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NETWORKING & ECONOMIA PARTECIPATIVA

Affascinata dalle tesi di Yochai Benkler sui nuovi modelli economici common based 1, mi
interesso alle nuove pratiche sociali collaborative web-based ormai da quattro anni. Faccio
parte della generazione Millenium, sono figlia del modello di consumismo sfrenato e
bersaglio di un’orgia mediatica che mi induce a consumare, consumare, consumare senza
includermi nei meccanismi di produzione. Ho assistito alla nascita di Google, e più tardi di
Facebook e di Twitter, osservando da vicino – come utente e come professionista della
comunicazione – le evoluzioni delle piattaforme web e sociali. Oggi sono consapevole che il
networking, la connessione dei dispositivi alla Rete, è uno strumento essenziale per la
creazione di un nuovo modello socio economico basato sulla partecipazione. Ed è quello
che intendo dimostrare con la presente ricerca.

Coltivo la speranza che l’aggregazione delle persone in comunità virtuali possa attivare
quella massa critica necessaria per l’innovazione. Innovazione dei modelli di produzione e
di consumo per creare un’alternativa valida al modello adulto imperante, disfunzionale e
oligarchico. La mia ricerca ha quindi lo scopo di presentare le ultime voci interessanti sulle
nuove modalità socio economiche web based; il focus della ricerca è il networking, che è
già un’attività sociale e uno strumento che può contribuire all’affermarsi della nuova
economia: l’economia partecipativa.




1
  Yochai Benkler è docente alla Harvard Law School; ha coniato il termine “common based peer production”
per designare un nuovo modello economic basato sulla collaborazione orizzontale, tra pari, possible grazie
alla Rete. La sua pagina su Ted all’indirizzo http://www.ted.com/speakers/yochai_benkler.html
L’economia partecipativa muove da due presupposti: innovazione collettiva e consumo
partecipativo.

Chi parla di innovazione collettiva?

Novembre 2010: viene rilasciato il primo libro opensource, scritto in modalità wiki 2,
“Weconomy. L’economia riparte dal noi” 3. E’ un progetto di Logotel, che dal 1994 si occupa
di business community ed esperimenti di creatività partecipata in azienda, con l’obiettivo di
sviluppare idee, strumenti e progetti per l’innovazione d’impresa. Weconomy è un libro
partecipativo, navigabile, libero, aperto e infinito, visto che è disponibile per essere
modificato e aggiornato. Ha l’obiettivo di costruire un’identità espansa, “dove il me va oltre
e confluisce nel noi” – si legge sull’articolo dedicatogli su Ninjamarketing.

A Bologna, nel corso dello stesso mese, si tiene il primo incontro sul networking
professionale: “Networking, materia prima per le start up” 4. Si tratta di un incontro
informale, organizzato nell’ambito della “Global entreneurship week”, un evento che ha lo
scopo di celebrare l’imprenditorialità giovane e ambiziosa. Gli obiettivi dell’incontro
bolognese sono: ispirare, connettere on line e creare occasioni di engagement off line. Il
networking viene presentato dai relatori, start upper e investitori, come un’attività orientata
a creare un nuovo ecosistema d’impresa.

L’innovazione dunque appare indissolubilmente legata alla condivisione della conoscenza.

Chi parla di consumo partecipativo?

Dicembre 2010: Wired pubblica una guida pratica al consumo partecipativo. Ai tempi della
crisi, Loretta Napoleoni, economista, discute i nuovi comportamenti economici e sociali
web based e presenta le parole chiave della nuova dottrina economia: “condivisione,
partecipazione e niente sprechi, principi che prendono forma grazie a Web2”.

La nascita dei nuovi comportamenti di consumo, socialmente ed economicamente
sostenibili ed eco-friendly è legata alla partecipazione delle persone.

Ci sono dunque auterovoli voci e letteratura recente che oggi dibattono sulle problematiche
legate alla creazione di un nuovo modello economico.




2
  Un wiki è un sito web (o una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i
cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti
è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre
volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte come accade solitamente nei forum, ma anche
cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. (su http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki)
3
  http://www.weconomy.it/
4
  http://www.brainstorminglounge.com/racconto-del-primo-evento/#more-27
Tutti parlano di crisi economica.

