un
vecchio attributo di base del servizio commerciale: la prese-
lezione. Non si offre tutto, ma solo quello che si pensa possa
essere di interesse» e lo si fa «enfatizzando la dimensione
fisica dell’esperienza di acquisto inserita in una dimensione
multicanale. E questo, per esempio, per consentire al cliente
di formalizzare l’acquisto una volta che ci ha ragionato
sopra e ha visto anche qualche altro competitor». In sostan-
za, secondo Pellegrini, «le leve sono per certi versi quelle di
sempre. A cambiare sono il mix e i pesi. Occorre montare in
chiave innovativa il servizio al cliente. Ci sono il prodotto,
inteso come ciò che si offre in termini di beni e servizi,
l’ampiezza, la profondità, la specializzazione e l’esclusività
che è fondamentale per contrastare lo showrooming: perché
se ce l’ho soltanto io l’Ean, leggilo pure, tanto torni da me».
Tra le tante opzioni da utilizzare per offrire questo di più al
cliente Pellegrini cita «l’assortimento aggiuntivo, il rapporto
prezzo qualità, tutta la promozione on line e mobile e la
gestione della carta fedeltà, che spesso è ancora ottocentesca.
Invece, dovrebbe diventare la base per un CRM forte. Racco-
gliere i dati ormai è banale, il punto è leggerli. Per farlo
occorre avere dei sistemi di lettura forte, investire in software
e guardare ai competitor nati on line, che vivono di big data».
Una necessità creata dal fatto che il «il mass market come
paradigma comincia a dare segni di accelerata caduta e crollo
e questo chiede punti di vendita e centri commerciali diversi
e il passaggio verso un rapporto personalizzato in cui, per
evitare un impatto rovinoso sul piano dei costi, si limita l’in-
terfaccia one to one alle situazioni che non possono essere
gestite in modo automatico utilizzando la tecnologia».
ZODIO: CREARE LA FILIERA DELLA PASSIONE
Zodio è un format del Gruppo Adeo nato in Francia, dove
è presente con 15 punti di vendita. In Italia dallo scorso otto-
bre al punto di vendita di Rozzano (Mi) si è aggiunto quello
di Rescaldina (Mi) e una terza apertura è programmata per la
primavera del 2017. «Ci occupiamo – spiega il direttore ge-
nerale Marco Montemerlo – di prodotti e accessori per la ca-
sa. La particolarità è che lo facciamo partendo da tre passioni
fondamentali. La prima è l’italianità della cucina, un momen-
to di emozione e di condivisione molto forte e insito nella no-
stra cultura come la passione per il bello, che ci vede impe-
gnati a costruire un’offerta in grado di trasferire questo mood
negli ambienti domestici. Infine, la terza passione è la creati-
vità, che nella casa è per lo più legata al mondo della donna.
La nostra clientela infatti è composta per circa il 90% da don-
ne attive di età tra i 25 e i 60 anni. Zodio ha declinato questo
target in base allo stile, al budget disponibile e, in sostanza,
alla fase della vita in cui si trova». Il progetto si basa sulla
creazione di una sorta di filiera della passione e della compe-
tenza che vede addetti e clienti parte di una stessa comunità.
«Ogni nostro collaboratore - spiega Montemerlo - è amba-
sciatore di quello che vende. Nei diversi reparti ci sono le fo-
tografie degli addetti che raccontano in che cosa sono specia-
li, quale è la loro passione e in che cosa sono riconosciuti a
casa loro e nel loro quartiere. Inoltre, con i nostri clienti più
appassionati instauriamo una relazione e un rapporto di fidu-
cia così profondo da indurli ad aprirci letteralmente le porte di
casa loro. Sanno che così ci aiutano a costruire, partendo dal
loro punto di vista, piccoli pezzi del negozio, che sia l’offer-
ta, un servizio o parti del layout. E proprio basandoci sul-
l’adattamento di esperienze dei clienti abbiamo costruito, per
esempio, una gamma di cestini di design che tiene conto di
tutto quel pezzo di vita che capita nel sotto lavello, nei balco-
ni o nei terrazzi». Ogni settimana Zodio propone un fitto ca-
lendario di eventi. «Nell’atelier cucina organizziamo da 4 a 6
corsi di cucina e il venerdì e il sabato si svolgono 7 eventi di
degustazione, di dimostrazione e di savoir faire di oggetti. In-
fine, organizziamo annualmente grandi vendite private. Dalle
18 in poi il negozio è aperto esclusivamente ai clienti della
community ai quali offriamo un’esperienza di commercio lu-
dico». Nel futuro Zodio vuole aiutare i clienti a diventare
sempre più veri e propri “makers” in negozio di prodotti crea-
ti e realizzati da loro stessi anche attraverso l’uso di tecnolo-
gie per non dare confini al concetto di personalizzazione .
