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Successo dello sciopero generale di 8 ore promosso
dalla Cgil e autonomamente dai "sindacati di base"
Piazze piene contro il governo e il
massacro sociale
Gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco chiedono alla Camusso di ritirare
la firma sull'accordo del 28 giugno e invitano Franco Di Matteo,
Responsabile del PMLI per la Campania, a indossare la loro maglietta e a
mettersi dietro il loro striscione. Ovunque il PMLI si lega ai lavoratori e li
invita a lottare per abbattere il governo Berlusconi
Ora occorre sollevare la piazza per abbattere il
massacratore sociale
Piazze piene e fabbriche, campi e uffici vuoti. Lo sciopero generale di 8 ore
promosso per il 6 settembre dalla Cgil, a cui si è aggiunto quello indetto
autonomamente dai "sindacati di base", contro il governo e il massacro sociale
ha registrato uno straordinario e per certi versi inatteso successo di adesioni e di
partecipazione alle manifestazioni.
L'adesione media allo sciopero secondo i rilevamenti della Cgil è stata del 60%.
Tale percentuale è particolarmente alta considerando che molti lavoratori non
hanno potuto scioperare perché obbligati a garantire i servizi pubblici essenziali.
Si calcola che abbiano partecipato alle circa 100 manifestazioni che si sono
tenute in tutta Italia, ben un milione di operai, lavoratori, precari, disoccupati,
pensionati, migranti, donne e giovani, studenti, artisti. 40 mila a Roma, 60 mila a
Milano, 40 mila a Napoli, 20 mila a Firenze, a Torino la più grande
manifestazione degli ultimi 15 anni. Altre decine di manifestazioni sono state
organizzate in varie città italiane dai "sindacati di base".
Altissime le adesioni nel settore metalmeccanico, chimico, tessile, dell'energia e
delle manifatture. Ma anche in quello dei trasporti e del pubblico impiego. Picchi
altissimi di adesione nell'agro-industria specie nei principali gruppi di industrie
alimentari. Particolarmente significativa la presenza in piazza dei braccianti
agricoli, sia italiani che migranti, che hanno partecipato in massa ai cortei per
protestare contro la manovra ma anche contro il lavoro nero e il caporalato nelle
campagne.
Ha sciopero circa l'80% a Mirafiori, lo stesso alla ThyssenKrupp di Terni e alla
Fincantieri di Monfalcone e di Palermo. Allo stabilimento della Marcegaglia di
Mantova ha sciopero il 70%. Alla Michelin di Cuneo ha incrociato le braccia il
75% dei lavoratori, alla Indesit di Fabriano il 65%. In Emilia-Romagna e, nello
specifico a Parma, alla Nestlè e alla Barilla Pedrignano l'adesione è del 100%
mentre alla Parmalat del 97%. In Brianza si sono astenuti dal lavoro l'80% dei
lavoratori della Arcelor Mital, il 100% di quelli della Eon e l'80% della Peg
Perego. A Milano, hanno aderito l'80% dei lavoratori della Rinascente Duomo e
dello stabilimento Alstom e il 70% dei quelli della Pirelli Tyree. In Toscana spicca
il dato del Nuovo Pignone di Firenze con l'80%, mentre alla Lucchini di Piombino
l'85%. A Monfalcone all'Ansaldo l'adesione è del 65%. Alla Fincantieri di
Palermo adesione all'82%, alla STM di Catania è stata pari all'80%. Nei trasporti
si calcolano 200 voli cancellati, metro chiuse e fermi il 60% dei treni. In
Sardegna, l'adesione media allo sciopero supera quella nazionale attestandosi
quasi al 70%.
La dimensione di queste cifre confermano che hanno aderito allo sciopero non
solo gli iscritti alla Cgil e ai "sindacati di base", ma anche molte lavoratrici e
lavoratori della Cisl e della Uil in aperta contraddizione e sfida con i propri vertici.
In alcune aziende hanno peraltro aderito allo sciopero intere RSU, dunque
compresi i rappresentanti di Cisl e Uil.
Lo sciopero generale era stato preceduto da una intensa mobilitazione sindacale
nelle settimane precedenti. Migliaia di assemblee nei luoghi di lavoro, presidi
davanti alle Prefetture, volantinaggi, gazebo, campagne su Internet per
preparare lo sciopero. Tra le iniziative più significative da segnalare le "notti
bianche" organizzate dalla Fiom Cgil davanti ad alcuni stabilimenti
metalmeccanici a Torino, Milano e Bologna alla vigilia dello sciopero, con
conclusione davanti al Senato, a piazza Navona, a Roma, nel pomeriggio del 6
settembre. Sempre la Fiom assieme ad alcuni "sindacati di base", hanno tenuto
lunedì 5 settembre, dalle 20,30 a mezzanotte un presidio davanti alla Borsa di
Milano.
Ovunque grande combattività contro il governo, il neoduce Berlusconi e i suoi
gerarchi Tremonti, Sacconi e Brunetta. I principali responsabili del massacro
sociale in atto. Ma i lavoratori non hanno risparmiato neanche i crumiri Bonanni
e Angeletti. A Roma non hanno dato ascolto nemmeno alla Camusso che
scoraggiava i fischi a Bonanni. Fischiati anche D'Alema a Genova, il sindaco di
Firenze (l'unico del "centro-sinistra" della Toscana a dissociarsi dallo sciopero)
Renzi e Bassolino a Napoli. Nel capoluogo partenopeo gli operai della Fiat di
Pomigliano d'Arco hanno chiesto alla Camusso di ritirare la firma sull'accordo
del 28 giugno: "Il 28 giugno non va dimenticato. Camusso ritira quel reato".
Particolarmente inviso ai lavoratori l'articolo 8 della manovra bis con il quale il
governo intende infliggere un colpo demolitore ai diritti sindacali e politici dei
lavoratori trasformando in legge gli effetti dell'accordo capitolazionista dello
scorso 28 giugno sui contratti e la rappresentanza sindacale (firmato
arbitrariamente anche dalla segreteria della Cgil), mettendo in discussione
pesantemente il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori e puntando a fare
diventare il modello Fiat il modello per tutto il Paese.
In tutte le piazze sono riecheggiati i canti di Bella Ciao e Fischia il vento.
Spezzoni di cortei hanno anche cantato Bandiera rossa e l'Internazionale. Fischi
invece all'indirizzo dell'inno di Mameli a Genova dove la piazza, pur invitata dal
palco, si è rifiuta di intonarlo.
Ovunque era presente il PMLI si è legato ai lavoratori in lotta. È stato così a
Roma, Biella, Milano, Varese, Mestre, Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Forlì,
Rimini, Pesaro, Prato, Firenze, Caserta, Napoli, Bari, Lecce, Catania. Molto
apprezzati i cartelli e gli slogan del Partito che invitavano ad abbattere il
massacratore sociale. A Napoli gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco hanno
invitato Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, a indossare
la loro famosa maglietta "Pomigliano non si piega!" e a sfilare dietro il loro
striscione. A Biella, Gabriele Urban, Responsabile dell'Organizzazione biellese
del PMLI e membro del Comitato Direttivo della FP-CGIL di Biella è stato
invitato, a conclusione della manifestazione, a intonare al microfono Bella ciao.
A Prato i nostri compagni hanno stretto fronte unito con compagni di base del
PRC e del PdCI per lanciare gli slogan. A Bari, applaudito dai lavoratori un
comizio-volante tenuto dal compagno Pietro Vinci da un megafono pubblico.
Interviste ai compagni Franco Panzarella, a Prato, da parte di
TV7Gold/TVRitalia e a Simone Malesci, a Firenze, da parte de "La Nazione".
Intervistati anche i compagni catanesi da TVA di Adrano.
Alle Istanze del Partito che hanno partecipato allo sciopero generale e alle
manifestazioni la Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI
ha inviato una lettera di ringraziamento nella quale fra l'altro si legge: "I dirigenti
nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi vi ringraziano
profondamente per questo ennesimo servizio che avete reso al Partito, alla
classe operaia e alle masse lavoratrici, pensionate, popolari e giovanili".
Un servizio che tutto il PMLI è impegnato a proseguire fin da subito, nei prossimi
giorni e settimane, per lottare contro la manovra del massacro sociale senza
precedenti e per convincere le masse che ora occorre sollevare la piazza per
abbattere il neoduce Berlusconi, il principale massacratore sociale.
Il nuovo Vittorio Emanuele III blinda il governo del
nuovo Mussolini
Napolitano spinge il parlamento ad
approvare al più presto e inasprire la
manovra del massacro sociale
Libertà di licenziamento

Il vertice di Arcore del 29 agosto tra Berlusconi e Bossi, affiancati dai rispettivi
gerarchi e con l'ingombrante presenza di Tremonti, ha partorito una nuova
versione ancor più mostruosa, iniqua e indigeribile della manovra che era
chiamato a "migliorare" in vista della presentazione al Senato per la prima
approvazione. Dopo sette ore di estenuante mercato nella villa del "bunga-
bunga", alla fine Berlusconi ha ottenuto quello che voleva, la cancellazione della
cosiddetta tassa di solidarietà per i redditi medio-alti, così da poter continuare a
vantarsi di non aver messo le mani nelle tasche degli italiani (ricchi), Tremonti è
riuscito a evitare il ventilato aumento dell'Iva, che vuol tenersi come risorsa per
finanziare la "riforma fiscale", e la Lega ha ottenuto la riduzione di 2 miliardi dei
tagli agli enti locali.
Cancellata anche l'abolizione delle province, rinviata a una futura legge
costituzionale, così come quella dei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti,
sostituita dall'accorpamento delle giunte e relative funzioni e competenze. Non è
stato deciso nessun taglio aggiuntivo alle indennità e ai privilegi della "casta" dei
politicanti borghesi, ma solo il dimezzamento dei parlamentari rinviato anch'esso
alla suddetta legge costituzionale. E, manco a dirlo, non è stata ipotizzata
alcuna tassa patrimoniale, neanche nella forma da burletta ventilata da
Calderoli, ma solo una inoffensiva "stretta sulle società di comodo" per fingere di
colpire l'elusione fiscale. Com'è stato possibile, allora, questo "miracolo", e con
che cosa è stato coperto il buco di 6-7 miliardi apertosi con la cancellazione
della "tassa di solidarietà" e la riduzione dei tagli agli enti locali?
Innanzi tutto si è scoperto che il famoso prelievo del 5% sopra i 90 mila euro e
del 10% sopra i 150 mila tanto odiato dal premier non era stato cancellato per
tutti, ma solo per i dipendenti privati, gli autonomi e i professionisti (compresi i
calciatori, quindi), cioè dove pescano i voti il PDL e la Lega. Rimane invece per i
dipendenti del settore pubblico, dove è in vigore dal primo gennaio per effetto
della manovra dell'anno scorso, e per le pensioni medio-alte. Un aggiustamento
quindi di sfacciato sapore elettoralistico e, come ha denunciato il presidente
dell'Associazione nazionale magistrati, anche anticostituzionale: "È nelle tasche
dei criminali che il governo deve mettere le mani, non in quelle dei soliti noti", ha
protestato infatti Palamara anche a nome di tutta la categoria dei dipendenti
pubblici.

L'ignominioso dietro-front sui riscatti pensionistici
Un'altra furbata di chiaro stampo classista ed elettoralistico, voluta
espressamente dal neoduce, è stata quella del taglio delle agevolazioni fiscali
alle cooperative, con la scusa di colpire gli abusi che pure esistono in questo
settore. Ma il vero coniglio dal cappello per far quadrare i conti è stata la
cancellazione con un tratto di penna dell'anno di servizio militare e di quelli di
università riscattati ai fini del raggiungimento dell'anzianità pensionistica; per cui
di colpo tantissimi lavoratori (si stima circa 130 mila), si sono visti allontanare da
1 a 5 anni l'andata in pensione, pur avendo pagato fior di milioni a suo tempo
per il riscatto di quegli anni.
Questa infame trovata era stata escogitata personalmente dal ministro del
Welfare e nemico giurato dei lavoratori, il neofascista ex craxiano Sacconi,
previo accordo sottobanco con i suoi amiconi Bonanni e Angeletti, ai quali aveva
garantito che avrebbe coinvolto "solo poche migliaia di persone". Quanto alla
Lega, che fino a un minuto prima minacciava sfracelli se si fosse anche solo
sfiorato il tema pensioni, Sacconi garantiva, non si sa in base a quale raffinato
calcolo, che il provvedimento non avrebbe toccato che marginalmente i suoi
elettori.
Si sa come sono andate poi le cose: l'emendamento è stato ritirato
ignominiosamente dopo neanche 48 ore, sommerso dall'indignazione popolare,
compresi tantissimi lavoratori iscritti a CISL e UIL e perfino elettori della Lega.
Ma la vicenda resta agli atti come emblematica del metodo brigantesco,
classista e mafioso con cui il neoduce e i suoi scherani le studiano la notte per
fare cassa esclusivamente sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Il dietro-front del governo sulle pensioni riapriva però il buco di 6-7 miliardi nel
saldo complessivo della manovra, che Berlusconi e Tremonti avevano garantito
alla Banca centrale europea per continuare a sostenere i titoli di Stato italiani e
"calmare i mercati". Da qui una sarabanda di nuove ipotesi di misure
compensative che nascevano e morivano nel giro di qualche ora, nell'incombere
della scadenza ultima per presentare gli emendamenti al testo del decreto
governativo per la votazione in commissione Bilancio del Senato. E tra la rabbia
del neoduce per la figuraccia del governo, sommerso nel frattempo dal nuovo
scandalo intercettazioni sui suoi loschi rapporti con Tarantini e Lavitola, che
tornava a minacciare il ricorso all'aumento di un punto o un punto e mezzo
dell'Iva e ad accarezzare l'idea del condono "tombale" per risolvere il rebus con
un colpo di mano.
Da qui anche l'interpretazione e la conseguente rappresentazione, da parte
dell'"opposizione", della manovra del governo come di una "buffonata", di un
"governo in stato confusionale" (Bersani), un "governo delle comiche" (l'Unità del
1° settembre), e così via. Ma si tratta come minimo di un grave errore di
valutazione, se non piuttosto di un modo opportunista per poter giustificare
quella "assunzione di responsabilità" che Bersani si è affrettato a garantire in
parlamento, poi confermata ufficialmente dalla capogruppo Finocchiaro,
rinunciando all'ostruzionismo e perfino alla discussione degli emendamenti per
arrivare ad un'approvazione rapidissima, nello spirito di concordia nazionale
invocato dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, e dando credito alle
ipocrite dichiarazioni di "apertura alle proposte dell'opposizione" fatte dal
premier.

Le modifiche in commissione Bilancio del Senato
A fronte infatti di qualche emendamento concesso all'"opposizione", come il
ripristino delle festività civili (1° Maggio, 25 Aprile e 2 Giugno), la rinuncia a
bloccare le tredicesime agli statali in caso di non raggiungimento degli obiettivi di
risparmio di spesa (sostituita dalla riduzione del 30% dell'indennità di risultato ai
dirigenti), la revisione annuale della spesa pubblica (spending review), la
riscossione forzata delle somme non pagate del condono tombale del 2002, il
salvataggio dei fondi Fas regionali e del sistema centralizzato di tracciamento
dei rifiuti industriali, il salvataggio dei mini enti di ricerca sotto i 70 dipendenti e
qualcos'altro, la maggioranza fascio-leghista ha blindato inesorabilmente tutte le
misure più infami, a cominciare dal famigerato articolo 8 della manovra che
abolisce praticamente per legge i contratti collettivi, consentendo ai contratti
aziendali e locali di derogare, su tutta la materia dell'organizzazione del lavoro,
alle disposizioni di legge e allo Statuto dei lavoratori, compreso l'articolo 18 sui
licenziamenti per giusta causa.
Anzi, poiché nel testo originale vi erano delle indeterminatezze che potevano
dare adito a diverse interpretazioni, la maggioranza ha voluto inserire alcune
correzioni che rendono più esplicita la facoltà di deroga, specificando anche che
è sufficiente che sia accettata dalle organizzazioni sindacali "comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale o territoriale" ovvero anche "operanti in
azienda", con riferimento anche a quanto stabilito dall'accordo interconfederale
del 28 giugno: un'autostrada aperta davanti ai sindacati gialli e filopadronali,
come CISL, UIL e UGL, per fare tabula rasa dei diritti inalienabili dei lavoratori
agendo azienda per azienda, territorio per territorio, sul modello corporativo
fascista di Pomigliano e Mirafiori rispolverato da Marchionne con l'aiuto dei
reggicoda Bonanni e Angeletti.
Come se non bastasse Berlusconi ha preteso e ottenuto che fossero cancellate
o evirate una per una, rendendole praticamente inutili, perfino le "misure
antievasione" escogitate in gran fretta da Tremonti per coprire il buco lasciato
dalla rinuncia a cancellare gli anni di riscatto delle pensioni e dalla riduzione dei
tagli ai comuni, misure che il neoduce aveva subito bollato come "sovietiche" e
da "Stato di polizia fiscale": cosicché alla norma che nega la sospensione
condizionale a chi evade più di 3 milioni è stata tolta la retroattività (chi si è già
macchiato di questo crimine, quindi, l'avrà fatta franca per sempre); le
dichiarazioni dei redditi potranno essere pubblicate online dai comuni, ma solo in
forma anonima e aggregati per categorie; ed è saltato anche l'obbligo di indicare
nella dichiarazione dei redditi le banche e altri operatori finanziari con cui si
hanno rapporti.
Particolarmente sporco è poi l'emendamento approvato in commissione con cui,
con la scusa del "risparmio" delle risorse, il governo si è attribuito una "delega
ampia" a riordinare gli uffici giudiziari, anche con accorpamenti delle piccole
procure (in pratica la loro soppressione): una furbata che, come l'articolo 8, non
ha nulla a che vedere con la necessità di far fronte alla crisi finanziaria e
riottenere la "fiducia dei mercati", ma sfrutta la manovra finanziaria come mezzo
per anticipare surrettiziamente la controriforma della giustizia per mettere sotto
controllo i pm e allentare il controllo di legalità sul territorio: per il governo è più
facile infatti controllare poche grandi procure piuttosto che una miriade di pm
indipendenti e ficcanaso. Così come particolarmente infame e razzista è
l'emendamento, imposto dalla Lega, che istituisce una tassa del 2%, con un
minimo di 3 euro, sui trasferimenti all'estero di denaro da parte di migranti privi
di iscrizione all'INPS e di codice fiscale: in pratica tutti quelli senza permesso di
soggiorno, considerati indiscriminatamente come "clandestini".

Ulteriori inasprimenti su Iva e pensioni coperti da Napolitano
La manovra emendata e blindata che sta per essere approvata dal Senato nero
col voto di fiducia, è perciò tutt'altro che una "buffonata".
Essa è invece un massacro sociale in piena regola, aggravato dalle modifiche
che vi sono state apportate in Commissione, e ulteriormente inasprita dalle
decisioni dell'ultima ora di inserirci anche l'aumento dell'Iva (dal 20 al 21%) e
l'aumento dell'età pensionabile per le donne del settore privato a quella degli
uomini già dal 2014; il tutto condito con un pizzico di demagogia a buon mercato
con la reintroduzione di un ridicolo "contributo di solidarietà" del 3% sui redditi
sopra i 300 mila euro. Infatti dopo il "venerdì nero" del 2 settembre scorso, e
ancor di più dopo il "lunedì nero" del 5, che hanno registrato crolli della Borsa di
Milano dell'ordine del 5%, superiori a tutte le altre Borse europee, e soprattutto
la nuova drammatica impennata del differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli
tedeschi, Napolitano aveva lanciato un nuovo appello alle forze parlamentari a
"far presto" ad approvare la manovra, possibilmente entro giovedì 8 settembre,
quando la BCE si riunirà per decidere se continuare o no a comprare i nostri
titoli per evitare il default (fallimento dello Stato): cioè che l'Italia, che ha già
superato la Spagna come livello di rischio, faccia la stessa fine della Grecia. E
aveva chiesto altresì che la manovra fosse "rafforzata" per renderla più credibile
ai mercati e alla BCE, suggerendo in pratica egli stesso di inserire anche
l'aumento dell'Iva e un intervento strutturale sulle pensioni. Cosa che il governo
si è subito affrettato a fare, rimangiandosi anche la parola di non ricorrere al voto
di fiducia, grazie all'alibi offertogli su un piatto d'argento dal capo dello Stato.
Ma il nuovo Vittorio Emanuele III non si è fermato qui: in precedenza aveva
voluto anche blindare il governo del nuovo Mussolini, in modo da evitare
assolutamente ogni rischio di crisi di governo in questa fase "delicata",
bocciando le ipotesi di un "governo tecnico", o di "salvezza nazionale", che
hanno cominciato a far presa anche tra la grande borghesia, come si è visto
anche al summit di Cernobbio. Intervenendo infatti in videoconferenza a quel
convegno, Napolitano aveva stroncato ogni speranza in un suo intervento per
favorire un cambio di governo, rimarcando che "fino a quando c'è un governo
che ha la maggioranza in parlamento, comunque esso agisca, io non posso
sovrappormi con il fatto, ma nemmeno con l'idea, di un governo diverso".
Poco gli importa, evidentemente, se tale maggioranza parlamentare è composta
di nominati, inquisiti e corrotti comprati a suon di milioni e di posti di potere, da
un premier sempre più immerso negli scandali e screditato anche a livello
internazionale. Che da parte sua aveva subito intascato l'appoggio del rinnegato
del Quirinale, sottolineando che "Napolitano è stato corretto. Ha messo in
guardia tutti i complottisti che sono al lavoro contro di me fuori dal parlamento",
alludendo evidentemente ai vari Montezemolo, Profumo, Monti (forse lo stesso
Tremonti, anche se adesso un po' azzoppato), e quant'altri tra i "cavalli di razza"
della borghesia si vanno facendo avanti per sostituirlo. Non a caso aveva fatto
annunciare dal suo delfino Alfano che lui sarà il candidato del "centro-destra"
anche nel 2013, senza bisogno di essere "scelto" con le primarie.
Tutto ciò non fa che confermare in maniera lampante la concretezza e la
lungimiranza della parola d'ordine del PMLI, e cioè che solo sollevando la
piazza, di cui il riuscito sciopero generale del 6 settembre indetto dalla CGIL è
solo un primo e doveroso passo, è possibile affossare la micidiale stangata
antipopolare del governo e abbattere il massacratore sociale, Berlusconi.




