In questo numero:
- Prima pagina - AUGURI
- pag. 2 - Produttività: scommettiamo che non aumenterà?
- pag. 4 - Produttività: l'intervento di Susanna Camusso
- pag. 6 - UBI Banca: la gatta frettolosa fece i gattini ciechi?
- pag. 8 - Tremila in piazza
- pag. 9 - In nome del popolo italiano
- pag. 10 - Abbecedario della crisi: BTP-BUND
- pag. 11 - Iscriviti alla FISAC
Il nuovo numero di Fisac Varese Informa - 12 - Auguri, produttività ed altro
1. Anno VIII n°12 Dicembre 2012
AUGURI !!!
In Nei prossimi giorni i nostri iscritti, vecchi e nuovi, riceveranno insieme
questo alla tessera, che trovate riprodotta in questa pagina, anche il planning da
numero: tavolo 2013, che li occompagnerà per tutto l'anno con i principali articoli
- P ri m a p a g i n a - della nostra Costi tu zi on e e dello Sta tu to d ei La vora tori , il "Che Fare?" in
AUGURI caso di verten za ed alcuni a fori sm i sul Lavoro.
- pa g . 2 - Il Governo Monti, nato sulle ceneri lasciate dal Governo Berlusconi, è
Produttività: riuscito sicuramente a ridare credibilità internazionale ad un Paese che
scommettiamo che era ormai diventato lo zimbello d'Europa, ma è altrettanto vero che le sue
non aumenterà?
politiche economiche si sono dimostrate pesantissime per i soliti noti:
- pa g . 4 - lavoratori e pensionati.
Produttività:
l'intervento di Il 2012, per il mondo del lavoro, è stato un altro anno difficile, ma resta
Susanna Camusso la certezza anche per il futuro, della nostra volontà di difendere i diritti
- pa g . 6 - acquisiti in tanti anni di lotta.
UBI Banca:
la gatta frettolosa Auguriamo a tutti i nostri iscritti ed alle loro famiglie, un Fel i ce N a ta l e e
fece i gattini un Bu on An n o, speriamo migliore di quello che sta terminando e
ciechi? riaffermiamo la nostra serena determinazione nel continuare a lottare per
- pa g . 8 - un mondo migliore.
Tremila
in piazza
- pa g . 9 -
In nome del
popolo italiano
- pa g . 1 0 -
Abbecedario della
crisi: BTP-BUND
- pa g . 1 1 -
Iscriviti alla FISAC
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2. P r o d u tti v i tà :
s c o m m e tti a m o c h e n o n a u m e n te r à ?
Circa 100 studiosi (economisti, sprecata. Troppo evidenti
sociologi, giuslavoristi) sono, da un lato, le difficoltà di
rilanciano l'appello per un cui soffre il nostro sistema
accordo diverso da quello produttivo, così come,
firmato il 21 novembre. E dall’altro lato, la necessità di
indicano 3 punti: democrazia e offrire una prospettiva di
rappresentanza, innovazione, crescita economica sostenibile
difesa del contratto nazionale. e di benessere per le future
generazioni”.
Un altro patto sulla produttività
è possibile? Ne è convinto un Ma, “proprio perché
gruppo di economisti che ha condividiamo questa necessità
lanciato un appello a governo e urgenza”, si legge
e parti sociali per modificare nell’appello, “riteniamo che il
l’accordo appena sottoscritto testo dell’accordo sulla
senza la firma della Cgil. produttività (…) proposto da
L’iniziativa parte da quattro Confindustria (e
economisti (Nicola Acocella, successivamente firmato a
Riccardo Leoni, Paolo Pini e Palazzo Chigi, ndr) costituisca
Leonello Tronti), ma l’appello è un riferimento importante ma
già stato sottoscritto da quasi non conclusivo del confronto
cento studiosi delle più diverse tra le Parti sociali. Questo
discipline. Ne citiamo solo testo deve essere migliorato
alcuni: Aris Accornero, Laura affrontando i nodi ancora
Pennacchi, Domenico Carrieri, aperti, al fine che tutte le Parti
Umberto Romagnoli. sociali possano porvi con
convinzione la loro firma”.
