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1.Sull'orlo del collasso
2.Le evidenze:
Il cambiamento climatico
L'Intergovernmental Panel on Climate
Change (IPCC) stima che durante il XX
secolo la temperatura media della
superficie terrestre è aumentata di 0.74 ±
0.18 °C .
La maggior parte degli incrementi di
temperatura sono stati osservati a partire
dalla metà del XX secolo e sono stati
attribuiti all'incremento di concentrazione
dei gas serra.
I report dell'IPCC indicano che
durante il XXI secolo la
temperatura media della Terra
potrà aumentare ulteriormente
da 1.1 a 6.4 °C.
L'effetto serra è un fenomeno atmosferico-
climatico che indica la capacità del pianeta
di trattenere nella propria atmosfera parte
dell'energia proveniente dal Sole. Fa parte
dei complessi meccanismi di regolazione
dell'equilibrio termico del pianeta e agisce
attraverso la presenza in atmosfera di
alcuni gas, detti appunto gas serra, che
hanno come effetto globale quello di
mitigare la temperatura dell'atmosfera
terrestre isolandola parzialmente dai grandi
sbalzi o escursioni termiche cui sarebbe
soggetto il pianeta in loro assenza.
I gas serra per le proprie particolari
proprietà molecolari, risultano trasparenti
alla radiazione solare entrante ad onda
corta, ma opachi alla radiazione infrarossa
ad onda lunga riemessa dalla superficie del
pianeta riscaldata dai raggi solari diretti.
L'effetto serra terrestre è creato da una
serie di fenomeni (es. ciclo del carbonio)
che interagendo tra di loro regolano
costantemente il contenuto dei gas serra in
atmosfera, e proprio grazie all'effetto serra
terrestre è possibile la presenza e lo
sviluppo della vita sulla Terra.
3.La coscienza ambientale
“Dalla rivoluzione industriale in poi
l'ecosistema terrestre è stato trasformato
radicalmente dalle attività umane: immense
foreste sotterranee di carbone fossile sono
andate in fumo, sterminati laghi di
idrocarburi sono stati prosciugati, ogni anno
consumiamo una quantità di combustibili
fossili che equivale alla biomassa prodotta
in oltre centomila anni di fotosintesi...”
Tommaso Fattori
La popolazione
umana sulla Terra:
1900 > 1,5 miliardi
2000 > 6 miliardi
2050 > 9 miliardi
Nel 1962 l'attivista americana Rachel
Carson pubblica il libro Silent Spring
denunciando l'uso indiscriminato dei
pesticidi e il problema del trasferimento di
composti bioaccumulabili come il DDT
dall'ambiente agli organismi. Denuncia il
DDT come composto cancerogeno e
nocivo per la riproduzione degli uccelli dei
quali assottiglia lo spessore del guscio delle
uova: “Su zone sempre più vaste del suolo
statunitense, la primavera non è più
preannunziata dagli uccelli”.
1972 su commissione del
Club di Roma viene
pubblicato il report I limiti
dello sviluppo
Stoccolma 1972,
United Nations
Conference on the
Human Environment
Sempre nel 1972 viene organizzato a
Stoccolma il primo “Summit delle Nazioni
Unite su uomo e ambiente”. Negli anni
successivi nascono in Europa i ministeri per
l'ambiente.
Nel 1987 Gro Harlem Bruntland, primo
ministro norvegese, presenta alle Nazioni
Unite il rapporto Our Common Future che
introduce il concetto di sviluppo sostenibile
1987 Gro Harlem Bruntland,
primo ministro norvegese,
presenta alle Nazioni Unite il
rapporto Our Common Future
Questo concetto di sviluppo è basato su
tre principi:
- valutazione dei cicli di vita dei materiali;
- sviluppo dell'uso di materie prime ed
energie rinnovabili;
- riduzione delle quantità di materia ed
energia utilizzate, dall'estrazione allo
smaltimento/riciclo.
Nel 1992 i capi di stato presenti al Summit
della Terra di Rio de Janeiro si impegnano
a cercare insieme nuove strade per “uno
sviluppo che risponda ai bisogni del
presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di far fronte ai loro”.