«Nel mondo della casa - afferma Montemerlo - le marche non
sono importanti. Conta di più offrire i prodotti giusti per tipo
di bisogno e target. In prospettiva stiamo pensando di diven-
tare una piattaforma, un ecosistema aperto all’esterno, anche
con forme di sharing econonomy. Il che significa aprire anche
al making fatto da terze persone, ma nelle nostre superfici e
con nostra competenza. Il punto di arrivo è offrire non il pro-
dotto, ma il mezzo e la conoscenza per arrivare a esso».
AUTOGRIILL: LA SEGMENTAZIONE PER TRIBÙ
Autogrill è il primo operatore al mondo nei servizi di risto-
razione per chi viaggia. Presente in 31 Paesi con oltre 57.000
dipendenti, gestisce circa 4.200 punti vendita in circa 1.000
location. Alessandra De Gaetano, group concepts director
ha spiegato che a consentire al Gruppo di continuare a cre-
scere nonostante la crisi è stata la capacità «di riconsiderare la
propria posizione alla luce dei cambiamenti proposti dal
I partecipanti alla tavola rotonda
azienda
TradeLab - Iulm
Autogrill
BT Italia
Camst
IGD
Multi Italy
Pam Panorama
Zodio
funzione
Presidente - Docente Marketing e Retail
Group Concepts Director
Head of Industry Solutions Sales Specialists
Responsabile Marketing
Direttore Generale alla Gestione
Mall Management Director
Marketing Manager
Direttore Generale
nome
Luca Pellegrini
Alessandra De Gaetano
Mirko Florindo
Maria Pia Lambro
Daniele Càbuli
Federico Cimbelli
Carlo Farinati
Marco Montemerlo
Servizio fotografico: Gustavo Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)
̈
59LARGO CONSUMO n. 12/2016
58a62 DELFAT12Forum_Ret B.qxp:Articolo 14-12-2016 13:11 Pagina 59
4. 60 LARGO CONSUMO n. 12/2016
CONSUMATORI
mercato e dai consumatori. Ci
siamo subito resi conto che i
tradizionali strumenti di anali-
si per target sociodemografico
non erano più applicabili a
questo consumatore totalmen-
te volubile e non identificabi-
le. Questo ci ha spinto a trova-
re una nuova modalità di seg-
mentare in base alle esigenze e
all’esperienza nel momento
del viaggio. Siamo così arriva-
ti a definire 6 tribù in cui l’ap-
partenenza è data dal momen-
to in cui si trova il consumato-
re, ma soprattutto, a costruire
nuovi format di offerta, che
soprattutto nel caso di Villore-
si e di Bistrot hanno avuto grande successo». Oggi Autogrill
ha in portafoglio oltre 300 brand. Alcuni sono in franchising,
perché, sottolinea De Gaetano, «quando rispondono alle esi-
genze dei nostri clienti, per noi non è un problema gestire la
relazione con il cliente con format di altre aziende». Vero ele-
mento innovativo della strategia Autogrill è l’implementazio-
ne di tecnologie digitali che ha portato a creare una struttura ad
hoc che si occupa anche del coordinamento di progetti a livel-
lo globale: «Le opportunità offerta dal digitale sono davvero
tantissime. In primo luogo permette di rafforzare, orientare o
supportare il brand. Nel nostro caso la costruzione del brand
riguarda Autogrill, ma soprattutto i format con i quali ci pro-
poniamo. Inoltre, e questo è forse l’aspetto più qualificante,
consente di dialogare con il cliente durante tutta la customer
journey e apre la strada all’introduzione di nuovi servizi. Mi
riferisco per esempio alle nuove modalità di pagamento. È di
questi giorni la notizia dell’accordo con PayPal per abilitare il