Si parla della crisi dell’economia. Ma quale economia? L’economia neo-liberista della
generazione dei “baby boomers” 5. L’economia egocentrica del possesso,
dell’individualismo, della sbornia consumista, degli sprechi e delle catastrofi sociali e
naturali, dell’abusivismo. I figli dei baby boomers, i “millenium” (o generazione Y) sono i
giovani nati tra gli anni settanta e ottanta, le prime vittime di un’economia che - attivando i
processi di delocalizzazione per produrre sempre di più e a minor costo – ha determinato
di fatto una scissione (geografica e sociale) tra le funzioni di produzione e di consumo. Sono
i precari, la generazione della sottoccupazione per i quali la famiglia – e non lo Stato! – è
l’unico ammortizzatore sociale. Tagliati fuori dal sistema produttivo, sono presi d’assalto
dal marketing ed esistono solo in funzione di ciò che consumano.

Ma c’è una nuova economia: l’economia del noi, l’economia partecipativa, la “Pop
Economy”. In questo nuovo e nascente modello, c’è una nuova impresa che democratizza i
processi produttivi stimolando e gestendo il talento produttivo del “noi”. Se da una parte
sta nascendo l’impresa collaborativa, dall’altra stanno emergendo anche nuovi
comportamenti di consumo basati sulla condivisione e sullo scambio: nuove forme di
produzione e di consumo sono processi rivoluzionari che si autoalimentano. La rapida
crescita delle pratiche di scambio di beni di consumo alimenta infatti il cambiamento sul
versante produttivo. In tal modo si determina una vera e propria rivoluzione socio-
culturale, un rifiuto condiviso e (sempre più) diffuso del modello consumistico.

Inoltre, tecnologia e web2, unite all’esclusione delle nuove generazioni dal processo
produttivo hanno già de materializzato gran parte delle merci. Blockbuster è stato messo
k.o. da Netflix, “libri, giornali e cd, insieme ad auto, attrezzi e allo stesso pianete si stanno
trasformando da beni in servizi quali la lettura, la cultura, l’informazione, il trasporto e
l’ambiente” 6. Perché comprare un auto, se puoi affittarla usando i servizi di carsharing?
Perché acquistare libri di testo scolastici nuovi, se puoi acquistarli usati o addirittura puoi
sostituirli con quelli scritti direttamente dai docenti e distribuiti su bookinprogress.com?
Perché fare shopping ad ogni cambio stagione se ci sono le Swap Boutique in cui posso
prendere un capo nuovo scambiandolo con un mio vecchio capo? Perché gettare vecchi
oggetti e mobili se posso regalarli o barattarli?

Oggi la cultura viene fatta dal basso (Wikipedia), il consumo è partecipativo (Swap), la nuova
impresa è collettiva e basata sulla condivisione della conoscenza e dei metodi (Logotel,
Ideo), si fa anche impresa sul web (Linkedin).

Dunque spontaneità, improvvisazione e fiducia nel prossimo descrivono i comportamenti
dei millenium che condividono questi valori con gli hippy degli anni sessanta e settanta.
Quella degli hippy è stata la prima generazione al mondo a creare comunità: comunità di


5
  I nati tra il 1946 e il 1964, durante il boom del dopoguerra. Successivamente la generazione nata tra il 1965 e
il 1976 è definita come “generazione X”; si tratta della Mtv Generation, la gioventù delle controculture. Infine,
la generazione Y comprende i nati tra il 1977 e il 2000 dalla generazione Baby boeme: la loro caratteristica
distintiva è la dimestichezza e l’abitudine all’utilizzo del computer, di Internet e delle tecnologie digitali
(Definizioni tratte da P. Kotler, G. Armstrong, “Principi di marketing”).
6
  L. Napoleoni, “Pop Economy” in Wired n.22, Dicembre 2010.
interessi, passioni, idee. Ma i “weppy” 7 intorno a questi valori stanno costruendo
un’economia alternativa piuttosto che la contestazione giovanile. Come gli hippy, i weppy
stanno attuando una rivoluzione socio-culturale, ma funzionale alla creazione di nuovi
modelli economici.