Nel 1997 viene ratificato il protocollo di
Kyoto, trattato internazionale con cui le
nazioni si impegnano a ridurre le emissioni
di gas serra. Il protocollo entrerà in vigore
soltanto nel 2005 con la ratifica anche da
parte della Russia.
4. I Segni Vitali della Terra
L'aria
Il suolo
Dalla metà degli anni Cinquanta la
superficie totale delle aree urbane in
Europa è aumentata del 78%. I dati
dell'European Environmental Agency (EEA)
ci dicono che la superficie
impermeabilizzata rappresenta oggi il 4%
del territorio europeo ma, a causa della
dispersione (sprawl) del costruito e della
diffusione delle infrastrutture, più di un
quarto del territorio europeo va ormai
considerato come territorio urbanizzato.
In gioco non è soltanto il valore ecologico e
storico-culturale del paesaggio, ma anche e
innanzitutto la nostra indipendenza
alimentare, poiché i 3/4 del consumo di
suolo avvengono su territori agricoli
trasformando aree coltivate in superfici
urbane. Tra il 1990 e il 2006 gli stati europei
hanno perso così una capacità di
produzione agricola complessiva pari a 6
milioni di tonnellate di frumento: circa 1/6
del raccolto annuale della Francia, il
maggior produttore d'Europa.
Secondo il Natural Resource Conservation
Service (NRCS) degli Stati Uniti la
desertificazione infatti interessa già il 33%
del suolo globale e insieme all'erosione,
alla salinizzazione ed altri processi
degenerativi (che riducono
progressivamente la capacità del suolo di
svolgere la sua funzione di substrato per le
comunità biologiche), ha determinato una
perdita del 20% della produttività dei suoli
in Asia, India e Cina, e sino al 40% in Africa
ed in alcune aree degli Stati Uniti come
l'Ohio.
Le analisi del NRCS sottolineano come
oggi solo il 3% della superficie terrestre
possa essere considerata naturalmente
fertile, mentre un altro 8% è suolo di
seconda e terza categoria (su un totale di
nove classi di qualità, di cui l'ultima
considerata come la meno desiderabile per
la coltivazione). Complessivamente questo
11% di suolo nutre oggi oltre 6 miliardi di
persone. Il problema è che mentre la
popolazione cresce, la produttività della
terra diminuisce.
Nel 2008 Erle Ellis e Navin Ramankutty
hanno pubblicato una nuova mappa del
mondo. La visione convensionale riporta la
classificazione degli ecosistemi della Terra
in biomi classificati in base alla vegetazione
e al clima, definiti come tundre, foreste
temperate, praterie, foreste pluviali ecc. Ma
le ricerche di chi studia le trasformazioni
prodotte dall'intervento umano ci
presentano biomi profondamente alterati
rispetto alle evoluzioni orginali. Oggi più di
¾ della superficie del pianeta è stato
ridisegnato dalle attività umane.
La mappa dei grandi ambienti naturali del
pianeta (biomi) dal 1700 al 2000 mostra
che nel 1700 più di metà della biosfera si
trovava in condizioni 'selvatiche', mentre il
45% era in uno stato semi-naturale ovvero
con modeste trasformazioni del suolo
dovute alle attività agricole e agli
insediamenti umani.
Nel 2000 la maggioranza dell'atmosfera
appare interessata da aree agricole ed altri
biomi antropogenici, meno del 20% si trova
in stato semi-naturale e meno di ¼ in stato
selvatico.
L'acqua
Il cambiamento climatico provoca l'aumento
del vapore acqueo contenuto
nell'atmosfera, alterando l'andamento delle
precipitazioni e aumentandone l'intensità.
Anche quando piove annualmente la stessa
quantità d'acqua, questa quantità è
concentrata in periodi più brevi, con gravi
effetti sui territori già distrutti da
deforestazioni e cementificazioni, dove
l'acqua tende a scorrere sulla superficie,
dilavando ulteriormente i suoli e non
rigenerando le falde.