pagamento via smartphone su tutti i nostri punti di vendita. In-
fine, nell’area di back end la digitalizzazione dei processi con-
sente di velocizzarli ed efficientarli e di contenere i costi». Già
dallo scorso luglio è attiva l’app MyAutogrill «che ci consen-
tirà di dialogare costantemente con il consumatore e proporre
delle promozioni – afferma De Gaetano –. Da questa app ci
aspettiamo soprattutto risultati in termini di fidelizzazione». E
questo perché, rispetto ai precedenti tentativi di carta fedeltà,
«ci consente di superare i problemi di triangolazione dei dati,
molto forti in un business in concessione come il nostro, e ci
abilita a interagire direttamente con il potenziale cliente dal
momento in cui inizia a programmare il viaggio fino a dopo
che la sosta è stata effettuata. Questo ci aiuterà a garantirgli
una risposta migliore anche a livello di dimensionamento del
servizio di ristorazione. D’altra parte PayPal sarà attivo come
servizio inserito tra le funzioni della nostra app».
BT ITALIA: CENTRALI SUPPLY CHAIN E CRM
Oltre che ricoprire la carica di head of industry solutions
che da due anni include un team dedicato di R&D in BT Ita-
lia, Mirko Florindo è anche nel Board del Global Retail Pro-
gram che ha raggruppato i team verticali esistenti nei 196
Paesi in cui il gruppo è presente con l’obiettivo di cogliere e
interpretare al meglio le istanze della clientela sul fronte del-
la digitalizzazione. «L’idea – ha spiegato – è quella di portare
a fattor comune le attività progettuali richieste dai singoli
clienti». Il retail si muove sempre di più in un’ottica di omni-
canalità. In questo contesto «la supply chain è un elemento
chiave, perché il problema
non è la disponibilità del pro-
dotto, che c’è per definizione,
ma piuttosto il sapere sempre
dove esattamente si trova.
Una gestione ottimale della
supply chain non solo garanti-
sce la disponibilità di questo
dato, ma apre anche la strada
a quell’ottimizzazione dei co-
sti di spedizione che in futuro
diventerà sempre di più una
killer application». Florindo
rileva che, a differenza di
quanto accade all’estero, «in
Italia questa logica di ottimiz-
zazione del processo di deli-
very ancora non c’è. Siamo
più avanti nel digital marketing e nella comunicazione, anche
se forse un po’ in ritardo nello sviluppo dei progetti one to
one». Una delle cause è che «nella maggior parte dei casi nel
retail il CRM non raccoglie tutte le informazioni che potreb-
be collezionare». E questo nonostante la percentuale di ac-
quisti collegati alla carta fidelity sia altissima: tra l’80 e il
95%. «Chi di voi ha mai ricevuto un messaggino in cui l’in-
segna della gdo di cui ha la carta gli segnala quanti punti man-
cano al raggiungimento di un premio e, magari, prova a fare
push proponendo un’offerta specifica?», è la domanda a ri-
sposta chiusa di Florindo. Questo ritardo nel consolidare il
rapporto con il consumatore potrebbe costare caro al retail
tradizionale visto che «chi è partito dal digital con un buon li-
vello di successo sta dimostrando di saper trovare dei model-
li di business efficaci ed efficienti per entrare nel fisico. Un
solo accordo commerciale è sufficiente per avere istantanea-
mente 1.000 punti di vendita con in più il vantaggio della va-
riabilizzazione dei costi, visto che non sono di sua proprietà.
