1. Non dimentichiamoli
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2. Indice
Voci
Vittime di Cosa Nostra 1
Vittime della camorra 9
Vittime della 'Ndrangheta 12
Vittime della Sacra corona unita 14
Attivisti 15
Peppino Impastato 15
Politici 20
Michele Reina 20
Piersanti Mattarella 20
Pio La Torre 23
Forze dell'ordine 26
Boris Giuliano 26
Lenin Mancuso 29
Emanuele Basile (carabiniere) 29
Carlo Alberto Dalla Chiesa 30
Mario D'Aleo 40
Giuseppe Montana 41
Antonino Cassarà 41
Antonino Agostino 43
Magistrati 44
Pietro Scaglione (magistrato) 44
Cesare Terranova 45
Gaetano Costa 46
Giangiacomo Ciaccio Montalto 47
Bruno Caccia 48
Rocco Chinnici 50
Rosario Livatino 52
Antonino Scopelliti 54
Giovanni Falcone 55
Paolo Borsellino 66
3. Giornalisti 79
Mario Francese 79
Giuseppe Fava 80
Giancarlo Siani 88
Beppe Alfano 91
Imprenditori 92
Libero Grassi 92
Giuseppe Borsellino 93
Religiosi 94
Pino Puglisi 94
Giuseppe Diana 97
Avvocati 101
Giorgio Ambrosoli 101
Note
Fonti e autori delle voci 104
Fonti, licenze e autori delle immagini 106
Licenze della voce
Licenza 107
4. Vittime di Cosa Nostra 1
Vittime di Cosa Nostra
Elenco delle vittime di Cosa Nostra in Italia. In totale le vittime di Cosa Nostra risultano essere
approssimativamente più di 5000.
XIX secolo
Anni 1860
• Giovanni Corrao (3 agosto 1863).
Anni 1870
• Mario Pàncari (12 marzo 1871) giovane benvoluto, onesto e di retti principi, aspirante ad amministrare la sua
città. Ucciso una sera con una fucilata al petto nel pieno centro di Vittoria (RG). Mandante Giombattista
Mazza-Iacono del clan Iacono.
Anni 1890
• Francesco Gebbia (10 ottobre 1892), consulente legale, Consigliere comunale di opposizione del Comune di
Mezzojuso, assassinato nella piazza del paese a fucilate.
• Emanuele Notarbartolo (1 febbraio 1893), ex sindaco di Palermo,
ex direttore generale del Banco di Sicilia.
• Emanuela Sansone (1896)
• Antonino D'Alba (1897), membro della cosca di Falde.
• Vincenzo Lo Porto e Giuseppe Caruso (24 ottobre 1897), due
cocchieri affiliati alla cosca dell'Olivuzza.
XX secolo
Emanuele Notarbartolo
5. Vittime di Cosa Nostra 2
Anni 1900
• Luciano Nicoletti (14 ottobre 1905), contadino socialista,
impegnato nelle affittanze collettive per ottenere la gestione
delle terre da parte dei contadini. Ucciso a Corleone (PA).
• Andrea Orlando (13 gennaio 1906), medico chirurgo nonché
consigliere comunale socialista di Corleone, sosteneva
anch'egli le affittanze collettive. Ucciso a Corleone (PA).
• Giuseppe (Joe) Petrosino (12 marzo 1909), figlio di
emigranti, divenne ben presto tenente della polizia di New
York, in particolare dell'Italian Legion, cioè gruppi di agenti
italiani, a suo giudizio indispensabili per combattere la
mafia americana. Stimato da Roosevelt per il suo impegno
costante nel cercare di sconfiggere la mafia, allora chiamata
Mano Nera, assicurò alla giustizia boss di alto calibro. Capì
che la mafia, a New York, aveva le sue radici in Sicilia,
tant’è che intraprese un viaggio in Sicilia per infliggerle il
colpo mortale.
Anni 1910
Joe Petrosino.
• Lorenzo Panepinto (16 maggio 1911), maestro elementare
nonché consigliere comunale socialista a Santo Stefano
Quisquina, si batteva per i diritti dei contadini contro lo strapotere dei feudatari collusi. Viene ucciso Santo
Stefano Quisquina.
• Mariano Barbato (1914), esponente di spicco del Partito socialista del tempo, viene ucciso nel 1914.
• Giorgio Pecoraro (1914).
• Bernardino Verro (3 novembre 1915), sindaco socialista di Corleone si batteva anch'egli per le affittanze
collettive.
• Giorgio Gennaro (1916), prete non gradito a Cosa Nostra, viene ucciso a Ciaculli (PA) per aver denunciato il
ruolo dei mafiosi nell'amministrazione delle rendite ecclesiastiche.
• Giovanni Zangara (29 gennaio 1919), dirigente contadino e assessore della giunta socialista a Corleone, viene
ucciso a Corleone (PA).
• Costantino Stella (6 luglio 1919), arciprete di Resuttano, era uscito dalla sacrestia e si era dedicato ad importanti
attività sociali. Viene accoltellato il 19 giugno per poi morire il 6 luglio a Resuttano (CL).
• Giuseppe Rumore (22 settembre 1919), segretrario della Lega contadini, viene ucciso a Prizzi (PA).
• Alfonso Canzio (19 dicembre 1919), presidente della Lega per il miglioramento agricolo, viene ucciso a
Barrafranca (EN).
Anni 1920
• Giuseppe Zaffuto (morto il 26 dicembre 1920), Gaetano Circo (morto a Palermo il 4 febbraio 1921), Calogero
Faldetta (morto a Palermo il 31 dicembre 1920), Carmelo Minardi (morto a Palermo il 26 dicembre 1920),
Salvatore Varsalona (morto il 27 dicembre 1920): il 26 dicembre 1920, quattro persone incappucciate, rimaste
sconosciute, lanciarono una bomba all'interno della sezione socialista di Casteltermini (sita in via Nazario Sauro),
in quel momento piena di militanti. L'esplosione provocò, oltre a numerosi feriti, la morte del prof. Zaffuto,
segretario locale, insieme a quattro contadini iscritti al partito. Dall'accertamento compiuto dai carabinieri,
incaricati di indagare sul grave attentato, risultò che l'atto criminale venne compiuto dalla mafia della Valle del
6. Vittime di Cosa Nostra 3
Platani, «perché le cooperative agricole socialiste avrebbero provocato la fine dei campieri della mafia che
indisturbati imperavano su tutte le campagne e su tutti i i proprietari».
• Nicola Alongi (1 marzo 1920), dirigente socialista e anima del movimento contadino, viene ucciso a Prizzi (PA).
• Paolo Li Puma e Croce Di Gangi (settembre 1920), contadini nonché consiglieri comunali socialisti di Petralia
Soprana, vengono uccisi a Petralia Soprana (PA).
• Paolo Mirmina (3 ottobre 1920), combattivo sindacalista socialista, viene ucciso a Noto (SR).
• Antonino Scuderi (9 ottobre 1920), segretario della cooperativa agricola nonché consigliere comunale socialista di
Paceco, viene ucciso a Paceco (TP).
• Giovanni Orcel (14 ottobre 1920), segretario dei metalmeccanici di Palermo nonché promotore (assieme ad
Alongi) del collegamento tra movimento operaio e movimento contadino nel palermitano. Era il candidato
socialista alla provincia di Palermo quando viene ucciso a Palermo.
• Giuseppe Monticciolo (27 ottobre 1920), presidente socialista della Lega per il miglioramento agricolo, viene
ucciso a Trapani.
• Stefano Caronia (1920), arciprete di Gibellina.
• Pietro Ponzo (1921).
• Vito Stassi (1921), dirigente del movimento dei contadini, viene ucciso a Piana degli Albanesi (PA).
• Giuseppe Cassarà e Vito Cassarà (1921).
• Giuseppe Compagna (29 gennaio 1921), contadino nonché consigliere comunale socialista di Vittoria.
• Domenico Spatola, Mario Spatola, Pietro Spatola e Paolo Spatola (febbraio 1922), parenti di Giacomo Spatola
(presidente della locale società agricola cooperativa). Tutti uccisi a Paceco.
• Sebastiano Bonfiglio (11 giugno 1922), sindaco di Erice nonché membro della direzione del Partito Socialista,
viene ucciso a Erice (TP).
• Antonino Ciolino (1924).
Anni 1940
• Antonio Mancino (2 settembre 1943), carabiniere
• Santi Milisenna (27 maggio 1944), segretario della federazione comunista di Enna
• Andrea Raia (6 agosto 1944), organizzatore comunista
• Calogero Comajanni (28 marzo 1945), guardia giurata, viene ucciso una mattina a Corleone (PA). La sua colpa
era stata quella di arrestare un boss in erba del calibro di Luciano Liggio.
• Filippo Scimone (1945), maresciallo dei carabinieri, viene ucciso nel 1945 a San Cipirello (PA).
• Calcedonio Catalano (1945).
• Nunzio Passafiume (7 giugno 1945), sindacalista
• Agostino D'Alessandro (11 settembre 1945), segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi
• Calogero Cicero, carabiniere semplice, viene ucciso in un conflitto a fuoco con dei banditi il 18 settembre 1945 a
Palma di Montechiaro (AG).
• Fedele De Francisca, carabiniere semplice, viene ucciso anch'egli in un conflitto a fuoco con dei banditi il 18
settembre 1945 a Palma di Montechiaro (AG).
• Michele Di Miceli, viene ucciso nel 1945.
• Mario Paoletti, viene ucciso nel 1945.
• Rosario Pagano, viene ucciso nel 1945
• Giuseppe Scalia (25 novembre 1945), segretario della Camera del Lavoro
• Giuseppe Puntarello (4 dicembre 1945), segretario della sezione di Ventimiglia (PA) del Partito Comunista
• Gaetano Guarino (16 maggio 1946), sindaco socialista di Favara (AG)
• Marina Spinelli, viene uccisa per sbaglio il 16 maggio 1946 a Favara
• Pino Camilleri (28 giugno 1946), sindaco socialista di Naro (AG)
7. Vittime di Cosa Nostra 4
• Nicolò Azoti, segretario della Camera del lavoro di Baucina (PA) colpito dalla mafia il 21 dicembre 1946 e morto
il 23 dicembre 1946
• Accursio Miraglia (4 gennaio 1947), sindacalista,
segretario della Camera confederale circondariale di
Sciacca
• Epifanio Li Puma (2 marzo 1948), sindacalista ed
esponente del Partito Socialista Italiano, capolega
della Federterra
• Placido Rizzotto (10 marzo 1948), ex-partigiano,
dirigente del Partito Socialista Italiano e segretario
della Camera del Lavoro di Corleone
• Calogero Cangelosi (2 aprile 1948), esponente del
Partito Socialista Italiano e sindacalista, segretario
della Camera del Lavoro di Camporeale
• Strage di Portella della Ginestra: 11 morti e 56
feriti (1 maggio 1947), contadini celebranti la festa
del lavoro. Dell'eccidio venne accusato il bandito
Salvatore Giuliano ma in realtà i mandanti erano alti
esponenti della Democrazia Cristiana e i grandi
mafiosi latifondisti.