Nell’appello gli economisti
sottolineano l’importanza di un L’appello sottolinea tre punti
accordo “che stimoli la crescita sui quali è necessario ancora
della produttività e della lavorare: la democrazia
competitività”. “La volontà delle sindacale e la rappresentanza,
Parti sociali – scrivono di il collegamento tra premi di
giungere alla firma di un produttività e risultati
accordo programmatico per d’impresa centrati
fermare il declino del sistema sull’innovazione, la difesa dei
industriale italiano e muoversi salari e del livello nazionale
in una prospettiva di crescita della contrattazione.
non può e non deve essere
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3. I tre punti dell’appello aperta la strada a forme di salario variabile
“cosmetiche” con effetti nulli sulla
1) "Non è opportuno accordarsi sul merito di competitività delle imprese. Modelli di
quanto deve essere fatto nella contrattazione incentivazione dello sforzo lavorativo o di
collettiva per innescare un circolo virtuoso tra suddivisione del rischio sono tipici di
crescita delle retribuzioni e crescita della concezioni di impresa arcaiche che
produttività prescindendo dalla questione introducendo comportamenti nonvirtuosi
aperta della democrazia sindacale, della possono perfino abbassare la produttività, la
certificazione della rappresentanza, della redditività e la competitività dell’impresa e
esigibilità degli accordi sottoscritti, dei diritti di dell’economia nel suo complesso,
rappresentare e contrattare diritti da accrescendo le zone di rendita già presenti,
garantire sia per i firmatari che per i non che ostacolano le opportunità di ripresa."
firmatari degli accordi. Vi sono i presupposti
condivisi nell’accordo del giugno 2011; 3) "La strategia che tende a far crescere il
occorre solo darne attuazione, per via ruolo della contrattazione di secondo livello,
negoziale tra le confederazioni o, in aziendale e territoriale, a scapito di quella di
subordine, per via legislativa." primo livello, nazionale, in ragione anche
della ridotta estensione attuale della
2) "Gli strumenti di incentivazione fiscale per contrattazione decentrata, corre il rischio di
la diffusione della contrattazione di secondo produrre una ulteriore riduzione delle
livello e l’estensione delle retribuzioni variabili protezioni e delle tutele che solo il contratto
tramite la contrattazione di secondo livello nazionale garantisce ai lavoratori dipendenti;
(detassazione e decontribuzione) risultano al contempo con questa strategia si rischia
efficaci solo se si introducono meccanismi di che una quota della retribuzione certa fissata
collegamento tra retribuzioni e risultati col contratto nazionale sia trasformata in
d’impresa centrati su: innovazione retribuzione incerta perché variabile definita a
tecnologica ed organizzativa interna alle livello decentrato, vanificando quell’aumento
imprese; innovazione di prodotto e di qualità delle retribuzioni reali auspicato da molti
dello stesso; nuove tecnologie di produzione come utile misura per sostenere la domanda
basate sulle ICT; nuovi disegni organizzativi interna, a tutto svantaggio non solo dei
dell’impresa e del lavoro; processi formativi, lavoratori ma del sistema delle imprese e
di valorizzazione e responsabilizzazione delle dell’economia nel suo complesso".
risorse u ma n e , di coinvolgimento e
partecipazione dei dipendenti e delle loro Si obietterà: fuori tempo massimo. L’accordo
rappresentanze nella organizzazione del è già stato firmato. O forse no, c’è ancora
lavoro e della produzione (in attuazione tempo per cambiare le cose.
dell’art. 46 della Costituzione). Essenziale
risulta l’attivazione delle complementarità tra Articolo tratto da www.rassegna.it
questi fattori che rendono moltiplicativo il loro
impatto sulla produttività. Ogni scorciatoia
che prediliga tradizionali indicatori di
produttività e redditività outputoriented
rischia di rendere inefficace il meccanismo
premiante che si intende introdurre, lasciando
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4. Prod u tti vi tà , u n a ccord o d a correggere
d i Su s a n n a C a m u s s o
L'accordo sulla produttività sottoscritto dalle
associazioni datoriali, da Cisl, Uil, Ugl e assunto dal
governo è sbagliato non solo nei contenuti, ma
anche nella filosofia di fondo che lo orienta. Il
documento si muove in continuità con le scelte che
ispirarono l'accordo del 2009; con l’idea cioè che per
essere più competitivi e più produttivi l'unica strada
sia quella di comprimere i diritti e di agire sui costi.
