1.
Un’evoluzione che fa un po’ specie
In questo primo appuntamento dell’anno non parlerò di qualcosa attinente alla nostra professione, né
tantomeno mi lancerò in previsioni sui mercati finanziari; per quest’ultime ci sono i vari gestori e intermediari
che provvedono puntualmente a farlo ogni volta sulla stampa specializzata, salvo essere quasi sempre smentiti
dal corso degli eventi. Spenderò invece qualche minuto sulla nostra Italia, un paese, per dirla con le parole del
fresco vincitore del Golden Globe, Paolo Sorrentino, crazy but beautiful.
Si è appena chiuso il 2013, unanimemente riconosciuto come uno tra i peggiori anni dal dopoguerra, e quello
che si è da poco aperto non sembra promettere tanto di meglio, almeno dai primi vagiti.
Scorriamo alcuni numeri, peraltro noti a tutti, per renderci conto del momento in cui ci troviamo, facendo una
necessaria distinzione tra quelli che fotografano l’economia finanziaria e quelli che, più impietosamente,
riflettono quella reale.
Tra quelli positivi troviamo l’andamento del mercato azionario italiano, che ha segnato un rendimento positivo
del 16% circa; e poi il livello dello spread, fermatosi intorno a 200 punti, ai minimi in questo periodo di crisi; e
ancora l’inflazione scesa all’1,2% (dato più basso dal 2009), dopo essere stata al 3% nell’anno precedente.
Quest’ultimo dato tuttavia è solo idealmente positivo, perché dietro si nasconde un calo dei consumi che frena
tutto, prezzi compresi. Forse dimentico qualcosa, ma temo che le belle notizie siano già finite.
Poi ci sono tutti gli altri numeri che disegnano l’identikit di una nazione prossima al collasso. E sono pessimi.
Prodotto interno lordo ancora negativo per il secondo anno consecutivo (‐1,7%), debito pubblico che ha toccato
il suo massimo storico sfondando il tetto dei duemila miliardi di euro, disoccupazione complessiva al 12,7% e
giovanile oltre il quaranta (41,6%), gettito IVA in diminuzione nonostante gli aumenti dell’aliquota, idem per le
entrate tributarie, ma non certo per il caso delle tasse, produzione industriale crollata del 20% negli ultimi dieci
anni. A sigillare il tutto il 49° posto in termini di competitività globale (sopra il Kazakhstan e sotto la Lituania).
E via così: consumi in frenata (non solo quelli voluttuari), aziende in fallimento, attività commerciali che
abbassano la saracinesca per non alzarla più, immobiliare che non riparte, tassazione che non si ferma.
Completano il quadro un sistema giudiziario lumaca, un apparato burocratico elefantiaco, un classe politica
parassita.
I numeri e tutto il resto ci ritornano l’immagine di uno Stato davvero in grande difficoltà: un mezzo disastro a
cui manca un mezzo passo per trasformarsi in dramma.
E’ questo che aveva in mente D’Azeglio quando, fatta l’Italia, disse “Adesso dobbiamo fare gli italiani” ?
Non credo. E tantomeno credo stia bene a nessuno trovarsi in una condizione da terzo mondo.
Questo è davvero un paese crazy, pazzo o pazzesco ! Non sappiamo più come farci del male, affetti da
tafazzismo acuto e persistente. Purtroppo tutto è nelle mani di chi guida e prende le decisioni, e lo scenario cui
Numero 22 del 15 gennaio 2014
Marcello Agnello
2.
abbiamo assistito dal dopoguerra in poi è desolante: cinquanta governi in cinquant’anni, con nessun risultato
tangibile.
Poco tempo fa Spagna e Irlanda sembravano sul punto di portare i libri in tribunale, oggi viaggiano meglio di
noi. Forse solo Grecia e Portogallo se la passano un po’ peggio, ma a naso se non cambia qualcosa resteremo
l’unica nazione dei famigerati Piigs a non essersi ripresa.
