1. Il mito e il poema. Il proemio dell'Iliade. Lezione di ricapitolazione a cura del prof. Augusto Marra
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4. Che cos’è il mito ? Il mito non è una favola: quest’ultima, infatti, tenta di creare un luogo fantastico in cui potersi rifugiare, lontano dai pericoli del mondo. Il racconto mitico, invece, non nega la tragicità della vita, né il fatto che l’esistenza umana è sofferente per i suoi limiti, ma cerca di dare un senso a tutto ciò.
8. L’Eroe Incarna il senso religioso tipico dello spirito classico: siamo di fronte ad un essere mortale, che però ha in sé qualcosa di divino, qualcosa che lo spinge a desiderare l’infinito. Sente che è chiamato ad imprese epiche eppure si rende conto del proprio limite, della propria incapacità di soddisfare la sua sete di Infinito. Questo è il dramma dell’uomo di tutti i tempi, il dramma che anche Leopardi ci comunica nei suoi versi… Sento ch’ad alte imprese il cor mi chiama. A morir non son nato, eterno sono Che ‘ndarno ‘l core eternità non brama. Canto V, Appressamento della morte , G. Leopardi
15. Iliade Poema in cui si raccontano le vicende relative all’ultimo anno della guerra di Troia : ci viene descritta la lotta che infuria tra Achei e Troiani, all’interno della quale spiccano alcuni episodi che catalizzano l’attenzione sui singoli (duello Aiace – Ettore; duello Achille – Ettore). L’ira di Achille è il tema che pervade tutta la narrazione e che da una sorta di chiave di lettura alla vicenda, che però resta sempre una storia di popoli.
17. Achille Questo eroe è caratterizzato dal suo desiderio di immortalità: ogni suo gesto ha come scopo quello di scolpire il suo nome nella memoria dei posteri. Egli sente su di sé il dramma di essere chiamato, dal destino ad una vita epica: egli sa che troverà la morte sotto le mura di Troia, ma non la teme perché sa che soccombere valorosamente sotto i colpi dei nemici è l’unica speranza che ha per raggiungere l’eterno.
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19. Achille Il finale dell’opera è interessante: le lacrime dei due nemici Achille e Priamo, che entrambi versano al pensiero dei loro cari defunti , rappresentano una sorta di purificazione rispetto all’ira che caratterizza tutta la vicenda; simboleggiano, inoltre, l’incapacità dell’uomo, seppur uomo-dio, di darsi la felicità. Di fronte alla morte, l’eroico Pelide, a cui tutto sembrava possibile, deve arrendersi .
21. Il proemio Il proemio (dal greco pro = prima; oimos = strada) è la parte iniziale di un'opera epica, che funge da introduzione e individua il tema fondamentale della vicenda. Le sue caratteristiche principali sono due: - riassunto e presentazione della vicenda; - invocazione alla Musa .
23. Le muse ll loro nome deriva probabilmente dal verbo muéo , che significa “iniziare ai misteri”, “introdurre al segreto delle cose”. Sono nate dall'unione tra Zeus e Mnemòsune, che era la dea della memoria. Le Muse, infatti, vengono anche chiamate Mnéiai (le Memorie) e nascono per conoscere e per ricordare, ma soprattutto per tramandare quanto merita.
24. Nate alle pendici dell’ Olimpo , esse erano state subito portate sull’ Elicona , uno dei due monti – l’altro è il Parnaso – che dominano Delfi, il luogo sacro per eccellenza, “l’ombelico del mondo”, dove sorgeva il santuario di Apollo con il suo celebre oracolo. E di Apollo, loro fratello, dio dell’ordine cosmico, della luce e dell'arte, formavano la corte. Le muse OLIMPO . ELICONA . PARNASO .
25. Le muse Erano nove e si diceva che ciascuna possedesse un genere artistico specifico: Clio : canto epico e storiografia Euterpe : musica dei flaut i Thalia : commedia Melpomene : Tragedia Tersicore : danza sacra Urania : astrologia Erato : poesia d'amore Polimnia: canto sacro Calliope : poesia elegiaca
26. Le muse Proprio per la loro natura, le Muse, erano invocate all'inizio della creazione artistica. Il poeta, soprattutto all'inizio della produzione epica, è il semplice tramite della divinità. L'invocazione è una vera e propria preghiera, volta a ribadire l'origine divina della poesia.
27. Il proemio Cantami o Diva, del Pelide Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei , molte anzi tempo all' Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto disegno s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa Il re de' prodi Atride e il divo Achille . Trad. Vincenzo Monti (1810) Costruzione Parafrasi
28. Costruzione O Diva cantami l'ira funesta del Pelìde Achille, che addusse agli Achei lutti infiniti, travolse all'Orco anzi tempo molte generose alme d'eroi e abbandonò lor salme orrido pasto di cani e d'augelli (così s'adempia l'alto consiglio di Giove), da quando primamente aspra contesa disgiunse l'Atride re de' prodi e il divo Achille. Torna al testo di Monti
29. Cantami, o Dea, l'ira disastrosa del Pelìde Achille, che arrecò agli Achei lutti senza fine, inviò nel regno dei morti prematuramente molte forti anime di valorosi guerrieri e lasciò i loro corpi come orribile pasto di cani e uccelli (in tal modo si compiva la volontà di Zeus), da quando inizialmente un aspro litigio divise il re dei guerrieri Agamennone e il divino Achille. Torna al testo di Monti Parafrasi
30. Vincenzo Monti Fu uno dei più grandi esponenti del Neoclassismo italiano. Quest'ultima era una corrente letteraria che si riproponeva di riprendere le forme dell'epoca classica. Ecco perché il Monti decise di tradurre l'Iliade, che rappresenta, insieme all'Odissea, la sintesi di tutta la cultura classica. La traduzione è stata fatta in endecasillabi sciolti (versi di undici sillabe non legati d rima) Torna al testo di Monti
31. Commento (verso 1) Cantami: in questo caso nel senso di “celebra”. Il poeta, che mantiene l'assoluto anonimato, sottolinea la sua funzione di tramite tra la dea e il pubblico. Siamo di fronte ad un ispirazione che potremmo definire passiva. Pelide: è il patronimico, termine che indica il vincolo con il padre. L'appartenenza ad una determinata famiglia era un aspetto decisivo, in una società come quella greca arcaica, fondata sul géenov (famiglia). Achille era figlio di Peleo e di Teti . Torna al testo di Monti Il proemio è molto cruento: sottolinea la violenza della guerra di Troia e delle morti in battaglia.