Ma come avviene la nuova rivoluzione socio-culturale? In modo virale, a costo zero.

I Weppy si aggregano nelle community e sui social media. Il networking è lo strumento che
questi adoperano per l’aggregazione e lo sharing. La loro filosofia è lo “sharismo” 8.

Tutto è iniziato con il fenomeno del “blogging”, sostiene Isaac Mao su Weconomy. “Nel
1999 c’erano solo alcune centinaia di blogger pioneristici”. Il passaggio verso modalità di
pubblicazione in rete facili da usare ha innescato un’espansione del blogging; in soli cinque
anni la popolazione on line ha inziato a lasciare commenti e a prendere parte in
conversazioni, fino ad aprire un proprio blog. Così il numero di blogger è cresciuto in modo
incontrollato: più blogger generano più lettori, e più lettori più blog. La rivoluzione è stata
virale, veloce e semplice. “I blogger generano informazioni vivaci e tempestive su internet e
si connettono l’un con l’altro attraverso RSS, hyperlink, commenti, trackbacks e citazioni”.
Finchè l’espansione ha raggiunto un punto critico, dando vita alla blogosfera 9. Questa ha
richiesto un sistema strutturato di network sociale e un’architettura per la condivisone dei
contenuti. Sono così nate community dedicate, ad esempio alla fotografia e alla
condivisione delle immagini (Flickr). Ma anche community dedicate alla sanità
(PatientsLikeMe), e alle relazioni sociali (Facebook) e professionali (Linkedin).

Tuttavia, nota Marina Gorbis – executive director presso l’Instiute for the future a Palo
Alto 10 - man mano che le community crescono e le persone si aggregano, condividendo
idee, opinioni e interessi, aumenta anche l’opportunità di convertire in business i dati
raccolti spontaneamente. E’ evidente il vantaggio che deriva dalla monetizzazione delle
community per creare campagne di marketing più efficaci, database da rivendere a terzi
per sviluppare prodotti e servizi studiati per il soddisfacimento dei reali bisogni delle
persone. Dunque si determina “uno scontro tra la promessa delle piattaforme web based e
la spinta incessante alla loro trasformazione in imprese profit-driven”. Secondo la Gorbis il
motivo di questo conflitto sta nel fatto che “siamo ancora intrappolati nei modelli economici
e organizzativi del passato”. Le piattaforme e gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione
sono altamente partecipativi e sociali mentre i modelli di business ancora imperanti sono



7
  Su Weconomy s’invitano i lettori a scrivere su Wikipedia la prima definizione di Weppy, termine nato dalla
crasi di “We” e “hippy”.
8
  ”Lo sharismo – termine derivato dall’inglese “sharism” e indicante condivisione e compartecipazione – è
destinato a trasformare il mondo in una mente sociale emergente: una rete ibrida di individui e software.
Come esseri umani siamo infatti un complesso intreccio di neuroni connessi attraverso le sinapsi del
software sociale”. I. Mao, “Sharism, a mind revolution” in Weconomy.
9
  Blogosfera è un neologismo che indica, nell'ambito di internet, l'insieme dei blog. I blog sono fortemente
interconnessi: i bloggers (o blogghisti o blogonauti) leggono blog altrui, li linkano (creano dei collegamenti), e
li citano nei propri post (messaggi). A causa di ciò i blog fra loro interconnessi hanno sviluppato una propria
cultura. (su http://it.wikipedia.org/wiki/Blogosfera)
10
   M. Gorbis, ”Abbiamo inventato le tecnologie sociali, ora inventiamoci le organizzazioni sociali” in
Weconomy.
strutturati e basati su processi decisionali non partecipativi 11. D’altra parte, ci sono già
diverse organizzazioni - sottolinea la Gorbis - che nascono come piattaforme crowdsourced
con una struttura common-based e utilizzano meccanismi di finanziamento alternativi, in
linea con la loro struttura commons. Wikipedia e Creative Commons sono solo alcuni
esempi.