Il paradosso di oggi poi è questo: un governo delle cosiddette larghe intese che non riesce a produrre alcun
risultato per lo stretto necessario, al contrario capacissimo di inventare nomi assurdi per le tasse (Trise, Tari,
Tuc, Tasi, Iuc, per citare gli ultimi) complicandoci la vita alla faccia del Ministero della Semplificazione, con i
leaders dei tre principali partiti, PD, Forza Italia e M5S, che non siedono nemmeno in Parlamento, uno perché
ancora mai eletto, il secondo perché non lo potrà più essere, il terzo perché non lo potrà mai essere.
Curioso no ?
Ma di paradossi potrei riempire le pagine. Uno emblematico descrive il sistema giustizia italiano. Un ragazzino
sorpreso nel 2010 a mangiare (rubare ?) due melograni nell’orto del vicino è stato assolto, tre anni dopo, per
l’irrilevanza del fatto. Ci sono voluti tre anni per una conclusione di buon senso. Alzi la mano chi da giovinetto
non ha rubato qualche ciliegia dai campi che con le biciclette aravamo ! Saremmo tutti pregiudicati se la logica
fosse questa. Al contrario invece, se venivamo presi dal contadino o dai genitori, erano sufficienti due schiaffoni
e un calcio nel sedere per rimetterci sulla strada, in tutti i sensi. E’ proprio pazzesco !
Ma il nostro, per fortuna, è anche un paese bello, bellissimo: beautiful !
Fatto di cose: opere d’arte, cucina, turismo, moda, artigianalità, design. E fatta di persone: dai Farinetti ai Della
Valle, dai Caprotti ai Cucinelli, dai Ruffini ai Rosso, solo per citare i più noti. Ma è anche fatta, ad esempio, da
tanti perfetti sconosciuti, che non ci stanno, che credono sia un paese che deve rinascere.
Come Fabio Franceschi, titolare della Grafica Veneta che a Trebaseleghe (dove ???) stampa libri in 24 ore, unico
al mondo ad aver rilegato in tempo zero il primo instant book elettorale di Barack Obama. Oggi stampa i libri di
Harry Potter, lavora per il New York Times, El Pais, la Pravda, fa concorrenza ai più grandi del suo settore,
supera Mondadori e Rizzoli.
Come Antonio Sanguinetti, fondatore della Skymeeting di Ortonovo (dove ??? La Spezia) in crescita del 20%
all’anno fornendo piattaforme per videoconferenze web‐based (cioè senza dover installare nulla sui computer),
fruibili anche su dispositivi mobili, che ha compreso come la crisi avrebbe imposto risparmi anche sulle
trasferte. Risultato: videoconferenze per i dipendenti, che possono essere anche fuori ufficio, e costi contenuti
per le aziende.
Come Marco Paini, dell’omonima rubinetteria di Pogno (ehhh ??? Novara), diventato unico fornitore italiano
per Ikea in tutto il mondo, vincendo anche la concorrenza dei cinesi. Azienda che ha saputo coniugare qualità e
prezzo, perfino ritornando a produrre in Italia dopo aver delocalizzato, come molti, all’estero.
Sono solo piccoli esempi di grandi persone che non ci stanno a vedere il proprio paese andare indietro ma che
sono andati avanti costruendo “nonostante” tutto, e non confidando nel … “se” fosse meglio. E come loro,
moltissimi altri. E come tutti questi, spero ognuno di noi.
E’ il miglior augurio che posso fare a tutti noi per l’anno appena iniziato: facciamo la nostra piccola parte,
partendo dal recuperare il senso civico smarrito, dal partecipare, dal prendere coscienza, dal rifiutare la logica
che intanto niente cambia, nelle grandi come nelle piccole cose, nei macro sistemi come nella vita quotidiana.
Sarebbe già un grande passo avanti: fermiamo questa involuzione della specie prima che diventi una specie di
rivoluzione.
Numero 22 del 15 gennaio 2014
Marcello Agnello