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Università degli Studi di Brescia
             Facoltà di Medicina e Chirurgia
                    ________________

                    Corso di Laurea in
Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia
                      A.A. 2010/2011




                      Appunti di:

ORGANIZZAZIONE DELLA PROFESSIONE




                                         Docente: Marco Mariani
CAPITOLO I: Le professioni sanitarie.................................................................................4
            1)IL CONTESTO SANITARIO: CENNI...........................................................................4
               1.1) L’erogazione del servizio.......................................................................4
               1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo...................................7
               1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro.........11
            2)LE PROFESSIONI SANITARIE: ASPETTI GENERALI....................................................15
               2.1) Il profilo storico...................................................................................18
               2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie....................................21
                   2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione...........................24
                   2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza.......................25
                   2.2.3) Classificazione secondo le categorie.............................................26
                   2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale...........................29
               2.3) L’aspetto dimensionale .......................................................................29

CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi.............................................................33
            1)ASPETTI STORICI..............................................................................................33
               1.1) Introduzione.........................................................................................33
               1.2) La nascita dei Tsrm..............................................................................35
                   1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole 36
                   1.2.2) L'associazionismo professionale...................................................38
                   1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?........................40
            2)LA LEGISLAZIONE INERENTE LA PROFESSIONE TSRM.............................................44
               2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103........................................................44
               2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680...............................................................46
               2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25.......................................................48
               2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746..........................................................51
               2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42........................................................54
               2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1 Febbraio 2006, n. 4357
               2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000...........................................................................58

Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze.........................................................................62
            1)FONTI DEL PROFILO PROFESSIONALE...................................................................62
               1.1) Il rinvio al profilo professionale..........................................................63
                   1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94..................................................64
               1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione post-base .......66

                                                                                                                                -2-
1.3) Il rinvio al codice deontologico ..........................................................66
                  1.4) Il limite dell'atto medico .....................................................................68
                  1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni cd."laureate"...........69
              2)COMPETENZE NEI PRINCIPALI AMBITI OPERATIVI .................................................69
                  2.1) La responsabilità in ambito professionale............................................71
                     2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio................................71
                     2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe........................73
                     2.1.3) Il Consenso informato...................................................................76

Capitolo IV: Collegi Professionali e Federazione Nazionale dei Collegi ...................80
                  4.1) Introduzione.........................................................................................80
                  4.2) I Collegi professionali..........................................................................81
                  4.3) l potere disciplinare..............................................................................83

Allegati normativi...................................................................................................................88
              LEGGE N. 4 AGOSTO 1965, N.1103.................................................................89
              LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25 ..............................................................94
              DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, N. 746 ...............................................100
              LEGGE 26 FEBBRAIO 1999, N. 42...................................................................102
              LEGGE 10 AGOSTO 2000, N. 251 ......................................................................105
              LEGGE 1 FEBBRAIO 2006, N. 43.........................................................................108

Bibliografia.............................................................................................................................114




                                                                                                                                       -3-
CAPITOLO I: Le professioni sanitarie



   1) Il contesto sanitario: cenni

1.1) L’erogazione del servizio
       Com'è noto esistono differenze tra aziende e/o imprese che erogano beni
materiali e quelle che erogano servizi, questa differenza, inevitabilmente, si riflette
sull'aspetto organizzativo. E’ stato definito1, in termini sintetici, servizio il rapporto tra
erogatore e cliente attraverso il quale il primo fornisce una prestazione al secondo. È
possibile tuttavia cercare di differenziare bene e servizio, per quanto riguarda l'ambito
sanitario, secondo gli esempi seguenti.
       Intangibilità: è la prima differenza di rilievo tra un bene -oggetto materiale- e il
servizio -immateriale- o meglio: a scarsa percettibilità fisica. Pensiamo alla diagnosi
medica oppure ad una seduta di trattamento fisioterapico. È pur vero che vi sono
interventi sanitari i cui effetti sono ben percepibili: un trattamento chirurgico, una
terapia antalgica, l'esecuzione di un esame radiografico. Tuttavia, la prestazione, non
genera un oggetto, inteso in senso stretto, ma un prodotto finale, inteso in senso
ampio, utile per l'utente e che, sul mercato, trova valore spendibile.
       Assenza di magazzino: i servizi, diversamente dai beni, vengono consumati nel
momento stesso che vengono prodotti, non sono immagazzinabili, non sono
trasportabili e non è facile esibirli. Sotto l'aspetto organizzativo questa particolarità
non è di poco conto. Poiché le aziende devono ottimizzare l'incontro fra la domanda e
offerta della prestazione, in caso di elevata domanda e bassa offerta di servizi (ad
esempio la scarsità di posti letto in un reparto chirurgico, liste di attesa per un
accertamento diagnostico, ecc.) la clientela non sarà soddisfatta. Il caso opposto:
elevata offerta e scarsa domanda vi sarà uno spreco di risorse e di capacità produttiva.
       Risoluzione dei problemi: le aziende di servizi sono aziende problem-solving,
orientate ai bisogni della clientela ed alla capacità di rispondere alle aspettative,


       1
           C.Calamandrei, C. Orlandi:: La dirigenza infermieristica. 2002.

                                                                                           -4-
assicurando una qualità, percepita o effettivamente erogata, il più possibile vicina a
quella attesa.
       Compresenza di contenuti tecnico-specialistici e relazionali: talvolta prevale
il contenuto tecnico del servizio, con un ruolo limitato dal cliente nell'espressione dei
propri bisogni come può essere un prelievo ematico. In questa situazione, in linea di
massima, il cliente chiede solo la correttezza dell’esecuzione in breve tempo. In altri
casi prevale il contenuto relazionale, ad esempio nella raccolta dei dati anamnestici o
negli interventi di educazione alla salute.
       Interattività del processo di produzione-erogazione: in ambito sanitario la
partecipazione del paziente, misurata come quantità di tempo trascorso all'interno
dell’azienda erogatrice rispetto al tempo totale richiesto per l'erogazione del servizio,
è spesso molto elevata. Il servizio quindi diviene un momento sociale il cui fulcro è
quello della relazione. La qualità dell’erogato pertanto dipende anche dal personale
che interagisce con il paziente, dalle sue specifiche competenze e capacità relazionali.
In questo settore è possibile rilevare notevoli differenze tra le capacità richieste alle
varie figure professionali. Pensiamo alle relazioni che può avere un infermiere in un
reparto, un tecnico di radiologia in un servizio di diagnostica per immagini, un
fisioterapista o un tecnico di laboratorio: situazioni profondamente diverse che
richiedono abilità di diversa intensità. Le aziende dei servizi pertanto, prendendosi
cura dei clienti, tendono ad avere una filosofia orientata proprio alla "persona"; non a
caso il codice deontologico dei Tsrm incentra l'attenzione proprio su essa.
       Centralità della risorsa umana: pertanto, connesso al punto precedente, non
può che essere la gestione delle risorse umane come perno attorno al quale ruota un
moderno modello organizzativo. Modello che dia rilievo anche allo sviluppo
professionale e alla comunicazione interna l'ambiente di lavoro. Com’è ovvio
l'affermazione non intende affatto sminuire il ruolo degli altri fattori produttivi, quali
le risorse tecnologiche ed economiche, intende soltanto sottolineare quanto la risorsa
umana sia un valore aggiunto dell'azienda.
       Scarsa    standardizzazione:    i   servizi,   generalmente,   sono    scarsamente
standardizzabili. Quelli sanitari in particolare presentano difficoltà ulteriori e,
apparentemente, la mancanza di uniformità va a discapito dell'efficienza. Inoltre
l’interazione fra operatori e clienti è intensa, di conseguenza il processo relazionale

                                                                                       -5-
intacca inevitabilmente il processo produttivo nella sua fluidità e tempistica. Il
bisogno centrale, quello per cui il cliente si rivolge all'azienda erogatrice, è diverso per
ogni utente (necessità di diagnosi, necessità di terapie, necessità di informazioni ecc.);
oltre al bisogno centrale, sono presenti altri bisogni collaterali dovuti alle
caratteristiche intrinseche del cliente: biologiche, psichiche e sociali, anagrafiche,
sessuali, il modo con cui affronta la malattia, in grado d'istruzione e così via. Compito
dell'azienda, tramite le proprie risorse umane, è riuscire a combinare opportunamente
e singolarmente la standardizzazione con la personalizzazione (umanizzazione) del
processo produttivo.
        Quantificazione: le aziende che erogano servizi, diversamente da quelle che
erogano    beni   materiali,   misurano    con    maggiore     difficoltà   quanto   hanno
oggettivamente prodotto. La misurazione deve tener conto di due elementi nodali:
l’aspetto quantitativo e quello qualitativo. Mentre il primo può essere caratterizzato
sotto un aspetto prevalentemente oggettivo (n. di ricoveri, pazienti visitati, esami
eseguiti), il secondo, per sua natura, è di connotato da una intensa soggettività. Anche
il cliente, da parte sua, esprime valutazioni che sono prevalentemente di tipo
soggettivo. Può essere contento del servizio, perché dal punto di vista relazionale è
stato soddisfatto, pur non essendo a conoscenza che il bisogno preminente che lo ha
spinto a rivolgersi a quell’azienda, ad esempio un esame radiografico, non è stato
fornito con sufficiente cura: può accadere che le immagini consegnate appartengono
ad un altro paziente, o il referto non sia esatto. In caso di ricovero la terapia
somministrata potrebbe non essere stata quella corretta. Tutte ipotesi tutt’altro che
remote. Naturalmente vale anche il discorso opposto: scarsa soddisfazione dal punto
di vista relazionale, pur con un accertamento diagnostico esatto. Sotto l'aspetto
organizzativo quindi rimane la difficoltà, oggettiva, di migliorare i processi in essere.
        Carattere pubblicistico: la maggior parte dei servizi sanitari sono erogati da
strutture pubbliche. In questo settore rimane particolarmente arduo sostenere una
scelta di tipo aziendalistico in senso stretto. Senza entrare nel merito, non
appartenendo ai nostri fini la discussione sul tema, la soddisfazione del bisogno di
salute, bisogno costituzionalmente tutelato, difficilmente può essere soddisfatto in
senso     ampio     con     una     visione      esclusivamente     economico-mercatoria
dell'organizzazione. È evidente che una visione, strettamente intesa, di tipo

                                                                                         -6-
aziendalista: far fruttare il capitale investito, male si concilia con un'attività finalizzata
all'incertezza del risultato e, soprattutto, sull'investimento di risorse umane e materiali
nei confronti di alcune tipologie di pazienti. Nondimeno, sotto un altro aspetto,
l'eccessiva burocratizzazione dei servizi pubblici ha condotto talvolta ad una
percezione negativa del servizio erogato. Anche in questa tipologia di mercato
comunque vale la regola della concorrenzialità tra le aziende, siano esse pubbliche o
private. E’ tuttavia necessaria una precisazione: trattasi di un mercato “anomalo”
rispetto al normale incontro tra domanda ed offerta. Anomalo perché alcune
concorrenti, le aziende pubbliche, godono di tutele pubblicistiche, mentre altre sono
sottoposte alle regole ordinarie del mercato (il c.d. rischio d’impresa). Per contro le
prime sono maggiormente vincolate nelle scelte, le seconde godono di maggior libertà
d’azione nelle proprie strategie al fine di adattare la propria offerta in funzione della
domanda di servizi.



1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo
       Le moderne necessità organizzative richiedono che anche la produzione dei
servizi sia una produzione per processi.
       Per   processo     si   intende    un   insieme    di   attività   interdipendenti    e
cronologicamente correlate finalizzate ad un prodotto/servizio finale. Scopo del
processo è la trasformazione di entità, o fattori, in ingresso (input) in entità, o fattori, in
uscita (output).
       Questa      definizione    calza     per    qualunque       tipologia    di    attività,
dall'approvvigionamento dei magazzini, siano essi del servizio radiologico o della
cucina, alla produzione di immagini diagnostiche; fino dall'accettazione, ricovero,
dimissione del paziente. L'unità di misura del processo è l'efficacia sia gestionale:
rapporto percentuale tra obiettivo raggiunto e quello prefissato; sia sociale: grado di
soddisfazione del cliente, richiama la qualità.
       Un secondo fattore nodale nell'organizzazione è il c.d. personale di contatto,
ovvero tutti i dipendenti dell'azienda con una relazione diretta con la clientela.
Personale inteso in ampio senso: portinai, centralinisti, professionisti sanitari,
impiegati del front-office, ecc. Com'è naturale questo personale rappresenta la

                                                                                            -7-
combinazione di interessi che possono anche divergere: quelli dell'azienda e quelli del
cliente.
       Per quanto riguarda l’interesse aziendale, il dipendente, ha il compito di
attenersi alle regole e alle procedure stabilite per tutelare il corretto funzionamento dei
servizi nei confronti dell'utenza in generale. Talvolta deve altresì adoperarsi per
risolvere problemi, ad esempio burocratici, non di sua stretta competenza ma dalla
soluzione dei quali dipende l'erogazione del servizio e la garanzia della correttezza
formale nell'ambito organizzativo.
       Riguardo invece gli interessi del cliente, in modo esemplificativo, tendono
spesso ad esigere il miglior servizio al minor costo e, ovviamente, nel minor tempo. A
questo va aggiunta una visione centralistica dei propri interessi.
       In questo conflitto, talvolta meno latente di quanto dovrebbe, si colloca il
personale che è chiamato a contemperare le opposte esigenze. È evidente pertanto che
i compiti del personale sono: a) di tipo operativo: nell'esecuzione della prestazione
tecnico-specialistica. In questo ambito compete al professionista, nell’attività che deve
svolgere, acclarare se eventuali incidenti (ad es. una caduta del paziente) o eventi-
sentinella (attese troppo lunghe, procedure effettuate in scarsa sicurezza ecc.) siano o
meno diagnostici di una lacuna organizzativa e quindi provvedere segnalando ed
eventualmente proponendo una soluzione al soggetto competente nel merito; b) di
tipo relazionale: l'obiettivo, in questo caso, è la creazione di un clima il più possibile
rassicurante e gradevole. È fondamentale quindi riuscire ad esprimere una sensazione
di cortesia e professionalità. L'aspetto comunicativo, spesso sottovalutato, è in realtà
di estrema importanza. Quando un professionista interagisce con il cliente, questi può
vederlo sotto diversi aspetti: un professionista in quanto tale, un rappresentante
dell'azienda, una persona in senso stretto. La prevalenza di uno o di un altro di questi
aspetti è difficilmente prevedibile. Per tale motivo l'approccio professionale, spesso
necessariamente legato a un linguaggio tecnico- scientifico per molti incomprensibile
o per noi ripetitivo (ad es. spiegare ogni volta come viene eseguito un particolare
esame), deve essere visto non solo sotto l'aspetto tecnico bensì anche e soprattutto
sotto l'aspetto umano. E’ necessario riuscire ad interpretare le aspettative del cliente e
la sua capacità ricettiva in quel particolare momento, momento in cui questa capacità
può essere offuscata dallo stato emozionale.

                                                                                        -8-
Un terzo elemento di cui necessita l'organizzazione è il cosiddetto supporto
fisico, ovvero la base utilizzata tanto dagli operatori quanto dai clienti nel corso del
processo produttivo. Questo supporto comprende principalmente due elementi: a) gli
strumenti, quali mobili, oggetti e le apparecchiature messe a disposizione e b)
l'ambiente, in senso tangibile, all’interno del quale il servizio viene erogato: i muri, le
sale di attesa, gli spazi disponibili ecc. Questi due elementi, componenti il supporto
fisico, sono un veicolo di comunicazione: dal lato del cliente è la vetrina, dal lato
dell'operatore il suo ufficio. L'importanza del supporto fisico si fonda sul
raggiungimento di due obiettivi: un obiettivo ambientale e un obiettivo funzionale. Con
riferimento al primo basti esemplificare che, pur nella serietà che un'azienda sanitaria
deve manifestare, ogni ambiente dovrebbe essere funzionale alla tipologia di clientela.
Ipotizziamo ad esempio come potrebbe differenziarsi l'aspetto tra un reparto
pediatrico e uno geriatrico. Oppure anche le necessità che hanno certi ambienti per
tutelare la riservatezza ed il pudore delle persone, in particolare dei servizi diagnostici
e negli ambulatori. L'obiettivo funzionale invece è finalizzato a facilitare il più
possibile la realizzazione del servizio, ad esempio contenendo tutto ciò che serve,
disponendo il materiale nel modo più semplice e razionale possibile e, soprattutto,
conosciuto da tutti gli operatori. Di particolare rilievo è il costante monitoraggio delle
scorte di magazzino.
       L'ultimo elemento imprescindibile sotto l'aspetto organizzativo è, ovviamente,
il cliente. Oltre al suo rilievo secondo quanto sopra descritto, esso assume ulteriore
importanza nella partecipazione attiva al processo produttivo. Più o meno
consapevolmente egli ci fornisce delle utilissime indicazioni su come migliorare il
servizio. Anzi, è possibile sostenere che anch'egli è parte integrante l'azienda. La
capacità di ascoltarlo è un valido strumento per introdurre eventuali correttivi nella
prestazione: sono le sue osservazioni, i cosiddetti messaggi di ritorno (feedback), che
possono orientare le nostre scelte. Se pensiamo ai pazienti ricoverati, spesso le loro
richieste orientano le scelte, o almeno parte di esse, in materia di farmaci, di
prestazioni   assistenziali,   indagini   diagnostiche,    consulenze,    questionari   di
gradimento; come pure i colloqui diretti, le lettere di lamentela e altro ancora. È
opportuno precisare che i clienti dei servizi sanitari sono: il diretto beneficiario; i
familiari intesi in senso ampio, cioè quelle persone significative per il paziente; i

                                                                                        -9-
medici di base che inviano i pazienti al presidio; gli acquirenti del servizio, per
esempio un'azienda sanitaria locale che acquista le prestazioni dall'azienda
ospedaliera. A questi vanno aggiunti altri portatori di interesse (stakeholders) che
rivestono importanza del nostro ordinamento sanitario: le associazioni di volontariato
e le associazioni dei consumatori, a cui espresse disposizioni di legge attribuiscono
particolari poteri e diritti.


        Accanto alle differenze tra beni materiali e servizi brevemente accennate, va
aggiunto che rispetto al normale sistema socio-economico, quello sanitario certamente
presenta un'ulteriore peculiarità: l'elevato numero di professioni che vi operano ed il
conseguente sistema organizzativo integrato.
        I settori di contrattazione collettiva del SSN sono tre (in realtà il SSN non è
l'unico ad essere così strutturato, anche gli Enti Locali presentano tre spazi di
contrattazione, tuttavia non mostra la stessa varietà di ruoli): il comparto che
raggruppa tutto personale non appartenente alle aree dirigenziali e due aree: l'area
dirigenziale amministrativa, sanitaria, tecnica e professionale; l'area dirigenziale medica.
        A fronte di questo dato macro ulteriore spunto di riflessione riguarda, con
visione verso la complessità organizzativa, le specifiche e variegate conoscenze
professionali di ogni figura e le relazioni intercorrenti tra loro ai fini del processo
produttivo. L'organizzazione dipartimentale2 ha imposto un modello organizzativo
non più basato su specifiche settorialità disciplinari (le ex divisioni), bensì, lo si ripete,
su una concatenazione di attività specialistiche differenziate ma obbligatoriamente
connesse tra loro, sia in termini cronologici che prestazionali: il processo appunto.
Orbene, la peculiarità degli operatori dedicati alla prestazione, vista sempre con il
centro di gravità incardinato sulla persona del paziente, li obbliga a stabilire una
complessa rete comunicativa che necessariamente tenga conto delle diverse
competenze e non solo con riferimento a quelle tecnico-professionali, ma anche
linguistiche, spesso trascurate, dando per scontato l'universalità del linguaggio sia
interno (tra operatori) che esterno (operatori-pazienti). Per esemplificare brevemente

        2
          L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle
aziende sanitarie (...). La regione disciplina la composizione e le funzioni del comitato di dipartimento nonché le
modalità di partecipazione dello stesso all'individuazione dei direttori di dipartimento ( art. 17-bis , DLgs n.
229/90).