• Giuseppe Biondo (22 ottobre 1948) Trapani.
Anni 1950
Accursio Miraglia.
• Salvatore Carnevale (16 maggio 1955), sindacalista
e militante del Partito Socialista Italiano di Sciara, in
provincia di Palermo.
• Giuseppe Spagnolo (13 agosto 1955), sindacalista e dirigente politico
• Pasquale Almerico (25 marzo 1957), maestro elementare, sindaco di Camporeale e segretario della sezione locale
della Democrazia Cristiana
Anni 1960
• Cataldo Tandoy (30 marzo 1960), ex capo della squadra mobile di Agrigento
• Cosimo Cristina (5 maggio 1960), giornalista
• Paolo Bongiorno (20 luglio 1960), sindacalista.
• Strage di Ciaculli (30 giugno 1963): il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli Silvio Corrao e
Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Mario Farbelli, il maresciallo dell'esercito Pasquale Nuccio e
il soldato Giorgio Ciacci, uccisi dallo scoppio di un'autobomba abbandonata dai mafiosi in campagna.
• Carmelo Battaglia (24 marzo 1966), sindacalista e dirigente politico del Partito Socialista Italiano di Tusa, in
provincia di Messina.
8. Vittime di Cosa Nostra 5
Anni 1970
• Mauro De Mauro (16 settembre 1970), giornalista.
• Pietro Scaglione (5 maggio 1971), procuratore capo di Palermo.
• Antonino Lo Russo (5 maggio 1971), autista di Pietro Scaglione.
• Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972), giornalista de "L'Ora" e de "L'Unità".
• Gaetano Cappiello (2 luglio 1975), agente di pubblica sicurezza.
• Giuseppe Russo (20 agosto 1977), tenente colonnello dei carabinieri.
• Carlo Napolitano (21 novembre 1977), presunto guardiaspalle del boss di Riesi, Giuseppe di Cristina.
• Giuseppe di Fede (21 novembre 1977), presunto guardiaspalle del boss di Riesi, Giuseppe di Cristina.
• Peppino Impastato (9 maggio 1978), giovane attivista politico e speaker radiofonico di Cinisi, in provincia di
Palermo.
• Antonio Esposito Ferraioli (30 agosto 1978), cuoco.
• Calogero Di Bona (28 agosto 1979), maresciallo ordinario in servizio presso la casa circondariale Ucciardone di
Palermo.
• Filadelfio Aparo (11 gennaio 1979), vice Brigadiere della squadra mobile di Palermo.
• Mario Francese (26 gennaio 1979), giornalista.
• Michele Reina (9 marzo 1979), segretario provinciale della Democrazia Cristiana.
• Carmine Pecorelli (20 marzo 1979), giornalista.
• Giorgio Ambrosoli (12 luglio 1979), avvocato milanese liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele
Sindona.
• Boris Giuliano (21 luglio 1979), capo della squadra mobile di Palermo.
• Cesare Terranova (25 settembre 1979), magistrato.
• Lenin Mancuso (25 settembre 1979), maresciallo morto insieme a Cesare Terranova.
Anni 1980
• Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), presidente
della Regione Siciliana.
• Emanuele Basile (4 maggio 1980), capitano dei
Carabinieri.
• Giovanni Losardo, militante comunista, già sindaco
di Cetraro e segretario capo presso la procura della
Repubblica del Tribunale di Paola. Assassinato il 21
giugno 1980.
• Gaetano Costa (6 agosto 1980), procuratore capo di
Palermo.
• Vito Lipari (12 agosto 1980), sindaco DC di
Castelvetrano (TP).
• Vito Jevolella (10 ottobre 1981), maresciallo dei
carabinieri di Palermo
• Sebastiano Bosio (6 novembre 1981), medico,
docente universitario.
• Pio La Torre (30 aprile 1982), segretario del PC
Carlo Alberto Dalla Chiesa.
siciliano.
• Rosario Di Salvo (30 aprile 1982), autista e uomo di fiducia di Pio La Torre.
• Gennaro Musella (3 maggio 1982), imprenditore.
9. Vittime di Cosa Nostra 6
• Strage della circonvallazione (16 giugno 1982):
Salvatore Raiti, Silvano Franzolin, Luigi Di Barca e
Giuseppe Di Lavore, carabinieri, e Alfio Ferlito,
boss di Catania, uccisi a colpi di fucile AK-47 dai
killer del boss Nitto Santapaola, che mirava a
prendere il posto di Ferlito.
• Paolo Giaccone (11 agosto 1982), medico legale.
• Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo
Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e
prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti
Carraro, moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e
Domenico Russo, agente di polizia, uccisi
brutalmente mentre andavano a cena a Mondello. La strage della circonvallazione.
• Calogero Zucchetto (14 novembre 1982), agente di
polizia della squadra mobile di Palermo.
• Giangiacomo Ciaccio Montalto (26 gennaio 1983), magistrato di punta di Trapani.
• Mario D'Aleo (13 giugno 1983), capitano dei carabinieri.
• Pietro Morici (13 giugno 1983), carabiniere.
• Giuseppe Bommarito (13 giugno 1983), carabiniere.
• Bruno Caccia (26 giugno 1983), giudice.
• Strage di via Pipitone Federico (29 luglio 1983): Rocco Chinnici, capo dell'ufficio istruzione del Tribunale di
Palermo, Mario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Stefano Li Sacchi,
portinaio di casa Chinnici, uccisi dallo scoppio di un'autobomba, che provocò anche gravi danni alla facciata del
palazzo adiacente.
• Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), analista.
• Giuseppe Fava, (5 gennaio 1984), giornalista.
• Roberto Parisi (23 febbraio 1985), imprenditore e
presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista
Giuseppe Mangano.
• Piero Patti (28 febbraio 1985), imprenditore.
Rimane ferita anche la figlia Gaia di nove anni.
• Giuseppe Spada (14 giugno 1985), imprenditore.
• Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Asta,
signora morta nell'attentato con autobomba contro il
sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi
miracolosamente; morti anche i due figli gemelli di
Barbara Asta.
• Giuseppe Montana (28 luglio 1985), funzionario
della squadra mobile, dirigente della sezione contro i
latitanti mafiosi.
• Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della
squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto
Antiochia, agente di polizia.
• Graziella Campagna (12 dicembre 1985), Pippo Fava.
diciassettenne di Saponara (ME) che aveva
riconosciuto due latitanti.
10. Vittime di Cosa Nostra 7
• Claudio Domino (7 ottobre 1986), bambino di 11 anni che forse aveva assistito ad un sequestro di persona.
• Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo.
• Natale Mondo, (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all'attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e
Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose.
• Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione.
• Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio disabile Stefano Saetta.
• Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti, dai
microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice
(TP).
• Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di cinque mesi.
Anni 1990
• Giovanni Trecroci (7 febbraio 1990), vice-sindaco di Villa San Giovanni.
• Emanuele Piazza (16 marzo 1990), agente di polizia.
• Giuseppe Miano (18 marzo 1990), mafioso pentito.
• Gioitta Nicola (21 marzo 1990), gioielliere.
• Giovanni Bonsignore, (9 maggio 1990), funzionario della Regione Siciliana.
• Rosario Livatino (21 settembre 1990), giudice di Canicattì (AG).
• Nicolò Di Marco (21 febbraio 1991), geometra del comune di Misterbianco (CT).
• Sergio Compagnini (5 marzo 1991), imprenditore.
• Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice.
• Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket.
• Tobia Andreozzi (30 agosto 1990), ragioniere.
• Paolo Arena (27 settembre 1991), segretario DC di Misterbianco (CT).
• Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della polizia di Stato. Ucciso a Palermo da Salvatore Grigoli con
il metodo della lupara bianca perché i mafiosi di Brancaccio sospettavano fosse a conoscenza degli autori
dell'omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusava dell'omicidio indicando altri
7 complici.
• Salvo Lima (12 marzo 1992), uomo politico democristiano.
• Giuliano Guazzelli (14 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri.
• Paolo Borsellino (21 aprile 1992), imprenditore ed omonimo del giudice Paolo Borsellino.
• Strage di Capaci (23 maggio 1992): Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di
Giovanni Falcone; Antonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco
Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente
parte della scorta di Giovanni Falcone. Il mafioso pentito Giovanni Brusca si autoaccusò di aver guidato il
commando malavitoso che sistemò l'esplosivo in un tunnel scavato sotto un tratto dell'autostrada A29 all'altezza
di Capaci e fu lui a premere il pulsante del radiocomando che causò l'esplosione, proprio nel momento in cui
passavano le auto di scorta del giudice Falcone.
• Strage di via d'Amelio (19 luglio 1992): Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente
parte della scorta di Paolo Borsellino; Walter Cusina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo
Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina,
agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte
della scorta di Paolo Borsellino. Dalle recenti indagini si è scoperto che i mandanti dell'attentato, messo in atto
con un'autobomba parcheggiata sotto casa della madre del giudice Borsellino, vanno ricercati non solo all'interno
di Cosa nostra ma anche negli ambienti della politica e dei servizi segreti deviati.
• Rita Atria (27 luglio 1992), figlia di un mafioso, muore suicida dopo la morte di Paolo Borsellino, con il quale
aveva iniziato a collaborare.
11. Vittime di Cosa Nostra 8
• Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile.
• Ignazio Salvo (17 settembre 1992), esattore, condannato per associazione mafiosa.
• Paolo Ficalora (28 settembre 1992), proprietario di un villaggio turistico.
• Gaetano Giordano (10 dicembre 1992), commerciante.
• Giuseppe Borsellino (17 dicembre 1992), imprenditore, padre dell'imprenditore Paolo Borsellino ucciso otto mesi
prima, quest'ultimo omonimo del giudice Paolo Borsellino.
• Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista.
• Strage di via dei Georgofili (27 maggio 1993): Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni,
bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell'Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni;
Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni.
• Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra a
Brancaccio.
• Cosimo Fabio Mazzola (marzo 1994), ucciso perché ex fidanzato della moglie del mafioso Giuseppe Monticciolo,
ora collaboratore di giustizia: la donna, figlia del capomafia Giuseppe Argento, accettò di non sposare Mazzola
perché non appartenente al suo ambiente.
• Liliana Caruso (10 luglio 1994), moglie di Riccardo Messina, pentito.
• Agata Zucchero (10 luglio 1994), suocera di Riccardo Messina, pentito.
• Domenico Buscetta (6 marzo 1995), nipote del pentito Tommaso Buscetta.
• Carmela Minniti (1 settembre 1995), moglie di Benedetto Santapaola, detto Nitto, boss catanese.
• Serafino Famà (9 novembre 1995),avvocato penalista catanese, ucciso a pochi passi dal suo studio perché era un
esempio di onestà intellettuale e professionale.
• Giuseppe Montalto (23 dicembre 1995), agente di custodia del carcere dell’Ucciardone.
• Giuseppe Di Matteo (11 gennaio 1996), figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo. Ucciso e disciolto
in una vasca di acido nitrico.