Oggi come allora l’intesa sottoscritta sottende la
convinzione che la produttività sia determinata
pressoché esclusivamente dal lavoro, e non
dall’insieme dei fattori che concorrono alla
produzione. Il risultato è un documento monco, che non pone nessun rimedio a quasi due
decenni di mancati investimenti da parte delle aziende, allo spostamento dei profitti verso la
rendita, alla progressiva diminuzione della dimensione di impresa, alla mancata riforma della
pubblica amministrazione, all'assenza di una programmazione infrastrutturale. Sono in gran
parte nodi che non vengono affrontati per esplicita scelta di un governo che ha deciso di agire
quasi esclusivamente sul lato dell'offerta e che considera il sostegno della domanda (aggregata
e per consumi) contrastante con la sua politica.
È un approccio che non consente di sperimentare un’idea innovativa di contrattazione, non
mobilita investimenti, non incentiva alcun tipo di innovazione, sia questa di prodotto o di
processo, non favorisce una crescita delle retribuzioni. Fatta salva una parentesi durante i
governi del centrodestra, che, mentre la produzione crollava, dirottarono gran parte delle
risorse di cui disponevano agli straordinari, gli incentivi alla produttività sono operanti fin dal
2007. I risultati sia dal punto di vista del numero degli accordi sottoscritti e dei lavoratori
coinvolti che da quello dell’effettiva crescita della competitività paiono tuttavia essere stati assai
deludenti. C’è dunque da chiedersi per quale motivo si sia scelto di imboccare una strada
simile, riducendo la certezza del potere d’acquisto a molti, per trasferire a pochi quelle risorse,
nell’idea che un eventuale vantaggio retributivo derivi non da una maggiore erogazione di
salario, ma dalla defiscalizzazione.
Qui sta la prima ragione di non condivisione di un’intesa che assume i tratti di un’ulteriore scelta
recessiva. L’Italia di tutto ha bisogno tranne che di un’ulteriore riduzione del potere d’acquisto
delle retribuzioni che si aggiungerebbe al blocco contrattuale nel pubblico impiego, che già oggi
contribuisce non poco alla frenata dei consumi e alla stagnazione della produzione. A chi
sostiene che l’effetto non sarà quello di una riduzione del monte salari, vanno riproposte le
domande a cui il governo non ha ancora dato risposta: se si fanno accordi “di produttività” per
16 milioni di lavoratori privati con quali risorse si defiscalizzano? E se le risorse sono quelle
definite dalle leggi di stabilità, con quali criteri si definisce chi ne può usufruire e chi ne resta
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5. escluso? Ancora, quale contrattazione si immagina possa svilupparsi se questa dipende dalle
risorse disponibili e dal loro effettivo stanziamento? Infine, non c’è forse il rischio di incentivare
rilevanti forme di elusione spostando fittiziamente parte delle retribuzioni sulla quota
defiscalizzata del salario?
Il governo ha rinviato ai decreti attuativi i chiarimenti su questi interrogativi e la definizione
delle regole necessarie a rendere i provvedimenti operativi, rifiutandosi al contempo di
prendere in esame la detassazione delle tredicesime come misura per incentivare la
domanda, misura che consentirebbe di prestare attenzione ai bassi redditi, a quelli tagliati
dalle lunghe fermate produttive e dagli ammortizzatori e provando così a intervenire su una
parte del lavoro precario ancora una volta escluso dalle politiche di sostegno al reddito.