                                                                                                              -10-
proviamo a immaginare l'uso, talvolta abuso, degli acronimi nelle cartelle cliniche,
nell'analisi, nelle richieste d'esame. Apparentemente irrilevanti, rivelano tutta la loro
importanza quando, al semplice scopo di interpretarli, vengono spesi tempo e risorse.
È pertanto chiaro, ad esempio, che una moderna organizzazione fondata sul
dipartimento non possa prescindere da un'attività periodica fondata anche su un
percorso formativo finalizzato a migliorare i processi comunicativi.



1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro
       La violenza nei posti di lavoro è purtroppo un fenomeno in espansione anche
in Italia, all’interno della quale però mancano, ad oggi, appositi studi. La gravità del
problema sta tuttavia catturando l'attenzione degli esperti.
       L'assenza di analisi nazionali conduce alla necessità di affidarsi a studi
internazionali quali quelli condotti dal NIOSH (National Institute for Occupational
Safety and Health), dall'ILO (International Labour Office) e lo European Agency for
Safety and Health at Work.
       Secondo il NIOSH, per violenza sul posto di lavoro si intende: ogni atto violento,
inclusa l'aggressione e la minaccia di aggressione, diretta verso una persona nel posto di
lavoro. Per minaccia si intende invece ogni manifestazione di intento di ferire, inclusa
quella verbale, con il linguaggio del corpo o scritta.
       Gli studi europei includono inoltre i fenomeni del bullismo e della
discriminazione (sessuale, per orientamento sessuale, età, razza, religione).
       Nel nostro Paese il fenomeno è ancora scarsamente incidente tuttavia, vista la
tendenza all'aumento, il Ministero della Salute, proprio per fronteggiare e soprattutto
prevenire il fenomeno, ha prodotto un atto destinato alle aziende che operano nel
settore sanitario (Raccomandazione n. 8 del Novembre 2007).
       L'Italia, insieme ad altri paesi del bacino del Mediterraneo (Spagna, Malta,
Cipro, compreso il Portogallo) rivela come il fenomeno sia relativamente marginale
nell'ambito dell'Unione europea (3-4% in tutti i settori lavorativi) pur con una
tendenza alla crescita. I paesi nord europei si attestano invece su percentuali ben più
significative (> 10%) nel Regno unito, Irlanda, Danimarca, Olanda, Finlandia.



                                                                                      -11-
Fonte: Fourth European Survey on Working Condition


       Come risulta dalla tabella, è il settore sanitario quello maggiormente colpito dal
problema (15,2%).
       Le cause dell’indesiderato primato sono da considerare affatto intrinseche al
contesto lavorativo: l’operatore sanitario e non sanitario (addetto al front-office) si
relaziona quotidianamente con un'utenza portatrice di disagio e stress (relazione
esterna). La malattia e il dolore generano rabbia, impotenza e frustrazione e rendono
quindi le relazioni tra utenti ed operatori tese e conflittuali con tasso di emotività
particolarmente elevato.
       A questo va aggiunto che un'ulteriore fonte di rischio, per il lavoratore
sanitario, è rappresentata dagli alti livelli di stress dovuti all'eccessiva pressione
temporale ed al sovraccarico lavorativo i quali, oltre a minare le relazioni esterne,
tendono ad inquinare anche quelle tra gli operatori (relazioni interne). Anche nel



                                                                                     -12-
campo delle relazioni conflittuali interne è il settore sanitario ad essere al primo posto
(5%).
        I luoghi nei quali si manifesta maggiormente il fenomeno sono: servizi di
Pronto Soccorso, strutture psichiatriche, luoghi di attesa, servizi di geriatria, servizi di
continuità assistenziale.
        Partecipano all'incremento degli atti di violenza alcuni elementi sociali e/o
strutturali: l'aumento dei pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici; diffusione
dell'abuso di alcol e droga; l'accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali;
lunghe attese nelle zone di emergenza e sale di attesa che generano, nei pazienti e
accompagnatori, frustrazione per l'impossibilità ad una pronta prestazione; ridotto
numero di personale (trasporto pazienti, visite, cambio turno, esami diagnostici);
mancanza     di    formazione    del   personale    sull'individuazione    preventiva    di
comportamenti ostili o aggressivi; scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e
delle strutture.
        È utile cercare di comprendere quali i meccanismi che portano alla
comunicazione violenta, sia negli ambienti di lavoro sia extra-lavorativi. Gli atti di
violenza, nella maggioranza dei casi, sono il risultato di un processo comunicativo e
interattivo tra due o più persone e sono l'estrema conseguenza di una gestione
distruttiva delle divergenze nelle relazioni interpersonali. La violenza rappresenta
pertanto il risultato della gestione relazionale (ovviamente fallimentare) tra due
persone.
        Gli studiosi identificano nel "modello di comportamento maggiore-minore"
(modello M/m) il meccanismo responsabile della degenerazione violenta dei conflitti
tra persone o gruppi. Secondo questo modello interattivo ciascuna delle parti, di
fronte a un conflitto o ad una differenza di punti di vista, cerca di imporre le sue
ragioni, presentandole come "migliori" rispetto a quelle della controparte. Ognuno
pertanto cerca di raggiungere una posizione di superiorità (M) e mettere l'altro in
posizione di inferiorità (m). Il meccanismo si sostanzia, da entrambe le parti, per
mezzo di parole, comportamenti, atteggiamenti non verbali portando infine
all'estremizzazione delle posizioni (c.d. muro contro muro) e all'escalation attorno alla
spirale della violenza che ne rappresenta il culmine. Naturalmente è escluso da questo



                                                                                        -13-
modello di comportamento di una persona che agisce violentemente senza interazione
con l'altra (ad esempio che scopo di rapina, malati psichiatrici, tossicodipendenti).




       L'aggressività attraverso parole e atteggiamenti è una delle caratteristiche
principali delle comunicazioni inadeguate e "inefficaci", cioè incapaci di sortire
l'effetto sperato. L'inefficacia di un atto comunicativo è altresì legata sia al contenuto
quanto, forse soprattutto, alla forma.
       Proviamo con un esempio a chiarire quanto detto.
       Supponiamo che l'utente Tizio si rivolga al personale, in modo brusco,
esclamando "sono due ore che aspetto!". L'operatore Caio potrebbe rispondere in due
modi: professionalmente "ci scusi, però come vede siamo impegnati con delle
urgenze"; oppure istintivamente "come vede non ci stiamo divertendo". È presumibile
immaginare che Tizio, irritato per l'attesa, possa non proseguire con la comunicazione
conflittuale nel caso della prima risposta. Avendo infatti ricevuto comunque
attenzione verso la propria persona, con una giustificazione oggettiva, l'effetto è quasi
certamente quello del raffreddamento del conflitto.
       Viceversa con la seconda risposta, con buona probabilità, lo si condurrebbe
verso la via dell'escalation verbale.
       L'operatore sanitario professionalmente abile emerge talvolta per questo: nella
sua capacità di controllo emozionale anche nei momenti di maggiore tensione
lavorativa e relazionale.
       Per le ragioni esposte diventa indispensabile, per chi si rapporta con l'utenza,
conoscere le regole che governano la comunicazione umana al fine di scongiurare il
rischio di contribuire, seppur inconsapevolmente, all'esasperazione dei conflitti e
divergenze. Sapere in sostanza come inviare i propri messaggi, o come replicare a
messaggi altrui, in una forma tale da non rinunciare al proprio punto di vista ma
senza sconfessare o schiacciare il vissuto dall'altro. In pratica è fondamentale


                                                                                        -14-
apprendere quelle abilità verbali, non verbali e cognitive che caratterizzano la
comunicazione assertiva; questo diventa, viste le premesse, nodale nel personale che
lavora a contatto con pubblico e, soprattutto, nel settore sanitario.


       La Raccomandazione del Ministero della salute interviene quindi spingendo le
aziende sanitarie verso un programma di prevenzione della violenza finalizzata a
diffondere una politica di tolleranza "zero" nei confronti degli atti di violenza fisica o
verbale e fare in modo che operatori e visitatori siano a conoscenza di tale politica. Le
aziende dovranno altresì incoraggiare il personale a segnalare gli episodi subiti e
suggerire eventuali misure correttive. Assegnare a personale idoneo la conduzione del
programma con un gruppo di lavoro che possa analizzare le varie situazioni
lavorative onde individuare i fattori di rischio e esistenti o potenziali. Sarà altresì
necessario avviare programmi di riadattamento strutturale per installare tutti i mezzi
di sicurezza opportuni, dalle telecamere a circuito chiuso, all’idonea illuminazione dei
locali. Importante, dagli studi emersi, è il miglioramento dell’aspetto architettonico
nelle zone d’attesa sia nell’aspetto dimensionale quanto estetico.
       Il fattore preventivo di assoluto rilievo rimane tuttavia uno: la formazione del
personale nell’individuazione di situazioni potenzialmente a rischio e la connessa
capacità relazionale con l’utenza.




   2) Le professioni sanitarie: aspetti generali


       E’ condivisibile la definizione adottata da Ministero della salute sulle
professioni sanitarie: "quelle che lo Stato italiano riconosce e che, in forza di un titolo
abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione".
       Ancora: "alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e Collegi, con
sede in ciascuna delle province del territorio nazionale. Esistono attualmente: Ordini
provinciali dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Ordini provinciali dei veterinari,
Ordini provinciali dei farmacisti, Collegi provinciali delle ostetriche, Collegi
provinciali dei gli infermieri professionali (Ipasvi) e Collegi provinciali dei tecnici
sanitari di radiologia medica (Tsrm). In merito ai provvedimenti di tali enti in materia

                                                                                       -15-
disciplinare, di tenuta degli Albi professionali e di elezioni degli organi direttivi, si
può presentare ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni
Sanitarie (CCEPS)”.
             In questa sede ci occuperemo delle professioni sanitarie cosiddette "non
mediche", ovvero quelle che appartengono, secondo il linguaggio adottato nell'attività
di contrattazione del pubblico impiego, al cosiddetto comparto.


         Generalmente il termine professione indica un'attività per l’esercizio della quale
sono richiesti, oltre a specifiche conoscenze e capacità, anche determinati requisiti
oggettivi: un titolo di studio particolare, lo svolgimento di un tirocinio, il superamento
di un esame che dimostri le competenze acquisite ed infine l’iscrizione ad un apposito
Albo professionale.
         L'attività del Tsrm pertanto rientra nelle cosiddette "professione regolamentate",
ovvero quelle professioni che presentano i requisiti menzionati.
             Il D.Lgs. n. 206/2007, (art. 4, co. 1) definisce professione regolamentata:
        1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio e' consentito solo a
seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da
amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione e' subordinata al possesso di
qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;
        2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi e' subordinato,
da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali;
         3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso e'
riservato a chi possiede una qualifica professionale.


         La necessità dell’iscrizione negli Albi (registrazione) è diretta ad avere un
controllo, da parte dello Stato, nell'esercizio di attività che vanno ad incidere su diritti
di rilievo costituzionale quale è, nel nostro caso, la tutela della salute (art. 32, Cost.).
La registrazione negli Albi, conservati dai suddetti Ordini o Collegi, consente altresì a
questi organismi di poter esercitare il potere disciplinare secondo le previsioni dell'art.
2229 del Codice Civile3.


         3
            Art. 2229 Cod.Civ. Esercizio delle professioni intellettuali - la legge determina le professioni
intellettuali delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi.
          L'accertamento dei requisiti per la iscrizione negli Albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere
disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la
legge disponga diversamente.Contro il rifiuto dell'iscrizione alla cancellazione dagli Albi o elenchi, e contro
provvedimenti disciplinari che importano una perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è
ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.

                                                                                                                   -16-
Generalmente la legislazione statale affida la responsabilità di gestire le
professioni agli Ordini o ai Collegi4 qualificabili come enti di diritto pubblico non
economici e organi ausiliari dello Stato. Sono organizzati per provincia e, a livello
nazionale, raggruppati nelle Federazioni; hanno il compito di conservare opportuni
Albi nei quali vengono iscritti i professionisti. Tali organi sono responsabili del
controllo professionale e disciplinare degli iscritti, costituendo così una giurisdizione
autonoma tipica delle professioni fin dalle loro origini. Infine, lo Stato, detta norme su
altri aspetti del mercato, quali le modalità con cui professionisti possono fare
pubblicità, la libertà negoziale e/o contrattuale nei confronti degli iscritti, la possibilità
di associazione, le forme di pagamento che gli utenti possono usare e altro ancora
         Il sistema delle professioni sanitarie difficilmente è sovrapponibile alle attività
svolte secondo le modalità della pratica libero-professionale, pratica caratterizzata da
spiccata matrice individuale. Pur non escludendo, anzi confermando la diffusione in
campo libero-professionale anche delle attività sanitarie sebbene con differenti vincoli
legislativi che legano, in misura maggiore o minore, queste diverse figure alla
professione medica, tuttavia, nella maggioranza dei casi, sono proprio le
organizzazioni multidisciplinari (Aziende ospedaliere, cliniche, case di cura,
poliambulatori ecc.) gli ambiti elettivi per l'esercizio professionale.
         Proprio i Tsrm, rispetto alle altre professioni sanitarie con Albo, potrebbero
forse essere il gruppo professionale più lontano dall'ideale-tipo verso la pratica
professionale individuale. È evidente quanto i Tsrm siano legati alla presenza di
tecnologie complesse, è infatti difficile ipotizzare attività fuori da contesti lavorativi
organizzati. Non mancano naturalmente eccezioni in quanto, spesso, con le moderne
tecniche gestionali (outsourcing o esternalizzazione) alcune imprese o aziende,
necessitano solo dei liberi professionisti per il funzionamento delle apparecchiature, le
quali, invece, appartengono alle aziende.
         Il riconoscimento pubblico della professione ha come conseguenza due aspetti:
a) la creazione e il controllo del mercato e b) la mobilità sociale collettiva, ovvero
l'innalzamento collettivo dello status sociale dei membri del gruppo professionale.
Attualmente i professionisti della salute che possono vantare la presenza di un
         4
           Originariamente la distinzione tra Ordine e Collegio era subordinata al titolo di studio: la laurea per il
primo e il diploma di scuola secondaria superiore per il secondo. La distinzione è ora venuta meno, ma il sistema
italiano ha mantenuto entrambi i termini.

                                                                                                                -17-
Collegio sono tre: gli infermieri professionali, gli assistenti sanitari, gli infermieri
pediatrici (tutti riuniti nella Federazione Ipasvi), le ostetriche (riunite nella Fnco:
federazione nazionale collegi ostetriche), i tecnici sanitari di radiologia medica (riuniti
nella Fnctsrm: Federazione nazionale dei Collegi dei Tecnici sanitari di radiologia
medica). L'istituzione o meno di Ordini e Collegi è sempre stato un argomento
particolarmente dibattuto. I detrattori ritengono che questi enti non consentono il
libero accesso al mercato del lavoro da parte dei più giovani, i sostenitori pensano
invece che, in ambito sanitario, il problema non si ponga per due ragioni. La prima è
per l'elevata offerta, almeno ad oggi, di lavoro proveniente dalle aziende. La seconda
si fonda su una forma di garanzia nei confronti degli utenti che si rivolgono al sistema
sanitario, quindi la certezza di una preparazione qualificata e uniforme in tutto il
processo prestazionale. Va altresì aggiunto che, diversamente da altre professioni,
l'esame di Stato abilitante è svolto contemporaneamente all'esame di laurea, pertanto
difficilmente è possibile accusare questo metodo quale freno all'accesso nel mercato
del lavoro o, peggio, che vada ad imporre ai neo-laureati un tirocinio formativo spesso
connotato più da aspetti di sfruttamento lavorativo che di formazione professionale.




2.1) Il profilo storico
       Le professioni di cui si parla sono state inizialmente disciplinate dal R.D. 27
luglio 1934, n. 1265: approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie e sono state così
tripartite (art. 99):
       Professioni      sanitarie   principali:   medico-chirurgo;   veterinario;   farmacista;
odontoiatrica (a partire dalla L. 24 luglio 1985, n. 409: istituzione della professione
sanitaria di odontoiatra).
       Professioni sanitarie ausiliarie: levatrice (ora: ostetrica); assistente sanitaria
visitatrice (ora: assistente sanitaria); infermiera diplomata (ora: infermiera).
       Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; ottico; meccanico
ortopedico ed ernista; infermiere abilitato o autorizzato (ora: infermiere generico);
massaggiatori (ora: massofisioterapista); tecnico sanitario di radiologia medica (L. 4
agosto 1965, n. 1103).


                                                                                           -18-
L'inclusione del Tsrm nelle arti ausiliarie, che ha rappresentato una
ingiustificata collocazione, è stata tuttavia dovuta al titolo della menzionata legge pur
di fronte a dati sostanziali, i quali che avrebbero incluso i suddetti operatori nelle
professioni sanitarie ausiliarie.
        La previsione nell'ambito delle professioni sanitarie ausiliarie, si giustificava sia
per la durata del corso di studi e                  le conseguenti attribuzioni, sia per l'espressa
obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale e infine per la presenza di
un'autonoma fattispecie di reato di esercizio abusivo della professione di Tsrm
secondo quanto previsto dalla L. 4 agosto 1965, n. 11035


        L’elencazione prevista dal Regio Decreto è datata                            e necessita di alcune
precisazioni.        Per quanto riguarda le professioni sanitarie ausiliarie ad esse
andrebbero aggiunte quelle disciplinate successivamente da appositi Decreti
ministeriali che hanno condotto ad una riclassificazione delle suddette professioni
anche e soprattutto alla luce dell'introduzione di nuove figure professionali. Tale
nuova distribuzione ne ha sostanzialmente modificato anche il raggruppamento. Si è
passati, escludendo il personale sanitario cosiddetto principale (medici, veterinari,
farmacisti, odontoiatri ed ora: biologi, psicologi, chimici), ad una macro-classificazione
per settori:
        Personale infermieristico: infermiere (DM 739/1994); ostetrica (DM 740/1994);
dietista (DM 744/1994); assistente sanitario (DM 69/97); infermiere pediatrico (DM
70/1997); podologo (DM 666/1994); igienista dentale (DM 669/94).
        Personale tecnico-sanitario: tecnico sanitario di laboratorio biomedico (DM
745/1994); tecnico sanitario di radiologia medica (DM 746/1994); tecnico di
neurofisiopatologia (DM 183/1995); tecnico ortopedico (Dm 665/1994); tecnico
audiometrista (DM 667/1994); tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e
perfusione cardiovascolare (DM 316/1998).


        5
          In realtà la menzionata legge sanzionava, all'art. 16, l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria.
L'esercizio abusivo della professione è stato invece successivamente introdotto solo con la L. 31 gennaio 1983, n.
25, art. 8. Quest’ultimo rinvia direttamente all'art. 348 del Codice Penale: abusivo esercizio della professione -
chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è
punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da L. 200'000 a L. 1'000’000.

                                                                                                               -19-
Personale   della   riabilitazione:   tecnico   audioprotesista   (DM   668/1994);
fisioterapista (DM 741/1994); logopedista (DM 742/1994); ortottista (DM 743/1994);
terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva (DM 56/1997); tecnico
dell'educazione e riabilitazione psichiatrica e psicosociale (DM 57/1997); terapista
occupazionale (DM 136/1997).
       Personale di vigilanza e ispezione: tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei
luoghi di lavoro (DM 58/1997).


       La distinzione tra queste 21 diverse professioni talvolta non sempre era
agevole, tuttavia, grazie ai Decreti ministeriali che ne regolamentavano i profili era
possibile tracciare una differenziazione tra i diversi compiti.
       Oltre ai Decreti ministeriali, era possibile suddividere le menzionate professioni
anche in base ad un diverso riconoscimento giuridico ottenuto: l’iscrizione presso i
propri Collegi professionali ove costituiti. Ricordiamo che: infermieri, ostetriche e
tecnici sanitari di radiologia medica avevano (e tuttora hanno) un Collegio
professionale e uno specifico Albo, diversamente dalle altre professioni che invece ne
sono ancora sprovviste.
       Un'ulteriore ipotesi di diversificazione poteva essere quella fondata sulla
presenza o meno di un "mansionario" (elencazione di compiti e attività lavorative); ma
anche qui rimanevano incluse solamente quelle tre professioni menzionate che
potevano vantare la presenza del Collegio.
       Oggigiorno, dopo l'intervento della riforma operata dalla L. 26 febbraio 1999, n.
42, questa suddivisione non è più attuale pur avendone però conservato i tratti
essenziali. Tra gli effetti dell’intervento legislativo c'è l'abrogazione dei mansionari i
quali erano elenchi di operazioni di carattere prevalentemente esecutivo, dotati di
elevata specificità nei compiti e non di vasti ambiti di intervento come sono invece i
profili professionali.
       È utile ricordare che prima della profonda riforma professionale, operata
all'inizio degli anni '90 che ha inquadrato omogeneamente ed a livello universitario
l'attività formativa, la formazione degli operatori appartenenti alle differenti
professioni era alquanto diversificata. Alcune scuole erano gestite dalla regione, altre



                                                                                      -20-
erano scuole private; altre ancora, le cosiddette "scuole dirette a fini speciali" erano
gestite dalle università, alcune infine di diretta derivazione ospedaliera.