• Antonio Barbera (7 settembre 1996), giovane di Biancavilla (CT), massacrato a diciotto anni con una decina di
colpi di pistola in testa, in un agguato in "contrada Sgarro" (Catania). Gli omicidi non hanno ricevuto alcuna
condanna dal processo, celebrato nell'aula bunker del carcere "Bicocca" di Catania; il processo è stato celebrato
anche in Corte d'appello e in Cassazione, senza che la famiglia del ragazzo venisse informata.
• Antonino Polifroni (30 settembre 1996), imprenditore di Varapodio (RC), assassinato perché non aveva ceduto ai
ricatti e alle estorsioni mafiose.
• Gaspare Stellino (12 settembre 1997), commerciante, morto suicida per non deporre contro i suoi estortori.
• Domenico Geraci (8 ottobre 1998), sindacalista.
• Filippo Basile (5 luglio 1999), funzionario della Regione Siciliana.
• Vincenzo Vaccaro Notte[1] (3 dicembre 1999), imprenditore di Sant'Angelo Muxaro (AG), assassinato perché non
accettava i condizionamenti mafiosi.
• Giueseppe Montalbano (18 novembre 1998) medico, Camporeale
12. Vittime di Cosa Nostra 9
XXI secolo
Anni 2000
• Salvatore Vaccaro Notte (5 febbraio 2000), caposquadra forestale e fratello di Vincenzo, ucciso per non essersi
piegato ai condizionamenti di una cosca locale meglio conosciuta come "Cosca dei Pidocchi".
• Giuseppe D'Angelo (22 agosto 2006), pensionato, ucciso per sbaglio davanti a un fruttivendolo del quartiere
Sferracavallo di Palermo perché scambiato per il boss Bartolomeo Spatola.
Voci correlate
• Vittime della Camorra
• Vittime della 'Ndrangheta
• Vittime della Sacra corona unita
Note
[1] Sicania (http:/ / sicania. spazioblog. it/ )
Vittime della camorra
Elenco di vittime della camorra:
anni ottanta
• Marcello Torre (11 dicembre 1980), sindaco di Pagani
• Dino Gassani (27 marzo 1981), avvocato penalista, ucciso nel suo studio per non aver voluto rinunciare alla
difesa
• Giuseppe Grimaldi (27 marzo 1981), segretario dell'Avv. Dino Gassani
• Giuseppe Salvia (14 aprile 1981), vice direttore del carcere di Napoli-Poggioreale
• Simonetta Lamberti (29 maggio 1982), figlia del giudice Lamberti di Cava de' Tirreni, lo stadio della città
metelliana è intitolato a lei
• Salvatore Nuvoletta (2 luglio 1982), carabiniere ventenne, ucciso perché accusato ingiustamente dalla camorra di
aver partecipato allo scontro a fuoco in cui morì un loro affiliato
• Antonio Ammaturo (15 luglio 1982), vicequestore della Polizia di Stato a Napoli
• Pasquale Paola (15 luglio 1982), agente che accompagnava Antonio Ammaturo
• Franco Imposimato (11 ottobre 1983), Maddaloni, ucciso per ritorsione nei confronti del fratello, il giudice
Ferdinando, e per il suo impegno sul territorio
• Giancarlo Siani (23 settembre 1985), giornalista ucciso per degli articoli che aveva scritto
• Mario Ferrillo (5 novembre 1986), impresario teatrale assassinato a Licola Mare scambiato con noto camorrista
locale lascia moglie e quattro figli di cui la più piccola Marianna di 10 anni
13. Vittime della camorra 10
anni novanta
• Nunzio Pandolfi (18 maggio 1990) , ammazzato a due anni nel rione Sanità, mentre era tra le braccia della zia,
nella stessa stanza dove c'era il padre vero obbiettivvo dell'agguato, anch'esso ucciso.
• Tobia Andreozzi (30 agosto 1990),un ragioniere incensurato, estraneo alla camorra fu eliminato per il solo fatto di
trovarsi in compagnia del vero obiettivo dei sicari.
• Fabio De Pandi, 21 luglio 1991, colpito durante un regolamento di conti
• Scamardella Palmina (1994) lasciando una figlia di un anno
• Giuseppe Diana (19 marzo 1994), parroco di Casal di Principe
• Gioacchino Costanzo (15 ottobre 1995), un bimbo di due anni, viene ucciso per mano della camorra. Era in auto
con lo zio, un pregiudicato, venditore di sigarette di contrabbando, che il “commando” di sicari aveva deciso di
eliminare[1]
• Silvia Ruotolo (11 giugno 1997)
• Alberto Vallefuoco (24 anni), Salvatore De Falco (21) e Rosario Flaminio (24), uccisi a Pomigliano d'Arco perché
scambiati per componente di una banda rivale (20 luglio 1998)[2]
• Giovanni Gargiulo, 14 anni[3]
• Giustino Perna, 30 aprile 1999, assicuratore, ucciso per una vendetta trasversale nell'ambito della faida di Pianura.
XXI secolo
• Luigi Sequino (10 agosto 2000), ragazzo ucciso a 20 anni per errore[4] [5]
• Paolo Castaldi (10 agosto 2000), ragazzo ucciso a 20 anni per errore[6]
• Valentina Terracciano (12 novembre 2000), ammazzata a due anni[7]
• Federico Del Prete (18 febbraio 2002), sindacalista
• Annalisa Durante (27 marzo 2004), ragazzina uccisa a 14 anni per errore
• Gelsomina Verde (21 novembre 2004), uccisa a 22 perché legata affettivamente ad uno scissionista
• Antonio Landieri (6 novembre 2004), disabile 25enne ammazzato per errore
• Dario Scherillo, 26 anni, ucciso il 6 dicembre 2004[8]
• Carmela Attrice (15 gennaio 2005), 47 anni[9] [10]
• Attilio Romanò (30 marzo 1975 - 24 gennaio 2005), 29 anni[11]
• Francesco Rossi (2005)
• Nunzio Giuliano (21 marzo 2005)
• Enrico Amelio (10 ottobre 2006)
• Domenico Noviello (Baia Verde, 20 maggio 2008), imprenditore ribellatosi al pizzo impostogli dal clan dei
Casalesi diversi anni prima, già sotto protezione
• Umberto Bidognetti, ammazzato il 2 maggio 2008[12] padre del pentito Domenico
• Raffaele Granata, ucciso il 11 luglio 2008, padre del sindaco di Calvizzano: ucciso per aver rifiutato di pagare il
pizzo al clan dei Casalesi
14. Vittime della camorra 11
Voci correlate
• Vittime di Cosa Nostra
• Vittime della 'Ndrangheta
• Vittime della Sacra corona unita
Collegamenti esterni
• Vittime della camorra [13] su Open Directory Project ( Segnala [14] su DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Vittime
della camorra")
• « 656 innocenti uccisi... », Internapoli.it, 21/03/2006 [15]
Note
[1] Gioacchino Costanzo (http:/ / www. studenticontrolacamorra. org/ Vittime/ Gioacchino Costanzo. html), studenticontrolacamorra.org
[2] 20 luglio 1998, tre operai uccisi per sbaglio dalla camorra (http:/ / www. pupia. tv/ notizie/ 0003534. html)
[3] « Napoli, la camorra lo uccide a 14 anni », La Repubblica, 18 febbraio 1998 (http:/ / www. repubblica. it/ online/ fatti/ faida/ faida/ faida.
html)
[4] « Una corona per ricordare Gigi e Paolo », videocomunicazioni.com, 11 agosto 2008 (http:/ / www. videocomunicazioni. com/ 2008/ 08/ 11/
una-corona-per-ricordare-gigi-e-paolo/ )
[5] « Nove anni fa Gigi e Paolo furono uccisi per errore dalla camorra », videocomunicazioni.com, 11 agosto 2009 (http:/ / www.
videocomunicazioni. com/ notizie/ nove-anni-fa-gigi-e-paolo-furono-uccisi-per-errore-dalla-camorra. html)
[6] « Una corona per ricordare Gigi e Paolo », videocomunicazioni.com, 11 agosto 2008 (http:/ / www. videocomunicazioni. com/ 2008/ 08/ 11/
una-corona-per-ricordare-gigi-e-paolo/ )
[7] Repubblica.it (http:/ / www. repubblica. it/ online/ cronaca/ bambinanapoli/ funerali/ funerali. html)
[8] « Napoli, faida senza fine giovane ucciso a colpi di pistola », La Repubblica, 6 dicembre 2004 (http:/ / www. repubblica. it/ 2004/ k/ sezioni/
cronaca/ napol/ delitto/ delitto. html)
[9] « Napoli, agguato a Scampia la faida uccide un'altra donna », La Repubblica, 15 gennaio 2005 (http:/ / www. repubblica. it/ 2004/ l/ sezioni/
cronaca/ napoli2/ donnamor/ donnamor. html)
[10] « Sei condanne per il delitto Attrice » (http:/ / www. nntp. it/ cultura-storia/ 202863-re-sei-condanne-per-il-delitto-attrice. html)
[11] 21marzo: Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia (Attilio Romanò) (http:/ / 21marzo. ilcannocchiale. it/
post/ 1392617. html)
[12] Omicidio Bidognetti (http:/ / www. delittiimperfetti. com/ show_vitt. php?id_vitt=1420)
[13] http:/ / search. dmoz. org/ cgi-bin/ search?search=Vittime+ della+ camorra& all=yes& cs=UTF-8& cat=World%2FItaliano
[14] http:/ / www. dmoz. org/ cgi-bin/ add. cgi?where=
[15] http:/ / www. internapoli. it/ articolo. asp?id=6098& src
15. Vittime della 'Ndrangheta 12
Vittime della 'Ndrangheta
Elenco di vittime della 'Ndrangheta:
Anni settanta
Giovanni Ventra consigliere comunale del PC assassinato innocentemente il 27 dicembre del 1972 a Cittanova RC
• Francesco Ferlaino Avvocato Generale della Corte d'appello di Catanzaro. Il 3 luglio 1975, mentre rientrava
nella propria abitazione a Lamezia Terme, veniva colpito alla schiena da due colpi di fucile esplosi da due
sconosciuti che si trovavano a bordo di un'autovettura. Al suo nome è intitolato il palazzo di giustizia di
Catanzaro.
• Rocco Gatto, mugnaio ed iscritto al PCI viene ucciso l'11 marzo 1977 a Gioiosa Jonica.
• Donald Mackay, attivista antidroga ucciso in Australia il 15 luglio 1977.
• Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini - operai ditta Montresor e Morselli di Verona che avevano acquistato
agrumi dai produttori della piana di Gioia Tauro turbando così il mercato agrumicolo controllato dalla
'ndrangheta- uccisi a Rizziconi il 5 gennaio 1979.
Anni ottanta
• Giuseppe Valarioti, segretario della Sezione del PCI di Rosarno. Assassinato l'11 giugno 1980.