Non essendo di una manovra strutturale, la defiscalizzazione potrebbe utilizzare i proventi
della lotta all’evasione e all’elusione fiscale, dando così al provvedimento il carattere
dell’equità e della giustizia, dando così coerenza alle tante affermazioni del governo, rimaste
sino a oggi lettera morta, e con i tanti ordini del giorno del Parlamento che si muovevano nella
stessa direzione. Proprio perché in continuità con accordi separati precedenti e, in prospettiva,
schema per la contrattazione, l’intesa ha la caratteristica di stabilire procedure per i contratti o
gli accordi aziendali. Tutto andrà gestito nella futura negoziazione e ovviamente non ci
sottrarremo a nessun confronto, ma lavoreremo per ricondurre a una condizione utile le norme
contrattuali che si determineranno, nella logica di trovare forme incentivanti la produttività ed
eliminare le dispersioni e le inefficienze di una distribuzione di risorse a pioggia sottratte ai
contratti.
In questa prospettiva il tema della rappresentanza, della rappresentatività e della democrazia
diventa fondamentale. Chi rappresenta chi, in nome di chi agisce, come si decide e come ci si
assumono le responsabilità sono le premesse necessarie alla validità e all’esigibilità degli
accordi. Viviamo una stagione in cui si critica molto l’autoreferenzialità e nessuno può sottrarsi
al tema. Le ricette in campo sono molte, ma tra tutte l’unica non praticabile è che la
rappresentatività derivi da un mutuo riconoscimento delle controparti o del governo. Anche per
questo non avere affrontato il tema è l’altra grande ragione che ci ha portato a non condividere
l’intesa. Per un sindacato un accordo è la massima espressione della sua funzione, è
l’esercizio della sua responsabilità. Per questo, perché per la Cgil gli accordi fatti si onorano,
se non condividiamo il merito lo
dichiariamo e verifichiamo le nostre
scelte con chi rappresentiamo. Il
metodo della verifica delle decisioni
non è più rinviabile, pena la riduzione
della contrattazione e la scelta di
inseguire opportunisticamente la fase
politica del momento. Ma di questo,
credo, nessuno sente il bisogno.
Articolo tratto da www.rassegna.it
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6. La ga tta frettol osa
fece i ga tti n i ci ech i ?
La frase non è stata pronunciata da un noto politico emiliano, ma per certi aspetti il recente
accordo in UBI Banca, non firmato dalla FISACCGIL, potrebbe avere questo tipo di esito.
Una recente nota della nostra struttura nazionale, che ringraziamo, e a cui ci siamo rivolti,
proprio a seguito di questo accordo, ci permette di individuare una problematica che potrebbe
creare non pochi problemi ai nostri colleghi che decidessero di aderire al Piano di esodo
incentivato, lettera B:
dipendenti che maturano il diritto alla pensione successivamente al 01/01/2014 ed entro il
01/01/2018.
La recente “riforma” Fornero implica che si possa accedere alla pensione anticipata (vedi
tabella) senza penalizzazione sul valore della pensione solo se si hanno 62 anni o per chi,
maturando il diritto entro il 31/12/2017 e non avendo i 62 anni, risulta avere i contributi versati
derivanti esclusivamente da “prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione
obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e
di cassa integrazione guadagni ordinaria”.
* Requisito adeguato alla speranza di vita.
** Requisito da adeguare alla speranza di vita
Il problema potrebbe nascere perché stando alla formulazione letterale i contributi versati a
fronte della prestazione straordinaria dei Fondi di Solidarietà non sarebbero utili per evitare la
penalizzazione.
Praticamente il collega potrebbe accedere alla pensione, ma vedrebbe il proprio assegno
ridotto dell'1% per ciascuno degli ultimi 2 anni mancanti ai 62 anni e del 2% per ciascuno degli
anni mancanti ai 60 anni.
La riduzione si applica sulla quota di trattamento pensionistico calcolata secondo il sistema
retributivo.
Ad oggi non risulta, né in positivo né in negativo, alcuna autorevole interpretazione in merito.