2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie
       La tutela della salute nel nostro ordinamento, è assicurata dal Servizio
Sanitario Nazionale (SSN). Con tale termine s’intende: “il complesso delle funzioni, delle
strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero
della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali
o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del
Servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle Regioni e agli
enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini”6.
       Nonostante il succedersi delle normative, in chiave riformista del SSN, la
definizione non è mai stata abrogata. Al contrario: integrata alla luce del
decentramento amministrativo di alcune attività e con riferimento al “complesso di
funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e
attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale” ( art.1, co. 1, D.Lgs. n. 229/99).
       Non va scordato che il cambiamento introdotto dalla L. n. 833/78 è stato uno
degli eventi politico-sociali più rilevanti degli ultimi anni. Si è passati dal sistema
mutualistico-ospedaliero, frammentario e scarsamente efficace nella prevenzione e
nella riabilitazione, ad un nuovo sistema di sicurezza sociale finalizzato a una
migliore razionalizzazione delle risorse e privilegiante la prevenzione rispetto alla
diagnosi e alla cura.
       L'attuazione del SSN compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali,
questa articolazione è impostata verticalmente su tre livelli - statale, regionale, locale -
nel corso degli anni e con riforme successive sanitarie ha perso la natura centralistica
con cui era stata disegnata inizialmente, favorendo successivamente un processo di
decentramento in cui le regioni diventano centri di imputazione di responsabilità
gestionali dal punto di vista dei programmi, dell'organizzazione e della finanza.




       6
           Art. 1, co. 3, L. n. 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

                                                                                                -21-
Illustrato sinteticamente il SSN e precisata la valenza regionale nella tutela della
salute tanto per l’erogazione della stessa, quanto per la gestione del personale ad essa
afferente, è utile fornire una connotazione dimensionale al personale occupato nel
comparto. Principalmente per un fine esclusivamente classificatorio per meglio
comprendere le suddivisioni previste nelle aziende sanitarie, secondariamente per
dimensionare il settore, pur sempre appartenente al comparto, del nostro studio: le
professioni sanitarie.
       Le tabelle seguenti si riferiscono al personale occupato nel SSN, ovvero quello
impiegato nelle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e negli Ospedali e/o Case di Cura
gestite direttamente dalle stesse ASL e del personale dipendente dalle Aziende
Ospedaliere (AO).




                                                    Fig.1: Personale dipendente SSN per ruolo. A.
                                                    2006 (Fonte: Min. salute)




                                                                                            -22-
Fig. 2: personale dipendente per Regione e per ruolo. Anno 2006. (Fonte: Min. salute)




        La classificazione del personale delle aziende sanitarie7 è naturalmente
complicata dalla storia del sistema stesso e dalla sua normativa, che hanno introdotto
categorie di analisi e terminologie specialistiche tipiche del settore sanitario le quali,
nelle pubbliche aziende, si intersecano anche con le suddivisioni del pubblico
impiego. A questi elementi vanno quindi aggiunte le complessità dovute alla
frammentazione delle qualifiche degli operatori sanitari. Tant'è che alcune
classificazioni abrogate continuano a tuttavia ad essere utilizzate nella quotidianità
delle aziende, la normazione legislativa si sovrappone, spesso confondendosi, con
quella derivante dai Ccnl e dalla contrattazione decentrata aziendale. Rimane
comunque necessario cercare di adottare un metodo classificatorio, pur senza
necessariamente vedere la prevalenza di uno sull’altro, per meglio comprendere il
fenomeno.


        I più diffusi sistemi di classificazione del personale sanitario, possono essere
ricondotti sotto quattro tipologie principali:

        7
          Per “azienda sanitaria”, in questa sede, s’intende genericamente qualunque organizzazione del settore:
Az. ospedaliera, Az. Sanitaria Locale, Case di cura ecc.

                                                                                                           -23-
•    il Ccnl di applicazione;
        •    il ruolo di appartenenza;
        •    le categorie di appartenenza (per il personale non catalogabile nella
             cosiddetta "area dirigenziale");
        •    il profilo professionale (per il personale non appartenente all’"area
             dirigenziale").

2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione

        Ai dipendenti Servizio Sanitario Nazionale (escluso quindi il personale
universitario che dipende da Ministero dell'istruzione, dell'Università della ricerca
scientifica e pertanto ad esso viene applicato il contratto di quell'amministrazione) si
applicano tre diversi tipi di contratto:
        il Ccnl della Dirigenza area III (amministrativa, sanitaria, tecnica e professionale);
        il Ccnl della Dirigenza area IV (medica e veterinaria);
        il Ccnl del Comparto.


        Quello che riguarda i nostri fini è quest'ultimo poichè si riferisce a tutto il
personale non rientrante nelle cosiddette Aree dirigenziali8 anche se il termine
"comparto" dà luogo a qualche ambiguità. In senso proprio indica una partizione di
pubbliche amministrazioni: comparto scuola, comparto sanità, forze di polizia,
ministeri ecc. pertanto non si potrebbe parlare di un unico Ccnl del "comparto Sanità".
Ai nostri scopi si ritiene tuttavia corretto parlare di "personale del comparto" se da
questo personale si intende escluso il personale con qualifica dirigenziale. In ogni
caso, il termine "comparto" ha acquisito questo significato per l’utilizzo adottato
nell’ambito delle relazioni sindacali. Pertanto possiamo ritenere come sinonimi le
espressioni "comparto", personale "non dirigente", personale "delle categorie",
personale "non medico".




        8
           Le Aree dirigenziali, con riferimento alla contrattazione collettiva pubblica, sono: Area I aziende e
ministeri; Area II regioni e autonomie locali; Area V scuola; Area VI agenzie fiscali ed enti pubblici non
economici; Area VII ricerca e università; Area VIII presidenza del Consiglio dei Ministri.

                                                                                                           -24-
2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza

         Questa classificazione discende dal DPR 20 dicembre 1979, n. 761: stato
giuridico del personale delle unità sanitarie locali. Il decreto disponeva che il
personale del SSN fosse inquadrato in ruoli nominativi regionali istituiti e gestiti dalle
regioni stesse. Le regioni pertanto suddividevano il personale secondo ruoli di
appartenenza. Si distingueva un ruolo sanitario, un ruolo professionale, un ruolo
tecnico, un ruolo amministrativo (art. 1).
         Ruolo sanitario: in questo ruolo sono collocati i dipendenti iscritti ai rispettivi
ordini professionali, ove esistono, che esplicano in modo diretto attività inerenti alla
tutela della salute. Quindi: medici, odontoiatri, farmacisti, veterinari, biologi, chimici,
fisici   e   psicologi.   Nonché:   personale   infermieristico,   tecnico-sanitario, della
riabilitazione e della prevenzione.
         Ruolo professionale: dipendenti, non compresi nel ruolo sanitario, i quali,
nell'esercizio della loro attività, assumono a norma di legge responsabilità di natura
professionale e sono tenuti, per svolgere l'attività stessa, all’iscrizione in Albi
professionali. Quindi: avvocati, ingegneri, architetti e geologi, nonché personale di
assistenza religiosa.
         Ruolo tecnico: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi tecnici di
vigilanza e di controllo, generali o di assistenza sociale. Quindi: statistici, sociologi,
assistenti sociali, operatori socio-sanitari (Oss), operatori e assistenti tecnici,
programmatori, operatori tecnici addetti all'assistenza (Ota).
         Ruolo amministrativo: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi
organizzativi, patrimoniali e contabili. Quindi: dirigenti amministrativi, collaboratori
professionali, assistenti e coadiutori amministrativi.
         L'iscrizione ai suddetti ruoli nominativi derivava dal possesso dei requisiti
culturali e professionali necessari alla tipologia di lavoro da svolgere.
         È opportuno precisare che il Ccnl del 7 aprile 1999 ha introdotto un nuovo
sistema di classificazione del personale. In particolare ha disapplicato le posizioni
funzionali previste dal DPR n. 761/79, sostituendole con le categorie e i profili
professionali indicati nella tabella allegata al contratto stesso. Questa suddivisione è
stata a sua volta modificata da un successivo Ccnl integrativo.



                                                                                        -25-
2.2.3) Classificazione secondo le categorie

       Questo terzo metodo classificatorio, valido per il personale del comparto del
SSN, inquadra i dipendenti secondo quattro macro-categorie: A, B, C, D. Più
precisamente sono previste altre due categorie (cosiddette funzionali) incluse nella "B"
e nella "D": la Bs (super) e la Ds (super). La fonte, come detto, di questa ripartizione è
di tipo contrattuale (Ccnl-integrativo 20 settembre 2001, All. 1) ed è tuttora vigente.
       Ciascuna categoria, in sostanza, è individuata tramite la descrizione dei
requisiti indispensabili (cd. Declaratorie) per l'inquadramento nell'ambito della
categoria stessa. Tali requisiti corrispondono a livelli omogenei di competenze,
conoscenze e capacità necessarie per l'espletamento dell'attività lavorativa.
       L'importanza della suddivisione del personale del comparto si fonda non tanto
e non solo sotto l'aspetto gerarchico (progressioni verticali) con le conseguenti
differenziazioni    retributive, bensì anche per contraddistinguerlo in base alle
qualifiche richieste per l'accesso, come ad esempio il diploma di laurea per le
professioni sanitarie (categoria D) o corsi professionali-formativi come per il personale
Oss (categoria B e Bs). Infatti ogni dipendente, a sua volta, è inquadrato nella
corrispondente categoria del sistema di classificazione in base al proprio profilo di
appartenenza.
       CATEGORIA A: appartengono questa categoria i lavoratori che ricoprono
posizioni che richiedono capacità manuali generiche per lo svolgimento di attività
semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell'ambito di istruzioni fornite e
riferite al corretto svolgimento della propria attività:
          -   ausiliario specializzato;
          -   commesso.
       CATEGORIA B: in questo ambito sono collocate posizioni del lavoro che
richiedono conoscenze teoriche di base e relative allo svolgimento dei compiti
assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche e riferite alle proprie qualificazioni e
specializzazioni professionali, nonché autonomia e responsabilità nell'ambito di
prescrizioni di massima:
          -   operatore tecnico;




                                                                                          -26-
-     operatore tecnico addetto all'assistenza (NOTA: Ota: profilo ad esaurimento
              contestuale all'istituzione del profilo dell'operatore socio-sanitario. Art.4, co1, Ccnl integrativo,

              20 settembre 2001);

          -   coadiutore amministrativo;
          -   coadiutore amministrativo esperto (Bs);
          -   puericultrice (Bs);
          -   operatore tecnico specializzato (Bs);
          -   operatore professionale di seconda categoria;
          -   operatore socio-sanitario (Bs); (NOTA: Oss: profilo professionale alla cui istituzione
              provvedono le aziende sanitarie con oneri a proprio carico e sostitutiva, dopo la frequenza di

              appositi corsi formativi, della figura dell’Ota).



       CATEGORIA C: questa posizione di lavoro richiede conoscenze teoriche
specialistiche di base, capacità tecniche elevate per l'espletamento delle attribuzioni,
autonomia e responsabilità secondo metodologie definite da precisi ambiti di
intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri
operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti. Appartengono
altresì a questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono
conoscenze teoriche pratiche nonché esperienza professionale e specialistica maturata
nel sottostante profilo unitamente a capacità tecniche elevate per l'espletamento delle
attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite e precisi abiti di
intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri
operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati:
          -   ruolo sanitario:
                 i.    puericultrice esperta
                ii.    infermiere generico o psichiatrico con un anno di corso esperto (ad
                       esaurimento)
               iii.    massaggiatore o massofisioterapista esperto (ad esaurimento)
          -   ruolo tecnico:
                 i.    assistente tecnico
                ii.    programmatore
               iii.    operatore tecnico specializzato esperto


                                                                                                              -27-
-   ruolo amministrativo:
                  i.   assistente amministrativo


      CATEGORIA D: in questo ambito opera personale con posizioni di lavoro che
richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione dei
titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità
organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità
operativa nell'ambito di strutture operative semplici previste dal modello
organizzativo aziendale.
      Appartengono altresì a questa categoria, nel livello economico D super (Ds), i
lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre a conoscenze teoriche
specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio professionali conseguiti,
richiedono    a    titolo   esemplificativo    e   anche     disgiuntamente:     autonomia    e
responsabilità dei risultati; ampia discrezionalità operativa nell'ambito delle strutture
operative di assegnazione; funzione di direzione e coordinamento, gestione e
controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di
programmazione e proposta.
      Di questa categoria, o meglio: dei profili professionali sanitari afferenti ad essa,
ce ne occuperemo oltre:
          -   collaboratori professionali sanitari (ruolo sanitario);
          -   assistente religioso (ruolo amministrativo);
          -   collaboratore professionale-assistente sociale (ruolo tecnico);
          -   collaboratore tecnico-professionale (ruolo tecnico e/o amministrativo);
          -   collaboratore amministrativo-professionale (ruolo amministrativo);
          -   collaboratore professionale sanitario esperto (ruolo sanitario-Ds);
          -   collaboratore professionale-assistente sociale esperto (ruolo tecnico-Ds);
          -   collaboratore tecnico-professionale esperto (ruolo tecnico e/o amministrativo-
              Ds);
          -   collaboratore amministrativo-professionale esperto (ruolo amministrativo-Ds).




                                                                                           -28-
2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale

       Il quarto sistema si fonda direttamente sul sistema delle professioni e si basa sui
profili professionali. Tali profili, in ambito sanitario, sono il risultato della
regolamentazione pubblica finalizzata a tutelare gli utenti e la qualità delle
prestazioni. Proprio per l'incidenza sul diritto alla salute la classificazione si applica
sia al personale delle aziende pubbliche sia a quello delle aziende private.
       Questo metodo, con riferimento alle sole professioni sanitarie del comparto, è
coerente al percorso formativo previsto da diverse riforme succedutesi nel tempo.
Basti sapere che il metodo dei profili professionali dettaglia ulteriormente, rispetto a
quanto fatto dalla classificazione per categorie, i requisiti formativi e professionali di
accesso.
       Ogni figura professionale sanitaria del comparto è infatti disciplinata da un
apposito Decreto Ministeriale. Ad esempio: infermiere il DM n. 739/1994; ostetrica/o
il DM n. 740/1994; dietista il DM 744/94 ecc.
       Per il Tsrm è il DM n. 746/94 che ne definisce il profilo professionale e lo
identifica come "operatore sanitario che è in possesso del diploma universitario abilitante e
dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è
autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1, co 1).
       La riforma (L. n. 251/00) ha previsto quattro macro-aree di professioni sanitarie
del comparto in cui inscrivere i profili:
           -   infermieristiche e ostetriche;
           -   della riabilitazione;
           -   tecniche (suddivise in tecnico-diagnostiche e tecnico-assistenziali);
           -   della prevenzione.




2.3) L’aspetto dimensionale
       Un utile ed aggiuntivo riferimento sulla rilevanza delle figure professionali che
operano nel sistema e sempre con riferimento alle 22 "professioni sanitarie" oggi
previste, è una dimensione quantitativa del fenomeno.

                                                                                         -29-
Le professioni numericamente più rilevanti sono quelle infermieristiche (circa
300.000, pari al 58% dei professionisti in attività); seguita dai fisioterapisti (circa
40.000), tecnici di laboratorio e tecnici di prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di
lavoro (circa 30.000 per ciascuna delle due professioni); educatori professionali
(25.000) e tecnici di radiologia (21.000).




                                                                                                              Posti disponibili
       Professioni (ex Classi di Laurea DM 2aprile 200 e DM 29 marzo 2001 )                  Operatori
                                                                                                              lauree a.a. 2004/05
                                Infermieristiche-ostetriche                                   327.000               13.578
Infermiere                                                                                    301.000               12.311
Infermiere pediatrico                                                                          10.500                 201
Ostetrica                                                                                      15.500                1066
           Riabilitative                                                                       82.700                4637
Educatore professionale                                                                        25.000                 650
Fisioterapista                                                                                 40.000                2267
Logopedista                                                                                     8000                  488
Ortottista                                                                                      3000                  256
Podologo                                                                                        1200                  183
Tecnico all'educ. e riabil. psich. e psicosociale                                               3000                  308
Terapista della neuro e psicomotr. dell’età evolutiva                                           1500                  289
Terapista occupazionale                                                                         1000                  196
           Tecniche sanitarie (aree: assistenziale e diagnostica)                              67.300                3982
Dietista (area assistenziale)                                                                   3000                  370
Igienista dentale (area assistenziale)                                                          2200                  543
Tecnico ortopedico (area assistenziale)                                                         3000                  143
Tecnico audioprotesista (area assistenziale)                                                    2200                  244
Tecnico fisiopatol. cardiocircolat. e perfusione cardiovasc. (area assistenziale)               3000                  180
Tecnico sanitario di laboratorio biomedico (area diagnostica)                                  30.000                1014
Tecnico di neurofisiopatologia (area diagnostica)                                               1500                  241
Tecnico audiometrista (area diagnostica)                                                        1200                  107
Tecnico sanitario di radiologia medica (area diagnostica)                                      21.200                1140
                                Tecniche della prevenzione                                     38.000                 960
Assistente sanitario                                                                            8000                  198
Tecnico della prev. nell'ambiente e nei luoghi di lavoro                                       30.000                 762
                                                                                    Totale          515.000                  23.157
Fig.3: le 22 professioni sanitarie, n. operatori e posti disponibili a.a. 2004/05 . (Elaborazione da: De
Pietro C., p. 34 ).




          Un tempo, il settore sanitario, si caratterizzava per una forte prevalenza
maschile tra i medici e una forte prevalenza femminile tra il personale infermieristico.
Negli ultimi anni tuttavia si è avuta una decisa femminilizzazione dell'intero pubblico
impiego in generale e del settore sanitario in particolare il quale, dopo il comparto
scuola, è quello che vede occupato il maggior numero di donne (v.figg. 4 e 5).



                                                                                                                             -30-
Fig.4: personale a tempo indeterminato. Valori assoluti e percentuali di presenza femminile nei
comparti di contrattazione. (Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze).




Fig.5: fonte: Min. Salute.




                                                                                           -31-
Fig 6: fonte: Annuario statistico del SSN, anno 2006.




                                                        -32-
CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi


    1) Aspetti storici



1.1) Introduzione
        La L. n. 251/00 avvia definitivamente la divisione delle figure sanitarie del
Comparto in quattro aree professionali: infermieristica e ostetrica (art.1), riabilitativa
(art.2), tecnico-sanitaria (art.3) e, infine, della prevenzione (art.4).
        In particolare, il Tsrm è tra gli operatori delle professioni sanitarie dell'area
tecnico-diagnostica e dell'area tecnico-assistenziale che “svolgono, con autonomia
professionale, le procedure tecniche necessarie all'esecuzione di metodiche diagnostiche e su
materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto
previsto nei regolamenti concernenti l'individuazione delle figure e dei relativi profili
professionali definiti con decreto del Ministro della sanità”.
        Le due aree distinte delle professioni tecnico- sanitarie, previste dalla L. 251/00,
sono così schematizzate:


         Area Tecnico-Diagnostica                          Area Tecnico-Assistenziale
Tecnico audiometrista                             Tecnico Ortopedico
Tec. Sanit. di Laboratorio biomedico              Tecnico Audioprotesista
                                                  Tecnico di Fisopatologia Cardiocircolatoria e
Tecnico Sanitario di Radilogia Medica
                                                  Perfusione Cardiovascolare
Tecnico di Neurofisiopatologia                    Igienista Dentale
                                                  Dietista


        L’attuale collocazione tuttavia non è sempre stata così pacifica. Al contrario: le
origini della professione del Tsrm sono state particolarmente travagliate, per non dire
combattute, allo scopo di riuscire ad inserire questa attività professionale nelle
moderne professioni sanitarie.
        Pur non discutendo in questa sede sul dettato legislativo che le professioni
tecnico-sanitarie, quindi il Tsrm, sono le uniche del comparto che si occupano di
"procedure tecniche", diversamente dalle altre che si occupano di "attività", è tuttavia
                                                                                                  -33-
utile osservare come le due definizioni siano diverse. La prima parrebbe richiamare
compiti predefiniti, ristretti, limitando così la discrezionalità del professionista; la
seconda lascerebbe invece, data la vaghezza del termine, maggior spazio alla
discrezionalità decisionale del professionista stesso.