Quello che si osserva è che chi ha bisogno di stimolare il traf-
fico è più propenso a legarsi a processi di collect. Tra gli altri
qualcuno comincia a dire “la mia rete ha un valore. Per usar-
la devi riconoscermi un fee”». Parallelamente a questo, per il
retail si vanno evidenziando i segnali di un rischio disinter-
mediazione. «I vendor hanno sempre fatto attività di brand
awareness; la differenza è che prima non era concepibile una
loyalty card abbinata a un vendor. Oggi all’estero ce ne sono
già molte digitali e fisiche. Questo dovrebbe far pensare, per-
ché di fatto si arriva oltre alla creazione del brand: si arriva al-
la potenziale disintermediazione del canale dove l’utente ac-
quista. In passato già Nokia aveva provato a identificare il
proprio cliente finale per averne poi un rapporto diretto, ma
non ci riuscì. Allora furono forse un po’ troppo precursori.
Oggi questo è uno dei temi principali».
PAM: IL VALORE DELLA PRESELEZIONE
Pam Panorama ha 135 punti di vendita tra cui 94 sono su-
permercati con una superficie media di circa 1.200 mq. «Par-
liamo di un format di prossimità – ha affermato Carlo Fari-
nati, marketing manager di Pam Panorama – con una fre-
quenza di spesa sopra le 2 visite a settimana». Oggi nel mon-
do del grocery e dei freschi si registra la nascita di speciali-
sti. Il lavoro che Pam sta facendo da tempo è fondato «sulla
capacità di preselezionare. E, quindi, di capire esattamente
quali sono le esigenze della clientela in modo da proporre, nel
grocery, un’equilibrata e corretta selezione di marche proprie
Da sinistra, Marco Montemerlo (Zodio), Alessandra De Gaetano
(Autogrill) e Luca Pellegrini (TradeLab - Iulm).
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5. 61LARGO CONSUMO n. 12/2016
CONSUMATORI
e industriali e, nei freschi,
un livello di qualità che può
venire solo da un’esperien-
za di decenni». E proprio
sul mestiere di selezionato-
ri di prodotti di qualità è
stata incentrata una campa-
gna nella quale si racconta
in diversi filmati attraverso
lo sguardo del selezionato-
re alcuni dei momenti di
questi esperti di prodotto,
che Pam «ha diffuso sul
web e nei punti di vendita.
In questi ultimi due anni
nei nostri ipermercati ab-
biamo organizzato dei Ma-
ster del fresco per dimo-
strare che qualsiasi processo, per quanto industrializzato, in
realtà richiede solide esperienze e competenze, in particolare
nei reparti freschi». La sfida per un format di prossimità è svi-
luppare un approccio al proprio bacino di utenza che gli con-
senta di conquistare la maggiore quota di spesa. Per «riuscire
a sviluppare un’offerta capace di soddisfare una clientela che
esprime molteplici bisogni e ha modelli di alimentazione e
modalità di consumo sempre più variegati, una lettura più ar-
ticolata del consumatore diventa fondamentale». Pam è stata
tra le prime a strutturarsi per acquisire e leggere il dato. Que-
sto le ha consentito di arrivare a disporre, spiega Farinati, «di
un CRM che vede la carta fidelity al 70% di penetrazione. Su
circa 1,5 milioni di carte attive oltre 1 milione ha espresso il
consenso anche all’interazione con delle proposte commer-
ciali, consentendoci di segmentare la clientela tenendo conto
dei consumi e delle modalità di acquisto in modo da fornire ri-
sposte precise in termini di reward e di proposte promoziona-
li e di ingaggio dei clienti e di erogare benefici molto più con-
creti e mirati rispetto ad alcuni anni fa, basati sulle abitudini di
acquisto». Uno degli strumenti con cui Pam ha provato a crea-
re nuove meccaniche di promozione è lo smartphone: «Da cir-
ca un anno e mezzo abbiamo avviato una collaborazione
con DoveConviene, una app da più di 8 milioni di utenti in
Italia. Ci ha convinto che sarebbe stato un buon canale il fatto
che moltissime persone, i dati sono certificati, vadano alla ri-
cerca di offerte con tempi di visualizzazione delle pagine e dei
prodotti di un certo tipo». E questo dopo una diffidenza lega-
ta non tanto alla possibilità di confronto o all’esporsi, quanto
al tema della sostituzione o meno del costosissimo volantino
cartaceo, «un’analisi più puntuale del bacino e l’individuazio-
ne delle zone più o meno interessanti in termini di ritorno sul-
la spesa ci ha permesso di ridurre il numero delle copie distri-
buite: ne stampiamo tra i 2,5 e i 3,4 milioni ogni 10 o 14 gior-
ni». In prospettiva, per Farinati, «potrebbe essere utile anche
dare la possibilità di scaricare dai volantini dei contenuti extra
multimediali sul proprio smartphone a chi vuole capire qual-
cosa di più del prodotto o del fornitore».