E ci sono start up - anche italiane! – che impiegano metodi di lavoro basati proprio sulla
partecipazione e la democraticizzazione dei processi gestionali. Di solito, le start up
innovative nascono grazie al networking; le nuove imprese innovative crescono nelle
community dove si aggregano gli interessi e si segregano veri e propri gruppi di lavoro.
Grazie a strumenti come Linkedin, si creano reti di relazioni professionali off line che
vengono coltivate on line. Così se hai una buona idea ma non hai capitale da investire puoi
chiedere alla rete di collaborare all’implementazione del tuo progetto, e avere la reale
possibilità che il buzz generato in Rete arrivi ad un investitore interessato proprio alla tua
idea. Che potrebbe diventare una start up, come Balsamiq di Giacomo Guilizzoni:
un’azienda che sviluppa software nata dall’incontro di Guilizzoni con Marco Botton, su
Facebook. Un’azienda che dal 2008 ha fatto del networking anche il suo punto di forza:
infatti “alcune componenti essenziali e strategiche per l’azienda – come il “business plan”
o le direttive legali sull’uso del software – sono state realizzate chiedendo proprio alla rete
di attivare le competenze necessarie” 12.

L’orizzontalità che caratterizza le piattaforme common-based può anche contribuire
all’innovazione amministrativa. Infatti le community locali favoriscono la sussidiarietà
orizzontale 13. Laddove la mano pubblica fa fatica ad intervenire per mancanza di risorse si
chiama la cittadinanza a farsi carico delle attività di gestione della cosa pubblica in modo
complementare allo Stato e alle Amministrazioni (interventi di manutenzione e attività
legate all’integrazione sociale e culturale sono solo alcuni esempi). Il web è uno strumento
per favorire dunque nuove forme di coinvolgimento dei cittadini alla vita del Paese,
orientate al progresso civile, politico ed economico della società. In tal senso, Openpolis è
un altro esempio virtuoso di partecipazione della cittadinanza per creare un database e
“favorire l’accesso alle informazioni pubbliche e diffondere la cultura e le pratiche
dell’apertura (open source, open content, open publishing, etc.) e dei beni comuni” 14.




11
   Le decisioni unilaterali da parte di Facebook riguardo alle modifiche dei termini di privacy per i propri
iscritti ne sono solo un esempio.
12
   F. Pirri, “L’arte del networking materia prima nelle start-up: report della giornata” su Tag Emilia Romagna,
il blog del laboratorio di marketing territoriale nel web 2.0 del Compass, Università di Bologna.
13
   La sussidiarietà è riconosciuta espressamente nel quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione dove
si prevede che «Stato, Regioni, Province, Citta metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà». Si tratta di una delle novità forse più incisive del nuovo Titolo V della Costituzione.
14
   http://www.openpolis.it/
Concludendo, ciò che la ricerca ha dimostrato che il networking è un’attività orientata alla
condivisione della conoscenza, per fare imprese, per formarsi e informarsi, per attuare
nuovi comportamenti di produzione e consumo. Il networking definisce l’insieme delle
pratiche collaborative mirate alla creazione – in definitiva – di nuovi modelli sociali ed
economici. E’ uno degli strumenti necessari per realizzare un nuovo, alternativo sistema
socio economico che Yochai Benkler ha definito “Common based peer production”.

Ma attenzione – fa notare Malcolm Gladwell in un articolo sul Newyorker 15 - perché le lotte
per i cambiamenti sociali e politici non si vincono con la semplice partecipazione: le
piattaforme dei social media sono costruite intorno a legami deboli. Internet, sostiene
Gladwell , è un mezzo formidabile per la diffusione di innovazioni, per la collaborazione
interdisciplinare, per mettere in contatto acquirenti e venditori e per far incontrare le
persone. Ma per attaccare una struttura potente e organizzata serve una strategia. Per
promuovere un cambiamento politico non bastano i legami deboli. E’ invece necessario che
le persone coltivino le relazioni anche off line.
Cosi, anche se si vuole ottenere un reale cambiamento del paradigma economico, è
necessario trovarsi in rete, e incontrarsi nelle piazze. I veri cambiamenti non si tweettano!
Si attuano!