       La forte spinta, in senso evoluzionista, della società ha condotto a profonde
modifiche in svariati ambiti: economici, sociali e tecnologici. Tale processo non poteva
ignorare anche l’aspetto sanitario, o meglio: la diversa e maggiore percezione dei
cittadini sulle speranze riposte nella moderna medicina, la loro fiducia nelle nuove
tecnologie applicate al settore e, non da ultimo, la consapevolezza dei loro diritti a
tutela della salute.
       E’ evidente che, alla luce di tali premesse, non si potesse prescindere da una
riforma dell’intero settore delle professioni sanitarie in generale tra cui quella
radiologica, la quale, com’è noto, è particolarmente influenzata dai progressi tecnico-
scientifici. Basti come esempio citare i progressi avvenuti sulle apparecchiature quali
ecografi, TC e RMN: la loro capacità di fornire immagini diagnostiche è stata
esponenziale. Si è passati da immagini con scarso potere risolutivo a iconografie, a dir
poco, paragonabili alla realtà anatomica. Questo è dovuto, chiaramente, ai progressi
sia nel campo dei materiali, sia, forse con maggior importanza, nel campo informatico
applicato alle scienze biomediche. Immaginiamo il passaggio dalla radiologia
analogica a quella digitale e la velocità nella ricostruzione delle immagini nella TC e
nella RMN.
       Da questi motivi il passaggio dalla tradizionale definizione di area
“radiologica” ad area di “diagnostica per immagini” in cui la radiazione X non è più
l’unica attrice anche se, è opportuno sottolinearlo, ne rimane ad oggi la protagonista.
       E’ pertanto evidente che la preparazione del Tsrm non poteva rimanere ristretta
a poche nozioni bensì ha dovuto adeguarsi alle nuove istanze, le quali, oltre a
modificare l’area delle competenze professionali di base (conoscenza delle tecnologie
informatiche, elettroniche, biologiche), richiedono ora competenze cosiddette
trasversali ovvero legate alla capacità di adattamento al nuovo processo prestazionale
nell’erogazione del servizio in ambito ospedaliero. Ci si riferisce inevitabilmente alla
capacità di relazionarsi con figure professionali diverse e non più legate

                                                                                     -34-
esclusivamente al medico radiologo. In realtà il Tsrm deve ora offrire la propria
prestazione professionale all’esterno dei Servizi di radiologia ed a contatto con
professionisti diversi: il riferimento è al lavoro nelle sale operatorie, nei centri
cardiologici, nei servizi di fisica sanitaria ecc. (la c.d. attività radiologica complementare).
       Questa visione è coerente con la nuova pratica clinica: un complesso approccio
multidisciplinare, più o meno intenso in funzione dell’obiettivo clinico, coinvolgente
molteplici figure sanitarie tutte indirizzate ad una soluzione comune. E’ sottinteso,
sempre, che nel progredire di questo processo mai dovrà essere dimenticato
l’obiettivo principale: la persona, tanto sotto l’aspetto fisico quanto quello psichico. E’
ormai patrimonio comune la conoscenza di quanto rilevi il dialogo nel trattamento
diagnostico: la parola, il tono, i modi sono le genetiche armi del trattamento
terapeutico. L’affermazione si sostiene da sé semplicemente esemplificando il lavoro
presso i centri di screening, nelle radioterapie, nei Pronto Soccorsi, nei centri
oncologici.

1.2) La nascita dei Tsrm
       Sotto il profilo sociologico i processi di professionalizzazione sono stati
ampiamente studiati e ne sono state elaborate diverse e talvolta contrastanti teorie. Ai
nostri scopi e senza pretesa di esaustività, adottiamo la teoria di Tousijn9 che bene si
colloca nel contesto europeo.
       Secondo Tousijn lo sviluppo professionalizzante si basa su quattro elementi pur
non necessariamente concatenati da un punto di vista temporale o sequenziale:
       1. una base cognitiva, ovvero l’ individuazione di un insieme di conoscenze
              sulla quale nasce e si sviluppa la professione. Questa base cognitiva dovrà
              essere:
                  a. specifica, cioè identificabile con la professione;
                  b. codificata, cioè standardizzabile e quindi trasmissibile ma non
                        completamente per evitare il rischio che possa essere acquisita da
                        esterni;
                  c. dotata di un lessico scientifico non familiare;
                  d. rinnovabile;

       9
           W. Tousijn:: Il sistema delle occupazioni sanitarie. 2000

                                                                                             -35-
e. capace     di    produrre     risultati   misurabili   per    legittimarne
                   l'appropriazione, ma non tanto da poter essere oggetto di giudizio da
                   parte di persone esterne ad essa;
      2. nascita e sviluppo di scuole professionali, allo scopo di produrre e
          trasmettere la propria base cognitiva e con preferenza di scuole interne alle
          Università per il prestigio del gruppo e le possibilità di successo.
      3. Nascita e sviluppo delle associazioni professionali, protagoniste della
          strategia di professionalizzazione e portatrici di istanze nel contesto
          istituzionale, negoziando altresì spazi e confini e gestendo politiche di
          espansione o di difesa. Questo aspetto è particolarmente complesso in Italia.
          La presenza di forme associative riconducibili ad Ordini o Collegi, le
          associazioni scientifiche, le organizzazioni sindacali mono-professionali,
          comportano spesso la nascita di conflitti.
      4. Riconoscimento e protezione da parte dello Stato. Lo Stato riconosce e
          tutela    il   monopolio    dell'esercizio   professionale,   talvolta   entrando
          esplicitamente nel processo di abilitazione con un esame che chiude il
          percorso formativo (esame di Stato).
       Le quattro fasi non sono necessariamente cronologiche, anzi spesso si
sovrappongono e la descritta successione riveste senz'altro interesse in quanto
applicabile alla stragrande maggioranza delle professioni, compresa quella del Tsrm.

1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole

       Il primo periodo va dalle prime applicazioni delle radiazioni alla graduale
trasformazione di queste, a cavallo tra i secoli XIX e XX fino agli anni ‘40, quale
strumento scientifico professionale integrato nel campo della medicina. Nascono le
società scientifiche di radiologia e inizia la presenza, nelle radiodiagnostiche e
radioterapie, di personale assimilabile al tecnico di radiologia.
       La scoperta dei Raggi X (8 novembre 1895), ad opera del professor Wilhelm
Conrad Röntgen (1845-1923) dell'Università di Wurzburg e per la quale nel 1901 gli fu
conferito il premio Nobel per la fisica, diede inizio ad una nuova epoca in campo
medico.



                                                                                       -36-
Già nel 1896, in Germania, in alcuni gabinetti radiologici il medico era
affiancato da personale di supporto perché questa nuova disciplina si basava
sull'utilizzo di macchinari piuttosto complessi. Inizialmente furono gli elettricisti ed i
fotografi ad affiancare i medici nell'eseguire le radiografie e solo successivamente
furono create delle scuole speciali per la formazione e l'addestramento in materia di
radiazioni. Storicamente è in questo periodo che i medici, in generale, pongono le
fondamenta sociali e giuridiche della propria posizione di predominio sulle altre
occupazioni sanitarie.
       Questa nuova tecnologia richiedeva un sistema di sapere che avrebbe condotto
alla istituzionalizzazione della radiologia come branca della medicina a sè stante.
L'immagine radiografica, poco più di un insieme di grigi indefiniti, era inizialmente
monopolio di pochi specialisti portatori di una nuova scienza. Quest'ultima era legata
al progresso nel campo medico-scientifico passando nel tempo dall'interpretazione di
immagini macroscopiche, ormai alla portata di molti, ad immagini sempre più
complesse e dovute: all'introduzione dei mezzi di contrasto, all'accorciamento dei
tempi di esposizione, allo sviluppo di nuove tecniche di studio che consentivano di
isolare singoli segmenti anatomici (ad esempio con la tomografia o stratigrafia). Tale
nuova iconografia non poteva che essere nuovamente dominio di pochi cultori.
       Dopo gli anni ‘20 nascono nuove occupazioni in funzione del processo
produttivo sanitario, la professione medica è gravata da sempre maggiori compiti
lavorativi vecchi e nuovi e pertanto cede o delega parte delle proprie attività alle
nuove figure professionali. La delega tuttavia mantiene il controllo sull'attività, tale
controllo si esercita in modo diretto sull'esecuzione dei compiti sanitari ed in modo
indiretto sotto l'aspetto funzionale, gerarchico, istituzionale e scientifico. Alla figura
dei collaboratori dei radiologi venivano delegate attività preparatorie o ancillari per
consentire al medico di concentrarsi sull'attività di diagnosi e cura. Questi primi
collaboratori sono senz'altro identificabili con i Tsrm.
       A partire da gli anni ‘30, ci si rese conto che non bastava più la pratica
quotidiana per l'esecuzione dei compiti affidati e fu gioco forza passare da una
conoscenza esclusivamente empirica ad una più scientifica.
       Venne pubblicato il primo manuale di tecnica radiologica: "Tecnica
Radiodiagnostica", nella cui prefazione si legge: "il libro è dedicato anzitutto i tecnici

                                                                                      -37-
radiologi, a quella categoria, cioè di modesti e preziosi collaboratori del medico specialista,
dall'abilità dei quali dipende tanta -spesso misconosciuta - parte della fortuna di un istituto di
radiologia".
       Uno dei primi corsi formativi per "Assistenti tecnici di laboratorio radiologico"
nasce nel 1939-1940 a cura della Croce Rossa Italiana presso la Regia Università di
Milano ed è riservato a 20 infermiere della CRI.
       Solo nel 1954 venne attivata, a Roma, una scuola avente finalità ed ordinamento
speciale che assunse la denominazione di Istituto professionale per l'industria e
l'artigianato "E. De Amicis". Nel 1958 prese avvio un corso triennale per "Tecnico di
impianti radiologici". La sperimentazione finì nel 1965.



1.2.2) L'associazionismo professionale

       Verso la metà degli anni '50 la categoria si riunì in un'associazione chiamata
Unione Nazionale Tecnici Radiologi (UNTR) adottando come parole chiave "unione e
professionalità". In quel periodo, è opportuno ricordarlo, iniziò una ricerca
particolarmente faticosa e contrastata da una difficile identità e da un ristretto spazio
occupazionale. Il lavoro nelle strutture sanitarie, ben diverso da oggi, era basato su
motivazioni di tipo missionaristico, ovvero un'assistenza sanitaria dei bisognosi ma
elusiva dei problemi di fondo di un'equa distribuzione e di facile accesso a tutti
sull'uso di beni e servizi. Il periodo era altresì caratterizzato da bassi salari, turni
pesanti, assenza di diritti sindacali e abusi professionali e con una sottomissione totale
e rispettosa dalla scala gerarchica. La tutela sindacale degli operatori farà accesso
dopo più di un ventennio.
       L’UNTR era una associazione apolitica e che propose un programma chiaro e
condiviso con quanto stabilito dalle norme internazionali di radiologia.
       Nel 1960 fu pubblicato dall'Inail il "Manuale del Tecnico di radiologia medica",
curato da personale medico. I contenuti riguardavano nozioni di fisica, elementi di
anatomia, apparecchiature, tecnica radiologica senza e con mezzi di contrasto, nozioni
di tecnica foto-radiografica, terapia fisica, radioprotezione e legislazione. Alcuni
tecnici di radiologia componenti l'associazione, come il collega Velardi Colasanti,
cercavano di sviluppare in questi anni anche la base cognitiva dei tecnici creando una


                                                                                              -38-
casa editrice, la LEVI, che pubblicò i "Quaderni di anatomia e tecnica radiologica" e il
"Manuale pratico di tecnica radiologica".
         I primi anni ‘60 videro l'intera categoria dei tecnici di radiologia rappresentata
da un'organizzazione forte e coesa: l’Associazione Nazionale Tecnici Italiani
Radiologia (ANTIR) che si sostituì alla precedente UNTR nel 1964: un'associazione di
questo tipo non poteva che avere conflitti con gli altri sindacati del settore sanitario.
         Nel 1964 l'Italia recepì le direttive Euratom sull'impiego pacifico dell'energia
nucleare. Sulla spinta dell’ANTIR arrivò la "Regolamentazione giuridica dell'esercizio
dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica" e immediatamente la L. 4 Agosto
1965, n. 1103 che definì le prime regole e modalità di accesso alle scuole. Non più
gestite da enti privati e pubblici ma soltanto da istituti universitari e ospedali pubblici,
previa domanda al Ministero della sanità. L'accesso alla scuola era consentito a coloro
che possedevano il diploma di istruzione secondaria di primo livello (terza media) con
un'età compresa fra i 17 ed i 32 anni. Risultava titolo preferenziale, ai fini
dell’ammissione, il possesso di un altro diploma professionale. La legge definì il
processo evolutivo dei tecnici diplomati prospettando loro il riconoscimento statale e
l'autonomia professionale, questo grazie all'istituzione della Federazione Nazionale
dei Collegi provinciali al fine di garantire maggiore prestigio alla categoria attraverso
il controllo sullo svolgimento dell'attività professionale. S’introdusse la triennalità del
corso.
         L’ANTIR chiese con sollecitudine l'emanazione del regolamento esecutivo della
L. 1103/65 ma che uscì solo tre anni dopo: il DPR 6 marzo 1968, n. 680, in cui si
stabiliva che i docenti dovessero essere scelti nella facoltà di medicina e chirurgia o da
altre facoltà universitarie e tra i medici degli ospedali pubblici. Tuttavia
l'insegnamento poteva essere affidato anche ad altri esperti muniti del diploma di
abilitazione professionale e iscritti negli appositi Albi professionali (art. 7).
         Con il DM 19 aprile 1968 venne approvato il programma di insegnamento delle
scuole per Tecnici di radiologia medica istituite secondo le previsioni della L n.
1103/65. Il programma prevedeva lezioni teoriche, dimostrative ed esercitazioni di
tirocinio.
         L’ANTIR lavorò anche per la creazione di condizioni di sicurezza e di tutela dal
pericolo delle radiazioni nei confronti degli operatori e con il riconoscimento di un

                                                                                        -39-
elevato rischio nell'ambito lavorativo: l'indennità di rischio da radiazioni. Fu
introdotto anche il periodo aggiuntivo di quindici giorni di congedo ordinario.


       Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di Radiologia
Medica mentre l'associazione ANTIR si sciolse nel 1972 a Roma per costituire il
Sindacato Nazionale dei Tecnici di Radiologia Medica ( SNTRM).
       In questi anni vennero istituite presso gli istituti universitari e i pubblici
ospedali alcune scuole per i Tsrm. Il limite di tali corsi formativi fu rappresentato
dall'incapacità di sviluppare la professione in termini di autonomia e specificità
funzionale. Questa situazione venne maggiormente evidenziata attraverso il tirocinio
che insegnava agli allievi quali erano i reali rapporti di potere gerarchico interno
all'ospedale, per cui gli allievi si abituarono inevitabilmente a considerarsi esecutori
manuali delle direttive del medico.
       Sempre negli anni ‘70 la figura del Tsrm si uniformò agli standard europei
nell'impiego delle apparecchiature più evolute, ciò grazie anche all'avvento di nuove
metodiche di immagine derivate dall'evoluzione tecnologico-informatica come la TAC
(ora: TC) e la RMN. La prima scoperta nel 1972 dal fisico A.M. Cormak e da G.N.
Hounsfield, ingegnere capo dei laboratori scientifici della casa discografica inglese
EMI, valse ad entrambi il premio Nobel per la medicina nel 1979. La seconda, scoperta
come fenomeno nel lontano 1946 da Bloch e Purcell e anche questi premiati nel 1952
con il premio Nobel per la fisica, fu introdotta in ambito radiologico nel 1973 quando
Lauterbur dimostrò la possibilità di ottenere informazioni spaziali correlati al segnale
di risonanza magnetica.



1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?

       All'inizio del 1980, con la L. 31 gennaio 1983 n. 25: modifiche ed integrazioni della
legge 4 agosto 1965, n. 1103 (...) sulla regolamentazione giuridica dell'esercizio dell'attività di
tecnico sanitario di radiologia medica, si incise profondamente sul profilo formativo. La
legge stabilì definitivamente che l'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica, di cui
alla L. n. 1103/65 è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di radiologia
medica (art. 1).


                                                                                               -40-
L'accesso alla scuola prevedeva il diploma di scuola secondaria superiore e
inseriva un Tsrm, nominato dal Collegio, nelle commissioni di esame allo scopo di
dichiararne l'abilitazione professionale. Veniva inoltre definita maggiormente l'attività
operativa, tanto sotto l'aspetto delle funzioni professionali (nella quale rientra tutto il
campo della radiologia medica e della radioprotezione), quanto sotto l'aspetto
dell'autonomia di servizio e la connessa responsabilità specifica tecnico-professionale
degli atti a loro attribuiti. Introdusse il reato di esercizio abusivo della professione,
secondo quanto sancito dall'articolo 348 del codice penale, consentendo inoltre al
magistrato il potere di ordinare la chiusura temporanea del servizio radiologico nel
quale sia stata esercitata l’attività abusiva.
       La legge modificò i compiti del Tsrm andando a sostituire le precedenti
disposizioni (previste dal DPR n. 680/68) con un ampliamento delle competenze e con
una maggior autonomia rispetto al passato.
       Per quanto attiene le scuole vi fu una cambiamento del programma didattico
pur conservando i tre anni della durata del corso. La direzione delle scuole rimaneva
affidata al direttore dell'istituto radiologico universitario o al primario radiologo
dell'ospedale in cui aveva sede il corso. Unica nota di rilievo fu la possibilità di
affidamento dell'insegnamento professionalizzante e di docenza ad un Tsrm. Le
scuole erano ciò nondimeno ancora prive di un raccordo nazionale sul piano didattico.
       Naturalmente l'introduzione della L. n. 25/83 ebbe forti conseguenze anche nei
posti di lavoro, in particolare tra i medici radiologi ed i tecnici in quanto, secondo la
citata normativa, il Tsrm poteva esercitare il proprio lavoro anche senza la presenza
del medico specialista.
       "Tale situazione, evidenziata anche dalla carenza di medici radiologi faceva sì che le
radiologia nei turni pomeridiani e di notte erano, spesso, presieduti da soli tecnici che dovevano
rispondere tecnicamente ai quesiti dei medici di pronto soccorso che grazie alle innovazioni
tecnologiche, alla maggior automazione dei macchinari e alla forte espansione della TC,
chiedevano l'aumento di prestazioni radiologiche spesso finalizzate procedure medico legali"10.
In sostanza anche un servizio di radiologia o, più in generale, in un dipartimento di
diagnostica per immagini, l’attività organizzata soggiace alla regola generale secondo



       10
            F.Ascolese, P. Binetti, B.B.Zobel: Dal Core competence al core curriculum. 2008.

                                                                                               -41-
la quale, nei rapporti tra professioni diverse,            le “logiche non sono soltanto quelle
organizzative ma sono logiche professionali"11 spesso confliggenti ta loro.
       Conseguentemente alla direttiva delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988
che sanciva il diritto a una libera circolazione negli stati membri anche dei
professionisti Tsrm, negli anni ’90 e con una serie di provvedimenti legislativi e
amministrativi, fu innovato il sistema universitario formativo della professione
sanitaria in Italia.
       Nel 1994 il Ministro della Sanità (DM 26 settembre 1994 n. 746) regolamentò il
profilo professionale dei Tsrm congiuntamente a tutte le altre 21 professioni sanitarie.
Il citato decreto prevedeva l'individuazione della figura del tecnico sanitario di
radiologia medica con il seguente profilo: "il tecnico sanitario di radiologia è
l'operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e
dell'iscrizione all'Albo professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è
autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1).
       Sinteticamente, nel menzionato Decreto, il profilo professionale veniva
ulteriormente precisato, compatibilmente a quanto precedentemente previsto dalla L.
n. 25/83, secondo quanto segue.
       Il tecnico sanitario di radiologia medica:
-   partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro;
-   programma e gestisce l'erogazione di prestazioni di sua competenza in
    collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, nucleare, radioterapista e
    fisico sanitario;
-   svolge la propria attività e strutture pubbliche, private, in rapporto di dipendenza
    o libero-professionale;
-   verifica e controlla la qualità;
-   contribuisce         alla      formazione   del   personale   di   supporto   e   concorre
    all'aggiornamento del proprio profilo professionale ed alla ricerca.