Ci auguriamo che l'Azienda possa rassicurare i lavoratori che potrebbero trovarsi in questa
situazione, confermando che non avranno nessuna penalizzazione sulla pensione futura.
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7. La FISAC questa rassicurazione non può darla.
Le indicazioni che ci sentiamo di dare, visti anche i tempi stretti posti dall'Azienda, sono:
1) verificare che si possa accedere alla pensione anticipata avendo meno di 62 anni;
2) nel caso di risposta affermativa verificare che si compiano i 62 anni entro il 31/12/2017
3) nel caso di risposta affermativa indicare nella domanda di adesione (allegato 2 della
circolare 741 del 3/12/2012) la data di liquidazione della pensione come il primo giorno del
mese successivo al compimento del 62° anno di età.
4) decidere consapevolmente che la propria pensione potrebbe subire una decurtazione
La nostra intenzione non è quella di scatenare allarmismi, ma semplicemente permettere ai
colleghi di scegliere, in maniera certa ed informata, quale potrebbe essere il proprio futuro e
crediamo, che pur non avendo firmato questo accordo, questi debbano essere i principi che
guidano il nostro modo di fare Sindacato.
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8. Trem i l a i n pi a zza con tro i ta gl i
Va rese 14 N ovem bre 2012
L e a lt r e f o t o d i D a r io
R o l l a l e t r o vi s u l l a
n o s t r a p a g in a
F a ce b o o k .
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9. Presenza di amianto e giustificato rifiuto di lavorare
Con sentenza n. 18921 del 5 novembre 2012, la Corte di Cassazione ha
affermato che che è legittimo il comportamento dei dipendenti che, in
presenza di amianto nell’azienda, timbrano il cartellino ma si rifiutano di
lavorare.
La Suprema Corte ha ritenuto che "il comportamento dei lavoratori che
avevano marcato il cartellino di presenza, ma si erano poi rifiutati di lavorare
nelle zone a rischio […] esprimesse una giustificata reazione all’altrui
inadempimento ai sensi dell’articolo 1460 del c.c., implicitamente valutando
come irrilevante il fatto che, dopo, la timbratura dell’orologio marcatempo, i
lavoratori medesimi si fossero trattenuti nelle vicinanze, senza recarsi ai
singoli reparti di produzione, ma neppure allontanandosi dall’officina".
La conoscenza della notifica si ha solo con il timbro postale
Con ordinanza n. 19387 del 8 novembre 2012, la Sesta Sezione Civile della Cassazione ha
affermato che è esclusivamente il timbro postale ad assicurare la ricezione del documento del
quale vogliamo prova di notifica. La Suprema Corte ha escluso che la prova dell'avvenuto
compimento del procedimento notificatorio sia possibile attraverso il foglio stampato dal
servizio online di Poste italiane. In pratica, l'indicazione della data di consegna della
raccomandata è soltanto quella del timbro postale recato dall'avviso di ricevimento”.
Difesa del lavoratore ed utilizzazione di documenti riservati aziendali
Con sentenza n. 20163 del 16 novembre 2012, la Cassazione ha affermato che, a fronte di
una condotta non corretta del proprio datore di lavoro, il dipendente può utilizzare, per la
propria difesa, documenti aziendali riservati, non potendosi invocare l’abusivo
impossessamento. La Suprema Corte ha ritenuto che l’atteggiamento vessatorio del datore di
lavoro fa sì che non si possa integrare la violazione dell’obbligo di fedeltà nell’utilizzazione dei
documenti datoriali.
FONTE DPL MODENA
i
a zi o n i t
I n form ti l i ?
Q u e s te s ta te u
so n o l tra l e v
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Al l ora i n o col l eg a , ch e
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n on l a m pa n e u n
st
o p p u re o p i a e
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fa l l a ci r
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10. C
q u a l a p o n ti n
d u u
d e s e rn o b b l i c a i a m o
i d e " Ab zi o
ra s n
se , b e ce d e d e
i l v a ri o l l e v
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m e d e l l a ci co
tto c r i s n te n
n os è d i" u
tra i spo , per te n e
se d n i b ch l
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