15
     M. Gladwell, “Why the revolution will not be tweeted” su “The New Yorker”.

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Networking & economia partecipativa

  • 1. NETWORKING & ECONOMIA PARTECIPATIVA Affascinata dalle tesi di Yochai Benkler sui nuovi modelli economici common based 1, mi interesso alle nuove pratiche sociali collaborative web-based ormai da quattro anni. Faccio parte della generazione Millenium, sono figlia del modello di consumismo sfrenato e bersaglio di un’orgia mediatica che mi induce a consumare, consumare, consumare senza includermi nei meccanismi di produzione. Ho assistito alla nascita di Google, e più tardi di Facebook e di Twitter, osservando da vicino – come utente e come professionista della comunicazione – le evoluzioni delle piattaforme web e sociali. Oggi sono consapevole che il networking, la connessione dei dispositivi alla Rete, è uno strumento essenziale per la creazione di un nuovo modello socio economico basato sulla partecipazione. Ed è quello che intendo dimostrare con la presente ricerca. Coltivo la speranza che l’aggregazione delle persone in comunità virtuali possa attivare quella massa critica necessaria per l’innovazione. Innovazione dei modelli di produzione e di consumo per creare un’alternativa valida al modello adulto imperante, disfunzionale e oligarchico. La mia ricerca ha quindi lo scopo di presentare le ultime voci interessanti sulle nuove modalità socio economiche web based; il focus della ricerca è il networking, che è già un’attività sociale e uno strumento che può contribuire all’affermarsi della nuova economia: l’economia partecipativa. 1 Yochai Benkler è docente alla Harvard Law School; ha coniato il termine “common based peer production” per designare un nuovo modello economic basato sulla collaborazione orizzontale, tra pari, possible grazie alla Rete. La sua pagina su Ted all’indirizzo http://www.ted.com/speakers/yochai_benkler.html
  • 2. L’economia partecipativa muove da due presupposti: innovazione collettiva e consumo partecipativo. Chi parla di innovazione collettiva? Novembre 2010: viene rilasciato il primo libro opensource, scritto in modalità wiki 2, “Weconomy. L’economia riparte dal noi” 3. E’ un progetto di Logotel, che dal 1994 si occupa di business community ed esperimenti di creatività partecipata in azienda, con l’obiettivo di sviluppare idee, strumenti e progetti per l’innovazione d’impresa. Weconomy è un libro partecipativo, navigabile, libero, aperto e infinito, visto che è disponibile per essere modificato e aggiornato. Ha l’obiettivo di costruire un’identità espansa, “dove il me va oltre e confluisce nel noi” – si legge sull’articolo dedicatogli su Ninjamarketing. A Bologna, nel corso dello stesso mese, si tiene il primo incontro sul networking professionale: “Networking, materia prima per le start up” 4. Si tratta di un incontro informale, organizzato nell’ambito della “Global entreneurship week”, un evento che ha lo scopo di celebrare l’imprenditorialità giovane e ambiziosa. Gli obiettivi dell’incontro bolognese sono: ispirare, connettere on line e creare occasioni di engagement off line. Il networking viene presentato dai relatori, start upper e investitori, come un’attività orientata a creare un nuovo ecosistema d’impresa. L’innovazione dunque appare indissolubilmente legata alla condivisione della conoscenza. Chi parla di consumo partecipativo? Dicembre 2010: Wired pubblica una guida pratica al consumo partecipativo. Ai tempi della crisi, Loretta Napoleoni, economista, discute i nuovi comportamenti economici e sociali web based e presenta le parole chiave della nuova dottrina economia: “condivisione, partecipazione e niente sprechi, principi che prendono forma grazie a Web2”. La nascita dei nuovi comportamenti di consumo, socialmente ed economicamente sostenibili ed eco-friendly è legata alla partecipazione delle persone. Ci sono dunque auterovoli voci e letteratura recente che oggi dibattono sulle problematiche legate alla creazione di un nuovo modello economico. 2 Un wiki è un sito web (o una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) procedendo non solo per aggiunte come accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. (su http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki) 3 http://www.weconomy.it/ 4 http://www.brainstorminglounge.com/racconto-del-primo-evento/#more-27