       Il riordino della disciplina in campo sanitario avvenuta nel 1992 (D.Lgs. n.
502/92) introdusse nuove modalità per la formazione del personale, delegando
all'università il compito unico della formazione delle professioni sanitarie.

       11
            W. Tousijn: op. cit.

                                                                                           -42-
Nello stesso periodo la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali dei
Tsrm pubblicò il Codice Deontologico definendo anche le caratteristiche etiche
specifiche della professione.
       Nell'anno accademico 1996-1997 avviene il passaggio della formazione dalle
scuole regionali all'università (secondo le previsioni del D.Lgs. 502/92) introducendo
così la formazione per mezzo dei corsi di Diploma Universitario e sancendo quindi la
fine del modello di scuola ospedaliera a favore di una formazione più consona alle
professioni in ambito sanitario.
       L'ultimo periodo decisivo per i professionisti del comparto fu introdotto dalla
L. 26 febbraio 1999, n. 42: disposizioni in materia di professioni sanitarie. Si stabiliva
l'equipollenza ai titoli universitari dei precedenti titoli abilitanti la professione, veniva
altresì abrogato anche per tutte le altre professioni sanitarie il vincolo del mansionario,
ovvero una mera della elencazione dei compiti da svolgere, a favore di una norma
aperta in cui si prevede che "il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni
sanitarie (...), è determinato dei contenuti dei decreti ministeriali istituti dei relativi profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di
formazione post-base nonché dagli specifici Codici deontologici, fatte salve le competenze
previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario (...)" (art. 1). Va
tuttavia sottolineata la circostanza che il nostro Decreto fa comunque salva,
richiamandola, la L. n. 25/83 . Senz’altro la L. n. 42/99 consente l’ampliamento della
professione grazie alla possibilità di interventi futuri nel settore formativo. È inoltre
evidente, grazie al richiamo operato dalla legge, il nuovo ruolo assunto dal Codice
Deontologico.
       Infine, come menzionato, la riforma dei corsi di laurea su due cicli (triennale e
biennale) operato dal Decreto Ministeriale n. 509/99 conduce alla trasformazione del
Diploma Universitario a corsi di primo livello (laurea). Proprio nell’esame finale è
prevista la presenza di due membri del Collegio Professionale allo scopo di attribuire
valore di esame di Stato abilitante all’esercizio professionale (Decreto interministeriale
2 aprile 2001, art. 6) .
       E’ opportuno precisare che un riconoscimento da parte dello Stato era già
previsto dalla L. n. 1103/65 (art. 12) in cui si prevedeva che "l'effettivo esercizio
dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è subordinato all'iscrizione