Per la penna del rinnegato Ferrara
Sperticato elogio de "Il Giornale" a
Napolitano
"Se il governo riuscirà a guidare il Paese nella crisi mondiale, se il Paese saprà
reggere all'urto degli isterismi collettivi, delle demagogie profuse a piene mani,
delle tentazioni destabilizzanti, una parte rilevante del merito andrà ascritta
all'asciuttezza, incisività e sapienza del capo dello Stato". Così, in un editoriale
su "Il Giornale" del 14 agosto scorso, il rinnegato Giuliano Ferrara arriva a
tributare un entusiastico riconoscimento del ruolo chiave di Napolitano a
sostegno di Berlusconi e del suo governo neofascista.
Non era mai successo finora, almeno non in maniera così esplicita, ma alla fine,
dopo la parte decisiva giocata dall'inquilino del Quirinale nel sostenere in tutti i
modi, fino in certi momenti alla vera e propria supplenza, il governo e i suoi
provvedimenti da massacro sociale nell'infuriare della crisi finanziaria e politica
di questa estate, il consigliere del nuovo Mussolini non ha potuto fare a meno di
riconoscerlo e di dargli il dovuto rilievo.
Non a caso l'editoriale è stato pubblicato subito dopo la firma di Napolitano alla
stangata antipopolare del 12 agosto, e il fatto che sia stato pubblicato sul
quotidiano di famiglia del neoduce significa che il suo contenuto è condiviso e
approvato dal "capo". L'elogio di Ferrara al nuovo Vittorio Emanuele III si fa
addirittura sperticato quando sottolinea la "differenza" tra "il comunista,
riformista ed europeista Giorgio Napolitano" e i suoi due immediati predecessori,
l'"intrigante ribaltonista antiberlusconiano" Scalfaro e l'"illuminista vicino ai
simboli", ossia massone, Ciampi: "Napolitano è di una specie assolutamente
diversa", prorompe pieno di ammirazione Ferrara, che tra l'altro ha sempre
riconosciuto a Napolitano un ruolo di suo antico maestro come antesignano di
tutti i rinnegati come lui, essendo stato il capo storico della corrente "migliorista"
del PCI, corrente della destra revisionista che spingeva il partito ad
abbandonare ogni richiamo sia pure formale al suo passato, abbracciare il
capitalismo e allearsi in modo subalterno all'allora PSI di Craxi.
Ferrara gli riconosce quindi di fatto di essere quello che noi andiamo dicendo da
quando ha conferito l'incarico di premier al neoduce, cioè di essere il nuovo
Vittorio Emanuele III, la miglior garanzia per Berlusconi di durare per tutta la
legislatura. Come quando afferma che "la sua dottrina è semplice: quando non
ci sia un'alternativa nel Parlamento o una seria circostanza di rottura
istituzionale che riguardi i rapporti tra le Camere e il Paese, il governo è quello
eletto, la legislatura è quella definita dalla legge, e i poteri dell'esecutivo
possono essere sorvegliati secondo le prerogative proprie del presidente,
possono essere stimolati con la persuasione morale, possono essere scossi
dall'iniziativa istituzionale, ma mai sovvertiti per la via di trame di palazzo e
giochi di partito o di lobby". Al punto che, conclude il rinnegato Ferrara, "alla fine
toccherà a Berlusconi, uomo di novità e di rottura, elevare un monumento
equestre al solido campione del passato, al politico integralmente formatosi
nella Repubblica dei partiti e delle ideologie, per aver compiuto la sua missione
personale combattendo la faziosità partitocratica e lobbistica e le sue inquietanti
fumisterie".
Col che ecco serviti a dovere tutti coloro, come il liberale Bersani e il moralista
borghese Scalfari, che continuano a spacciare il rinnegato del Quirinale come il
più sicuro e intransigente "baluardo" a difesa della Costituzione e della
democrazia dagli attacchi presidenzialisti e golpisti del premier.
Dall'Asset ai Titoli di Stato
Dizionario della crisi
Asset: termine inglese che indica l'insieme dei beni materiali o immateriali di
un'impresa.
Azioni: è un titolo che rappresenta una parte (quota) di proprietà di una società.
BCE: Banca centrale europea. Ha sede a Francoforte. Definisce e attua la
politica economica e monetaria dell'Unione europea
Banca d'Affari: è un istituto di credito che non permette depositi e specula con
elevato rischio. Sono considerate fra le principali responsabili della crisi
finanziaria mondiale.
Commercial papers: obbligazioni a breve emesse dalle aziende, finalizzate a
coprire necessità di breve periodo.
Credit default swaps o Cds: Contratti di assicurazione sull'insolvenza di un
debitore. È uno strumento finanziario che ha la funzione di garantire chi ha
acquisito titoli da un venditore. Più il venditore è attendibile meno alto sarà il
valore dei Cds. È considerato uno strumento speculativo per scommettere sul
possibile fallimento di uno Stato o azienda.
Debito pubblico: Detto anche debito sovrano. È il debito che uno Stato, tramite
le amministrazioni pubbliche centrali e locali, contrae con i propri cittadini (debito
interno) o con istituzioni finanziarie e Stati esteri (debito estero).
Default: Termine inglese che in economia indica il fallimento.
Ecofin: l'insieme dei ministri dell'Economia e delle Finanze degli Stati membri
dell'Unione europea.
Euribor: Euro Interbank Offered Rate, è il tasso medio con cui avvengono le
transazioni finanziarie in euro tra le grandi banche europee.
Fed: Federal Reserve. È la Banca centrale degli Stati Uniti.
Fondo Efsf: European Financial Stability Facility. È un fondo per la stabilità
finanziaria dell'Europa. Creato dalla Unione europea in occasione della crisi
finanziaria che ha colpito la Grecia. È intervenuto anche per salvare Irlanda e
Portogallo.
Ftse Mib: Acronimo di Financial Times Stock Exchange. È l'indice della Borsa
italiana che indica il valore delle azioni delle 40 maggiori aziende Italiane ed
estere, quotate alla Borsa di Milano. È l'indice di riferimento utilizzato per
indicare sinteticamente il valore del mercato azionario nella sua totalità.
Hedge Fund: fondi di investimento ad alto rendimento e ad alto rischio e
speculazione.
Indice di patrimonializzazione: misura percentualmente il finanziamento
dell'impresa ottenuto con mezzi propri piuttosto che di terzi. Tanto più elevato è
l'indice tanto più l'impresa si autofinanzia e meno ricorre a fonti esterne.
Inflazione: crescita del livello dei prezzi che si verifica in modo generalizzato su
tutti i prodotti.
Iva: Imposta valore aggiunto. Colpisce l'incremento di valore che una merce
acquista ad ogni passaggio economico. Attraverso un meccanismo di
detrazione, l'imprenditore e il lavoratore autonomo scaricano il peso dell'imposta
sull'acquirente successivo. Alla fine del processo, l'Iva grava completamente sul
consumatore finale della merce.
Obbligazioni: dette anche bond. È un prestito, per una somma e una data
determinate, concesso dall'investitore a un emittente che può essere uno Stato
(titoli di Stato, come Bot e Cct), un ente pubblico o una società privata.
L'obbligazione garantisce un rendimento a chi lo acquista e la restituzione della
somma alla scadenza.
Rapporto Deficit/PIL: È il rapporto esistente tra il debito pubblico di uno Stato e
il suo prodotto interno lordo (PIL). In base al patto di stabilità siglato a Maastricht
dai membri dell'Unione europea, il rapporto deficit/PIL deve mantenersi sotto
quota 60% per evitare debiti pubblici insostenibili.
Rating: ossia valutazione. Misura il grado di solvibilità attribuito all'emittente, ad
esempio uno Stato o un'impresa, da parte di Agenzie di rating private fuori da
qualsiasi controllo pubblico.
Short selling o vendite allo scoperto: Vendita delle azioni effettuata senza
averne la piena proprietà. Le short selling sono considerate strumenti che
agevolano la speculazione e spesso vengono sospese. Ad esempio A vende a
B azioni X a un valore Y stabilito oggi pur senza possedere le azioni che ha
venduto; A spera che il valore delle azioni X scenda nell'intervallo temporale
accettato per l'effettiva consegna, e così di guadagnare dalla transazione.
Spread: È il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato poliennali italiani e
quelli tedeschi, corrispondenti all'economia più forte. Misura la differenza del
rischio di investire nelle obbligazioni emesse dai singoli Stati. Uno Spread di 325
significa che i titoli italiani rendono il 3,25% in più dei tedeschi e dunque sono
considerati più rischiosi dagli investitori.
Subprime: i mutui subprime sono quelli concessi alle persone meno facoltose e
perciò con un elevato rischio di mancato rimborso delle rate.
Titoli di Stato: Obbligazioni a breve, medio e lungo termine emesse dagli Stati
per finanziare il debito pubblico. Alla scadenza dei termini previsti lo Stato
rimborsa il capitale investito. In Italia i Titoli di Stato a lungo termine, si chiamano
Buoni del Tesoro Poliennali BTP (con una durata che varia dai 3 ai 30 anni).



Il "sistema Sesto" muoveva fino al 2010 un colossale
giro di tangenti che coinvolgeva anche le Coop
Lo scandalo Penati è uno tsunami per
Bersani e l'intero PD
La Commissione di garanzia del PD lo copre, sospendendolo dopo che si era
già autosospeso. Gli inquirenti chiedono l'arresto dell'ex braccio destro di
Bersani per "corruzione gravissima", non concesso per prescrizione (legge
Cirielli imposta da Berlusconi)
Nel corso delle ultime settimane la scandalosa vicenda giudiziaria inerente il
colossale giro di tangenti legato alla mega speculazione immobiliare delle ex
aree industriali della Falck e Ercole Marelli di Sesto San Giovanni e
all'acquisizione dell'autostrada Milano-Serravalle da parte della Provincia di
Milano si è arricchita di nuovi e inquietanti capitoli investigativi che chiamano
direttamente in causa l'intero vertice del PD con alla testa Bersani e coinvolgono
in pieno anche la Lega delle Coop.

Penati salvato dalla Cirielli
Il 24 agosto il Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Monza Anna Magelli pur
constatando che a carico di Filippo Penati ci sono "gravi indizi di colpevolezza"
ed è dimostrata "l'esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione" da lui
"posti in essere", ha dovuto rigettare la richiesta di arresto avanzata dai Pubblici
ministeri (Pm) monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia contro l'ex capo della
segreteria politica di Pier Luigi Bersani in quanto gli episodi contestati arrivano
"fino al 2004" e quindi deve essere dichiarata "l'intervenuta prescrizione del
reato". Per la stessa ragione il Gip ha respinto l'analoga richiesta dei Pm contro
Giordano Vimercati, l'ex braccio destro di Penati.
Un bel "sospiro di sollievo" per tutto il PD che a parole dice di combattere il
neoduce Berlusconi e le sue vergognose leggi ad personam, ma poi, nei fatti,
non si schifa certo di utilizzarle per salvare i suoi "mariuoli" dalle patrie galere.

I nuovi provvedimenti giudiziari
Dall'avviso di proroga delle indagini notificato alla fine agosto a tutti gli indagati,
si è appreso che la lista degli arrestati e degli avvisi di garanzia (circa una
ventina, con alla testa Filippo Penati, ex braccio destro di Bersani, e l'attuale
sindaco di Sesto Oldrini) si è ulteriormente allungata.
In carcere, per l'affare Falck-Marelli, sono finiti Pasqualino Di Leva, ex
assessore all'edilizia al Comune di Sesto e l'architetto Marco Magni, entrambi
accusati di corruzione. Indagata a piede libero anche Nicoletta Sostaro, capo
dello sportello edilizia del Comune di Sesto, che ha riferito di una cena in un
ristorante di Milano a cui hanno partecipato l'assessore Di Leva, Giovanni
Camozzi (gruppo Zunino) e l'imprenditore delle bonifiche Giuseppe Grossi. Una
cena definita "interessante" dalla procura, alla luce di altri interrogatori in base ai
quali Zunino e Grossi, nei mesi precedenti all'acquisto dell'area Falck, nel 2005,
tentavano di accreditarsi con la nuova giunta Oldrini. Inoltre la Sostaro ha
spiegato di aver ricevuto un "panettone" con dentro 5 mila euro in contanti il 22
dicembre del 2006 dall'imprenditore sestese Piero Di Caterina, ma di aver poi
restituito i soldi senza però sporgere denuncia.
Nel registro degli indagati invece sono stati aggiunti i nomi dell'attuale direttore
generale del Comune di Sesto San Giovanni, Marco Bertoli, giovane
parlamentare dell'allora PCI negli anni '70, accusato di finanziamento illecito dei
partiti, per i "contributi" in nero sborsati da un imprenditore della sanità; e
Michele Molina, ingegnere del gruppo Percassi, amministratore delegato di Api,
società del gruppo che si occupa della progettazione di grandi centri
commerciali, come l'"Idroscalo center", in costruzione a Segrate. Il gruppo
Percassi risulta tra i principali finanziatori di "Fare Metropoli", la fondazione di
Penati, attraverso la quale la procura ipotizza che sono arrivati fondi per decine
di migliaia di euro per finanziare le campagne elettorali di Penati. La procura
vuole capire se dietro i bonifici alla fondazione "Fare Metropoli" si nascondano
vere e proprie tangenti, dato che molti dei finanziatori - banche, società, persone
fisiche - hanno avuto appalti e contratti dalla Provincia di Milano e dalle sue
società negli anni della gestione di "centro-sinistra".
Tra gli ultimi indagati figura anche Maurizio Pagani, ex manager di Banca Intesa
e oggi dirigente della controllata Biis, Banca Infrastrutture Investimenti e
Sviluppo, accusato di corruzione per aver partecipato agli incontri in cui fu
definito "il sovrapprezzo da pagare a favore di Penati e Vimercati" nell'affare
Milano-Serravalle.

L'affare Milano-Serravalle
Secondo l'imprenditore sestese Piero Di Caterina, titolare della società di
trasporti "Caronte srl" e grande accusatore di Penati insieme a Giuseppe Pasini,
Pagani ha preso parte agli "incontri" e alle "trattative" intercorse tra l'ex capo di
gabinetto della Provincia di Milano, Giordano Vimercati (braccio destro di
Penati), Antonino Princiotta (ex segretario generale della Provincia di Milano) e
Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio, per stabilire il prezzo che la
Provincia avrebbe dovuto pagare nell'operazione Milano-Serravalle, l'acquisto
da parte dell'ente guidato all'epoca da Penati del 15 per cento delle azioni della
società autostradale.
Nel decreto di perquisizione presentato a Pagani i Pm Walter Mapelli e Franca
Macchia fra l'altro scrivono che: "esistono gravi indizi sulla base di dichiarazioni
de relato (quelle di Di Caterina appunto, ndr) sull'illiceità della costruzione di una
operazione finanziaria per l'acquisto a prezzi fuori mercato di azioni
comprensivo di un ritorno economico" per i partecipanti all'operazione.
Di Caterina ha consegnato agli inquirenti anche una "copia di un documento
avuto da Princiotta nel marzo/ aprile 2010 che contiene il testo delle trattative
che si sono svolte in relazione all'acquisto della Milano Serravalle" su cui la
procura ha disposto una nuova consulenza per confermare l'incongruità
dell'operazione bocciata anche dalla Corte dei Conti che l'ha definita "priva di
qualsiasi utilità" ravvisando anche un grosso danno erariale. L'operazione,
effettuata nel 2005 dalla Provincia di Milano guidata da Penati, ha comportato
un esborso da parte dell'Ente di 235 milioni di euro per acquisire il pacchetto
azionario di Marcellino Gavio, pagando 8,973 euro l'una le azioni che al boss
delle costruzioni e delle concessioni autostradali erano costate appena 18 mesi
prima 2,9 euro.

Il coinvolgimento delle Coop
Per quanto riguarda invece la grande speculazione immobiliare sull'area ex
Falck-Marelli, il Gip Anna Magelli, scrive che "tra le condizioni previste dai
politici" c'era anche "l'ingresso delle cooperative". E nell'ambito "delle trattative",
Pasini accettò "di garantire a Penati non solo il pagamento di somme di denaro
(circa 20 miliardi di lire di tangenti ndr), ma anche altre utilità come per l'appunto
l'affidamento di parte delle opere residenziali a soggetti terzi, vicini
all'amministrazione comunale". Ossia, quelle Coop che Pasini, nell'interrogatorio
del 26 maggio, definisce "il braccio armato del partito" e con le quali "non era
opportuno litigare".
Quindi Pasini accetta le Coop - precisano i Pm - perché le riconosce come
"snodo fondamentale per il buon esito dell'affare" e per il "loro rapporto organico
con i vertici nazionali del Pds".
"Stupisce - scrivono ancora i Pm - come a fronte delle inadempienze del socio
emiliano (la Ccc non pagherà la quota per rilevare i terreni), Pasini riconosca
loro il diritto a entrare in ogni caso nell'affare senza chiedere corrispettivi né
pretendere indennizzi, ma anzi pagando mediazioni inesistenti", fino a 3,5
milioni di euro ai due professionisti Francesco Agnello e Giampaolo Salami, che
stando all'inchiesta, ricevettero quattro pagamenti da 620mila euro senza
realizzare nulla. Dazioni "destinate a regolare i conti, a spese di Pasini e non di
tasca loro, con la politica a livello centrale".
L'area Falck fu acquistata nel 2000. L'input di coinvolgere le Coop è arrivato
direttamente dall'allora sindaco di Sesto Penati e da Vimercati. Lo racconta ai
Pm Luca Pasini, figlio del costruttore Giuseppe che ha verbalizzato: "Durante la
trattativa conobbi Degli Esposti e un certo Salami come rappresentanti delle
coop: ci venne detto, mi pare da Vimercati, che avrebbero garantito la parte
romana del partito".

Il doppio livello tangentizio
Del doppio livello tangentizio e delle relative somme versate a favore del PD sia
a livello locale che nazionale per finanziare le campagne elettorali ne aveva già
parlato ai Pm Di Caterina sottolineando fra l'altro: "Loro mi dicevano che
avevano bisogno di ingenti finanziamenti e ho collegato la crescita del
fabbisogno all'esplosione delle spese della politica dovute anche alle elezioni sia
a Sesto che a livello nazionale".
In una e-mail inviata da Di Caterina a Penati e Vimercati il 26 aprile 2010 e
sequestrata dalla Gdf, l'imprenditore sestese scrive: "In questa lettera (...)
affronto l'argomento relativo ad una serie di versamenti di denaro che in oltre 10
anni, oserei dire 15 anni, ho elargito in contanti a favore di Filippo Penati. (...) Le
ultime dazioni di denaro risalgono alla campagna elettorale di quest'anno per la
candidatura alla Presidenza della Regione, per un ammontare di circa 50.000,00
Euro. Io sono stato costretto a pagare queste notevoli somme nel corso degli
anni perché nel sistema dei trasporti pubblici milanesi si è verificato un abuso da
parte di Atm nella ripartizione degli introiti di tariffazione. Da qui nasce l'esigenza
di avere una protezione politica (...)".
Tra gli atti c'è anche "l'indizio principe" che secondo gli inquirenti conferma i
loschi rapporti tangentizi tra Di Caterina, il gruppo Gavio e Penati, ossia: "Il falso
preliminare di vendita concluso il 14-11-2008 da Di Caterina e da Binasco
Bruno" che rappresenta un "mero strumento giuridico volto a fornire una
giustificazione del passaggio dal Gruppo Gavio a Di Caterina della somma di 2,5
milioni di euro" a titolo di ricompensa per la conclusione dell'affare Milano-
Serravalle.
Insomma, per il PD si sta preparando un vero e proprio tsunami giudiziario con
conseguente coinvolgimento del vertice del partito a livello nazionale oltre che
locale. Anche perché i fatti accertati sono chiari, incontrovertibili e ampiamente
suffragati da prove e raccontano che per almeno 15 anni Penati, il "proconsole"
lombardo del PCI/PDS/ e attuale leader PD del Nord Italia insieme a
Chiamparino, è stato in realtà il "Mariulo" di Bersani e di tutto il PD: il dominus di
un sistema di tangenti, il cosiddetto "sistema Sesto" messo a punto fin dai primi
anni '90 per pompare il fiume di tangenti alimentato dai centri di potere periferici
del PD e convogliato verso il centro passando per comuni, provincie e regioni.
Davanti a tali inoppugnabili prove giudiziarie, la Commissione di garanzia del PD
lo copre ulteriormente, sospendendolo dopo che si era già autosospeso, invece
di espellerlo sia pure tardivamente. Quello che si autodefiniva "il partito dalle
mani pulite" ha finito per assomigliare come una goccia d'acqua al PSI di Craxi
travolto da tangentopoli.



Napolitano firma senza batter ciglio
Alla giustizia nominato Palma, amico di
Previti e fautore dell'impunità dei corrotti
PD e "centro-sinistra" silenziosi e compiacenti

Il governo neofascista Berlusconi ha fatto un altro dei suoi capolavori ai danni
del popolo italiano con la nomina a ministro della giustizia di Nitto Francesco
Palma e ciò è avvenuto senza che né Napolitano né il "centro-sinistra" facessero
il minimo rilievo: dopo un avvocato compiacente, Alfano, è la volta di un
magistrato altrettanto compiacente agli interessi di Berlusconi e della sua cricca.
Nato a Roma nel 1950, entrato giovanissimo in magistratura, dal 1979 al 1993 è
stato sostituto procuratore della repubblica a Roma, in quella grande procura
che è giustamente chiamata "porto delle nebbie" per l'asservimento di molti
magistrati al governo e alle massime istituzioni politiche, come poi si è
realmente dimostrato con la vicenda delle dimissioni e del successivo
patteggiamento della pena del procuratore aggiunto Achille Toro travolto dallo
scandalo P4. E la collocazione politica di Palma fu evidente già nel 1994 quando
venne chiamato in qualità di capo di gabinetto dal ministro di grazia e giustizia
Alfredo Biondi. Poi nel 2001 avvenne il suo passaggio definitivo con l'elezione
come deputato nelle liste di Forza Italia e successivamente come senatore nel
2006 con la stessa lista e poi ancora come senatore nel 2008 con il Popolo della
Libertà fino alla nomina al ministero della giustizia il 27 luglio 2011.
In realtà - nonostante il nome del ministero da lui presieduto - lo scarso senso di
giustizia di quest'individuo lo si è visto già nel 2002 quando, da deputato,
propose per compiacere la cricca dei suoi amici Cesare Previti e Silvio
Berlusconi un emendamento a una norma per reintrodurre di fatto l'immunità
parlamentare, con processi e termini processuali sospesi per parlamentari in
carica, giudici costituzionali e presidente della Repubblica fino al termine del
mandato, e per di più con effetto retroattivo. La norma non passò, ma tale
proposta è indicativa per comprendere il personaggio e per capire di quali servi
si circondi Silvio Berlusconi.
Anche la sua amicizia con il pregiudicato Previti è emblematica per
comprenderne la statura morale: amicizia che si spingeva a frequentare
apertamente e di fronte a decine di invitati l'attico di piazza Farnese dove
quest'ultimo invitava deputati e senatori nell'imminenza del varo di quella che poi
diventerà la legge n. 251 del 2005 di riforma della prescrizione penale (la
cosiddetta "legge salva Previti"), legge votata anche dallo stesso Nitto Palma.
E la cosa più grave è che Palma è tuttora un magistrato, anche se le sue
funzioni rimangono sospese durante i mandati parlamentari, fatto evidente che
c'è una parte della magistratura schierata con Berlusconi che ne copre i reati e
la sua politica neofascista. Una parte di magistrati che lo servono con ogni
mezzo, lecito e illecito, ricavandone promozioni, poltrone nei ministeri o nelle più
alte istituzioni e persino elezioni assicurate al parlamento com'è il caso del
detenuto Alfonso Papa o del fascista ripulito Alfredo Mantovano.