  • 3. Tutti parlano di crisi economica. Si parla della crisi dell’economia. Ma quale economia? L’economia neo-liberista della generazione dei “baby boomers” 5. L’economia egocentrica del possesso, dell’individualismo, della sbornia consumista, degli sprechi e delle catastrofi sociali e naturali, dell’abusivismo. I figli dei baby boomers, i “millenium” (o generazione Y) sono i giovani nati tra gli anni settanta e ottanta, le prime vittime di un’economia che - attivando i processi di delocalizzazione per produrre sempre di più e a minor costo – ha determinato di fatto una scissione (geografica e sociale) tra le funzioni di produzione e di consumo. Sono i precari, la generazione della sottoccupazione per i quali la famiglia – e non lo Stato! – è l’unico ammortizzatore sociale. Tagliati fuori dal sistema produttivo, sono presi d’assalto dal marketing ed esistono solo in funzione di ciò che consumano. Ma c’è una nuova economia: l’economia del noi, l’economia partecipativa, la “Pop Economy”. In questo nuovo e nascente modello, c’è una nuova impresa che democratizza i processi produttivi stimolando e gestendo il talento produttivo del “noi”. Se da una parte sta nascendo l’impresa collaborativa, dall’altra stanno emergendo anche nuovi comportamenti di consumo basati sulla condivisione e sullo scambio: nuove forme di produzione e di consumo sono processi rivoluzionari che si autoalimentano. La rapida crescita delle pratiche di scambio di beni di consumo alimenta infatti il cambiamento sul versante produttivo. In tal modo si determina una vera e propria rivoluzione socio- culturale, un rifiuto condiviso e (sempre più) diffuso del modello consumistico. Inoltre, tecnologia e web2, unite all’esclusione delle nuove generazioni dal processo produttivo hanno già de materializzato gran parte delle merci. Blockbuster è stato messo k.o. da Netflix, “libri, giornali e cd, insieme ad auto, attrezzi e allo stesso pianete si stanno trasformando da beni in servizi quali la lettura, la cultura, l’informazione, il trasporto e l’ambiente” 6. Perché comprare un auto, se puoi affittarla usando i servizi di carsharing? Perché acquistare libri di testo scolastici nuovi, se puoi acquistarli usati o addirittura puoi sostituirli con quelli scritti direttamente dai docenti e distribuiti su bookinprogress.com? Perché fare shopping ad ogni cambio stagione se ci sono le Swap Boutique in cui posso prendere un capo nuovo scambiandolo con un mio vecchio capo? Perché gettare vecchi oggetti e mobili se posso regalarli o barattarli? Oggi la cultura viene fatta dal basso (Wikipedia), il consumo è partecipativo (Swap), la nuova impresa è collettiva e basata sulla condivisione della conoscenza e dei metodi (Logotel, Ideo), si fa anche impresa sul web (Linkedin). Dunque spontaneità, improvvisazione e fiducia nel prossimo descrivono i comportamenti dei millenium che condividono questi valori con gli hippy degli anni sessanta e settanta. Quella degli hippy è stata la prima generazione al mondo a creare comunità: comunità di 5 I nati tra il 1946 e il 1964, durante il boom del dopoguerra. Successivamente la generazione nata tra il 1965 e il 1976 è definita come “generazione X”; si tratta della Mtv Generation, la gioventù delle controculture. Infine, la generazione Y comprende i nati tra il 1977 e il 2000 dalla generazione Baby boeme: la loro caratteristica distintiva è la dimestichezza e l’abitudine all’utilizzo del computer, di Internet e delle tecnologie digitali (Definizioni tratte da P. Kotler, G. Armstrong, “Principi di marketing”). 6 L. Napoleoni, “Pop Economy” in Wired n.22, Dicembre 2010.