La sparizione del mare di Aral in Asia
centrale, del lago Vittoria in Kenya, del lago
Chad nel Sudan sono gli esempi più noti
dei disastri legati ad un tasso di prelievo più
elevato della capacità di rinnovo. Dall'altro
lato più del 40 % delle acque da falda degli
Stati Uniti non sono utilizzabili per usi
umani perché inquinate. La quasi totalità
dei corsi d'acqua in India e Cina sono
contaminati.
Perché nell'età delle trivelle, del fracking e delle
elettropompe, tornare a preoccuparsi dell'acqua? La
ragione per cui oggi ricostruire una consapevolezza sulla
natura preziosa di questo elemento, è la scarsità cui
abbiamo ridotto una risorsa che di per sé non si consuma,
ma piuttosto circola continuamente tra le cose e i regni
della vita (il suolo, gli organismi, l'aria), attraverso i suoi
passaggi di stato (solido, liquido, gassoso) e attraverso la
catena agro-alimentare (che vede gli esseri viventi
continuamente nutrirsi d'acqua, bevendo ma anche e
soprattutto mangiando alimenti cresciuti o prodotti
attraverso flussi d'acqua), il tutto all'interno del grande ciclo
che tiene continuamente in movimento l'acqua tra cielo e
terra grazie alle due forze opposte del sole (che tende a
trasformare l'acqua in gas e farla evaporare) e della gravità
(che tende a far condensare l'acqua e farla ricadere sulla
terra).
L'acqua che utilizziamo per usi domestici è soltanto
una piccola parte dei nostri consumi idrici (circa 150
m3 annui pro capite): il resto (in Italia oltre 2000 m3
annui pro capite) la “mangiamo” sotto forma di cibo.
L'“impronta idrica” è un indicatore del consumo di acqua
di un prodotto (o di un soggetto, individuo, azienda o
nazione) misurato come la somma dei volumi di acqua
utilizzati nella fase di produzione e necessari per
annullare la contaminazione legata alla produzione.
Distinguendo al proprio interno tre diversi diversi tipi di
acque, l'acqua “blu” di superficie e sottosuolo (fiumi,
laghi e falde), l'acqua “verde” intrinseca nel sistema
pianta-pioggia-suolo (acqua piovana che non arriva a
diventare blu poiché viene assorbita ed evaporata dal
suolo e dalle piante) e l'acqua “grigia” (che esprime il
volume immaginario di acqua necessaria per diluire gli
agenti inquinanti), l'impronta permette di capire come
l'impatto di una produzione non dipenda tanto dall'entità
dei volumi d'acqua intrinsechi alla produzione ma dal
tipo di acqua utilizzata e dal contesto del suo prelievo.
La biodiversità
e la sesta estinzione di massa
Alcuni studiosi sostengono che il 10-20 %
delle specie attualmente viventi sul pianeta
si estinguerà nei prossimi 20-50 anni.
Secondo le stime dell'Unione
Internazionale per la Conservazione della
Natura sono più di 7 mila le specie animali
e circa 60 mila quelle vegetali a rischio
estinzione. Si tratterebbe della sesta
estinzione di massa della storia,
conseguente al cattivo stato di salute della
Terra, mai così critico da 65 milioni di anni
ovvero dalla scomparsa dei dinosauri.
Un disastro mai visto prima, se si pensa
che a causare le crisi precedenti ci sono
voluti svariati milioni di anni e gravi
catastrofi naturali (come le collisioni con
asteroidi), mentre poco più di un secolo di
rivoluzione industriale è stato sufficiente a
dare origine a quest'ultima estinzione.
Ogni due anni, dal 1988, il WWF pubblica il
<<Living Planet Report>> un rapporto che
fa il punto sullo stato del pianeta. L'indice
del pianeta vivente, un indicatore che
fornisce l'andamento di più di 2.500 specie
di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili,
anfibi e pesci), è sceso del 30% dal 1970
ad oggi. La percentuale sale al 60% nelle
zone tropicali.