Fondata il 30 agosto 2011
Viva la Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di
Bari
Il Partito si stringe attorno ai compagni del capoluogo
pugliese

Dal corrispondente della Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Bari
Martedì 30 agosto a Bari alcuni marxisti-leninisti hanno dato vita alla Cellula
"Rivoluzione d'Ottobre". Questo è stato un evento importante per tutto il PMLI,
che ora può contare su di una nuova cellula pronta ad adoperarsi per
l'applicazione dello Statuto e del Programma del Partito per trasformarlo in un
Gigante Rosso anche nel corpo ma è altresì un grande evento per la città di Bari
dove finalmente la bandiera rossa del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e del
socialismo svetta ben in alto grazie al contributo dato dai marxisti-leninisti
baresi.
La cellula ha deciso, durante la sua riunione fondativa tenutasi di mattina alle
10, di adottare come nome quello di "Rivoluzione d'Ottobre" essenzialmente per
due motivi principali: il primo è rappresentato dal notevolissimo e
indiscutibilmente grande significato storico proletario e rivoluzionario racchiuso
in questo evento in cui, sotto la guida magistrale del Partito bolscevico di Lenin e
di Stalin, la classe operaia e il popolo russi riuscirono in un'impresa unica per
l'epoca e che rappresenta tutt'oggi l'esempio che tutti i popoli del mondo devono
seguire per spodestare dal potere la borghesia, i capitalisti e i guerrafondai
imperialisti. Secondo motivo che ha spinto i marxisti-leninisti baresi alla scelta di
tale nome è la volontà di tracciare una netta e qualificante linea di separazione
fra i sinceri comunisti ovverosia i marxisti-leninisti del PMLI che sono fedeli al
socialismo e alla lotta del proletariato per la sua conquista tramite la via
immortale dell'Ottobre russo, e i manutengoli della "sinistra" borghese serva del
regime neofascista capeggiata in Puglia dal demagogo anticomunista e neo-
liberale Nichi Vendola e al comune di Bari dal podestà PD Michele Emiliano.
Dopo la lettura dell'apprezzata lettera di congratulazioni inviata dalla
Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI nella quale fra
l'altro si legge: "Finalmente il proletariato e le masse baresi hanno chi
rappresenta i loro interessi che potranno soddisfare via via che daranno più
forza e consensi alla vostra cellula", i compagni della cellula "Rivoluzione
d'Ottobre" hanno fissato i compiti, gli obiettivi e il da farsi immediato nonché i
"principi guida" estrapolati dalla linea del Partito ovverosia le Quattro condizioni
per il radicamento, i Tre elementi chiave e le Cinque fiducie.
Fra i vari punti all'ordine del giorno, oltre all'organizzazione della delegazione
barese alla imminente Commemorazione di Mao di domenica 11 settembre a
Firenze, vi era anche quello riguardante la necessità di realizzare una riunione di
studio sul capitolo "Il Partito" del Rapporto che il Segretario generale, compagno
Giovanni Scuderi, ha tenuto al 5° Congresso nazionale del PMLI.
Anche la Commissione centrale per il Mezzogiorno del Partito ha inviato un
incoraggiante messaggio di congratulazioni nel quale sottolineava fra l'altro:
"Ogni Cellula di Partito che nasce nel nostro martoriato Mezzogiorno costituisce
un enorme balzo in avanti organizzativo e politico per tutto il PMLI che punta al
radicamento tra le masse meridionali nella cui forza, combattività e capacità di
legarsi al Partito ripone grande fiducia".
Numerosi altresì i graditi messaggi ricevuti da parte di istanze di base e
intermedie del Partito, compresa la neonata Organizzazione di Aberdeen
(Scozia). A tutti la cellula barese ha risposto con una lettera di ringraziamenti
scritta "col cuore gonfio di commozione e felicità" proletarie rivoluzionarie.
Nascendo la Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" si dirama una nuova radice
dell'albero del Partito a Bari e in Puglia che crescendo in esperienza e forza,
sormontando col passo del montanaro le grosse difficoltà che si stagliano
all'orizzonte e col cuore gonfio di coraggio e volontà rivoluzionari, darà ancora
più forza e prestanza al PMLI come Gigante Rosso.



Alla Conferenza di Parigi
Banchetto imperialista per la spartizione
del petrolio libico
Francia e Gran Bretagna capeggiano la rapina

Un rappresentante del Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) annunciava
il 6 settembre di aver raggiunto un accordo con le autorità locali per l'ingresso
senza combattere delle forze degli insorti nella città di Bani Walid, nel sud del
paese. Con la resa della città resterebbe nelle mani dell'esercito oramai in rotta
del dittatore Gheddafi la sola città di Sirte. Il "processo di transizione è partito",
aveva annunciato pochi giorni prima il rappresentante in Gran Bretagna del Cnt,
il futuro prossimo della Libia sarà definito dall'elezione di un'assemblea
costituente entro otto mesi e le elezioni presidenziali entro 20 mesi. Sul futuro
prossimo e non solo del paese continuerà a vigilare la Nato e conteranno non
poco soprattutto gli appetiti imperialisti delle potenze che sono intervenute
nell'aggressione al paese e nella caccia a Gheddafi, dalla Francia e Gran
Bretagna all'Italia, e quelle rimaste in seconda fila, dalla Germania alla Russia,
con la Cina che rischia di restare tagliata fuori. Sua era la rappresentanza di
minor rango nel vertice di Parigi dell'1 settembre che ha dato una
rappresentazione dell'avviato banchetto imperialista per la spartizione del
petrolio libico. Defilata, al momento anche la posizione degli Usa che erano
comunque presenti a Parigi col segretario di Stato Hillary Clinton.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy, in tandem col premier inglese David
Cameron, ha diretto i lavori che sono iniziati con una riunione ristretta tra i paesi
in prima linea nell'intervento iniziato nel marzo scorso, e sono proseguiti in
riunione plenaria con capi di Stato, premier e ministri di una cinquantina di paesi.
Il tema principale della riunione ristretta è stato quello economico a fronte delle
richieste del Cnt libico per uno sblocco rapido dei circa cinquanta miliardi di
dollari congelati in vari paesi dalle sanzioni della risoluzione dell'Onu numero
1970. Nel comunicato congiunto illustrato da Sarkozy e Cameron alla fine dei
lavori, la conferenza chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di
approvare una risoluzione che sblocchi i soldi libici.
Ma già i principali "amici" della nuova Libia hanno anticipato la decisione Onu,
dalla Francia, Gran Bretagna e Usa, che hanno sbloccato ciascuna 1,5 miliardi
di dollari libici depositati nelle loro banche, all'Italia che in due rate ne ha
sbloccati 3 miliardi.
Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini affermava che "non c'è una corsa
per sapere chi arriva primo in Libia" ma tutto lascia intravedere che è proprio
l'opposto.
La compagnia petrolifera statale libica ha appena riaperto i battenti a Tripoli
sotto il controllo del Cnt e ha annunciato che entro 15 mesi tornerà alla
produzione standard di 1,6 milioni di barili al giorno. E quasi in contemporanea
alcuni quotidiano francesi hanno rivelato un accordo segreto stipulato nell'aprile
scorso tra il Cnt e il governo di Parigi che garantirebbe alla Francia lo
sfruttamento del 35% del petrolio libico, un balzo rispetto al 3,5% finora. Un
accordo non confermato dalle due parti ma ritenuto dal ministro dell'Industria
francese Eric Besson una giusta "ricompensa" al suo paese per aver guidato
l'intervento militare.
Il 2 settembre Frattini ribadiva che sulle forniture di petrolio libico "l'Italia
manterrà il suo primo posto, ce l'avevamo e ce l'avremo. L'Italia deve rimanere,
come è sempre stata, primo partner della Libia. Abbiamo confermato gli impegni
e per ottobre saremo in grado di far ripartire la produzione di quello che era sotto
il controllo dell'Eni". Come definito dal capo dell'Eni Scaroni nella sua missione a
Bengasi a metà agosto. Il Cnt ha confermato la collaborazione con l'Eni e ha
persino risottoscritto con l'Italia lo stesso Trattato antimmigrazione siglato da
Berlusconi e Gheddafi.
Sarà duro per l'ambizioso ma sempre più in difficoltà per la crisi economica
imperialismo italiano, tenere testa alle iniziative del concorrente francese e del
suo partner inglese che capeggiano la rapina delle ricchezze libiche a partire dal
petrolio. Per non parlare delle voci che già girano su possibili accordi per la
fornitura di consiglieri, basi e commesse militari, del controllo e sfruttamento da
parte delle multinazionali anglofrancesi delle altre ricchezze del sottosuolo libico,
acqua compresa.
Parigi sta già organizzando un viaggio di Sarkozy a Tripoli, Bengasi e Misurata,
una missione politica cui dovrebbe partecipare anche il premier britannico
Cameron, il co-presidente della Conferenza degli "Amici della Libia". Che sarà
seguita da un'altra dedicata agli affari con i responsabili delle grandi aziende
francesi, dal gigante petrolifero Total, ai colossi della difesa Eads e Thales, alle
multinazionali dei trasporti e delle telecomunicazioni Alstom e Alcatel.
Nella conferenza stampa finale il presidente francese Sarkozy ha sottolineato
che il vertice ha aperto una "nuova era di cooperazione con la Libia
democratica" e che l'intervento in Libia ha aperto una nuova fase politica in cui
la "forza militare è al servizio dei popoli". O meglio l'imperialismo si sente
autorizzato a intervenire militarmente dove ritiene utile ai suoi affari, con la
scusa della protezione della popolazione civile.
Un principio inaccettabile che lede la sovranità dei paesi ma che ha trovato
concorde l'inglese Cameron, che si è detto pronto a usare di nuovo la forza a
condizione che sia "moralmente giustificato" e che abbia l'appoggio "della
comunità internazionale". L'asse Parigi-Londra lancia pericolosi segnali
minacciosi quantomeno verso la Siria.



In 19 città
Un milione di israeliani nelle piazze
contro il governo e per la giustizia sociale
Lo scorso 7 agosto almeno in almeno 250 mila avevano partecipato alle
manifestazioni contro il caro vita, per chiedere affitti più bassi, salari minimi più
alti, scuole gratuite che si erano svolte in molte città del paese; era stata la più
grande manifestazione fino allora registrata in Israele.
La protesta era proseguita nei giorni successivi con manifestazioni nelle città più
piccole, si era interrotta ma solo momentaneamente a fine mese in
corrispondenza della rappresaglia nazista su Gaza decisa dal premier Benyamin
Netanyahu e aveva ripreso fiato in preparazione di una nuova grande
manifestazione programmata per il 3 settembre. Quando al grido di "il popolo
richiede giustizia sociale", un milione di manifestanti ha riempito le piazze di 19
città; oltre 400 mila solo a Tel Aviv, molto partecipate anche le manifestazioni a
Gerusalemme e a Haifa.
La protesta sociale più massiccia nella storia di Israele ha visto protagonisti non
solo attivisti politici ma soprattutto giovani e anziani, studenti, lavoratori, intere
famiglie, tanti con le magliette con disegnata una casa quale simbolo della lotta
contro il caro alloggi. Per ore le piazze delle città hanno risuonato di canti e degli
slogan del movimento, con in primo luogo "Dimissioni, dimissioni", rivolto al
governo Netanyahu.
La protesta era partita a fine giugno per iniziativa di decine di giovani, gli
indignati israeliani, che piantavano le tende a Tel Aviv, lungo Boulevard
Rotschild, protestando per il caro affitti. Una protesta che si è allargata in poco
tempo per rivendicare più fondi per case, istruzione, salute e ha messo in
difficoltà il governo di Netanyahu che dopo la manifestazione dei primi di agosto
ha incaricato una commissione di economisti di raccogliere le richieste dei
manifestanti.
Alcune richieste sono arrivate alla commissione ma il governo si è limitato solo a
promettere investimenti a favore di alloggi, istruzione e salute ma non ha fatto
nulla.
Le tendopoli allestite a Tel Aviv e nelle altre grandi città sono state smontate ma
la protesta non è finita, anzi ha preso forza con le manifestazioni del 3 settembre
dove nelle piazze è echeggiata la richiesta di dimissioni del governo. Gran parte
del bilancio statale è dedicato alle spese militari per garantire l'occupazione dei
territori palestinesi e combattere la resistenza, per finanziare la costruzione e la
protezione delle colonie che rafforzano l'occupazione nella Cisgiordania; una
priorità per i governi di destra come per quelli di "sinistra".
Una questione importante con la quale inevitabilmente il movimento di protesta,
sviluppato finora sulla base di rivendicazioni sociali, dovrà fare i conti.



Rapporto di Giovanna Vitrano alla riunione dei marxisti-
leninisti siciliani
Studiare e applicare la linea politica e
organizzativa del PMLI per migliorare il
lavoro di radicamento
Care compagne e cari compagni,
benvenuti alla riunione dei marxisti-leninisti siciliani. Ci si rivede ad appena 7
mesi dalla sessione regionale del 2 gennaio 2011 e ci apprestiamo a tenere una
discussione critica e autocritica sul lavoro svolto in base alle decisioni prese in
quella sede.
Anzitutto, esprimo la solidarietà militante del PMLI agli operai della Fincantieri di
Palermo, che in questi giorni sono tornati a manifestare per le strade del
capoluogo siciliano, e agli operai della Fiat di Termini Imerese. Come sapete gli
operai di entrambe le aziende sono in lotta contro la chiusura dei loro
stabilimenti.
Ringrazio il Segretario Generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, l'Ufficio
politico e la Commissione per il lavoro di organizzazione del CC per l'attenzione
con cui hanno seguito sia l'inaugurazione della Sede del Partito a Catania, sia la
riunione regionale.
Infatti, l'inaugurazione della splendida e rossa Sede della Cellula "Stalin" della
provincia di Catania è un evento e un esempio, come sottolineano i documenti e
i Saluti delle Istanze centrali, ma anche di molte Istanze di varie parti d'Italia, di
straordinario valore, un regalo per tutto il Partito.
L'inaugurazione sancisce l'e-norme balzo in avanti politico e organizzativo
compiuto in questi mesi dalla Cellula "Stalin" della provincia di Catania, sotto la
guida del compagno Sesto, ma è anche il punto di partenza per una nuova e più
proficua fase del lavoro di radicamento del PMLI a Catania.
Molto si è discusso in questi ultimi anni tra la Responsabile regionale e i
compagni locali sulla strategia di sviluppo nella provincia di Catania. Oggi
abbiamo la dimostrazione che le decisioni condivise e messe a punto per la
provincia di Catania a ridosso del 5° Congresso nazionale del Partito, erano
corrette e vincenti. Quando nella provincia, dopo varie contraddizioni, alcune
divenute antagonistiche, è emerso un vero quadro marxista-leninista, come è il
compagno Sesto, con tutte le caratteristiche necessarie per dirigere i compagni
locali e far superare alla Cellula la contraddizione tra linea e sua applicazione, la
strategia ha potuto prendere il volo.
Molta strada abbiamo fatto e molta ne dobbiamo ancora fare, ma certamente
oggi Catania è un modello per l'inizio del lavoro di radicamento in altre città
dell'isola sulla base delle indicazioni formulate dal 5° Congresso nazionale del
PMLI.
Grazie compagno Sesto, grazie compagne e compagni militanti e simpatizzanti
della provincia di Catania.
Ringrazio, inoltre, tutti i compagni militanti e simpatizzanti siciliani, alcuni dei
quali hanno fatto dei viaggi di ore da altre zone della Sicilia, per essere presenti
qui oggi all'Inaugurazione e alla riunione regionale.
Porto i saluti a questa riunione di alcuni simpatizzanti e amici palermitani che
avrebbero voluto essere presenti ma che per motivi professionali e familiari non
hanno potuto.

Governo regionale
In quanto Responsabile regionale, prima di passare alla valutazione critica e
autocritica del lavoro svolto dal Partito in Sicilia farò brevemente il punto sulla
situazione attuale del governo regionale, guidato dall'imbroglione e falso
meridionalista Raffaele Lombardo MPA.
Lombardo se ne deve andare a casa! Questa continua a essere la nostra parola
d'ordine anche dopo che il Procuratore di Catania, Michelangelo Patané, lo ha
praticamente scagionato dall'inchiesta per concorso esterno in associazione
mafiosa, nonostante le intercettazioni confermino che il governatore ha avuto
frequentazioni con boss della mafia catanese. Noi chiediamo un
approfondimento dell'inchiesta, per accertare fino in fondo la verità sul piano
penale.
In ogni caso, non cambia la nostra valutazione politica degli avvenimenti.
Rimane il fatto che Lombardo ha avuto frequentazioni con i boss mafiosi.
Questo per noi è un fatto estremamente grave che concorre in maniera
determinante a delineare la sostanza antipopolare e antimeridionale del suo
governo. Del resto, la macelleria sociale generata dal governo Lombardo e di cui
parlano persino le segreterie regionali di Cgil Cisl e Uil, si spiega con l'evidente
scelta di difendere e consolidare le lobby affaristiche e mafiose dell'isola, dalla
sanità alla formazione professionale, a scapito della qualità e quantità dei servizi
forniti alle masse popolari. Ciò ha concorso in maniera decisiva a generare un
vertiginoso aumento della povertà e dell'esclusione sociale. Secondo una
recente indagine di Dempolis, quasi la metà della popolazione siciliana, negli
ultimi tre anni, ha peggiorato le sue condizioni di vita, in termini economici.
L'impoverimento generale ha toccato, perlopiù, la classi a reddito fisso, con un
peggioramento sostanziale soprattutto per gli operai e i pensionati.
Da che parte sta questo Governo lo dimostra anche l'aumento del costo della
spesa politica in consulenze e incarichi esterni agli "amici degli amici" e in
apparati clientelari, il cui peso eccessivo contribuisce a determinare il tracollo
economico della Sicilia. Il solo apparato parlamentare clientelare mafioso nella
regione ha, infatti, un costo di diverse decine di milioni di euro ogni anno.
La presenza del PD in tale giunta non cambia la sostanza politica del governo,
e, ancor peggio, serve a coprirla.
Di fronte ad una disoccupazione che ormai è alle stelle, secondo quanto riferito
dall'Istat, oltre il 15% dei siciliani in età da lavoro è disoccupato, considerando
solo gli iscritti alle agenzie per il lavoro. La disoccupazione reale, considerati
anche coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro si aggira sul 30%.
Dramma nel dramma è quello della disoccupazione giovanile che, in alcune
province siciliane riguarda oltre il 50% della popolazione sotto i trent'anni, in
linea con la denuncia dello Svimez pubblicata ieri su tutti i quotidiani nazionali:
nel sud ben due giovani su tre non trovano lavoro.
Cosa ha fatto il governo Lombardo per risolvere il problema principale delle
masse popolari siciliane che è quello del lavoro? Niente, con la Sicilia che ha la
maglia nera della disoccupazione in continuo aumento, con una sempre
maggiore diffusione del lavoro nero, supersfruttato e sottopagato, del precariato,
dei licenziamenti, dell'emigrazione giovanile, in una congiuntura economica,
sociale e politica come in Sicilia non si vedeva dall'immediato dopoguerra.
Non servono, dunque, a migliorare la condizione delle masse popolari le
manovre dei politicanti borghesi regionali della destra e della "sinistra" borghesi,
unicamente mirate a giochi di potere con i quali Lombardo si prepara a
succedere a sé stesso in un Lombardo quinquies o con elezioni regionali
anticipate.
Il nuovo governo potrebbe essere varato negli ultimi mesi dell'anno, si pensa ai
primi di dicembre, quando scadranno molti dei contratti milionari dei direttori
generali delle aziende regionali, oltre che di alcuni manager di società
partecipate e ciò potrebbe dare il via un nuovo assalto e spartizione del bottino
delle poltrone di potere in Sicilia.
Per quanto riguarda nuove elezioni il governatore avrebbe lasciato intendere di
voler aspettare le elezioni politiche, e lasciare così la guida della Regione solo
dopo essersi assicurato l'elezione al Senato con l'MPA e iniziare una nuova fase
in più vasta scala della sua attività politica antimeridionale, della quale abbiamo
già avuto vari assaggi. In verità Lombardo non è affatto un meridionalista, non fa
gli interessi delle masse popolari del Sud. Il suo progetto politico a livello
regionale s'inserisce a pieno titolo nel progetto politico capitalista, neofascista,
presidenzialista, federalista e interventista di Berlusconi che sta letteralmente
massacrando il Sud su tutti i fronti, anche favorendo con i suoi provvedimenti
che riguardano la struttura dello Stato e il federalismo l'ascesa di nuovi e più
feroci apparati politico clientelari regionali, espressione diretta della parte più
reazionaria della borghesia italiana.
Bisogna farla finita subito con questo governo, con il governo Lombardo e con
questi giochi di potere borghese a danno delle masse in settori di vitale
importanza, come la scuola, la sanità, i servizi, i trasporti. È chiaro, comunque,
che il governo Lombardo tenterà di durare il più a lungo possibile e potrà essere
mandato a casa solo grazie a un largo fronte unito che raccolga il massimo
consenso tra le masse lavoratrici, operai in testa, pensionati, disoccupate,
precari, studenti, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali,
religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste,
indipendentemente dalle loro posizioni ideologiche e sociali, per una
mobilitazione di massa popolare con l'obbiettivo di mandarlo a casa.
Come abbiamo detto, le nuove, feroci lobby politico-affaristiche borghesi che
governano le regioni meridionali non sono solo frutto delle contraddizioni tra la
borghesia locale, ma anche delle controriforme in tema di struttura dello Stato
approvate dal governo Berlusconi, della deregulation in tema di diritti del lavoro,
della privatizzazione, del taglio ai servizi essenziali, degli investimenti che hanno
l'unico criterio di favorire le lobby mafiose, come dimostra l'approvazione di
questi giorni del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, con un incremento del
costo che è passato da 6,3 a 8,5 miliardi di fondi pubblici.
Nelle masse popolari siciliane cresce anche l'insofferenza verso il governo del
neoduce Berlusconi. Oggi il terreno in Sicilia è estremamente fertile per
propagandare la parola d'ordine "Ci vuole un nuovo 25 Aprile per liberarsi del
Nuovo Mussolini". Noi dobbiamo anche porre molta attenzione alla necessità di
demolire la falsa idea che si va diffondento, grazie alla propaganda di PD, MPA,
SEL, che le giunte regionali, provinciali e comunali del Mezzogiorno siano
portatrici di rivendicazioni e politiche meridionaliste opposte alle politiche
antimeridionaliste del governo centrale. Va spiegato nei nostri interventi pubblici,
dati alla mano, come i provvedimenti delle giunte comunali, provinciali, regionale
siano, invece, politicamente coerenti con le scelte del governo nazionale.
Questo è un lavoro ideologico necessario ad orientare correttamente la lotta di
classe e il giusto risentimento delle masse popolari siciliane verso le istituzioni
borghesi locali e centrali.