IGD: RIMODULARE SPAZI E ASSORTIMENTO
Fanno capo a Igd 21 centri commerciali distribuiti in 11 re-
gioni. «La dimensione media – ha spiegato Daniele Càbuli,
direttore generale alla gestione di Igd - è pari a un numero di
negozi che oscilla tra i 50 e i 60. Naturalmente ci sono le ec-
cezioni, come il Centro Sarca a Milano, il Centro Com-
merciale Tiburtino (Guidonia) a Roma e Forlì, dove ci sono
tra i 90 e i 120 punti di vendi-
ta. Il confronto fra noi e i retai-
ler si sviluppa essenzialmente
sull’affitto degli spazi, sui re-
lativi canoni e sulle spese di
gestione. Le occasioni in cui
abbiamo visibilità delle strate-
gie marketing che fanno capo
alle aziende sono davvero po-
che e nostro compito è anche
quello di rendere loro un ser-
vizio relativamente al marke-
ting della galleria commercia-
le. Per esempio, in questa otti-
ca si pone il servizio Prenota e
Ritira appena partito al Cen-
tro Esp di Ravenna e al quale
hanno aderito circa 40 nego-
zi». Càbuli è convinto «che oggi potrebbe forse essere utile
estendere lo scambio di informazioni anche alle politiche
marketing delle aziende in modo da avere una visione comu-
ne». E questo perché negli ultimi anni «abbiamo assistito a
molti e significativi cambiamenti, la crisi degli ipermercati,
iniziata 12 anni fa e ancora in corso, e su tutto la crisi econo-
mica. I consumi sono fortemente calati negli ultimi anni
e, nonostante l’afflusso ai centri commerciali abbia nel tem-
po tenuto, siamo stati costretti a rivedere la i rapporti com-
merciali con i nostri tenant ridefinendo di conseguenza, ri-
spetto agli anni pre-crisi, le redditività al metro quadro. Infi-
ne l’e-commerce, che per noi è una minaccia, anche se dob-
biamo cercare di capire come trasformarla, equilibrarla e far-
la diventare un’opportunità». Le ripercussioni della rivoluzio-
ne multicanale dei retailer sulle meccaniche contrattuali sono
già evidenti: «È già capitato che ci chiedessero di escludere le
vendite on line dal fatturato per il variabile», riconosce Càbu-
li, prima di elencare le 4 aree di intervento individuate da Igd
per adeguare il centro commerciale ai nuovi scenari creati
dall’omnicanalità, «rimodulazione degli spazi e del mix mer-
ceologico, innovazione tecnologica e socialità. Nelle nostre
attività di ristrutturazione e di refurbishment abbiamo comin-
ciato a prevedere interventi atti a rendere più flessibile la
struttura in modo da poter, per esempio, rimodulare i singoli
locali a seconda delle necessità. Si tratta, però, di interventi
costosi. Quello appena realizzato al Centro Sarca di Milano,
per esempio, ha richiesto un investimento di circa 11 milioni
di euro». La modifica del mix merceologico passa attraverso
l’apertura ad attività non coperte dall’e-commerce. «Stiamo
lavorando – ha affermato Càbuli - per dare più spazio ai ser-
vizi, agli studi dentistici o medici, ai poliambulatori e alla ri-
storazione. Il problema, e la sfida, riguarda la ricerca di un
nuovo equilibrio economico dato dall’inserimento di un mag-
gior numero di attività (servizi) in grado di sostenere canoni
inferiori alla media». Innovazioni come l’introduzione del
wi-fi su tutti i centri commerciali sono ormai un must; insie-
me agli eventi e alla socialità contribuiscono a trasmettere «a
chi lo frequenta la sensazione di trovarsi in una piazza, in un
quartiere dove può vivere un momento piacevole al di là del-
lo shopping o dell’usufruibilità del servizio offerto».