5. L'impronta ecologica
“Dei flussi di materia ed energia che
attraversano la nostra vita e soprattutto la
nostra casa, sappiamo poco o nulla.
Chiedo spesso alle conferenze se
qualcuno mi sa dire quanti kWh di
elettricità consuma ogni anno, quanti metri
cubi di gas, quanti litri di acqua. Silenzio. I
contatori delle cose più importanti che
presiedono al nostro comfort, sono in
genere nascosti in luoghi scomodi, bui e
polverosi. Le unità di misura sono simboli
sconosciuti, la fisica e la tecnologia che ci
stanno dietro ancora di più” Luca Mercalli
Transmission lines
Landfill
Tutti i materiali e l'energia che oggi
produciamo, consumiamo e smaltiamo
hanno bisogno di aree produttive.
L'impronta ecologica può essere definita
come l'area totale di ecosistemi,
biologicamente produttivi, richiesta per
produrre le risorse che la popolazione
umana consuma ed assimilare i rifiuti che
produce.
Invece di chiedersi “quante persone può
sostenere la Terra?” il metodo dell'impronta
si chiede “quanta terra utilizziamo per
vivere?”
Confrontando la Biocapacità, cioè l'insieme
dei servizi ecologici erogati dagli ecosistemi
con l'Impronta Ecologica (domanda) si
ottiene un bilancio ambientale.
Da circa tre decenni la domanda umana di
risorse e la produzione di scarti hanno
oltrepassato il tasso con il quale la natura
può provvedere a rigenerarli o ad assorbirli
(overshoot).
Secondo i calcoli dell'Impronta esiste una
“quota di terra” di superficie terrestre e
marina biologicamente produttiva
disponibile ad ogni persona. Oggi 1,5 ettari.
Secondo il Global Footprint Network stiamo
impiegando a livello globale la capacità
biologica di 1,4 pianeti ma, ovviamente, ne
abbiamo a disposizione solo uno. Il risultato
è che le nostre riserve -come gli alberi e i
pesci- continuano ad assottigliarsi e i nostri
rifiuti -in primis l'anidride carbonica-
continuano ad accumularsi.
6.La “storia naturale” delle merci
Il Life Cycle Assessment è un processo di
valutazione dei carichi ambientali connessi
con un prodotto, un processo o un'attività,
attraverso l'identificazione e la
quantificazione dell'energia, dei materiali
usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente.
La valutazione include l'intero ciclo di vita
del prodotto dall'estrazione e il trattamento
delle materie prime, la fabbricazione, il
trasporto, la distribuzione, l'uso, il riuso, il
riciclo e lo smaltimento finale.
La LCA nasce alla fine degli anni
'70 ma viene formalizzata dalla
SETAC (Society of Environmental
Toxicology and Chemistry) nel
1990.
L'ISO (International Standard
Organization) ha riconosciuto
attraverso le norme 14040 la
validità del modello proposto dal
SETAC.
L'Ecolabel è una etichetta che
valuta attraverso l'LCA la qualità
ecologica di prodotti e servizi.
7. L'Antropocene ...e le formiche
“La nuova forza [...] siamo noi, capaci di
spostare più materia di quanto facciano i vulcani
e il vento messi insieme, di far degradare interi
continenti, di alterare il ciclo dell'acqua,
dell'azoto, del carbonio e di produrre l'impennata
più brusca e marcata della quantità di gas serra
in atmosfera negli ultimi 15 milioni di anni. […]
Nell'Antropocene siamo noi il singolo fattore che
più incide sul cambiamento del clima e della
superficie terrestre. Non possiamo tornare
indietro. Possiamo però studiare il processo di
trasformazione in atto, imparare a controllarlo e
tentare di gestirlo”. Paul Crutzen
“Individually we are much larger than ants, but
collectively their biomass exceeds ours. Just as
there is almost no corner of the globe untouched
by human presence, there is almost no land
habitat, from harsh desert to inner city,
untouched by some species of ant. They are a
good example of a population whose density
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and use returns to the cradle-to-cradle cycles of
nature.” William McDonough & Michael Braungart
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Downsizing

  • 1.
