2. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
I n d i c e
1. Perché una Giornata italiana della statistica
2. Trasformazioni in atto e funzione statistica
3. Programma della giornata
4. Relatori
3. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Perché una giornata italiana della statistica
Promuovere la funzione statistica nel
nostro Paese significa mantenere alta
l’attenzione sul tema dell’esercizio della
democrazia e della cittadinanza
Disporre di informazioni statistiche ufficiali è necessario per:
- conoscere, decidere e programmare
- monitorare e valutare
4. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Funzione statistica nel nostro Paese: chi, come, cosa, perché e per chi
Istat – Sistan
Processo
Programmi (PSN – PSR Regioni)
Base informativa quantitativa conforme al Codice italiano delle statistiche
Cittadinanza
Perché una giornata italiana della statistica
5. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Trasformazioni in atto e funzione statistica
●
Rivoluzione dei dati
●
Cambiamento radicale nella produzione dei dati
●
Valore della statistica ufficiale
6. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Rivoluzione dei dati
Quale funzione per la statistica ufficiale?
- Disponibilità di dati e strumenti di analisi crescente
- Pluralità di fonti (istituzioni pubbliche e private, singole persone,
associazioni, fondazioni, gruppi di interesse, altri soggetti)
- Diffusione delle tecnologie dell’informazione e diffusione dei dati
- Facilità di utilizzo degli strumenti
- Elevata interconnessione (internet)
- Simultaneità del prodotto e del processo di diffusione
Cortocircuito informativo:
- Smarrita la valenza del giudizio umano e delle metodologie
scientifiche
- Presunta la capacità euristica dei dati
7. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Cambiamento radicale nella produzione dei dati
Orientarsi e comprendere è sempre più difficile
- Impatto poderoso sulla ricchezza, sulla
varietà e sulle tempistiche della
produzione
- Flussi informativi continui in
incremento repentino
8. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Valore della statistica ufficiale
- Azioni di datacy:
- favorire il processo di
acquisizione degli strumenti
necessari alla conoscenza dei
dati nella loro ricchezza e
complessità
- promuovere e accrescere le
capacità critiche necessarie
affinché il dato quantitativo sia
letto nei termini
dell’informazione sottostante
Snodi necessari per recuperare il
valore della statistica ufficiale
Obiettivi della Rete dei promotori
della cultura statistica
- Azioni di Literacy
9. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Valore della statistica ufficiale
La statistica ufficiale non è solo una tecnica al
servizio della produzione di dati quantitativi e di
indicatori sintetici ma un modello ermeneutico
che non può prescindere dai metadati e dalla
formazione alla lettura delle informazioni
prodotte
10. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Programma della giornata
- Compilazione questionario on-line (quattro domande)
- tematica: turismo
- Statistiche da questionario vs statistiche ufficiali
- Le fonti delle statistiche sul turismo
- Cosa raccontano i dati
- … i metadati
- … come il dato diventa informazione utile per le policy
- Conclusioni
- Raccolta delle schede di gradimento
11. Paola Francesca Cortese – Viterbo, 24 ottobre 2014
IV Giornata italiana della statistica
Relatori
Andrea Nino Caputo
Vice Prefetto Aggiunto – Capo di Gabinetto, Prefettura di Viterbo
Pasquale Picone
Dirigente scolastico, Istituto di Istruzione Superiore Francesco Orioli di Viterbo
Paola Francesca Cortese, Yuri Di Crescenzo, Riccardo Muzi,
Roberta Panacione, Alberto Sabbi
Ufficio territoriale per il Lazio, Istat
Francesco Monzillo
Segretario Generale, Camera di Commercio di Viterbo
Tiziana Laureti
Professore di statistica economica, Università degli Studi della Tuscia - Viterbo
Notes de l'éditeur
L’esercizio della democrazia deve basarsi su indicatori oggettivi, comunemente accettati, alla luce dei quali valutare l’operato dei governi.
Politiche strutturali e di sviluppo
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
<number>
Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
<number>
Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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Negli ultimi anni la sempre maggiore disponibilità di dati e strumenti di analisi rischia paradossalmente di mettere in crisi le funzioni proprie della statistica. Infatti il contesto in cui si colloca oggi la produzione delle informazioni sta subendo un cambiamento radicale, tanto che è lecito parlare di una vera e propria “rivoluzione dei dati”. Sempre più di frequente il dato quantitativo proviene da una pluralità di fonti e la funzione statistica agli occhi dei più sembra essere divenuta obsoleta. Oggi quasi tutte le istituzioni pubbliche e private rendono disponibili dati direttamente, e a volte brutalmente, estratti da archivi di vario tipo; singole persone, associazioni, fondazioni, gruppi di interesse e altri soggetti utilizzano il numero grezzo che detengono direttamente o per altre vie per descrivere la realtà e a volte per sostenere la propria visione delle “cose”. Le tecnologie dell’informazione hanno contribuito alla diffusione di tali dati e alla loro proliferazione. Oggigiorno pubblicare e diffondere una “statistica” è una delle attività umane più frequenti e “semplici” da realizzare. La facilità di utilizzo della strumentazione a disposizione, l’elevata interconnessione che internet consente e la simultaneità del prodotto e del processo di diffusione hanno favorito un cortocircuito informativo in cui si è smarrita la valenza del giudizio umano, e delle metodologie scientifiche, a favore di una presunta capacità euristica del dato. Anche la statistica ufficiale è ormai da anni orientata ad una produzione che faccia sempre meno riferimento ad indagini di fonte diretta e favorisca l’utilizzo sempre più frequente di fonti altre, quali per esempio gli archivi amministrativi.
Questo cambiamento radicale delle modalità con cui vengono prodotti i dati ha un impatto poderoso sulla ricchezza, sulla varietà e sulle tempistiche della produzione: flussi informativi continui rappresentano un potenziale di incremento, sia qualitativo che quantitativo, di dati disponibili per la collettività ma non risolvono il problema della loro comprensione. È prevedibile, infatti, che la proliferazione di informazioni produca disorientamento nei fruitori sprovveduti e che pertanto si rendano necessarie non più e non soltanto azioni di literacy alla statistica ma di datacy, ovvero in grado di favorire il processo di acquisizione degli strumenti necessari alla conoscenza dei dati nella loro ricchezza e complessità e di promuovere e accrescere le capacità critiche necessarie affinché il dato quantitativo sia letto nei termini dell’informazione sottostante. È questo lo snodo necessario per recuperare il valore della statistica e della statistica ufficiale in particolare.
Nella piena consapevolezza delle sfide che il contesto attuale richiede, l’Istat è da sempre in prima linea nelle iniziative di promozione della cultura statistica verso i più vari settori della società. Tale obiettivo è infatti di cruciale rilevanza per l’Istituto, che istituzionalmente fornisce al Paese le statistiche ufficiali necessarie ai decisori politici, ai ricercatori e alla collettività nel suo complesso per conoscere i fenomeni collettivi e prendere decisioni consapevoli su questioni anche delicate per la vita dei singoli individui e delle organizzazioni pubbliche e private. La statistica, e particolarmente la statistica ufficiale, infatti, non è solo una mera tecnica di produzione di dati quantitativi e di indicatori sintetici ma un modello ermeneutico che non può prescindere dai metadati e dalla formazione alla lettura delle informazioni prodotte.
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