L'obbiettivo delle nostre riunioni: radicare il Partito
Come ricorderete, il Rapporto tenuto il 2 gennaio 2011 si intitolava
"Radichiamoci nei nostri ambienti di lavoro, studio e vita" e la riunione aveva lo
scopo di fare il punto della situazione del lavoro politico in Sicilia, allo scopo di
rilanciarlo sulla base dei documenti approvati dal 5° Congresso nazionale del
PMLI. È da quel Rapporto che ripartiremo oggi per fare il punto critico e
autocritico, in base alle indicazioni stabilite.
L'obbiettivo principale di quella riunione era fornire una discussione sugli
strumenti necessari al radicamento nei luoghi in cui viviamo concretamente.
Alcuni compagni hanno messo in pratica le indicazioni e il piano che si erano
prefissati, ottenendo ottimi risultati, altri le hanno messe in pratica solo in parte
ottenendo qualche risultato.
Prima di iniziare una discussione critica e autocritica su questi argomenti mi
preme ringraziare tutti i compagni siciliani per la propaganda svolta sul fronte
referendario. Tutte le Cellule e Organizzazioni, tranne Ribera, che non ha
praticamente fatto nulla a quel che mi risulta, si sono impegnate. La punta più
avanzata è stata Catania che ha lavorato sia nei comitati per la
ripubblicizzazione, sia effettuando propaganda di Partito. Sia la Cellula "Stalin"
della provincia di Catania sia la Cellula "Mao" di Troina hanno curato il lavoro
giornalistico su questo fronte. La Cellula "Lunga Marcia" di Messina ci ha fatto
mancare la ricaduta giornalistica del lavoro referendario che ha svolto ed è un
vero peccato, perché, cari compagni messinesi, il lavoro giornalistico è un
tassello essenziale del lavoro di radicamento.
Ringrazio a questo proposito il compagno simpatizzante Antonio, che nella
provincia di Palermo ha svolto una diffusione del materiale referendario.
Ringrazio poi tutti i compagni militanti e simpatizzanti siciliani che il 1° Maggio a
Marsala hanno dato prova della loro enorme generosità e attaccamento al
Partito e sono stati giustamente ringraziati dai dirigenti nazionali del PMLI con
alla testa il compagno Giovanni Scuderi per la vittoriosa missione compiuta,
sotto la direzione del compagno Sesto Schembri, riuscendo ad arrivare fin sotto
il palco con la gigantografia di Marx, ottenendo una grossa ricaduta televisiva.
Come ricorderete nel rapporto del 2 gennaio avevamo scelto, in base alle
indicazioni del 5° Congresso nazionale, di concentrarci sul fronte operaio e
sindacale e su quello studentesco, incrementando gli sforzi per raggiungere
quanti più lavoratori e studenti possibili, sfruttando al meglio tutte le situazioni
che si fossero realizzate e le iniziative specifiche del Partito.
Il nostro obbiettivo rimane ancora oggi quello di riuscire a diventare in ogni realtà
locale il punto di riferimento degli operai più avanzati in lotta, conoscendo la
situazione locale alla perfezione, conoscendo i problemi degli operai
dell'industria, dei braccianti agricoli, degli operai edili, del nostro territorio. Se
ricordate, come obbiettivo ci eravamo posti quello di iniziare a studiare la nostra
realtà locale per riuscire a intervenire con cognizione di causa sulle vertenze che
riguardano la classe operaia nei nostri territori, con comunicati stampa di
appoggio delle lotte operaie che andavano portati ai diretti interessati,
intervistandoli, chiedendo loro di intervenire su "Il Bolscevico". Avevamo stabilito
di centrare i nostri articoli sul problema del lavoro, in primo luogo del lavoro
operaio, in Sicilia, non solo dell'industria, ma anche dell'agricoltura e di porre
particolare attenzione al tema del lavoro operaio giovanile, utilizzando i nostri
giovani militanti e simpatizzanti su questo fronte.
Avevamo stabilito anche di valutare a livello di singola istanza la possibilità di
indirizzare i nostri giovani militanti e simpatizzanti ad inserirsi nella mobilitazione
studentesca in Sicilia, cogliendo al volo ogni occasione per entrare in contatto
con gli studenti per portare la solidarietà del Partito.
Avevamo stabilito anche di sfruttare ogni manifestazione possibile per portare in
piazza i simboli e la posizione del PMLI, diffondendo alle manifestazioni, davanti
le fabbriche, alle assemblee, davanti le scuole i volantini del Partito.
Per ogni Cellula ci eravamo dati questi obbiettivi strategici generali, pur
considerando che in alcune realtà le priorità in questi ultimi mesi sono state
altre, considerate come eccezioni che confermano la regola di concentrarsi sul
fronte operaio e studentesco. Nella provincia di Catania, ad esempio, siamo stati
impegnati in un lavoro che ci ha preso ogni energia nel comitato catanese per la
ripubblicizzazione dell'acqua e nelle lotte antirazziste. I compagni catanesi,
tuttavia, non hanno perso nessuna occasione per essere presenti in piazza a
portare la posizione del PMLI ogni qual volta venivano indette manifestazioni. I
compagni hanno anche diffuso nelle zone industriali e davanti le scuole.
Ultimamente finalmente è apparso su "Il Bolscevico" un primo articolo della
Cellula su un tema specifico riguardante una vertenza operaia della provincia di
Catania. È un enorme passo in avanti. La Cellula deve continuare su questa
strada, concentrandosi sempre più sui fronti operaio e studentesco, una volta
concluso il lavoro sul fronte referendario. Perché, vedete cari compagni, Catania
è una città molto viva dal punto di vista dei centri culturali e dei dibattiti,
conferenze ecc..sui temi della storia del movimento operaio. Facciamo
benissimo ad intervenire in questi dibattiti, dal momento che siamo invitati, per
dire la nostra, chiarire da un punto di vista marxista-leninista i vari temi, ma non
dimentichiamoci che la nostra ragione di esistere è quella di occupare uno
spazio sempre maggiore nelle lotte delle masse lavoratrici, classe operaia in
testa, delle masse studentesche, delle masse femminili. È quello è il nostro
terreno naturale è lì che dobbiamo costruire il nostro edificio, è soltanto lì che
potremo lì raccogliere il consenso delle masse e da lì che dovremo muoverci
quando andremo sempre più spesso invitati nei dibattiti culturali a portare la
nostra posizione. Se così non è rischiamo di costruire sulla sabbia e fare lavoro
inutile.
Sono certa che sotto la guida del bravo compagno Sesto, i marxisti-leninisti della
provincia di Catania riusciranno ad incrementare dalla prossima stagione politica
il lavoro iniziato sui temi specifici del territorio, con volantini, comunicati stampa,
diffusioni. Non dimentichiamoci che la Cellula deve anche iniziare il lavoro di
denuncia della giunta comunale e provinciale di Catania, mettendo in campo
tutte le forze di cui dispone.
Saluto la recente disponibilità di un giornalista democratico catanese ad
occuparsi delle denunce della giunta catanese di "centro-destra". Un evento
politico-organizzativo che gioverà alla Cellula "Stalin" e a tutto il Partito, che va
coltivato e che prova la giustezza della politica delle alleanze e del fronte unito
del PMLI.
A Troina siamo intervenuti con alcuni volantini sui temi del lavoro che mettevano
sotto tiro la giunta guidata dal fascista Costantino. Dobbiamo continuare,
tentando di coinvolgere in un largo fronte unito sui temi del lavoro tutte le
organizzazioni disponibili a lavorare col PMLI. L'impegno politico a Troina non è
ancora sufficiente va intensificato con diffusioni e comunicati stampa regolari. La
Cellula, deve impegnarsi in maniera approfondita sullo studio del territorio e
soprattutto dei problemi relativi alle masse lavoratrici.
A Palermo abbiamo svolto un ottimo lavoro per propagandare la nostra linea tra
gli studenti, grazie a un nostro simpatizzante che non è qui presente per impegni
professionali. Al compagno Salvatore vanno i ringraziamenti del Partito. Di
recente, grazie alla presenza di un compagno che ha la doppia militanza a
Palermo e in un'altra Organizzazione di Partito all'estero ed attualmente è
tornato per le ferie siamo stati presenti alla manifestazione di commemorazione
di Borsellino e abbiamo portato la nostra solidarietà agli operai Fincantieri in
lotta. Ringrazio molto il compagno Gianni per questo suo impegno.
La Cellula "Lunga Marcia" di Messina, ha affisso i manifesti per la propaganda
referendaria.
In merito all'Organizzazione di Ribera rilevo che non ha praticamente fatto nulla
in questi mesi e l'attività politica deve ancora partire.

Studio e conoscenza della realtà locale
Il corrispondente della Cellula "Stalin" della provincia di Catania, ha concluso un
recente articolo con l'esortazione "bisogna studiare"! Ringrazio questo
compagno perché ci ha dato lo spunto per trattare questo argomento in maniera
concreta.
"Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle
priorità, studiare"! È la nostra parola d'ordine sul fronte dello studio e del lavoro
politico. Lo studio non deve essere mai astratto e inconcludente, ma deve tener
conto delle priorità che abbiamo e dell'obbiettivo del radicamento. Questa parola
d'ordine fu rilanciata dal nostro Segretario generale, il compagno Giovanni
Scuderi, in occasione della 6ª Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI, il
15 settembre 2002, nel Rapporto dal titolo "Intensifichiamo gli sforzi per
costruire un grande, forte e radicato PMLI" e da lui spiegata mettendo in
relazione lo studio e il radicamento: "Anche là dove il radicamento - afferma il
compagno Scuderi - è in atto occorre migliorarlo, approfondirlo, sistematizzarlo
ed estenderlo. Dobbiamo quindi insistere nel chiarirci le idee sul radicamento
ragionando un po' attorno alla parola d'ordine 'Studiare, concentrarsi sulle
priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulla priorità, studiarÈ, che è la chiave
della costruzione e dello sviluppo del Partito. Chi l'ha utilizzata interamente ha
ottenuto degli ottimi successi, chi l'ha utilizzata parzialmente ha ottenuto qualche
successo, chi non l'ha utilizzata affatto non ha ottenuto alcun successo.
È quindi comprovato dalla pratica che senza lo studio si naviga a vista; senza
concentrarsi sulle priorità non si sa dove andare e si gira a vuoto; senza
radicarsi è come se fossimo degli apolidi, delle persone estranee al proprio
ambiente.
Ma cosa significa in concreto le tre parti che compongono la suddetta parola
d'ordine?
Studiare significa conoscere e applicare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao
e la linea del PMLI in riferimento alle questioni concrete politiche, sindacali,
sociali, studentesche, culturali che dobbiamo risolvere e che riguardano il luogo
dove siamo presenti. Significa conoscere e applicare i metodi di analisi dei
Maestri nell'esaminare e risolvere i problemi. Significa conoscere a fondo la
propria città e ambiente di lavoro o di studio con le loro caratteristiche, problemi
e contraddizioni. Significa conoscere la composizione, il programma, i bilanci, i
piani urbanistici, le delibere, ecc. dell'amministrazione della propria città e le
relative posizioni dei vari partiti, nonché le condizioni di vita e i problemi e le
rivendicazioni delle masse. Significa conoscere la realtà sindacale del proprio
luogo di lavoro e i problemi della propria scuola o università.
Concentrarsi sulle priorità significa stabilire i temi principali su cui centrare e
sviluppare il lavoro politico, rivendicativo, di massa, organizzativo,
propagandistico e giornalistico, in base alle necessità e ai bisogni più urgenti
delle masse della propria città. Significa bombardare senza soluzione di
continuità le proprie giunte comunale, provinciale e regionale.
Radicarsi significa applicare con forza il Programma d'azione in riferimento alle
priorità prescelte. Significa intervenire con volantini, manifesti, documenti,
comunicati stampa, conferenze stampa, dibattiti, in base alle possibilità concrete
che abbiamo, sulle questioni che fanno parte delle priorità e che scoppiano
improvvisamente".
Dunque, il nostro studio deve essere legato all'azione e al combattimento, a
risolvere le questioni politiche, organizzative, tattiche, strategiche per il successo
dell'azione e del combattimento.
In sostanza, si tratta di mettere in pratica le indicazioni del 5° Congresso,
forgiando l'anello mancante, radicandosi profondamente nella propria realtà
economica, sociale e politica per esprimerne i problemi e i bisogni.
In particolare bisogna tenere costantemente sotto tiro le giunte locali,
bombardandole con denunce precise, circostanziate e ben motivate e
proponendo le nostre rivendicazioni concrete.
Ogni Cellula trovi la strada migliore per fare la sua ricerca sul territorio sui temi
del lavoro e la persegua. Individuiamo dei compagni che per ogni
Organizzazione possono fare questo lavoro e diamogli questo incarico come
prioritario.
Applicazione della linea politica e organizzativa del Partito
Vorrei mettere l'accento in questa sede sull'acquisizione della corretta
concezione del Partito e sulla conoscenza della linea generale e della linea di
massa del Partito, soprattutto in relazione alla critica e all'autocritica, che è un
tema prioritario per la Sicilia.
Il Partito è la cosa più preziosa che abbiamo nella lotta di classe, esso
scaturisce dall'esperienza concreta di lotta dei marxisti-leninisti di tutto il mondo
di ormai 163 anni, da quando Marx ed Engels pubblicarono il "Manifesto del
Partito comunista" e la sua struttura si è sviluppata nel fuoco della lotta di classe
e delle rivoluzioni vittoriose in Unione sovietica e nella Cina di Mao. In un
autentico Partito bolscevico non esiste la libertà di fare la propria esperienza
senza tener conto dell'esperienza del Partito e tanto meno esiste la libertà di
fare la propria esperienza sul fronte organizzativo, senza tenere conto dello
Statuto del Partito. Mettere in discussione le forme organizzative del Partito, sia
che ne siamo coscienti, sia che no, significa dare un duro colpo al Partito del
proletariato e fare indietreggiare l'obbiettivo della conquista dell'Italia unita, rossa
e socialista.
L'attuale linea politica e organizzativa del Partito è il nostro bene più grande che
dobbiamo difendere con i denti. Mai a nessuno dobbiamo consentire nemmeno
di scalfirla. Qualunque compagno sbagli su questo fronte in particolare va
criticato immediatamente e con dialettica per fargli comprendere l'errore e
consentirgli di riallinearsi al Partito.
Bisogna usare intelligentemente la critica, considerando che a volte i compagni
che sbagliano non si rendono conto dei propri errori nei confronti del centralismo
democratico, perché non sono abituati al lavoro collettivo dentro la propria
istanza, non sono abituati a valutare in modo critico e autocritico il proprio
impegno politico. Ma fatta salva la buona fede dei compagni le Istanze devono
andare fino in fondo nella critica e pretendere un'autocritica vera e non solo
formale che abbia ripercussioni concrete nel modo di porsi rispetto ai propri
errori.
Va considerato il fatto che la struttura bolscevica delle Istanze di base non esiste
di per sé quando viene fondata un'Organizzazione locale, ma essa va costruita
mattone su mattone, con perseveranza e senza scoraggiarsi, tenendo ben
ferma la linea organizzativa del Partito, il rispetto del centralismo democratico,
l'uso della critica e dell'autocritica. Inevitabilmente, questo lavoro procede per
prove ed errori, ma pur sempre non esiste la libertà di fare di testa propria, ma
bisogna tenere conto della ricca esperienza accumulata dal Partito su questo
fronte, sintetizzata nella linea organizzativa del Partito espressa nello Statuto
che costituisce la bussola per orientarci nella costruzione di Cellule
autenticamente marxiste-leniniste. Gli errori li commettiamo tutti, non devono
essere drammatizzati e non devono scoraggiarci, ma nei nostri errori non
dobbiamo perseverare o intestardirci quando ci vengono criticati.
Avere una corretta concezione del Partito significa non avere una visione
idealistica del Partito, dei suoi dirigenti, militanti e istanze. Nessuno è perfetto e
diventare militante marxista-leninista significa iniziare un percorso di formazione
pratica e teorica per nulla semplice. Le contraddizioni di classe e i conflitti di
classe inevitabilmente si riflettono all'interno del Partito, e ciò genera la lotta tra
le due linee, quella proletaria rivoluzionaria e quella borghese riformista e
controrivoluzionaria. Questa lotta, in genere, è latente, a volte si manifesta su
singoli aspetti e tattiche, come contraddizioni in seno al popolo, alle volte
esplode su questioni generali e strategiche, come contraddizioni antagonistiche.
Anche in Sicilia abbiamo avuto contraddizioni e abbiamo contraddizioni.
Abbiamo messo in atto tutte gli accorgimenti per superare tali contraddizioni, ma
alcune di esse, sulla linea elettorale e su quella sindacale e di massa del Partito,
accompagnate dalla malafede dal commettere tali errori ha trascinato le
contraddizioni sul piano dell'antagonismo. Abbiamo fatto tanta esperienza su
questo fronte, i compagni siciliani hanno imparato nel concreto che non bisogna
mai avere una visione idealista del Partito. In questo momento siamo alle prese
con una contraddizione in seno al popolo riguardante la linea organizzativa del
Partito e esorto i compagni coinvolti a riflettere attentamente sugli errori
commessi e per i quali sono stati criticati all'unico fine di correggersi.
La critica e l'autocritica sono la linfa vitale grazie alle quali il militante si rafforza
insieme all'istanza a cui appartiene. Lo dico per i compagni di nuova militanza e
per coloro che, di più antica militanza, ancora non ne hanno appreso il
meccanismo. Non bisogna lasciarsi mai condurre sul tema della critica dai
personalismi, dai legami affettivi e da quelli giusti ed ovvi di rispetto che abbiamo
nei confronti dei nostri compagni, dei nostri dirigenti. Perché vedete compagni, è
giusto porsi il problema di non ferire le suscettibilità, ma questo non ci deve mai
portare all'estremo di non dire, tacere e lasciar passare. In questo caso
cadremmo nell'idealismo e nel liberalismo e faremmo il male politico nostro, del
compagno che deve essere corretto e di tutto il Partito. Dobbiamo ragionare sul
fatto che il vero meccanismo dell'unità dei compagni e delle Istanze risiede nella
critica e nell'autocritica sincera.
Tutti i compagni siciliani devono, inoltre, imparare a confrontarsi giornalmente
con le questioni riguardanti il centralismo democratico che è l'elemento
organizzativo fondamentale del PMLI, che consente di fare vivere allo stesso
tempo la democrazia e la massima disciplina e unità del Partito, il più largo
spazio alle istanze di base e intermedie e la direzione nazionale del Partito e
impedisce la nascita di ogni tendenza individualistica e frazionistica, ogni
tentativo di creare delle correnti e dei regni indipendenti di potere.
Il concetto di fondo del centralismo democratico è che dopo che il Congresso ha
deciso, e in sua assenza il Comitato centrale, l'Ufficio politico e il Segretario
generale, tutti quanti, istanze e singoli militanti, sottostiano alle loro decisioni e le
applichino fedelmente, anche se individualmente o come singola istanza la
pensano diversamente. Il singolo è sottomesso alla propria istanza e tutti i
militanti e tutte le istanze al Congresso e al Comitato centrale.
Il centralismo democratico non può essere violato in alcun modo, nemmeno per
le questioni più banali organizzative e amministrative.
La militanza marxista-leninista è un altro elemento fondamentale e peculiare che
caratterizza il nostro Partito. I membri del PMLI non sono dei semplici iscritti, ma
dei militanti, dei soldati rossi correttamente centralizzati, disciplinati, organizzati,
uniti e solidali tra di loro. Sono inconcepibili i militanti che stanno con le mani in
mano, che non fanno nulla o quasi.

Uso dei moderni strumenti tecnologici per la propaganda
Più volte ci siamo trovati a trattare nelle riunioni regionali o in colloqui individuali
la questione dell'uso corretto sul fronte politico dello strumento di Facebook
(FB)e dei social network che i compagni siciliani non hanno chiaro, agendo in
completa anarchia, spesso violando il centralismo democratico e la struttura
organizzativa del Partito.
Su questo argomento, come su altri, il primo passo è la corretta
centralizzazione, rispettando le circolari del Centro e le decisioni della propria
istanza. Si può utilizzare FB a livello di Istanza entro precisi limiti e solo a fini di
propaganda, ma bisogna stare attenti a due questioni essenziali:
1) ll rispetto delle competenze.
2) la vigilanza rivoluzionaria
La vigilanza rivoluzionaria è un insieme di norme generali e particolari atte a
proteggere l'incolumità del Partito e dei compagni dalla repressione neofascista
e dalle ritorsioni di ogni tipo su tutti i fronti politico, professionale, familiare.
Bisogna applicarle in maniera scrupolosa ad ogni momento della nostra vita.
Talvolta su FB militanti o simpatizzanti espongono a tutti i loro rapporti con il
Partito. Ma ci siamo dimenticati completamentete le norme basilari di vigilanza
contenute persino nello Statuto? Qual è, vi chiedo, compagni, il meccanismo in
base al quale nella nostra vita reale dobbiamo essere vigilanti, proteggere noi
stessi, il Partito, la nostra attività professionale, le nostre persone care, e poi su
facebook dove dovremmo intensificare queste norme, si mette tutto in piazza,
facendo dei danni oggettivi a se stessi, al Partito e alla causa. Invito tutti i
compagni presenti a titolo personale sui social network a eliminare dai loro profili
ogni rifermento al Partito e alla propria attività politica, come bandiere del PMLI,
foto proprie e dei compagni in azione, immagini dei Maestri ecc. e ad usare solo
per questioni personali tali pagine di discussione, lasciando alle Istanze che lo
decidano il compito di intervenire sui social network politicamente.
Una Circolare della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del
PMLI, il 22 settembre 2009 ha chiarito in maniera definitiva i criteri di come va
usato internet. A quella Circolare dobbiamo attenerci. Lasciate che ve la legga in
modo che se ne possa discutere: "Care compagne, cari compagni, siamo stati
informati che alcuni militanti e simpatizzanti del PMLI fanno largo uso di
Facebook. La cosa va disciplinata a livello delle rispettive istanze. Così com'è
non va assolutamente bene, perché sono stati infranti il centralismo democratico
e la vigilanza rivoluzionaria.
Addirittura dei compagni hanno pubblicato la propria foto e messo allo scoperto
le proprie amicizie e relazioni, come se non vivessimo in pieno regime
neofascista. Non ci si rende conto, per pubblicizzare se stessi, che potremmo
"saltare" tutti. Se non oggi, quando farà comodo al governo e alle istituzioni in
camicia nera. A parole lo sappiamo tutti, ma nei fatti, non solo i compagni più
giovani di militanza ma anche quelli più anziani, alcuni di noi agiscono come se
fossimo in piena libertà e democrazia. Invitiamo pertanto i compagni che sono
stati ghermiti, per individualismo o per altro, da Facebook a rientrare nei ranghi,
rispettare le norme organizzative e di vigilanza rivoluzionaria e concentrarsi sui
compiti principali di Partito. In ogni caso deve essere l'istanza di appartenenza
che deve stabilire se e come utilizzare anche Facebook per propagandare il
PMLI (e non se stessi). Internet è uno strumento di comunicazione a doppio
taglio. Dobbiamo usarlo con intelligenza politica evitando di essere usati e dati in
pasto alla classe dominante borghese, al suo governo e alle sue istituzioni.
Usare tutto ciò che può essere usato in internet per far conoscere il Partito e far
trionfare la causa, ma privilegiando sempre il megafono alla tastiera, e
comunque sotto la direzione del Partito. A parte il chattare personale, che non
coinvolge il Partito e non mette in vetrina i militanti, i simpatizzanti e gli amici del
Partito.
Vigiliamo compagne e compagni, su noi stessi e sugli altri compagni, per
autotutelarci dai colpi dei nemici di classe e per far bene la lotta di classe in
maniera coordinata e disciplinata".
Teniamo comunque a mente tutti gli interventi che sinora ci sono stati sul tema,
tra cui l'intervento del Segretario generale in sede di 5° Congresso, quanto detto
sul tema nel documento sui giovani approvato dal CC il 4 aprile e le Circolari del
Centro. Seguendo la linea del Partito non sbaglieremo.
Care compagne e compagni,
adesso apriamo la discussione. Ognuno di voi è invitato a discutere e votare
questo Rapporto e spero che si tratti di una discussione proficua che ci possa
dare la spinta per intensificare gli sforzi per il radicamento in Sicilia a partire dal
prossimo anno politico!
W il lavoro di radicamento in Sicilia!
Lavoriamo per dare un corpo da Gigante Rosso al Partito in Sicilia per
partecipare all'impresa eroica della conquista dell'Italia unita, rossa e socialista!
W il PMLI!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