  • 3.
  • 4.
  • 5.
  • 7.
  • 8. L'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) stima che durante il XX secolo la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di 0.74 ± 0.18 °C . La maggior parte degli incrementi di temperatura sono stati osservati a partire dalla metà del XX secolo e sono stati attribuiti all'incremento di concentrazione dei gas serra.
  • 9.
  • 10. I report dell'IPCC indicano che durante il XXI secolo la temperatura media della Terra potrà aumentare ulteriormente da 1.1 a 6.4 °C.
  • 11.
  • 12. L'effetto serra è un fenomeno atmosferico- climatico che indica la capacità del pianeta di trattenere nella propria atmosfera parte dell'energia proveniente dal Sole. Fa parte dei complessi meccanismi di regolazione dell'equilibrio termico del pianeta e agisce attraverso la presenza in atmosfera di alcuni gas, detti appunto gas serra, che hanno come effetto globale quello di mitigare la temperatura dell'atmosfera terrestre isolandola parzialmente dai grandi sbalzi o escursioni termiche cui sarebbe soggetto il pianeta in loro assenza.
  • 13.
  • 14. I gas serra per le proprie particolari proprietà molecolari, risultano trasparenti alla radiazione solare entrante ad onda corta, ma opachi alla radiazione infrarossa ad onda lunga riemessa dalla superficie del pianeta riscaldata dai raggi solari diretti. L'effetto serra terrestre è creato da una serie di fenomeni (es. ciclo del carbonio) che interagendo tra di loro regolano costantemente il contenuto dei gas serra in atmosfera, e proprio grazie all'effetto serra terrestre è possibile la presenza e lo sviluppo della vita sulla Terra.
  • 16. “Dalla rivoluzione industriale in poi l'ecosistema terrestre è stato trasformato radicalmente dalle attività umane: immense foreste sotterranee di carbone fossile sono andate in fumo, sterminati laghi di idrocarburi sono stati prosciugati, ogni anno consumiamo una quantità di combustibili fossili che equivale alla biomassa prodotta in oltre centomila anni di fotosintesi...” Tommaso Fattori
  • 17.
  • 18. La popolazione umana sulla Terra: 1900 > 1,5 miliardi 2000 > 6 miliardi 2050 > 9 miliardi
  • 19. Nel 1962 l'attivista americana Rachel Carson pubblica il libro Silent Spring denunciando l'uso indiscriminato dei pesticidi e il problema del trasferimento di composti bioaccumulabili come il DDT dall'ambiente agli organismi. Denuncia il DDT come composto cancerogeno e nocivo per la riproduzione degli uccelli dei quali assottiglia lo spessore del guscio delle uova: “Su zone sempre più vaste del suolo statunitense, la primavera non è più preannunziata dagli uccelli”.
  • 20.
  • 21. 1972 su commissione del Club di Roma viene pubblicato il report I limiti dello sviluppo
  • 22. Stoccolma 1972, United Nations Conference on the Human Environment
  • 23. Sempre nel 1972 viene organizzato a Stoccolma il primo “Summit delle Nazioni Unite su uomo e ambiente”. Negli anni successivi nascono in Europa i ministeri per l'ambiente. Nel 1987 Gro Harlem Bruntland, primo ministro norvegese, presenta alle Nazioni Unite il rapporto Our Common Future che introduce il concetto di sviluppo sostenibile
  • 24. 1987 Gro Harlem Bruntland, primo ministro norvegese, presenta alle Nazioni Unite il rapporto Our Common Future
  • 25. Questo concetto di sviluppo è basato su tre principi: - valutazione dei cicli di vita dei materiali; - sviluppo dell'uso di materie prime ed energie rinnovabili; - riduzione delle quantità di materia ed energia utilizzate, dall'estrazione allo smaltimento/riciclo.
  • 26.
  • 27. Nel 1992 i capi di stato presenti al Summit della Terra di Rio de Janeiro si impegnano a cercare insieme nuove strade per “uno sviluppo che risponda ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte ai loro”.