• Giovanni Losardo, militante comunista, già Sindaco di Cetraro e Segretario capo presso la Procura della
repubblica del Tribunale di Paola. Assassinato il 21 giugno 1980.[1]
• Gennaro Musella, morto a Reggio Calabria il 3 maggio 1982
• Bruno Caccia, magistrato, morto a Torino il 26 giugno 1983
• Sergio Cosmai direttore del carcere di Cosenza (assassinato nel marzo del 1985)
• Lodovico Ligato ex parlamentare DC ed ex presidente delle Ferrovie dello Stato. Coinvolto nello "scandalo delle
lenzuola d'oro", nel novembre del 1988 fu costretto a dimettersi dalla presidenza delle Ferrovie dello Stato. Venne
assassinato in un agguato mafioso a Bocale di Reggio Calabria il 27 agosto 1989.
• Giovanni Mileto, Caposquadra Cantonieri FCL di Cittanova, assassinato in un agguato mafioso il 7 novembre
1987, sacrificatosi per salvare un'altra vita umana, riconosciuto vittima della criminalità organizzata.
• Vincenzo Grasso, rivenditore d'automobili, assassinato a Locri nel marzo 1989.
• Antonio Raffaele Talarico, guardia giurata assassinata il 2 settembre 1988 a Lamezia Terme Riconosciuto
vittima innocente della criminalità organizzata. Per difendere il suo diritto al lavoro gli è stato negato il suo diritto
alla vita.
• Francesco Ventura, tra i piu illustri imprenditori del mezzogiorno ed uomo di grande influenza politica.
Assassinato il 3 novembre del 1989 a Reggio Calabria.
Anni novanta
• Antonino Marino comandante della caserma di Platì (ucciso nel 1990)
• Nicodemo Panetta, imprenditore di Grotteria ucciso a Mammola dagli Ursini il 13 giugno 1990
• Versaci Angelo guardia municipale, ucciso il 3 settembre 1990
• Tramonte Francesco e Cristiano Pasquale, 2 netturbini uccisi sul lavoro a Lamezia Terme (CZ) il 24 maggio
1991.
• Salvatore Aversa e Lucia Precenzano, sovrintendente della Polizia di Lamezia Terme (CZ) e moglie, uccisi il 4
gennaio 1992.
• Antonino Scopelliti magistrato, ucciso da una joint-venture ndrangheta-cosa nostra il 9 agosto del 1991.
• Giuseppe Marino Vigile Urbano, ucciso in servizio nella città di Reggio Calabria il 16 aprile 1993 .
16. Vittime della 'Ndrangheta 13
• Adolfo Cartisano detto Lollò fotografo, sequestrato il 22 luglio 1993 e ritrovato morto nel 2003.
• Matteo Bottari, professore di Diagnostica e Chirurgia endoscopica dell'Università di Messina ucciso il 15
gennaio 1998.
• Luigi Ioculano medico di Gioia Tauro ucciso il 25 settembre 1998.
• Giusseppe Maria Biccheri, ucciso per sbaglio insieme alla nipotina Mariangela Ansalone 9 anni,
nell'agguato furono feriti la moglie Pignataro Maria * Annunziata, la figlia Francesca Biccheri e il nipotino
Giuseppe Maria Ansalone 7 anni (madre e fratello di Mariangela), uccisi l'8 maggio 1998 per * * sbaglio a
Oppido Mamertina(Rc)
2000
• Torquato Ciriaco avvocato, assassinato nei pressi di Lamezia Terme (1 marzo 2002)
• Gianluca Congiusta imprenditore (assassinato a Siderno il 24 maggio 2005) Sito di Congiusta [2]
• Francesco Fortugno vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, assassinato a Locri (16 ottobre 2005)
• Antonio Longo imprenditore (26 marzo 2008)
Voci correlate
• Ndrangheta
• Vittime di Cosa Nostra
• Vittime della Camorra
• Vittime della Sacra Corona Unita
Note
[1] http:/ / italy. indymedia. org/ news/ 2005/ 12/ 953112. php
[2] http:/ / www. gianlucacongiusta. org/ joomla/
17. Vittime della Sacra corona unita 14
Vittime della Sacra corona unita
Nel periodo più buio della Sacra corona unita si scatena una guerra nel brindisino, dove a farne le spese sono dei
pregiudicati di elevata postura nel clan della sacra corona unita brindisina.
Delle vittime fanno parte:
• Antonio Antonica - Capo SCU
• Nicola Petrachi - Capo "Zona Paradiso"
• Roberto Gorgoni - Capo "Zona Commenda"
• Eugenio Carbone - Capo della Sacra corona libera
• Rino Carrata
• Vincenzo Cucci Gambino - (ucciso a Milano nipote del boss Guerrieri Giuseppe colpito con il cugino Guerrieri
Giovanni figlio del Boss scampato all'agguato)
• Pino D'Alo
• Teodoro Perchinenna (clan Buccarella, ucciso in Montenegro)
• Santino Vantaggiato (ucciso dal suo braccio destro, ora pentito Vito Di Emidio, detto "Bullone")
• Nicola Luperti e Salvatore Luperti - Capi della "Zona Centro"
• Leonzio Roselli e Giacomo Casale (affiliati di Luperti, uccisi dalla lupara)
• Francesco Volpe (Clan di Emidio)
• Felice Malorgio ( ucciso a Sava)
• Marrazza
Voci correlate
• Sacra corona unita
• Sacra corona libera
• Brindisi
18. 15
Attivisti
Peppino Impastato
Giuseppe Impastato
Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un
politico, attivista e conduttore radiofonico italiano, famoso per le denunce delle attività della mafia in Sicilia, che gli
costarono la vita.
19. Peppino Impastato 16
Biografia
La vita
Peppino Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5
gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato
al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano
mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso
nel 1963 in un agguato nella sua Giulietta imbottita di tritolo).
Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia
un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino
L'idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi, partecipa, con
ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le
lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista
dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei
disoccupati.
Nel 1976 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività
culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fonda
Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli Passeggio per i campi con il cuore sospeso nel
affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia sole. Il pensiero, avvolto a spirale, ricerca il
Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici cuore della nebbia.
internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il
programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e
il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui
binari della ferrovia. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo,
simbolicamente, al Consiglio comunale.[1]
Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima e di
suicidio dopo la scoperta di una lettera scritta in realtà molti mesi prima. L'uccisione, avvenuta in piena notte, riuscì
a passare la mattina seguente quasi inosservata poiché proprio in quelle ore veniva "restituito" il corpo del presidente
della DC Aldo Moro in via Caetani a Roma.
Le accuse e le scoperte
Grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato (1916 - 2004), che rompono
pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione[2] di
Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la
matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta
l'inchiesta giudiziaria.
Il 9 maggio del 1979, il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima
manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il
paese.
Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere
istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del
1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice
mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.
20. Peppino Impastato 17
Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in
casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel
frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza
connection.
Nel gennaio 1988, il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992
lo stesso tribunale decide l'archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo
la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei
corleonesi.
Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un'istanza per la riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una
petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia
Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato
presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento
dei carabinieri subito dopo il delitto.
Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell'omicidio
assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un
ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l'udienza
preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.
I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiedono di
costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia
all'udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.
Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il
processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel
procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di
costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6
dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio
delle indagini. Nella commissione si rendono note le posizioni favorevoli all'ipotesi dell'attentato terroristico poste in
essere dai seguenti militari dell'arma: il Maggiore Tito Baldo Honorati; il maggiore Antonio Subranni; il maresciallo
Alfonso Travali.[3]
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a trent'anni di
reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo.
Cinema e musica
« Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio,
negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare,
aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco
onorato,
si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un ideale ti porterà dolore. »
(Dalla canzone I Cento Passi dei Modena City Ramblers)
• Alla vita di Peppino è dedicato il film I cento passi di Marco Tullio Giordana, con Luigi Lo Cascio nel ruolo di
Impastato. Il film è una ricostruzione abbastanza libera dell'attività di Peppino, e i "cento passi" che separavano
casa sua da quella del boss Tano Badalamenti sono non sono solo una metafora usata dal regista, ma è
effettivamente la paradossale distanza presente tra quella che era la casa di Peppino (ora Centro Impastato) e la
casa del boss (attualmente disabitata).
21. Peppino Impastato 18
• I Modena City Ramblers hanno inciso una canzone, omonima al film di Giordana, dedicata anch'essa a Peppino,
presente nell'album ¡Viva la vida, muera la muerte!.
• Il cantautore siciliano Pippo Pollina ha inciso la canzone Centopassi, ispirandosi alla vita di Peppino Impastato e
inserendola nel suo album Racconti Brevi.
• Nel 2006, il gruppo folk dei Lautari ha musicato una poesia di Peppino, Ciuri di campo. La canzone viene
eseguita da Carmen Consoli durante i suoi concerti.
• Gli Aut In Vertigo hanno inciso una canzone dal titolo Radio Aut, contenuta nell'album Welcome.
• In occasione del 30° anniversario della morte di Aldo Moro e Peppino Impastato. Roberto Rampi ha prodotto lo
spettacolo teatrale A.N.N.A. - Amore Non Ne Avremo (testo di Giuseppe Adduci, regia di Paolo Trotti, con Stefano
Annoni, Paolo Cosenza e Marta Galli).[4]
• "Vorrei" è una canzone del gruppo "I LUF" dedicato a Peppino Impastato.
• Nel 2008 i Marta sui tubi includono all'interno del loro dvd Nudi e Crudi il brano Negghia, ricavato da una poesia
di Peppino Impastato. Il brano è disponibile come download gratuito sul sito ufficiale del gruppo [5] .
• Il gruppo ska punk Talco dedica la canzone Radio Aut, contenuta nell'album Mazel Tov, a Peppino Impastato,
• Nel 2008 esce in allegato con il quotidiano Il Manifesto il doppio cd "Amore Non Avremo: 26 Canzoni per
Peppino Impastato", con la partecipazione dei seguenti artisti: Collettivo musicale "Peppino Impastato", Resina,
Riccardo Sinigallia, Le loup Garou, Marta sui tubi, Lautari e Carmen Consoli, 24 Grana, Taberna Milensis,
Modena City Ramblers, Zu, Affinità di quarta, Low Fi, One Dimensional Man, Uzeda, CPF, Gang, Bisca,
Marlene Kuntz, Radio Zapata, Amaury Cambuzat con gli Ulan Bator, Lalli, Giaccone, Libera Velo, Marina Rei,
Perturbazione, Yo Yo Mundi[6] .
Curiosità
• Al 21° Jamboree mondiale dello scautismo, raduno mondiale dello scautismo svoltosi nel Regno Unito nell'estate
2007, un noviziato AGESCI era dedicato a Peppino Impastato.
• Il 21 marzo 2009, (Giornata dedicata ai caduti contro tutte le mafie), una classe dell'ITAS "G. Deledda" di Lecce
ha intitolato la propria aula a Peppino Impastato, chiedendo alle altre di fare altrettanto con personaggi eroici dei
nostri tempi.