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  • 1.
  • 2. Successo dello sciopero generale di 8 ore promosso dalla Cgil e autonomamente dai "sindacati di base" Piazze piene contro il governo e il massacro sociale Gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco chiedono alla Camusso di ritirare la firma sull'accordo del 28 giugno e invitano Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, a indossare la loro maglietta e a mettersi dietro il loro striscione. Ovunque il PMLI si lega ai lavoratori e li invita a lottare per abbattere il governo Berlusconi Ora occorre sollevare la piazza per abbattere il massacratore sociale
  • 3. Piazze piene e fabbriche, campi e uffici vuoti. Lo sciopero generale di 8 ore promosso per il 6 settembre dalla Cgil, a cui si è aggiunto quello indetto autonomamente dai "sindacati di base", contro il governo e il massacro sociale ha registrato uno straordinario e per certi versi inatteso successo di adesioni e di partecipazione alle manifestazioni. L'adesione media allo sciopero secondo i rilevamenti della Cgil è stata del 60%. Tale percentuale è particolarmente alta considerando che molti lavoratori non hanno potuto scioperare perché obbligati a garantire i servizi pubblici essenziali. Si calcola che abbiano partecipato alle circa 100 manifestazioni che si sono tenute in tutta Italia, ben un milione di operai, lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, migranti, donne e giovani, studenti, artisti. 40 mila a Roma, 60 mila a Milano, 40 mila a Napoli, 20 mila a Firenze, a Torino la più grande manifestazione degli ultimi 15 anni. Altre decine di manifestazioni sono state organizzate in varie città italiane dai "sindacati di base". Altissime le adesioni nel settore metalmeccanico, chimico, tessile, dell'energia e delle manifatture. Ma anche in quello dei trasporti e del pubblico impiego. Picchi altissimi di adesione nell'agro-industria specie nei principali gruppi di industrie alimentari. Particolarmente significativa la presenza in piazza dei braccianti agricoli, sia italiani che migranti, che hanno partecipato in massa ai cortei per protestare contro la manovra ma anche contro il lavoro nero e il caporalato nelle campagne. Ha sciopero circa l'80% a Mirafiori, lo stesso alla ThyssenKrupp di Terni e alla Fincantieri di Monfalcone e di Palermo. Allo stabilimento della Marcegaglia di Mantova ha sciopero il 70%. Alla Michelin di Cuneo ha incrociato le braccia il 75% dei lavoratori, alla Indesit di Fabriano il 65%. In Emilia-Romagna e, nello specifico a Parma, alla Nestlè e alla Barilla Pedrignano l'adesione è del 100% mentre alla Parmalat del 97%. In Brianza si sono astenuti dal lavoro l'80% dei lavoratori della Arcelor Mital, il 100% di quelli della Eon e l'80% della Peg Perego. A Milano, hanno aderito l'80% dei lavoratori della Rinascente Duomo e dello stabilimento Alstom e il 70% dei quelli della Pirelli Tyree. In Toscana spicca il dato del Nuovo Pignone di Firenze con l'80%, mentre alla Lucchini di Piombino l'85%. A Monfalcone all'Ansaldo l'adesione è del 65%. Alla Fincantieri di Palermo adesione all'82%, alla STM di Catania è stata pari all'80%. Nei trasporti si calcolano 200 voli cancellati, metro chiuse e fermi il 60% dei treni. In Sardegna, l'adesione media allo sciopero supera quella nazionale attestandosi quasi al 70%. La dimensione di queste cifre confermano che hanno aderito allo sciopero non solo gli iscritti alla Cgil e ai "sindacati di base", ma anche molte lavoratrici e lavoratori della Cisl e della Uil in aperta contraddizione e sfida con i propri vertici. In alcune aziende hanno peraltro aderito allo sciopero intere RSU, dunque compresi i rappresentanti di Cisl e Uil. Lo sciopero generale era stato preceduto da una intensa mobilitazione sindacale nelle settimane precedenti. Migliaia di assemblee nei luoghi di lavoro, presidi davanti alle Prefetture, volantinaggi, gazebo, campagne su Internet per preparare lo sciopero. Tra le iniziative più significative da segnalare le "notti bianche" organizzate dalla Fiom Cgil davanti ad alcuni stabilimenti metalmeccanici a Torino, Milano e Bologna alla vigilia dello sciopero, con conclusione davanti al Senato, a piazza Navona, a Roma, nel pomeriggio del 6 settembre. Sempre la Fiom assieme ad alcuni "sindacati di base", hanno tenuto
  • 4. lunedì 5 settembre, dalle 20,30 a mezzanotte un presidio davanti alla Borsa di Milano. Ovunque grande combattività contro il governo, il neoduce Berlusconi e i suoi gerarchi Tremonti, Sacconi e Brunetta. I principali responsabili del massacro sociale in atto. Ma i lavoratori non hanno risparmiato neanche i crumiri Bonanni e Angeletti. A Roma non hanno dato ascolto nemmeno alla Camusso che scoraggiava i fischi a Bonanni. Fischiati anche D'Alema a Genova, il sindaco di Firenze (l'unico del "centro-sinistra" della Toscana a dissociarsi dallo sciopero) Renzi e Bassolino a Napoli. Nel capoluogo partenopeo gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco hanno chiesto alla Camusso di ritirare la firma sull'accordo del 28 giugno: "Il 28 giugno non va dimenticato. Camusso ritira quel reato". Particolarmente inviso ai lavoratori l'articolo 8 della manovra bis con il quale il governo intende infliggere un colpo demolitore ai diritti sindacali e politici dei lavoratori trasformando in legge gli effetti dell'accordo capitolazionista dello scorso 28 giugno sui contratti e la rappresentanza sindacale (firmato arbitrariamente anche dalla segreteria della Cgil), mettendo in discussione pesantemente il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori e puntando a fare diventare il modello Fiat il modello per tutto il Paese. In tutte le piazze sono riecheggiati i canti di Bella Ciao e Fischia il vento. Spezzoni di cortei hanno anche cantato Bandiera rossa e l'Internazionale. Fischi invece all'indirizzo dell'inno di Mameli a Genova dove la piazza, pur invitata dal palco, si è rifiuta di intonarlo. Ovunque era presente il PMLI si è legato ai lavoratori in lotta. È stato così a Roma, Biella, Milano, Varese, Mestre, Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Forlì, Rimini, Pesaro, Prato, Firenze, Caserta, Napoli, Bari, Lecce, Catania. Molto apprezzati i cartelli e gli slogan del Partito che invitavano ad abbattere il massacratore sociale. A Napoli gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco hanno invitato Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, a indossare la loro famosa maglietta "Pomigliano non si piega!" e a sfilare dietro il loro striscione. A Biella, Gabriele Urban, Responsabile dell'Organizzazione biellese del PMLI e membro del Comitato Direttivo della FP-CGIL di Biella è stato invitato, a conclusione della manifestazione, a intonare al microfono Bella ciao. A Prato i nostri compagni hanno stretto fronte unito con compagni di base del PRC e del PdCI per lanciare gli slogan. A Bari, applaudito dai lavoratori un comizio-volante tenuto dal compagno Pietro Vinci da un megafono pubblico. Interviste ai compagni Franco Panzarella, a Prato, da parte di TV7Gold/TVRitalia e a Simone Malesci, a Firenze, da parte de "La Nazione". Intervistati anche i compagni catanesi da TVA di Adrano. Alle Istanze del Partito che hanno partecipato allo sciopero generale e alle manifestazioni la Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI ha inviato una lettera di ringraziamento nella quale fra l'altro si legge: "I dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi vi ringraziano profondamente per questo ennesimo servizio che avete reso al Partito, alla classe operaia e alle masse lavoratrici, pensionate, popolari e giovanili". Un servizio che tutto il PMLI è impegnato a proseguire fin da subito, nei prossimi giorni e settimane, per lottare contro la manovra del massacro sociale senza precedenti e per convincere le masse che ora occorre sollevare la piazza per abbattere il neoduce Berlusconi, il principale massacratore sociale.
  • 5. Il nuovo Vittorio Emanuele III blinda il governo del nuovo Mussolini Napolitano spinge il parlamento ad approvare al più presto e inasprire la manovra del massacro sociale Libertà di licenziamento Il vertice di Arcore del 29 agosto tra Berlusconi e Bossi, affiancati dai rispettivi gerarchi e con l'ingombrante presenza di Tremonti, ha partorito una nuova versione ancor più mostruosa, iniqua e indigeribile della manovra che era chiamato a "migliorare" in vista della presentazione al Senato per la prima approvazione. Dopo sette ore di estenuante mercato nella villa del "bunga- bunga", alla fine Berlusconi ha ottenuto quello che voleva, la cancellazione della cosiddetta tassa di solidarietà per i redditi medio-alti, così da poter continuare a vantarsi di non aver messo le mani nelle tasche degli italiani (ricchi), Tremonti è riuscito a evitare il ventilato aumento dell'Iva, che vuol tenersi come risorsa per finanziare la "riforma fiscale", e la Lega ha ottenuto la riduzione di 2 miliardi dei tagli agli enti locali. Cancellata anche l'abolizione delle province, rinviata a una futura legge costituzionale, così come quella dei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti, sostituita dall'accorpamento delle giunte e relative funzioni e competenze. Non è stato deciso nessun taglio aggiuntivo alle indennità e ai privilegi della "casta" dei politicanti borghesi, ma solo il dimezzamento dei parlamentari rinviato anch'esso alla suddetta legge costituzionale. E, manco a dirlo, non è stata ipotizzata alcuna tassa patrimoniale, neanche nella forma da burletta ventilata da Calderoli, ma solo una inoffensiva "stretta sulle società di comodo" per fingere di colpire l'elusione fiscale. Com'è stato possibile, allora, questo "miracolo", e con che cosa è stato coperto il buco di 6-7 miliardi apertosi con la cancellazione della "tassa di solidarietà" e la riduzione dei tagli agli enti locali? Innanzi tutto si è scoperto che il famoso prelievo del 5% sopra i 90 mila euro e del 10% sopra i 150 mila tanto odiato dal premier non era stato cancellato per tutti, ma solo per i dipendenti privati, gli autonomi e i professionisti (compresi i calciatori, quindi), cioè dove pescano i voti il PDL e la Lega. Rimane invece per i dipendenti del settore pubblico, dove è in vigore dal primo gennaio per effetto della manovra dell'anno scorso, e per le pensioni medio-alte. Un aggiustamento quindi di sfacciato sapore elettoralistico e, come ha denunciato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, anche anticostituzionale: "È nelle tasche dei criminali che il governo deve mettere le mani, non in quelle dei soliti noti", ha
  • 6. protestato infatti Palamara anche a nome di tutta la categoria dei dipendenti pubblici. L'ignominioso dietro-front sui riscatti pensionistici Un'altra furbata di chiaro stampo classista ed elettoralistico, voluta espressamente dal neoduce, è stata quella del taglio delle agevolazioni fiscali alle cooperative, con la scusa di colpire gli abusi che pure esistono in questo settore. Ma il vero coniglio dal cappello per far quadrare i conti è stata la cancellazione con un tratto di penna dell'anno di servizio militare e di quelli di università riscattati ai fini del raggiungimento dell'anzianità pensionistica; per cui di colpo tantissimi lavoratori (si stima circa 130 mila), si sono visti allontanare da 1 a 5 anni l'andata in pensione, pur avendo pagato fior di milioni a suo tempo per il riscatto di quegli anni. Questa infame trovata era stata escogitata personalmente dal ministro del Welfare e nemico giurato dei lavoratori, il neofascista ex craxiano Sacconi, previo accordo sottobanco con i suoi amiconi Bonanni e Angeletti, ai quali aveva garantito che avrebbe coinvolto "solo poche migliaia di persone". Quanto alla Lega, che fino a un minuto prima minacciava sfracelli se si fosse anche solo sfiorato il tema pensioni, Sacconi garantiva, non si sa in base a quale raffinato calcolo, che il provvedimento non avrebbe toccato che marginalmente i suoi elettori. Si sa come sono andate poi le cose: l'emendamento è stato ritirato ignominiosamente dopo neanche 48 ore, sommerso dall'indignazione popolare, compresi tantissimi lavoratori iscritti a CISL e UIL e perfino elettori della Lega. Ma la vicenda resta agli atti come emblematica del metodo brigantesco, classista e mafioso con cui il neoduce e i suoi scherani le studiano la notte per fare cassa esclusivamente sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari. Il dietro-front del governo sulle pensioni riapriva però il buco di 6-7 miliardi nel saldo complessivo della manovra, che Berlusconi e Tremonti avevano garantito alla Banca centrale europea per continuare a sostenere i titoli di Stato italiani e "calmare i mercati". Da qui una sarabanda di nuove ipotesi di misure compensative che nascevano e morivano nel giro di qualche ora, nell'incombere della scadenza ultima per presentare gli emendamenti al testo del decreto governativo per la votazione in commissione Bilancio del Senato. E tra la rabbia del neoduce per la figuraccia del governo, sommerso nel frattempo dal nuovo scandalo intercettazioni sui suoi loschi rapporti con Tarantini e Lavitola, che tornava a minacciare il ricorso all'aumento di un punto o un punto e mezzo dell'Iva e ad accarezzare l'idea del condono "tombale" per risolvere il rebus con un colpo di mano. Da qui anche l'interpretazione e la conseguente rappresentazione, da parte dell'"opposizione", della manovra del governo come di una "buffonata", di un "governo in stato confusionale" (Bersani), un "governo delle comiche" (l'Unità del 1° settembre), e così via. Ma si tratta come minimo di un grave errore di
  • 7. valutazione, se non piuttosto di un modo opportunista per poter giustificare quella "assunzione di responsabilità" che Bersani si è affrettato a garantire in parlamento, poi confermata ufficialmente dalla capogruppo Finocchiaro, rinunciando all'ostruzionismo e perfino alla discussione degli emendamenti per arrivare ad un'approvazione rapidissima, nello spirito di concordia nazionale invocato dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, e dando credito alle ipocrite dichiarazioni di "apertura alle proposte dell'opposizione" fatte dal premier. Le modifiche in commissione Bilancio del Senato A fronte infatti di qualche emendamento concesso all'"opposizione", come il ripristino delle festività civili (1° Maggio, 25 Aprile e 2 Giugno), la rinuncia a bloccare le tredicesime agli statali in caso di non raggiungimento degli obiettivi di risparmio di spesa (sostituita dalla riduzione del 30% dell'indennità di risultato ai dirigenti), la revisione annuale della spesa pubblica (spending review), la riscossione forzata delle somme non pagate del condono tombale del 2002, il salvataggio dei fondi Fas regionali e del sistema centralizzato di tracciamento dei rifiuti industriali, il salvataggio dei mini enti di ricerca sotto i 70 dipendenti e qualcos'altro, la maggioranza fascio-leghista ha blindato inesorabilmente tutte le misure più infami, a cominciare dal famigerato articolo 8 della manovra che abolisce praticamente per legge i contratti collettivi, consentendo ai contratti aziendali e locali di derogare, su tutta la materia dell'organizzazione del lavoro, alle disposizioni di legge e allo Statuto dei lavoratori, compreso l'articolo 18 sui licenziamenti per giusta causa. Anzi, poiché nel testo originale vi erano delle indeterminatezze che potevano dare adito a diverse interpretazioni, la maggioranza ha voluto inserire alcune correzioni che rendono più esplicita la facoltà di deroga, specificando anche che è sufficiente che sia accettata dalle organizzazioni sindacali "comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale" ovvero anche "operanti in azienda", con riferimento anche a quanto stabilito dall'accordo interconfederale del 28 giugno: un'autostrada aperta davanti ai sindacati gialli e filopadronali, come CISL, UIL e UGL, per fare tabula rasa dei diritti inalienabili dei lavoratori agendo azienda per azienda, territorio per territorio, sul modello corporativo fascista di Pomigliano e Mirafiori rispolverato da Marchionne con l'aiuto dei reggicoda Bonanni e Angeletti. Come se non bastasse Berlusconi ha preteso e ottenuto che fossero cancellate o evirate una per una, rendendole praticamente inutili, perfino le "misure antievasione" escogitate in gran fretta da Tremonti per coprire il buco lasciato dalla rinuncia a cancellare gli anni di riscatto delle pensioni e dalla riduzione dei tagli ai comuni, misure che il neoduce aveva subito bollato come "sovietiche" e da "Stato di polizia fiscale": cosicché alla norma che nega la sospensione condizionale a chi evade più di 3 milioni è stata tolta la retroattività (chi si è già macchiato di questo crimine, quindi, l'avrà fatta franca per sempre); le
  • 8. dichiarazioni dei redditi potranno essere pubblicate online dai comuni, ma solo in forma anonima e aggregati per categorie; ed è saltato anche l'obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi le banche e altri operatori finanziari con cui si hanno rapporti. Particolarmente sporco è poi l'emendamento approvato in commissione con cui, con la scusa del "risparmio" delle risorse, il governo si è attribuito una "delega ampia" a riordinare gli uffici giudiziari, anche con accorpamenti delle piccole procure (in pratica la loro soppressione): una furbata che, come l'articolo 8, non ha nulla a che vedere con la necessità di far fronte alla crisi finanziaria e riottenere la "fiducia dei mercati", ma sfrutta la manovra finanziaria come mezzo per anticipare surrettiziamente la controriforma della giustizia per mettere sotto controllo i pm e allentare il controllo di legalità sul territorio: per il governo è più facile infatti controllare poche grandi procure piuttosto che una miriade di pm indipendenti e ficcanaso. Così come particolarmente infame e razzista è l'emendamento, imposto dalla Lega, che istituisce una tassa del 2%, con un minimo di 3 euro, sui trasferimenti all'estero di denaro da parte di migranti privi di iscrizione all'INPS e di codice fiscale: in pratica tutti quelli senza permesso di soggiorno, considerati indiscriminatamente come "clandestini". Ulteriori inasprimenti su Iva e pensioni coperti da Napolitano La manovra emendata e blindata che sta per essere approvata dal Senato nero col voto di fiducia, è perciò tutt'altro che una "buffonata". Essa è invece un massacro sociale in piena regola, aggravato dalle modifiche che vi sono state apportate in Commissione, e ulteriormente inasprita dalle decisioni dell'ultima ora di inserirci anche l'aumento dell'Iva (dal 20 al 21%) e l'aumento dell'età pensionabile per le donne del settore privato a quella degli uomini già dal 2014; il tutto condito con un pizzico di demagogia a buon mercato con la reintroduzione di un ridicolo "contributo di solidarietà" del 3% sui redditi sopra i 300 mila euro. Infatti dopo il "venerdì nero" del 2 settembre scorso, e ancor di più dopo il "lunedì nero" del 5, che hanno registrato crolli della Borsa di Milano dell'ordine del 5%, superiori a tutte le altre Borse europee, e soprattutto la nuova drammatica impennata del differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi, Napolitano aveva lanciato un nuovo appello alle forze parlamentari a "far presto" ad approvare la manovra, possibilmente entro giovedì 8 settembre, quando la BCE si riunirà per decidere se continuare o no a comprare i nostri titoli per evitare il default (fallimento dello Stato): cioè che l'Italia, che ha già superato la Spagna come livello di rischio, faccia la stessa fine della Grecia. E aveva chiesto altresì che la manovra fosse "rafforzata" per renderla più credibile ai mercati e alla BCE, suggerendo in pratica egli stesso di inserire anche l'aumento dell'Iva e un intervento strutturale sulle pensioni. Cosa che il governo si è subito affrettato a fare, rimangiandosi anche la parola di non ricorrere al voto di fiducia, grazie all'alibi offertogli su un piatto d'argento dal capo dello Stato. Ma il nuovo Vittorio Emanuele III non si è fermato qui: in precedenza aveva
  • 9. voluto anche blindare il governo del nuovo Mussolini, in modo da evitare assolutamente ogni rischio di crisi di governo in questa fase "delicata", bocciando le ipotesi di un "governo tecnico", o di "salvezza nazionale", che hanno cominciato a far presa anche tra la grande borghesia, come si è visto anche al summit di Cernobbio. Intervenendo infatti in videoconferenza a quel convegno, Napolitano aveva stroncato ogni speranza in un suo intervento per favorire un cambio di governo, rimarcando che "fino a quando c'è un governo che ha la maggioranza in parlamento, comunque esso agisca, io non posso sovrappormi con il fatto, ma nemmeno con l'idea, di un governo diverso". Poco gli importa, evidentemente, se tale maggioranza parlamentare è composta di nominati, inquisiti e corrotti comprati a suon di milioni e di posti di potere, da un premier sempre più immerso negli scandali e screditato anche a livello internazionale. Che da parte sua aveva subito intascato l'appoggio del rinnegato del Quirinale, sottolineando che "Napolitano è stato corretto. Ha messo in guardia tutti i complottisti che sono al lavoro contro di me fuori dal parlamento", alludendo evidentemente ai vari Montezemolo, Profumo, Monti (forse lo stesso Tremonti, anche se adesso un po' azzoppato), e quant'altri tra i "cavalli di razza" della borghesia si vanno facendo avanti per sostituirlo. Non a caso aveva fatto annunciare dal suo delfino Alfano che lui sarà il candidato del "centro-destra" anche nel 2013, senza bisogno di essere "scelto" con le primarie. Tutto ciò non fa che confermare in maniera lampante la concretezza e la lungimiranza della parola d'ordine del PMLI, e cioè che solo sollevando la piazza, di cui il riuscito sciopero generale del 6 settembre indetto dalla CGIL è solo un primo e doveroso passo, è possibile affossare la micidiale stangata antipopolare del governo e abbattere il massacratore sociale, Berlusconi. Per la penna del rinnegato Ferrara Sperticato elogio de "Il Giornale" a Napolitano "Se il governo riuscirà a guidare il Paese nella crisi mondiale, se il Paese saprà reggere all'urto degli isterismi collettivi, delle demagogie profuse a piene mani, delle tentazioni destabilizzanti, una parte rilevante del merito andrà ascritta all'asciuttezza, incisività e sapienza del capo dello Stato". Così, in un editoriale su "Il Giornale" del 14 agosto scorso, il rinnegato Giuliano Ferrara arriva a tributare un entusiastico riconoscimento del ruolo chiave di Napolitano a sostegno di Berlusconi e del suo governo neofascista. Non era mai successo finora, almeno non in maniera così esplicita, ma alla fine,