  • 4. interessi, passioni, idee. Ma i “weppy” 7 intorno a questi valori stanno costruendo un’economia alternativa piuttosto che la contestazione giovanile. Come gli hippy, i weppy stanno attuando una rivoluzione socio-culturale, ma funzionale alla creazione di nuovi modelli economici. Ma come avviene la nuova rivoluzione socio-culturale? In modo virale, a costo zero. I Weppy si aggregano nelle community e sui social media. Il networking è lo strumento che questi adoperano per l’aggregazione e lo sharing. La loro filosofia è lo “sharismo” 8. Tutto è iniziato con il fenomeno del “blogging”, sostiene Isaac Mao su Weconomy. “Nel 1999 c’erano solo alcune centinaia di blogger pioneristici”. Il passaggio verso modalità di pubblicazione in rete facili da usare ha innescato un’espansione del blogging; in soli cinque anni la popolazione on line ha inziato a lasciare commenti e a prendere parte in conversazioni, fino ad aprire un proprio blog. Così il numero di blogger è cresciuto in modo incontrollato: più blogger generano più lettori, e più lettori più blog. La rivoluzione è stata virale, veloce e semplice. “I blogger generano informazioni vivaci e tempestive su internet e si connettono l’un con l’altro attraverso RSS, hyperlink, commenti, trackbacks e citazioni”. Finchè l’espansione ha raggiunto un punto critico, dando vita alla blogosfera 9. Questa ha richiesto un sistema strutturato di network sociale e un’architettura per la condivisone dei contenuti. Sono così nate community dedicate, ad esempio alla fotografia e alla condivisione delle immagini (Flickr). Ma anche community dedicate alla sanità (PatientsLikeMe), e alle relazioni sociali (Facebook) e professionali (Linkedin). Tuttavia, nota Marina Gorbis – executive director presso l’Instiute for the future a Palo Alto 10 - man mano che le community crescono e le persone si aggregano, condividendo idee, opinioni e interessi, aumenta anche l’opportunità di convertire in business i dati raccolti spontaneamente. E’ evidente il vantaggio che deriva dalla monetizzazione delle community per creare campagne di marketing più efficaci, database da rivendere a terzi per sviluppare prodotti e servizi studiati per il soddisfacimento dei reali bisogni delle persone. Dunque si determina “uno scontro tra la promessa delle piattaforme web based e la spinta incessante alla loro trasformazione in imprese profit-driven”. Secondo la Gorbis il motivo di questo conflitto sta nel fatto che “siamo ancora intrappolati nei modelli economici e organizzativi del passato”. Le piattaforme e gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione sono altamente partecipativi e sociali mentre i modelli di business ancora imperanti sono 7 Su Weconomy s’invitano i lettori a scrivere su Wikipedia la prima definizione di Weppy, termine nato dalla crasi di “We” e “hippy”. 8 ”Lo sharismo – termine derivato dall’inglese “sharism” e indicante condivisione e compartecipazione – è destinato a trasformare il mondo in una mente sociale emergente: una rete ibrida di individui e software. Come esseri umani siamo infatti un complesso intreccio di neuroni connessi attraverso le sinapsi del software sociale”. I. Mao, “Sharism, a mind revolution” in Weconomy. 9 Blogosfera è un neologismo che indica, nell'ambito di internet, l'insieme dei blog. I blog sono fortemente interconnessi: i bloggers (o blogghisti o blogonauti) leggono blog altrui, li linkano (creano dei collegamenti), e li citano nei propri post (messaggi). A causa di ciò i blog fra loro interconnessi hanno sviluppato una propria cultura. (su http://it.wikipedia.org/wiki/Blogosfera) 10 M. Gorbis, ”Abbiamo inventato le tecnologie sociali, ora inventiamoci le organizzazioni sociali” in Weconomy.