• Il 9 settembre 2009 Il nuovo sindaco leghista di Ponteranica (BG) fece rimuovere la targa commemorativa dalla
biblioteca comunale, dedicata un anno e mezzo prima a Peppino Impastato, scatenando molte polemiche.[7] .
• Il 31 gennaio 2010 a Manfredonia alla presenza delle autorità civili locali, del governatore della Regione Puglia
Nichi Vendola e del cantautore Roberto Vecchioni è stato inaugurato il "Laboratorio Urbano Culturale" (LUC),
centro di aggregazione giovanile, intitolato a Peppino Impastato. Grazie ad una petizione nata su facebook ed
accolta dall'Amministrazione Comunale di intitolare un luogo pubblico della città al coraggioso giovane di Cinisi.
Bibliografia
• Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, intervista a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna,
Palermo 1986, 2000
• Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato, una vita contro la mafia, Rubbettino, Soveria Mannelli
1995
• Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi all'omicidio di Giuseppe Impastato, Centro
Impastato, Palermo 1998
• Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia presentata
da Giovanni Russo Spena, Editori Riuniti, Roma 2001
• Giuseppe Impastato, Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti, (a cura di Umberto Santino), Centro Impastato,
Palermo 2002
22. Peppino Impastato 19
• Anna Puglisi – Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro Impastato,
Palermo 2005
• Augusto Cavadi, in Gente bella. Volti e storie da non dimenticare (Candida Di Vita, Don Pino Puglisi, Francesco
Lo Sardo, Lucio Schirò D'Agati, Giorgio La Pira, Peppino Impastato), Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2004.
• Claudio Fava; Marco Tullio Giordana, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, 2001. ISBN 8807816504
Voci correlate
• Radio Aut
• I cento passi
• Cosimo Cristina
Altri progetti
• Wikiquote contiene citazioni di o su Peppino Impastato
Collegamenti esterni
• Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” [8]
• peppinoimpastato.com [9]
• Intervista con Giovanni Impastato [10]
• progetto 9maggio78 [11] - spettacolo teatrale e pubblicazione
Note
[1] Nelle elezioni comunali del 14 maggio del 1978 "Peppino fu eletto consigliere comunale con 260 voti e la lista Democrazia Proletaria
conseguì il 6%: fu la prima volta che gli elettori votarono un morto" (fonte (http:/ / www. comunicalo. it/ index. php?option=com_content&
task=view& id=432& Itemid=1))
[2] CSD - HomePage (http:/ / www. centroimpastato. it/ )
[3] Fonte: Relazione Parlamentare sul caso Impastato
[4] www.9maggio78.it (http:/ / www. 9maggio78. it)
[5] Marta sui tubi (http:/ / www. martasuitubi. it) - sito ufficiale
[6] octopusrecords (http:/ / www. octopusrecords. net/ minisito/ index. html#)
[7] «"Via la targa per Peppino Impastato" Decisione shock del sindaco leghista» (http:/ / www. repubblica. it/ 2009/ 09/ sezioni/ politica/
lega-impastato/ lega-impastato/ lega-impastato. html). La Repubblica, 10-9-2009. URL consultato in data 31-10-2009.
[8] http:/ / www. centroimpastato. it/
[9] http:/ / www. peppinoimpastato. com/
[10] http:/ / www. reti-invisibili. net/ giuseppeimpastato/ articles/ art_3897. html
[11] http:/ / www. 9maggio78. it
23. 20
Politici
Michele Reina
Michele Reina (1932 – 9 marzo 1979) è stato un politico italiano, ucciso da Cosa Nostra.
Michele Reina era il segretario provinciale di Palermo della Democrazia Cristiana. Venne ucciso la sera del 9 marzo
1979 da killer mafiosi. Fu il primo politico ucciso da Cosa Nostra.
Voci correlate
• Vittime di Cosa Nostra
Collegamenti esterni
• http://www.ecorav.it/arci/cronaca/scheda3/scheda3.htm
Piersanti Mattarella
Piersanti Mattarella (a destra) in compagnia del presidente della Repubblica Sandro Pertini
Piersanti Mattarella (Castellammare del Golfo, 24 maggio 1935 – Palermo, 6 gennaio 1980) è stato un politico
italiano, assassinato dalla mafia mentre era presidente della Regione Siciliana.
24. Piersanti Mattarella 21
Biografia
Figlio di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana, e fratello di Sergio Mattarella. Crebbe con
istruzione religiosa, studiando a Roma al San Leone Magno, dei Fratelli maristi. Dopo l'attività nell'Azione cattolica,
si dedicò alla politica nella Democrazia Cristiana. Fra i suoi ispiratori ci fu Giorgio La Pira, avvicinandosi alla
corrente politica di Aldo Moro e divenendo consigliere comunale a Palermo.
Assistente ordinario all'Università di Palermo, fu eletto all'Assemblea regionale siciliana nel 1967 nel collegio di
Palermo, rieletto per tre legislature. Dal 1971 al 1978 fu assessore regionale alla Presidenza. Fu eletto presidente
della Regione Siciliana nel 1978, guidando una giunta di centro sinistra, con il sostegno esterno del PCI. Nel 1979
dopo una breve crisi politica, formò un secondo governo.
Lotta alla mafia
Rappresentò una chiara scelta di campo il suo atteggiamento alla Conferenza regionale dell'agricoltura, tenuta a Villa
Igea la prima settimana di febbraio del 1979. L'onorevole Pio La Torre, presente in quanto responsabile nazionale
dell'ufficio agrario del Partito Comunista Italiano (sarebbe divenuto dopo qualche mese segretario regionale dello
stesso partito) attaccò, con furore, l'Assessorato dell'agricoltura, denunciandolo come centro della corruzione
regionale, e additando lo stesso assessore come colluso alla delinquenza regionale. Mentre tutti attendevano che il
presidente della Regione difendesse vigorosamente il proprio assessore, sgomentando la sala, Mattarella riconobbe
pienamente la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali.
Un solo periodico sfidando il clima imposto pubblicò il resoconto, sottolineando come fosse generale lo sconcerto e
come fosse comune la percezione che si apriva, quel giorno a Palermo, un confronto che non avrebbe non potuto
conoscere eventi drammatici. Un senatore comunista e il presidente democristiano della regione si erano, di fatto,
esposti alle pesanti reazioni della mafia.[1]
Assassinio
Il 6 gennaio 1980, appena entrato in auto insieme con la moglie e col figlio per andare a messa, un killer si avvicinò
al suo finestrino e lo uccise a colpi di pistola. In quel periodo stava portando avanti un'opera di modernizzazione
dell'amministrazione regionale. Si presume che ad ordinare la sua uccisione fu Cosa Nostra, a causa del suo impegno
nella ricerca di collusioni tra mafia e politica.
Inizialmente considerato un attentato terroristico, il delitto fu indicato da Tommaso Buscetta come delitto di mafia.[2]
Secondo il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia, Giulio Andreotti era consapevole dell'insofferenza
della mafia per la condotta di Mattarella, ma non avvertì né l'interessato né la magistratura,[3] pur avendo partecipato
ad almeno due incontri con capi mafiosi aventi ad oggetto proprio la politica di Piersanti Mattarella e, poi, il suo
omicidio. Il fatto viene riportato nella sentenza del giudizio di Appello del lungo processo allo stesso Giulio
Andreotti confermata dalla Cassazione nel 2004.[4] La stessa sentenza afferma che l'allontanamento di Andreotti dal
sodalizio mafioso fu dovuta proprio all'efferato delitto Mattarella.[5]
25. Piersanti Mattarella 22
Commemorazioni
La Rai, nel trentennale della scomparsa, ha dedicato alla figura e al delitto Mattarella uno speciale prodotto da La
grande storia di RaiTre. Nel documentario di Giovanni Grasso, collaborazione di Emanuela Andreani, regia di
Alessandro Varchetta, parlano i testimoni dell'epoca e i familiari del politico assassinato.
Bibliografia
Per una ricostruzione della biografia politica di Piersanti Mattarella: P. Basile, "Le carte in regola". Piersanti
Mattarella. Un democristiano diverso, con saggio introduttivo di G.C. Marino, Centro Studi ed iniziative culturali
Pio La Torre, Palermo 2007.
Voci correlate
• Vittime di Cosa Nostra
• Vincenzo Puccio
• Vittime degli anni di piombo e della strategia della tensione nel 1980
Collegamenti esterni
• Intervista [6] a Giulio Andreotti relativa al suo processo, da Le Iene
Predecessore: Presidente della Regione Siciliana Successore:
Angelo 20 marzo 1978 - 6 gennaio Gaetano
Bonfiglio 1980 Giuliano
Note
[1] Antonio Saltini (17 febbraio 1979). A Palermo la conferenza agricola regionale: agricoltura pomo della discordia tra i partiti". Terra e Vita
(7).
[2] Tommaso Buscetta , Marimo Mannoia e Valerio Fioravanti (http:/ / www. rifondazione-cinecitta. org/ fioravanti-buscetta. html)
[3] Gli incontri tra Andreotti e i boss mafiosi al fine di discutere il delitto Mattarella sono trattati nella Sentenza Corte di Appello di Palermo 2
maggio 2003 , Parte III cap. 2 pp. 1093-1185 Presidente Scaduti, Relatore Fontana. In particolare, nelle conclusioni si legge (pp. 1514-1515):
«Del resto, ad ultimativo conforto dell’assunto, basta considerare proprio la, assolutamente indicativa, vicenda che ruota attorno all’assassinio
dell'on. Pier Santi Mattarella. Anche ammettendo la prospettata possibilità che l’imputato sia personalmente intervenuto allo scopo di evitare
una soluzione cruenta della questione Mattarella, alla quale era certamente e nettamente contrario, appare alla Corte evidente che egli
nell’occasione non si è mosso secondo logiche istituzionali, che potevano suggerirgli di respingere la minaccia alla incolumità del Presidente
della Regione facendo in modo che intervenissero per tutelarlo gli organi a ciò preposti e, per altro verso, allontanandosi definitivamente dai
mafiosi, anche denunciando a chi di dovere le loro identità ed i loro disegni: il predetto, invece, ha, sì, agito per assumere il controllo della
situazione critica e preservare la incolumità dell’on. Mattarella, che non era certo un suo sodale, ma lo ha fatto dialogando con i mafiosi e
palesando, pertanto, la volontà di conservare le amichevoli, pregresse e fruttuose relazioni con costoro, che, in quel contesto, non possono
interpretarsi come meramente fittizie e strumentali. A seguito del tragico epilogo della vicenda, poi, Andreotti non si è limitato a prendere atto,
sgomento, che le sue autorevoli indicazioni erano state inaspettatamente disattese dai mafiosi ed a allontanarsi senz’altro dagli stessi, ma è
"sceso" in Sicilia per chiedere al boss Stefano Bontate conto della scelta di sopprimere il Presidente della Regione: anche tale atteggiamento
deve considerarsi incompatibile con una pregressa disponibilità soltanto strumentale e fittizia e, come già si è evidenziato, non può che
leggersi come espressione dell’intento (fallito per le ragioni già esposte in altra parte della sentenza) di verificare, sia pure attraverso un duro
chiarimento, la possibilità di recuperare il controllo sull'azione dei mafiosi riportandola entro i tradizionali canali di rispetto per la istituzione
pubblica e di salvaguardare le buone relazioni con gli stessi, nel quadro della aspirazione alla continuità delle stesse.»