  • 28.
  • 29. Nel 1997 viene ratificato il protocollo di Kyoto, trattato internazionale con cui le nazioni si impegnano a ridurre le emissioni di gas serra. Il protocollo entrerà in vigore soltanto nel 2005 con la ratifica anche da parte della Russia.
  • 30.
  • 31. 4. I Segni Vitali della Terra
  • 33.
  • 35. Dalla metà degli anni Cinquanta la superficie totale delle aree urbane in Europa è aumentata del 78%. I dati dell'European Environmental Agency (EEA) ci dicono che la superficie impermeabilizzata rappresenta oggi il 4% del territorio europeo ma, a causa della dispersione (sprawl) del costruito e della diffusione delle infrastrutture, più di un quarto del territorio europeo va ormai considerato come territorio urbanizzato.
  • 36.
  • 37. In gioco non è soltanto il valore ecologico e storico-culturale del paesaggio, ma anche e innanzitutto la nostra indipendenza alimentare, poiché i 3/4 del consumo di suolo avvengono su territori agricoli trasformando aree coltivate in superfici urbane. Tra il 1990 e il 2006 gli stati europei hanno perso così una capacità di produzione agricola complessiva pari a 6 milioni di tonnellate di frumento: circa 1/6 del raccolto annuale della Francia, il maggior produttore d'Europa.
  • 38.
  • 39. Secondo il Natural Resource Conservation Service (NRCS) degli Stati Uniti la desertificazione infatti interessa già il 33% del suolo globale e insieme all'erosione, alla salinizzazione ed altri processi degenerativi (che riducono progressivamente la capacità del suolo di svolgere la sua funzione di substrato per le comunità biologiche), ha determinato una perdita del 20% della produttività dei suoli in Asia, India e Cina, e sino al 40% in Africa ed in alcune aree degli Stati Uniti come l'Ohio.
  • 40.
  • 41. Le analisi del NRCS sottolineano come oggi solo il 3% della superficie terrestre possa essere considerata naturalmente fertile, mentre un altro 8% è suolo di seconda e terza categoria (su un totale di nove classi di qualità, di cui l'ultima considerata come la meno desiderabile per la coltivazione). Complessivamente questo 11% di suolo nutre oggi oltre 6 miliardi di persone. Il problema è che mentre la popolazione cresce, la produttività della terra diminuisce.
  • 42.
  • 43. Nel 2008 Erle Ellis e Navin Ramankutty hanno pubblicato una nuova mappa del mondo. La visione convensionale riporta la classificazione degli ecosistemi della Terra in biomi classificati in base alla vegetazione e al clima, definiti come tundre, foreste temperate, praterie, foreste pluviali ecc. Ma le ricerche di chi studia le trasformazioni prodotte dall'intervento umano ci presentano biomi profondamente alterati rispetto alle evoluzioni orginali. Oggi più di ¾ della superficie del pianeta è stato ridisegnato dalle attività umane.
  • 44.
  • 45. La mappa dei grandi ambienti naturali del pianeta (biomi) dal 1700 al 2000 mostra che nel 1700 più di metà della biosfera si trovava in condizioni 'selvatiche', mentre il 45% era in uno stato semi-naturale ovvero con modeste trasformazioni del suolo dovute alle attività agricole e agli insediamenti umani. Nel 2000 la maggioranza dell'atmosfera appare interessata da aree agricole ed altri biomi antropogenici, meno del 20% si trova in stato semi-naturale e meno di ¼ in stato selvatico.
  • 46.
  • 48. Il cambiamento climatico provoca l'aumento del vapore acqueo contenuto nell'atmosfera, alterando l'andamento delle precipitazioni e aumentandone l'intensità. Anche quando piove annualmente la stessa quantità d'acqua, questa quantità è concentrata in periodi più brevi, con gravi effetti sui territori già distrutti da deforestazioni e cementificazioni, dove l'acqua tende a scorrere sulla superficie, dilavando ulteriormente i suoli e non rigenerando le falde.