  • 10. dopo la parte decisiva giocata dall'inquilino del Quirinale nel sostenere in tutti i modi, fino in certi momenti alla vera e propria supplenza, il governo e i suoi provvedimenti da massacro sociale nell'infuriare della crisi finanziaria e politica di questa estate, il consigliere del nuovo Mussolini non ha potuto fare a meno di riconoscerlo e di dargli il dovuto rilievo. Non a caso l'editoriale è stato pubblicato subito dopo la firma di Napolitano alla stangata antipopolare del 12 agosto, e il fatto che sia stato pubblicato sul quotidiano di famiglia del neoduce significa che il suo contenuto è condiviso e approvato dal "capo". L'elogio di Ferrara al nuovo Vittorio Emanuele III si fa addirittura sperticato quando sottolinea la "differenza" tra "il comunista, riformista ed europeista Giorgio Napolitano" e i suoi due immediati predecessori, l'"intrigante ribaltonista antiberlusconiano" Scalfaro e l'"illuminista vicino ai simboli", ossia massone, Ciampi: "Napolitano è di una specie assolutamente diversa", prorompe pieno di ammirazione Ferrara, che tra l'altro ha sempre riconosciuto a Napolitano un ruolo di suo antico maestro come antesignano di tutti i rinnegati come lui, essendo stato il capo storico della corrente "migliorista" del PCI, corrente della destra revisionista che spingeva il partito ad abbandonare ogni richiamo sia pure formale al suo passato, abbracciare il capitalismo e allearsi in modo subalterno all'allora PSI di Craxi. Ferrara gli riconosce quindi di fatto di essere quello che noi andiamo dicendo da quando ha conferito l'incarico di premier al neoduce, cioè di essere il nuovo Vittorio Emanuele III, la miglior garanzia per Berlusconi di durare per tutta la legislatura. Come quando afferma che "la sua dottrina è semplice: quando non ci sia un'alternativa nel Parlamento o una seria circostanza di rottura istituzionale che riguardi i rapporti tra le Camere e il Paese, il governo è quello eletto, la legislatura è quella definita dalla legge, e i poteri dell'esecutivo possono essere sorvegliati secondo le prerogative proprie del presidente, possono essere stimolati con la persuasione morale, possono essere scossi dall'iniziativa istituzionale, ma mai sovvertiti per la via di trame di palazzo e giochi di partito o di lobby". Al punto che, conclude il rinnegato Ferrara, "alla fine toccherà a Berlusconi, uomo di novità e di rottura, elevare un monumento equestre al solido campione del passato, al politico integralmente formatosi nella Repubblica dei partiti e delle ideologie, per aver compiuto la sua missione personale combattendo la faziosità partitocratica e lobbistica e le sue inquietanti fumisterie". Col che ecco serviti a dovere tutti coloro, come il liberale Bersani e il moralista borghese Scalfari, che continuano a spacciare il rinnegato del Quirinale come il più sicuro e intransigente "baluardo" a difesa della Costituzione e della democrazia dagli attacchi presidenzialisti e golpisti del premier.
  • 11. Dall'Asset ai Titoli di Stato Dizionario della crisi Asset: termine inglese che indica l'insieme dei beni materiali o immateriali di un'impresa. Azioni: è un titolo che rappresenta una parte (quota) di proprietà di una società. BCE: Banca centrale europea. Ha sede a Francoforte. Definisce e attua la politica economica e monetaria dell'Unione europea Banca d'Affari: è un istituto di credito che non permette depositi e specula con elevato rischio. Sono considerate fra le principali responsabili della crisi finanziaria mondiale. Commercial papers: obbligazioni a breve emesse dalle aziende, finalizzate a coprire necessità di breve periodo. Credit default swaps o Cds: Contratti di assicurazione sull'insolvenza di un debitore. È uno strumento finanziario che ha la funzione di garantire chi ha acquisito titoli da un venditore. Più il venditore è attendibile meno alto sarà il valore dei Cds. È considerato uno strumento speculativo per scommettere sul possibile fallimento di uno Stato o azienda. Debito pubblico: Detto anche debito sovrano. È il debito che uno Stato, tramite le amministrazioni pubbliche centrali e locali, contrae con i propri cittadini (debito interno) o con istituzioni finanziarie e Stati esteri (debito estero). Default: Termine inglese che in economia indica il fallimento. Ecofin: l'insieme dei ministri dell'Economia e delle Finanze degli Stati membri dell'Unione europea. Euribor: Euro Interbank Offered Rate, è il tasso medio con cui avvengono le transazioni finanziarie in euro tra le grandi banche europee. Fed: Federal Reserve. È la Banca centrale degli Stati Uniti. Fondo Efsf: European Financial Stability Facility. È un fondo per la stabilità finanziaria dell'Europa. Creato dalla Unione europea in occasione della crisi finanziaria che ha colpito la Grecia. È intervenuto anche per salvare Irlanda e Portogallo. Ftse Mib: Acronimo di Financial Times Stock Exchange. È l'indice della Borsa italiana che indica il valore delle azioni delle 40 maggiori aziende Italiane ed estere, quotate alla Borsa di Milano. È l'indice di riferimento utilizzato per indicare sinteticamente il valore del mercato azionario nella sua totalità. Hedge Fund: fondi di investimento ad alto rendimento e ad alto rischio e speculazione. Indice di patrimonializzazione: misura percentualmente il finanziamento dell'impresa ottenuto con mezzi propri piuttosto che di terzi. Tanto più elevato è l'indice tanto più l'impresa si autofinanzia e meno ricorre a fonti esterne. Inflazione: crescita del livello dei prezzi che si verifica in modo generalizzato su tutti i prodotti.
  • 12. Iva: Imposta valore aggiunto. Colpisce l'incremento di valore che una merce acquista ad ogni passaggio economico. Attraverso un meccanismo di detrazione, l'imprenditore e il lavoratore autonomo scaricano il peso dell'imposta sull'acquirente successivo. Alla fine del processo, l'Iva grava completamente sul consumatore finale della merce. Obbligazioni: dette anche bond. È un prestito, per una somma e una data determinate, concesso dall'investitore a un emittente che può essere uno Stato (titoli di Stato, come Bot e Cct), un ente pubblico o una società privata. L'obbligazione garantisce un rendimento a chi lo acquista e la restituzione della somma alla scadenza. Rapporto Deficit/PIL: È il rapporto esistente tra il debito pubblico di uno Stato e il suo prodotto interno lordo (PIL). In base al patto di stabilità siglato a Maastricht dai membri dell'Unione europea, il rapporto deficit/PIL deve mantenersi sotto quota 60% per evitare debiti pubblici insostenibili. Rating: ossia valutazione. Misura il grado di solvibilità attribuito all'emittente, ad esempio uno Stato o un'impresa, da parte di Agenzie di rating private fuori da qualsiasi controllo pubblico. Short selling o vendite allo scoperto: Vendita delle azioni effettuata senza averne la piena proprietà. Le short selling sono considerate strumenti che agevolano la speculazione e spesso vengono sospese. Ad esempio A vende a B azioni X a un valore Y stabilito oggi pur senza possedere le azioni che ha venduto; A spera che il valore delle azioni X scenda nell'intervallo temporale accettato per l'effettiva consegna, e così di guadagnare dalla transazione. Spread: È il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato poliennali italiani e quelli tedeschi, corrispondenti all'economia più forte. Misura la differenza del rischio di investire nelle obbligazioni emesse dai singoli Stati. Uno Spread di 325 significa che i titoli italiani rendono il 3,25% in più dei tedeschi e dunque sono considerati più rischiosi dagli investitori. Subprime: i mutui subprime sono quelli concessi alle persone meno facoltose e perciò con un elevato rischio di mancato rimborso delle rate. Titoli di Stato: Obbligazioni a breve, medio e lungo termine emesse dagli Stati per finanziare il debito pubblico. Alla scadenza dei termini previsti lo Stato rimborsa il capitale investito. In Italia i Titoli di Stato a lungo termine, si chiamano Buoni del Tesoro Poliennali BTP (con una durata che varia dai 3 ai 30 anni). Il "sistema Sesto" muoveva fino al 2010 un colossale giro di tangenti che coinvolgeva anche le Coop Lo scandalo Penati è uno tsunami per Bersani e l'intero PD
  • 13. La Commissione di garanzia del PD lo copre, sospendendolo dopo che si era già autosospeso. Gli inquirenti chiedono l'arresto dell'ex braccio destro di Bersani per "corruzione gravissima", non concesso per prescrizione (legge Cirielli imposta da Berlusconi) Nel corso delle ultime settimane la scandalosa vicenda giudiziaria inerente il colossale giro di tangenti legato alla mega speculazione immobiliare delle ex aree industriali della Falck e Ercole Marelli di Sesto San Giovanni e all'acquisizione dell'autostrada Milano-Serravalle da parte della Provincia di Milano si è arricchita di nuovi e inquietanti capitoli investigativi che chiamano direttamente in causa l'intero vertice del PD con alla testa Bersani e coinvolgono in pieno anche la Lega delle Coop. Penati salvato dalla Cirielli Il 24 agosto il Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Monza Anna Magelli pur constatando che a carico di Filippo Penati ci sono "gravi indizi di colpevolezza" ed è dimostrata "l'esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione" da lui "posti in essere", ha dovuto rigettare la richiesta di arresto avanzata dai Pubblici ministeri (Pm) monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia contro l'ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani in quanto gli episodi contestati arrivano "fino al 2004" e quindi deve essere dichiarata "l'intervenuta prescrizione del reato". Per la stessa ragione il Gip ha respinto l'analoga richiesta dei Pm contro Giordano Vimercati, l'ex braccio destro di Penati. Un bel "sospiro di sollievo" per tutto il PD che a parole dice di combattere il neoduce Berlusconi e le sue vergognose leggi ad personam, ma poi, nei fatti, non si schifa certo di utilizzarle per salvare i suoi "mariuoli" dalle patrie galere. I nuovi provvedimenti giudiziari Dall'avviso di proroga delle indagini notificato alla fine agosto a tutti gli indagati, si è appreso che la lista degli arrestati e degli avvisi di garanzia (circa una ventina, con alla testa Filippo Penati, ex braccio destro di Bersani, e l'attuale sindaco di Sesto Oldrini) si è ulteriormente allungata. In carcere, per l'affare Falck-Marelli, sono finiti Pasqualino Di Leva, ex assessore all'edilizia al Comune di Sesto e l'architetto Marco Magni, entrambi accusati di corruzione. Indagata a piede libero anche Nicoletta Sostaro, capo dello sportello edilizia del Comune di Sesto, che ha riferito di una cena in un ristorante di Milano a cui hanno partecipato l'assessore Di Leva, Giovanni Camozzi (gruppo Zunino) e l'imprenditore delle bonifiche Giuseppe Grossi. Una cena definita "interessante" dalla procura, alla luce di altri interrogatori in base ai quali Zunino e Grossi, nei mesi precedenti all'acquisto dell'area Falck, nel 2005, tentavano di accreditarsi con la nuova giunta Oldrini. Inoltre la Sostaro ha spiegato di aver ricevuto un "panettone" con dentro 5 mila euro in contanti il 22 dicembre del 2006 dall'imprenditore sestese Piero Di Caterina, ma di aver poi
  • 14. restituito i soldi senza però sporgere denuncia. Nel registro degli indagati invece sono stati aggiunti i nomi dell'attuale direttore generale del Comune di Sesto San Giovanni, Marco Bertoli, giovane parlamentare dell'allora PCI negli anni '70, accusato di finanziamento illecito dei partiti, per i "contributi" in nero sborsati da un imprenditore della sanità; e Michele Molina, ingegnere del gruppo Percassi, amministratore delegato di Api, società del gruppo che si occupa della progettazione di grandi centri commerciali, come l'"Idroscalo center", in costruzione a Segrate. Il gruppo Percassi risulta tra i principali finanziatori di "Fare Metropoli", la fondazione di Penati, attraverso la quale la procura ipotizza che sono arrivati fondi per decine di migliaia di euro per finanziare le campagne elettorali di Penati. La procura vuole capire se dietro i bonifici alla fondazione "Fare Metropoli" si nascondano vere e proprie tangenti, dato che molti dei finanziatori - banche, società, persone fisiche - hanno avuto appalti e contratti dalla Provincia di Milano e dalle sue società negli anni della gestione di "centro-sinistra". Tra gli ultimi indagati figura anche Maurizio Pagani, ex manager di Banca Intesa e oggi dirigente della controllata Biis, Banca Infrastrutture Investimenti e Sviluppo, accusato di corruzione per aver partecipato agli incontri in cui fu definito "il sovrapprezzo da pagare a favore di Penati e Vimercati" nell'affare Milano-Serravalle. L'affare Milano-Serravalle Secondo l'imprenditore sestese Piero Di Caterina, titolare della società di trasporti "Caronte srl" e grande accusatore di Penati insieme a Giuseppe Pasini, Pagani ha preso parte agli "incontri" e alle "trattative" intercorse tra l'ex capo di gabinetto della Provincia di Milano, Giordano Vimercati (braccio destro di Penati), Antonino Princiotta (ex segretario generale della Provincia di Milano) e Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio, per stabilire il prezzo che la Provincia avrebbe dovuto pagare nell'operazione Milano-Serravalle, l'acquisto da parte dell'ente guidato all'epoca da Penati del 15 per cento delle azioni della società autostradale. Nel decreto di perquisizione presentato a Pagani i Pm Walter Mapelli e Franca Macchia fra l'altro scrivono che: "esistono gravi indizi sulla base di dichiarazioni de relato (quelle di Di Caterina appunto, ndr) sull'illiceità della costruzione di una operazione finanziaria per l'acquisto a prezzi fuori mercato di azioni comprensivo di un ritorno economico" per i partecipanti all'operazione. Di Caterina ha consegnato agli inquirenti anche una "copia di un documento avuto da Princiotta nel marzo/ aprile 2010 che contiene il testo delle trattative che si sono svolte in relazione all'acquisto della Milano Serravalle" su cui la procura ha disposto una nuova consulenza per confermare l'incongruità dell'operazione bocciata anche dalla Corte dei Conti che l'ha definita "priva di qualsiasi utilità" ravvisando anche un grosso danno erariale. L'operazione, effettuata nel 2005 dalla Provincia di Milano guidata da Penati, ha comportato
  • 15. un esborso da parte dell'Ente di 235 milioni di euro per acquisire il pacchetto azionario di Marcellino Gavio, pagando 8,973 euro l'una le azioni che al boss delle costruzioni e delle concessioni autostradali erano costate appena 18 mesi prima 2,9 euro. Il coinvolgimento delle Coop Per quanto riguarda invece la grande speculazione immobiliare sull'area ex Falck-Marelli, il Gip Anna Magelli, scrive che "tra le condizioni previste dai politici" c'era anche "l'ingresso delle cooperative". E nell'ambito "delle trattative", Pasini accettò "di garantire a Penati non solo il pagamento di somme di denaro (circa 20 miliardi di lire di tangenti ndr), ma anche altre utilità come per l'appunto l'affidamento di parte delle opere residenziali a soggetti terzi, vicini all'amministrazione comunale". Ossia, quelle Coop che Pasini, nell'interrogatorio del 26 maggio, definisce "il braccio armato del partito" e con le quali "non era opportuno litigare". Quindi Pasini accetta le Coop - precisano i Pm - perché le riconosce come "snodo fondamentale per il buon esito dell'affare" e per il "loro rapporto organico con i vertici nazionali del Pds". "Stupisce - scrivono ancora i Pm - come a fronte delle inadempienze del socio emiliano (la Ccc non pagherà la quota per rilevare i terreni), Pasini riconosca loro il diritto a entrare in ogni caso nell'affare senza chiedere corrispettivi né pretendere indennizzi, ma anzi pagando mediazioni inesistenti", fino a 3,5 milioni di euro ai due professionisti Francesco Agnello e Giampaolo Salami, che stando all'inchiesta, ricevettero quattro pagamenti da 620mila euro senza realizzare nulla. Dazioni "destinate a regolare i conti, a spese di Pasini e non di tasca loro, con la politica a livello centrale". L'area Falck fu acquistata nel 2000. L'input di coinvolgere le Coop è arrivato direttamente dall'allora sindaco di Sesto Penati e da Vimercati. Lo racconta ai Pm Luca Pasini, figlio del costruttore Giuseppe che ha verbalizzato: "Durante la trattativa conobbi Degli Esposti e un certo Salami come rappresentanti delle coop: ci venne detto, mi pare da Vimercati, che avrebbero garantito la parte romana del partito". Il doppio livello tangentizio Del doppio livello tangentizio e delle relative somme versate a favore del PD sia a livello locale che nazionale per finanziare le campagne elettorali ne aveva già parlato ai Pm Di Caterina sottolineando fra l'altro: "Loro mi dicevano che avevano bisogno di ingenti finanziamenti e ho collegato la crescita del fabbisogno all'esplosione delle spese della politica dovute anche alle elezioni sia a Sesto che a livello nazionale". In una e-mail inviata da Di Caterina a Penati e Vimercati il 26 aprile 2010 e sequestrata dalla Gdf, l'imprenditore sestese scrive: "In questa lettera (...) affronto l'argomento relativo ad una serie di versamenti di denaro che in oltre 10
  • 16. anni, oserei dire 15 anni, ho elargito in contanti a favore di Filippo Penati. (...) Le ultime dazioni di denaro risalgono alla campagna elettorale di quest'anno per la candidatura alla Presidenza della Regione, per un ammontare di circa 50.000,00 Euro. Io sono stato costretto a pagare queste notevoli somme nel corso degli anni perché nel sistema dei trasporti pubblici milanesi si è verificato un abuso da parte di Atm nella ripartizione degli introiti di tariffazione. Da qui nasce l'esigenza di avere una protezione politica (...)". Tra gli atti c'è anche "l'indizio principe" che secondo gli inquirenti conferma i loschi rapporti tangentizi tra Di Caterina, il gruppo Gavio e Penati, ossia: "Il falso preliminare di vendita concluso il 14-11-2008 da Di Caterina e da Binasco Bruno" che rappresenta un "mero strumento giuridico volto a fornire una giustificazione del passaggio dal Gruppo Gavio a Di Caterina della somma di 2,5 milioni di euro" a titolo di ricompensa per la conclusione dell'affare Milano- Serravalle. Insomma, per il PD si sta preparando un vero e proprio tsunami giudiziario con conseguente coinvolgimento del vertice del partito a livello nazionale oltre che locale. Anche perché i fatti accertati sono chiari, incontrovertibili e ampiamente suffragati da prove e raccontano che per almeno 15 anni Penati, il "proconsole" lombardo del PCI/PDS/ e attuale leader PD del Nord Italia insieme a Chiamparino, è stato in realtà il "Mariulo" di Bersani e di tutto il PD: il dominus di un sistema di tangenti, il cosiddetto "sistema Sesto" messo a punto fin dai primi anni '90 per pompare il fiume di tangenti alimentato dai centri di potere periferici del PD e convogliato verso il centro passando per comuni, provincie e regioni. Davanti a tali inoppugnabili prove giudiziarie, la Commissione di garanzia del PD lo copre ulteriormente, sospendendolo dopo che si era già autosospeso, invece di espellerlo sia pure tardivamente. Quello che si autodefiniva "il partito dalle mani pulite" ha finito per assomigliare come una goccia d'acqua al PSI di Craxi travolto da tangentopoli. Napolitano firma senza batter ciglio Alla giustizia nominato Palma, amico di Previti e fautore dell'impunità dei corrotti PD e "centro-sinistra" silenziosi e compiacenti Il governo neofascista Berlusconi ha fatto un altro dei suoi capolavori ai danni del popolo italiano con la nomina a ministro della giustizia di Nitto Francesco Palma e ciò è avvenuto senza che né Napolitano né il "centro-sinistra" facessero il minimo rilievo: dopo un avvocato compiacente, Alfano, è la volta di un magistrato altrettanto compiacente agli interessi di Berlusconi e della sua cricca.
  • 17. Nato a Roma nel 1950, entrato giovanissimo in magistratura, dal 1979 al 1993 è stato sostituto procuratore della repubblica a Roma, in quella grande procura che è giustamente chiamata "porto delle nebbie" per l'asservimento di molti magistrati al governo e alle massime istituzioni politiche, come poi si è realmente dimostrato con la vicenda delle dimissioni e del successivo patteggiamento della pena del procuratore aggiunto Achille Toro travolto dallo scandalo P4. E la collocazione politica di Palma fu evidente già nel 1994 quando venne chiamato in qualità di capo di gabinetto dal ministro di grazia e giustizia Alfredo Biondi. Poi nel 2001 avvenne il suo passaggio definitivo con l'elezione come deputato nelle liste di Forza Italia e successivamente come senatore nel 2006 con la stessa lista e poi ancora come senatore nel 2008 con il Popolo della Libertà fino alla nomina al ministero della giustizia il 27 luglio 2011. In realtà - nonostante il nome del ministero da lui presieduto - lo scarso senso di giustizia di quest'individuo lo si è visto già nel 2002 quando, da deputato, propose per compiacere la cricca dei suoi amici Cesare Previti e Silvio Berlusconi un emendamento a una norma per reintrodurre di fatto l'immunità parlamentare, con processi e termini processuali sospesi per parlamentari in carica, giudici costituzionali e presidente della Repubblica fino al termine del mandato, e per di più con effetto retroattivo. La norma non passò, ma tale proposta è indicativa per comprendere il personaggio e per capire di quali servi si circondi Silvio Berlusconi. Anche la sua amicizia con il pregiudicato Previti è emblematica per comprenderne la statura morale: amicizia che si spingeva a frequentare apertamente e di fronte a decine di invitati l'attico di piazza Farnese dove quest'ultimo invitava deputati e senatori nell'imminenza del varo di quella che poi diventerà la legge n. 251 del 2005 di riforma della prescrizione penale (la cosiddetta "legge salva Previti"), legge votata anche dallo stesso Nitto Palma. E la cosa più grave è che Palma è tuttora un magistrato, anche se le sue funzioni rimangono sospese durante i mandati parlamentari, fatto evidente che c'è una parte della magistratura schierata con Berlusconi che ne copre i reati e la sua politica neofascista. Una parte di magistrati che lo servono con ogni mezzo, lecito e illecito, ricavandone promozioni, poltrone nei ministeri o nelle più alte istituzioni e persino elezioni assicurate al parlamento com'è il caso del detenuto Alfonso Papa o del fascista ripulito Alfredo Mantovano. Fondata il 30 agosto 2011 Viva la Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Bari Il Partito si stringe attorno ai compagni del capoluogo