[4] Sentenze: Giulio Andreotti (http:/ / www. marcotravaglio. it/ sentenze. htm). www.marcotravaglio.it. URL consultato il 19-02-2007.
[5] Processo Andreotti, la Sentenza (http:/ / www. diritto. net/ content/ view/ 709/ 8/ ). Il Foro Penale. URL consultato il 19-02-2007.
[6] http:/ / www. iene. mediaset. it/ video/ video_1840. shtml
26. Pio La Torre 23
Pio La Torre
Parlamento italiano
Camera dei deputati
On. Pio La Torre
Luogo nascita Palermo
Data nascita 24 dicembre 1927
Luogo morte Palermo
Data morte 30 aprile 1982
Titolo di studio Laurea in Scienze Politiche
Professione Sindacalista
Partito PCI
Legislatura VI Legislatura
VII Legislatura
VIII Legislatura
Gruppo Partito Comunista Italiano
Circoscrizione Palermo
Regione Sicilia
Incarichi parlamentari
Componente della V COMMISSIONE (BILANCIO E PARTECIPAZIONI STATALI) dal 25 maggio 1972 al 4 luglio 1976
Componente della COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ESERCIZIO DEI POTERI DI CONTROLLO SULLA
PROGRAMMAZIONE E SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI ORDINARI E STRAORDINARI NEL MEZZOGIORNO
dal 20 maggio 1976 al 4 luglio 1976
Componente della COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA IN SICILIA dal 28
luglio 1972 al 23 gennaio 1973 e dal 22 febbraio 1973 al 4 luglio 1976
Componente della V COMMISSIONE (BILANCIO E PARTECIPAZIONI STATALI) dal 5 luglio 1976 al 24 gennaio 1977
Componente della XI COMMISSIONE (AGRICOLTURA E FORESTE) dal 24 gennaio 1977 al 19 giugno 1979
Componente della COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ESERCIZIO DEI POTERI DI CONTROLLO SULLA
PROGRAMMAZIONE E SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI ORDINARI E STRAORDINARI NEL MEZZOGIORNO
dal 5 agosto 1976 al 23 marzo 1977
Componente della VII COMMISSIONE (DIFESA) dal 20 settembre 1979 al 30 aprile 1982
Componente della XI COMMISSIONE (AGRICOLTURE E FORESTE) dall'11 luglio 1979 al 20 settembre 1979
Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico italiano.
Sin da giovane si impegnò nella lotta a favore dei braccianti, prima nella Confederterra, poi nella Cgil (come
segretario regionale della Sicilia) e, infine, aderendo al Partito comunista italiano. Nel 1960 entrò nel Comitato
centrale del PCI e, nel 1962 fu eletto segretario regionale. Nel 1969 si trasferì a Roma per dirigere prima la direzione
27. Pio La Torre 24
della Commissione agraria e poi di quella meridionale. Messosi in luce per le sue doti politiche, Enrico Berlinguer lo
fece entrare nella Segreteria nazionale di Botteghe Oscure. Nel 1972 venne eletto deputato, e subito in Parlamento si
occupa di agricoltura.[1] Propose una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa (Legge Rognoni-La
Torre [2] ) ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi (scopo poi raggiunto dall'associazione Libera,
che raccolse un milione di firme al fine di presentare una proposta di legge, che si concretizzò poi nella legge
109/96).
Nel 1981 decise di tornare in Sicilia per assumere la carica di segretario regionale del partito. Svolse la sua maggiore
battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, secondo La Torre, rappresentava una
minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo raccolse un milione di firme in calce ad
una petizione al Governo. Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia.
La mattina del 30 aprile 1982, insieme a Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo in auto (una Fiat 132) la
sede del partito. Alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata: alcuni uomini mascherati con il casco e
armati di pistole e mitragliette spararono decine di colpi contro i due uomini. Pio La Torre morì all'istante mentre Di
Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.
Poco dopo l'omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Dopo nove anni di indagini, nel 1991, i giudici
del tribunale di Palermo chiusero l'istruttoria rinviando a giudizio nove boss mafiosi aderenti alla Cupola mafiosa di
Cosa Nostra. Per quanto riguarda il movente si fecero varie ipotesi, ma nessuna di queste ottenne riscontri effettivi.
Nel 1992, un mafioso pentito, Leonardo Messina, rivelò che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei
corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi.
Il 30 aprile 2007 venne intitolato a Pio La Torre, dalla giunta di centrosinistra, il nuovo aeroporto di Comiso.
Nell'agosto del 2008, la nuova giunta di centrodestra decide di togliere l'intitolazione a La Torre per tornare a quella
precedente di "Generale Magliocco", un generale del periodo fascista distintosi nella guerra colonialista d'Etiopia [3]
[4]
.
Il 10 maggio 2008, a Torino, è stato presentato il libro Pio La Torre - Una Storia Italiana di Giuseppe Bascietto e
Claudio Camarca, con la prefazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si tratta della prima
biografia del politico autorizzata dalla famiglia La Torre.
Collegamenti esterni
• Raccolta di articoli su Pio La Torre [5]
• Sito del Centro studi ed iniziative culturali Pio La Torre [6]
• 27 anni dopo Pio La Torre [7]
• PUNTATA LA STORIA SIAMO NOI "L'UOMO CHE INCASTRO' LA MAFIA - PIO LA TORRE" DI
ALBERTO PUOTI [8]
• The Gang: Duecento giorni a Palermo [9]
28. Pio La Torre 25
Note
[1] Antonio Saltini, Intervista all'on. La Torre. PCI all'opposizione: quale politica agraria? Terra e vita, n. 30, 28 lug. 1979
[2] Legge 13 dicembre 1982 n. 646 - Proposta di legge n. 1581, presentata il 31 marzo 1980
[3] Scalo di Comiso, si torna al vecchio nome Cancellato La Torre. Veltroni: offensivo - Corriere della Sera (http:/ / www. corriere. it/ cronache/
08_agosto_27/ comiso_nuova_intitolazione_b8c4a60a-7447-11dd-97d8-00144f02aabc. shtml)
[4] Cancellazione e riscrittura della storia :: Il pane e le rose - classe capitale e partito (http:/ / www. pane-rose. it/ files/ index. php?c3:o12633)
[5] http:/ / www. terrelibere. it/ counter. php?file=latorre1. htm& riga=96
[6] http:/ / www. piolatorre. it/
[7] http:/ / www. pane-rose. it/ files/ index. php?c3:o14920
[8] http:/ / www. lastoriasiamonoi. rai. it/ puntata. aspx?id=702
[9] http:/ / www. thegang. it/ testi/ testi%20duecento%20giorni%20a%20palermo. htm
29. 26
Forze dell'ordine
Boris Giuliano
Boris Giuliano
Giorgio Boris Giuliano (Piazza Armerina, 22 ottobre 1930 – Palermo, 21 luglio 1979) è stato un poliziotto italiano,
investigatore della Polizia di Stato e capo della Squadra Mobile di Palermo.
Diresse le indagini con metodi innovativi e determinazione, facendo parte di una cerchia nei fatti isolata di
funzionari dello Stato che, a partire dalla fine degli anni settanta, iniziarono un'autentica lotta contro la mafia dopo
che, nella deludente stagione degli anni sessanta, troppi processi erano falliti per mancanza di prove.
Venne ucciso dal mafioso Leoluca Bagarella, che gli sparò sette colpi di pistola alle spalle.
Biografia
Le indagini sulla scomparsa di De Mauro
Brillante e determinato investigatore, Giuliano fu nominato capo della Squadra Mobile di Palermo al posto di Bruno
Contrada, suo amico fraterno poi accusato di collusione con la mafia. Delle molte vicende delle quali si è occupato,
quella intorno alla quale si imperniano tutti gli interrogativi sui motivi della sua uccisione è certamente la misteriosa
scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Improvvisamente, infatti, nel 1970 il De Mauro scomparve nel nulla, e del caso furono interessati gli alti comandi
palermitani ed i migliori investigatori della Polizia (Boris Giuliano) e dei Carabinieri (Carlo Alberto Dalla Chiesa).
Giuliano interpretò l'indagine con molta partecipazione, ben deciso a portarla sino in fondo, incontrando sul suo
cammino molti e diversi percorsi, tanti articolati scenari e numerosi possibili moventi.
De Mauro aveva avuto un passato alquanto animato e viveva un presente non meno vispo: repubblichino in gioventù,
aderì alla Xª Flottiglia MAS e restò in ottimi rapporti col suo comandante, Junio Valerio Borghese; dopo essere stato
giornalista presso la testata dell'Eni, "Il Giorno", si interessò degli interventi di Enrico Mattei nella politica siciliana
30. Boris Giuliano 27
(con quella che è nota come "Operazione Milazzo") e, dopo essere stato assunto al quotidiano "L'Ora" (si è detto, per
interessamento di Mattei) iniziò un'attività di cronista investigativo sulla mafia, quantunque slegata dalla linea
editoriale e perciò per suo conto. Scomparve dopo aver promesso al regista Francesco Rosi, che stava realizzando un
film sulla vita di Mattei, notizie importanti, tali da potergli far guadagnare, aveva detto alla figlia, una "laurea in
giornalismo".
Interessandosi all'Operazione Milazzo, De Mauro aveva sottolineato che l'intervento di Mattei aveva insediato un
governo regionale che, alla prima occasione, con una legge speciale favorì in modo smaccato i potentissimi esattori
Nino ed Ignazio Salvo, considerati vicini alla mafia che, sempre più certamente, si occupò poi di eliminare lo stesso
Mattei. Forse De Mauro aveva documenti su questo coinvolgimento, quando promise a Rosi. O forse aveva indagato
in altre direzioni, ad esempio sui traffici di droga o sulle connessioni fra la mafia ed il potere. Dulcis in fundo, De
Mauro era scomparso, con una singolare coincidenza temporale, nel momento in cui il suo vecchio Comandante
Borghese, in onore del quale aveva chiamato una figlia Junia e col quale comunque era rimasto in contatto, andava
allestendo il noto tentativo di colpo di stato, il famoso "golpe dei forestali".
Mentre i Carabinieri si indirizzavano su piste legate al traffico di droga, sul quale De Mauro poteva effettivamente
aver avuto, ma soprattutto "cercato" informazioni, Giuliano, insieme ai magistrati, approfondì la pista dell'attentato a
Mattei e finì con l'indagare l'ambiguo avvocato Vito Guarrasi, uno strano individuo che aveva preso parte in un ruolo
mai chiarito anche all'armistizio di Cassibile. Il Guarrasi, che in vita sua fu indiziato di molte cose, ma mai nulla più
che indiziato, pur non volendolo, diede a Giuliano ulteriori spunti che l'accorto investigatore avrebbe approfondito in
seguito per altre indagini.