  • 5. strutturati e basati su processi decisionali non partecipativi 11. D’altra parte, ci sono già diverse organizzazioni - sottolinea la Gorbis - che nascono come piattaforme crowdsourced con una struttura common-based e utilizzano meccanismi di finanziamento alternativi, in linea con la loro struttura commons. Wikipedia e Creative Commons sono solo alcuni esempi. E ci sono start up - anche italiane! – che impiegano metodi di lavoro basati proprio sulla partecipazione e la democraticizzazione dei processi gestionali. Di solito, le start up innovative nascono grazie al networking; le nuove imprese innovative crescono nelle community dove si aggregano gli interessi e si segregano veri e propri gruppi di lavoro. Grazie a strumenti come Linkedin, si creano reti di relazioni professionali off line che vengono coltivate on line. Così se hai una buona idea ma non hai capitale da investire puoi chiedere alla rete di collaborare all’implementazione del tuo progetto, e avere la reale possibilità che il buzz generato in Rete arrivi ad un investitore interessato proprio alla tua idea. Che potrebbe diventare una start up, come Balsamiq di Giacomo Guilizzoni: un’azienda che sviluppa software nata dall’incontro di Guilizzoni con Marco Botton, su Facebook. Un’azienda che dal 2008 ha fatto del networking anche il suo punto di forza: infatti “alcune componenti essenziali e strategiche per l’azienda – come il “business plan” o le direttive legali sull’uso del software – sono state realizzate chiedendo proprio alla rete di attivare le competenze necessarie” 12. L’orizzontalità che caratterizza le piattaforme common-based può anche contribuire all’innovazione amministrativa. Infatti le community locali favoriscono la sussidiarietà orizzontale 13. Laddove la mano pubblica fa fatica ad intervenire per mancanza di risorse si chiama la cittadinanza a farsi carico delle attività di gestione della cosa pubblica in modo complementare allo Stato e alle Amministrazioni (interventi di manutenzione e attività legate all’integrazione sociale e culturale sono solo alcuni esempi). Il web è uno strumento per favorire dunque nuove forme di coinvolgimento dei cittadini alla vita del Paese, orientate al progresso civile, politico ed economico della società. In tal senso, Openpolis è un altro esempio virtuoso di partecipazione della cittadinanza per creare un database e “favorire l’accesso alle informazioni pubbliche e diffondere la cultura e le pratiche dell’apertura (open source, open content, open publishing, etc.) e dei beni comuni” 14. 11 Le decisioni unilaterali da parte di Facebook riguardo alle modifiche dei termini di privacy per i propri iscritti ne sono solo un esempio. 12 F. Pirri, “L’arte del networking materia prima nelle start-up: report della giornata” su Tag Emilia Romagna, il blog del laboratorio di marketing territoriale nel web 2.0 del Compass, Università di Bologna. 13 La sussidiarietà è riconosciuta espressamente nel quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione dove si prevede che «Stato, Regioni, Province, Citta metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà». Si tratta di una delle novità forse più incisive del nuovo Titolo V della Costituzione. 14 http://www.openpolis.it/
  • 6. Concludendo, ciò che la ricerca ha dimostrato che il networking è un’attività orientata alla condivisione della conoscenza, per fare imprese, per formarsi e informarsi, per attuare nuovi comportamenti di produzione e consumo. Il networking definisce l’insieme delle pratiche collaborative mirate alla creazione – in definitiva – di nuovi modelli sociali ed economici. E’ uno degli strumenti necessari per realizzare un nuovo, alternativo sistema socio economico che Yochai Benkler ha definito “Common based peer production”. Ma attenzione – fa notare Malcolm Gladwell in un articolo sul Newyorker 15 - perché le lotte per i cambiamenti sociali e politici non si vincono con la semplice partecipazione: le piattaforme dei social media sono costruite intorno a legami deboli. Internet, sostiene Gladwell , è un mezzo formidabile per la diffusione di innovazioni, per la collaborazione interdisciplinare, per mettere in contatto acquirenti e venditori e per far incontrare le persone. Ma per attaccare una struttura potente e organizzata serve una strategia. Per promuovere un cambiamento politico non bastano i legami deboli. E’ invece necessario che le persone coltivino le relazioni anche off line. Cosi, anche se si vuole ottenere un reale cambiamento del paradigma economico, è necessario trovarsi in rete, e incontrarsi nelle piazze. I veri cambiamenti non si tweettano! Si attuano! 15 M. Gladwell, “Why the revolution will not be tweeted” su “The New Yorker”.