  • 49.
  • 50. La sparizione del mare di Aral in Asia centrale, del lago Vittoria in Kenya, del lago Chad nel Sudan sono gli esempi più noti dei disastri legati ad un tasso di prelievo più elevato della capacità di rinnovo. Dall'altro lato più del 40 % delle acque da falda degli Stati Uniti non sono utilizzabili per usi umani perché inquinate. La quasi totalità dei corsi d'acqua in India e Cina sono contaminati.
  • 51.
  • 52. Perché nell'età delle trivelle, del fracking e delle elettropompe, tornare a preoccuparsi dell'acqua? La ragione per cui oggi ricostruire una consapevolezza sulla natura preziosa di questo elemento, è la scarsità cui abbiamo ridotto una risorsa che di per sé non si consuma, ma piuttosto circola continuamente tra le cose e i regni della vita (il suolo, gli organismi, l'aria), attraverso i suoi passaggi di stato (solido, liquido, gassoso) e attraverso la catena agro-alimentare (che vede gli esseri viventi continuamente nutrirsi d'acqua, bevendo ma anche e soprattutto mangiando alimenti cresciuti o prodotti attraverso flussi d'acqua), il tutto all'interno del grande ciclo che tiene continuamente in movimento l'acqua tra cielo e terra grazie alle due forze opposte del sole (che tende a trasformare l'acqua in gas e farla evaporare) e della gravità (che tende a far condensare l'acqua e farla ricadere sulla terra).
  • 53.
  • 54. L'acqua che utilizziamo per usi domestici è soltanto una piccola parte dei nostri consumi idrici (circa 150 m3 annui pro capite): il resto (in Italia oltre 2000 m3 annui pro capite) la “mangiamo” sotto forma di cibo.
  • 55.
  • 56. L'“impronta idrica” è un indicatore del consumo di acqua di un prodotto (o di un soggetto, individuo, azienda o nazione) misurato come la somma dei volumi di acqua utilizzati nella fase di produzione e necessari per annullare la contaminazione legata alla produzione. Distinguendo al proprio interno tre diversi diversi tipi di acque, l'acqua “blu” di superficie e sottosuolo (fiumi, laghi e falde), l'acqua “verde” intrinseca nel sistema pianta-pioggia-suolo (acqua piovana che non arriva a diventare blu poiché viene assorbita ed evaporata dal suolo e dalle piante) e l'acqua “grigia” (che esprime il volume immaginario di acqua necessaria per diluire gli agenti inquinanti), l'impronta permette di capire come l'impatto di una produzione non dipenda tanto dall'entità dei volumi d'acqua intrinsechi alla produzione ma dal tipo di acqua utilizzata e dal contesto del suo prelievo.
  • 57.
  • 58.
  • 59. La biodiversità e la sesta estinzione di massa
  • 60. Alcuni studiosi sostengono che il 10-20 % delle specie attualmente viventi sul pianeta si estinguerà nei prossimi 20-50 anni. Secondo le stime dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura sono più di 7 mila le specie animali e circa 60 mila quelle vegetali a rischio estinzione. Si tratterebbe della sesta estinzione di massa della storia, conseguente al cattivo stato di salute della Terra, mai così critico da 65 milioni di anni ovvero dalla scomparsa dei dinosauri.
  • 61.
  • 62. Un disastro mai visto prima, se si pensa che a causare le crisi precedenti ci sono voluti svariati milioni di anni e gravi catastrofi naturali (come le collisioni con asteroidi), mentre poco più di un secolo di rivoluzione industriale è stato sufficiente a dare origine a quest'ultima estinzione.
  • 63.
  • 64. Ogni due anni, dal 1988, il WWF pubblica il <<Living Planet Report>> un rapporto che fa il punto sullo stato del pianeta. L'indice del pianeta vivente, un indicatore che fornisce l'andamento di più di 2.500 specie di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci), è sceso del 30% dal 1970 ad oggi. La percentuale sale al 60% nelle zone tropicali.
  • 65.