Le indagini sulla droga
Giuliano ebbe infatti ad occuparsi di droga, parallelamente a Dalla Chiesa, sebbene non in relazione al caso De
Mauro, ed arrivò a scoprire il nascondiglio (vuoto) del latitante Leoluca Bagarella, in via Pecori Giraldi a Palermo,
nel quale si trovava un ingente quantitativo di stupefacenti. Cercando di inseguirlo attraverso i flussi di denaro
collegati al traffico, si imbatté in un libretto al portatore contenente qualche centinaio di milioni di lire, che
apparteneva a Michele Sindona, il quale sotto falsa identità si trovava in quel periodo in Sicilia avendo inscenato un
falso rapimento.
Dopo essersi incontrato con Giorgio Ambrosoli, che stava per liquidare la banca di Sindona (e che fu anch'egli poi
ucciso, solo una decina di giorni prima di lui), pare che Giuliano abbia cercato di organizzare un'apposita indagine
sul banchiere.
L'assassinio
Nel 1979, Giuliano aveva dunque esperito indagini sulla mafia, sul traffico mafioso degli stupefacenti, sui rapporti
fra mafia e politica, sul caso Mattei, sul caso De Mauro, su Sindona ed il suo falso rapimento, e forse ancora su altre
vicende che a queste dovevano collegarsi.
Il 21 luglio, mentre pagava il caffè che aveva preso in un bar di via Di Blasi, a Palermo, Leoluca Bagarella gli sparò,
a distanza ravvicinata, sette colpi di pistola alle spalle, uccidendolo.
Probabilmente dalla maggioranza degli osservatori, è stato posto in relazione l'assassinio del capitano dei Carabinieri
Emanuele Basile, ucciso a Monreale pochi mesi dopo, alle indagini che stava svolgendo in ordine all'attentato di cui
era stato vittima Giuliano. Ciò, va detto, contrasta con alcune risultanze processuali, o perlomeno con talune
asserzioni incidentalmente considerate attendibili in procedimenti di altra materia, per le quali si vorrebbe che
entrambi siano stati uccisi per aver indagato su alcuni piccoli esponenti della mafia rurale. Secondo la versione
giudizialmente accreditata - par di desumere - nonostante Giuliano si sia occupato di alcuni fra i misteri più intricati
e gravi della storia repubblicana, sarebbe morto per il fastidio arrecato ai piccoli capizona di Altofonte, paesino dei
dintorni di Monreale.
31. Boris Giuliano 28
Secondo molti osservatori, con Giuliano si spense un grande talento investigativo, un onesto funzionario di polizia
che nel suo ruolo fu una grande personalità delle istituzioni, il cui ricordo, come accade anche per altri suoi colleghi
di analogo destino, non è adeguatamente onorato, ed anzi particolarmente lasciato all'oblio. Gli interrogativi sul reale
movente del suo assassinio restano tuttora aperti, non considerandosi in genere altro che una coincidenza la sua
perpetrazione ad opera di un mafioso da lui indagato. Né vi sono verità giudiziarie capaci di stabilirne senza
alimentare dubbi.
Pare assai probabile che Giuliano stesse per scoprire qualcosa di importante, ed è forse in quella scoperta ormai
perduta che cadde per servizio.
Successore di Boris Giuliano, come capo della squadra mobile, sarà Giuseppe Impallomeni (tessera P2 n. 2213),
precedentemente allontanato dalla mobile di Firenze per un giro di tangenti, e inopinatamente, dal 309° posto della
graduatoria dei vicequestori aggiunti, era passato al 13° posto, fatto che gli consente di prendere il comando della
Mobile di Palermo. Questore del capoluogo palermitano diventa Giuseppe Nicolicchia, di cui verrà rinvenuta, tra le
carte di Castiglion Fibocchi, la domanda di affiliazione alla Loggia di Gelli.
Il proseguimento dell'opera di Boris Giuliano
Il testimone di Boris Giuliano è stato raccolto dal figlio Alessandro, anch'egli funzionario della Polizia di Stato e
valente investigatore, che nel 2001 ha scoperto ed arrestato il serial killer di Padova, Michele Profeta.
Bibliografia su Boris Giuliano
Daniele Billitteri, La Squadra dei giusti, Alberti, 2008
• Saverio Lodato e Marco Travaglio, INTOCCABILI. Perché la mafia è al potere. Dai processi Andreotti, Dell'Utri
& C. alla normalizzazione. Le verità occultate sui complici di Cosa Nostra nella politica e nello Stato.
Introduzione di Paolo Sylos Labini., (BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2005, ISBN 88-17-00537-1). I
riferimenti a Boris Giuliano sono nelle pagine 41-42.
• Saverio Lodato Trent'anni di Mafia, (BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2006, ISBN 88-17-01136-3). I
riferimenti a Boris Giuliano sono nelle pagine 10-17.
32. Lenin Mancuso 29
Lenin Mancuso
Lenin Mancuso (Rota Greca, 6 novembre 1922 – Palermo, 25 settembre 1979) è stato un poliziotto italiano.
Era il maresciallo [1] della Polizia assegnato alla scorta del giudice istruttore del Tribunale di Palermo Cesare
Terranova.
Insieme a lui venne assassinato in un agguato mafioso il 25 settembre 1979, pochissimo tempo dopo che il giudice
aveva chiesto di essere nominato capo dell'ufficio istruzione di Palermo. Gli assassini sono rimasti ignoti.
I condòmini dell'edificio sotto al quale fu ucciso (fra la via Rutelli e la via De Amicis) rifiutarono di consentire
l'apposizione di una targa che ricordasse l'accaduto, comunque a Lenin Mancuso è stata dedicata una via a
Palermo.[2]
Il figlio Carmine è un uomo politico ed un senatore la cui linea politica è fortemente improntata alla lotta alla mafia.
Collegamenti esterni
Èla guerra alla mafia la nuova [[Resistenza [3]] da ANPIpatria]
Note
[1] Commemorazione del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Mancuso: L'Auditorium della scuola piazzi dedicato alla loro memoria
(http:/ / www. comune. palermo. it/ Comune/ Avvisi/ 1998/ Settembre/ 25_settembre_1998. htm)
[2] Planimetria contenente la via (http:/ / www. unipa. it/ dct/ agap/ aree/ via_Lenin_Mancuso. pdf)
[3] http:/ / www. anpi. it/ patria_2006/ 10/ 09-12_MARINO. pdf
Emanuele Basile (carabiniere)
Emanuele Basile (Taranto, 2 luglio 1949 – Monreale, 4 maggio 1980) è stato un carabiniere italiano, ucciso da Cosa
Nostra mentre ritornava a casa con la moglie Silvana e con la figlia Barbara di quattro anni, dopo aver presenziato
nel paese alla festa del Santissimo Crocifisso.
Terzo di cinque figli, frequentò l'Accademia Militare di Modena. Prima di intraprendere la carriera militare, riuscì a
superare il test di Medicina e a sostenere il difficile esame di Anatomia, ma i sentimenti di giustizia e legalità, valori
fondamentali nella sua vita, ebbero il sopravvento sulla professione medica. Fu così che entrò nell'Arma dei
Carabinieri. Prima di giungere a Monreale comandò le compagnie di altre città, tra cui quella di Sestri Levante (GE),
e se la mafia non avesse interrotto la carriera del giovane carabiniere di 31 anni, la successiva destinazione sarebbe
stata quella di San Benedetto del Tronto (AP). Precedentemente al suo assassinio, aveva condotto alcune indagini
sull’uccisione di Boris Giuliano, durante le quali aveva scoperto l'esistenza di traffici di stupefacenti. Tuttavia,
apprestandosi a lasciare Monreale, si era premurato di consegnare tutti i risultati a cui era pervenuto a Paolo
Borsellino. La sera del 4 maggio 1980 mentre con la figlia piccola e alla moglie aspetta di assistere allo spettacolo
pirotecnico della festa del Santissimo Crocefisso a Monreale, un killer mafioso gli spara alle spalle e poi fugge in
auto atteso da due complici. Basile viene trasportato all'ospedale di Palermo dove i medici tenteranno di salvargli la
vita con un delicato intervento chirurgico ma il carabiniere muore durante l'operazione lasciando nel dolore la moglie
e lo stesso Paolo Borsellino che era corso in ospedale. Vincenzo Puccio, il suo assassino, verrà catturato dai
carabinieri subito dopo l'omicidio ma verrà assolto tre anni dopo, creando sgomento e rabbia sia nei magistrati sia nei
suoi colleghi. Tre anni dopo la sua morte, il 13 Giugno 1983, morirà ucciso il Capitano Mario D'Aleo sempre per
mano di Cosa Nostra, D'Aleo aveva preso il posto di Basile come comandante della stazione dei carabinieri di
Monreale.
33. Emanuele Basile (carabiniere) 30
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor civile
«Comandante di Compagnia distaccata, già distintosi in precedenti, rischiose operazioni di
servizio, si impegnava, pur consapevole dei pericoli cui si esponeva, in prolungate e difficili
indagini, in ambiente caratterizzato da tradizionale omertà, che portavano alla individuazione e all'arresto di
numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose operanti anche a livello internazionale. Proditoriamente
fatto segno a colpi d'arma da fuoco in un vile agguato tesogli da tre malfattori, immolava la sua giovane esistenza ai
più nobili ideali di giustizia ed assoluta dedizione al dovere.»
— Monreale (Palermo), 4 maggio 1980
Carlo Alberto Dalla Chiesa
Carlo Alberto Dalla Chiesa
Carlo Alberto Dalla Chiesa (Saluzzo, 27 settembre 1920 – Palermo, 3 settembre 1982) fu un partigiano, generale e
prefetto italiano.
« [...] ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per potere continuare a guardare serenamente negli occhi i propri
figli e i figli dei propri figli. C’è troppa gente onesta, tanta gente qualunque, che ha fiducia in me. Non posso deluderla. »
(Carlo Alberto Dalla Chiesa al figlio Nando)
Gli inizi nell'Arma dei Carabinieri
Figlio di un Carabiniere (il padre partecipò alle campagne del Prefetto Mori e nel 1955 sarebbe divenuto vice
comandante generale dell'Arma), divenne ufficiale di complemento di fanteria nel 1942, e successivamente passò
all'Arma dei Carabinieri (dove già prestava servizio il fratello Romolo [1] ) in servizio permanente effettivo e
completò gli studi di giurisprudenza. Come primo incarico viene mandato a comandare la caserma di San Benedetto
del Tronto, dove rimane circa un anno, sino alla caduta del fascismo [2] . A causa del suo rifiuto a collaborare nella
caccia ai partigiani, viene inserito nella lista nera dai nazisti, ma riesce a fuggire prima che le SS riescano a catturarlo
[3]
.
Dopo l'armistizio entrò nella Resistenza, operando in clandestinità nelle Marche, dove organizzò i gruppi per
fronteggiare i tedeschi. Nel dicembre del 1943 entrò tra le linee nemiche con le truppe alleate ritovandosi in una zona
d'Italia già liberata [4] .