MULTI ITALY: I VANTAGGI DEL DIGITALE
Multi Italy è un’azienda leader nella gestione, sviluppo e
proprietà di centri commerciali di alta qualità in tutta Europa
e Turchia che, spiega Federico Cimbelli, mall management
Da sinistra, Mirko Florindo (BT Italia), Marco Montemerlo (Zodio) e
Alessandra De Gaetano (Autogrill).
58a62 DELFAT12Forum_Ret B.qxp:Articolo 14-12-2016 13:11 Pagina 61
6. 62 LARGO CONSUMO n. 12/2016
director, «in Italia è presente
con 8 centri commerciali, per
un valore di circa 600 milioni
di euro e circa 600 punti di ven-
dita». E proprio l’esperienza
maturata in questo ambito por-
ta Cimbelli ad affermare che
per favorire il dialogo tra «re-
tailer e operatori del settore an-
che nella fase post contrattua-
le», potrebbe essere utile mu-
tuare dagli outlet che, notoria-
mente, «hanno una comparteci-
pazione nell’attività e nel busi-
ness con i retailer, la figura del
retail manager che a mio parere
dovrebbe essere introdotta al-
meno nei centri di fascia alta. La sua funzione è quella di rap-
presentare la proprietà presso i retailer che gli riconoscono la
funzione di intervenire per dettare alcune politiche nell’inte-
resse comune». Il suo ruolo potrebbe rivelarsi fondamentale
in un momento in cui i centri commerciali «stanno cercando
di conciliare la necessità di andare verso una diversificazione
con quella di polarizzarsi su alcuni generatori di traffico, co-
me H&M o Zara che, anche se hanno cominciato a lavorare
sul digitale, stanno comunque aumentando lo spazio fisico co-
me testimonia il caso Valecenter, centro commerciale leader
in provincia di Venezia gestito da Multi». Per Cimbelli questo
è un segnale da non sottovalutare visto che «per citare un
esempio fra i tanti, quando in America Gap ha eliminato gli
spazi fisici ha visto contemporaneamente calare drasticamen-
te le vendite on line».
La sua convinzione è che «si debba lavorare in parallelo con
tutte le opportunità offerte dal digitale». Un’ipotesi potrebbe
essere quella di affiancare al centro commerciale anche una
vetrina virtuale, come ha già fatto, per esempio, Westfield ne-
gli USA. «Va da sé – ha precisato Cimbelli –, che nel contrat-
to deve essere inserito l’obbligo per il retailer di popolare an-
che il negozio on line. L’opportunità è data dal fatto che, men-
tre il centro commerciale fisico è composto da 200 brand, il
negozio on line può arrivare anche a includere le start up o le
piccole attività di nicchia che diversamente non sono presen-
ti». Come altri player del settore, anche Multy Italy ha scelto
di intraprendere un’attività di trasformazione dei propri centri
che tra le prime misure ha previsto la revisione degli spazi e
del mix merceologico. «I centri commerciali – ha spiegato
Cimbelli – vanno ridisegnati per mettersi in condizione di te-
nere conto dei cambiamenti dimensionali dei retailer e con-
temporaneamente cogliere le opportunità che in questo mo-
mento sono offerte dai temporarys store e in generale dalle at-
tività di temporary legate al mondo del food, come per esem-
pio il food track». Il problema è che la scalabilità dei progetti
risulta fortemente inficiata dalla «necessità di confrontarsi
con l’infinita varietà di leggi e ordinanze regionali e comuna-
li e con l’elevato livello di discrezionalità concesso ai refe-
renti operanti nei diversi comuni italiani».