                                                                                                 -43-
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  • 2. CAPITOLO I: Le professioni sanitarie.................................................................................4 1)IL CONTESTO SANITARIO: CENNI...........................................................................4 1.1) L’erogazione del servizio.......................................................................4 1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo...................................7 1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro.........11 2)LE PROFESSIONI SANITARIE: ASPETTI GENERALI....................................................15 2.1) Il profilo storico...................................................................................18 2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie....................................21 2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione...........................24 2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza.......................25 2.2.3) Classificazione secondo le categorie.............................................26 2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale...........................29 2.3) L’aspetto dimensionale .......................................................................29 CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi.............................................................33 1)ASPETTI STORICI..............................................................................................33 1.1) Introduzione.........................................................................................33 1.2) La nascita dei Tsrm..............................................................................35 1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole 36 1.2.2) L'associazionismo professionale...................................................38 1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?........................40 2)LA LEGISLAZIONE INERENTE LA PROFESSIONE TSRM.............................................44 2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103........................................................44 2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680...............................................................46 2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25.......................................................48 2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746..........................................................51 2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42........................................................54 2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1 Febbraio 2006, n. 4357 2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000...........................................................................58 Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze.........................................................................62 1)FONTI DEL PROFILO PROFESSIONALE...................................................................62 1.1) Il rinvio al profilo professionale..........................................................63 1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94..................................................64 1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione post-base .......66 -2-
  • 3. 1.3) Il rinvio al codice deontologico ..........................................................66 1.4) Il limite dell'atto medico .....................................................................68 1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni cd."laureate"...........69 2)COMPETENZE NEI PRINCIPALI AMBITI OPERATIVI .................................................69 2.1) La responsabilità in ambito professionale............................................71 2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio................................71 2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe........................73 2.1.3) Il Consenso informato...................................................................76 Capitolo IV: Collegi Professionali e Federazione Nazionale dei Collegi ...................80 4.1) Introduzione.........................................................................................80 4.2) I Collegi professionali..........................................................................81 4.3) l potere disciplinare..............................................................................83 Allegati normativi...................................................................................................................88 LEGGE N. 4 AGOSTO 1965, N.1103.................................................................89 LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25 ..............................................................94 DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, N. 746 ...............................................100 LEGGE 26 FEBBRAIO 1999, N. 42...................................................................102 LEGGE 10 AGOSTO 2000, N. 251 ......................................................................105 LEGGE 1 FEBBRAIO 2006, N. 43.........................................................................108 Bibliografia.............................................................................................................................114 -3-
  • 4. CAPITOLO I: Le professioni sanitarie 1) Il contesto sanitario: cenni 1.1) L’erogazione del servizio Com'è noto esistono differenze tra aziende e/o imprese che erogano beni materiali e quelle che erogano servizi, questa differenza, inevitabilmente, si riflette sull'aspetto organizzativo. E’ stato definito1, in termini sintetici, servizio il rapporto tra erogatore e cliente attraverso il quale il primo fornisce una prestazione al secondo. È possibile tuttavia cercare di differenziare bene e servizio, per quanto riguarda l'ambito sanitario, secondo gli esempi seguenti. Intangibilità: è la prima differenza di rilievo tra un bene -oggetto materiale- e il servizio -immateriale- o meglio: a scarsa percettibilità fisica. Pensiamo alla diagnosi medica oppure ad una seduta di trattamento fisioterapico. È pur vero che vi sono interventi sanitari i cui effetti sono ben percepibili: un trattamento chirurgico, una terapia antalgica, l'esecuzione di un esame radiografico. Tuttavia, la prestazione, non genera un oggetto, inteso in senso stretto, ma un prodotto finale, inteso in senso ampio, utile per l'utente e che, sul mercato, trova valore spendibile. Assenza di magazzino: i servizi, diversamente dai beni, vengono consumati nel momento stesso che vengono prodotti, non sono immagazzinabili, non sono trasportabili e non è facile esibirli. Sotto l'aspetto organizzativo questa particolarità non è di poco conto. Poiché le aziende devono ottimizzare l'incontro fra la domanda e offerta della prestazione, in caso di elevata domanda e bassa offerta di servizi (ad esempio la scarsità di posti letto in un reparto chirurgico, liste di attesa per un accertamento diagnostico, ecc.) la clientela non sarà soddisfatta. Il caso opposto: elevata offerta e scarsa domanda vi sarà uno spreco di risorse e di capacità produttiva. Risoluzione dei problemi: le aziende di servizi sono aziende problem-solving, orientate ai bisogni della clientela ed alla capacità di rispondere alle aspettative, 1 C.Calamandrei, C. Orlandi:: La dirigenza infermieristica. 2002. -4-
  • 5. assicurando una qualità, percepita o effettivamente erogata, il più possibile vicina a quella attesa. Compresenza di contenuti tecnico-specialistici e relazionali: talvolta prevale il contenuto tecnico del servizio, con un ruolo limitato dal cliente nell'espressione dei propri bisogni come può essere un prelievo ematico. In questa situazione, in linea di massima, il cliente chiede solo la correttezza dell’esecuzione in breve tempo. In altri casi prevale il contenuto relazionale, ad esempio nella raccolta dei dati anamnestici o negli interventi di educazione alla salute. Interattività del processo di produzione-erogazione: in ambito sanitario la partecipazione del paziente, misurata come quantità di tempo trascorso all'interno dell’azienda erogatrice rispetto al tempo totale richiesto per l'erogazione del servizio, è spesso molto elevata. Il servizio quindi diviene un momento sociale il cui fulcro è quello della relazione. La qualità dell’erogato pertanto dipende anche dal personale che interagisce con il paziente, dalle sue specifiche competenze e capacità relazionali. In questo settore è possibile rilevare notevoli differenze tra le capacità richieste alle varie figure professionali. Pensiamo alle relazioni che può avere un infermiere in un reparto, un tecnico di radiologia in un servizio di diagnostica per immagini, un fisioterapista o un tecnico di laboratorio: situazioni profondamente diverse che richiedono abilità di diversa intensità. Le aziende dei servizi pertanto, prendendosi cura dei clienti, tendono ad avere una filosofia orientata proprio alla "persona"; non a caso il codice deontologico dei Tsrm incentra l'attenzione proprio su essa. Centralità della risorsa umana: pertanto, connesso al punto precedente, non può che essere la gestione delle risorse umane come perno attorno al quale ruota un moderno modello organizzativo. Modello che dia rilievo anche allo sviluppo professionale e alla comunicazione interna l'ambiente di lavoro. Com’è ovvio l'affermazione non intende affatto sminuire il ruolo degli altri fattori produttivi, quali le risorse tecnologiche ed economiche, intende soltanto sottolineare quanto la risorsa umana sia un valore aggiunto dell'azienda. Scarsa standardizzazione: i servizi, generalmente, sono scarsamente standardizzabili. Quelli sanitari in particolare presentano difficoltà ulteriori e, apparentemente, la mancanza di uniformità va a discapito dell'efficienza. Inoltre l’interazione fra operatori e clienti è intensa, di conseguenza il processo relazionale -5-
  • 6. intacca inevitabilmente il processo produttivo nella sua fluidità e tempistica. Il bisogno centrale, quello per cui il cliente si rivolge all'azienda erogatrice, è diverso per ogni utente (necessità di diagnosi, necessità di terapie, necessità di informazioni ecc.); oltre al bisogno centrale, sono presenti altri bisogni collaterali dovuti alle caratteristiche intrinseche del cliente: biologiche, psichiche e sociali, anagrafiche, sessuali, il modo con cui affronta la malattia, in grado d'istruzione e così via. Compito dell'azienda, tramite le proprie risorse umane, è riuscire a combinare opportunamente e singolarmente la standardizzazione con la personalizzazione (umanizzazione) del processo produttivo. Quantificazione: le aziende che erogano servizi, diversamente da quelle che erogano beni materiali, misurano con maggiore difficoltà quanto hanno oggettivamente prodotto. La misurazione deve tener conto di due elementi nodali: l’aspetto quantitativo e quello qualitativo. Mentre il primo può essere caratterizzato sotto un aspetto prevalentemente oggettivo (n. di ricoveri, pazienti visitati, esami eseguiti), il secondo, per sua natura, è di connotato da una intensa soggettività. Anche il cliente, da parte sua, esprime valutazioni che sono prevalentemente di tipo soggettivo. Può essere contento del servizio, perché dal punto di vista relazionale è stato soddisfatto, pur non essendo a conoscenza che il bisogno preminente che lo ha spinto a rivolgersi a quell’azienda, ad esempio un esame radiografico, non è stato fornito con sufficiente cura: può accadere che le immagini consegnate appartengono ad un altro paziente, o il referto non sia esatto. In caso di ricovero la terapia somministrata potrebbe non essere stata quella corretta. Tutte ipotesi tutt’altro che remote. Naturalmente vale anche il discorso opposto: scarsa soddisfazione dal punto di vista relazionale, pur con un accertamento diagnostico esatto. Sotto l'aspetto organizzativo quindi rimane la difficoltà, oggettiva, di migliorare i processi in essere. Carattere pubblicistico: la maggior parte dei servizi sanitari sono erogati da strutture pubbliche. In questo settore rimane particolarmente arduo sostenere una scelta di tipo aziendalistico in senso stretto. Senza entrare nel merito, non appartenendo ai nostri fini la discussione sul tema, la soddisfazione del bisogno di salute, bisogno costituzionalmente tutelato, difficilmente può essere soddisfatto in senso ampio con una visione esclusivamente economico-mercatoria dell'organizzazione. È evidente che una visione, strettamente intesa, di tipo -6-
  • 7. aziendalista: far fruttare il capitale investito, male si concilia con un'attività finalizzata all'incertezza del risultato e, soprattutto, sull'investimento di risorse umane e materiali nei confronti di alcune tipologie di pazienti. Nondimeno, sotto un altro aspetto, l'eccessiva burocratizzazione dei servizi pubblici ha condotto talvolta ad una percezione negativa del servizio erogato. Anche in questa tipologia di mercato comunque vale la regola della concorrenzialità tra le aziende, siano esse pubbliche o private. E’ tuttavia necessaria una precisazione: trattasi di un mercato “anomalo” rispetto al normale incontro tra domanda ed offerta. Anomalo perché alcune concorrenti, le aziende pubbliche, godono di tutele pubblicistiche, mentre altre sono sottoposte alle regole ordinarie del mercato (il c.d. rischio d’impresa). Per contro le prime sono maggiormente vincolate nelle scelte, le seconde godono di maggior libertà d’azione nelle proprie strategie al fine di adattare la propria offerta in funzione della domanda di servizi. 1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo Le moderne necessità organizzative richiedono che anche la produzione dei servizi sia una produzione per processi. Per processo si intende un insieme di attività interdipendenti e cronologicamente correlate finalizzate ad un prodotto/servizio finale. Scopo del processo è la trasformazione di entità, o fattori, in ingresso (input) in entità, o fattori, in uscita (output). Questa definizione calza per qualunque tipologia di attività, dall'approvvigionamento dei magazzini, siano essi del servizio radiologico o della cucina, alla produzione di immagini diagnostiche; fino dall'accettazione, ricovero, dimissione del paziente. L'unità di misura del processo è l'efficacia sia gestionale: rapporto percentuale tra obiettivo raggiunto e quello prefissato; sia sociale: grado di soddisfazione del cliente, richiama la qualità. Un secondo fattore nodale nell'organizzazione è il c.d. personale di contatto, ovvero tutti i dipendenti dell'azienda con una relazione diretta con la clientela. Personale inteso in ampio senso: portinai, centralinisti, professionisti sanitari, impiegati del front-office, ecc. Com'è naturale questo personale rappresenta la -7-
  • 8. combinazione di interessi che possono anche divergere: quelli dell'azienda e quelli del cliente. Per quanto riguarda l’interesse aziendale, il dipendente, ha il compito di attenersi alle regole e alle procedure stabilite per tutelare il corretto funzionamento dei servizi nei confronti dell'utenza in generale. Talvolta deve altresì adoperarsi per risolvere problemi, ad esempio burocratici, non di sua stretta competenza ma dalla soluzione dei quali dipende l'erogazione del servizio e la garanzia della correttezza formale nell'ambito organizzativo. Riguardo invece gli interessi del cliente, in modo esemplificativo, tendono spesso ad esigere il miglior servizio al minor costo e, ovviamente, nel minor tempo. A questo va aggiunta una visione centralistica dei propri interessi. In questo conflitto, talvolta meno latente di quanto dovrebbe, si colloca il personale che è chiamato a contemperare le opposte esigenze. È evidente pertanto che i compiti del personale sono: a) di tipo operativo: nell'esecuzione della prestazione tecnico-specialistica. In questo ambito compete al professionista, nell’attività che deve svolgere, acclarare se eventuali incidenti (ad es. una caduta del paziente) o eventi- sentinella (attese troppo lunghe, procedure effettuate in scarsa sicurezza ecc.) siano o meno diagnostici di una lacuna organizzativa e quindi provvedere segnalando ed eventualmente proponendo una soluzione al soggetto competente nel merito; b) di tipo relazionale: l'obiettivo, in questo caso, è la creazione di un clima il più possibile rassicurante e gradevole. È fondamentale quindi riuscire ad esprimere una sensazione di cortesia e professionalità. L'aspetto comunicativo, spesso sottovalutato, è in realtà di estrema importanza. Quando un professionista interagisce con il cliente, questi può vederlo sotto diversi aspetti: un professionista in quanto tale, un rappresentante dell'azienda, una persona in senso stretto. La prevalenza di uno o di un altro di questi aspetti è difficilmente prevedibile. Per tale motivo l'approccio professionale, spesso necessariamente legato a un linguaggio tecnico- scientifico per molti incomprensibile o per noi ripetitivo (ad es. spiegare ogni volta come viene eseguito un particolare esame), deve essere visto non solo sotto l'aspetto tecnico bensì anche e soprattutto sotto l'aspetto umano. E’ necessario riuscire ad interpretare le aspettative del cliente e la sua capacità ricettiva in quel particolare momento, momento in cui questa capacità può essere offuscata dallo stato emozionale. -8-
  • 9. Un terzo elemento di cui necessita l'organizzazione è il cosiddetto supporto fisico, ovvero la base utilizzata tanto dagli operatori quanto dai clienti nel corso del processo produttivo. Questo supporto comprende principalmente due elementi: a) gli strumenti, quali mobili, oggetti e le apparecchiature messe a disposizione e b) l'ambiente, in senso tangibile, all’interno del quale il servizio viene erogato: i muri, le sale di attesa, gli spazi disponibili ecc. Questi due elementi, componenti il supporto fisico, sono un veicolo di comunicazione: dal lato del cliente è la vetrina, dal lato dell'operatore il suo ufficio. L'importanza del supporto fisico si fonda sul raggiungimento di due obiettivi: un obiettivo ambientale e un obiettivo funzionale. Con riferimento al primo basti esemplificare che, pur nella serietà che un'azienda sanitaria deve manifestare, ogni ambiente dovrebbe essere funzionale alla tipologia di clientela. Ipotizziamo ad esempio come potrebbe differenziarsi l'aspetto tra un reparto pediatrico e uno geriatrico. Oppure anche le necessità che hanno certi ambienti per tutelare la riservatezza ed il pudore delle persone, in particolare dei servizi diagnostici e negli ambulatori. L'obiettivo funzionale invece è finalizzato a facilitare il più possibile la realizzazione del servizio, ad esempio contenendo tutto ciò che serve, disponendo il materiale nel modo più semplice e razionale possibile e, soprattutto, conosciuto da tutti gli operatori. Di particolare rilievo è il costante monitoraggio delle scorte di magazzino. L'ultimo elemento imprescindibile sotto l'aspetto organizzativo è, ovviamente, il cliente. Oltre al suo rilievo secondo quanto sopra descritto, esso assume ulteriore importanza nella partecipazione attiva al processo produttivo. Più o meno consapevolmente egli ci fornisce delle utilissime indicazioni su come migliorare il servizio. Anzi, è possibile sostenere che anch'egli è parte integrante l'azienda. La capacità di ascoltarlo è un valido strumento per introdurre eventuali correttivi nella prestazione: sono le sue osservazioni, i cosiddetti messaggi di ritorno (feedback), che possono orientare le nostre scelte. Se pensiamo ai pazienti ricoverati, spesso le loro richieste orientano le scelte, o almeno parte di esse, in materia di farmaci, di prestazioni assistenziali, indagini diagnostiche, consulenze, questionari di gradimento; come pure i colloqui diretti, le lettere di lamentela e altro ancora. È opportuno precisare che i clienti dei servizi sanitari sono: il diretto beneficiario; i familiari intesi in senso ampio, cioè quelle persone significative per il paziente; i -9-
  • 10. medici di base che inviano i pazienti al presidio; gli acquirenti del servizio, per esempio un'azienda sanitaria locale che acquista le prestazioni dall'azienda ospedaliera. A questi vanno aggiunti altri portatori di interesse (stakeholders) che rivestono importanza del nostro ordinamento sanitario: le associazioni di volontariato e le associazioni dei consumatori, a cui espresse disposizioni di legge attribuiscono particolari poteri e diritti. Accanto alle differenze tra beni materiali e servizi brevemente accennate, va aggiunto che rispetto al normale sistema socio-economico, quello sanitario certamente presenta un'ulteriore peculiarità: l'elevato numero di professioni che vi operano ed il conseguente sistema organizzativo integrato. I settori di contrattazione collettiva del SSN sono tre (in realtà il SSN non è l'unico ad essere così strutturato, anche gli Enti Locali presentano tre spazi di contrattazione, tuttavia non mostra la stessa varietà di ruoli): il comparto che raggruppa tutto personale non appartenente alle aree dirigenziali e due aree: l'area dirigenziale amministrativa, sanitaria, tecnica e professionale; l'area dirigenziale medica. A fronte di questo dato macro ulteriore spunto di riflessione riguarda, con visione verso la complessità organizzativa, le specifiche e variegate conoscenze professionali di ogni figura e le relazioni intercorrenti tra loro ai fini del processo produttivo. L'organizzazione dipartimentale2 ha imposto un modello organizzativo non più basato su specifiche settorialità disciplinari (le ex divisioni), bensì, lo si ripete, su una concatenazione di attività specialistiche differenziate ma obbligatoriamente connesse tra loro, sia in termini cronologici che prestazionali: il processo appunto. Orbene, la peculiarità degli operatori dedicati alla prestazione, vista sempre con il centro di gravità incardinato sulla persona del paziente, li obbliga a stabilire una complessa rete comunicativa che necessariamente tenga conto delle diverse competenze e non solo con riferimento a quelle tecnico-professionali, ma anche linguistiche, spesso trascurate, dando per scontato l'universalità del linguaggio sia interno (tra operatori) che esterno (operatori-pazienti). Per esemplificare brevemente 2 L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie (...). La regione disciplina la composizione e le funzioni del comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso all'individuazione dei direttori di dipartimento ( art. 17-bis , DLgs n. 229/90). -10-
  • 11. proviamo a immaginare l'uso, talvolta abuso, degli acronimi nelle cartelle cliniche, nell'analisi, nelle richieste d'esame. Apparentemente irrilevanti, rivelano tutta la loro importanza quando, al semplice scopo di interpretarli, vengono spesi tempo e risorse. È pertanto chiaro, ad esempio, che una moderna organizzazione fondata sul dipartimento non possa prescindere da un'attività periodica fondata anche su un percorso formativo finalizzato a migliorare i processi comunicativi. 1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro La violenza nei posti di lavoro è purtroppo un fenomeno in espansione anche in Italia, all’interno della quale però mancano, ad oggi, appositi studi. La gravità del problema sta tuttavia catturando l'attenzione degli esperti. L'assenza di analisi nazionali conduce alla necessità di affidarsi a studi internazionali quali quelli condotti dal NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health), dall'ILO (International Labour Office) e lo European Agency for Safety and Health at Work. Secondo il NIOSH, per violenza sul posto di lavoro si intende: ogni atto violento, inclusa l'aggressione e la minaccia di aggressione, diretta verso una persona nel posto di lavoro. Per minaccia si intende invece ogni manifestazione di intento di ferire, inclusa quella verbale, con il linguaggio del corpo o scritta. Gli studi europei includono inoltre i fenomeni del bullismo e della discriminazione (sessuale, per orientamento sessuale, età, razza, religione). Nel nostro Paese il fenomeno è ancora scarsamente incidente tuttavia, vista la tendenza all'aumento, il Ministero della Salute, proprio per fronteggiare e soprattutto prevenire il fenomeno, ha prodotto un atto destinato alle aziende che operano nel settore sanitario (Raccomandazione n. 8 del Novembre 2007). L'Italia, insieme ad altri paesi del bacino del Mediterraneo (Spagna, Malta, Cipro, compreso il Portogallo) rivela come il fenomeno sia relativamente marginale nell'ambito dell'Unione europea (3-4% in tutti i settori lavorativi) pur con una tendenza alla crescita. I paesi nord europei si attestano invece su percentuali ben più significative (> 10%) nel Regno unito, Irlanda, Danimarca, Olanda, Finlandia. -11-
  • 12. Fonte: Fourth European Survey on Working Condition Come risulta dalla tabella, è il settore sanitario quello maggiormente colpito dal problema (15,2%). Le cause dell’indesiderato primato sono da considerare affatto intrinseche al contesto lavorativo: l’operatore sanitario e non sanitario (addetto al front-office) si relaziona quotidianamente con un'utenza portatrice di disagio e stress (relazione esterna). La malattia e il dolore generano rabbia, impotenza e frustrazione e rendono quindi le relazioni tra utenti ed operatori tese e conflittuali con tasso di emotività particolarmente elevato. A questo va aggiunto che un'ulteriore fonte di rischio, per il lavoratore sanitario, è rappresentata dagli alti livelli di stress dovuti all'eccessiva pressione temporale ed al sovraccarico lavorativo i quali, oltre a minare le relazioni esterne, tendono ad inquinare anche quelle tra gli operatori (relazioni interne). Anche nel -12-
  • 13. campo delle relazioni conflittuali interne è il settore sanitario ad essere al primo posto (5%). I luoghi nei quali si manifesta maggiormente il fenomeno sono: servizi di Pronto Soccorso, strutture psichiatriche, luoghi di attesa, servizi di geriatria, servizi di continuità assistenziale. Partecipano all'incremento degli atti di violenza alcuni elementi sociali e/o strutturali: l'aumento dei pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici; diffusione dell'abuso di alcol e droga; l'accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali; lunghe attese nelle zone di emergenza e sale di attesa che generano, nei pazienti e accompagnatori, frustrazione per l'impossibilità ad una pronta prestazione; ridotto numero di personale (trasporto pazienti, visite, cambio turno, esami diagnostici); mancanza di formazione del personale sull'individuazione preventiva di comportamenti ostili o aggressivi; scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle strutture. È utile cercare di comprendere quali i meccanismi che portano alla comunicazione violenta, sia negli ambienti di lavoro sia extra-lavorativi. Gli atti di violenza, nella maggioranza dei casi, sono il risultato di un processo comunicativo e interattivo tra due o più persone e sono l'estrema conseguenza di una gestione distruttiva delle divergenze nelle relazioni interpersonali. La violenza rappresenta pertanto il risultato della gestione relazionale (ovviamente fallimentare) tra due persone. Gli studiosi identificano nel "modello di comportamento maggiore-minore" (modello M/m) il meccanismo responsabile della degenerazione violenta dei conflitti tra persone o gruppi. Secondo questo modello interattivo ciascuna delle parti, di fronte a un conflitto o ad una differenza di punti di vista, cerca di imporre le sue ragioni, presentandole come "migliori" rispetto a quelle della controparte. Ognuno pertanto cerca di raggiungere una posizione di superiorità (M) e mettere l'altro in posizione di inferiorità (m). Il meccanismo si sostanzia, da entrambe le parti, per mezzo di parole, comportamenti, atteggiamenti non verbali portando infine all'estremizzazione delle posizioni (c.d. muro contro muro) e all'escalation attorno alla spirale della violenza che ne rappresenta il culmine. Naturalmente è escluso da questo -13-