34. Carlo Alberto Dalla Chiesa 31
Dopo la guerra fu inviato a comandare una tenenza a Bari, dove riesce a conseguire 2 lauree; una in giurisprudenza e
l'altra in scienze politiche [5] ( per quest'ultima segue i corsi di Laurea tenuti dall'allora docente Aldo Moro). A Bari
conosce Dora Fabbro, la ragazza che nel 1945 diventerà sua moglie. Viene inviato a Roma per seguire gli alleati nel
loro ingresso e per provvedere alla sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'Italia liberata.
Arriva poi in Campania, avendo per prima destinazione Casoria (comando di Compagnia), dove erano in corso
rilevanti operazioni nella lotta al banditismo. Durante la permanenza a Casoria, nasce la figlia Rita. Proprio in questa
lotta si distinse e nel 1949 fu pertanto inviato in Sicilia [6] , dove entrò nella formazione delle Forze Repressione
Banditismo agli ordini del Generale Ugo Luca, che oltre ad avere a che fare con criminali come il bandito Salvatore
Giuliano, si occupava anche di arginare le tensioni separatistiche attizzate dall'EVIS e da altri agitatori, nonché delle
relazioni fra queste due pericolose sacche di illegalità; nell'isola comandò il Gruppo Squadriglie di Corleone e svolse
ruoli importanti e di grande delicatezza, meritando peraltro una Medaglia d'Argento al Valor Militare [7] .
Nel novembre del 1949, nasce a Firenze il figlio, Nando Dalla Chiesa.
Da Capitano, indagò sulla scomparsa (poi rivelatasi omicidio) del sindacalista Placido Rizzotto, scoprendone il
cadavere che era stato abilmente occultato e giungendo ad indagare e incriminare l'allora emergente boss della mafia
Luciano Liggio [8] . Il posto di Rizzotto sarebbe stato preso da Pio La Torre, che Dalla Chiesa conobbe in tale
occasione e che in seguito fu anch'egli ucciso dalla mafia [9] .
Gli incarichi a Milano e Roma
Dopo il periodo in Sicilia, venne trasferito a Firenze prima, successivamente a Como e quindi presso il comando
della Brigata di Roma.
Nel 1964 passò al coordinamento del nucleo di polizia giudiziaria presso la Corte d'Appello di Milano, che poi
unificò e diresse come nuovo gruppo.
Il ritorno in Sicilia
Dal 1966 al 1973 tornò in Sicilia con il grado di colonnello, al comando della legione carabinieri di Palermo. Iniziò
particolari indagini per contrastare Cosa Nostra, che nel 1966 e 1967 sembra aver abbassato i toni dello scontro che
si era verificato nei primi anni 60.
Nel 1968 intervenne coi suoi reparti in soccorso delle popolazioni del Belice colpite dal sisma, riportandone una
medaglia di bronzo al valor civile per la personale partecipazione "in prima linea" alle operazioni, oltre che la
cittadinanza onoraria presso Gibellina e Montevago [10] .
Nel 1969 riesplode in maniera evidente lo scontro interno tra le famiglie con la strage di Viale Lazio, nella quale
perse la vita il boss Michele Cavataio. Dalla Chiesa intuì la situazione che andava configurandosi, con scontri
violente per giungere al potere tra elementi mafiosi di una nuova generazione, pronti a lasciare sulla strada cadaveri
eccellenti.
Nel 1970 svolse indagini sulla misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, il quale poco prima aveva
contattato il regista Francesco Rosi promettendogli materiale che lasciava intendere scottante sul caso Mattei [11] . Le
indagini furono svolte con ampia collaborazione fra i Carabinieri e la Polizia, sotto la direzione di Boris Giuliano,
anch'egli in seguito ucciso dalla mafia mentre iniziava ad intuire le connessioni tra Mafia e alta finanza. Nel 1971 si
trova ad indagare sulla morte del procuratore Pietro Scaglione.
Il metodo nuovo di Dalla Chiesa consiste nell'utilizzo di infiltrati, in grado di fornire elementi utili per creare una
mappa del potere di Cosa Nostra, arrivando a conoscere non solo gli elementi di basso livello, ma anche gli
intoccabili Boss.
Il risultato di queste indagini fu il dossier dei 114, nel quale si fecero per la prima volta i nomi di Gerlando Alberti e
Tommaso Buscetta come elementi centrali di molti fatti di sangue, oltre che quelli di Luciano Liggio e Michele
35. Carlo Alberto Dalla Chiesa 32
Greco. Gran parte dei nomi esposti nel dossier erano però sconosciuti all'opinione pubblica e alla magistratura. Come
conseguenza del dossier, scattarono decine di arresti dei boss [12] , e per coloro i quali non sussisteva la possibilità
dell'arresto scattò il confino. L'innovazione voluta però dal generale fu quella di non mandare i boss al confino nelle
periferie delle grandi città del nord Italia, ma pretese che le destinazioni fossero le isole di Linosa, Asinara e
Lampedusa [13] .
In Piemonte, la lotta alle Brigate Rosse
Nel 1973 fu promosso al grado di generale di brigata, nel 1974 divenne comandante della regione militare di
nord-ovest, con giurisdizione su Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria [14] .
Si trovò cosi a dover combattere il crescente numero di episodi di violenza portati avanti dalle Brigate Rosse, e al
loro crescente radicarsi negli ambienti operai. Per fare ciò, utilizza i metodi che già aveva sperimentato in Sicilia,
infiltrando alcuni uomini all'interno dei gruppi terroristici al fine di conoscere perfettamente gli schemi di potere del
gruppo [15] [16] .
Nell'aprile del 1974 viene rapito dalle Brigate Rosse il giudice genovese Mario Sossi, con il quale le Br volevano
barattare la liberazione di 8 detenuti della banda 22 ottobre [17] .
Ad Alessandria, una rivolta dei detenuti che avevano preso degli ostaggi viene stroncata dal procuratore generale di
Torino, Carlo Reviglio Della Veneria e dal generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che ordinano un
attacco militare che si conclude con l’uccisione di due detenuti, di due secondini, del medico del carcere e di una
assistente sociale.
Dopo aver selezionato dieci ufficiali dell'arma, Dalla Chiesa creò nel maggio del 1974 una struttura antiterrorismo
denominata Nucleo Speciale Antiterrorismo con base a Torino.
Nel settembre del 1974 il Nucleo riuscì a catturare a Pinerolo Renato Curcio e Alberto Franceschini, esponenti di
spicco e fondatori delle Brigate Rosse, grazie anche alla determinante collaborazione di Silvano Girotto, detto "frate
mitra" [18] .
Nel febbraio del 1975 Curcio riesce ad evadere dal carcere di Casale Monferrato, grazie ad un intervento dei
compagni brigatisti capeggiati dalla moglie dello stesso Curcio, Margherita Cagol [19] .
Sempre nel 1975, i Carabinieri intervennero nel rapimento di Vittorio Gancia, uccidendo nel conflitto a fuoco
Margherita Cagol.
Nel 1976 venne sciolto il Nucleo Antiterrorismo a seguito delle critiche ricevute per i metodi utilizzati
nell'infiltrazione degli agenti tra i brigatisti e sulla tempistica dell'arresti di Curcio e Franceschini [20] .
Nel 1977 fu nominato Coordinatore del Servizio di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena, e passato generale
di divisione, ottenne in seguito (9 agosto 1978) poteri speciali per diretta determinazione governativa e fu nominato
Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo, sorta di reparto
operativo speciale alle dirette dipendenze del ministro dell'interno Virginio Rognoni, creato con particolare
riferimento alla lotta alle Brigate rosse ed alla ricerca degli assassini di Aldo Moro [21] .
La concessione di poteri speciali a Dalla Chiesa fu veduta da taluni come pericolosa o impropria (le sinistre estreme
la catalogarono come "atto di repressione").
Dopo la morte di Aldo Moro, Dalla Chiesa decise di stringere il cerchio intorno ai vertici delle Brigate Rosse.
Nel frattempo, nel febbraio del 1978, Dalla Chiesa aveva perso la moglie Dora, stroncata in casa a Torino da un
infarto. Per il Generale fu un duro colpo che lo lasciò per qualche tempo nella disperazione, e lo costrinse
successivamente a dedicarsi completamente alla lotta contro i brigatisti [22] [23] .
In una perquisizione successiva a due arresti ( Lauro Azzolini e Nadia Mantovani) in via Monte Nevoso a Milano,
vengono ritrovate alcune carte riguardanti Aldo Moro, tra cui un presunto memoriale dello stesso Moro [24] .
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Nel 1979 viene trasferito nuovamente a Milano per comandare la prestigiosa Divisione Pastrengo sino al dicembre
1981.
Particolarmente importanti, furono i successi contro le Brigate Rosse ottenuti a seguito della sanguinosa irruzione di
via Fracchia, e l'arresto di Patrizio Peci [25] (che con le sue rivelazioni contribuì a sconfiggere le Br [26] ) e Rocco
Micaletto.
Nel 1982 viene promosso Vice Comandante Generale dell'Arma, la massima carica per un Carabiniere [27] .
Il ritorno in Sicilia per combattere Cosa Nostra
Nel 1982 viene nominato prefetto di Palermo, nel tentativo di ottenere contro Cosa Nostra gli stessi risultati brillanti
ottenuti contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso da tale nomina, ma venne convinto
dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall'ordinario per contrastare la guerra tra le cosche che
insanguinava l'isola.
Il 12 luglio nella cappella del castello di Ivano Faceno, in provincia di Trento, sposò in seconde nozze Emanuela
Setti Carraro.
A Palermo, dove arrivò ufficialmente nel maggio del 1982, lamentò più volte la carenza di sostegno da parte dello
stato (emblematica la sua amara frase: "Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di
Forlì".
In una intervista rilasciata a Giorgio Bocca, il Generale dichiarò ancora una volta la carenza di sostegno e di mezzi,
necessari per la lotta alla mafia, che nei suoi piani doveva essere combattuta strada per strada, rendendo palese la
massiccia presenza di forze dell'ordine alla criminalità [28] .
Comincia ad ottenere i primi successi investigativi, con i carabinieri che irrompono durante un blitz e arrestano 10
boss corleonesi, e successivamente scoprono e smantellano una raffineria di eroina.
Nel giugno del 1982 riesce a sviluppare, come già aveva fatto in passato, una sorta di mappa dei boss della nuova
Mafia, che chiama rapporto dei 162. Poi inizia una lunga serie di arresti, di indagini, anche in collaborazione con la
Guardia di Finanza, che hanno come obbiettivo quello di appurare eventuali collusioni tra politica e Cosa Nostra [29]
.
Per la prima volta, con una telefonata fatta ai carabinieri di Palermo a fine agosto, Cosa Nostra sembrò annunciare
l'attentato al Generale, dichiarando che dopo gli ultimi omicidi di mafia l'operazione Carlo Alberto è quasi conclusa,
dico quasi conclusa [30] [31] .