  • 67. “Dei flussi di materia ed energia che attraversano la nostra vita e soprattutto la nostra casa, sappiamo poco o nulla. Chiedo spesso alle conferenze se qualcuno mi sa dire quanti kWh di elettricità consuma ogni anno, quanti metri cubi di gas, quanti litri di acqua. Silenzio. I contatori delle cose più importanti che presiedono al nostro comfort, sono in genere nascosti in luoghi scomodi, bui e polverosi. Le unità di misura sono simboli sconosciuti, la fisica e la tecnologia che ci stanno dietro ancora di più” Luca Mercalli
  • 68.
  • 69.
  • 70.
  • 72.
  • 73.
  • 75.
  • 76.
  • 77.
  • 78. Tutti i materiali e l'energia che oggi produciamo, consumiamo e smaltiamo hanno bisogno di aree produttive. L'impronta ecologica può essere definita come l'area totale di ecosistemi, biologicamente produttivi, richiesta per produrre le risorse che la popolazione umana consuma ed assimilare i rifiuti che produce. Invece di chiedersi “quante persone può sostenere la Terra?” il metodo dell'impronta si chiede “quanta terra utilizziamo per vivere?”
  • 79.
  • 80.
  • 81. Confrontando la Biocapacità, cioè l'insieme dei servizi ecologici erogati dagli ecosistemi con l'Impronta Ecologica (domanda) si ottiene un bilancio ambientale. Da circa tre decenni la domanda umana di risorse e la produzione di scarti hanno oltrepassato il tasso con il quale la natura può provvedere a rigenerarli o ad assorbirli (overshoot). Secondo i calcoli dell'Impronta esiste una “quota di terra” di superficie terrestre e marina biologicamente produttiva disponibile ad ogni persona. Oggi 1,5 ettari.
  • 82.
  • 83. Secondo il Global Footprint Network stiamo impiegando a livello globale la capacità biologica di 1,4 pianeti ma, ovviamente, ne abbiamo a disposizione solo uno. Il risultato è che le nostre riserve -come gli alberi e i pesci- continuano ad assottigliarsi e i nostri rifiuti -in primis l'anidride carbonica- continuano ad accumularsi.
  • 84.
  • 85.
  • 86.
  • 87.
  • 88.
  • 89.
  • 91. Il Life Cycle Assessment è un processo di valutazione dei carichi ambientali connessi con un prodotto, un processo o un'attività, attraverso l'identificazione e la quantificazione dell'energia, dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente. La valutazione include l'intero ciclo di vita del prodotto dall'estrazione e il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l'uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale.
  • 92.
  • 93.
  • 94. La LCA nasce alla fine degli anni '70 ma viene formalizzata dalla SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry) nel 1990. L'ISO (International Standard Organization) ha riconosciuto attraverso le norme 14040 la validità del modello proposto dal SETAC. L'Ecolabel è una etichetta che valuta attraverso l'LCA la qualità ecologica di prodotti e servizi.
  • 95. 7. L'Antropocene ...e le formiche
  • 96. “La nuova forza [...] siamo noi, capaci di spostare più materia di quanto facciano i vulcani e il vento messi insieme, di far degradare interi continenti, di alterare il ciclo dell'acqua, dell'azoto, del carbonio e di produrre l'impennata più brusca e marcata della quantità di gas serra in atmosfera negli ultimi 15 milioni di anni. […] Nell'Antropocene siamo noi il singolo fattore che più incide sul cambiamento del clima e della superficie terrestre. Non possiamo tornare indietro. Possiamo però studiare il processo di trasformazione in atto, imparare a controllarlo e tentare di gestirlo”. Paul Crutzen
  • 97.
  • 98. “Individually we are much larger than ants, but collectively their biomass exceeds ours. Just as there is almost no corner of the globe untouched by human presence, there is almost no land habitat, from harsh desert to inner city, untouched by some species of ant. They are a good example of a population whose density and productiveness are not a problem for the rest of the world, because everything they make and use returns to the cradle-to-cradle cycles of nature.” William McDonough & Michael Braungart