32. Commento (verso 1) Peleo era re dei Mirmidoni in Tessaglia, figlio di Eaco, re di Egina. Partecipò alla spedizione degli Argonauti in cerca del vello d'oro, ma fu famoso specialmente per il suo matrimonio con Teti, una delle Nereidi, destinata a generare un figlio più potente del padre. Per questa profezia, Zeus, padre degli dei, benché amasse Teti, aveva deciso di darla in sposa ad un mortale. Tutti gli dei presenziarono al matrimonio, tranne Eris, dea della discordia e del conflitto, che, infuriata per essere stata esclusa, gettò tra gli ospiti una mela d'oro con la scritta 'alla più bella'. L'assegnazione del frutto ad Afrodite da parte del principe troiano Paride fu la causa indiretta della guerra di Troia. Con Teti, Peleo generò Achille, e in seguito abitò con la sua sposa tra le nereidi. Torna al testo di Monti
33. Commento (verso 2) Funesta: portatrice di morte. Con questo termine si amplifica la portata distruttiva dell'ira di Achille. Infiniti: questo aggettivo rappresenta una sorta di iperbole, ovvero una esagerazione che sottolinea il forte dolore e la grande sciagura che conseguì all'abbandono del campo di battaglia da parte di Achille. Torna al testo di Monti
34. Commento (verso 3) Achei: nome con il quale, durante l'epoca micenea (1500-1000 a. C.) si indicavano genericamente tutti i greci, che altre volte sono detti Danai o Argivi. Torna al testo di Monti Orco: indica l'Ade, il regno dei morti. Interessante traduzione del Monti, che vuole indicare l'aspetto terribile e spaventoso dell'Inferno.
35. Commento (verso 4) Generose: nobili Torna al testo di Monti Travolse: ancora una volta si sottolinea l'impeto dell'ira e la sua forza incontrollabile.
36. Commento (versi 5-6) Non sempre dopo la battaglia si aveva una tregua per seppellire i cadaveri. La mancanza di sepoltura era considerata una grave offesa al morto e un impedimento all'ingresso dell'Ade. Orrido: aggettivo che mette in evidenza la bestialità del pasto. Siamo di fronte a qualcosa di abominevole e disumano. Torna al testo di Monti
37. Commento (verso 7) Alto consiglio: volontà di Zeus. Teti, infatti, aveva chiesto al re degli dei, di intervenire nella battaglia, facendo strage di Achei, per dar gloria al figlio Achille che si era ritirato dopo lo scontro con Agamennone. Torna al testo di Monti
38. Commento (verso 8) Disgiunse: verbo che sottolinea la violenza del litigio tra Achille e Agamennone. I due si erano scontrati perché il comandante della spedizione aveva arbitrariamente sottratto al Pelide la schiava Briseide. Indispettito da questo abuso di potere e sentendosi umiliato, Achille decide di ritirarsi dalla battaglia. Torna al testo di Monti
39. Commento (verso 9) Atride: patronimico di Agamennone. Questi, infatti, era figlio di Atreo, fratello di Menelao e re di Micene. Fu designato come comandante della spedizione contro Troia. A causa degli scempi compiuti dal padre morirà al ritorno in patria ucciso dalla moglie. Atreo, infatti, si era macchiato di un delitto terribile: per vendicarsi del fratello Tieste, gli fece mangiare, con l'inganno, i suoi tre figli. Si racconta che per l'orrore della vicenda anche il sole si oscurò. A causa di questo delitto cadde sulla casa di Atreo una maledizione che si compirà solo con la morte di Agamennone. Torna al testo di Monti Divo: propriamente significa simile a Zeus, per ascendenza nell'aspetto o nel valore.
40. Così tenne la freccia lontano dal corpo, come quando una madre tiene lontana una mosca dal piccolo, che dorme in un dolce sopore, e la diresse là dove le fibbie d’oro della cintura allacciavano e la corazza era doppia e difesa. Iliade IV, 130-134. Infuriava sulla pianura, uguale ad un fiume in piena tempestoso, che correndo veloce travolge gli argini; non lo trattengono gli argini messi a riparo e nemmeno i recinti delle vigne lussureggianti, se irrompe con furia quando la pioggia di Zeus lo gonfia; uno appresso all’altro gli rovinano sotto i bei campi degli uomini: così sotto il Titide si disperdevano le schiere serrate dei Troiani, e non gli resistevano, benché fossero in tanti. Iliade V, 87-94. Torna indietro