8. L'Intergovernmental Panel on Climate
Change (IPCC) stima che durante il XX
secolo la temperatura media della
superficie terrestre è aumentata di 0.74 ±
0.18 °C .
La maggior parte degli incrementi di
temperatura sono stati osservati a partire
dalla metà del XX secolo e sono stati
attribuiti all'incremento di concentrazione
dei gas serra.
9.
10. I report dell'IPCC indicano che
durante il XXI secolo la
temperatura media della Terra
potrà aumentare ulteriormente
da 1.1 a 6.4 °C.
11.
12. L'effetto serra è un fenomeno atmosferico-
climatico che indica la capacità del pianeta
di trattenere nella propria atmosfera parte
dell'energia proveniente dal Sole. Fa parte
dei complessi meccanismi di regolazione
dell'equilibrio termico del pianeta e agisce
attraverso la presenza in atmosfera di
alcuni gas, detti appunto gas serra, che
hanno come effetto globale quello di
mitigare la temperatura dell'atmosfera
terrestre isolandola parzialmente dai grandi
sbalzi o escursioni termiche cui sarebbe
soggetto il pianeta in loro assenza.
13.
14. I gas serra per le proprie particolari
proprietà molecolari, risultano trasparenti
alla radiazione solare entrante ad onda
corta, ma opachi alla radiazione infrarossa
ad onda lunga riemessa dalla superficie del
pianeta riscaldata dai raggi solari diretti.
L'effetto serra terrestre è creato da una
serie di fenomeni (es. ciclo del carbonio)
che interagendo tra di loro regolano
costantemente il contenuto dei gas serra in
atmosfera, e proprio grazie all'effetto serra
terrestre è possibile la presenza e lo
sviluppo della vita sulla Terra.
16. “Dalla rivoluzione industriale in poi
l'ecosistema terrestre è stato trasformato
radicalmente dalle attività umane: immense
foreste sotterranee di carbone fossile sono
andate in fumo, sterminati laghi di
idrocarburi sono stati prosciugati, ogni anno
consumiamo una quantità di combustibili
fossili che equivale alla biomassa prodotta
in oltre centomila anni di fotosintesi...”
Tommaso Fattori
19. Nel 1962 l'attivista americana Rachel
Carson pubblica il libro Silent Spring
denunciando l'uso indiscriminato dei
pesticidi e il problema del trasferimento di
composti bioaccumulabili come il DDT
dall'ambiente agli organismi. Denuncia il
DDT come composto cancerogeno e
nocivo per la riproduzione degli uccelli dei
quali assottiglia lo spessore del guscio delle
uova: “Su zone sempre più vaste del suolo
statunitense, la primavera non è più
preannunziata dagli uccelli”.
20.
21. 1972 su commissione del
Club di Roma viene
pubblicato il report I limiti
dello sviluppo
23. Sempre nel 1972 viene organizzato a
Stoccolma il primo “Summit delle Nazioni
Unite su uomo e ambiente”. Negli anni
successivi nascono in Europa i ministeri per
l'ambiente.
Nel 1987 Gro Harlem Bruntland, primo
ministro norvegese, presenta alle Nazioni
Unite il rapporto Our Common Future che
introduce il concetto di sviluppo sostenibile
24. 1987 Gro Harlem Bruntland,
primo ministro norvegese,
presenta alle Nazioni Unite il
rapporto Our Common Future
25. Questo concetto di sviluppo è basato su
tre principi:
- valutazione dei cicli di vita dei materiali;
- sviluppo dell'uso di materie prime ed
energie rinnovabili;
- riduzione delle quantità di materia ed
energia utilizzate, dall'estrazione allo
smaltimento/riciclo.
26.
27. Nel 1992 i capi di stato presenti al Summit
della Terra di Rio de Janeiro si impegnano
a cercare insieme nuove strade per “uno
sviluppo che risponda ai bisogni del
presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di far fronte ai loro”.
28.