  • 18. pugliese Dal corrispondente della Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Bari Martedì 30 agosto a Bari alcuni marxisti-leninisti hanno dato vita alla Cellula "Rivoluzione d'Ottobre". Questo è stato un evento importante per tutto il PMLI, che ora può contare su di una nuova cellula pronta ad adoperarsi per l'applicazione dello Statuto e del Programma del Partito per trasformarlo in un Gigante Rosso anche nel corpo ma è altresì un grande evento per la città di Bari dove finalmente la bandiera rossa del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e del socialismo svetta ben in alto grazie al contributo dato dai marxisti-leninisti baresi. La cellula ha deciso, durante la sua riunione fondativa tenutasi di mattina alle 10, di adottare come nome quello di "Rivoluzione d'Ottobre" essenzialmente per due motivi principali: il primo è rappresentato dal notevolissimo e indiscutibilmente grande significato storico proletario e rivoluzionario racchiuso in questo evento in cui, sotto la guida magistrale del Partito bolscevico di Lenin e di Stalin, la classe operaia e il popolo russi riuscirono in un'impresa unica per l'epoca e che rappresenta tutt'oggi l'esempio che tutti i popoli del mondo devono seguire per spodestare dal potere la borghesia, i capitalisti e i guerrafondai imperialisti. Secondo motivo che ha spinto i marxisti-leninisti baresi alla scelta di tale nome è la volontà di tracciare una netta e qualificante linea di separazione fra i sinceri comunisti ovverosia i marxisti-leninisti del PMLI che sono fedeli al socialismo e alla lotta del proletariato per la sua conquista tramite la via immortale dell'Ottobre russo, e i manutengoli della "sinistra" borghese serva del regime neofascista capeggiata in Puglia dal demagogo anticomunista e neo- liberale Nichi Vendola e al comune di Bari dal podestà PD Michele Emiliano. Dopo la lettura dell'apprezzata lettera di congratulazioni inviata dalla Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI nella quale fra l'altro si legge: "Finalmente il proletariato e le masse baresi hanno chi rappresenta i loro interessi che potranno soddisfare via via che daranno più forza e consensi alla vostra cellula", i compagni della cellula "Rivoluzione d'Ottobre" hanno fissato i compiti, gli obiettivi e il da farsi immediato nonché i "principi guida" estrapolati dalla linea del Partito ovverosia le Quattro condizioni per il radicamento, i Tre elementi chiave e le Cinque fiducie. Fra i vari punti all'ordine del giorno, oltre all'organizzazione della delegazione barese alla imminente Commemorazione di Mao di domenica 11 settembre a Firenze, vi era anche quello riguardante la necessità di realizzare una riunione di studio sul capitolo "Il Partito" del Rapporto che il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, ha tenuto al 5° Congresso nazionale del PMLI. Anche la Commissione centrale per il Mezzogiorno del Partito ha inviato un incoraggiante messaggio di congratulazioni nel quale sottolineava fra l'altro: "Ogni Cellula di Partito che nasce nel nostro martoriato Mezzogiorno costituisce
  • 19. un enorme balzo in avanti organizzativo e politico per tutto il PMLI che punta al radicamento tra le masse meridionali nella cui forza, combattività e capacità di legarsi al Partito ripone grande fiducia". Numerosi altresì i graditi messaggi ricevuti da parte di istanze di base e intermedie del Partito, compresa la neonata Organizzazione di Aberdeen (Scozia). A tutti la cellula barese ha risposto con una lettera di ringraziamenti scritta "col cuore gonfio di commozione e felicità" proletarie rivoluzionarie. Nascendo la Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" si dirama una nuova radice dell'albero del Partito a Bari e in Puglia che crescendo in esperienza e forza, sormontando col passo del montanaro le grosse difficoltà che si stagliano all'orizzonte e col cuore gonfio di coraggio e volontà rivoluzionari, darà ancora più forza e prestanza al PMLI come Gigante Rosso. Alla Conferenza di Parigi Banchetto imperialista per la spartizione del petrolio libico Francia e Gran Bretagna capeggiano la rapina Un rappresentante del Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt) annunciava il 6 settembre di aver raggiunto un accordo con le autorità locali per l'ingresso senza combattere delle forze degli insorti nella città di Bani Walid, nel sud del paese. Con la resa della città resterebbe nelle mani dell'esercito oramai in rotta del dittatore Gheddafi la sola città di Sirte. Il "processo di transizione è partito", aveva annunciato pochi giorni prima il rappresentante in Gran Bretagna del Cnt, il futuro prossimo della Libia sarà definito dall'elezione di un'assemblea costituente entro otto mesi e le elezioni presidenziali entro 20 mesi. Sul futuro prossimo e non solo del paese continuerà a vigilare la Nato e conteranno non poco soprattutto gli appetiti imperialisti delle potenze che sono intervenute nell'aggressione al paese e nella caccia a Gheddafi, dalla Francia e Gran Bretagna all'Italia, e quelle rimaste in seconda fila, dalla Germania alla Russia, con la Cina che rischia di restare tagliata fuori. Sua era la rappresentanza di minor rango nel vertice di Parigi dell'1 settembre che ha dato una rappresentazione dell'avviato banchetto imperialista per la spartizione del petrolio libico. Defilata, al momento anche la posizione degli Usa che erano comunque presenti a Parigi col segretario di Stato Hillary Clinton. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, in tandem col premier inglese David Cameron, ha diretto i lavori che sono iniziati con una riunione ristretta tra i paesi in prima linea nell'intervento iniziato nel marzo scorso, e sono proseguiti in riunione plenaria con capi di Stato, premier e ministri di una cinquantina di paesi.
  • 20. Il tema principale della riunione ristretta è stato quello economico a fronte delle richieste del Cnt libico per uno sblocco rapido dei circa cinquanta miliardi di dollari congelati in vari paesi dalle sanzioni della risoluzione dell'Onu numero 1970. Nel comunicato congiunto illustrato da Sarkozy e Cameron alla fine dei lavori, la conferenza chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di approvare una risoluzione che sblocchi i soldi libici. Ma già i principali "amici" della nuova Libia hanno anticipato la decisione Onu, dalla Francia, Gran Bretagna e Usa, che hanno sbloccato ciascuna 1,5 miliardi di dollari libici depositati nelle loro banche, all'Italia che in due rate ne ha sbloccati 3 miliardi. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini affermava che "non c'è una corsa per sapere chi arriva primo in Libia" ma tutto lascia intravedere che è proprio l'opposto. La compagnia petrolifera statale libica ha appena riaperto i battenti a Tripoli sotto il controllo del Cnt e ha annunciato che entro 15 mesi tornerà alla produzione standard di 1,6 milioni di barili al giorno. E quasi in contemporanea alcuni quotidiano francesi hanno rivelato un accordo segreto stipulato nell'aprile scorso tra il Cnt e il governo di Parigi che garantirebbe alla Francia lo sfruttamento del 35% del petrolio libico, un balzo rispetto al 3,5% finora. Un accordo non confermato dalle due parti ma ritenuto dal ministro dell'Industria francese Eric Besson una giusta "ricompensa" al suo paese per aver guidato l'intervento militare. Il 2 settembre Frattini ribadiva che sulle forniture di petrolio libico "l'Italia manterrà il suo primo posto, ce l'avevamo e ce l'avremo. L'Italia deve rimanere, come è sempre stata, primo partner della Libia. Abbiamo confermato gli impegni e per ottobre saremo in grado di far ripartire la produzione di quello che era sotto il controllo dell'Eni". Come definito dal capo dell'Eni Scaroni nella sua missione a Bengasi a metà agosto. Il Cnt ha confermato la collaborazione con l'Eni e ha persino risottoscritto con l'Italia lo stesso Trattato antimmigrazione siglato da Berlusconi e Gheddafi. Sarà duro per l'ambizioso ma sempre più in difficoltà per la crisi economica imperialismo italiano, tenere testa alle iniziative del concorrente francese e del suo partner inglese che capeggiano la rapina delle ricchezze libiche a partire dal petrolio. Per non parlare delle voci che già girano su possibili accordi per la fornitura di consiglieri, basi e commesse militari, del controllo e sfruttamento da parte delle multinazionali anglofrancesi delle altre ricchezze del sottosuolo libico, acqua compresa. Parigi sta già organizzando un viaggio di Sarkozy a Tripoli, Bengasi e Misurata, una missione politica cui dovrebbe partecipare anche il premier britannico Cameron, il co-presidente della Conferenza degli "Amici della Libia". Che sarà seguita da un'altra dedicata agli affari con i responsabili delle grandi aziende francesi, dal gigante petrolifero Total, ai colossi della difesa Eads e Thales, alle multinazionali dei trasporti e delle telecomunicazioni Alstom e Alcatel.
  • 21. Nella conferenza stampa finale il presidente francese Sarkozy ha sottolineato che il vertice ha aperto una "nuova era di cooperazione con la Libia democratica" e che l'intervento in Libia ha aperto una nuova fase politica in cui la "forza militare è al servizio dei popoli". O meglio l'imperialismo si sente autorizzato a intervenire militarmente dove ritiene utile ai suoi affari, con la scusa della protezione della popolazione civile. Un principio inaccettabile che lede la sovranità dei paesi ma che ha trovato concorde l'inglese Cameron, che si è detto pronto a usare di nuovo la forza a condizione che sia "moralmente giustificato" e che abbia l'appoggio "della comunità internazionale". L'asse Parigi-Londra lancia pericolosi segnali minacciosi quantomeno verso la Siria. In 19 città Un milione di israeliani nelle piazze contro il governo e per la giustizia sociale Lo scorso 7 agosto almeno in almeno 250 mila avevano partecipato alle manifestazioni contro il caro vita, per chiedere affitti più bassi, salari minimi più alti, scuole gratuite che si erano svolte in molte città del paese; era stata la più grande manifestazione fino allora registrata in Israele. La protesta era proseguita nei giorni successivi con manifestazioni nelle città più piccole, si era interrotta ma solo momentaneamente a fine mese in corrispondenza della rappresaglia nazista su Gaza decisa dal premier Benyamin Netanyahu e aveva ripreso fiato in preparazione di una nuova grande manifestazione programmata per il 3 settembre. Quando al grido di "il popolo richiede giustizia sociale", un milione di manifestanti ha riempito le piazze di 19 città; oltre 400 mila solo a Tel Aviv, molto partecipate anche le manifestazioni a Gerusalemme e a Haifa. La protesta sociale più massiccia nella storia di Israele ha visto protagonisti non solo attivisti politici ma soprattutto giovani e anziani, studenti, lavoratori, intere famiglie, tanti con le magliette con disegnata una casa quale simbolo della lotta contro il caro alloggi. Per ore le piazze delle città hanno risuonato di canti e degli slogan del movimento, con in primo luogo "Dimissioni, dimissioni", rivolto al governo Netanyahu. La protesta era partita a fine giugno per iniziativa di decine di giovani, gli indignati israeliani, che piantavano le tende a Tel Aviv, lungo Boulevard Rotschild, protestando per il caro affitti. Una protesta che si è allargata in poco tempo per rivendicare più fondi per case, istruzione, salute e ha messo in difficoltà il governo di Netanyahu che dopo la manifestazione dei primi di agosto ha incaricato una commissione di economisti di raccogliere le richieste dei
  • 22. manifestanti. Alcune richieste sono arrivate alla commissione ma il governo si è limitato solo a promettere investimenti a favore di alloggi, istruzione e salute ma non ha fatto nulla. Le tendopoli allestite a Tel Aviv e nelle altre grandi città sono state smontate ma la protesta non è finita, anzi ha preso forza con le manifestazioni del 3 settembre dove nelle piazze è echeggiata la richiesta di dimissioni del governo. Gran parte del bilancio statale è dedicato alle spese militari per garantire l'occupazione dei territori palestinesi e combattere la resistenza, per finanziare la costruzione e la protezione delle colonie che rafforzano l'occupazione nella Cisgiordania; una priorità per i governi di destra come per quelli di "sinistra". Una questione importante con la quale inevitabilmente il movimento di protesta, sviluppato finora sulla base di rivendicazioni sociali, dovrà fare i conti. Rapporto di Giovanna Vitrano alla riunione dei marxisti- leninisti siciliani Studiare e applicare la linea politica e organizzativa del PMLI per migliorare il lavoro di radicamento Care compagne e cari compagni, benvenuti alla riunione dei marxisti-leninisti siciliani. Ci si rivede ad appena 7 mesi dalla sessione regionale del 2 gennaio 2011 e ci apprestiamo a tenere una discussione critica e autocritica sul lavoro svolto in base alle decisioni prese in quella sede. Anzitutto, esprimo la solidarietà militante del PMLI agli operai della Fincantieri di Palermo, che in questi giorni sono tornati a manifestare per le strade del capoluogo siciliano, e agli operai della Fiat di Termini Imerese. Come sapete gli operai di entrambe le aziende sono in lotta contro la chiusura dei loro stabilimenti. Ringrazio il Segretario Generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, l'Ufficio politico e la Commissione per il lavoro di organizzazione del CC per l'attenzione con cui hanno seguito sia l'inaugurazione della Sede del Partito a Catania, sia la riunione regionale. Infatti, l'inaugurazione della splendida e rossa Sede della Cellula "Stalin" della provincia di Catania è un evento e un esempio, come sottolineano i documenti e i Saluti delle Istanze centrali, ma anche di molte Istanze di varie parti d'Italia, di straordinario valore, un regalo per tutto il Partito. L'inaugurazione sancisce l'e-norme balzo in avanti politico e organizzativo
  • 23. compiuto in questi mesi dalla Cellula "Stalin" della provincia di Catania, sotto la guida del compagno Sesto, ma è anche il punto di partenza per una nuova e più proficua fase del lavoro di radicamento del PMLI a Catania. Molto si è discusso in questi ultimi anni tra la Responsabile regionale e i compagni locali sulla strategia di sviluppo nella provincia di Catania. Oggi abbiamo la dimostrazione che le decisioni condivise e messe a punto per la provincia di Catania a ridosso del 5° Congresso nazionale del Partito, erano corrette e vincenti. Quando nella provincia, dopo varie contraddizioni, alcune divenute antagonistiche, è emerso un vero quadro marxista-leninista, come è il compagno Sesto, con tutte le caratteristiche necessarie per dirigere i compagni locali e far superare alla Cellula la contraddizione tra linea e sua applicazione, la strategia ha potuto prendere il volo. Molta strada abbiamo fatto e molta ne dobbiamo ancora fare, ma certamente oggi Catania è un modello per l'inizio del lavoro di radicamento in altre città dell'isola sulla base delle indicazioni formulate dal 5° Congresso nazionale del PMLI. Grazie compagno Sesto, grazie compagne e compagni militanti e simpatizzanti della provincia di Catania. Ringrazio, inoltre, tutti i compagni militanti e simpatizzanti siciliani, alcuni dei quali hanno fatto dei viaggi di ore da altre zone della Sicilia, per essere presenti qui oggi all'Inaugurazione e alla riunione regionale. Porto i saluti a questa riunione di alcuni simpatizzanti e amici palermitani che avrebbero voluto essere presenti ma che per motivi professionali e familiari non hanno potuto. Governo regionale In quanto Responsabile regionale, prima di passare alla valutazione critica e autocritica del lavoro svolto dal Partito in Sicilia farò brevemente il punto sulla situazione attuale del governo regionale, guidato dall'imbroglione e falso meridionalista Raffaele Lombardo MPA. Lombardo se ne deve andare a casa! Questa continua a essere la nostra parola d'ordine anche dopo che il Procuratore di Catania, Michelangelo Patané, lo ha praticamente scagionato dall'inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, nonostante le intercettazioni confermino che il governatore ha avuto frequentazioni con boss della mafia catanese. Noi chiediamo un approfondimento dell'inchiesta, per accertare fino in fondo la verità sul piano penale. In ogni caso, non cambia la nostra valutazione politica degli avvenimenti. Rimane il fatto che Lombardo ha avuto frequentazioni con i boss mafiosi. Questo per noi è un fatto estremamente grave che concorre in maniera determinante a delineare la sostanza antipopolare e antimeridionale del suo governo. Del resto, la macelleria sociale generata dal governo Lombardo e di cui parlano persino le segreterie regionali di Cgil Cisl e Uil, si spiega con l'evidente
  • 24. scelta di difendere e consolidare le lobby affaristiche e mafiose dell'isola, dalla sanità alla formazione professionale, a scapito della qualità e quantità dei servizi forniti alle masse popolari. Ciò ha concorso in maniera decisiva a generare un vertiginoso aumento della povertà e dell'esclusione sociale. Secondo una recente indagine di Dempolis, quasi la metà della popolazione siciliana, negli ultimi tre anni, ha peggiorato le sue condizioni di vita, in termini economici. L'impoverimento generale ha toccato, perlopiù, la classi a reddito fisso, con un peggioramento sostanziale soprattutto per gli operai e i pensionati. Da che parte sta questo Governo lo dimostra anche l'aumento del costo della spesa politica in consulenze e incarichi esterni agli "amici degli amici" e in apparati clientelari, il cui peso eccessivo contribuisce a determinare il tracollo economico della Sicilia. Il solo apparato parlamentare clientelare mafioso nella regione ha, infatti, un costo di diverse decine di milioni di euro ogni anno. La presenza del PD in tale giunta non cambia la sostanza politica del governo, e, ancor peggio, serve a coprirla. Di fronte ad una disoccupazione che ormai è alle stelle, secondo quanto riferito dall'Istat, oltre il 15% dei siciliani in età da lavoro è disoccupato, considerando solo gli iscritti alle agenzie per il lavoro. La disoccupazione reale, considerati anche coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro si aggira sul 30%. Dramma nel dramma è quello della disoccupazione giovanile che, in alcune province siciliane riguarda oltre il 50% della popolazione sotto i trent'anni, in linea con la denuncia dello Svimez pubblicata ieri su tutti i quotidiani nazionali: nel sud ben due giovani su tre non trovano lavoro. Cosa ha fatto il governo Lombardo per risolvere il problema principale delle masse popolari siciliane che è quello del lavoro? Niente, con la Sicilia che ha la maglia nera della disoccupazione in continuo aumento, con una sempre maggiore diffusione del lavoro nero, supersfruttato e sottopagato, del precariato, dei licenziamenti, dell'emigrazione giovanile, in una congiuntura economica, sociale e politica come in Sicilia non si vedeva dall'immediato dopoguerra. Non servono, dunque, a migliorare la condizione delle masse popolari le manovre dei politicanti borghesi regionali della destra e della "sinistra" borghesi, unicamente mirate a giochi di potere con i quali Lombardo si prepara a succedere a sé stesso in un Lombardo quinquies o con elezioni regionali anticipate. Il nuovo governo potrebbe essere varato negli ultimi mesi dell'anno, si pensa ai primi di dicembre, quando scadranno molti dei contratti milionari dei direttori generali delle aziende regionali, oltre che di alcuni manager di società partecipate e ciò potrebbe dare il via un nuovo assalto e spartizione del bottino delle poltrone di potere in Sicilia. Per quanto riguarda nuove elezioni il governatore avrebbe lasciato intendere di voler aspettare le elezioni politiche, e lasciare così la guida della Regione solo dopo essersi assicurato l'elezione al Senato con l'MPA e iniziare una nuova fase in più vasta scala della sua attività politica antimeridionale, della quale abbiamo
  • 25. già avuto vari assaggi. In verità Lombardo non è affatto un meridionalista, non fa gli interessi delle masse popolari del Sud. Il suo progetto politico a livello regionale s'inserisce a pieno titolo nel progetto politico capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista di Berlusconi che sta letteralmente massacrando il Sud su tutti i fronti, anche favorendo con i suoi provvedimenti che riguardano la struttura dello Stato e il federalismo l'ascesa di nuovi e più feroci apparati politico clientelari regionali, espressione diretta della parte più reazionaria della borghesia italiana. Bisogna farla finita subito con questo governo, con il governo Lombardo e con questi giochi di potere borghese a danno delle masse in settori di vitale importanza, come la scuola, la sanità, i servizi, i trasporti. È chiaro, comunque, che il governo Lombardo tenterà di durare il più a lungo possibile e potrà essere mandato a casa solo grazie a un largo fronte unito che raccolga il massimo consenso tra le masse lavoratrici, operai in testa, pensionati, disoccupate, precari, studenti, i sindacati e i movimenti, le forze politiche, sociali, culturali, religiose antifasciste, antimafiose, democratiche e progressiste, indipendentemente dalle loro posizioni ideologiche e sociali, per una mobilitazione di massa popolare con l'obbiettivo di mandarlo a casa. Come abbiamo detto, le nuove, feroci lobby politico-affaristiche borghesi che governano le regioni meridionali non sono solo frutto delle contraddizioni tra la borghesia locale, ma anche delle controriforme in tema di struttura dello Stato approvate dal governo Berlusconi, della deregulation in tema di diritti del lavoro, della privatizzazione, del taglio ai servizi essenziali, degli investimenti che hanno l'unico criterio di favorire le lobby mafiose, come dimostra l'approvazione di questi giorni del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, con un incremento del costo che è passato da 6,3 a 8,5 miliardi di fondi pubblici. Nelle masse popolari siciliane cresce anche l'insofferenza verso il governo del neoduce Berlusconi. Oggi il terreno in Sicilia è estremamente fertile per propagandare la parola d'ordine "Ci vuole un nuovo 25 Aprile per liberarsi del Nuovo Mussolini". Noi dobbiamo anche porre molta attenzione alla necessità di demolire la falsa idea che si va diffondento, grazie alla propaganda di PD, MPA, SEL, che le giunte regionali, provinciali e comunali del Mezzogiorno siano portatrici di rivendicazioni e politiche meridionaliste opposte alle politiche antimeridionaliste del governo centrale. Va spiegato nei nostri interventi pubblici, dati alla mano, come i provvedimenti delle giunte comunali, provinciali, regionale siano, invece, politicamente coerenti con le scelte del governo nazionale. Questo è un lavoro ideologico necessario ad orientare correttamente la lotta di classe e il giusto risentimento delle masse popolari siciliane verso le istituzioni borghesi locali e centrali. L'obbiettivo delle nostre riunioni: radicare il Partito Come ricorderete, il Rapporto tenuto il 2 gennaio 2011 si intitolava "Radichiamoci nei nostri ambienti di lavoro, studio e vita" e la riunione aveva lo