  • 14. modello di comportamento di una persona che agisce violentemente senza interazione con l'altra (ad esempio che scopo di rapina, malati psichiatrici, tossicodipendenti). L'aggressività attraverso parole e atteggiamenti è una delle caratteristiche principali delle comunicazioni inadeguate e "inefficaci", cioè incapaci di sortire l'effetto sperato. L'inefficacia di un atto comunicativo è altresì legata sia al contenuto quanto, forse soprattutto, alla forma. Proviamo con un esempio a chiarire quanto detto. Supponiamo che l'utente Tizio si rivolga al personale, in modo brusco, esclamando "sono due ore che aspetto!". L'operatore Caio potrebbe rispondere in due modi: professionalmente "ci scusi, però come vede siamo impegnati con delle urgenze"; oppure istintivamente "come vede non ci stiamo divertendo". È presumibile immaginare che Tizio, irritato per l'attesa, possa non proseguire con la comunicazione conflittuale nel caso della prima risposta. Avendo infatti ricevuto comunque attenzione verso la propria persona, con una giustificazione oggettiva, l'effetto è quasi certamente quello del raffreddamento del conflitto. Viceversa con la seconda risposta, con buona probabilità, lo si condurrebbe verso la via dell'escalation verbale. L'operatore sanitario professionalmente abile emerge talvolta per questo: nella sua capacità di controllo emozionale anche nei momenti di maggiore tensione lavorativa e relazionale. Per le ragioni esposte diventa indispensabile, per chi si rapporta con l'utenza, conoscere le regole che governano la comunicazione umana al fine di scongiurare il rischio di contribuire, seppur inconsapevolmente, all'esasperazione dei conflitti e divergenze. Sapere in sostanza come inviare i propri messaggi, o come replicare a messaggi altrui, in una forma tale da non rinunciare al proprio punto di vista ma senza sconfessare o schiacciare il vissuto dall'altro. In pratica è fondamentale -14-
  • 15. apprendere quelle abilità verbali, non verbali e cognitive che caratterizzano la comunicazione assertiva; questo diventa, viste le premesse, nodale nel personale che lavora a contatto con pubblico e, soprattutto, nel settore sanitario. La Raccomandazione del Ministero della salute interviene quindi spingendo le aziende sanitarie verso un programma di prevenzione della violenza finalizzata a diffondere una politica di tolleranza "zero" nei confronti degli atti di violenza fisica o verbale e fare in modo che operatori e visitatori siano a conoscenza di tale politica. Le aziende dovranno altresì incoraggiare il personale a segnalare gli episodi subiti e suggerire eventuali misure correttive. Assegnare a personale idoneo la conduzione del programma con un gruppo di lavoro che possa analizzare le varie situazioni lavorative onde individuare i fattori di rischio e esistenti o potenziali. Sarà altresì necessario avviare programmi di riadattamento strutturale per installare tutti i mezzi di sicurezza opportuni, dalle telecamere a circuito chiuso, all’idonea illuminazione dei locali. Importante, dagli studi emersi, è il miglioramento dell’aspetto architettonico nelle zone d’attesa sia nell’aspetto dimensionale quanto estetico. Il fattore preventivo di assoluto rilievo rimane tuttavia uno: la formazione del personale nell’individuazione di situazioni potenzialmente a rischio e la connessa capacità relazionale con l’utenza. 2) Le professioni sanitarie: aspetti generali E’ condivisibile la definizione adottata da Ministero della salute sulle professioni sanitarie: "quelle che lo Stato italiano riconosce e che, in forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione". Ancora: "alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e Collegi, con sede in ciascuna delle province del territorio nazionale. Esistono attualmente: Ordini provinciali dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Ordini provinciali dei veterinari, Ordini provinciali dei farmacisti, Collegi provinciali delle ostetriche, Collegi provinciali dei gli infermieri professionali (Ipasvi) e Collegi provinciali dei tecnici sanitari di radiologia medica (Tsrm). In merito ai provvedimenti di tali enti in materia -15-
  • 16. disciplinare, di tenuta degli Albi professionali e di elezioni degli organi direttivi, si può presentare ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS)”. In questa sede ci occuperemo delle professioni sanitarie cosiddette "non mediche", ovvero quelle che appartengono, secondo il linguaggio adottato nell'attività di contrattazione del pubblico impiego, al cosiddetto comparto. Generalmente il termine professione indica un'attività per l’esercizio della quale sono richiesti, oltre a specifiche conoscenze e capacità, anche determinati requisiti oggettivi: un titolo di studio particolare, lo svolgimento di un tirocinio, il superamento di un esame che dimostri le competenze acquisite ed infine l’iscrizione ad un apposito Albo professionale. L'attività del Tsrm pertanto rientra nelle cosiddette "professione regolamentate", ovvero quelle professioni che presentano i requisiti menzionati. Il D.Lgs. n. 206/2007, (art. 4, co. 1) definisce professione regolamentata: 1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio e' consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione e' subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi e' subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso e' riservato a chi possiede una qualifica professionale. La necessità dell’iscrizione negli Albi (registrazione) è diretta ad avere un controllo, da parte dello Stato, nell'esercizio di attività che vanno ad incidere su diritti di rilievo costituzionale quale è, nel nostro caso, la tutela della salute (art. 32, Cost.). La registrazione negli Albi, conservati dai suddetti Ordini o Collegi, consente altresì a questi organismi di poter esercitare il potere disciplinare secondo le previsioni dell'art. 2229 del Codice Civile3. 3 Art. 2229 Cod.Civ. Esercizio delle professioni intellettuali - la legge determina le professioni intellettuali delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi. L'accertamento dei requisiti per la iscrizione negli Albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.Contro il rifiuto dell'iscrizione alla cancellazione dagli Albi o elenchi, e contro provvedimenti disciplinari che importano una perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali. -16-
  • 17. Generalmente la legislazione statale affida la responsabilità di gestire le professioni agli Ordini o ai Collegi4 qualificabili come enti di diritto pubblico non economici e organi ausiliari dello Stato. Sono organizzati per provincia e, a livello nazionale, raggruppati nelle Federazioni; hanno il compito di conservare opportuni Albi nei quali vengono iscritti i professionisti. Tali organi sono responsabili del controllo professionale e disciplinare degli iscritti, costituendo così una giurisdizione autonoma tipica delle professioni fin dalle loro origini. Infine, lo Stato, detta norme su altri aspetti del mercato, quali le modalità con cui professionisti possono fare pubblicità, la libertà negoziale e/o contrattuale nei confronti degli iscritti, la possibilità di associazione, le forme di pagamento che gli utenti possono usare e altro ancora Il sistema delle professioni sanitarie difficilmente è sovrapponibile alle attività svolte secondo le modalità della pratica libero-professionale, pratica caratterizzata da spiccata matrice individuale. Pur non escludendo, anzi confermando la diffusione in campo libero-professionale anche delle attività sanitarie sebbene con differenti vincoli legislativi che legano, in misura maggiore o minore, queste diverse figure alla professione medica, tuttavia, nella maggioranza dei casi, sono proprio le organizzazioni multidisciplinari (Aziende ospedaliere, cliniche, case di cura, poliambulatori ecc.) gli ambiti elettivi per l'esercizio professionale. Proprio i Tsrm, rispetto alle altre professioni sanitarie con Albo, potrebbero forse essere il gruppo professionale più lontano dall'ideale-tipo verso la pratica professionale individuale. È evidente quanto i Tsrm siano legati alla presenza di tecnologie complesse, è infatti difficile ipotizzare attività fuori da contesti lavorativi organizzati. Non mancano naturalmente eccezioni in quanto, spesso, con le moderne tecniche gestionali (outsourcing o esternalizzazione) alcune imprese o aziende, necessitano solo dei liberi professionisti per il funzionamento delle apparecchiature, le quali, invece, appartengono alle aziende. Il riconoscimento pubblico della professione ha come conseguenza due aspetti: a) la creazione e il controllo del mercato e b) la mobilità sociale collettiva, ovvero l'innalzamento collettivo dello status sociale dei membri del gruppo professionale. Attualmente i professionisti della salute che possono vantare la presenza di un 4 Originariamente la distinzione tra Ordine e Collegio era subordinata al titolo di studio: la laurea per il primo e il diploma di scuola secondaria superiore per il secondo. La distinzione è ora venuta meno, ma il sistema italiano ha mantenuto entrambi i termini. -17-
  • 18. Collegio sono tre: gli infermieri professionali, gli assistenti sanitari, gli infermieri pediatrici (tutti riuniti nella Federazione Ipasvi), le ostetriche (riunite nella Fnco: federazione nazionale collegi ostetriche), i tecnici sanitari di radiologia medica (riuniti nella Fnctsrm: Federazione nazionale dei Collegi dei Tecnici sanitari di radiologia medica). L'istituzione o meno di Ordini e Collegi è sempre stato un argomento particolarmente dibattuto. I detrattori ritengono che questi enti non consentono il libero accesso al mercato del lavoro da parte dei più giovani, i sostenitori pensano invece che, in ambito sanitario, il problema non si ponga per due ragioni. La prima è per l'elevata offerta, almeno ad oggi, di lavoro proveniente dalle aziende. La seconda si fonda su una forma di garanzia nei confronti degli utenti che si rivolgono al sistema sanitario, quindi la certezza di una preparazione qualificata e uniforme in tutto il processo prestazionale. Va altresì aggiunto che, diversamente da altre professioni, l'esame di Stato abilitante è svolto contemporaneamente all'esame di laurea, pertanto difficilmente è possibile accusare questo metodo quale freno all'accesso nel mercato del lavoro o, peggio, che vada ad imporre ai neo-laureati un tirocinio formativo spesso connotato più da aspetti di sfruttamento lavorativo che di formazione professionale. 2.1) Il profilo storico Le professioni di cui si parla sono state inizialmente disciplinate dal R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie e sono state così tripartite (art. 99): Professioni sanitarie principali: medico-chirurgo; veterinario; farmacista; odontoiatrica (a partire dalla L. 24 luglio 1985, n. 409: istituzione della professione sanitaria di odontoiatra). Professioni sanitarie ausiliarie: levatrice (ora: ostetrica); assistente sanitaria visitatrice (ora: assistente sanitaria); infermiera diplomata (ora: infermiera). Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; ottico; meccanico ortopedico ed ernista; infermiere abilitato o autorizzato (ora: infermiere generico); massaggiatori (ora: massofisioterapista); tecnico sanitario di radiologia medica (L. 4 agosto 1965, n. 1103). -18-
  • 19. L'inclusione del Tsrm nelle arti ausiliarie, che ha rappresentato una ingiustificata collocazione, è stata tuttavia dovuta al titolo della menzionata legge pur di fronte a dati sostanziali, i quali che avrebbero incluso i suddetti operatori nelle professioni sanitarie ausiliarie. La previsione nell'ambito delle professioni sanitarie ausiliarie, si giustificava sia per la durata del corso di studi e le conseguenti attribuzioni, sia per l'espressa obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale e infine per la presenza di un'autonoma fattispecie di reato di esercizio abusivo della professione di Tsrm secondo quanto previsto dalla L. 4 agosto 1965, n. 11035 L’elencazione prevista dal Regio Decreto è datata e necessita di alcune precisazioni. Per quanto riguarda le professioni sanitarie ausiliarie ad esse andrebbero aggiunte quelle disciplinate successivamente da appositi Decreti ministeriali che hanno condotto ad una riclassificazione delle suddette professioni anche e soprattutto alla luce dell'introduzione di nuove figure professionali. Tale nuova distribuzione ne ha sostanzialmente modificato anche il raggruppamento. Si è passati, escludendo il personale sanitario cosiddetto principale (medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri ed ora: biologi, psicologi, chimici), ad una macro-classificazione per settori: Personale infermieristico: infermiere (DM 739/1994); ostetrica (DM 740/1994); dietista (DM 744/1994); assistente sanitario (DM 69/97); infermiere pediatrico (DM 70/1997); podologo (DM 666/1994); igienista dentale (DM 669/94). Personale tecnico-sanitario: tecnico sanitario di laboratorio biomedico (DM 745/1994); tecnico sanitario di radiologia medica (DM 746/1994); tecnico di neurofisiopatologia (DM 183/1995); tecnico ortopedico (Dm 665/1994); tecnico audiometrista (DM 667/1994); tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare (DM 316/1998). 5 In realtà la menzionata legge sanzionava, all'art. 16, l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria. L'esercizio abusivo della professione è stato invece successivamente introdotto solo con la L. 31 gennaio 1983, n. 25, art. 8. Quest’ultimo rinvia direttamente all'art. 348 del Codice Penale: abusivo esercizio della professione - chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da L. 200'000 a L. 1'000’000. -19-
  • 20. Personale della riabilitazione: tecnico audioprotesista (DM 668/1994); fisioterapista (DM 741/1994); logopedista (DM 742/1994); ortottista (DM 743/1994); terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva (DM 56/1997); tecnico dell'educazione e riabilitazione psichiatrica e psicosociale (DM 57/1997); terapista occupazionale (DM 136/1997). Personale di vigilanza e ispezione: tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (DM 58/1997). La distinzione tra queste 21 diverse professioni talvolta non sempre era agevole, tuttavia, grazie ai Decreti ministeriali che ne regolamentavano i profili era possibile tracciare una differenziazione tra i diversi compiti. Oltre ai Decreti ministeriali, era possibile suddividere le menzionate professioni anche in base ad un diverso riconoscimento giuridico ottenuto: l’iscrizione presso i propri Collegi professionali ove costituiti. Ricordiamo che: infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di radiologia medica avevano (e tuttora hanno) un Collegio professionale e uno specifico Albo, diversamente dalle altre professioni che invece ne sono ancora sprovviste. Un'ulteriore ipotesi di diversificazione poteva essere quella fondata sulla presenza o meno di un "mansionario" (elencazione di compiti e attività lavorative); ma anche qui rimanevano incluse solamente quelle tre professioni menzionate che potevano vantare la presenza del Collegio. Oggigiorno, dopo l'intervento della riforma operata dalla L. 26 febbraio 1999, n. 42, questa suddivisione non è più attuale pur avendone però conservato i tratti essenziali. Tra gli effetti dell’intervento legislativo c'è l'abrogazione dei mansionari i quali erano elenchi di operazioni di carattere prevalentemente esecutivo, dotati di elevata specificità nei compiti e non di vasti ambiti di intervento come sono invece i profili professionali. È utile ricordare che prima della profonda riforma professionale, operata all'inizio degli anni '90 che ha inquadrato omogeneamente ed a livello universitario l'attività formativa, la formazione degli operatori appartenenti alle differenti professioni era alquanto diversificata. Alcune scuole erano gestite dalla regione, altre -20-
  • 21. erano scuole private; altre ancora, le cosiddette "scuole dirette a fini speciali" erano gestite dalle università, alcune infine di diretta derivazione ospedaliera. 2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie La tutela della salute nel nostro ordinamento, è assicurata dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Con tale termine s’intende: “il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini”6. Nonostante il succedersi delle normative, in chiave riformista del SSN, la definizione non è mai stata abrogata. Al contrario: integrata alla luce del decentramento amministrativo di alcune attività e con riferimento al “complesso di funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale” ( art.1, co. 1, D.Lgs. n. 229/99). Non va scordato che il cambiamento introdotto dalla L. n. 833/78 è stato uno degli eventi politico-sociali più rilevanti degli ultimi anni. Si è passati dal sistema mutualistico-ospedaliero, frammentario e scarsamente efficace nella prevenzione e nella riabilitazione, ad un nuovo sistema di sicurezza sociale finalizzato a una migliore razionalizzazione delle risorse e privilegiante la prevenzione rispetto alla diagnosi e alla cura. L'attuazione del SSN compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, questa articolazione è impostata verticalmente su tre livelli - statale, regionale, locale - nel corso degli anni e con riforme successive sanitarie ha perso la natura centralistica con cui era stata disegnata inizialmente, favorendo successivamente un processo di decentramento in cui le regioni diventano centri di imputazione di responsabilità gestionali dal punto di vista dei programmi, dell'organizzazione e della finanza. 6 Art. 1, co. 3, L. n. 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). -21-
  • 22. Illustrato sinteticamente il SSN e precisata la valenza regionale nella tutela della salute tanto per l’erogazione della stessa, quanto per la gestione del personale ad essa afferente, è utile fornire una connotazione dimensionale al personale occupato nel comparto. Principalmente per un fine esclusivamente classificatorio per meglio comprendere le suddivisioni previste nelle aziende sanitarie, secondariamente per dimensionare il settore, pur sempre appartenente al comparto, del nostro studio: le professioni sanitarie. Le tabelle seguenti si riferiscono al personale occupato nel SSN, ovvero quello impiegato nelle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e negli Ospedali e/o Case di Cura gestite direttamente dalle stesse ASL e del personale dipendente dalle Aziende Ospedaliere (AO). Fig.1: Personale dipendente SSN per ruolo. A. 2006 (Fonte: Min. salute) -22-
  • 23. Fig. 2: personale dipendente per Regione e per ruolo. Anno 2006. (Fonte: Min. salute) La classificazione del personale delle aziende sanitarie7 è naturalmente complicata dalla storia del sistema stesso e dalla sua normativa, che hanno introdotto categorie di analisi e terminologie specialistiche tipiche del settore sanitario le quali, nelle pubbliche aziende, si intersecano anche con le suddivisioni del pubblico impiego. A questi elementi vanno quindi aggiunte le complessità dovute alla frammentazione delle qualifiche degli operatori sanitari. Tant'è che alcune classificazioni abrogate continuano a tuttavia ad essere utilizzate nella quotidianità delle aziende, la normazione legislativa si sovrappone, spesso confondendosi, con quella derivante dai Ccnl e dalla contrattazione decentrata aziendale. Rimane comunque necessario cercare di adottare un metodo classificatorio, pur senza necessariamente vedere la prevalenza di uno sull’altro, per meglio comprendere il fenomeno. I più diffusi sistemi di classificazione del personale sanitario, possono essere ricondotti sotto quattro tipologie principali: 7 Per “azienda sanitaria”, in questa sede, s’intende genericamente qualunque organizzazione del settore: Az. ospedaliera, Az. Sanitaria Locale, Case di cura ecc. -23-
  • 24. il Ccnl di applicazione; • il ruolo di appartenenza; • le categorie di appartenenza (per il personale non catalogabile nella cosiddetta "area dirigenziale"); • il profilo professionale (per il personale non appartenente all’"area dirigenziale"). 2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione Ai dipendenti Servizio Sanitario Nazionale (escluso quindi il personale universitario che dipende da Ministero dell'istruzione, dell'Università della ricerca scientifica e pertanto ad esso viene applicato il contratto di quell'amministrazione) si applicano tre diversi tipi di contratto: il Ccnl della Dirigenza area III (amministrativa, sanitaria, tecnica e professionale); il Ccnl della Dirigenza area IV (medica e veterinaria); il Ccnl del Comparto. Quello che riguarda i nostri fini è quest'ultimo poichè si riferisce a tutto il personale non rientrante nelle cosiddette Aree dirigenziali8 anche se il termine "comparto" dà luogo a qualche ambiguità. In senso proprio indica una partizione di pubbliche amministrazioni: comparto scuola, comparto sanità, forze di polizia, ministeri ecc. pertanto non si potrebbe parlare di un unico Ccnl del "comparto Sanità". Ai nostri scopi si ritiene tuttavia corretto parlare di "personale del comparto" se da questo personale si intende escluso il personale con qualifica dirigenziale. In ogni caso, il termine "comparto" ha acquisito questo significato per l’utilizzo adottato nell’ambito delle relazioni sindacali. Pertanto possiamo ritenere come sinonimi le espressioni "comparto", personale "non dirigente", personale "delle categorie", personale "non medico". 8 Le Aree dirigenziali, con riferimento alla contrattazione collettiva pubblica, sono: Area I aziende e ministeri; Area II regioni e autonomie locali; Area V scuola; Area VI agenzie fiscali ed enti pubblici non economici; Area VII ricerca e università; Area VIII presidenza del Consiglio dei Ministri. -24-
  • 25. 2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza Questa classificazione discende dal DPR 20 dicembre 1979, n. 761: stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali. Il decreto disponeva che il personale del SSN fosse inquadrato in ruoli nominativi regionali istituiti e gestiti dalle regioni stesse. Le regioni pertanto suddividevano il personale secondo ruoli di appartenenza. Si distingueva un ruolo sanitario, un ruolo professionale, un ruolo tecnico, un ruolo amministrativo (art. 1). Ruolo sanitario: in questo ruolo sono collocati i dipendenti iscritti ai rispettivi ordini professionali, ove esistono, che esplicano in modo diretto attività inerenti alla tutela della salute. Quindi: medici, odontoiatri, farmacisti, veterinari, biologi, chimici, fisici e psicologi. Nonché: personale infermieristico, tecnico-sanitario, della riabilitazione e della prevenzione. Ruolo professionale: dipendenti, non compresi nel ruolo sanitario, i quali, nell'esercizio della loro attività, assumono a norma di legge responsabilità di natura professionale e sono tenuti, per svolgere l'attività stessa, all’iscrizione in Albi professionali. Quindi: avvocati, ingegneri, architetti e geologi, nonché personale di assistenza religiosa. Ruolo tecnico: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi tecnici di vigilanza e di controllo, generali o di assistenza sociale. Quindi: statistici, sociologi, assistenti sociali, operatori socio-sanitari (Oss), operatori e assistenti tecnici, programmatori, operatori tecnici addetti all'assistenza (Ota). Ruolo amministrativo: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi organizzativi, patrimoniali e contabili. Quindi: dirigenti amministrativi, collaboratori professionali, assistenti e coadiutori amministrativi. L'iscrizione ai suddetti ruoli nominativi derivava dal possesso dei requisiti culturali e professionali necessari alla tipologia di lavoro da svolgere. È opportuno precisare che il Ccnl del 7 aprile 1999 ha introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale. In particolare ha disapplicato le posizioni funzionali previste dal DPR n. 761/79, sostituendole con le categorie e i profili professionali indicati nella tabella allegata al contratto stesso. Questa suddivisione è stata a sua volta modificata da un successivo Ccnl integrativo. -25-
  • 26. 2.2.3) Classificazione secondo le categorie Questo terzo metodo classificatorio, valido per il personale del comparto del SSN, inquadra i dipendenti secondo quattro macro-categorie: A, B, C, D. Più precisamente sono previste altre due categorie (cosiddette funzionali) incluse nella "B" e nella "D": la Bs (super) e la Ds (super). La fonte, come detto, di questa ripartizione è di tipo contrattuale (Ccnl-integrativo 20 settembre 2001, All. 1) ed è tuttora vigente. Ciascuna categoria, in sostanza, è individuata tramite la descrizione dei requisiti indispensabili (cd. Declaratorie) per l'inquadramento nell'ambito della categoria stessa. Tali requisiti corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l'espletamento dell'attività lavorativa. L'importanza della suddivisione del personale del comparto si fonda non tanto e non solo sotto l'aspetto gerarchico (progressioni verticali) con le conseguenti differenziazioni retributive, bensì anche per contraddistinguerlo in base alle qualifiche richieste per l'accesso, come ad esempio il diploma di laurea per le professioni sanitarie (categoria D) o corsi professionali-formativi come per il personale Oss (categoria B e Bs). Infatti ogni dipendente, a sua volta, è inquadrato nella corrispondente categoria del sistema di classificazione in base al proprio profilo di appartenenza. CATEGORIA A: appartengono questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono capacità manuali generiche per lo svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell'ambito di istruzioni fornite e riferite al corretto svolgimento della propria attività: - ausiliario specializzato; - commesso. CATEGORIA B: in questo ambito sono collocate posizioni del lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base e relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche e riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali, nonché autonomia e responsabilità nell'ambito di prescrizioni di massima: - operatore tecnico; -26-
  • 27. - operatore tecnico addetto all'assistenza (NOTA: Ota: profilo ad esaurimento contestuale all'istituzione del profilo dell'operatore socio-sanitario. Art.4, co1, Ccnl integrativo, 20 settembre 2001); - coadiutore amministrativo; - coadiutore amministrativo esperto (Bs); - puericultrice (Bs); - operatore tecnico specializzato (Bs); - operatore professionale di seconda categoria; - operatore socio-sanitario (Bs); (NOTA: Oss: profilo professionale alla cui istituzione provvedono le aziende sanitarie con oneri a proprio carico e sostitutiva, dopo la frequenza di appositi corsi formativi, della figura dell’Ota). CATEGORIA C: questa posizione di lavoro richiede conoscenze teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite da precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti. Appartengono altresì a questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono conoscenze teoriche pratiche nonché esperienza professionale e specialistica maturata nel sottostante profilo unitamente a capacità tecniche elevate per l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite e precisi abiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati: - ruolo sanitario: i. puericultrice esperta ii. infermiere generico o psichiatrico con un anno di corso esperto (ad esaurimento) iii. massaggiatore o massofisioterapista esperto (ad esaurimento) - ruolo tecnico: i. assistente tecnico ii. programmatore iii. operatore tecnico specializzato esperto -27-
  • 28. - ruolo amministrativo: i. assistente amministrativo CATEGORIA D: in questo ambito opera personale con posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione dei titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell'ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale. Appartengono altresì a questa categoria, nel livello economico D super (Ds), i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati; ampia discrezionalità operativa nell'ambito delle strutture operative di assegnazione; funzione di direzione e coordinamento, gestione e controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di programmazione e proposta. Di questa categoria, o meglio: dei profili professionali sanitari afferenti ad essa, ce ne occuperemo oltre: - collaboratori professionali sanitari (ruolo sanitario); - assistente religioso (ruolo amministrativo); - collaboratore professionale-assistente sociale (ruolo tecnico); - collaboratore tecnico-professionale (ruolo tecnico e/o amministrativo); - collaboratore amministrativo-professionale (ruolo amministrativo); - collaboratore professionale sanitario esperto (ruolo sanitario-Ds); - collaboratore professionale-assistente sociale esperto (ruolo tecnico-Ds); - collaboratore tecnico-professionale esperto (ruolo tecnico e/o amministrativo- Ds); - collaboratore amministrativo-professionale esperto (ruolo amministrativo-Ds). -28-