29. Nel 1997 viene ratificato il protocollo di
Kyoto, trattato internazionale con cui le
nazioni si impegnano a ridurre le emissioni
di gas serra. Il protocollo entrerà in vigore
soltanto nel 2005 con la ratifica anche da
parte della Russia.
35. Dalla metà degli anni Cinquanta la
superficie totale delle aree urbane in
Europa è aumentata del 78%. I dati
dell'European Environmental Agency (EEA)
ci dicono che la superficie
impermeabilizzata rappresenta oggi il 4%
del territorio europeo ma, a causa della
dispersione (sprawl) del costruito e della
diffusione delle infrastrutture, più di un
quarto del territorio europeo va ormai
considerato come territorio urbanizzato.
36.
37. In gioco non è soltanto il valore ecologico e
storico-culturale del paesaggio, ma anche e
innanzitutto la nostra indipendenza
alimentare, poiché i 3/4 del consumo di
suolo avvengono su territori agricoli
trasformando aree coltivate in superfici
urbane. Tra il 1990 e il 2006 gli stati europei
hanno perso così una capacità di
produzione agricola complessiva pari a 6
milioni di tonnellate di frumento: circa 1/6
del raccolto annuale della Francia, il
maggior produttore d'Europa.
38.
39. Secondo il Natural Resource Conservation
Service (NRCS) degli Stati Uniti la
desertificazione infatti interessa già il 33%
del suolo globale e insieme all'erosione,
alla salinizzazione ed altri processi
degenerativi (che riducono
progressivamente la capacità del suolo di
svolgere la sua funzione di substrato per le
comunità biologiche), ha determinato una
perdita del 20% della produttività dei suoli
in Asia, India e Cina, e sino al 40% in Africa
ed in alcune aree degli Stati Uniti come
l'Ohio.
40.
41. Le analisi del NRCS sottolineano come
oggi solo il 3% della superficie terrestre
possa essere considerata naturalmente
fertile, mentre un altro 8% è suolo di
seconda e terza categoria (su un totale di
nove classi di qualità, di cui l'ultima
considerata come la meno desiderabile per
la coltivazione). Complessivamente questo
11% di suolo nutre oggi oltre 6 miliardi di
persone. Il problema è che mentre la
popolazione cresce, la produttività della
terra diminuisce.
42.
43. Nel 2008 Erle Ellis e Navin Ramankutty
hanno pubblicato una nuova mappa del
mondo. La visione convensionale riporta la
classificazione degli ecosistemi della Terra
in biomi classificati in base alla vegetazione
e al clima, definiti come tundre, foreste
temperate, praterie, foreste pluviali ecc. Ma
le ricerche di chi studia le trasformazioni
prodotte dall'intervento umano ci
presentano biomi profondamente alterati
rispetto alle evoluzioni orginali. Oggi più di
¾ della superficie del pianeta è stato
ridisegnato dalle attività umane.
44.
45. La mappa dei grandi ambienti naturali del
pianeta (biomi) dal 1700 al 2000 mostra
che nel 1700 più di metà della biosfera si
trovava in condizioni 'selvatiche', mentre il
45% era in uno stato semi-naturale ovvero
con modeste trasformazioni del suolo
dovute alle attività agricole e agli
insediamenti umani.
Nel 2000 la maggioranza dell'atmosfera
appare interessata da aree agricole ed altri
biomi antropogenici, meno del 20% si trova
in stato semi-naturale e meno di ¼ in stato
selvatico.
48. Il cambiamento climatico provoca l'aumento
del vapore acqueo contenuto
nell'atmosfera, alterando l'andamento delle
precipitazioni e aumentandone l'intensità.
Anche quando piove annualmente la stessa
quantità d'acqua, questa quantità è
concentrata in periodi più brevi, con gravi
effetti sui territori già distrutti da
deforestazioni e cementificazioni, dove
l'acqua tende a scorrere sulla superficie,
dilavando ulteriormente i suoli e non
rigenerando le falde.
49.