  • 26. scopo di fare il punto della situazione del lavoro politico in Sicilia, allo scopo di rilanciarlo sulla base dei documenti approvati dal 5° Congresso nazionale del PMLI. È da quel Rapporto che ripartiremo oggi per fare il punto critico e autocritico, in base alle indicazioni stabilite. L'obbiettivo principale di quella riunione era fornire una discussione sugli strumenti necessari al radicamento nei luoghi in cui viviamo concretamente. Alcuni compagni hanno messo in pratica le indicazioni e il piano che si erano prefissati, ottenendo ottimi risultati, altri le hanno messe in pratica solo in parte ottenendo qualche risultato. Prima di iniziare una discussione critica e autocritica su questi argomenti mi preme ringraziare tutti i compagni siciliani per la propaganda svolta sul fronte referendario. Tutte le Cellule e Organizzazioni, tranne Ribera, che non ha praticamente fatto nulla a quel che mi risulta, si sono impegnate. La punta più avanzata è stata Catania che ha lavorato sia nei comitati per la ripubblicizzazione, sia effettuando propaganda di Partito. Sia la Cellula "Stalin" della provincia di Catania sia la Cellula "Mao" di Troina hanno curato il lavoro giornalistico su questo fronte. La Cellula "Lunga Marcia" di Messina ci ha fatto mancare la ricaduta giornalistica del lavoro referendario che ha svolto ed è un vero peccato, perché, cari compagni messinesi, il lavoro giornalistico è un tassello essenziale del lavoro di radicamento. Ringrazio a questo proposito il compagno simpatizzante Antonio, che nella provincia di Palermo ha svolto una diffusione del materiale referendario. Ringrazio poi tutti i compagni militanti e simpatizzanti siciliani che il 1° Maggio a Marsala hanno dato prova della loro enorme generosità e attaccamento al Partito e sono stati giustamente ringraziati dai dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi per la vittoriosa missione compiuta, sotto la direzione del compagno Sesto Schembri, riuscendo ad arrivare fin sotto il palco con la gigantografia di Marx, ottenendo una grossa ricaduta televisiva. Come ricorderete nel rapporto del 2 gennaio avevamo scelto, in base alle indicazioni del 5° Congresso nazionale, di concentrarci sul fronte operaio e sindacale e su quello studentesco, incrementando gli sforzi per raggiungere quanti più lavoratori e studenti possibili, sfruttando al meglio tutte le situazioni che si fossero realizzate e le iniziative specifiche del Partito. Il nostro obbiettivo rimane ancora oggi quello di riuscire a diventare in ogni realtà locale il punto di riferimento degli operai più avanzati in lotta, conoscendo la situazione locale alla perfezione, conoscendo i problemi degli operai dell'industria, dei braccianti agricoli, degli operai edili, del nostro territorio. Se ricordate, come obbiettivo ci eravamo posti quello di iniziare a studiare la nostra realtà locale per riuscire a intervenire con cognizione di causa sulle vertenze che riguardano la classe operaia nei nostri territori, con comunicati stampa di appoggio delle lotte operaie che andavano portati ai diretti interessati, intervistandoli, chiedendo loro di intervenire su "Il Bolscevico". Avevamo stabilito di centrare i nostri articoli sul problema del lavoro, in primo luogo del lavoro
  • 27. operaio, in Sicilia, non solo dell'industria, ma anche dell'agricoltura e di porre particolare attenzione al tema del lavoro operaio giovanile, utilizzando i nostri giovani militanti e simpatizzanti su questo fronte. Avevamo stabilito anche di valutare a livello di singola istanza la possibilità di indirizzare i nostri giovani militanti e simpatizzanti ad inserirsi nella mobilitazione studentesca in Sicilia, cogliendo al volo ogni occasione per entrare in contatto con gli studenti per portare la solidarietà del Partito. Avevamo stabilito anche di sfruttare ogni manifestazione possibile per portare in piazza i simboli e la posizione del PMLI, diffondendo alle manifestazioni, davanti le fabbriche, alle assemblee, davanti le scuole i volantini del Partito. Per ogni Cellula ci eravamo dati questi obbiettivi strategici generali, pur considerando che in alcune realtà le priorità in questi ultimi mesi sono state altre, considerate come eccezioni che confermano la regola di concentrarsi sul fronte operaio e studentesco. Nella provincia di Catania, ad esempio, siamo stati impegnati in un lavoro che ci ha preso ogni energia nel comitato catanese per la ripubblicizzazione dell'acqua e nelle lotte antirazziste. I compagni catanesi, tuttavia, non hanno perso nessuna occasione per essere presenti in piazza a portare la posizione del PMLI ogni qual volta venivano indette manifestazioni. I compagni hanno anche diffuso nelle zone industriali e davanti le scuole. Ultimamente finalmente è apparso su "Il Bolscevico" un primo articolo della Cellula su un tema specifico riguardante una vertenza operaia della provincia di Catania. È un enorme passo in avanti. La Cellula deve continuare su questa strada, concentrandosi sempre più sui fronti operaio e studentesco, una volta concluso il lavoro sul fronte referendario. Perché, vedete cari compagni, Catania è una città molto viva dal punto di vista dei centri culturali e dei dibattiti, conferenze ecc..sui temi della storia del movimento operaio. Facciamo benissimo ad intervenire in questi dibattiti, dal momento che siamo invitati, per dire la nostra, chiarire da un punto di vista marxista-leninista i vari temi, ma non dimentichiamoci che la nostra ragione di esistere è quella di occupare uno spazio sempre maggiore nelle lotte delle masse lavoratrici, classe operaia in testa, delle masse studentesche, delle masse femminili. È quello è il nostro terreno naturale è lì che dobbiamo costruire il nostro edificio, è soltanto lì che potremo lì raccogliere il consenso delle masse e da lì che dovremo muoverci quando andremo sempre più spesso invitati nei dibattiti culturali a portare la nostra posizione. Se così non è rischiamo di costruire sulla sabbia e fare lavoro inutile. Sono certa che sotto la guida del bravo compagno Sesto, i marxisti-leninisti della provincia di Catania riusciranno ad incrementare dalla prossima stagione politica il lavoro iniziato sui temi specifici del territorio, con volantini, comunicati stampa, diffusioni. Non dimentichiamoci che la Cellula deve anche iniziare il lavoro di denuncia della giunta comunale e provinciale di Catania, mettendo in campo tutte le forze di cui dispone. Saluto la recente disponibilità di un giornalista democratico catanese ad
  • 28. occuparsi delle denunce della giunta catanese di "centro-destra". Un evento politico-organizzativo che gioverà alla Cellula "Stalin" e a tutto il Partito, che va coltivato e che prova la giustezza della politica delle alleanze e del fronte unito del PMLI. A Troina siamo intervenuti con alcuni volantini sui temi del lavoro che mettevano sotto tiro la giunta guidata dal fascista Costantino. Dobbiamo continuare, tentando di coinvolgere in un largo fronte unito sui temi del lavoro tutte le organizzazioni disponibili a lavorare col PMLI. L'impegno politico a Troina non è ancora sufficiente va intensificato con diffusioni e comunicati stampa regolari. La Cellula, deve impegnarsi in maniera approfondita sullo studio del territorio e soprattutto dei problemi relativi alle masse lavoratrici. A Palermo abbiamo svolto un ottimo lavoro per propagandare la nostra linea tra gli studenti, grazie a un nostro simpatizzante che non è qui presente per impegni professionali. Al compagno Salvatore vanno i ringraziamenti del Partito. Di recente, grazie alla presenza di un compagno che ha la doppia militanza a Palermo e in un'altra Organizzazione di Partito all'estero ed attualmente è tornato per le ferie siamo stati presenti alla manifestazione di commemorazione di Borsellino e abbiamo portato la nostra solidarietà agli operai Fincantieri in lotta. Ringrazio molto il compagno Gianni per questo suo impegno. La Cellula "Lunga Marcia" di Messina, ha affisso i manifesti per la propaganda referendaria. In merito all'Organizzazione di Ribera rilevo che non ha praticamente fatto nulla in questi mesi e l'attività politica deve ancora partire. Studio e conoscenza della realtà locale Il corrispondente della Cellula "Stalin" della provincia di Catania, ha concluso un recente articolo con l'esortazione "bisogna studiare"! Ringrazio questo compagno perché ci ha dato lo spunto per trattare questo argomento in maniera concreta. "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare"! È la nostra parola d'ordine sul fronte dello studio e del lavoro politico. Lo studio non deve essere mai astratto e inconcludente, ma deve tener conto delle priorità che abbiamo e dell'obbiettivo del radicamento. Questa parola d'ordine fu rilanciata dal nostro Segretario generale, il compagno Giovanni Scuderi, in occasione della 6ª Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI, il 15 settembre 2002, nel Rapporto dal titolo "Intensifichiamo gli sforzi per costruire un grande, forte e radicato PMLI" e da lui spiegata mettendo in relazione lo studio e il radicamento: "Anche là dove il radicamento - afferma il compagno Scuderi - è in atto occorre migliorarlo, approfondirlo, sistematizzarlo ed estenderlo. Dobbiamo quindi insistere nel chiarirci le idee sul radicamento ragionando un po' attorno alla parola d'ordine 'Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulla priorità, studiarÈ, che è la chiave della costruzione e dello sviluppo del Partito. Chi l'ha utilizzata interamente ha
  • 29. ottenuto degli ottimi successi, chi l'ha utilizzata parzialmente ha ottenuto qualche successo, chi non l'ha utilizzata affatto non ha ottenuto alcun successo. È quindi comprovato dalla pratica che senza lo studio si naviga a vista; senza concentrarsi sulle priorità non si sa dove andare e si gira a vuoto; senza radicarsi è come se fossimo degli apolidi, delle persone estranee al proprio ambiente. Ma cosa significa in concreto le tre parti che compongono la suddetta parola d'ordine? Studiare significa conoscere e applicare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea del PMLI in riferimento alle questioni concrete politiche, sindacali, sociali, studentesche, culturali che dobbiamo risolvere e che riguardano il luogo dove siamo presenti. Significa conoscere e applicare i metodi di analisi dei Maestri nell'esaminare e risolvere i problemi. Significa conoscere a fondo la propria città e ambiente di lavoro o di studio con le loro caratteristiche, problemi e contraddizioni. Significa conoscere la composizione, il programma, i bilanci, i piani urbanistici, le delibere, ecc. dell'amministrazione della propria città e le relative posizioni dei vari partiti, nonché le condizioni di vita e i problemi e le rivendicazioni delle masse. Significa conoscere la realtà sindacale del proprio luogo di lavoro e i problemi della propria scuola o università. Concentrarsi sulle priorità significa stabilire i temi principali su cui centrare e sviluppare il lavoro politico, rivendicativo, di massa, organizzativo, propagandistico e giornalistico, in base alle necessità e ai bisogni più urgenti delle masse della propria città. Significa bombardare senza soluzione di continuità le proprie giunte comunale, provinciale e regionale. Radicarsi significa applicare con forza il Programma d'azione in riferimento alle priorità prescelte. Significa intervenire con volantini, manifesti, documenti, comunicati stampa, conferenze stampa, dibattiti, in base alle possibilità concrete che abbiamo, sulle questioni che fanno parte delle priorità e che scoppiano improvvisamente". Dunque, il nostro studio deve essere legato all'azione e al combattimento, a risolvere le questioni politiche, organizzative, tattiche, strategiche per il successo dell'azione e del combattimento. In sostanza, si tratta di mettere in pratica le indicazioni del 5° Congresso, forgiando l'anello mancante, radicandosi profondamente nella propria realtà economica, sociale e politica per esprimerne i problemi e i bisogni. In particolare bisogna tenere costantemente sotto tiro le giunte locali, bombardandole con denunce precise, circostanziate e ben motivate e proponendo le nostre rivendicazioni concrete. Ogni Cellula trovi la strada migliore per fare la sua ricerca sul territorio sui temi del lavoro e la persegua. Individuiamo dei compagni che per ogni Organizzazione possono fare questo lavoro e diamogli questo incarico come prioritario.
  • 30. Applicazione della linea politica e organizzativa del Partito Vorrei mettere l'accento in questa sede sull'acquisizione della corretta concezione del Partito e sulla conoscenza della linea generale e della linea di massa del Partito, soprattutto in relazione alla critica e all'autocritica, che è un tema prioritario per la Sicilia. Il Partito è la cosa più preziosa che abbiamo nella lotta di classe, esso scaturisce dall'esperienza concreta di lotta dei marxisti-leninisti di tutto il mondo di ormai 163 anni, da quando Marx ed Engels pubblicarono il "Manifesto del Partito comunista" e la sua struttura si è sviluppata nel fuoco della lotta di classe e delle rivoluzioni vittoriose in Unione sovietica e nella Cina di Mao. In un autentico Partito bolscevico non esiste la libertà di fare la propria esperienza senza tener conto dell'esperienza del Partito e tanto meno esiste la libertà di fare la propria esperienza sul fronte organizzativo, senza tenere conto dello Statuto del Partito. Mettere in discussione le forme organizzative del Partito, sia che ne siamo coscienti, sia che no, significa dare un duro colpo al Partito del proletariato e fare indietreggiare l'obbiettivo della conquista dell'Italia unita, rossa e socialista. L'attuale linea politica e organizzativa del Partito è il nostro bene più grande che dobbiamo difendere con i denti. Mai a nessuno dobbiamo consentire nemmeno di scalfirla. Qualunque compagno sbagli su questo fronte in particolare va criticato immediatamente e con dialettica per fargli comprendere l'errore e consentirgli di riallinearsi al Partito. Bisogna usare intelligentemente la critica, considerando che a volte i compagni che sbagliano non si rendono conto dei propri errori nei confronti del centralismo democratico, perché non sono abituati al lavoro collettivo dentro la propria istanza, non sono abituati a valutare in modo critico e autocritico il proprio impegno politico. Ma fatta salva la buona fede dei compagni le Istanze devono andare fino in fondo nella critica e pretendere un'autocritica vera e non solo formale che abbia ripercussioni concrete nel modo di porsi rispetto ai propri errori. Va considerato il fatto che la struttura bolscevica delle Istanze di base non esiste di per sé quando viene fondata un'Organizzazione locale, ma essa va costruita mattone su mattone, con perseveranza e senza scoraggiarsi, tenendo ben ferma la linea organizzativa del Partito, il rispetto del centralismo democratico, l'uso della critica e dell'autocritica. Inevitabilmente, questo lavoro procede per prove ed errori, ma pur sempre non esiste la libertà di fare di testa propria, ma bisogna tenere conto della ricca esperienza accumulata dal Partito su questo fronte, sintetizzata nella linea organizzativa del Partito espressa nello Statuto che costituisce la bussola per orientarci nella costruzione di Cellule autenticamente marxiste-leniniste. Gli errori li commettiamo tutti, non devono essere drammatizzati e non devono scoraggiarci, ma nei nostri errori non dobbiamo perseverare o intestardirci quando ci vengono criticati. Avere una corretta concezione del Partito significa non avere una visione
  • 31. idealistica del Partito, dei suoi dirigenti, militanti e istanze. Nessuno è perfetto e diventare militante marxista-leninista significa iniziare un percorso di formazione pratica e teorica per nulla semplice. Le contraddizioni di classe e i conflitti di classe inevitabilmente si riflettono all'interno del Partito, e ciò genera la lotta tra le due linee, quella proletaria rivoluzionaria e quella borghese riformista e controrivoluzionaria. Questa lotta, in genere, è latente, a volte si manifesta su singoli aspetti e tattiche, come contraddizioni in seno al popolo, alle volte esplode su questioni generali e strategiche, come contraddizioni antagonistiche. Anche in Sicilia abbiamo avuto contraddizioni e abbiamo contraddizioni. Abbiamo messo in atto tutte gli accorgimenti per superare tali contraddizioni, ma alcune di esse, sulla linea elettorale e su quella sindacale e di massa del Partito, accompagnate dalla malafede dal commettere tali errori ha trascinato le contraddizioni sul piano dell'antagonismo. Abbiamo fatto tanta esperienza su questo fronte, i compagni siciliani hanno imparato nel concreto che non bisogna mai avere una visione idealista del Partito. In questo momento siamo alle prese con una contraddizione in seno al popolo riguardante la linea organizzativa del Partito e esorto i compagni coinvolti a riflettere attentamente sugli errori commessi e per i quali sono stati criticati all'unico fine di correggersi. La critica e l'autocritica sono la linfa vitale grazie alle quali il militante si rafforza insieme all'istanza a cui appartiene. Lo dico per i compagni di nuova militanza e per coloro che, di più antica militanza, ancora non ne hanno appreso il meccanismo. Non bisogna lasciarsi mai condurre sul tema della critica dai personalismi, dai legami affettivi e da quelli giusti ed ovvi di rispetto che abbiamo nei confronti dei nostri compagni, dei nostri dirigenti. Perché vedete compagni, è giusto porsi il problema di non ferire le suscettibilità, ma questo non ci deve mai portare all'estremo di non dire, tacere e lasciar passare. In questo caso cadremmo nell'idealismo e nel liberalismo e faremmo il male politico nostro, del compagno che deve essere corretto e di tutto il Partito. Dobbiamo ragionare sul fatto che il vero meccanismo dell'unità dei compagni e delle Istanze risiede nella critica e nell'autocritica sincera. Tutti i compagni siciliani devono, inoltre, imparare a confrontarsi giornalmente con le questioni riguardanti il centralismo democratico che è l'elemento organizzativo fondamentale del PMLI, che consente di fare vivere allo stesso tempo la democrazia e la massima disciplina e unità del Partito, il più largo spazio alle istanze di base e intermedie e la direzione nazionale del Partito e impedisce la nascita di ogni tendenza individualistica e frazionistica, ogni tentativo di creare delle correnti e dei regni indipendenti di potere. Il concetto di fondo del centralismo democratico è che dopo che il Congresso ha deciso, e in sua assenza il Comitato centrale, l'Ufficio politico e il Segretario generale, tutti quanti, istanze e singoli militanti, sottostiano alle loro decisioni e le applichino fedelmente, anche se individualmente o come singola istanza la pensano diversamente. Il singolo è sottomesso alla propria istanza e tutti i militanti e tutte le istanze al Congresso e al Comitato centrale.
  • 32. Il centralismo democratico non può essere violato in alcun modo, nemmeno per le questioni più banali organizzative e amministrative. La militanza marxista-leninista è un altro elemento fondamentale e peculiare che caratterizza il nostro Partito. I membri del PMLI non sono dei semplici iscritti, ma dei militanti, dei soldati rossi correttamente centralizzati, disciplinati, organizzati, uniti e solidali tra di loro. Sono inconcepibili i militanti che stanno con le mani in mano, che non fanno nulla o quasi. Uso dei moderni strumenti tecnologici per la propaganda Più volte ci siamo trovati a trattare nelle riunioni regionali o in colloqui individuali la questione dell'uso corretto sul fronte politico dello strumento di Facebook (FB)e dei social network che i compagni siciliani non hanno chiaro, agendo in completa anarchia, spesso violando il centralismo democratico e la struttura organizzativa del Partito. Su questo argomento, come su altri, il primo passo è la corretta centralizzazione, rispettando le circolari del Centro e le decisioni della propria istanza. Si può utilizzare FB a livello di Istanza entro precisi limiti e solo a fini di propaganda, ma bisogna stare attenti a due questioni essenziali: 1) ll rispetto delle competenze. 2) la vigilanza rivoluzionaria La vigilanza rivoluzionaria è un insieme di norme generali e particolari atte a proteggere l'incolumità del Partito e dei compagni dalla repressione neofascista e dalle ritorsioni di ogni tipo su tutti i fronti politico, professionale, familiare. Bisogna applicarle in maniera scrupolosa ad ogni momento della nostra vita. Talvolta su FB militanti o simpatizzanti espongono a tutti i loro rapporti con il Partito. Ma ci siamo dimenticati completamentete le norme basilari di vigilanza contenute persino nello Statuto? Qual è, vi chiedo, compagni, il meccanismo in base al quale nella nostra vita reale dobbiamo essere vigilanti, proteggere noi stessi, il Partito, la nostra attività professionale, le nostre persone care, e poi su facebook dove dovremmo intensificare queste norme, si mette tutto in piazza, facendo dei danni oggettivi a se stessi, al Partito e alla causa. Invito tutti i compagni presenti a titolo personale sui social network a eliminare dai loro profili ogni rifermento al Partito e alla propria attività politica, come bandiere del PMLI, foto proprie e dei compagni in azione, immagini dei Maestri ecc. e ad usare solo per questioni personali tali pagine di discussione, lasciando alle Istanze che lo decidano il compito di intervenire sui social network politicamente. Una Circolare della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI, il 22 settembre 2009 ha chiarito in maniera definitiva i criteri di come va usato internet. A quella Circolare dobbiamo attenerci. Lasciate che ve la legga in modo che se ne possa discutere: "Care compagne, cari compagni, siamo stati informati che alcuni militanti e simpatizzanti del PMLI fanno largo uso di Facebook. La cosa va disciplinata a livello delle rispettive istanze. Così com'è non va assolutamente bene, perché sono stati infranti il centralismo democratico
  • 33. e la vigilanza rivoluzionaria. Addirittura dei compagni hanno pubblicato la propria foto e messo allo scoperto le proprie amicizie e relazioni, come se non vivessimo in pieno regime neofascista. Non ci si rende conto, per pubblicizzare se stessi, che potremmo "saltare" tutti. Se non oggi, quando farà comodo al governo e alle istituzioni in camicia nera. A parole lo sappiamo tutti, ma nei fatti, non solo i compagni più giovani di militanza ma anche quelli più anziani, alcuni di noi agiscono come se fossimo in piena libertà e democrazia. Invitiamo pertanto i compagni che sono stati ghermiti, per individualismo o per altro, da Facebook a rientrare nei ranghi, rispettare le norme organizzative e di vigilanza rivoluzionaria e concentrarsi sui compiti principali di Partito. In ogni caso deve essere l'istanza di appartenenza che deve stabilire se e come utilizzare anche Facebook per propagandare il PMLI (e non se stessi). Internet è uno strumento di comunicazione a doppio taglio. Dobbiamo usarlo con intelligenza politica evitando di essere usati e dati in pasto alla classe dominante borghese, al suo governo e alle sue istituzioni. Usare tutto ciò che può essere usato in internet per far conoscere il Partito e far trionfare la causa, ma privilegiando sempre il megafono alla tastiera, e comunque sotto la direzione del Partito. A parte il chattare personale, che non coinvolge il Partito e non mette in vetrina i militanti, i simpatizzanti e gli amici del Partito. Vigiliamo compagne e compagni, su noi stessi e sugli altri compagni, per autotutelarci dai colpi dei nemici di classe e per far bene la lotta di classe in maniera coordinata e disciplinata". Teniamo comunque a mente tutti gli interventi che sinora ci sono stati sul tema, tra cui l'intervento del Segretario generale in sede di 5° Congresso, quanto detto sul tema nel documento sui giovani approvato dal CC il 4 aprile e le Circolari del Centro. Seguendo la linea del Partito non sbaglieremo. Care compagne e compagni, adesso apriamo la discussione. Ognuno di voi è invitato a discutere e votare questo Rapporto e spero che si tratti di una discussione proficua che ci possa dare la spinta per intensificare gli sforzi per il radicamento in Sicilia a partire dal prossimo anno politico! W il lavoro di radicamento in Sicilia! Lavoriamo per dare un corpo da Gigante Rosso al Partito in Sicilia per partecipare all'impresa eroica della conquista dell'Italia unita, rossa e socialista! W il PMLI! Coi Maestri e il PMLI vinceremo!