Questa situazione influenza anche la capacità dei centri
commerciali di competere con i pure player che «per ovvi
motivi non sono costretti a gestire situazioni di questo tipo».
CAMST: RIVISITARE L’ESPERIENZA IN STORE
«Camst – esordisce Maria Pia Lambro, responsabile
marketing – opera nei due mercati della ristorazione collettiva
e commerciale, che rappresen-
tano rispettivamente circa
l’80% e il 20% del giro di affa-
ri annuo, pari a circa 500 mi-
lioni di euro».
Anche se è stato impattato
più degli altri dalla crisi che
ha colpito diversi settori del
business, il segmento della ri-
storazione aziendale resta
molto importante per Camst,
che lo presidia con un ampio
ventaglio di proposte che spa-
zia dal ristorante gestito in lo-
co fino alla consegna presso il
cliente anche di singole por-
zioni. Il gruppo Camst è una
cooperativa in cui i circa 13.000 dipendenti sono per il 70%
anche soci. «Per questo motivo – prosegue Lambro – il coin-
volgimento anche personale nella gestione dell’attività è
sempre stato molto molto elevato, come dimostra il fatto che,
a un certo punto, avevamo 150 esercizi che proponevano cir-
ca 150 menù diversi. Negli ultimi quattro o cinque anni ab-
biamo cercato di porre le basi per passare a una vera gestio-
ne a catena che, ovviamente, partisse dall’uniformità dei pro-
cessi prima ancora che del marketing. In particolare, lo sfor-
zo più importante è stato quello di cercare di conservare al
nostro business la caratteristica della personalizzazione del-
l’assortimento, andando contemporaneamente a implemen-
tare un processo di ingegnerizzazione per uniformare le pro-
poste dei ristoranti, partendo dall’analisi della tipologia di
bisogno servito». Il che ha voluto dire, per esempio, distin-
guere tra location destinate al pubblico multi funzione tipico
dei centri commerciali e quelle che hanno come funzione
d’uso specifica la pausa pranzo. Appartengono a questa se-
conda categoria i circa 50 self service a insegna Tavolamica.
«Nell’ultimo anno abbiamo cominciato a rivedere questo
format con l’obiettivo di rinnovare l’esperienza in store di un
pubblico che non acquista, ma consuma quotidianamente in
store e che ha un tempo medio di permanenza compreso tra i
35 e i 40 minuti. In questa rivisitazione abbiamo implementa-
to soluzioni di digital signage che hanno sostituito tutta la co-
municazione interna e sono state individuate come funziona-
li al percorso di acquisizione di informazioni sul menù da par-
te del cliente. Questa era una priorità emersa nell’ambito del-
l’indagine di customer satisfaction condotta preventivamente
con l’obiettivo di segmentare gli stili alimentari di un target
prevalentemente maschile come il nostro.
La relazione con il cliente prosegue anche fuori dal loca-
le attraverso l’App Tavolamica che permette di consultare i
menu della settimana e le relative informazioni nutrizionali
». Il digital signage è stato utilizzato anche nel format Dal
1945 Gustavo Italiano lanciato lo scorso anno in occasione
dei settanta anni di Camst. «Si tratta - spiega Lambro - di un
marchio ombrello che si ispira ai valori della tradizione e ge-
nuinità e al quale fanno riferimento diversi formati del seg-
mento della ristorazione commerciale. In questo caso, stante
il diverso tipo di fruizione da parte del consumatore, tutta la
comunicazione di prodotto viene fatta utilizzando il digital si-
gnage. Stiamo anche sperimentando una profilazione del-
l’utenza attraverso il riconoscimento automatico del profilo
dell’utente nel pieno rispetto della privacy che, tra l’altro, ci
consente di acquisire informazioni su quante persone si avvi-
cinano al locale». I
CONSUMATORI
Da sinistra, Carlo Farinati (Pam Panorama), Daniele Càbuli (IGD),
Federico Cimbelli (Multi Italy) e Maria Pia Lambrano (Camst).
58a62 DELFAT12Forum_Ret B.qxp:Articolo 14-12-2016 13:11 Pagina 62