50. La sparizione del mare di Aral in Asia
centrale, del lago Vittoria in Kenya, del lago
Chad nel Sudan sono gli esempi più noti
dei disastri legati ad un tasso di prelievo più
elevato della capacità di rinnovo. Dall'altro
lato più del 40 % delle acque da falda degli
Stati Uniti non sono utilizzabili per usi
umani perché inquinate. La quasi totalità
dei corsi d'acqua in India e Cina sono
contaminati.
51.
52. Perché nell'età delle trivelle, del fracking e delle
elettropompe, tornare a preoccuparsi dell'acqua? La
ragione per cui oggi ricostruire una consapevolezza sulla
natura preziosa di questo elemento, è la scarsità cui
abbiamo ridotto una risorsa che di per sé non si consuma,
ma piuttosto circola continuamente tra le cose e i regni
della vita (il suolo, gli organismi, l'aria), attraverso i suoi
passaggi di stato (solido, liquido, gassoso) e attraverso la
catena agro-alimentare (che vede gli esseri viventi
continuamente nutrirsi d'acqua, bevendo ma anche e
soprattutto mangiando alimenti cresciuti o prodotti
attraverso flussi d'acqua), il tutto all'interno del grande ciclo
che tiene continuamente in movimento l'acqua tra cielo e
terra grazie alle due forze opposte del sole (che tende a
trasformare l'acqua in gas e farla evaporare) e della gravità
(che tende a far condensare l'acqua e farla ricadere sulla
terra).
53.
54. L'acqua che utilizziamo per usi domestici è soltanto
una piccola parte dei nostri consumi idrici (circa 150
m3 annui pro capite): il resto (in Italia oltre 2000 m3
annui pro capite) la “mangiamo” sotto forma di cibo.
55.
56. L'“impronta idrica” è un indicatore del consumo di acqua
di un prodotto (o di un soggetto, individuo, azienda o
nazione) misurato come la somma dei volumi di acqua
utilizzati nella fase di produzione e necessari per
annullare la contaminazione legata alla produzione.
Distinguendo al proprio interno tre diversi diversi tipi di
acque, l'acqua “blu” di superficie e sottosuolo (fiumi,
laghi e falde), l'acqua “verde” intrinseca nel sistema
pianta-pioggia-suolo (acqua piovana che non arriva a
diventare blu poiché viene assorbita ed evaporata dal
suolo e dalle piante) e l'acqua “grigia” (che esprime il
volume immaginario di acqua necessaria per diluire gli
agenti inquinanti), l'impronta permette di capire come
l'impatto di una produzione non dipenda tanto dall'entità
dei volumi d'acqua intrinsechi alla produzione ma dal
tipo di acqua utilizzata e dal contesto del suo prelievo.
60. Alcuni studiosi sostengono che il 10-20 %
delle specie attualmente viventi sul pianeta
si estinguerà nei prossimi 20-50 anni.
Secondo le stime dell'Unione
Internazionale per la Conservazione della
Natura sono più di 7 mila le specie animali
e circa 60 mila quelle vegetali a rischio
estinzione. Si tratterebbe della sesta
estinzione di massa della storia,
conseguente al cattivo stato di salute della
Terra, mai così critico da 65 milioni di anni
ovvero dalla scomparsa dei dinosauri.
61.
62. Un disastro mai visto prima, se si pensa
che a causare le crisi precedenti ci sono
voluti svariati milioni di anni e gravi
catastrofi naturali (come le collisioni con
asteroidi), mentre poco più di un secolo di
rivoluzione industriale è stato sufficiente a
dare origine a quest'ultima estinzione.
63.
64. Ogni due anni, dal 1988, il WWF pubblica il
<<Living Planet Report>> un rapporto che
fa il punto sullo stato del pianeta. L'indice
del pianeta vivente, un indicatore che
fornisce l'andamento di più di 2.500 specie
di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili,
anfibi e pesci), è sceso del 30% dal 1970
ad oggi. La percentuale sale al 60% nelle
zone tropicali.
67. “Dei flussi di materia ed energia che
attraversano la nostra vita e soprattutto la
nostra casa, sappiamo poco o nulla.