  • 29. 2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale Il quarto sistema si fonda direttamente sul sistema delle professioni e si basa sui profili professionali. Tali profili, in ambito sanitario, sono il risultato della regolamentazione pubblica finalizzata a tutelare gli utenti e la qualità delle prestazioni. Proprio per l'incidenza sul diritto alla salute la classificazione si applica sia al personale delle aziende pubbliche sia a quello delle aziende private. Questo metodo, con riferimento alle sole professioni sanitarie del comparto, è coerente al percorso formativo previsto da diverse riforme succedutesi nel tempo. Basti sapere che il metodo dei profili professionali dettaglia ulteriormente, rispetto a quanto fatto dalla classificazione per categorie, i requisiti formativi e professionali di accesso. Ogni figura professionale sanitaria del comparto è infatti disciplinata da un apposito Decreto Ministeriale. Ad esempio: infermiere il DM n. 739/1994; ostetrica/o il DM n. 740/1994; dietista il DM 744/94 ecc. Per il Tsrm è il DM n. 746/94 che ne definisce il profilo professionale e lo identifica come "operatore sanitario che è in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1, co 1). La riforma (L. n. 251/00) ha previsto quattro macro-aree di professioni sanitarie del comparto in cui inscrivere i profili: - infermieristiche e ostetriche; - della riabilitazione; - tecniche (suddivise in tecnico-diagnostiche e tecnico-assistenziali); - della prevenzione. 2.3) L’aspetto dimensionale Un utile ed aggiuntivo riferimento sulla rilevanza delle figure professionali che operano nel sistema e sempre con riferimento alle 22 "professioni sanitarie" oggi previste, è una dimensione quantitativa del fenomeno. -29-
  • 30. Le professioni numericamente più rilevanti sono quelle infermieristiche (circa 300.000, pari al 58% dei professionisti in attività); seguita dai fisioterapisti (circa 40.000), tecnici di laboratorio e tecnici di prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di lavoro (circa 30.000 per ciascuna delle due professioni); educatori professionali (25.000) e tecnici di radiologia (21.000). Posti disponibili Professioni (ex Classi di Laurea DM 2aprile 200 e DM 29 marzo 2001 ) Operatori lauree a.a. 2004/05 Infermieristiche-ostetriche 327.000 13.578 Infermiere 301.000 12.311 Infermiere pediatrico 10.500 201 Ostetrica 15.500 1066 Riabilitative 82.700 4637 Educatore professionale 25.000 650 Fisioterapista 40.000 2267 Logopedista 8000 488 Ortottista 3000 256 Podologo 1200 183 Tecnico all'educ. e riabil. psich. e psicosociale 3000 308 Terapista della neuro e psicomotr. dell’età evolutiva 1500 289 Terapista occupazionale 1000 196 Tecniche sanitarie (aree: assistenziale e diagnostica) 67.300 3982 Dietista (area assistenziale) 3000 370 Igienista dentale (area assistenziale) 2200 543 Tecnico ortopedico (area assistenziale) 3000 143 Tecnico audioprotesista (area assistenziale) 2200 244 Tecnico fisiopatol. cardiocircolat. e perfusione cardiovasc. (area assistenziale) 3000 180 Tecnico sanitario di laboratorio biomedico (area diagnostica) 30.000 1014 Tecnico di neurofisiopatologia (area diagnostica) 1500 241 Tecnico audiometrista (area diagnostica) 1200 107 Tecnico sanitario di radiologia medica (area diagnostica) 21.200 1140 Tecniche della prevenzione 38.000 960 Assistente sanitario 8000 198 Tecnico della prev. nell'ambiente e nei luoghi di lavoro 30.000 762 Totale 515.000 23.157 Fig.3: le 22 professioni sanitarie, n. operatori e posti disponibili a.a. 2004/05 . (Elaborazione da: De Pietro C., p. 34 ). Un tempo, il settore sanitario, si caratterizzava per una forte prevalenza maschile tra i medici e una forte prevalenza femminile tra il personale infermieristico. Negli ultimi anni tuttavia si è avuta una decisa femminilizzazione dell'intero pubblico impiego in generale e del settore sanitario in particolare il quale, dopo il comparto scuola, è quello che vede occupato il maggior numero di donne (v.figg. 4 e 5). -30-
  • 31. Fig.4: personale a tempo indeterminato. Valori assoluti e percentuali di presenza femminile nei comparti di contrattazione. (Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze). Fig.5: fonte: Min. Salute. -31-
  • 32. Fig 6: fonte: Annuario statistico del SSN, anno 2006. -32-
  • 33. CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi 1) Aspetti storici 1.1) Introduzione La L. n. 251/00 avvia definitivamente la divisione delle figure sanitarie del Comparto in quattro aree professionali: infermieristica e ostetrica (art.1), riabilitativa (art.2), tecnico-sanitaria (art.3) e, infine, della prevenzione (art.4). In particolare, il Tsrm è tra gli operatori delle professioni sanitarie dell'area tecnico-diagnostica e dell'area tecnico-assistenziale che “svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie all'esecuzione di metodiche diagnostiche e su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti concernenti l'individuazione delle figure e dei relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità”. Le due aree distinte delle professioni tecnico- sanitarie, previste dalla L. 251/00, sono così schematizzate: Area Tecnico-Diagnostica Area Tecnico-Assistenziale Tecnico audiometrista Tecnico Ortopedico Tec. Sanit. di Laboratorio biomedico Tecnico Audioprotesista Tecnico di Fisopatologia Cardiocircolatoria e Tecnico Sanitario di Radilogia Medica Perfusione Cardiovascolare Tecnico di Neurofisiopatologia Igienista Dentale Dietista L’attuale collocazione tuttavia non è sempre stata così pacifica. Al contrario: le origini della professione del Tsrm sono state particolarmente travagliate, per non dire combattute, allo scopo di riuscire ad inserire questa attività professionale nelle moderne professioni sanitarie. Pur non discutendo in questa sede sul dettato legislativo che le professioni tecnico-sanitarie, quindi il Tsrm, sono le uniche del comparto che si occupano di "procedure tecniche", diversamente dalle altre che si occupano di "attività", è tuttavia -33-
  • 34. utile osservare come le due definizioni siano diverse. La prima parrebbe richiamare compiti predefiniti, ristretti, limitando così la discrezionalità del professionista; la seconda lascerebbe invece, data la vaghezza del termine, maggior spazio alla discrezionalità decisionale del professionista stesso. La forte spinta, in senso evoluzionista, della società ha condotto a profonde modifiche in svariati ambiti: economici, sociali e tecnologici. Tale processo non poteva ignorare anche l’aspetto sanitario, o meglio: la diversa e maggiore percezione dei cittadini sulle speranze riposte nella moderna medicina, la loro fiducia nelle nuove tecnologie applicate al settore e, non da ultimo, la consapevolezza dei loro diritti a tutela della salute. E’ evidente che, alla luce di tali premesse, non si potesse prescindere da una riforma dell’intero settore delle professioni sanitarie in generale tra cui quella radiologica, la quale, com’è noto, è particolarmente influenzata dai progressi tecnico- scientifici. Basti come esempio citare i progressi avvenuti sulle apparecchiature quali ecografi, TC e RMN: la loro capacità di fornire immagini diagnostiche è stata esponenziale. Si è passati da immagini con scarso potere risolutivo a iconografie, a dir poco, paragonabili alla realtà anatomica. Questo è dovuto, chiaramente, ai progressi sia nel campo dei materiali, sia, forse con maggior importanza, nel campo informatico applicato alle scienze biomediche. Immaginiamo il passaggio dalla radiologia analogica a quella digitale e la velocità nella ricostruzione delle immagini nella TC e nella RMN. Da questi motivi il passaggio dalla tradizionale definizione di area “radiologica” ad area di “diagnostica per immagini” in cui la radiazione X non è più l’unica attrice anche se, è opportuno sottolinearlo, ne rimane ad oggi la protagonista. E’ pertanto evidente che la preparazione del Tsrm non poteva rimanere ristretta a poche nozioni bensì ha dovuto adeguarsi alle nuove istanze, le quali, oltre a modificare l’area delle competenze professionali di base (conoscenza delle tecnologie informatiche, elettroniche, biologiche), richiedono ora competenze cosiddette trasversali ovvero legate alla capacità di adattamento al nuovo processo prestazionale nell’erogazione del servizio in ambito ospedaliero. Ci si riferisce inevitabilmente alla capacità di relazionarsi con figure professionali diverse e non più legate -34-
  • 35. esclusivamente al medico radiologo. In realtà il Tsrm deve ora offrire la propria prestazione professionale all’esterno dei Servizi di radiologia ed a contatto con professionisti diversi: il riferimento è al lavoro nelle sale operatorie, nei centri cardiologici, nei servizi di fisica sanitaria ecc. (la c.d. attività radiologica complementare). Questa visione è coerente con la nuova pratica clinica: un complesso approccio multidisciplinare, più o meno intenso in funzione dell’obiettivo clinico, coinvolgente molteplici figure sanitarie tutte indirizzate ad una soluzione comune. E’ sottinteso, sempre, che nel progredire di questo processo mai dovrà essere dimenticato l’obiettivo principale: la persona, tanto sotto l’aspetto fisico quanto quello psichico. E’ ormai patrimonio comune la conoscenza di quanto rilevi il dialogo nel trattamento diagnostico: la parola, il tono, i modi sono le genetiche armi del trattamento terapeutico. L’affermazione si sostiene da sé semplicemente esemplificando il lavoro presso i centri di screening, nelle radioterapie, nei Pronto Soccorsi, nei centri oncologici. 1.2) La nascita dei Tsrm Sotto il profilo sociologico i processi di professionalizzazione sono stati ampiamente studiati e ne sono state elaborate diverse e talvolta contrastanti teorie. Ai nostri scopi e senza pretesa di esaustività, adottiamo la teoria di Tousijn9 che bene si colloca nel contesto europeo. Secondo Tousijn lo sviluppo professionalizzante si basa su quattro elementi pur non necessariamente concatenati da un punto di vista temporale o sequenziale: 1. una base cognitiva, ovvero l’ individuazione di un insieme di conoscenze sulla quale nasce e si sviluppa la professione. Questa base cognitiva dovrà essere: a. specifica, cioè identificabile con la professione; b. codificata, cioè standardizzabile e quindi trasmissibile ma non completamente per evitare il rischio che possa essere acquisita da esterni; c. dotata di un lessico scientifico non familiare; d. rinnovabile; 9 W. Tousijn:: Il sistema delle occupazioni sanitarie. 2000 -35-
  • 36. e. capace di produrre risultati misurabili per legittimarne l'appropriazione, ma non tanto da poter essere oggetto di giudizio da parte di persone esterne ad essa; 2. nascita e sviluppo di scuole professionali, allo scopo di produrre e trasmettere la propria base cognitiva e con preferenza di scuole interne alle Università per il prestigio del gruppo e le possibilità di successo. 3. Nascita e sviluppo delle associazioni professionali, protagoniste della strategia di professionalizzazione e portatrici di istanze nel contesto istituzionale, negoziando altresì spazi e confini e gestendo politiche di espansione o di difesa. Questo aspetto è particolarmente complesso in Italia. La presenza di forme associative riconducibili ad Ordini o Collegi, le associazioni scientifiche, le organizzazioni sindacali mono-professionali, comportano spesso la nascita di conflitti. 4. Riconoscimento e protezione da parte dello Stato. Lo Stato riconosce e tutela il monopolio dell'esercizio professionale, talvolta entrando esplicitamente nel processo di abilitazione con un esame che chiude il percorso formativo (esame di Stato). Le quattro fasi non sono necessariamente cronologiche, anzi spesso si sovrappongono e la descritta successione riveste senz'altro interesse in quanto applicabile alla stragrande maggioranza delle professioni, compresa quella del Tsrm. 1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole Il primo periodo va dalle prime applicazioni delle radiazioni alla graduale trasformazione di queste, a cavallo tra i secoli XIX e XX fino agli anni ‘40, quale strumento scientifico professionale integrato nel campo della medicina. Nascono le società scientifiche di radiologia e inizia la presenza, nelle radiodiagnostiche e radioterapie, di personale assimilabile al tecnico di radiologia. La scoperta dei Raggi X (8 novembre 1895), ad opera del professor Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923) dell'Università di Wurzburg e per la quale nel 1901 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica, diede inizio ad una nuova epoca in campo medico. -36-
  • 37. Già nel 1896, in Germania, in alcuni gabinetti radiologici il medico era affiancato da personale di supporto perché questa nuova disciplina si basava sull'utilizzo di macchinari piuttosto complessi. Inizialmente furono gli elettricisti ed i fotografi ad affiancare i medici nell'eseguire le radiografie e solo successivamente furono create delle scuole speciali per la formazione e l'addestramento in materia di radiazioni. Storicamente è in questo periodo che i medici, in generale, pongono le fondamenta sociali e giuridiche della propria posizione di predominio sulle altre occupazioni sanitarie. Questa nuova tecnologia richiedeva un sistema di sapere che avrebbe condotto alla istituzionalizzazione della radiologia come branca della medicina a sè stante. L'immagine radiografica, poco più di un insieme di grigi indefiniti, era inizialmente monopolio di pochi specialisti portatori di una nuova scienza. Quest'ultima era legata al progresso nel campo medico-scientifico passando nel tempo dall'interpretazione di immagini macroscopiche, ormai alla portata di molti, ad immagini sempre più complesse e dovute: all'introduzione dei mezzi di contrasto, all'accorciamento dei tempi di esposizione, allo sviluppo di nuove tecniche di studio che consentivano di isolare singoli segmenti anatomici (ad esempio con la tomografia o stratigrafia). Tale nuova iconografia non poteva che essere nuovamente dominio di pochi cultori. Dopo gli anni ‘20 nascono nuove occupazioni in funzione del processo produttivo sanitario, la professione medica è gravata da sempre maggiori compiti lavorativi vecchi e nuovi e pertanto cede o delega parte delle proprie attività alle nuove figure professionali. La delega tuttavia mantiene il controllo sull'attività, tale controllo si esercita in modo diretto sull'esecuzione dei compiti sanitari ed in modo indiretto sotto l'aspetto funzionale, gerarchico, istituzionale e scientifico. Alla figura dei collaboratori dei radiologi venivano delegate attività preparatorie o ancillari per consentire al medico di concentrarsi sull'attività di diagnosi e cura. Questi primi collaboratori sono senz'altro identificabili con i Tsrm. A partire da gli anni ‘30, ci si rese conto che non bastava più la pratica quotidiana per l'esecuzione dei compiti affidati e fu gioco forza passare da una conoscenza esclusivamente empirica ad una più scientifica. Venne pubblicato il primo manuale di tecnica radiologica: "Tecnica Radiodiagnostica", nella cui prefazione si legge: "il libro è dedicato anzitutto i tecnici -37-
  • 38. radiologi, a quella categoria, cioè di modesti e preziosi collaboratori del medico specialista, dall'abilità dei quali dipende tanta -spesso misconosciuta - parte della fortuna di un istituto di radiologia". Uno dei primi corsi formativi per "Assistenti tecnici di laboratorio radiologico" nasce nel 1939-1940 a cura della Croce Rossa Italiana presso la Regia Università di Milano ed è riservato a 20 infermiere della CRI. Solo nel 1954 venne attivata, a Roma, una scuola avente finalità ed ordinamento speciale che assunse la denominazione di Istituto professionale per l'industria e l'artigianato "E. De Amicis". Nel 1958 prese avvio un corso triennale per "Tecnico di impianti radiologici". La sperimentazione finì nel 1965. 1.2.2) L'associazionismo professionale Verso la metà degli anni '50 la categoria si riunì in un'associazione chiamata Unione Nazionale Tecnici Radiologi (UNTR) adottando come parole chiave "unione e professionalità". In quel periodo, è opportuno ricordarlo, iniziò una ricerca particolarmente faticosa e contrastata da una difficile identità e da un ristretto spazio occupazionale. Il lavoro nelle strutture sanitarie, ben diverso da oggi, era basato su motivazioni di tipo missionaristico, ovvero un'assistenza sanitaria dei bisognosi ma elusiva dei problemi di fondo di un'equa distribuzione e di facile accesso a tutti sull'uso di beni e servizi. Il periodo era altresì caratterizzato da bassi salari, turni pesanti, assenza di diritti sindacali e abusi professionali e con una sottomissione totale e rispettosa dalla scala gerarchica. La tutela sindacale degli operatori farà accesso dopo più di un ventennio. L’UNTR era una associazione apolitica e che propose un programma chiaro e condiviso con quanto stabilito dalle norme internazionali di radiologia. Nel 1960 fu pubblicato dall'Inail il "Manuale del Tecnico di radiologia medica", curato da personale medico. I contenuti riguardavano nozioni di fisica, elementi di anatomia, apparecchiature, tecnica radiologica senza e con mezzi di contrasto, nozioni di tecnica foto-radiografica, terapia fisica, radioprotezione e legislazione. Alcuni tecnici di radiologia componenti l'associazione, come il collega Velardi Colasanti, cercavano di sviluppare in questi anni anche la base cognitiva dei tecnici creando una -38-
  • 39. casa editrice, la LEVI, che pubblicò i "Quaderni di anatomia e tecnica radiologica" e il "Manuale pratico di tecnica radiologica". I primi anni ‘60 videro l'intera categoria dei tecnici di radiologia rappresentata da un'organizzazione forte e coesa: l’Associazione Nazionale Tecnici Italiani Radiologia (ANTIR) che si sostituì alla precedente UNTR nel 1964: un'associazione di questo tipo non poteva che avere conflitti con gli altri sindacati del settore sanitario. Nel 1964 l'Italia recepì le direttive Euratom sull'impiego pacifico dell'energia nucleare. Sulla spinta dell’ANTIR arrivò la "Regolamentazione giuridica dell'esercizio dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica" e immediatamente la L. 4 Agosto 1965, n. 1103 che definì le prime regole e modalità di accesso alle scuole. Non più gestite da enti privati e pubblici ma soltanto da istituti universitari e ospedali pubblici, previa domanda al Ministero della sanità. L'accesso alla scuola era consentito a coloro che possedevano il diploma di istruzione secondaria di primo livello (terza media) con un'età compresa fra i 17 ed i 32 anni. Risultava titolo preferenziale, ai fini dell’ammissione, il possesso di un altro diploma professionale. La legge definì il processo evolutivo dei tecnici diplomati prospettando loro il riconoscimento statale e l'autonomia professionale, questo grazie all'istituzione della Federazione Nazionale dei Collegi provinciali al fine di garantire maggiore prestigio alla categoria attraverso il controllo sullo svolgimento dell'attività professionale. S’introdusse la triennalità del corso. L’ANTIR chiese con sollecitudine l'emanazione del regolamento esecutivo della L. 1103/65 ma che uscì solo tre anni dopo: il DPR 6 marzo 1968, n. 680, in cui si stabiliva che i docenti dovessero essere scelti nella facoltà di medicina e chirurgia o da altre facoltà universitarie e tra i medici degli ospedali pubblici. Tuttavia l'insegnamento poteva essere affidato anche ad altri esperti muniti del diploma di abilitazione professionale e iscritti negli appositi Albi professionali (art. 7). Con il DM 19 aprile 1968 venne approvato il programma di insegnamento delle scuole per Tecnici di radiologia medica istituite secondo le previsioni della L n. 1103/65. Il programma prevedeva lezioni teoriche, dimostrative ed esercitazioni di tirocinio. L’ANTIR lavorò anche per la creazione di condizioni di sicurezza e di tutela dal pericolo delle radiazioni nei confronti degli operatori e con il riconoscimento di un -39-
  • 40. elevato rischio nell'ambito lavorativo: l'indennità di rischio da radiazioni. Fu introdotto anche il periodo aggiuntivo di quindici giorni di congedo ordinario. Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di Radiologia Medica mentre l'associazione ANTIR si sciolse nel 1972 a Roma per costituire il Sindacato Nazionale dei Tecnici di Radiologia Medica ( SNTRM). In questi anni vennero istituite presso gli istituti universitari e i pubblici ospedali alcune scuole per i Tsrm. Il limite di tali corsi formativi fu rappresentato dall'incapacità di sviluppare la professione in termini di autonomia e specificità funzionale. Questa situazione venne maggiormente evidenziata attraverso il tirocinio che insegnava agli allievi quali erano i reali rapporti di potere gerarchico interno all'ospedale, per cui gli allievi si abituarono inevitabilmente a considerarsi esecutori manuali delle direttive del medico. Sempre negli anni ‘70 la figura del Tsrm si uniformò agli standard europei nell'impiego delle apparecchiature più evolute, ciò grazie anche all'avvento di nuove metodiche di immagine derivate dall'evoluzione tecnologico-informatica come la TAC (ora: TC) e la RMN. La prima scoperta nel 1972 dal fisico A.M. Cormak e da G.N. Hounsfield, ingegnere capo dei laboratori scientifici della casa discografica inglese EMI, valse ad entrambi il premio Nobel per la medicina nel 1979. La seconda, scoperta come fenomeno nel lontano 1946 da Bloch e Purcell e anche questi premiati nel 1952 con il premio Nobel per la fisica, fu introdotta in ambito radiologico nel 1973 quando Lauterbur dimostrò la possibilità di ottenere informazioni spaziali correlati al segnale di risonanza magnetica. 1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ? All'inizio del 1980, con la L. 31 gennaio 1983 n. 25: modifiche ed integrazioni della legge 4 agosto 1965, n. 1103 (...) sulla regolamentazione giuridica dell'esercizio dell'attività di tecnico sanitario di radiologia medica, si incise profondamente sul profilo formativo. La legge stabilì definitivamente che l'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica, di cui alla L. n. 1103/65 è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di radiologia medica (art. 1). -40-
  • 41. L'accesso alla scuola prevedeva il diploma di scuola secondaria superiore e inseriva un Tsrm, nominato dal Collegio, nelle commissioni di esame allo scopo di dichiararne l'abilitazione professionale. Veniva inoltre definita maggiormente l'attività operativa, tanto sotto l'aspetto delle funzioni professionali (nella quale rientra tutto il campo della radiologia medica e della radioprotezione), quanto sotto l'aspetto dell'autonomia di servizio e la connessa responsabilità specifica tecnico-professionale degli atti a loro attribuiti. Introdusse il reato di esercizio abusivo della professione, secondo quanto sancito dall'articolo 348 del codice penale, consentendo inoltre al magistrato il potere di ordinare la chiusura temporanea del servizio radiologico nel quale sia stata esercitata l’attività abusiva. La legge modificò i compiti del Tsrm andando a sostituire le precedenti disposizioni (previste dal DPR n. 680/68) con un ampliamento delle competenze e con una maggior autonomia rispetto al passato. Per quanto attiene le scuole vi fu una cambiamento del programma didattico pur conservando i tre anni della durata del corso. La direzione delle scuole rimaneva affidata al direttore dell'istituto radiologico universitario o al primario radiologo dell'ospedale in cui aveva sede il corso. Unica nota di rilievo fu la possibilità di affidamento dell'insegnamento professionalizzante e di docenza ad un Tsrm. Le scuole erano ciò nondimeno ancora prive di un raccordo nazionale sul piano didattico. Naturalmente l'introduzione della L. n. 25/83 ebbe forti conseguenze anche nei posti di lavoro, in particolare tra i medici radiologi ed i tecnici in quanto, secondo la citata normativa, il Tsrm poteva esercitare il proprio lavoro anche senza la presenza del medico specialista. "Tale situazione, evidenziata anche dalla carenza di medici radiologi faceva sì che le radiologia nei turni pomeridiani e di notte erano, spesso, presieduti da soli tecnici che dovevano rispondere tecnicamente ai quesiti dei medici di pronto soccorso che grazie alle innovazioni tecnologiche, alla maggior automazione dei macchinari e alla forte espansione della TC, chiedevano l'aumento di prestazioni radiologiche spesso finalizzate procedure medico legali"10. In sostanza anche un servizio di radiologia o, più in generale, in un dipartimento di diagnostica per immagini, l’attività organizzata soggiace alla regola generale secondo 10 F.Ascolese, P. Binetti, B.B.Zobel: Dal Core competence al core curriculum. 2008. -41-
  • 42. la quale, nei rapporti tra professioni diverse, le “logiche non sono soltanto quelle organizzative ma sono logiche professionali"11 spesso confliggenti ta loro. Conseguentemente alla direttiva delle Comunità Europee del 21 dicembre 1988 che sanciva il diritto a una libera circolazione negli stati membri anche dei professionisti Tsrm, negli anni ’90 e con una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi, fu innovato il sistema universitario formativo della professione sanitaria in Italia. Nel 1994 il Ministro della Sanità (DM 26 settembre 1994 n. 746) regolamentò il profilo professionale dei Tsrm congiuntamente a tutte le altre 21 professioni sanitarie. Il citato decreto prevedeva l'individuazione della figura del tecnico sanitario di radiologia medica con il seguente profilo: "il tecnico sanitario di radiologia è l'operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'Albo professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1). Sinteticamente, nel menzionato Decreto, il profilo professionale veniva ulteriormente precisato, compatibilmente a quanto precedentemente previsto dalla L. n. 25/83, secondo quanto segue. Il tecnico sanitario di radiologia medica: - partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro; - programma e gestisce l'erogazione di prestazioni di sua competenza in collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, nucleare, radioterapista e fisico sanitario; - svolge la propria attività e strutture pubbliche, private, in rapporto di dipendenza o libero-professionale; - verifica e controlla la qualità; - contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre all'aggiornamento del proprio profilo professionale ed alla ricerca. Il riordino della disciplina in campo sanitario avvenuta nel 1992 (D.Lgs. n. 502/92) introdusse nuove modalità per la formazione del personale, delegando all'università il compito unico della formazione delle professioni sanitarie. 11 W. Tousijn: op. cit. -42-
  • 43. Nello stesso periodo la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali dei Tsrm pubblicò il Codice Deontologico definendo anche le caratteristiche etiche specifiche della professione. Nell'anno accademico 1996-1997 avviene il passaggio della formazione dalle scuole regionali all'università (secondo le previsioni del D.Lgs. 502/92) introducendo così la formazione per mezzo dei corsi di Diploma Universitario e sancendo quindi la fine del modello di scuola ospedaliera a favore di una formazione più consona alle professioni in ambito sanitario. L'ultimo periodo decisivo per i professionisti del comparto fu introdotto dalla L. 26 febbraio 1999, n. 42: disposizioni in materia di professioni sanitarie. Si stabiliva l'equipollenza ai titoli universitari dei precedenti titoli abilitanti la professione, veniva altresì abrogato anche per tutte le altre professioni sanitarie il vincolo del mansionario, ovvero una mera della elencazione dei compiti da svolgere, a favore di una norma aperta in cui si prevede che "il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie (...), è determinato dei contenuti dei decreti ministeriali istituti dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché dagli specifici Codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario (...)" (art. 1). Va tuttavia sottolineata la circostanza che il nostro Decreto fa comunque salva, richiamandola, la L. n. 25/83 . Senz’altro la L. n. 42/99 consente l’ampliamento della professione grazie alla possibilità di interventi futuri nel settore formativo. È inoltre evidente, grazie al richiamo operato dalla legge, il nuovo ruolo assunto dal Codice Deontologico. Infine, come menzionato, la riforma dei corsi di laurea su due cicli (triennale e biennale) operato dal Decreto Ministeriale n. 509/99 conduce alla trasformazione del Diploma Universitario a corsi di primo livello (laurea). Proprio nell’esame finale è prevista la presenza di due membri del Collegio Professionale allo scopo di attribuire valore di esame di Stato abilitante all’esercizio professionale (Decreto interministeriale 2 aprile 2001, art. 6) . E’ opportuno precisare che un riconoscimento da parte dello Stato era già previsto dalla L. n. 1103/65 (art. 12) in cui si prevedeva che "l'effettivo esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è subordinato all'iscrizione -43-