Chiedo spesso alle conferenze se
qualcuno mi sa dire quanti kWh di
elettricità consuma ogni anno, quanti metri
cubi di gas, quanti litri di acqua. Silenzio. I
contatori delle cose più importanti che
presiedono al nostro comfort, sono in
genere nascosti in luoghi scomodi, bui e
polverosi. Le unità di misura sono simboli
sconosciuti, la fisica e la tecnologia che ci
stanno dietro ancora di più” Luca Mercalli
78. Tutti i materiali e l'energia che oggi
produciamo, consumiamo e smaltiamo
hanno bisogno di aree produttive.
L'impronta ecologica può essere definita
come l'area totale di ecosistemi,
biologicamente produttivi, richiesta per
produrre le risorse che la popolazione
umana consuma ed assimilare i rifiuti che
produce.
Invece di chiedersi “quante persone può
sostenere la Terra?” il metodo dell'impronta
si chiede “quanta terra utilizziamo per
vivere?”
79.
80.
81. Confrontando la Biocapacità, cioè l'insieme
dei servizi ecologici erogati dagli ecosistemi
con l'Impronta Ecologica (domanda) si
ottiene un bilancio ambientale.
Da circa tre decenni la domanda umana di
risorse e la produzione di scarti hanno
oltrepassato il tasso con il quale la natura
può provvedere a rigenerarli o ad assorbirli
(overshoot).
Secondo i calcoli dell'Impronta esiste una
“quota di terra” di superficie terrestre e
marina biologicamente produttiva
disponibile ad ogni persona. Oggi 1,5 ettari.
82.
83. Secondo il Global Footprint Network stiamo
impiegando a livello globale la capacità
biologica di 1,4 pianeti ma, ovviamente, ne
abbiamo a disposizione solo uno. Il risultato
è che le nostre riserve -come gli alberi e i
pesci- continuano ad assottigliarsi e i nostri
rifiuti -in primis l'anidride carbonica-
continuano ad accumularsi.
91. Il Life Cycle Assessment è un processo di
valutazione dei carichi ambientali connessi
con un prodotto, un processo o un'attività,
attraverso l'identificazione e la
quantificazione dell'energia, dei materiali
usati e dei rifiuti rilasciati nell'ambiente.
La valutazione include l'intero ciclo di vita
del prodotto dall'estrazione e il trattamento
delle materie prime, la fabbricazione, il
trasporto, la distribuzione, l'uso, il riuso, il
riciclo e lo smaltimento finale.
92.
93.
94. La LCA nasce alla fine degli anni
'70 ma viene formalizzata dalla
SETAC (Society of Environmental
Toxicology and Chemistry) nel
1990.
L'ISO (International Standard
Organization) ha riconosciuto
attraverso le norme 14040 la
validità del modello proposto dal
SETAC.
L'Ecolabel è una etichetta che
valuta attraverso l'LCA la qualità
ecologica di prodotti e servizi.
96. “La nuova forza [...] siamo noi, capaci di
spostare più materia di quanto facciano i vulcani
e il vento messi insieme, di far degradare interi
continenti, di alterare il ciclo dell'acqua,
dell'azoto, del carbonio e di produrre l'impennata
più brusca e marcata della quantità di gas serra
in atmosfera negli ultimi 15 milioni di anni. […]
Nell'Antropocene siamo noi il singolo fattore che
più incide sul cambiamento del clima e della
superficie terrestre. Non possiamo tornare
indietro. Possiamo però studiare il processo di
trasformazione in atto, imparare a controllarlo e
tentare di gestirlo”. Paul Crutzen
97.
98. “Individually we are much larger than ants, but
collectively their biomass exceeds ours. Just as
there is almost no corner of the globe untouched
by human presence, there is almost no land
habitat, from harsh desert to inner city,
untouched by some species of ant. They are a
good example of a population whose density
and productiveness are not a problem for the
rest of the world, because everything they make
and use returns to the cradle-to-cradle cycles of
nature.” William McDonough & Michael Braungart